Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 08/10/2008 @ 09:06:37, in Italia, visitato 1895 volte)
Segnalazione da Clochard
Di Vittorio Bonanni su Liberazione del 5 ottobre Intervista a Sandro
Portelli, scrittore e saggista, ripubblicata su
Bellaciao.org
Sandro Portelli non ha bisogno di presentazioni. Scrittore, docente di
letteratura angloamericana all’Università La Sapienza di Roma, già delegato del
sindaco di Roma per la memoria, è uno degli intellettuali più autorevoli per
commentare quello che sta succedendo in Italia nei confronti dei migranti. Da
Parma a Roma, da Milano a Castelvolturno fino agli stadi dove i
calciatori di colore vengono insultati è un susseguirsi di avvenimenti che
stanno trasformando il nostro paese in una vera e propria patria del razzismo.
A lui abbiamo chiesto innanzitutto dove vanno cercate le radici di questi
comportamenti così preoccupanti. "Il razzismo in Italia ha una storia molto
lunga - dice Portelli - abbiamo secoli di antisemitismo che sono culminati nelle
leggi razziali del ’38, e una vergognosa storia di colonialismo particolarmente
becero soprattutto in Etiopia. Proprio da quella avventura coloniale nacquero le
prime leggi razziali che furono alla base della persecuzione degli ebrei".
Come si sviluppa questo sentimento nell’Italia del dopoguerra?
Ricordo che all’inizio degli anni 60 un gruppo di studiosi tra cui Alfonso
Di Nola scrissero un libro in cui parlavano di un razzismo latente nel nostro
paese. Cioè di un razzismo che stava sotto traccia, pronto ad esplodere ma che
non esplodeva per mancanza di un oggetto contro cui scatenarsi. E anche la
coscienza o la falsa coscienza della forze politiche italiane, dal Partito
comunista alla Democrazia cristiana, rendevano indicibili queste cose. Insomma
questi discorsi non li permettevano. Che sotto sotto serpeggiassero al loro
interno è possibile ma erano stigmatizzati.
Lo scenario oggi è mutato radicalmente...
E in peggio. Abbiamo forze politiche che o promuovono attivamente il
razzismo come è il caso della Lega, o, come succede negli altri casi, lo
coccolano negando che esista. Ed è questa la cosa straordinaria. Ogni volta che
succede qualche cosa si sente dire sempre "è grave ma il razzismo non c’entra".
Dunque non c’è più un tappo che renda indicibili certe cose e contemporaneamente
ora c’è anche l’oggetto contro cui scatenarsi, cioè l’immigrazione.
Veniamo ora alle responsabilità della sinistra moderata. All’indomani della
morte della signora Reggiani anche Veltroni e il Partito democratico hanno
cavalcato la pericolosissima tigre del razzismo, additando praticamente tutta la
comunità dei rumeni come un potenziale covo di assassini. Ora le cose stanno
cambiando ma intanto il danno è stato fatto. Che cosa ne pensa?
Io non so ancora se è stato un calcolo ipocrita a fini elettorali o se
veramente se ne sono usciti con naturalezza. Quello che so è che tatticamente e
a fini elettorali è stato un errore enorme. Perché ogni volta che tu vai
incontro ai temi della destra non fai altro che dire: "La destra ha ragione". E
siccome la destra su queste cose è sempre più avanti e più credibile di noi non
fai altro che portare consenso e voti a loro. Se Veltroni sostiene che bisogna
cacciare i rumeni e vigilare su di loro in quanto tali o portare i rom fuori dal
raccordo anulare, fa un regalo assoluto all’avversario. La sinistra deve avere
dei modi propri di affrontare un bisogno di sicurezza, peraltro in parte
indotto. In passato da noi sono venute molte idee. Penso ad un’altra emergenza
più reale, come quella degli anni 70, e alla risposta data con l’Estate romana.
Oggi nel deserto di idee a sinistra, le uniche proposte sul campo sono quelle
della destra. La quale è sempre più credibile.
Come si può legare questa deriva con la crisi della pregiudiziale
antifascista?
Innanzitutto un antifascismo che non sia antirazzista non esiste. E dunque
dobbiamo chiederci quali sono i principi e i valori che ci ha lasciati
l’antifascismo, come l’uguaglianza, la partecipazione dei cittadini, il rifiuto
della guerra, la libertà di parola e appunto il rifiuto del razzismo. Insomma i
valori che troviamo nella Costituzione. E ora che questi valori sono tutti sotto
attacco, l’antifascismo non si può ridurre alle polemiche, peraltro necessarie,
su quello che è successo negli anni 30 o negli anni 40. Si deve, al contrario,
tradurre in qualcosa di positivo. Quando Fini dice che qualsiasi democratico
deve essere antifascista bisogna rispondere che chiunque sia democratico
dovrebbe rifiutare la schedatura dei rom o il lodo Alfano che viola
l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, difendere la libertà di stampa
e rifiutare di far entrare l’Italia nelle guerre di Bush. Non è un caso che nel
documento programmatico del Pd l’antifascismo se lo fossero scordato.
Fuori tema, ma non troppo, un commento sul film di Spike Lee su Sant’Anna di
Stazzema e le polemiche che sono scoppiate...
Intanto dico che il film non l’ho ancora visto. E comunque voglio
sottolineare due cose: mi ha molto colpito la lettera che Spike Lee ha
indirizzato a Bocca, uscita su Repubblica , dove dice "immagino che le ferite
del fascismo in Italia non si siano ancora rimarginate". Ma come può dire
"immagino"? Ma non doveva informarsi prima? Questa è un’arroganza tipica di
tanta cultura americana per cui tu arrivi e metti le mani su una realtà che non
conosci veramente. Voglio poi dire un’altra cosa: se uno realizzasse una
versione fiction della strage delle bambine ammazzate da una bomba razzista a
Birminghan nel ’63 e questo film dice, inventandoselo, che è vero che sono stati
i razzisti ma il fatto è partito da un tradimento di un attivista per i diritti
civili; oppure che le bambine sono state ammazzate perché Martin Luther King ha
fatto incazzare i razzisti e poi non le ha protette io credo che Spike Lee
direbbe che questo è un film razzista. Ora nel suo caso il film non è certamente
razzista come intenzione perché rivaluta il ruolo dei soldati afro-americani
nella Seconda guerra mondiale.
