Rom e Sinti da tutto il mondo

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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

\\ Mahalla : VAI : Italia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 08/10/2008 @ 09:06:37, in Italia, visitato 1895 volte)

Segnalazione da Clochard

Di Vittorio Bonanni su Liberazione del 5 ottobre Intervista a Sandro Portelli, scrittore e saggista, ripubblicata su Bellaciao.org

Sandro Portelli non ha bisogno di presentazioni. Scrittore, docente di letteratura angloamericana all’Università La Sapienza di Roma, già delegato del sindaco di Roma per la memoria, è uno degli intellettuali più autorevoli per commentare quello che sta succedendo in Italia nei confronti dei migranti. Da Parma a Roma, da Milano a Castelvolturno fino agli stadi dove i calciatori di colore vengono insultati è un susseguirsi di avvenimenti che stanno trasformando il nostro paese in una vera e propria patria del razzismo.

A lui abbiamo chiesto innanzitutto dove vanno cercate le radici di questi comportamenti così preoccupanti. "Il razzismo in Italia ha una storia molto lunga - dice Portelli - abbiamo secoli di antisemitismo che sono culminati nelle leggi razziali del ’38, e una vergognosa storia di colonialismo particolarmente becero soprattutto in Etiopia. Proprio da quella avventura coloniale nacquero le prime leggi razziali che furono alla base della persecuzione degli ebrei".

Come si sviluppa questo sentimento nell’Italia del dopoguerra?
Ricordo che all’inizio degli anni 60 un gruppo di studiosi tra cui Alfonso Di Nola scrissero un libro in cui parlavano di un razzismo latente nel nostro paese. Cioè di un razzismo che stava sotto traccia, pronto ad esplodere ma che non esplodeva per mancanza di un oggetto contro cui scatenarsi. E anche la coscienza o la falsa coscienza della forze politiche italiane, dal Partito comunista alla Democrazia cristiana, rendevano indicibili queste cose. Insomma questi discorsi non li permettevano. Che sotto sotto serpeggiassero al loro interno è possibile ma erano stigmatizzati.

Lo scenario oggi è mutato radicalmente...
E in peggio. Abbiamo forze politiche che o promuovono attivamente il razzismo come è il caso della Lega, o, come succede negli altri casi, lo coccolano negando che esista. Ed è questa la cosa straordinaria. Ogni volta che succede qualche cosa si sente dire sempre "è grave ma il razzismo non c’entra". Dunque non c’è più un tappo che renda indicibili certe cose e contemporaneamente ora c’è anche l’oggetto contro cui scatenarsi, cioè l’immigrazione.

Veniamo ora alle responsabilità della sinistra moderata. All’indomani della morte della signora Reggiani anche Veltroni e il Partito democratico hanno cavalcato la pericolosissima tigre del razzismo, additando praticamente tutta la comunità dei rumeni come un potenziale covo di assassini. Ora le cose stanno cambiando ma intanto il danno è stato fatto. Che cosa ne pensa?
Io non so ancora se è stato un calcolo ipocrita a fini elettorali o se veramente se ne sono usciti con naturalezza. Quello che so è che tatticamente e a fini elettorali è stato un errore enorme. Perché ogni volta che tu vai incontro ai temi della destra non fai altro che dire: "La destra ha ragione". E siccome la destra su queste cose è sempre più avanti e più credibile di noi non fai altro che portare consenso e voti a loro. Se Veltroni sostiene che bisogna cacciare i rumeni e vigilare su di loro in quanto tali o portare i rom fuori dal raccordo anulare, fa un regalo assoluto all’avversario. La sinistra deve avere dei modi propri di affrontare un bisogno di sicurezza, peraltro in parte indotto. In passato da noi sono venute molte idee. Penso ad un’altra emergenza più reale, come quella degli anni 70, e alla risposta data con l’Estate romana. Oggi nel deserto di idee a sinistra, le uniche proposte sul campo sono quelle della destra. La quale è sempre più credibile.

Come si può legare questa deriva con la crisi della pregiudiziale antifascista?
Innanzitutto un antifascismo che non sia antirazzista non esiste. E dunque dobbiamo chiederci quali sono i principi e i valori che ci ha lasciati l’antifascismo, come l’uguaglianza, la partecipazione dei cittadini, il rifiuto della guerra, la libertà di parola e appunto il rifiuto del razzismo. Insomma i valori che troviamo nella Costituzione. E ora che questi valori sono tutti sotto attacco, l’antifascismo non si può ridurre alle polemiche, peraltro necessarie, su quello che è successo negli anni 30 o negli anni 40. Si deve, al contrario, tradurre in qualcosa di positivo. Quando Fini dice che qualsiasi democratico deve essere antifascista bisogna rispondere che chiunque sia democratico dovrebbe rifiutare la schedatura dei rom o il lodo Alfano che viola l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, difendere la libertà di stampa e rifiutare di far entrare l’Italia nelle guerre di Bush. Non è un caso che nel documento programmatico del Pd l’antifascismo se lo fossero scordato.

Fuori tema, ma non troppo, un commento sul film di Spike Lee su Sant’Anna di Stazzema e le polemiche che sono scoppiate...
Intanto dico che il film non l’ho ancora visto. E comunque voglio sottolineare due cose: mi ha molto colpito la lettera che Spike Lee ha indirizzato a Bocca, uscita su Repubblica , dove dice "immagino che le ferite del fascismo in Italia non si siano ancora rimarginate". Ma come può dire "immagino"? Ma non doveva informarsi prima? Questa è un’arroganza tipica di tanta cultura americana per cui tu arrivi e metti le mani su una realtà che non conosci veramente. Voglio poi dire un’altra cosa: se uno realizzasse una versione fiction della strage delle bambine ammazzate da una bomba razzista a Birminghan nel ’63 e questo film dice, inventandoselo, che è vero che sono stati i razzisti ma il fatto è partito da un tradimento di un attivista per i diritti civili; oppure che le bambine sono state ammazzate perché Martin Luther King ha fatto incazzare i razzisti e poi non le ha protette io credo che Spike Lee direbbe che questo è un film razzista. Ora nel suo caso il film non è certamente razzista come intenzione perché rivaluta il ruolo dei soldati afro-americani nella Seconda guerra mondiale.

