Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.
Di Fabrizio (del 01/10/2008 @ 08:55:26, in Italia, visitato 2981 volte)
Ricevo da Ernesto Rossi questo invito, a cui avrei aderito
volentieri, se non fosse che il convegno si svolge in concomitanza con la
manifestazione nazionale antirazzista di Roma. Accidenti! Si sta muti per mesi,
e poi lo stesso giorno si organizzano due iniziative in contrapposizione...
INVITO A dieci anni dalla scomparsa di Carlo Cuomo, vogliamo ricordare l'Assessore,
il compagno, la persona in un convegno
CARLO CUOMO, DIECI ANNI DOPO sabato 4 ottobre 2008
ore 9.30 - 13.30
a Palazzo Marino
Testimonianze di Marilena Adamo, Franco De Angelis, Ida Finzi, Mariella
Fracasso, Giuseppe Landonio, Manfredi Palmeri, Alessandro Pollio Salimbeni,
Basilio Rizzo, Ernesto Rossi, Carlo Tognoli, Aldo Tortorella, Emilio Vimercati.
a cura del Consigliere Giuseppe Landonio
Gruppo consiliare Misto - Sinistra Democratica
messaggio inviato da Marina Alberti
Comune di Milano - Gruppo consiliare Misto
Segreteria Consigliere Giuseppe Landonio
SINISTRA DEMOCRATICA
via Marino 7 20121 Milano
tel 02 884.54803 - fax 02 884.50970 marina.alberti@comune.milano.it
Bambini italiani, rom, srilankesi e filippini, tutti uniti da interessi comuni
come il gioco e il sorriso. Le loro impronte colorate sono simbolo della loro
spensieratezza. Sono i protagonisti di un'esperienza di integrazione che per le
due prime settimane di luglio ha coinvolto quaranta bambini e alcuni adolescenti
a Messina. Il progetto si chiama "Impronte di Pace 2008", in risposta al
provvedimento del ministro degli Interni Roberto Maroni di raccogliere le
impronte digitali nei campi nomadi italiani. "Bisogna partire dai piu' piccoli -
spiega padre Antonio Palazzotto, viceparroco della chiesa di Santa Maria di
Pompei e promotore dell'iniziativa -. Attraverso il loro linguaggio diretto si
costruiscono forti rapporti di conoscenza reciproca".
A scuola di dialogo dai bambini, dunque, se la comunicazione fra gli adulti non
funziona. La realtà messinese non è molto diversa da quella di altre città: i
due principali accampamenti rom sono cittadelle isolate e invalicabili. Almeno
fino allo scorso 6 giugno, quando l'associazione culturale rom "Baxtalo drom"
("buona fortuna") ha "simbolicamente" aperto ai cittadini messinesi, per una
festa, le porte del villaggio Fatima San Ranieri, a ridosso della stazione
ferroviaria.
Una trentina di roulotte e casupole di lamiera, servizi igienici deteriorati,
topi e scarafaggi dappertutto: è il panorama del piccolo villaggio rom costruito
20 anni fa a Messina.
"Con la giunta dell'ex sindaco Francantonio Genovese - spiega Patrizia Maiorana,
vicepresidente dell'Arci Messina che opera dal 2002 con i nomadi - erano state
avanzate alcune soluzioni abitative ma non si è fatto mai nulla". Anche il nuovo
primo cittadino Giuseppe Buzzanca ha dimostrato sensibilità nei confronti dei
problemi dei rom. Tuttavia, la bonifica del litorale sud di Messina, proposta
dalla giunta Buzzanca, non sembra essere compatibile con la presenza dei circa
100 "zingari" che vivono fra la ferrovia e il mare. "Se costruiranno il ponte
potremo finalmente affacciarci e vedere le nostre baracche", commenta
ironicamente Saverio R., 58 anni, uno degli anziani del campo nomadi.
A San Ranieri vivono soprattutto bambini e adolescenti, perciò la Caritas punta
su scolarizzazione e coinvolgimento dei più giovani per stabilire vettori di
dialogo tra italiani e rom. Provengono dai Balcani e fino al 1998 avevano un
permesso di soggiorno umanitario. "Perso lo status di profughi - spiega la
Maiorana - non hanno più i documenti necessari e nemmeno la possibilità di
trovare un lavoro". Per questo e altri motivi l'intera comunità vive di
elemosina.
Per due settimane, a luglio, i piccoli hanno lasciato il campo tutti i
pomeriggi. Gli animatori, tutti con esperienza di servizio nel campo, sono
rimasti colpiti nel vedere una tale sintonia tra bambini di diverse etnie.
"Loro, certi problemi non se li fanno", commenta Ivana Risitano, una volontaria.
L'iniziativa della chiesa messinese e della Caritas diocesana è stata
un'occasione preziosa sia per i bambini che per i genitori che hanno partecipato
attivamente alla realizzazione del progetto.
"C'è ancora molto da fare. I pregiudizi di anni non si cancellano in pochi
giorni e anche il divario economico e sociale", conclude suor Gabriella
D'Agostino della Caritas.
L'iniziativa, sfruttando l'onda mediatica, ha puntato i riflettori su una realtà
trascurata, quella dei nomadi messinesi e gli organizzatori sperano che le
uniche impronte lasciate in queste settimane siano quelle colorate dei bimbi. Un
lenzuolo bianco e le loro impronte di pace.
La notizia degli abusi perpetrati sui piccoli rom, in quel vicoletto degli
orrori alle spalle di Palazzo San Giacomo, è arrivata nelle case di cartone dei
nomadi stanziati a Scampia e Secondigliano. Qui, tra un campo abusivo e uno
autorizzato, vivono più di duemila persone. È difficile la vita tra le baracche
dell'insediamento di Scampia, quello abusivo, situato ai margini di via Ghisleri
sotto i ponti dell'Asse mediano. Un esercito di senza nome, un migliaio di
individui divisi in quattro campi in base a provenienze etniche e religiose.
Senza identità, senza documenti. I bambini corrono tra enormi pozzanghere,
alcuni a piedi nudi. L'aria è quasi irrespirabile, resa pesante dai fumi di
plastica e immondizia data alle fiamme. I rifiuti sono ovunque, non esiste alcun
sistema di raccolta, per questo l'unico modo per disfarsene è bruciarli. È qui
che si è svolta la visita del consigliere regionale Luisa Bossa, accompagnata da
padre Pizzuti, dal pastore della chiesa evangelica zigana Gaetano Meglio, da
padre Sergio Sala e da alcuni ragazzi dell'associazione "Chi rom e chi no".
Forte è lo sconcerto seguito alla scoperta degli abusi sui bambini. Essenziale
capire e vedere da vicino, toccare con mano le condizioni di vita dei nomadi
sistemati sul territorio cittadino. «Vedo tanti bambini e tanti topi - racconta
Luisa Bossa -. Ho visitato il carcere di Poggioreale, ma questa è un'altra
prigione, la prigione della civiltà». I bambini corrono incuriositi, i più
grandi raccontano le loro storie. «Noi ci prendiamo cura dei nostri bambini -
dice uno di loro - cerchiamo di vestirli bene e di mandarli a scuola. Ma
guardate dove viviamo: loro giocano e si sporcano nel fango e nelle pozzanghere;
rischiano tutti i giorni di buscarsi delle malattie».