Però lui non si rende conto che facendo una cosa, peraltro inventata
completamente, che può essere strumentalizzata dalla destra razzista in questo
paese dà armi dialogiche ed ideologiche a coloro che fomentano il razzismo nei
confronti dei suoi fratelli africani e immigrati in Italia. E l’intenzione
antirazzista sui soldati americani rischia di tradursi indirettamente e
paradossalmente in un argomento in più dato alle forze razziste in questo paese.
Per finire ripeto ancora: il film andrebbe visto prima di esprimere un giudizio.
Ma se nella pellicola c’è questo tema per cui i partigiani erano irresponsabili
perché ponevano le comunità al rischio di rappresaglie e l’invenzione per cui la
strage a Sant’Anna è avvenuta perché un partigiano ha tradito, tutto questo è
molto grave ed è il frutto dell’ignoranza di chi si sente onnipotente.
Di Fabrizio (del 10/10/2008 @ 09:14:54, in Italia, visitato 1414 volte)
Segnalazione di Clochard
Da
ADUC
IMMIGRAZIONE: ROMENI IN ITALIA,TRA PAURA E INTEGRAZIONE/ANSA
UN MILIONE, E HANNO OPINIONE POSITIVA,NON RICAMBIATA,SU ITALIANI (ANSA) -
ROMA, 4 OTT - Gli italiani hanno sviluppato un'opinione negativa nei confronti
degli immigrati romeni, anche per il modo in cui alcuni fatti di cronaca sono
stati trattati dai mezzi di comunicazione. Ma nella realta' dei fatti, la
presenza dei romeni in Italia e' un buon esempio di integrazione. E' quanto
emerge dalle ricerche svolte dal governo romeno nell'ultimo anno, che vengono
ora presentate nell'ambito della campagna 'Romania, piacere di conoscerti',
lanciata a settembre. Lo studio evidenzia tre punti fondamentali: la diminuzione
della tolleranza degli italiani deriva soprattutto dai comportamenti illegali da
parte di stranieri; la percezione negativa dei romeni da parte degli italiani e'
in gran parte dovuta alle notizie riportate dai media; dove c'e' un'interazione
tra gli italiani e i romeni la percezione e' molto migliore. UNA PRESENZA
SUPERIORE AL MILIONE. I romeni in Italia sono 1.016.000 (su 3.690.000 stranieri
totali sul nostro territorio). Il loro contributo al prodotto interno lordo e'
2,26 miliardi di euro, l'1,2% del Pil totale. Il 75% ha un lavoro fisso, e lo
stipendio medio e' di 1.030 euro al mese. Il 70% degli immigrati romeni invia
denaro in Romania. L'inserimento lavorativo e' per un terzo nell'industria
(soprattutto edilizia), per la meta' nel terziario (alberghi e ristoranti,
informatica e servizi alle imprese) e per il 6,6% in agricoltura. Piu' di una
donna su 4 lavora nell'assistenza alle famiglie o come infermiera.
COSA PENSANO I ROMENI DELLA LORO SITUAZIONE. L'indagine tra i romeni che
vivono in Italia delinea un quadro di integrazione soddisfacente: il 67% ha una
buona opinione del proprio datore di lavoro italiano, il 92% ha un'opinione
positiva dei vicini di casa italiani, e il 94% ha una buona padronanza della
lingua. Ma un problema di percezione di questo popolo da parte degli italiani
esiste, e i romeni ne sono ben consapevoli: quasi tutti (92%) sono informati sui
fatti di cronaca presentati dai media, e molti (63%) ritengono che la stampa, i
giornali, la radio e i politici presentino questi fatti in modo non sempre
corretto. Il 72% pensa che la propria immagine sia peggiorata in seguito
all'eccessivo rilievo dato a questi fatti.
COSA PENSANO GLI ITALIANI DEI ROMENI. Gli italiani manifestano un'opinione in
gran parte negativa sugli immigrati: il 57% ha una pessima opinione di loro, il
34 % ha un'opinione buona o molto buona. La prima preoccupazione dei cittadini
e' l'illegalita' generata dagli immigrati. Particolarmente duro il giudizio sui
rom: per il 61% degli intervistati, non dovrebbero stare in Italia. Ma secondo
quanto emerge dall'indagine, gli italiani che hanno parlato almeno una volta con
un immigrato romeno hanno di questo popolo un'opinione migliore rispetto a chi
basa il proprio giudizio solo su quanto riportato dai media. Solo un italiano su
10 conosce un immigrato romeno sul posto di lavoro, a scuola o all'universita',
ma tra questi e' amplissima (81%) la maggioranza che dichiara di avere un buon
rapporto con loro.
Da
Gad Lerner - il blog del bastardo
E’ appena uscito da Feltrinelli questo volume collettivo, cinquanta voci per
riflettere sulla scomparsa di un’opposizione culturale all’egemonia del
centrodestra. Ve lo consiglio, ci sono diversi stimoli utili. Nel frattempo vi
anticipo il mio contributo, dedicato ai Rom: lo spauracchio che ci ha fatto
alzare bandiera bianca sul terreno della sicurezza.
La sinistra deve stare con il popolo, ma se il popolo odia gli zingari?
Non c’è dilemma più nitido. Di fronte a quel bivio numerosi amministratori
della sinistra lombarda (non a caso di matrice comunista amendoliana), dalla
sindaco di Pavia a quello di Sesto San Giovanni, hanno imboccato la via
“popolare”. Guidati dal motto politicamente scorretto, e dunque di sicura presa,
coniato dal presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati: “Non dobbiamo
ripartire i campi rom. Bisogna farli semplicemente ripartire”. Versione italiana
del già arcinoto manifesto leghista su cui nessuno aveva mai avuto niente da
ridire: “Campi rom, foera de ball”. Il popolo, si sa, è ruvido. Quando le
popolane di Ponticelli presero a sputi in faccia e male parole le zingare, dopo
che certi loro scugnizzi malavitosi dotati di motorino avevano incendiato
l’accampamento con le molotov, già la locale sezione del Partito democratico
aveva provveduto ad affiggere sui muri di quella periferia napoletana, sotto il
simbolo tricolore, quel solito slogan: “Via il campo rom”. E che nessuno parli
di pogrom, per favore, la gente non capirebbe. Si trattò di “eccessi”,
strumentalizzazione camorristica di un legittimo risentimento popolare, favoriti
dall’inadempienza delle forze dell’ordine.
C’è poi una sinistra che di fronte a quel bivio imbocca la direzione opposta,
adottando gli zingari per elevarli a nuovi protagonisti dell’antagonismo
metropolitano, surrogati di un proletariato ormai cooptato nel blocco di potere.