Però lui non si rende conto che facendo una cosa, peraltro inventata completamente, che può essere strumentalizzata dalla destra razzista in questo paese dà armi dialogiche ed ideologiche a coloro che fomentano il razzismo nei confronti dei suoi fratelli africani e immigrati in Italia. E l’intenzione antirazzista sui soldati americani rischia di tradursi indirettamente e paradossalmente in un argomento in più dato alle forze razziste in questo paese. Per finire ripeto ancora: il film andrebbe visto prima di esprimere un giudizio. Ma se nella pellicola c’è questo tema per cui i partigiani erano irresponsabili perché ponevano le comunità al rischio di rappresaglie e l’invenzione per cui la strage a Sant’Anna è avvenuta perché un partigiano ha tradito, tutto questo è molto grave ed è il frutto dell’ignoranza di chi si sente onnipotente.

 

Segnalazione di Clochard

Da ADUC

IMMIGRAZIONE: ROMENI IN ITALIA,TRA PAURA E INTEGRAZIONE/ANSA

UN MILIONE, E HANNO OPINIONE POSITIVA,NON RICAMBIATA,SU ITALIANI (ANSA) - ROMA, 4 OTT - Gli italiani hanno sviluppato un'opinione negativa nei confronti degli immigrati romeni, anche per il modo in cui alcuni fatti di cronaca sono stati trattati dai mezzi di comunicazione. Ma nella realta' dei fatti, la presenza dei romeni in Italia e' un buon esempio di integrazione. E' quanto emerge dalle ricerche svolte dal governo romeno nell'ultimo anno, che vengono ora presentate nell'ambito della campagna 'Romania, piacere di conoscerti', lanciata a settembre. Lo studio evidenzia tre punti fondamentali: la diminuzione della tolleranza degli italiani deriva soprattutto dai comportamenti illegali da parte di stranieri; la percezione negativa dei romeni da parte degli italiani e' in gran parte dovuta alle notizie riportate dai media; dove c'e' un'interazione tra gli italiani e i romeni la percezione e' molto migliore. UNA PRESENZA SUPERIORE AL MILIONE. I romeni in Italia sono 1.016.000 (su 3.690.000 stranieri totali sul nostro territorio). Il loro contributo al prodotto interno lordo e' 2,26 miliardi di euro, l'1,2% del Pil totale. Il 75% ha un lavoro fisso, e lo stipendio medio e' di 1.030 euro al mese. Il 70% degli immigrati romeni invia denaro in Romania. L'inserimento lavorativo e' per un terzo nell'industria (soprattutto edilizia), per la meta' nel terziario (alberghi e ristoranti, informatica e servizi alle imprese) e per il 6,6% in agricoltura. Piu' di una donna su 4 lavora nell'assistenza alle famiglie o come infermiera.

COSA PENSANO I ROMENI DELLA LORO SITUAZIONE. L'indagine tra i romeni che vivono in Italia delinea un quadro di integrazione soddisfacente: il 67% ha una buona opinione del proprio datore di lavoro italiano, il 92% ha un'opinione positiva dei vicini di casa italiani, e il 94% ha una buona padronanza della lingua. Ma un problema di percezione di questo popolo da parte degli italiani esiste, e i romeni ne sono ben consapevoli: quasi tutti (92%) sono informati sui fatti di cronaca presentati dai media, e molti (63%) ritengono che la stampa, i giornali, la radio e i politici presentino questi fatti in modo non sempre corretto. Il 72% pensa che la propria immagine sia peggiorata in seguito all'eccessivo rilievo dato a questi fatti.

COSA PENSANO GLI ITALIANI DEI ROMENI. Gli italiani manifestano un'opinione in gran parte negativa sugli immigrati: il 57% ha una pessima opinione di loro, il 34 % ha un'opinione buona o molto buona. La prima preoccupazione dei cittadini e' l'illegalita' generata dagli immigrati. Particolarmente duro il giudizio sui rom: per il 61% degli intervistati, non dovrebbero stare in Italia. Ma secondo quanto emerge dall'indagine, gli italiani che hanno parlato almeno una volta con un immigrato romeno hanno di questo popolo un'opinione migliore rispetto a chi basa il proprio giudizio solo su quanto riportato dai media. Solo un italiano su 10 conosce un immigrato romeno sul posto di lavoro, a scuola o all'universita', ma tra questi e' amplissima (81%) la maggioranza che dichiara di avere un buon rapporto con loro.

 
Di cicciosax (del 11/10/2008 @ 09:40:33, in Italia, visitato 2248 volte)

Da Gad Lerner - il blog del bastardo

E’ appena uscito da Feltrinelli questo volume collettivo, cinquanta voci per riflettere sulla scomparsa di un’opposizione culturale all’egemonia del centrodestra. Ve lo consiglio, ci sono diversi stimoli utili. Nel frattempo vi anticipo il mio contributo, dedicato ai Rom: lo spauracchio che ci ha fatto alzare bandiera bianca sul terreno della sicurezza.

La sinistra deve stare con il popolo, ma se il popolo odia gli zingari?

Non c’è dilemma più nitido. Di fronte a quel bivio numerosi amministratori della sinistra lombarda (non a caso di matrice comunista amendoliana), dalla sindaco di Pavia a quello di Sesto San Giovanni, hanno imboccato la via “popolare”. Guidati dal motto politicamente scorretto, e dunque di sicura presa, coniato dal presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati: “Non dobbiamo ripartire i campi rom. Bisogna farli semplicemente ripartire”. Versione italiana del già arcinoto manifesto leghista su cui nessuno aveva mai avuto niente da ridire: “Campi rom, foera de ball”. Il popolo, si sa, è ruvido. Quando le popolane di Ponticelli presero a sputi in faccia e male parole le zingare, dopo che certi loro scugnizzi malavitosi dotati di motorino avevano incendiato l’accampamento con le molotov, già la locale sezione del Partito democratico aveva provveduto ad affiggere sui muri di quella periferia napoletana, sotto il simbolo tricolore, quel solito slogan: “Via il campo rom”. E che nessuno parli di pogrom, per favore, la gente non capirebbe. Si trattò di “eccessi”, strumentalizzazione camorristica di un legittimo risentimento popolare, favoriti dall’inadempienza delle forze dell’ordine.