Sapete cosa è successo ad alcuni bambini, del fatto che si siano prostituiti?
«Sì, e siamo sconvolti - proseguono -. Ma questo non vuol dire che tutti
facciamo così». Zanzare e altri insetti ronzano sulle pozzanghere, mordono senza
lasciare tregua. Bruciano pure i morsi della scabbia che infesta le braccia di
una bimba rintanata in un angolo della sua baracca, in isolamento. Ci spiegano
che qui, più che altro, vivono profughi e rifugiati provenienti dalla ex
Jugoslavia. «È la prima volta che sento parlare di questi casi di pedofilia -
dice Barbara Pierro, dell'associazione "Chi rom e chi no" -. Al campo sono
rimasti tutti molto colpiti. Hanno avuto come uno scatto d'orgoglio e bisogna
chiarire che questi tremendi fenomeni non sono legati alla cultura rom, ma sono
frutto di situazioni di estremo disagio».
Sulla stessa linea il pastore della chiesa zigana, Gaetano Meglio: «Quello che
si è verificato dimostra l'enorme stato di bisogno di questa umanità. Le
istituzioni devono intervenire, non solo elargendo denaro ma dando sostegno
morale e sociale alle tante associazioni che quotidianamente lavorano in questi
insediamenti».
Dal campo abusivo a quello autorizzato. È stretto fra la circumvallazione
esterna e il carcere di Secondigliano. Container, strade asfaltate, molti
bambini che corrono a giocare. E immondizia, tanta immondizia. Il campo, sulla
carta, dovrebbe ospitare poco più di cento persone; ce ne sono quasi mille. Qui,
raccontano, è un po' come stare in galera. «Io ho tre figli - dice Antonich -,
voglio trovare un lavoro e vivere onestamente, ma senza documenti come si fa?
Siamo qui da vent'anni e molti di noi non hanno ancora i documenti. Senza lavoro
uno è costretto a rubare o a fare l'elemosina. E per guadagnare qualcosa possono
anche capitare queste cose orribili».
Avellino - "Per il governo i poveri non sono più una voce di spesa.
L'Italia, con la Grecia, è l'unica nazione europea a non avere un piano di lotta
contro la povertà. L'unica ad aver cancellato ogni sostegno.
Per la prima volta la stanchezza dei poveri, la rabbia degli
immigrati e la concentrazione dei criminali, generano una spinta inarginabile.
Il governo non lotta più contro la povertà, ma contro i poveri. L’allarme
sicurezza è stato creato per distogliere l’attenzione dalle emergenze vere come
la povertà e la violenza che vede le donne sempre più di frequente vittime di
abusi, molto spesso all’interno della famiglia. Secondo l’indagine Istat 2007
non è la criminalità straniera ma la violenza subita dalle donne in famiglia,
spesso da parenti, il vero elemento preoccupante.
L'allarme sicurezza che prende di mira rumeni e rom è infondato. Per
capire la ‘questione’, è necessario disingarbugliare quanto noi stessi abbiamo
prodotto: pregiudizi, leggende metropolitane, discriminazioni pratiche,
misconoscimento di diritti".
Proprio contro il pregiudizio la federazione del Prc ha organizzato una festa
allo scopo di far conoscere l’interessante storia, l’interessante cultura, e le
persecuzioni degli zingari: "La festa dei figli del vento" ad Avellino il
4 ottobre 2008 alla Scuola Media "Francesco Solimena" alle ore 16.30. Ci sarà
una conferenza sul tema del razzismo dilagante in Italia e la persecuzione degli
zingari, la loro sconosciuta e interessante cultura e l’integrazione. ,
Interverranno Isadora Rapimmo, assessore alla Pace e all’Immigrazione della
Provincia di Napoli, Nihad Smajovic della Comunità Rom di Scampia, Carlo Luglio
Regista. Alle ore 18.00 proiezione del film "Sotto la Stessa luna", regia di
Carlo Luglio, produzione associazione "I figli del Bronx". Ore 19.30 proiezione
del video "Zingari" montato da Umberto Gemma. Ore 20,00 proiezione del
documentario di Carlo Preziosi : "Rom – Frammenti metallici". Ore 20.30 concerto
della "Banda di Branko e Dusko". Ci sarà uno stand di cucina zingara. Hanno
partecipato all’organizzazione lo Zia Lidia Social Club, Rosso fisso e il Centrodonna.
Di Fabrizio (del 02/10/2008 @ 18:45:52, in Italia, visitato 2261 volte)
Segnalo un bellissimo post di Alain Goussot su
Rom Sinti @ Politica... mentre
lo leggo sento alla radio di un'ulteriore aggressione a Milano ad un ambulante
senegalese
Gli episodi di violenza a danno di cittadini stranieri continuano; Abdul ieri
a Milano morto dopo un vero linciaggio e oggi Emannuel nella 'civile' Parma
picchiato brutalmente da alcuni vigili, è di oggi il linciaggio da parte di
alcuni adolescenti italiani a Tor Vergata di un cittadino cinese di 25 anni.
Cosa sta succedendo e perché le autorità istituzionali più alte della Repubblica
tacciono?
I grandi quotidiani riportano le notizie ma sono pochi quelli che s'indignano;
anzi ve ne sono che mettono anche l'olio sul fuoco aizzando le folle contro il
Rom, lo straniero, il clandestino e il negro.
Non possiamo stare zitti, non possiamo stare a guardare, non basta dire "mi
dispiace", occorre agire seriamente sul piano sociale, educativo , culturale e
politico.
Non è tollerabile che un paese che si dichiara civile possa fare sua la regola
della violenza discriminatoria e razzista, il disprezzo dell'altro semplicemente
perché ha un colore di pelle , una religione o degli usi e costumi diversi.
La televisione, i giornali e la stessa legislazione (vedi le impronte ai bambini
rom oppure la schedatura dei bambini stranieri nelle scuole…) contribuiscono ad
alimentare l'ostilità verso chi viene da fuori, verso chi è povero, verso chi
parla un'altra lingua o pratica un'altra religione.
Si sta creando il capro espiatorio per deviare l'attenzione da chi ha delle
responsabilità nel degrado sociale che sta producendo povertà e diseguaglianze.
Serve un responsabile di tutti i mali: lo straniero, lo zingaro, il nero!!
La legge in qualche modo, avendo creato un trattamento differenziato per chi è
diverso etnicamente e culturalmente, legittima la diffidenza e anche
l'aggressione.
Voglio ricordare quello che diceva uno dei pensatore del pensiero liberale
europeo; Benjamin Constant: "L'obbedienza alla legge è un dovere, ma come tutti
i doveri, è relativo; riposa sulla supposizione che la legge parte da una fonte
legittima, e si rifugia nei suoi giusti limiti.