Sono loro, gli zingari, l’ultimo vero popolo rivoluzionario. Il nomadismo
andrebbe riconosciuto come insopprimibile vocazione, fascinosa alterità. Poco
importa che la maggioranza dei “nomadi” aspiri a una residenza normale, e
comunque se non sgomberati rimangano per decenni nello stesso luogo derelitto.
Le elevate percentuali di devianza criminale si giustificherebbero con la loro
tradizione comunitaria, impermeabile ai dogmi della proprietà privata. Le spose
bambine, le maternità precoci, l’ignoranza contraccettiva sarebbero il naturale
contrappunto di una società mercificata e sterile. La retorica ultraminoritaria
dello “zingaro è bello” fa presa crescente nella sinistra comunista e nei centri
sociali che non si limitano a protestare contro le discriminazioni e le
malversazioni inflitte agli zingari. Ma giungono a contrapporsi polemicamente al
volontariato sociale operante nelle baraccopoli. La paziente opera di
educazione, avviamento al lavoro, regolarizzazione degli habitat (pagamento
delle bollette, freno al viavai dei residenti, espulsione dei violenti), viene
denunciata come snaturamento identitario: dovremmo “accettarli così come sono”,
l’integrazione viene respinta come sottomissione.
Questa sinistra affascinata dalla cultura rom, differenza da tutelare contro
la minaccia di omologazione, non riscuote certo consensi popolari quando si
oppone alle politiche di sicurezza della destra. Ma è interessante notare la
rivincita simbolica incamerata dall’intellighenzia sensibile alla questione
zingara: nel circuito musicale, teatrale, cinematografico, letterario e perfino
sulle passerelle degli stilisti la suggestione gitana si traduce in opere di
successo. Come dire: gli zingari intrigano, perfino affascinano, ma a patto che
restino virtuali, alla larga da casa mia.
Entrambe le visioni sopra descritte scaturiscono da una sopravvalutazione
parossistica del ruolo attribuito agli zingari (non c’è altro termine generico
che accomuni le popolazioni rom, sinti e camminanti) nella realtà italiana.
Stiamo parlando, certo, della più grande minoranza d’Europa, tra i 7 e i 9
milioni di cittadini dell’Unione. Ma nel nostro paese, neppure dopo l’apertura
delle frontiere agli immigrati dalla Romania si è raggiunta quota 200 mila: una
percentuale talmente esigua rispetto alle dimensioni della penisola -tanto più
se si considera che circa 60 mila sono italiani da secoli, più della metà hanno
meno di 14 anni, e tra gli stranieri prevalgono gli zingari fuggiti quasi
vent’anni fa dalle guerre balcaniche (tuttora condannati dalla burocrazia a
restare privi di documenti)- da smentire che possano davvero rappresentare
un’emergenza.
La sovrarappresentazione italiana del pericolo rom è un fenomeno unico in
Europa. Vi sono certo nazioni, come la Romania e la Slovacchia, in cui gli
zingari subiscono un’ostilità politica e sociale, ma nell’ambito di
contrapposizioni etniche alimentate da bel altra presenza numerica. Minimizzare
la questione zingara risulta, ciò nonostante, impossibile. Quando si è trovata a
dover gestire il turbamento dell’opinione pubblica per reati odiosi che
sollecitavano allarme sociale –come l’allora sindaco Veltroni a Roma, nel caso
del delitto Reggiani, novembre 2007- anche la sinistra ha fatto ricorso
all’espediente degli sgomberi spettacolari. Fingendo d’ignorare che i baraccati
possono venir costretti a vagabondare altrove in cerca di ricovero notturno, ma
non scompaiono da un giorno all’altro. Quando erano decine di migliaia ad
accamparsi nelle baraccopoli dell’hinterland romano, nei primi anni Sessanta,
narrati magistralmente da Pier Paolo Pasolini, nessuna forza politica popolare
avrebbe considerato redditizio assumerli come bersaglio. Erano molti di più,
rispetto ai derelitti delle bidonvilles di oggi, ma non erano né stranieri né
zingari. Comunità di minoranza che neppure possono godere della protezione di
uno Stato alle spalle, come accade per esempio ai cinesi e agli ebrei. Bersagli
ideali del malcontento popolare. Tanto più che la persistenza degli stereotipi
diffusi da sette secoli sugli zingari –propensione al furto, popolo misterico e
in integrabile, dedito al ratto dei bambini e alla violenza sulle donne- non è
stata scalfita neppure dallo sterminio nazista di un numero di zingari compreso
fra i 219 mila e il mezzo milione, tra il 1942 e il 1945, nei medesimi lager in
cui venivano deportati gli ebrei. Per decenni si è preferito rimuovere il
genocidio degli zingari, censurando la memoria dei sopravvissuti e talvolta
addirittura giustificando la persecuzione (sentenza della Corte suprema tedesca
nel 1956) in quanto “campagna preventiva contro i crimini”. Nessuno ha eretto un
tabù per contrastare gli stereotipi antigitani.
Le stesse persone che mai tollererebbero battute ostili nei confronti degli
ebrei o dei neri, spesso ammettono una deroga culturale riguardo agli zingari.
Non è considerato infame desiderarne l’eliminazione perché nei loro confronti
persiste l’identificazione fra un popolo e una colpa. Difendi gli zingari? Vuol
dire che sei un difensore dei delinquenti. E’ un’accusa che viene rivolta in
perfetta buona fede: ma come, non ti rendi conto che “quelli” sono davvero
diversi da noi, sono il male?
Per alcuni mesi tra il 2007 e il 2008 la leadership veltroniana del Partito
democratico si è illusa di poter cavalcare anche le pulsioni irrazionali del
paese, rifugiandosi dietro a una formula anodina: “La sicurezza non è né di
destra né di sinistra”. Ma proprio la sovrarapresentazione del pericolo rom si è
incaricata di confutare per prima tale scioglilingua: quando accetti di
trasformare in emergenza nazionale, finalizzata alla repressione o
all’espulsione di un popolo, le manchevolezze della politica nell’opera di
integrazione-repressione, hai già consegnato alla destra lo scettro del comando.
Prima di rassegnarsi a questa banale constatazione, nella sinistra più
subalterna culturalmente al leghismo abbiamo dovuto assistere a ulteriori
elucubrazioni verbali. Come il Documento sulla Sicurezza diramato dal Pd
lombardo nel giugno 2008 che auspicava la formazione di reparti di vigilanti
volontari da affiancare alle forze di polizia, sorta di “ronde democratiche” da
contrapporre alle ronde padane. Con lapsus involontario ma significativo, lo
stesso documento conteneva la richiesta di un tetto percentuale per limitare
l’eccessiva concentrazione di bambini stranieri nelle classi della scuola
primaria: proposta di per sé non scandalosa, se i demagoghi della sinistra
filoleghista non l’avessero proposta come questione di ordine pubblico.
