Rom e Sinti da tutto il mondo

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Gli Zingari fanno ancora paura?

La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 26/09/2011 @ 09:05:51, in lavoro, visitato 1704 volte)

Cingeneyiz.org 15/09/2011: I raccoglitori di rifiuti solidi chiedono una ricicleria

I rappresentanti di gruppi di cittadini principalmente di origine zingara che campano con la raccolta di cartoni e rottami, si sono recati nell'ufficio di Hakan Tütüncü, sindaco del quartiere di Kepez nella regione di Antalia (città sul Mediterraneo). I rappresentanti hanno chiesto l'appoggio di Hakan Tütüncü nel costruire un centro di riciclaggio per la raccolta e la rivendita dei rifiuti solidi.

Hakan Gezer - presidente dell'associazione rom Muratpaşa, Ferhat Uçakdağ - presidente dell'associazione Cultura, Cooperazione, Solidarietà Sociale dei Rom di Antalia, Doğan Arkın - presidente della Federazione Rom di Aydin, [...] hanno spiegato le loro richieste al sindaco. Tütüncü a sua volta ha risposto che non ci sono spazi liberi per realizzare il centro di riciclaggio e che chiederà alle fondazioni pubbliche di trovare una zona adatta in Antalia.

La raccolta di cartoni e rottami è una delle più comuni forme di sussistenza tra i cittadini di diversi gruppi zingari: Rom in Tracia, Marmara e nella regione dell'Egeo, Abdali nell'Anatolia centrale ed orientale, Dom nel sud-est della Turchia, per lo più campano di queste raccolte in difficili condizioni.

Source: CHA

Documentario (del 2005, durata 8'24", in turco) su chi raccoglie cartoni e rottami

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Di Fabrizio (del 26/09/2011 @ 09:10:15, in casa, visitato 2193 volte)

La proroga alla ordinanza che prevede la demolizione di sei casette all'interno del Q.re Terradeo (conosciuto come Campo nomadi abitato da numerosi anni da venti famiglie di etnia Sinta) a giorni sta per scadere.

Giovedì 22.09.2011 abbiamo avuto il previsto incontro con i due Commissari. Presenti questa volta, il Segretario Comunale e l' Arch. Stano.

Continuiamo ad avere l'impressione di avere di fronte persone con posizioni molto rigide, con una sola idea in testa: la demolizione delle sei "Casette in Legno", senza porsi, per ora, il problema di cosa succederà poi alle famiglie coinvolte in questa vicenda.
Abbiamo presentato ampiamente le nostre Proposte e visto l'aria che tirava, abbiamo comunicato che le stesse le avremmo formulate entro oggi 23.09.2011 per iscritto. Cosa che poi abbiamo puntualmente fatto, protocollandole.
Attendiamo ora dai due Commissari una risposta.

Riteniamo più che mai opportuno, per ogni evenienza, ampliare ed irrobustire la rete di sostegno alle nostre proposte per il raggiungimento di una equa soluzione.

Per Apertamente
Augusto Luisi

PS: alleghiamo:
- le proposte che "Apertamente" ha presentato ai Commissari,
- Il comunicato dei Gruppi Politici di Buccinasco a sostegno della Proposta presentata dalla nostra Associazione, UNITARIAMENTE sottoscritto da tutti, compreso il PDL.
Ora è in preparazione un documento delle Parrocchie e Caritas.


Proposte:

Gentili Signore

dr.ssa Francesca Iacontini, Commissario Prefettizio
dr.ssa Anna Pavone, Commissario,
e p.c. dr Alberto Scrivano, Segretario Generale Comune di Buccinasco

In seguito agli accordi presi nell'incontro del 22 settembre con la nostra Associazione, inoltriamo alla Loro attenzione le seguenti considerazioni e proposte.