C’è poi una sinistra che di fronte a quel bivio imbocca la direzione opposta, adottando gli zingari per elevarli a nuovi protagonisti dell’antagonismo metropolitano, surrogati di un proletariato ormai cooptato nel blocco di potere. Sono loro, gli zingari, l’ultimo vero popolo rivoluzionario. Il nomadismo andrebbe riconosciuto come insopprimibile vocazione, fascinosa alterità. Poco importa che la maggioranza dei “nomadi” aspiri a una residenza normale, e comunque se non sgomberati rimangano per decenni nello stesso luogo derelitto. Le elevate percentuali di devianza criminale si giustificherebbero con la loro tradizione comunitaria, impermeabile ai dogmi della proprietà privata. Le spose bambine, le maternità precoci, l’ignoranza contraccettiva sarebbero il naturale contrappunto di una società mercificata e sterile. La retorica ultraminoritaria dello “zingaro è bello” fa presa crescente nella sinistra comunista e nei centri sociali che non si limitano a protestare contro le discriminazioni e le malversazioni inflitte agli zingari. Ma giungono a contrapporsi polemicamente al volontariato sociale operante nelle baraccopoli. La paziente opera di educazione, avviamento al lavoro, regolarizzazione degli habitat (pagamento delle bollette, freno al viavai dei residenti, espulsione dei violenti), viene denunciata come snaturamento identitario: dovremmo “accettarli così come sono”, l’integrazione viene respinta come sottomissione.

Questa sinistra affascinata dalla cultura rom, differenza da tutelare contro la minaccia di omologazione, non riscuote certo consensi popolari quando si oppone alle politiche di sicurezza della destra. Ma è interessante notare la rivincita simbolica incamerata dall’intellighenzia sensibile alla questione zingara: nel circuito musicale, teatrale, cinematografico, letterario e perfino sulle passerelle degli stilisti la suggestione gitana si traduce in opere di successo. Come dire: gli zingari intrigano, perfino affascinano, ma a patto che restino virtuali, alla larga da casa mia.

Entrambe le visioni sopra descritte scaturiscono da una sopravvalutazione parossistica del ruolo attribuito agli zingari (non c’è altro termine generico che accomuni le popolazioni rom, sinti e camminanti) nella realtà italiana. Stiamo parlando, certo, della più grande minoranza d’Europa, tra i 7 e i 9 milioni di cittadini dell’Unione. Ma nel nostro paese, neppure dopo l’apertura delle frontiere agli immigrati dalla Romania si è raggiunta quota 200 mila: una percentuale talmente esigua rispetto alle dimensioni della penisola -tanto più se si considera che circa 60 mila sono italiani da secoli, più della metà hanno meno di 14 anni, e tra gli stranieri prevalgono gli zingari fuggiti quasi vent’anni fa dalle guerre balcaniche (tuttora condannati dalla burocrazia a restare privi di documenti)- da smentire che possano davvero rappresentare un’emergenza.

La sovrarappresentazione italiana del pericolo rom è un fenomeno unico in Europa. Vi sono certo nazioni, come la Romania e la Slovacchia, in cui gli zingari subiscono un’ostilità politica e sociale, ma nell’ambito di contrapposizioni etniche alimentate da bel altra presenza numerica. Minimizzare la questione zingara risulta, ciò nonostante, impossibile. Quando si è trovata a dover gestire il turbamento dell’opinione pubblica per reati odiosi che sollecitavano allarme sociale –come l’allora sindaco Veltroni a Roma, nel caso del delitto Reggiani, novembre 2007- anche la sinistra ha fatto ricorso all’espediente degli sgomberi spettacolari. Fingendo d’ignorare che i baraccati possono venir costretti a vagabondare altrove in cerca di ricovero notturno, ma non scompaiono da un giorno all’altro. Quando erano decine di migliaia ad accamparsi nelle baraccopoli dell’hinterland romano, nei primi anni Sessanta, narrati magistralmente da Pier Paolo Pasolini, nessuna forza politica popolare avrebbe considerato redditizio assumerli come bersaglio. Erano molti di più, rispetto ai derelitti delle bidonvilles di oggi, ma non erano né stranieri né zingari. Comunità di minoranza che neppure possono godere della protezione di uno Stato alle spalle, come accade per esempio ai cinesi e agli ebrei. Bersagli ideali del malcontento popolare. Tanto più che la persistenza degli stereotipi diffusi da sette secoli sugli zingari –propensione al furto, popolo misterico e in integrabile, dedito al ratto dei bambini e alla violenza sulle donne- non è stata scalfita neppure dallo sterminio nazista di un numero di zingari compreso fra i 219 mila e il mezzo milione, tra il 1942 e il 1945, nei medesimi lager in cui venivano deportati gli ebrei. Per decenni si è preferito rimuovere il genocidio degli zingari, censurando la memoria dei sopravvissuti e talvolta addirittura giustificando la persecuzione (sentenza della Corte suprema tedesca nel 1956) in quanto “campagna preventiva contro i crimini”. Nessuno ha eretto un tabù per contrastare gli stereotipi antigitani.

Le stesse persone che mai tollererebbero battute ostili nei confronti degli ebrei o dei neri, spesso ammettono una deroga culturale riguardo agli zingari. Non è considerato infame desiderarne l’eliminazione perché nei loro confronti persiste l’identificazione fra un popolo e una colpa. Difendi gli zingari? Vuol dire che sei un difensore dei delinquenti. E’ un’accusa che viene rivolta in perfetta buona fede: ma come, non ti rendi conto che “quelli” sono davvero diversi da noi, sono il male?

Per alcuni mesi tra il 2007 e il 2008 la leadership veltroniana del Partito democratico si è illusa di poter cavalcare anche le pulsioni irrazionali del paese, rifugiandosi dietro a una formula anodina: “La sicurezza non è né di destra né di sinistra”. Ma proprio la sovrarapresentazione del pericolo rom si è incaricata di confutare per prima tale scioglilingua: quando accetti di trasformare in emergenza nazionale, finalizzata alla repressione o all’espulsione di un popolo, le manchevolezze della politica nell’opera di integrazione-repressione, hai già consegnato alla destra lo scettro del comando. Prima di rassegnarsi a questa banale constatazione, nella sinistra più subalterna culturalmente al leghismo abbiamo dovuto assistere a ulteriori elucubrazioni verbali. Come il Documento sulla Sicurezza diramato dal Pd lombardo nel giugno 2008 che auspicava la formazione di reparti di vigilanti volontari da affiancare alle forze di polizia, sorta di “ronde democratiche” da contrapporre alle ronde padane. Con lapsus involontario ma significativo, lo stesso documento conteneva la richiesta di un tetto percentuale per limitare l’eccessiva concentrazione di bambini stranieri nelle classi della scuola primaria: proposta di per sé non scandalosa, se i demagoghi della sinistra filoleghista non l’avessero proposta come questione di ordine pubblico.