Proprio così, quando la paura gioca brutti scherzi la gente comincia a temere
anche i bambini. Il caso rom è di nuovo esemplare. Se il ministro Maroni ha
voluto con insistenza sottolineare la necessità di raccogliere le impronte
digitali dei minori rom, è perché sa benissimo di riscuotere i consensi di una
massa che in quelle manine scorge prima di tutto la destrezza dei borseggiatori
impuniti. Niente di meglio, è il passo successivo, che presentarsi con cinismo
beffardo come unici veri protettori di quei bambini indifesi. Favorendo il loro
avviamento scolastico? Sostenendo le amministrazioni che gli schiudono
l’ospitalità nelle case popolari? No, identificandoli. E promettendo loro
salvezza attraverso la sottrazione ai genitori naturali. Promettendo di
incrementare le revoche della patria potestà, come se tale provvedimento estremo
e delicatissimo dovesse simboleggiare la liberazione dei bambini zingari –non
dall’emarginazione e dalla povertà- ma dalla loro etnia maledetta.
A discarico degli amministratori di sinistra che hanno cavalcato l’ostilità
anti-rom, va riconosciuto che è difficile, soprattutto per dei politici,
mettersi contro il popolo. Col rischio di passare per difensori della
delinquenza, dei violentatori, dei ladri di bambini (sia ben chiaro: negli
ultimi vent’anni non risulta un solo caso di minore rapito da zingari in
Italia). I mass media registrano passivamente la commedia di un popolo
esasperato, l’ira dei giusti che talvolta anticipa le forze dell’ordine nel
necessario repulisti. Nei talk show televisivi da anni i leaders degli opposti
schieramenti considerano improponibile adoperare la parola “integrazione” e
hanno fatto semmai a gara nel promettere espulsioni, dimenticando quanto sia
vasta la categoria dei drop-out non estradabili. Perfino i vescovi e i parroci
troppo caritatevoli vengono accusati di tradimento, rifacendosi a dottrine
medievali secondo cui la compassione e l’assistenza sono lecite solo nei
confronti dei poveri appartenenti alla tua comunità: dunque i vagabondi devono
essere rinchiusi, cacciati o uccisi. Così gli episodi di violenza contro la
presenza degli zingari nelle periferie urbane si moltiplicano senza neppure
bisogno dell’incitamento dei titoloni di prima pagina di giornali degni eredi,
settant’anni dopo, de “La difesa della razza”. Si va dal solito demagogico
“Obiettivo: zero campi rom”, fino al ridicolo “I rom sono la nuova mafia”, per
sfociare nel bieco stereotipo “Quei rom ladri di bambini”. Sarebbe assai
benefico ricordare qui il precetto biblico dell’immedesimazione (“In ogni
generazione ciascuno deve considerare se stesso come se fosse uscito
dall’Egitto”) e perciò ogni volta sostituire con la parola “ebrei” o “italiani”
la parola “rom”. Ma è un esercizio liquidato come poco redditizio da un gruppo
dirigente della sinistra che ha sottovalutato le conseguenze della sconfitta
subita sul terreno dei valori di civiltà, senza neanche provarsi a difenderli.
C’è infatti un’accusa particolarmente insidiosa da cui la sinistra sente il
bisogno di difendersi, col rischio di accentuare la sua subalternità culturale
alla destra.
Difendere gli zingari; denunciare il chiaro scopo intimidatorio e
discriminatorio del censimento nei cosiddetti campi nomadi e delle impronte
digitali da rilevare solo a loro; ricordare che i Commissari prefettizi nominati
a Roma, Milano, Napoli per l’emergenza nomadi sono i primi dal 1938 incaricati
di una sovrintendenza etnica: tutto ciò avrebbe il difetto di separare
ulteriormente la sinistra dal popolo. Rivelando un’ostilità elitaria tipica
della casta dei privilegiati che ignorano il disagio delle periferie.
L’adulazione del popolo, il germe del populismo, penetrano così anche un ceto
politico amministrativo della sinistra che mal sopporta la convivenza con le sue
stesse tradizioni culturali. Chi si oppone è fuori dal popolo. Ti senti buono,
superiore? Allora ospitali nel tuo attico, e non venirci a dire che dobbiamo
investire risorse pubbliche per mantenere e ospitare questi corpi estranei alla
società perbene. I veri poveri sono i nostri italiani, gli zingari sono dei
privilegiati. Non a caso impazzano leggende metropolitane secondi cui
riceverebbero sussidi quotidiani dagli enti locali, e il volontariato cattolico
li alloggerebbe a scapito dei concittadini senzatetto.
Rinunciando a una battaglia culturale su un terreno considerato troppo
sfavorevole e impopolare come la questione zingara, la sinistra ha sacrificato
un tratto distintivo della sua idealità. Ma l’approccio corrivo a una destra che
ricorre impunemente a termini come “derattizzazione”, allude all’eliminazione
fisica dei rom, li stigmatizza con stereotipi identici a quelli antisemiti, non
è solo mortificante: alla lunga si rivela anche nocivo politicamente. E’ vero
che ci sono sindaci di sinistra che hanno perso le elezioni, in apparenza, solo
per il fatto di aver consentito la sistemazione provvisoria sul territorio
comunale di poche decine di zingari, metà dei quali bambini. E perfino un
nordista come Cacciari, che strizza maliziosamente l’occhio alla Lega, viene
ripagato con la furia di chi si oppone alla sistemazione di un campo per zingari
italiani residenti a Venezia da decenni.
Ma alla dimensione irrazionale della politica di destra può contrapporsi
efficacemente solo la passione civile e religiosa, la memoria storica, la
denuncia del sopruso perpetrato nei confronti di un popolo, il coraggio di
propugnare un’opera d’integrazione. Nel 1938 coloro che si opposero alla
legislazione razziale promulgata dal regime fascista furono accusati di
“pietismo” e con questa motivazione un migliaio di loro furono espulsi dal Pnf.
Perché mai dovremmo sentirci disonorati dall’accusa di “buonismo”, settant’anni
dopo?