Ma nessun dovere ci legherebbe verso delle leggi che non solo restringerebbero
le nostre legittime libertà e s'opporrebbero a delle azioni che non avrebbero il
diritto di proibire ma ci costringerebbero a contrariare i principi eterni della
giustizia , della pietà, che l'uomo non può non osservare senza smentire la
propria natura…
Ogni legge che ordina la delazione, la denuncia , non è una legge; ogni legge
che mette in discussione l'inclinazione che comanda all'uomo di offrire un
rifugio a chi richiede asilo non è una legge…
Se la legge ci ordinasse la perfidia verso i nostri simili, o ancora la
persecuzione verso i vinti non sarebbe una legge, sarebbe solo barbarie ".
Riflettiamo su queste parole scritte quasi duecento anni fa e chiediamoci se
quello che sta succedendo sia non solo accettabile ma umanamente tollerabile.
Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità perché vale ancora il monito di
Bertold Brecht sulla co-responsabilità di chi taceva di fronte alla persecuzione
verso gli ebrei diventando così complici di un crimine contro l'umanità.
Martin Luther King diceva : "Le nostre vite cominciano a finire il giorno
in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano"
E tra le cose che contano vi è la dignità della persona umana!!
Ci rendiamo conto che questi appelli rischiano di cadere nel vuoto ma
consideriamo di grande importanza la reazione civile e democratica che sappia
denunciare il degrado delle relazioni sociali nel nostro paese. Pensiamo anche
come Carlo Cattaneo (vedi le 'Interdizioni israelitiche' 1857) che "la legge è
strumento di giustizia, non è strumento d'ingiurie. Non vi sono due giustizie
diverse; né la giustizia ha due diverse misure. Eseguiamo con umiltà ciò che la
giustizia ci detta, e avremo sparso negli uomini tutti i semi dell'onore e della
virtù".
Di Fabrizio (del 03/10/2008 @ 14:10:45, in Italia, visitato 1619 volte)
5 Ottobre 2008 h. 15:30 al Teatro Nuovo di Ferrara
Organizzato da: Comune di Ferrara e settimanale Internazionale, in
collaborazione con ARCI e Ferrara Sotto le Stelle
Appuntamento nell'ambito della seconda edizione di "Internazionale a
Ferrara. Un weekend con i giornalisti di tutto il mondo", il festival dedicato
al giornalismo e all'informazione globale
Una seconda edizione molto attesa non solo dai tanti lettori di Internazionale -
la rivista che, sotto la direzione di Giovanni de Mauro, ogni settimana
seleziona e pubblica i migliori articoli di politica, attualità, cultura e
economia apparsi sui giornali dei cinque continenti - ma anche da tutti coloro
che cercano occasioni per approfondire tematiche legate alla politica
internazionale, alle trasformazioni sociali e ai futuri scenari dell'economia.
PROGRAMMA
Gad Lerner a colloquio con:
- Delia Grigore, scrittrice e docente universitaria rom rumena
- Alija Krasnici, scrittore rom serbo
- Alexian Santino Spinelli, musicista e docente universitario rom italiano
In inglese e in romanì con traduzione consecutiva
Di Fabrizio (del 03/10/2008 @ 21:36:57, in Italia, visitato 1529 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
CONTRO IL RAZZISMO Una marcia per la convivenza, 'Vivere insieme si può'
L'iniziativa organizzata da un ricco quanto variegato cartello di forze
dell’associazionismo. Hanno aderito anche il consiglio regionale e il comune.
Ancona, 3 ottobre 2008 - Un ricco quanto variegato cartello di forze
dell’associazionismo di Ancona e provincia ha deciso di indire per domani,
alle 17, nel capoluogo, una 'Marcia per la convivenza'. Tante le sigle che
si sono messe in rete per l’evento: Cgil, Cisl, Arci, Caritas, Casa delle
Culture, Circolo Culturale Africa, Scuola di pace, Anolf Cisl, Rdb, e altre
ancora, insieme alle comunità locali di Senegal, Bangladesh, Camerun, Togo,
Perù, Romania, Donne Africa Subsahariana, Guinea.
L’iniziativa si propone come un ponte che nell’attraversare vari
quartieri cittadini lanci un forte segnale contro la xenofobia e il razzismo,
per il rispetto di tutti al di là del paese di origine o del credo religioso.
'Vivere insieme si può' questo lo slogan che dà il titolo della manifestazione,
alla quale ha aderito, a maggioranza, anche il Consiglio regionale che ha pure
approvato una mozione contro l’intolleranza razziale.
Anche il Comune di Ancona ha dato il suo appoggio all'iniziativa. Per la
sua storia e collocazione geografica, ricorda la giunta, ''Ancona è da sempre
una comunità accogliente e aperta e proprio per questo è preoccupata per il
clima che vive il Paese e per episodi drammatici dei quali la cronaca ha dato
conto a Roma, Parma e Castelvolturno''.
La 'Marcia per la convivenza' si caratterizzerà per un tragitto e delle
modalità fuori dai percorsi abituali. Infatti è previsto il concentramento alle
17 davanti alla Chiesa dei Salesiani, al piano San Lazzaro dove è più marcata la
presenza di cittadini di origine straniera. Da lì si attraverserà gli Archi per
poi giungere in centro.
Durante il tragitto farà delle soste durante le quali prenderanno la
parola una giovane immigrata, un lavoratore straniero delegato sindacale, una
insegnante anconetana e una giovane immigrata di seconda generazione. Concluderà
gli interventi il significativo contributo di Nazzareno Guarnieri presidente
della Comunità Rom e Sinti di Pescara. La marcia terminerà a Piazza del Papa
dove dalle 19,30 in poi suoneranno il gruppo bengalese Boishki e gli
italo-senegalesi Anima Equal.
Di Fabrizio (del 06/10/2008 @ 08:40:50, in Italia, visitato 1599 volte)
La
CHIESA EVANGELICA ZIGANA IN ITALIA segnala questa presentazione del libro di
Pino Petruzzelli "Non chiamarmi Zingaro". Pino Petruzzelli è stato ospite
dell'assemblea evangelica tenutasi il mese scorso a Mantova.
Di Fabrizio (del 07/10/2008 @ 09:22:26, in Italia, visitato 2053 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Perché non interrompiamo la persecuzione dei Rom di Pesaro e iniziamo
finalmente ad aiutarli?
Pesaro, 5 ottobre 2008 - Nella mattina venerdì 3 ottobre la polizia e i vigili
urbani di Pesaro, con un notevole spiegamento di forze e di mezzi mobili, hanno
effettuato un vero e proprio "blitz", alle sei e mezza del mattino,
nell'edificio rurale in via Solferino n° 121, dove da alcuni mesi si sono
rifugiate alcune famiglie Rom in gravissime condizioni di indigenza e sanitarie.