Proprio così, quando la paura gioca brutti scherzi la gente comincia a temere anche i bambini. Il caso rom è di nuovo esemplare. Se il ministro Maroni ha voluto con insistenza sottolineare la necessità di raccogliere le impronte digitali dei minori rom, è perché sa benissimo di riscuotere i consensi di una massa che in quelle manine scorge prima di tutto la destrezza dei borseggiatori impuniti. Niente di meglio, è il passo successivo, che presentarsi con cinismo beffardo come unici veri protettori di quei bambini indifesi. Favorendo il loro avviamento scolastico? Sostenendo le amministrazioni che gli schiudono l’ospitalità nelle case popolari? No, identificandoli. E promettendo loro salvezza attraverso la sottrazione ai genitori naturali. Promettendo di incrementare le revoche della patria potestà, come se tale provvedimento estremo e delicatissimo dovesse simboleggiare la liberazione dei bambini zingari –non dall’emarginazione e dalla povertà- ma dalla loro etnia maledetta.

A discarico degli amministratori di sinistra che hanno cavalcato l’ostilità anti-rom, va riconosciuto che è difficile, soprattutto per dei politici, mettersi contro il popolo. Col rischio di passare per difensori della delinquenza, dei violentatori, dei ladri di bambini (sia ben chiaro: negli ultimi vent’anni non risulta un solo caso di minore rapito da zingari in Italia). I mass media registrano passivamente la commedia di un popolo esasperato, l’ira dei giusti che talvolta anticipa le forze dell’ordine nel necessario repulisti. Nei talk show televisivi da anni i leaders degli opposti schieramenti considerano improponibile adoperare la parola “integrazione” e hanno fatto semmai a gara nel promettere espulsioni, dimenticando quanto sia vasta la categoria dei drop-out non estradabili. Perfino i vescovi e i parroci troppo caritatevoli vengono accusati di tradimento, rifacendosi a dottrine medievali secondo cui la compassione e l’assistenza sono lecite solo nei confronti dei poveri appartenenti alla tua comunità: dunque i vagabondi devono essere rinchiusi, cacciati o uccisi. Così gli episodi di violenza contro la presenza degli zingari nelle periferie urbane si moltiplicano senza neppure bisogno dell’incitamento dei titoloni di prima pagina di giornali degni eredi, settant’anni dopo, de “La difesa della razza”. Si va dal solito demagogico “Obiettivo: zero campi rom”, fino al ridicolo “I rom sono la nuova mafia”, per sfociare nel bieco stereotipo “Quei rom ladri di bambini”. Sarebbe assai benefico ricordare qui il precetto biblico dell’immedesimazione (“In ogni generazione ciascuno deve considerare se stesso come se fosse uscito dall’Egitto”) e perciò ogni volta sostituire con la parola “ebrei” o “italiani” la parola “rom”. Ma è un esercizio liquidato come poco redditizio da un gruppo dirigente della sinistra che ha sottovalutato le conseguenze della sconfitta subita sul terreno dei valori di civiltà, senza neanche provarsi a difenderli.

C’è infatti un’accusa particolarmente insidiosa da cui la sinistra sente il bisogno di difendersi, col rischio di accentuare la sua subalternità culturale alla destra.
Difendere gli zingari; denunciare il chiaro scopo intimidatorio e discriminatorio del censimento nei cosiddetti campi nomadi e delle impronte digitali da rilevare solo a loro; ricordare che i Commissari prefettizi nominati a Roma, Milano, Napoli per l’emergenza nomadi sono i primi dal 1938 incaricati di una sovrintendenza etnica: tutto ciò avrebbe il difetto di separare ulteriormente la sinistra dal popolo. Rivelando un’ostilità elitaria tipica della casta dei privilegiati che ignorano il disagio delle periferie. L’adulazione del popolo, il germe del populismo, penetrano così anche un ceto politico amministrativo della sinistra che mal sopporta la convivenza con le sue stesse tradizioni culturali. Chi si oppone è fuori dal popolo. Ti senti buono, superiore? Allora ospitali nel tuo attico, e non venirci a dire che dobbiamo investire risorse pubbliche per mantenere e ospitare questi corpi estranei alla società perbene. I veri poveri sono i nostri italiani, gli zingari sono dei privilegiati. Non a caso impazzano leggende metropolitane secondi cui riceverebbero sussidi quotidiani dagli enti locali, e il volontariato cattolico li alloggerebbe a scapito dei concittadini senzatetto.

Rinunciando a una battaglia culturale su un terreno considerato troppo sfavorevole e impopolare come la questione zingara, la sinistra ha sacrificato un tratto distintivo della sua idealità. Ma l’approccio corrivo a una destra che ricorre impunemente a termini come “derattizzazione”, allude all’eliminazione fisica dei rom, li stigmatizza con stereotipi identici a quelli antisemiti, non è solo mortificante: alla lunga si rivela anche nocivo politicamente. E’ vero che ci sono sindaci di sinistra che hanno perso le elezioni, in apparenza, solo per il fatto di aver consentito la sistemazione provvisoria sul territorio comunale di poche decine di zingari, metà dei quali bambini. E perfino un nordista come Cacciari, che strizza maliziosamente l’occhio alla Lega, viene ripagato con la furia di chi si oppone alla sistemazione di un campo per zingari italiani residenti a Venezia da decenni.

Ma alla dimensione irrazionale della politica di destra può contrapporsi efficacemente solo la passione civile e religiosa, la memoria storica, la denuncia del sopruso perpetrato nei confronti di un popolo, il coraggio di propugnare un’opera d’integrazione. Nel 1938 coloro che si opposero alla legislazione razziale promulgata dal regime fascista furono accusati di “pietismo” e con questa motivazione un migliaio di loro furono espulsi dal Pnf. Perché mai dovremmo sentirci disonorati dall’accusa di “buonismo”, settant’anni dopo?

 
Di Fabrizio (del 11/10/2008 @ 09:59:43, in Italia, visitato 2783 volte)

Ricevo da Roberto Malini

COMUNICATO STAMPA 10 ottobre 2008 FIRENZE, VIGILI URBANI ALLE 3 DEL MATTINO TOLGONO COPERTE AI ROM DELLA STAZIONE E LE MANDANO AL MACERO: "DORMITE SUI CARTONI!"