Di Fabrizio (del 11/10/2008 @ 09:59:43, in Italia, visitato 2783 volte)
Ricevo da Roberto Malini
COMUNICATO STAMPA 10 ottobre 2008 FIRENZE, VIGILI URBANI ALLE 3
DEL MATTINO TOLGONO COPERTE AI ROM DELLA STAZIONE E LE MANDANO AL MACERO:
"DORMITE SUI CARTONI!"
SDEGNO DEL GRUPPO EVERYONE E DELL'ASSOCIAZIONE L'AURORA ONLUS, CHE CHIEDONO UN
INCONTRO URGENTE CON IL SINDACO DOMENICI E FANNO APPELLO A TUTTA LA CITTADINANZA
FIORENTINA PER AFFRONTARE IL FREDDO
Nei giorni scorsi l'associazione di volontariato L'Aurora ONLUS di
Firenze ha rifornito di cinquanta coperte, provenienti da diverse donazioni,
i 50 rom romeni che, da ormai molti mesi, passano le notti al freddo, avvolti
da soli cartoni, nei pressi di piazza Adua, di fronte alla stazione
ferroviaria di Santa Maria Novella. Le famiglie rom non hanno mai
ricevuto assistenza socio-sanitaria da parte del Comune di Firenze e non hanno
alcuna alternativa alloggiativa, soprattutto un posto caldo dove stare,
visto che l'ingresso nei centri d'accoglienza per l'emergenza freddo
convenzionati con il Comune di Firenze non consentono l'accesso per la notte a
persone di età inferiore ai 48 anni.
Alcune pattuglie dei Vigili Urbani di Firenze, martedì 7 ottobre, intorno
alle 3 del mattino, si sono recate, assieme ad alcuni mezzi della
Quadrifoglio, l'azienda di smaltimento dei rifiuti urbani del capoluogo
fiorentino, in piazza Adua, dove sono improvvisati i giacigli delle decine di
nomadi. Svegliate di soprassalto le persone, i Vigili hanno intimato loro di
consegnare tutte le coperte e a chi ha obiettato che faceva troppo freddo, i
Vigili fiorentini hanno risposto "Dormite sui cartoni!". Tutte le 50 coperte
sono state dunque sequestrate e gettate, davanti ai loro occhi, in un camion
della Quadrifoglio che procedeva subito a macerarle.
"Ciò che è accaduto è inammissibile" - commentano Stefania Micol,
presidente dell'associazione L''Aurora, e Matteo Pegoraro, co-presidente
con Roberto Malini e Dario Picciau del Gruppo EveryOne - "e
dimostra come anche la città di Firenze segua istituzionalmente la corrente
razzista e xenofoba che sta investendo l'Italia, abbandonando la via della
tolleranza e del rispetto dei diritti umani per imbracciare quella della caccia
allo straniero e della criminalizzazione della povertà". "E' uno scandalo
civile - proseguono gli attivisti "- che in una città come Firenze non
solo non si attui alcun programma per l''accoglienza di queste persone,
lasciandole girovagare per il centro senza alcun mezzo di sussistenza né alcuna
proposta di inserimento sociale, ma che soprattutto vengano tolti loro con
brutalità i pochi mezzi per sopravvivere al freddo di questi giorni e alla
condizione a dir poco precaria in cui essi si trovano".
"Abbiamo già denunciato l''accaduto all'eurodeputata ungherese di origine
rom Viktoria Mohacsì - spiegano poi i leader del Gruppo EveryOne
Malini, Pegoraro e Picciau "- che ha trasmesso la relazione dei fatti
all'attenzione del Parlamento Europeo e della Commissione UE. Firenze
diviene, con quest''episodio, il triste emblema dell'odio razziale, assieme a
Pesaro, la città delle Marche che proprio in questi giorni ha annunciato il
prossimo sgombero da un edificio fatiscente, senza alternative umanitarie, di
una comunità Rom romena formata da famiglie in gravissimo stato di indigenza,
con bambini piccoli e numerosi casi sanitari gravi: tumori maligni, cardiopatie,
handicap. Pesaro e Firenze sono sotto osservazione da parte delle Istituzioni
europee: sono città moderne contagiate dal male del razzismo, che è alla base di
persecuzione mista all''indifferenza da parte delle autorità e istituzioni
locali. Se non si compie un passo indietro e si riscoprono i valori
dell'accoglienza e della solidarietà, si arriverà all''annientamento crudele di
esseri umani innocenti cui non è offerta alcuna speranza di integrazione e,
contemporaneamente, al trionfo dell'intolleranza".
L'associazione L'Aurora e il Gruppo EveryOne intanto chiedono a gran voce
un incontro urgente con il sindaco di Firenze Leonardo Domenici per arrivare
a trovare una soluzione tempestiva per queste persone, che con il passare dei
giorni rischiano di contrarre gravi malattie e infezioni per le condizioni
igienico-sanitarie in cui sono costretti a vivere, nonché per le basse
temperature, contro le quali non hanno modo alcuno di proteggersi. Le due
associazioni fanno inoltre appello a tutta la cittadinanza fiorentina,
affinché, presso la sede de L''Aurora in via dei Macci, 11 si manifesti
nel concreto solidarietà verso famiglie disagiate e perseguitate, portando
semplicemente una coperta, che divenga simbolo di fratellanza e rappresenti una
risposta civile all'indifferenza del Comune e al trattamento inumano della
Polizia Municipale e delle autorità di forza pubblica di Firenze.
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334 8429527 - (39) 331 3585406
www.everyonegroup.com
:: info@everyonegroup.com
L'Aurora ONLUS
Tel: (+ 39) 055 2347593 - (+ 39) 339 8210866
www.aurora-onlus.it ::
segreteria@aurora-onlus.it
Di Fabrizio (del 13/10/2008 @ 10:00:07, in Italia, visitato 1744 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
Cari amici,
vi informo che nei giorni di giovedì 9 e venerdì 10 si è trattenuta a Roma una
delegazione dell'EUROPEAN ROMA
RIGHTS CENTER con lo specifico obiettivo di controllare le modalità di
svolgimento del ben noto censimento. In quei due giorni il censimento si è
svolto nel campo di prima accoglienza RIVER (un ex villaggio turistico affittato
dal Comune e nel quale sono accolti circa 360 rom di origine romena). La
delegazione ha anche intervistato esponenti della Croce Rossa oltre ai rom del
campo. Venerdì 10 un esponente della delegazione (rom macedone che lavora a
Budapest) ha visitato Casilino 900 dove si è intrattenuto a lungo intervistando
i rom del campo circa la loro esperienza di censimento e sui loro problemi in
generale. L'ERRC produrrà una relazione da diffondere nelle sedi opportune
(specialmente a livello internazionale). Con l'occasione mi hanno consegnato
diverse copie di un rapporto steso dopo una precedente indagine. Il rapporto si
intitola SICUREZZA ALL'ITALIANA. Impronte digitali, violenza estrema e
vessazioni contro rom e sinti in Italia. Ad esso hanno collaborato Eva,
Diana, Sucar Drom e il
sottoscritto.