Presso la minuscola comunità Rom, come è noto, ci sono persone che soffrono
di patologie oncologiche incurabili, cardiopatie, handicap di entità assai
importante, gravi malattie da precarietà. Si tratta di pazienti di cui si è
preso cura l'Ospedale San Salvatore e che hanno urgente bisogno di un alloggio
dignitoso, assistenza sociale e possibilità di curarsi regolarmente. il Gruppo
EveryOne desidera precisare alcuni aspetti, a proposito del "blitz" delle forze
dell'ordine. Innanzitutto, che le famiglie Rom si trovavano, al momento dei
controlli per identificazione e della comunicazione di ipotesi di reato
(occupazione di stabile rurale), all'interno della casa fatiscente per una
ragione ben precisa e conosciuta dalle autorità cittadine. Non avendo altro
possibile riparo, le famiglie sono rimaste, come comunicato alla proprietà -
Campus s.r.l. - all'interno dello stabile, in attesa dei primi giorni di
settembre. In quei giorni, lasciati trascorrere irresponsabilmente dai politici
cittadini, avrebbe dovuto iniziare il programma di assistenza e integrazione dei
Rom che vivono a Pesaro, come promesso dal sindaco e dagli assessori alla salute
e ai servizi sociali, in linea con le disposizioni previste dalle norme
internazionali, norme da noi consegnate al Comune e dal Comune protocollate) e
dalla Costituzione italiana.
Il piano di inclusione avrebbe dovuto mettere in atto con urgenza assoluta
un'azione di sostegno socio-sanitario, inserimento professionale e soprattutto
la concessione di un alloggio dignitoso, necessario per l'urgenza umanitari.
Disattese le promesse, le persone Rom all'interno della casa (fredda, umida,
fatiscente, senza alcun servizio né acqua né corrente elettrica) non avevano
alternativa a quella di permanere nell'edificio. Accusarli di un reato o
perseguitarli ancora vuol dire affermare ufficialmente che i malati, le donne, i
bambini, le persone in difficoltà di etnia Rom avrebbero dovuto e dovrebbero,
per essere "a norma di Legge", incamminarsi in una tragica marcia della morte
verso il nulla, al freddo, senza cibo né farmaci, senza riparo né aiuti sociali.
Come topi usciti da un luogo disinfestato. E' importante che sia chiara questa
realtà, perché una diversa spiegazione sarebbe solo un'indegna ipocrisia. Il
Gruppo EveryOne ha inviato alla Procura della Repubblica un documento in cui è
spiegata chiaramente la contraddizione - una tragica contraddizione - secondo
cui le famiglie Rom avrebbero commesso un reato rimanendo sotto l'unico tetto
che hanno, dopo che gli impegni del Comune, impegni noti a tutti anche grazie ai
giornali, sono stati traditi.
Basta digitare in un motore di ricerca internet le parole "Pesaro" e "Rom" per
avere una rassegna stampa degli episodi di intolleranza e persecuzione che hanno
colpito e funestato la comunità Rom locale, negli ultimi mesi. Riteniamo che la
costante repressione, i trattamenti inumani e l'abbandono in cui sono sottoposti
i Rom di Pesaro siano inconcepibili e inaccettabili persino nell'attuale clima
di intolleranza e odio razziale che imperversa in Italia. Nessuna città, nessun
paese, finora - a quanto ci risulta, salvo le recenti esternazioni del
vicesindaco di Treviso - aveva posto famiglie indigenti nella condizione di
scegliere fra lasciarsi morire di stenti o andare incontro a procedimenti
giudiziari e polizieschi. Atroce. Ci aspettiamo quantomeno, da parte del sindaco
e delle altre autorità pesaresi, a partire dalle forze dell'ordine che avrebbero
il dovere di difendere i deboli e gli oppressi, che ci concedano il tempo per
mettere al sicuro le famiglie Rom che vivono a Pesaro.
Siamo già riusciti ad ottenere protezione umanitaria da parte di una cittadina
del Sud presso Potenza per la famiglia Jivan Petrici, salvando la vita alla
piccola Annamaria, malata di polmonite e costretta a vivere, qui a Pesaro, al
freddo, senza sostegno sociale, nell'indifferenza più gelida, mentre la tosse la
scuoteva e la febbre la indeboliva ogni giorno. Ora Annamaria sta meglio, perché
vive in una casa, al caldo, con persone di buona volontà che la assistono e un
lavoro per il papà. Vi sono in Italia altre località, altre autorità comunali,
altre persone solidali che, indignate e addolorate per il calvario che i Rom di
Pesaro stanno attraversando, manifestano solidarietà nei loro confronti. Siamo
in contatto con loro e presto saremo in grado di assicurare un riparo al caldo,
una situazione protetta e programmi di inclusione ad altre famiglie. La "caccia
al Rom" scatenata dalle Istituzioni locali, la terribile oppressione, la furiosa
intenzione di rendere rapidamente la città di Pesaroi "zigeunerfrei", libera da
"zingari", ostacola gravemente la lotta per la vita che il nostro Gruppo
conduce, fra mille difficoltà, insieme a cittadini di Pesaro che non seguono la
corrente razzista. Dopo il "blitz" delle forze dell'ordine, con le procedure di
identificazione, la comunicazione di ipotesi di reato (il "reato" di non
lasciarsi morire, di tentare disperatamente di tenere unite e in vita le
famiglie), alcune donne di via Solferino 121 si sono sentite male; tutti,
bambini, malati, genitori si sentono affranti.
Avvertiti da un agente, affinché se ne andassero subito, pena finire in carcere,
privati dei bambini, avevano già radunato le loro povere cose e il nostro Gruppo
ha dovuto attuare una difficile opera di persuasione per impedire che si
allontanassero al freddo e senza niente, in una "marcia della morte" che solo in
un Paese imbarbarito, senza più traccia di civiltà e umanità sarebbe pensabile.
Mentre li controllavano e compilavano schede e denuncia, gli agenti non
mostravano alcun sentimento di compassione per l'umanità dolente che avevano di
fronte. Non si è sentita una parola di solidarietà. Non si è visto un sorriso.
Solo gelo e frasi impersonali. "Lunedì torneranno e ci porteranno in prigione,"
ripeteva un ragazzo fra le lacrime. "Ci hanno detto che abbiamo commesso un
reato grave, rifugiandoci in questa casa e che se non ce ne andiamo, sarà peggio
per noi". Alcuni di noi, eredi dei Testimoni dell'Olocausto, lottano ogni giorno
perché i fantasmi più oscuri siano ricacciati nel buio della Storia. Eppure,
quegli spettri ritornano, i loro riecheggiano ancora ai confini della "civiltà",
dove un'umanità martoriata è costretta a vivere nel dolore, nell'esclusione,
senza alcun diritto. Che cosa siamo diventati?
Esattamente 70 anni fa, il 6 ottobre del 1938, il Gran Consiglio (cioè il
vertice massimo del fascismo, presieduto da Mussolini) varava un testo nel quale
indicava nel dettaglio le linee della persecuzione razziale antisemita decisa
dal regime. Leggete questo testo, è istruttivo. E non crediate che lo
pubblichiamo solo perché è il settantesimo anniversario. Non ci chiedete perché
lo pubblichiamo, non ci chiedete se lo riteniamo attuale. Cercate di darvi da
soli una spiegazione...