SDEGNO DEL GRUPPO EVERYONE E DELL'ASSOCIAZIONE L'AURORA ONLUS, CHE CHIEDONO UN INCONTRO URGENTE CON IL SINDACO DOMENICI E FANNO APPELLO A TUTTA LA CITTADINANZA FIORENTINA PER AFFRONTARE IL FREDDO

Nei giorni scorsi l'associazione di volontariato L'Aurora ONLUS di Firenze ha rifornito di cinquanta coperte, provenienti da diverse donazioni, i 50 rom romeni che, da ormai molti mesi, passano le notti al freddo, avvolti da soli cartoni, nei pressi di piazza Adua, di fronte alla stazione ferroviaria di Santa Maria Novella. Le famiglie rom non hanno mai ricevuto assistenza socio-sanitaria da parte del Comune di Firenze e non hanno alcuna alternativa alloggiativa, soprattutto un posto caldo dove stare, visto che l'ingresso nei centri d'accoglienza per l'emergenza freddo convenzionati con il Comune di Firenze non consentono l'accesso per la notte a persone di età inferiore ai 48 anni.

Alcune pattuglie dei Vigili Urbani di Firenze, martedì 7 ottobre, intorno alle 3 del mattino, si sono recate, assieme ad alcuni mezzi della Quadrifoglio, l'azienda di smaltimento dei rifiuti urbani del capoluogo fiorentino, in piazza Adua, dove sono improvvisati i giacigli delle decine di nomadi. Svegliate di soprassalto le persone, i Vigili hanno intimato loro di consegnare tutte le coperte e a chi ha obiettato che faceva troppo freddo, i Vigili fiorentini hanno risposto "Dormite sui cartoni!". Tutte le 50 coperte sono state dunque sequestrate e gettate, davanti ai loro occhi, in un camion della Quadrifoglio che procedeva subito a macerarle.

"Ciò che è accaduto è inammissibile" - commentano Stefania Micol, presidente dell'associazione L''Aurora, e Matteo Pegoraro, co-presidente con Roberto Malini e Dario Picciau del Gruppo EveryOne - "e dimostra come anche la città di Firenze segua istituzionalmente la corrente razzista e xenofoba che sta investendo l'Italia, abbandonando la via della tolleranza e del rispetto dei diritti umani per imbracciare quella della caccia allo straniero e della criminalizzazione della povertà". "E' uno scandalo civile - proseguono gli attivisti "- che in una città come Firenze non solo non si attui alcun programma per l''accoglienza di queste persone, lasciandole girovagare per il centro senza alcun mezzo di sussistenza né alcuna proposta di inserimento sociale, ma che soprattutto vengano tolti loro con brutalità i pochi mezzi per sopravvivere al freddo di questi giorni e alla condizione a dir poco precaria in cui essi si trovano".

"Abbiamo già denunciato l''accaduto all'eurodeputata ungherese di origine rom Viktoria Mohacsì - spiegano poi i leader del Gruppo EveryOne Malini, Pegoraro e Picciau "- che ha trasmesso la relazione dei fatti all'attenzione del Parlamento Europeo e della Commissione UE. Firenze diviene, con quest''episodio, il triste emblema dell'odio razziale, assieme a Pesaro, la città delle Marche che proprio in questi giorni ha annunciato il prossimo sgombero da un edificio fatiscente, senza alternative umanitarie, di una comunità Rom romena formata da famiglie in gravissimo stato di indigenza, con bambini piccoli e numerosi casi sanitari gravi: tumori maligni, cardiopatie, handicap. Pesaro e Firenze sono sotto osservazione da parte delle Istituzioni europee: sono città moderne contagiate dal male del razzismo, che è alla base di persecuzione mista all''indifferenza da parte delle autorità e istituzioni locali. Se non si compie un passo indietro e si riscoprono i valori dell'accoglienza e della solidarietà, si arriverà all''annientamento crudele di esseri umani innocenti cui non è offerta alcuna speranza di integrazione e, contemporaneamente, al trionfo dell'intolleranza".

L'associazione L'Aurora e il Gruppo EveryOne intanto chiedono a gran voce un incontro urgente con il sindaco di Firenze Leonardo Domenici per arrivare a trovare una soluzione tempestiva per queste persone, che con il passare dei giorni rischiano di contrarre gravi malattie e infezioni per le condizioni igienico-sanitarie in cui sono costretti a vivere, nonché per le basse temperature, contro le quali non hanno modo alcuno di proteggersi. Le due associazioni fanno inoltre appello a tutta la cittadinanza fiorentina, affinché, presso la sede de L''Aurora in via dei Macci, 11 si manifesti nel concreto solidarietà verso famiglie disagiate e perseguitate, portando semplicemente una coperta, che divenga simbolo di fratellanza e rappresenti una risposta civile all'indifferenza del Comune e al trattamento inumano della Polizia Municipale e delle autorità di forza pubblica di Firenze.

Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334 8429527 - (39) 331 3585406
www.everyonegroup.com :: info@everyonegroup.com

L'Aurora ONLUS
Tel: (+ 39) 055 2347593 - (+ 39) 339 8210866
www.aurora-onlus.it :: segreteria@aurora-onlus.it

 
Di Fabrizio (del 13/10/2008 @ 10:00:07, in Italia, visitato 1744 volte)

Ricevo da Marco Brazzoduro

Cari amici,
vi informo che nei giorni di giovedì 9 e venerdì 10 si è trattenuta a Roma una delegazione dell'EUROPEAN ROMA RIGHTS CENTER con lo specifico obiettivo di controllare le modalità di svolgimento del ben noto censimento. In quei due giorni il censimento si è svolto nel campo di prima accoglienza RIVER (un ex villaggio turistico affittato dal Comune e nel quale sono accolti circa 360 rom di origine romena). La delegazione ha anche intervistato esponenti della Croce Rossa oltre ai rom del campo. Venerdì 10 un esponente della delegazione (rom macedone che lavora a Budapest) ha visitato Casilino 900 dove si è intrattenuto a lungo intervistando i rom del campo circa la loro esperienza di censimento e sui loro problemi in generale. L'ERRC produrrà una relazione da diffondere nelle sedi opportune (specialmente a livello internazionale). Con l'occasione mi hanno consegnato diverse copie di un rapporto steso dopo una precedente indagine. Il rapporto si intitola SICUREZZA ALL'ITALIANA. Impronte digitali, violenza estrema e vessazioni contro rom e sinti in Italia. Ad esso hanno collaborato Eva, Diana, Sucar Drom e il sottoscritto.