Di Fabrizio (del 14/10/2008 @ 08:52:42, in Italia, visitato 1802 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir (non ho trovato in rete copia dell'articolo citato
della Nazione, ma solo interventi datati questa primavera)
Dissento totalmente dall'intervento dell'Assessore politiche sociali Sig.na
Valentina Settimelli pubblicato ieri sul vostro quotidiano, La Nazione.
Quello che più mi rammarica è la superficialità e le approssimazioni di tante
sue affermazioni in merito sia al progetto Città sottili e del suo dichiarato
successo che sull'operato dell'Amministrazione in merito a sgomberi
effettuati e censimenti fatti in questi anni.
Ci si vanta degli sgomberi di accampamenti abusivi, l'ultimo è di ieri, definiti
con eufemismo "chiusura di quattro insediamenti non autorizzati" e nello
stesso tempo la Sig.ra Valentina vuol far credere di essere più tollerante di
altre amministrazioni per il semplice fatto che qui non si è arrivati a prendere
le impronte digitali ai Rom, come a voler dire che provvedimenti xenofobi
appartengono ad altri. Suvvia Assessore non si nasconda dietro il dito dell'on.
Maroni!
Sgomberi e impronte appartengono alla stessa cultura e logica, sono espressioni
diverse ma entrambe hanno la stessa radice: quella dell'annientamento,
dell'espulsione, della guerra contro i poveri. E' la logica dello sgombero
(fatto ovviamente sempre per il bene dei Rom e quello dei minori!!) che ha
alimentato la tragedia a Pian di Rota a Livorno dell'anno scorso, non lo
dimentichi carissimo Assessore! Perché la guerra ai poveri sta diventando un
esercizio ormai "normale" in tante Amministrazioni. Provi, se ci riesce a
mettersi nella pelle di chi subisce due, tre volte la demolizione delle proprie
baracche, roulotte e delle poche cose, cosa significhi dover ricominciare tutto
dall'inizio anche a solo qualche centinaio di metri più in là, a veder persi in
poche manciate di minuti gli "investimenti" di due o tre anni di vita.
Provi lei insieme a qualche suo zelante collaboratore se vi riesce ancora
chiamarla :"chiusura pacifica". Quello che lei definisce come "risultati
significativi" io li chiamo invece il disprezzo della vita dei poveri, che
tante volte anche qui a Pisa la Politica ha sacrificato sull'altare solo per
qualche manciata di voti e con la complicità silenziosa di Associazioni, anche
di comunità cristiane e laiche: sono i miracoli della sicurezza!
"Tutti"(??) i bambini del progetto "Città sottili" frequentano le scuole del
territorio, (con quale risultato?) mentre i loro genitori continuano a vivere
nella paura e nell'insicurezza del domani, esattamente come 5 o 10 anni fa. Anzi
oggi la situazione è ben peggiore, perché la disperazione è molto più vera e
palpabile (espulsioni, arresti) anche senza le impronte.
Ma questo non la preoccupa per niente, anzi lei si è mostrata incurante anche di
fronte alla richiesta di un incontro con lei da parte delle famiglie impaurite
del campo Rom, che le avevano chiesto due settimane fa. Da 14 anni che vivo tra
i Rom qui a Pisa non mi è mai capitato di notare così tanta disperazione e
smarrimento: nemmeno quando stavamo nel vecchio campo abusivo in via dei
Falaschi, lei se lo ricorda? In gran parte si tratta delle stesse famiglie che
in questi giorni vivono angosciate, deluse e amareggiate perché si sentono
abbandonate e prese in giro anche dal progetto che lei continua a incensare e
sbandierare ai 4 venti.
"Chi ha violato il patto di cittadinanza è stato escluso dal progetto"
lei e il sindaco non fate altro che ripetere alla noia questo ritornello,come
fosse un trofeo di vittoria da esibire al pubblico, dando per scontato che sono
sempre i Rom a tradire, ma se siamo così sicuri? Gli impegni disattesi in tutti
questi anni, le promesse come fumo negli occhi, i raggiri che non poche volte
avete utilizzato con spavalda disinvoltura..subito lesti invece a puntare il
dito contro i Rom, fingendo di non vedere i tradimenti dentro casa vostra e a
giustificarli in nome di altre imprecisate priorità.
E perché mai dovrebbero pagare intere famiglie le colpe di un loro parente?
Chi commette un reato ne è responsabile a livello personale, non la famiglia in
uno stato di diritto come il nostro. La perdita dell'abitazione, l'esilio o le
rappresaglie sui familiari di chi viola le leggi fino a poco tempo fa,
appartenevano ad epoche storiche lontane da noi o ai tempi feroci delle guerre,
stranamente oggi solo ai Rom si applica una procedura che pensavamo ormai del
tutto superata e sepolta nel passato, invece a quanto pare ritorna, come stiamo
assistendo anche a livello nazionale in queste ultime settimane, anche se a
molti questo può apparire "normale".
Sinceramente faccio fatica a comprendere, anzi mi rifiuto di accettare una
logica che mi sembra discriminatoria e alquanto razzista: quando un cittadino
italiano commette un reato a nessuno viene in mente di allontanare la sua
famiglia dal quartiere dove abita, invece per i Rom questo appare del tutto
"normale", anzi manco si ha la prudenza di aspettare la sentenza finale del
Tribunale, sembra che il Progetto abbia più voce in capitolo. Il sindaco ha già
emesso la sua sentenza. Constato amaramente che il progetto è più importante
delle persone!
"Stiamo lavorando al regolamento del nuovo villaggio.. dedicherà attenzione
al rispetto delle regole": come sempre, tutto sulla testa dei Rom, nessun
Rom coinvolto, ci penseranno invece le nostre quotate Associazioni, Cooperative,
gli esperti Rom a decidere come debbano vivere i Rom, quali espressioni buone da
preservare e quali da evitare della cultura Rom .. possibile che gli errori del
passato non servano a niente? Immagino invece, l'acquolina che verrà alle stesse
pronte a dimostrare di essere capaci a far rispettare le regole e a impegnarsi
in un'opera così importante e appetitosa ..tutto in nome dell' integrazione.