Il Gran Consiglio del Fascismo, in seguito alla conquista dell'Impero, dichiara
l'attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza
razziale. Ricorda che il Fascismo ha svolto da sedici anni e svolge un'attività
positiva, diretta al miglioramento quantitativo e qualitativo della razza
italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con
conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti.
Il problema ebraico non è che l'aspetto metropolitano di un problema di
carattere generale.
Il Gran Consiglio del Fascismo stabilisce:
a) il divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle
razze camita, semita e altre razze non ariane;
b) il divieto per i dipendenti dello Stato e da Enti pubblici - personale civile
e militare - di contrarre matrimonio con donne straniere di qualsiasi razza;
c) il matrimonio di italiani e italiane con stranieri, anche di razze ariane,
dovrà avere il preventivo consenso del Ministero dell'Interno;
d) dovranno essere rafforzate le misure contro chi attenta al prestigio della
razza nei territori dell'Impero.
Ebrei ed ebraismo Il Gran Consiglio del Fascismo ricorda che l'ebraismo mondiale - specie dopo
l'abolizione della massoneria - è stato l'animatore dell'antifascismo in tutti i
campi e che l'ebraismo estero o italiano fuoruscito è stato - in taluni periodi
culminanti come nel 1924-25 e durante la guerra etiopica unanimemente ostile al
Fascismo.
L'immigrazione di elementi stranieri - accentuatasi fortemente dal 1933 in poi -
ha peggiorato lo stato d'animo degli ebrei italiani, nei confronti del Regime,
non accettato sinceramente, poiché antitetico a quella che è la psicologia, la
politica, l'internazionalismo d'Israele. Tutte le forze antifasciste fanno capo
ad elementi ebrei; l'ebraismo mondiale è, in Spagna, dalla parte dei bolscevici
di Barcellona.
Il divieto d'entrata e l'espulsione degli ebrei stranieri Il Gran Consiglio del Fascismo ritiene che la legge concernente il divieto
d'ingresso nel Regno, degli ebrei stranieri, non poteva più oltre essere
ritardata, e che l'espulsione degli indesiderabili - secondo il termine messo in
voga e applicato dalle grandi democrazie - è indispensabile.
Il Gran Consiglio del Fascismo decide che oltre ai casi singolarmente
controversi che saranno sottoposti all'esame dell'apposita commissione del
Ministero dell'Interno, non sia applicata l'espulsione nei riguardi degli ebrei
stranieri i quali:
a) abbiano un'età superiore agli anni 65;
b) abbiamo contratto un matrimonio misto italiano prima del 1° ottobre XVI.
Ebrei di cittadinanza italiana Il Gran Consiglio del Fascismo, circa l'appartenenza o meno alla razza ebraica,
stabilisce quanto segue:
a) è di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi ebrei;
b) è considerato di razza ebraica colui che nasce da padre ebreo e da madre di
nazionalità straniera;
c) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da un matrimonio
misto, professa la religione ebraica;
d) non è considerato di razza ebraica colui che è nato da un matrimonio misto,
qualora professi altra religione all'infuori della ebraica, alla data del 1°
ottobre XVI.
Discriminazione fra gli ebrei di cittadinanza italiana Nessuna discriminazione sarà applicata - escluso in ogni caso l'insegnamento
nelle scuole di ogni ordine e grado - nei confronti di ebrei di cittadinanza
italiana - quando non abbiano per altri motivi demeritato - i quali appartengono
a:
1) famiglie di Caduti nelle quattro guerre sostenute dall'Italia in questo
secolo; libica, mondiale, etiopica, spagnola;
2) famiglie dei volontari di guerra nelle guerre libica, mondiale, etiopica,
spagnola;
3) famiglie di combattenti delle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola,
insigniti della croce al merito di guerra;
4) famiglie dei Caduti per la Causa fascista;
5) famiglie dei mutilati, invalidi, feriti della Causa fascista;
6) famiglie di Fascisti iscritti al Partito negli anni 19- 20- 21- 22 e nel
secondo semestre del 24 e famiglie di legionari fiumani.
7) famiglie aventi eccezionali benemerenze che saranno accertate da apposita
commissione.
Gli altri ebrei I cittadini italiani di razza ebraica, non appartenenti alle suddette categorie,
nell'attesa di una nuova legge concernente l'acquisto della cittadinanza
italiana, non potranno:
a) essere iscritti al Partito Nazionale Fascista;
b) essere possessori o dirigenti di aziende di qualsiasi natura che impieghino
cento o più persone;
c) essere possessori di oltre cinquanta ettari di terreno;
d) prestare servizio militare in pace e in guerra. L'esercizio delle professioni
sarà oggetto di ulteriori provvedimenti.
Il Gran Consiglio del Fascismo decide inoltre: 1) che agli ebrei allontanati dagli impieghi pubblici sia riconosciuto il
normale diritto di pensione;
2) che ogni forma di pressione sugli ebrei, per ottenere abiure, sia
rigorosamente repressa;
3) che nulla si innovi per quanto riguarda il libero esercizio del culto e
l'attività delle comunità ebraiche secondo le leggi vigenti;
4) che, insieme alle scuole elementari, si consenta l'istituzione di scuole
medie per ebrei.
Immigrazione di ebrei in Etiopia Il Gran Consiglio del Fascismo non esclude la possibilità di concedere, anche
per deviare la immigrazione ebraica dalla Palestina, una controllata
immigrazione di ebrei europei in qualche zona dell'Etiopia.
Questa eventuale e le altre condizioni fatte agli ebrei, potranno essere
annullate o aggravate a seconda dell'atteggiamento che l'ebraismo assumerà nei
riguardi dell'Italia fascista.
Cattedre di razzismo Il Gran Consiglio del Fascismo prende atto con soddisfazione che il Ministro
dell'Educazione Nazionale ha istituito cattedre di studi sulla razza nelle
principali Università del Regno.
Alle camicie nere Il Gran Consiglio del Fascismo, mentre nota che il complesso dei problemi
razziali ha suscitato un interesse eccezionale nel popolo italiano, annuncia ai
Fascisti che le direttive del Partito in materia sono da considerarsi
fondamentali e impegnative per tutti e che alle direttive del Gran Consiglio
devono ispirarsi le leggi che saranno sollecitamente preparate dai singoli
Ministri.
Di Fabrizio (del 08/10/2008 @ 00:46:14, in Italia, visitato 2576 volte)
Avevo chiesto ad Ernesto Rossi come fosse andato il convegno
su
Carlo Cuomo, a cui (seppure a malincuore) non avevo potuto partecipare. Mi
scrive di un convegno caldo e partecipato, con circa 150 presenze. Se qualcuno
vi ha partecipato, mi faccia sapere le sue
impressioni, anche commentando qui. Intanto, ecco il testo del lungo intervento
svolto da Ernesto Rossi, che partendo dai ricordi, affronta molti temi di
attualità.
4 ottobre 2008 - C'è un libro straordinario di Gianni Rodari, uno dei
più grandi scrittori del Novecento italiano: C'era due volte il Barone
Lamberto. Sembra un libro per bambini, categoria letteraria del
sussiego. Vi si racconta la ventura di un ricco signore che può ricomprarsi la
vita, perché scopre che "L'uomo il cui nome è pronunciato resta in vita".