 
Di Fabrizio (del 14/10/2008 @ 08:52:42, in Italia, visitato 1802 volte)

Ricevo da Agostino Rota Martir (non ho trovato in rete copia dell'articolo citato della Nazione, ma solo interventi datati questa primavera)

Dissento totalmente dall'intervento dell'Assessore politiche sociali Sig.na Valentina Settimelli pubblicato ieri sul vostro quotidiano, La Nazione.

Quello che più mi rammarica è la superficialità e le approssimazioni di tante sue affermazioni in merito sia al progetto Città sottili e del suo dichiarato successo che sull'operato dell'Amministrazione in merito a sgomberi effettuati e censimenti fatti in questi anni.

Ci si vanta degli sgomberi di accampamenti abusivi, l'ultimo è di ieri, definiti con eufemismo "chiusura di quattro insediamenti non autorizzati" e nello stesso tempo la Sig.ra Valentina vuol far credere di essere più tollerante di altre amministrazioni per il semplice fatto che qui non si è arrivati a prendere le impronte digitali ai Rom, come a voler dire che provvedimenti xenofobi appartengono ad altri. Suvvia Assessore non si nasconda dietro il dito dell'on. Maroni!

Sgomberi e impronte appartengono alla stessa cultura e logica, sono espressioni diverse ma entrambe hanno la stessa radice: quella dell'annientamento, dell'espulsione, della guerra contro i poveri. E' la logica dello sgombero (fatto ovviamente sempre per il bene dei Rom e quello dei minori!!) che ha alimentato la tragedia a Pian di Rota a Livorno dell'anno scorso, non lo dimentichi carissimo Assessore! Perché la guerra ai poveri sta diventando un esercizio ormai "normale" in tante Amministrazioni. Provi, se ci riesce a mettersi nella pelle di chi subisce due, tre volte la demolizione delle proprie baracche, roulotte e delle poche cose, cosa significhi dover ricominciare tutto dall'inizio anche a solo qualche centinaio di metri più in là, a veder persi in poche manciate di minuti gli "investimenti" di due o tre anni di vita.

Provi lei insieme a qualche suo zelante collaboratore se vi riesce ancora chiamarla :"chiusura pacifica". Quello che lei definisce come "risultati significativi" io li chiamo invece il disprezzo della vita dei poveri, che tante volte anche qui a Pisa la Politica ha sacrificato sull'altare solo per qualche manciata di voti e con la complicità silenziosa di Associazioni, anche di comunità cristiane e laiche: sono i miracoli della sicurezza!

"Tutti"(??) i bambini del progetto "Città sottili" frequentano le scuole del territorio, (con quale risultato?) mentre i loro genitori continuano a vivere nella paura e nell'insicurezza del domani, esattamente come 5 o 10 anni fa. Anzi oggi la situazione è ben peggiore, perché la disperazione è molto più vera e palpabile (espulsioni, arresti) anche senza le impronte.

Ma questo non la preoccupa per niente, anzi lei si è mostrata incurante anche di fronte alla richiesta di un incontro con lei da parte delle famiglie impaurite del campo Rom, che le avevano chiesto due settimane fa. Da 14 anni che vivo tra i Rom qui a Pisa non mi è mai capitato di notare così tanta disperazione e smarrimento: nemmeno quando stavamo nel vecchio campo abusivo in via dei Falaschi, lei se lo ricorda? In gran parte si tratta delle stesse famiglie che in questi giorni vivono angosciate, deluse e amareggiate perché si sentono abbandonate e prese in giro anche dal progetto che lei continua a incensare e sbandierare ai 4 venti.

"Chi ha violato il patto di cittadinanza è stato escluso dal progetto" lei e il sindaco non fate altro che ripetere alla noia questo ritornello,come fosse un trofeo di vittoria da esibire al pubblico, dando per scontato che sono sempre i Rom a tradire, ma se siamo così sicuri? Gli impegni disattesi in tutti questi anni, le promesse come fumo negli occhi, i raggiri che non poche volte avete utilizzato con spavalda disinvoltura..subito lesti invece a puntare il dito contro i Rom, fingendo di non vedere i tradimenti dentro casa vostra e a giustificarli in nome di altre imprecisate priorità.

E perché mai dovrebbero pagare intere famiglie le colpe di un loro parente?

Chi commette un reato ne è responsabile a livello personale, non la famiglia in uno stato di diritto come il nostro. La perdita dell'abitazione, l'esilio o le rappresaglie sui familiari di chi viola le leggi fino a poco tempo fa, appartenevano ad epoche storiche lontane da noi o ai tempi feroci delle guerre, stranamente oggi solo ai Rom si applica una procedura che pensavamo ormai del tutto superata e sepolta nel passato, invece a quanto pare ritorna, come stiamo assistendo anche a livello nazionale in queste ultime settimane, anche se a molti questo può apparire "normale".

Sinceramente faccio fatica a comprendere, anzi mi rifiuto di accettare una logica che mi sembra discriminatoria e alquanto razzista: quando un cittadino italiano commette un reato a nessuno viene in mente di allontanare la sua famiglia dal quartiere dove abita, invece per i Rom questo appare del tutto "normale", anzi manco si ha la prudenza di aspettare la sentenza finale del Tribunale, sembra che il Progetto abbia più voce in capitolo. Il sindaco ha già emesso la sua sentenza. Constato amaramente che il progetto è più importante delle persone!

"Stiamo lavorando al regolamento del nuovo villaggio.. dedicherà attenzione al rispetto delle regole": come sempre, tutto sulla testa dei Rom, nessun Rom coinvolto, ci penseranno invece le nostre quotate Associazioni, Cooperative, gli esperti Rom a decidere come debbano vivere i Rom, quali espressioni buone da preservare e quali da evitare della cultura Rom .. possibile che gli errori del passato non servano a niente? Immagino invece, l'acquolina che verrà alle stesse pronte a dimostrare di essere capaci a far rispettare le regole e a impegnarsi in un'opera così importante e appetitosa ..tutto in nome dell' integrazione.