Cito a mo' di conclusione un passaggio dell'intervento di un Rom ad una
manifestazione a Brescia, mi sembra riassuma bene le ragioni dello sfogo di
tanti Rom:
"Quello che stanno facendo la politica in questo momento, con la scusa della
sicurezza, è tremendo per noi. Vuole che cambiamo di colpo un modo di vivere
costruito e cresciuto così in tanti anni.
La politica crede in questo modo di obbligarci a un progresso che non è nostro e
non abbiamo neanche la possibilità di farlo nostro. Distruggere il nomadismo,
distruggere i campi sosta, anche quelli privati, rendere difficili o inutili le
capacità semplici di guadagno come quelle di piccoli intrattenimenti nei luna
park, fare i raccoglitori di ferro, vendere piccole cose o elemosinare, equivale
tagliare le radici a delle piccole piante che cercano di crescere. Si perché
tutti gli uomini hanno la voglia di crescere e di progettare un futuro migliore
per i loro figli. Questo non può succedere se ogni volta che cambiano i
protagonisti della politica noi dobbiamo sempre cominciare di nuovo. Ognuno, e
sono sempre gli altri a decidere per noi, ha la sua ricetta che dovrebbe fare il
bene della nostra vita. La politica deve convincersi che anche noi, Sinti e Rom,
come tutti gli uomini e le donne della terra, desideriamo progredire e dare un
futuro migliore ai nostri figli. Due, però, sono le condizioni perché anche noi
possiamo essere autori noi stessi del nostro cammino: la libertà di scegliere
e lo spazio vitale. Tutti i cambiamenti imposti senza queste due condizioni
sono lavoro inutile, spreco di energie, sofferenze e delusioni. Finita
l'illusione politica bisognerà ricominciare da capo." (Migranti-Press Nr.40
del 27.09.2008)
Don Agostino Rota Martir – campo nomadi di Coltano – 11 Ottobre 2008
Di Fabrizio (del 14/10/2008 @ 09:24:38, in Italia, visitato 1556 volte)
Ricevo da ARPJ
il testo che segue. PREMESSA:
Guardando sul loro sito, vedo che la sigla significa
Associazione
Romana Pro Juventute, un nome che mi ha subito ricordato la PRO JUVENTUTE svizzera,
che per
anni si è resa complice di togliere i figli alle famiglie Sinte e Jenisch e
metterli in orfanotrofi. Ho chiesto per iscritto spiegazioni, mi è stato
risposto dal responsabile del progetto che
loro non hanno nulla a che fare con la Pro Juventute svizzera
Alla cortese attenzione del
Prefetto Carlo Mosca
Commissario Straordinario
per l'emergenza nomadi a Roma
Gentile Prefetto,
Le scrivono alcune associazioni che da circa tre anni si stanno occupando della
situazione dei rom nella città, ponendo particolare attenzione alle numerose
famiglie che abitano in quelli che vengono chiamati in maniera significativa
"insediamenti abusivi", ovvero nelle baracche di cartone, legno e lamiera
costruite sugli argini dei fiumi, sotto i ponti e i viadotti o semplicemente
negli angoli nascosti della città.
Negli scorsi mesi dominati dall'ossessivo allarme sulla presenza dei rom nelle
città italiane e dalle proposte più disparate e pericolose non abbiamo potuto
non apprezzare il Suo atteggiamento, sempre attento ai principi fondamentali del
diritto e al rispetto della persona.
Tuttavia il nostro lavoro quotidiano a contatto con gli uomini, le donne e i
bambini che vivono sulla loro pelle la condizione di precarietà e di rischio, ci
ha permesso di vedere anche da un altro punto di vista queste settimane di
polemiche e censimenti.
Dalla seconda metà del mese di agosto molti degli stessi insediamenti che alcune
settimane prima erano stati visitati dalla Croce Rossa Italiana hanno ricevuto
la visita inaspettata di unità miste, composte prevalentemente da giovani
militari della Folgore in tenuta mimetica e generalmente guidati da almeno un
poliziotto del corpo della Polizia Fluviale.
Poliziotti e militari entravano negli insediamenti dicendo che dovevano
controllare chi c'era e chi non c'era, ed effettivamente chiedevano documenti a
tutti i presenti, dando vita ad un parallelo e silenzioso censimento.
In tutti i casi alcuni dei residenti controllati (generalmente gli uomini, ma in
diverse occasioni anche le donne) sono stati portati in questura, dove hanno
passato diverse ore, a volte la notte intera, in attesa del canonico controllo
dei documenti.
Gli stessi insediamenti sono stati visitati più volte con una escalation di
tensione, di minacce e di paura: in molti casi amici e conoscenti rom ci hanno
raccontato di vere e proprie violenze gratuite contro le persone e contro le
cose: tende tagliate, materassi e coperte gettate via, uomini picchiati.
Almeno in due occasioni sappiamo per certo che queste visite sono state
realizzate in piena notte, e anche in quelle occasioni i militari e i poliziotti
hanno costretto uomini, donne e bambini (in uno dei campi visitati di notte
abitava una donna che aveva partorito una bambina solo dieci giorni prima) ad
uscire dai loro ripari, a schierarsi nello spazio più ampio a disposizione, a
tirar fuori i propri documenti per l'ennesimo e inutile controllo.
Sorvolando solo per questioni di tempo sulle modalità con cui paracadutisti e
poliziotti sono entrati nei campi e nelle misere case, sulle capacità di
comunicare e comprendere le diverse situazioni, l'obiettivo esplicito di tutte
queste visite era sempre lo stesso: annunciare l'imminente distruzione totale
dell'insediamento, spingere con modi bruschi e concreti ad andarsene, far
presagire il rischio di ritorsioni ben più gravi per chi avesse deciso di
rimanere in quel campo.
E questo è effettivamente successo.
Nel quadrante sud della città sono stati distrutti e sgomberati diversi
insediamenti: decine di baracche nella zona della Magliana e di Ponte Marconi
sono state abbattute a calci e le persone costrette alla fuga spesso senza
nemmeno avere il tempo di recuperare gli oggetti personali o almeno una coperta
per la notte.
In nessuna occasione era presente personale della Croce Rossa o dei Servizi
Sociali Comunali e famiglie intere sono state semplicemente lasciate per strada
senza alcuna indicazione e alternativa.
Paradossalmente uno degli insediamenti sgomberati è stato quello in cui è stato
avviato il censimento romano; così dopo la visita degli operatori della Croce
Rossa, dopo i servizi televisivi e le foto sui giornali, dopo la partecipazione,
le promesse e le aspettative, quelle persone si trovano ora per strada, a
cercare ogni notte un riparo diverso.