Carlo, Carlo, Carlo…ecco cosa stiamo facendo, qui, oggi, adesso: ripetiamo il
suo nome per raccogliere la nostra memoria e per continuare a tenerlo vivo fra
di noi.
Perché in effetti non è vero che Carlo non ci sia più, né quando ci si occupa di
Zingari, né per altre questioni, nelle quali ha lasciato segni forti e
inconfondibili. È solo che, purtroppo per noi, facciamo fatica, nel mutare dei
tempi, delle sensibilità, delle politiche, ad incontrarlo.
Ho avuto la fortuna di un'amicizia fraterna troppo breve con Carlo. Venne nel
'68, giovane consigliere comunale, a vedere e a capire cosa succedeva nella
biblioteca che dirigevo: un esperimento di gestione partecipata che sembrava
anticipare nuove forme di decentramento.
Così adesso per questa amicizia e per il fatto d'aver cercato di proseguire il
suo impegno con i Rom e i Sinti, mi tocca un compito difficile: parlare di Carlo
coi verbi al passato, parlare di Carlo e del suo impegno per gli Zingari.
Per molti anni –una quindicina- Carlo e questo impegno sono stati strettamente
legati. Certo, si occupava dei destini della sinistra a Milano e lavorava come
presidente della FILEF Lombardia, l'associazione internazionale fondata
da un altro Carlo, lo scrittore e pittore Levi, per la quale aveva coniato,
allargando e in parte rovesciando il primo impegno a favore dei nostri
emigranti, uno slogan che era un vero sintetico programma: chiediamo per i nuovi
immigrati gli stessi diritti che abbiamo chiesto per i nostri emigranti.
Ma occuparsi di zingari è impresa d'imparagonabile diversità: essi sono la
minoranza delle minoranze. Il minimo possibile dell'altrui conoscenza, della
considerazione, del rispetto dei diritti. Non esiste paese di riferimento, in
cui siano una maggioranza. Non esiste paese, quale più, quale meno, in cui i
loro diritti siano veramente rispettati e garantiti.
Carlo ha disseminato idee e proposte innovative dovunque è stato
presente.
Per poter fare questo, ci vuole indubbiamente intelligenza e cultura, sapersi
porre domande, ma lui aveva di più: aveva una capacità non comune di passare dal
ragionamento alle ipotesi, alle proposte concrete; dal pensare al fare,
impastando teoria, discussione, suggerimenti, finché non diventavano un progetto
visibile agli occhi della mente, per divenire poi un'iniziativa.
Lo ha scritto con felice sintesi, il giorno dopo la sua morte, Manuela Cartosio
sul Manifesto: aveva la capacità di tenere insieme la rilettura di Marx
con la fontanella in un campo di Zingari. Insieme. Non una cosa accanto
all'altra, ma nella successione stessa del ragionamento e del progetto.
Era, non solo come lasciò detto di sé, una brava persona, ma slow,
lento. Questa definizione è associata attualmente al contrasto della frenesia,
del consumo, del cattivo gusto, che sarebbe uno splendido programma politico, ed
è riferita soprattutto ad un campo, quello enogastronomico; e a Carlo, uomo di
gusto, che sapeva apprezzare cibi e vini, non sarebbe dunque certamente
dispiaciuta.
Ma il senso in cui gliela attribuisco riguarda il suo atteggiamento nei
confronti dell'altro: il sorriso, dolce e aperto, il rispetto, l'ascolto,
l'attenzione, il ragionare pacato e coinvolgente; una serie insomma di qualità
maieutiche. Una cosa nata dalle sue parti. Era lento perché si prendeva il tempo
e il piacere di ascoltare e ragionare, di gustare e di far gustare il
ragionamento nel suo articolarsi e procedere dalle premesse alle conclusioni.
Questa era la sua qualità essenziale, strutturale, quella che gli conquistava
simpatia, attenzione, stima, affetto.
Sono stato adescato da Carlo ad occuparmi di Rom e Sinti, quelli che col
sommario disprezzo della non conoscenza chiamiamo Zingari.
Come nasce un'idea così nella testa d'una persona, di occuparsi di un
problema marginale di poche persone marginali, 150-160 mila in tutta Italia?
Quante volte l'hanno chiesto anche a me, ed ora che mi tocca parlare di Carlo,
mi accorgo che a lui non l'ho mai domandato. Eppure si tratta di una questione
importante, fondamentale. Forse tra di noi era scontata la risposta: per
indignazione. Ma è una risposta troppo morale, adulta. Forse quella precedente
nasce nei giochi da bambino, tra cowboy e indiani, o davanti alle porte Scee
leggendo i poemi omerici.
Ma credo che qualunque sia il caso che apre l'impegno, questo arriva su un
terreno già predisposto, incontri, esperienze, che rimangono a giacere in un
angolo della memoria, pronti a crescere, ad affermarsi, se si formano
circostanze favorevoli. Come una rosa di Gerico, che verdeggia nuovamente quando
la bagnate.
Ho un ricordo preciso di una situazione che Carlo raccontava, riferita forse
anche ai suoi anni giovanili in Grecia, quando nel villaggio o nel quartiere,
durante la riunione per organizzare una festa di matrimonio o di battesimo,
qualcuno, inevitabilmente, diceva Carlo, saltava su con un ma i 'nostri'
zingari qualcuno li ha avvertiti?
Questa frase, che sicuramente si pronuncia ancora oggi in molte lingue nei
Balcani, dice di una presenza e di una continuità di costume: una tradizione.
I Rom nei Balcani, la regione d'Europa che per prima hanno raggiunto nel loro
lungo viaggio, e dove tuttora vivono più numerosi che in qualunque altra, con la
sola eccezione della Spagna, sono portatori di una cultura musicale propria, ma
anche custodi di quelle locali, che hanno saputo raccogliere e reinterpretare e
tramandare, traendone una musica nuova senza confini.
Il caso che muove Carlo è l'incarico di assessore, oltre che al
decentramento, al lavoro, che comporta anche la responsabilità dell'Ufficio
Stranieri e Nomadi. Così si chiamavano e credo tuttora si chiamino gli uffici di
molte città italiane, cui compete di occuparsi di stranieri. E di nomadi,
che così definiti e percepiti, anche se italiani da secoli, finiscono col parere
stranieri, persino a se stessi. È qui che Carlo si trova a dover affrontare il
problema. Come assessore delle giunte di sinistra negli anni dal 1975 all'85, ha
dovuto gestire temi diversi e per lui talvolta inediti. E ogni volta, magari
dimenticando le vacanze, ha macinato libri e documenti per prepararsi.
Ma per questa materia, credo che lo sforzo sia stato minore. C'è una strada già
tracciata nella sua memoria e nella sua pratica politica, un marxismo usato come
chiave, non come binario: il senso della dignità umana, come valore fondante di
ogni politica; della diversità e ricchezza delle storie e delle culture come
ricchezza unica di tutta l'unica razza umana. Non è un caso dunque che
quando imposta e in parte redige, per incarico dell'amico e compagno editore
Nicola Teti, un numero speciale del Calendario del Popolo, dedicato agli
Zingari, il richiamo costante è alla Costituzione antifascista della
Repubblica italiana.