Cito a mo' di conclusione un passaggio dell'intervento di un Rom ad una manifestazione a Brescia, mi sembra riassuma bene le ragioni dello sfogo di tanti Rom:

"Quello che stanno facendo la politica in questo momento, con la scusa della sicurezza, è tremendo per noi. Vuole che cambiamo di colpo un modo di vivere costruito e cresciuto così in tanti anni.

La politica crede in questo modo di obbligarci a un progresso che non è nostro e non abbiamo neanche la possibilità di farlo nostro. Distruggere il nomadismo, distruggere i campi sosta, anche quelli privati, rendere difficili o inutili le capacità semplici di guadagno come quelle di piccoli intrattenimenti nei luna park, fare i raccoglitori di ferro, vendere piccole cose o elemosinare, equivale tagliare le radici a delle piccole piante che cercano di crescere. Si perché tutti gli uomini hanno la voglia di crescere e di progettare un futuro migliore per i loro figli. Questo non può succedere se ogni volta che cambiano i protagonisti della politica noi dobbiamo sempre cominciare di nuovo. Ognuno, e sono sempre gli altri a decidere per noi, ha la sua ricetta che dovrebbe fare il bene della nostra vita. La politica deve convincersi che anche noi, Sinti e Rom, come tutti gli uomini e le donne della terra, desideriamo progredire e dare un futuro migliore ai nostri figli. Due, però, sono le condizioni perché anche noi possiamo essere autori noi stessi del nostro cammino: la libertà di scegliere e lo spazio vitale. Tutti i cambiamenti imposti senza queste due condizioni sono lavoro inutile, spreco di energie, sofferenze e delusioni. Finita l'illusione politica bisognerà ricominciare da capo.
" (Migranti-Press Nr.40 del 27.09.2008)

Don Agostino Rota Martir – campo nomadi di Coltano – 11 Ottobre 2008

 
Di Fabrizio (del 14/10/2008 @ 09:24:38, in Italia, visitato 1556 volte)

Ricevo da ARPJ il testo che segue. PREMESSA: Guardando sul loro sito, vedo che la sigla significa Associazione Romana Pro Juventute, un nome che mi ha subito ricordato la PRO JUVENTUTE svizzera, che per anni si è resa complice di togliere i figli alle famiglie Sinte e Jenisch e metterli in orfanotrofi. Ho chiesto per iscritto spiegazioni, mi è stato risposto dal responsabile del progetto che loro non hanno nulla a che fare con la Pro Juventute svizzera

Alla cortese attenzione del
Prefetto Carlo Mosca
Commissario Straordinario per l'emergenza nomadi a Roma


Gentile Prefetto,
Le scrivono alcune associazioni che da circa tre anni si stanno occupando della situazione dei rom nella città, ponendo particolare attenzione alle numerose famiglie che abitano in quelli che vengono chiamati in maniera significativa "insediamenti abusivi", ovvero nelle baracche di cartone, legno e lamiera costruite sugli argini dei fiumi, sotto i ponti e i viadotti o semplicemente negli angoli nascosti della città.

Negli scorsi mesi dominati dall'ossessivo allarme sulla presenza dei rom nelle città italiane e dalle proposte più disparate e pericolose non abbiamo potuto non apprezzare il Suo atteggiamento, sempre attento ai principi fondamentali del diritto e al rispetto della persona.

Tuttavia il nostro lavoro quotidiano a contatto con gli uomini, le donne e i bambini che vivono sulla loro pelle la condizione di precarietà e di rischio, ci ha permesso di vedere anche da un altro punto di vista queste settimane di polemiche e censimenti.

Dalla seconda metà del mese di agosto molti degli stessi insediamenti che alcune settimane prima erano stati visitati dalla Croce Rossa Italiana hanno ricevuto la visita inaspettata di unità miste, composte prevalentemente da giovani militari della Folgore in tenuta mimetica e generalmente guidati da almeno un poliziotto del corpo della Polizia Fluviale.

Poliziotti e militari entravano negli insediamenti dicendo che dovevano controllare chi c'era e chi non c'era, ed effettivamente chiedevano documenti a tutti i presenti, dando vita ad un parallelo e silenzioso censimento.

In tutti i casi alcuni dei residenti controllati (generalmente gli uomini, ma in diverse occasioni anche le donne) sono stati portati in questura, dove hanno passato diverse ore, a volte la notte intera, in attesa del canonico controllo dei documenti.

Gli stessi insediamenti sono stati visitati più volte con una escalation di tensione, di minacce e di paura: in molti casi amici e conoscenti rom ci hanno raccontato di vere e proprie violenze gratuite contro le persone e contro le cose: tende tagliate, materassi e coperte gettate via, uomini picchiati.

Almeno in due occasioni sappiamo per certo che queste visite sono state realizzate in piena notte, e anche in quelle occasioni i militari e i poliziotti hanno costretto uomini, donne e bambini (in uno dei campi visitati di notte abitava una donna che aveva partorito una bambina solo dieci giorni prima) ad uscire dai loro ripari, a schierarsi nello spazio più ampio a disposizione, a tirar fuori i propri documenti per l'ennesimo e inutile controllo.

Sorvolando solo per questioni di tempo sulle modalità con cui paracadutisti e poliziotti sono entrati nei campi e nelle misere case, sulle capacità di comunicare e comprendere le diverse situazioni, l'obiettivo esplicito di tutte queste visite era sempre lo stesso: annunciare l'imminente distruzione totale dell'insediamento, spingere con modi bruschi e concreti ad andarsene, far presagire il rischio di ritorsioni ben più gravi per chi avesse deciso di rimanere in quel campo.

E questo è effettivamente successo.

Nel quadrante sud della città sono stati distrutti e sgomberati diversi insediamenti: decine di baracche nella zona della Magliana e di Ponte Marconi sono state abbattute a calci e le persone costrette alla fuga spesso senza nemmeno avere il tempo di recuperare gli oggetti personali o almeno una coperta per la notte.

In nessuna occasione era presente personale della Croce Rossa o dei Servizi Sociali Comunali e famiglie intere sono state semplicemente lasciate per strada senza alcuna indicazione e alternativa.

Paradossalmente uno degli insediamenti sgomberati è stato quello in cui è stato avviato il censimento romano; così dopo la visita degli operatori della Croce Rossa, dopo i servizi televisivi e le foto sui giornali, dopo la partecipazione, le promesse e le aspettative, quelle persone si trovano ora per strada, a cercare ogni notte un riparo diverso.