Non è nostra intenzione avviare in questa sede un ragionamento, comunque
necessario e urgente, sulla utilità delle misure straordinarie e sul censimento.
Non possiamo tuttavia non denunciare con forza che quelle misure minime di
garanzia che lei stesso aveva più volte dichiarato agli organi di stampa, in
particolare l'assicurazione che non ci sarebbe stato alcuno sgombero fino al
termine delle operazioni del censimento, sono state ampiamente contraddette e
disattese. Come nei mesi precedenti alla Sua nomina, la modalità di intervento
delle Istituzioni è stata sempre la stessa: creare un clima di paura e
costringere materialmente alla fuga chi abita nelle baracche e nei ripari di
fortuna.
A questo servono i commissari speciali e l'esercito nella città ?
Sono queste le politiche attive per la sicurezza che dovrebbero favorire
l'inclusione sociale e la legalità ?
ARPJ - Tetto
progetto "Una Scuolina per crescere"
www.arpj.org -
scuolina@arpj.org
POPICA ONLUS
www.popica.org –
info@popica.org
GRUPPO EVERYONE
Il Gruppo EveryOne comunica che presenterà il testo della lettera aperta al
Prefetto anche presso la Commissione europea, denunciando questa nuova, disumana
escalation di terrore istituzionale perpetrata - in violazione delle Direttive
Ue e di tutte le Carte che tutelano i diritti dei popoli - dalle Istituzioni e
dalle autorità romane. In fede, Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Dario Picciau
www.everyonegroup.com
ARCI di ROMA
www.arciroma.it
Di Fabrizio (del 16/10/2008 @ 09:10:01, in Italia, visitato 1899 volte)
Da
SpoletoOnLine
Venerdì dalle 9.30 l'incontro per 'contrastare ogni forma di discriminazione
e rispettare e tutelare l'uguaglianza e la dignità di tutte gli essere umani'
Nell'ambito della campagna nazionale "Io non discrimino", promossa da Amnesty
International, si tiene a Spoleto venerdì 17 ottobre alla Sala Monterosso di
Villa Redenta (dalle ore 9.30 alle 12.30 e poi dalle 16.30 alle 19.30) un
convengo partecipativo dal titolo "Io non discrimino - Di
razzismo si muore: è ora di reagire".
L'appuntamento di Spoleto, che si inserisce in una serie di iniziative in ambito
nazionale per raccogliere adesioni con l'impegno a "contrastare ogni forma di
discriminazione e rispettare e tutelare l'uguaglianza la dignità di tutte gli
essere umani", è organizzato dal Centro Culturale "Città Nuova" con il
patrocinio della Regione Umbria, della Provincia di Perugia e del Comune di
Spoleto.
Il convengo di apre con i saluti di Damiano Stufara, Assessore alle Politiche
Sociali della Regione dell'Umbria; di Giuliano Granocchia, Assessore alle
Politiche Sociali della Provincia di Perugia e di Patrizia Cristofori, Assessore
alla Formazione del Comune di Spoleto.
I relatori sono Tommaso Vitale, ricercatore di Sociologia Generale
dell'Università Statale Bicocca - Milano, Demir Mustafa, vicepresidente
Nazionale della "Federazione Rom e Sinti Insieme" e Luigino Ciotti,
Coordinamento Tavola della Pace di Perugia.
Previsti gli interventi di Rosella Benedetti Del Rio, rappresentante della
Comunità Buddista Soka Gakkai; Gianfranco Formenton, Assistente Scout Spoleto 1
Parroco di S. Martino e S. Angelo; Giampaolo Loreti, Presidente A.N.P.I. -
Spoleto; Filomeno Lopes, giornalista Guinea Bissau; Fausto Manasse Referente
"Associazione Italia-Israele"; Abdel Qader, Imam di Perugia; Lindita Ura,
Comunità Albanese di Spoleto. Presiede Luigi Sammarco, Presidente del Centro
Culturale "Città Nuova".
La campagna IO NON DISCRIMINO intende denunciare le varie forme di
discriminazione per motivi di origine etnica o nazionale, status sociale o
economico, colore, genere, orientamento sessuale, lingua, religione, cultura,
opinione politica che annullano o mettono a rischio i diritti e la dignità di
milioni di esseri umani nel mondo.
"L'articolo 1 della Dichiarazione Universale dei diritti umani afferma
solennemente che tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e
diritti. Ma la realtà di ogni giorno è che non tutti gli esseri umani sono
eguali in dignità e diritti" - ha dichiarato Marco Bertotto, presidente della
Sezione Italiana di Amnesty International, in occasione della presentazione
della campagna dell'associazione sul tema della discriminazione.
Di Fabrizio (del 16/10/2008 @ 13:30:01, in Italia, visitato 1888 volte)
Dal programma dei
3 giorni di Forum
Sabato 18 ottobre h. 11,00 - "La forza del dialogo: prove di convivenza nella civiltà
planetaria."
presso
Università degli studi di Milano - Bicocca, U6, aula 33
Oratori confermati:
Dijana Pavlovic, artista e scrittrice comunità Rom
Mouelhi Mohsen, rappresentante Sufi
Lucia Sechi, portavoce Centro delle Culture
Gianni Lin, coordinatore Nord Italia di Associna
Di Fabrizio (del 19/10/2008 @ 09:07:28, in Italia, visitato 1558 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
Radames Gabrielli, sinto
Lista Sinistra dell'Alto Adige - Linke für Südtirol
Sono un sinto,
spregiativamente uno "zingaro" come mi chiamerebbero in molti. La mia
famiglia vive da generazioni in Alto Adige, qui sono nato e cresciuto, così come
i miei figli e nipoti.
Ho conosciuto sulla mia pelle i problemi delle famiglie numerose e senza un
reddito fisso, discriminate nella vita di tutti i giorni, nella ricerca di un
lavoro e nel trovare un'abitazione adeguata.
Adesso voglio fare qualcosa per chi come me non vuole più essere discriminato,
per chi vuole la possibilità di un lavoro adatto, per chi desidera un'abitazione
dignitosa.
E questo sarà il mio impegno per voi:
- tutelare i diritti delle famiglie in
disagio;
- favorire la ricerca di soluzioni abitative
adeguate;
- incentivare la creazione di opportunità
lavorative;
- combattere il razzismo dilagante in tutte
le sue forme.
Votami perché sono come te.
Votami perché sono diverso da te.
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