"Un patto di amicizia e fraternità", furono le parole usate da Umberto
Terracini, che con De Gasperi e De Nicola firmò quel testo, nel presentarlo nel
1947 al popolo italiano.
Parole straordinarie se le pensiamo rivolte a Rom e Sinti, in quegli anni quasi
esclusivamente cittadini di questo paese, essendovi giunti fin dagli inizi del
Quattrocento. Un popolo che le statistiche rappresentano come un popolo di
bambini (oltre il 50% minori di diciott'anni).
Una piccola società sparpagliata in quella più grande, con le sue tradizioni e
le sue regole, reciprocamente incomunicante con la nostra, con effetti
devastanti per loro, contro qualche fastidio per noi. Con la quale un patto
bisogna dunque stabilirlo, un patto sociale, non regole speciali, una strada
chiara, lineare, aperta, che per condurre tutti nella stessa unica società, deve
nascere dal rispetto, dall'attenzione, dalla comprensione, da regole nuove. A
partire dai diritti. I doveri, come ognuno sa, vengono, magari quasi subito ma
comunque dopo. È su questa mancanza che si esercita la capacità d'indignarsi, se
sei riuscito a salvarla dal tuo diventare adulto e beneducato.
Ma quanti sono? è il nostro tormentone. Le contiamo e ricontiamo, queste
pecorelle, quasi sperando, poco evangelicamente, che siano ogni volta di meno.
Ma di affrontare i problemi sociali poco se ne parla, quasi nulla si fa.
Negli anni di Carlo, da buon comunista vicepresidente dell'Opera Nomadi, da lui
fondata a Milano nei primi anni Ottanta, nascono i primi campi. Una
scelta che, senza l'intervento sociale connesso, previsto e mai attuato, gli
anni dimostreranno inadeguata ad affrontare i problemi dell'abitare.
I campi, soluzione quasi solo italiana, sono dei ghetti da cui non si esce che a
fatica verso altre soluzioni abitative, mentre per non trovare lavoro... basta
l'indirizzo.
Sono questi i percorsi generosi e accidentati di chi cercava una strada giusta.
Adesso, chi cerca una strada?
In quegli stessi anni troviamo, inattesa, una soluzione per una famiglia di
Sinti lombardi ben conosciuta nel suo quartiere, ma non per questo meno
sgomberata: non pare vero, ma si fece una raccolta di firme a loro favore,
un'offesa alla logica, come l'uomo che morde il cane; e con Carlo indicemmo
nelle loro roulotte una conferenza stampa, cui intervennero quotidiani e
televisioni, che stroncò l'insensata persecuzione di vigili e multe. Quel tratto
di via abbandonata che tuttora abitano serenamente da 12 anni, lo ebbero in base
alla prima convenzione del genere sottoscritta con il Comune di Milano. E ci
parve allora che da lì avremmo potuto avviare a soluzione almeno il problema
delle poche famiglie sinte milanesi.
Nel frattempo erano nate le prime cooperative rom, si era formato, sotto la
direzione del professor Angelo Arlati, e con la partecipazione di Giovanna
Lodolo, il Centro Documentazione Zingari, che raccoglieva libri, dischi, video,
documenti; e studenti e assistenti sociali venivano a prendere confidenza con
gli Zingari. E si avviavano i progetti per la mediazione sanitaria, che
in parte ripeteranno l'esperienza di quella scolastica: cosa può essere meglio
di questa per un popolo di bambini?
Mediazione ha il suono d'un termine filosofico, tecnico, professionale.
In realtà è tutte queste cose, ma molto di più. Non posso non ricordare questa
straordinaria invenzione di Carlo, ma non entrerò nella storia delle vicende che
portarono alla nascita di un gruppo di giovani romnià, donne rom,
preparate ad intervenire nelle scuole frequentate da bambini zingari per aiutare
la reciproca comprensione, la reciproca integrazione. Nella sostanza
queste ragazze, conseguita la licenza media, proseguirono con un corso impostato
con la collaborazione di Susanna Mantovani, preside della Facoltà di Magistero,
con un diploma finale abilitante.
Mi limito a ricordare l'essenza, il nucleo creativo di questa tormentata
e sottovalutata –o combattuta?- storia. Le maestrine zingare avrebbero
affiancato le titolari, aiutandole a comprendere i problemi dei bambini rom,
sarebbero intervenute per facilitare il rapporto fra loro e i bambini non-rom –e
perché no? le rispettive famiglie. Ma, soprattutto, sarebbero state un ponte tra
i bambini. E i piccoli rom avrebbero visto per la prima volta una di loro
in una posizione autorevole, non solo per loro stessi, ma anche per gli altri
bambini. E questi per la prima volta si sarebbero trovati davanti una zingara
che era un'autorità. Uno sconvolgimento. Di quelli da cui può cominciare un
nuovo mondo.
Se, e quanto, così sia stato lo lascio ad altri approfondimenti: il ponte era
lanciato, costruito; i ponti son fatti per essere attraversati, per unire rive
diverse. Non è detto che vengano utilizzati. Spesso ci vuol tempo, circostanze,
volontà per compiere la traversata. Da una parte e dall'altra. Ovviamente di
più, per chi è più debole e indifeso, per il quale un ponte potrebbe costituire
anche una minaccia d'invasione, un pericolo, non d'integrazione, di
assimilazione.
Progetti grandi e piccoli, dunque (questo della mediazione trovò interesse
presso altre città italiane e anche all'estero), ma che rimanevano quasi sempre
rinchiusi fra pochi addetti e un manipolo di funzionari e operatori. Bisognava
puntare di più sulla cultura come messaggio, trovare Rom e Sinti che fossero
immagine positiva, ambasciatori del loro popolo, raccontare storia e vicende
umane.
"Per occuparsi di zingari, bisogna essere matti", mi disse Carlo una sera
prima di cena."Tu e io, aggiunse ridendo, ci siamo".
Mancava Fredi Drugman, che aveva un approccio alla realtà dei problemi
diametralmente opposto a quello di Carlo, metodico e preciso, quanto Fredi era
estroso e inventivo. Ma questo divertiva Carlo, che diceva di lui ridendo
compiaciuto, 'è matto come un cavallo'. Con questo matto abbiamo dunque
organizzato la prima uscita pubblica per parlare di Zingari, nientemeno
che in un'aula della Facoltà di Architettura del Politecnico. Fu quel
giorno, credo, una delle prime volte che risuonarono a Milano le musiche
sfrenate e dolenti della tradizione zingara davanti a un pubblico d'una
settantina di studenti, stupiti e attentissimi per quasi quattro ore,
nell'ambito del corso di museografia, di cui Fredi era docente, insieme a
storia, lingua, tradizioni, musica, sotto le ipotetiche specie della creazione
d'un Museo degli Zingari.