Non è nostra intenzione avviare in questa sede un ragionamento, comunque necessario e urgente, sulla utilità delle misure straordinarie e sul censimento.

Non possiamo tuttavia non denunciare con forza che quelle misure minime di garanzia che lei stesso aveva più volte dichiarato agli organi di stampa, in particolare l'assicurazione che non ci sarebbe stato alcuno sgombero fino al termine delle operazioni del censimento, sono state ampiamente contraddette e disattese. Come nei mesi precedenti alla Sua nomina, la modalità di intervento delle Istituzioni è stata sempre la stessa: creare un clima di paura e costringere materialmente alla fuga chi abita nelle baracche e nei ripari di fortuna.

A questo servono i commissari speciali e l'esercito nella città ?

Sono queste le politiche attive per la sicurezza che dovrebbero favorire l'inclusione sociale e la legalità ?

ARPJ - Tetto
progetto "Una Scuolina per crescere"
www.arpj.org - scuolina@arpj.org

POPICA ONLUS
www.popica.orginfo@popica.org

GRUPPO EVERYONE
Il Gruppo EveryOne comunica che presenterà il testo della lettera aperta al Prefetto anche presso la Commissione europea, denunciando questa nuova, disumana escalation di terrore istituzionale perpetrata - in violazione delle Direttive Ue e di tutte le Carte che tutelano i diritti dei popoli - dalle Istituzioni e dalle autorità romane. In fede, Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Dario Picciau
www.everyonegroup.com

ARCI di ROMA
www.arciroma.it

 
Di Fabrizio (del 16/10/2008 @ 09:10:01, in Italia, visitato 1899 volte)

Da SpoletoOnLine

Venerdì dalle 9.30 l'incontro per 'contrastare ogni forma di discriminazione e rispettare e tutelare l'uguaglianza e la dignità di tutte gli essere umani'

Nell'ambito della campagna nazionale "Io non discrimino", promossa da Amnesty International, si tiene a Spoleto venerdì 17 ottobre alla Sala Monterosso di Villa Redenta (dalle ore 9.30 alle 12.30 e poi dalle 16.30 alle 19.30) un convengo partecipativo dal titolo "Io non discrimino - Di razzismo si muore: è ora di reagire".

L'appuntamento di Spoleto, che si inserisce in una serie di iniziative in ambito nazionale per raccogliere adesioni con l'impegno a "contrastare ogni forma di discriminazione e rispettare e tutelare l'uguaglianza la dignità di tutte gli essere umani", è organizzato dal Centro Culturale "Città Nuova" con il patrocinio della Regione Umbria, della Provincia di Perugia e del Comune di Spoleto.

Il convengo di apre con i saluti di Damiano Stufara, Assessore alle Politiche Sociali della Regione dell'Umbria; di Giuliano Granocchia, Assessore alle Politiche Sociali della Provincia di Perugia e di Patrizia Cristofori, Assessore alla Formazione del Comune di Spoleto.

I relatori sono Tommaso Vitale, ricercatore di Sociologia Generale dell'Università Statale Bicocca - Milano, Demir Mustafa, vicepresidente Nazionale della "Federazione Rom e Sinti Insieme" e Luigino Ciotti, Coordinamento Tavola della Pace di Perugia.

Previsti gli interventi di Rosella Benedetti Del Rio, rappresentante della Comunità Buddista Soka Gakkai; Gianfranco Formenton, Assistente Scout Spoleto 1 Parroco di S. Martino e S. Angelo; Giampaolo Loreti, Presidente A.N.P.I. - Spoleto; Filomeno Lopes, giornalista Guinea Bissau; Fausto Manasse Referente "Associazione Italia-Israele"; Abdel Qader, Imam di Perugia; Lindita Ura, Comunità Albanese di Spoleto. Presiede Luigi Sammarco, Presidente del Centro Culturale "Città Nuova".

La campagna IO NON DISCRIMINO intende denunciare le varie forme di discriminazione per motivi di origine etnica o nazionale, status sociale o economico, colore, genere, orientamento sessuale, lingua, religione, cultura, opinione politica che annullano o mettono a rischio i diritti e la dignità di milioni di esseri umani nel mondo.

"L'articolo 1 della Dichiarazione Universale dei diritti umani afferma solennemente che tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Ma la realtà di ogni giorno è che non tutti gli esseri umani sono eguali in dignità e diritti" - ha dichiarato Marco Bertotto, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International, in occasione della presentazione della campagna dell'associazione sul tema della discriminazione.
 

 
Di Fabrizio (del 16/10/2008 @ 13:30:01, in Italia, visitato 1888 volte)

Dal programma dei 3 giorni di Forum

Sabato 18 ottobre h. 11,00 - "La forza del dialogo: prove di convivenza nella civiltà planetaria."
presso Università degli studi di Milano - Bicocca, U6, aula 33

Oratori confermati:
Dijana Pavlovic, artista e scrittrice comunità Rom
Mouelhi Mohsen, rappresentante Sufi
Lucia Sechi, portavoce Centro delle Culture
Gianni Lin, coordinatore Nord Italia di Associna

 
Di Fabrizio (del 19/10/2008 @ 09:07:28, in Italia, visitato 1558 volte)

Ricevo da Marco Brazzoduro

Radames Gabrielli, sinto
Lista Sinistra dell'Alto Adige - Linke für Südtirol

Sono un sinto,
spregiativamente uno "zingaro" come mi chiamerebbero in molti. La mia famiglia vive da generazioni in Alto Adige, qui sono nato e cresciuto, così come i miei figli e nipoti.

Ho conosciuto sulla mia pelle i problemi delle famiglie numerose e senza un reddito fisso, discriminate nella vita di tutti i giorni, nella ricerca di un lavoro e nel trovare un'abitazione adeguata.

Adesso voglio fare qualcosa per chi come me non vuole più essere discriminato, per chi vuole la possibilità di un lavoro adatto, per chi desidera un'abitazione dignitosa.

E questo sarà il mio impegno per voi:

  • tutelare i diritti delle famiglie in disagio;
  • favorire la ricerca di soluzioni abitative adeguate;
  • incentivare la creazione di opportunità lavorative;
  • combattere il razzismo dilagante in tutte le sue forme.

Votami perché sono come te.
Votami perché sono diverso da te.

 

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