Un modello che avremmo poi esportato, presi dal successo, in un corso presso l'Unitre,
in piazza Vetra, che il primo anno, per un solo trimestre (non ci eravamo fidati
ad andare oltre), beneficiò anche dei suoi interventi. Facevamo una lezione, e
la volta dopo la proiezione d'un film.
Il giorno della prima lezione arrivammo davanti all'aula assegnata: piena. Ci
guardammo interdetti, concludendo che avevamo sbagliato porta e lui propose di
andarci a bere qualcosa, tanto era ancora presto. Avremmo trovato poi l'aula
giusta, con i nostri quattro ascoltatori.
Ma proprio lì ritornammo.
Andammo poi avanti con tre fine settimana di musiche, balli e ragionamenti
presso il Barrio's di don Gino Rigoldi, appena inaugurato, e con altre
iniziative, per far conoscere i grandi Rom e Sinti, e il contributo
d'arte e cultura che questo popolo ha dato al mondo: Django Reinhardt, inventore
del jazz europeo, Esma Redžepova, candidata al Nobel, scrittori, poeti, pittori
come Antonio Solaro e Otto Müller, calciatori, naturalmente, uomini politici.
Come succede in tutti i popoli.
Una di queste iniziative vive ancora. Rom e Sinti hanno attraversato negli anni
del nazifascismo uno dei periodi più feroci della loro storia. 600.000 vittime è
una stima al ribasso, perché non sarà mai possibile ricostruire il numero delle
famiglie sterminate sul posto in tutti i territori occupati, come in quelli
degli stati fantoccio o alleati del Reich.
Ma Rom e Sinti non furono vittime inerti. In tutti i paesi in cui operò una
Resistenza organizzata essi ne fecero parte, combattendo e morendo per una
libertà che ancora non li ha raggiunti.
Dopo averne parlato con Carlo, come sempre facevamo, avevo cominciato a indagare
su questo capitolo storico , che non veniva citato in nessuna pubblicazione. Con
le prime scarne notizie raccolte, unite a quelle sullo sterminio, confezionai il
primo volantino, meticolosamente corretto da Carlo, che venne diffuso al corteo
del 25 Aprile 1998, come tuttora succede ogni anno a cura dell'Associazione Aven
Amentza, che prosegue in quell'azione, oltre che nella ricerca sulla
partecipazione di Rom e Sinti alla Resistenza.
Debout les damnès de la terre, dice un canto che abbiamo insieme
tante volte intonato: in piedi, dannati della terra, il cui titolo lo indica
come adatto a tutti i popoli, insomma internazionale. E infatti uno zingaro
disse: seppellitemi in piedi, perché tutta la vita sono stato in ginocchio.
Ma con gli Zingari in genere è difficile: seicento anni di persecuzioni
li hanno convinti che la ribellione non paga.
Eppure qualcosa si muove finalmente anche in Italia. Dopo il periodo delle
piccole associazioni autoreferenziali o familiari, ecco che queste
finalmente si uniscono in una federazione, che ha come valore aggiunto un Rom
e Sinti insieme. E a Milano è attivo un tavolo di associazioni, in Camera
del Lavoro.
Nei suoi ultimi mesi, Carlo affronta instancabile, respingendo la resa al male
che ormai lo consuma, ancora una battaglia, quella fondamentale, per il
diritto. La commissione Affari costituzionali del Senato, nel testo
predisposto per la discussione in aula, ha sgomberato Rom e Sinti
dall'elenco delle minoranze, peraltro malamente tutelate. La legge uscirà così,
pretestuosamente monca, l'anno dopo (L.482/99). Ma lui diffonde subito un
appello per il loro reinserimento, in cui si chiede con lungimiranza di valutare
anche le nuove minoranze, quelle degli immigrati, la cui presenza diventerà
stabile nel paese.
E mentre tratta per la sistemazione dei Rom di Palizzi-Fattori, trasferiti in
blocco dall'altra parte della città, lancia un nuovo progetto: una Casa dei
popoli e delle culture, che ne sia il luogo d'incontro, di valorizzazione e
di conoscenza.
Ma la nuova vecchia politica è quella degli sgomberi, intervento
feroce e stupido, che serve solo a spostare persone e problemi, senza risolvere
nulla: solo nel 2007 a Milano ne sono stati attuati una quarantina. Il campo di
Triboniano viene positivamente sistemato, ma ne viene distrutta l'organizzazione
sociale tradizionale. Per abitare questa terra promessa e recintata bisogna
sottoscrivere un regolamento speciale, che vale solo lì. È un bantustan. Si
parlerà imprudentemente d'un intervento epocale.
Ciò che sta accadendo è sotto gli occhi di tutti, forse segna davvero una nuova
epoca: quella della tolleranza che non ce n'è mai stata ed ora mostra il
suo vero aspetto: sotto lo zero.
Ora è il tempo della sicurezza, anzi della sua percezione.
Ma non si tratta di morti sul lavoro, di violenze su donne e bambini fra le mura
di casa dolce casa, di arrivare alla quarta o terza settimana, di pezzi d'Italia
in mano alla criminalità. Il pericolo additato per distrarre sono quattro gatti
di Zingari: ricontiamoli, anche se poi le cifre deludono, dov'è l'invasione? ci
son solo problemi trascurati a lungo, cioè le emergenze, che nascono dal
malgoverno.
È stato avviato in questo periodo un processo di degenerazione della società e
della democrazia.
Si è cercato di lasciare nella storia impronte di bambini, non con
l'inchiostro della scuola, con quello della polizia, cui vengono affidate parti
delle politiche sociali. Un inizio subito maldestramente ringoiato, che è
bastato a promuovere il nostro paese da barzelletta a preoccupazione
internazionale. Aspettiamo ancora di vedere qualche sussulto in più
d'indignazione. E invece la prossima primavera rischia di portare nuove
tempeste.
È vero, la storia non si ripete, ormai forse lo imparano anche a scuola. Ma
risuona. Oggi in modo orribile: Berlin ohne Zigeuner, dicevano i
manifesti diffusi nella capitale germanica per le Olimpiadi del 1936, Berlino
senza Zingari. Non sarà in preparazione, insieme a molti affari, una
Mailand ohne Zigeuner per l'Expo 2015?
Perché il problema è sempre lo stesso, immutabile, eterno: non sono gli
Zingari che disturbano –loro sono utili. Non ci piacciono i poveri.
E di questi è pieno il mondo. Sempre di più, sempre più poveri, premono fuori
dalle mura della fortezza di Schengen, come tanti gengiscan disarmati, sbarcano
sugli scogli, sulle spiagge, di cui è ricco, ancora, il nostro paese. Quando ci
arrivano. Di baracche è pieno il mondo. Tempeste e terremoti le distruggono, le
guerre e la fame ne creano altre.
E noi siamo quando va bene solidali. Purché i loro disperati abitanti restino là
dove sono.
Non so cosa avrebbe fatto Carlo davanti a quello che sta succedendo. Ma
non è difficile immaginarlo, perché noi tutti sappiamo che non si sarebbe
arreso. Per questo è importante che oggi siamo qui con lui, perché si continui a
rimanere insieme.
Avete sentito quante volte ho pronunciato il suo nome?
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