La prima considerazione non può che riguardare, poiché l'argomento è stato sollevato in un precedente incontro, il tema del rispetto delle leggi, che Apertamente ha posto all'inizio del proprio Statuto, assumendo come riferimento della propria azione la Costituzione della Repubblica Italiana, insieme alle Dichiarazioni "sui diritti dell'uomo, delle minoranze o nazioni (ed è il caso nostro), dell'infanzia, delle donne e ogni altra dichiarazione o indicazione di carattere universale" (Statuto, art.2). E a questo abbiamo conformato le nostre azioni. È pertanto ovvio il rispetto delle leggi da parte nostra.

Nella pluridecennale vicenda dei Sinti di Buccinasco, varie Autorità hanno mancato, per errori od omissioni, e oggi ne viene chiesto conto agli abitanti del Quartiere Terradeo. Riteniamo che nella presente situazione sia necessario sanare le illegalità verificatesi, in modo che si possa procedere, così come meritoriamente (e finalmente) ha fatto il Commissario Prefettizio preposto al Comune di Buccinasco, nella definizione dello status del terreno comunale su cui il Quartiere insiste, compreso attualmente nei confini del Parco Agricolo Sud Milano.

Le proposte che ci sentiamo di fare, dopo esserci come d'abitudine consultati con gli abitanti del Quartiere, sono le seguenti:

1 - Confermiamo la richiesta di almeno una unità abitativa da assegnare alla famiglia più numerosa, che comprende anche minori con problemi sanitari, famiglia che dispone di un reddito stabile, ed è quindi in grado di sostenere costi di affitto e utenze.

2 - Per le altre famiglie, proponiamo che il Comune acquisti cinque (o sei, nel caso non fosse praticabile la precedente richiesta) case mobili usate, da collocarsi nelle corrispondenti piazzuole, una volta eliminate le costruzioni contestate. Esse saranno concesse ad affitto calmierato alle famiglie, con facoltà di riscatto attraverso il pagamento del canone. Dalle informazioni assunte, queste case mobili presentano i costi meno onerosi, rispetto ad altri prodotti, oltre a garantire la sicurezza degli impianti e un conveniente spazio abitabile.

3 - Per quanto concerne l'eliminazione delle edificazioni contestate, facciamo presente che gli stessi titolari possono provvedere in tempi ragionevoli allo smontaggio e allo stoccaggio, o eliminazione, o rivendita dei materiali recuperati, in modo da poter rientrare in parte dei risparmi investiti nella loro realizzazione.

4 – Rinnoviamo in questa sede, data la stretta connessione con le precedenti proposte, la richiesta che il Comune assegni a cooperative sociali di tipo B parti spesso marginali di appalti (pulizia marciapiedi, svuotamento dei cestini, traslochi, lavori di ripulitura e d'imbiancatura dei muri, piccole riparazioni murarie interni/esterni, montaggio e smontaggio di palchi e strutture provvisorie, cabine e pannelli elettorali, manutenzione piste ciclabili, ecc.), col patto esplicito che queste cooperative debbano prioritariamente ricorrere alla mano d'opera presente nel Quartiere. Ci pare questa una proposta utile a risollevare quelle fra queste famiglie che la crisi ha più duramente colpito, anzi che farne dei "clienti" forzati dei servizi sociali. Facciamo presente che in piccola parte alcune di queste attività già sono state affidate direttamente dal Comune a queste persone con risultati soddisfacenti.

Infine, in merito alla regolarizzazione del terreno, trattandosi di procedura, come ben sappiamo da precedenti tentativi, alquanto complessa, ci permettiamo di chiedere la maggior sollecitudine, onde scongiurare il rischio che il termine della Gestione Commissariale sopraggiunga senza che il percorso sia stato concluso o consolidato e quindi sia recuperabile e proseguibile a cura della

Ernesto Rossi, Augusto Luisi


Comunicato dei gruppi politici:

Buccinasco, 22 settembre 2011

Gent.ma
Dr.ssa FRANCESCA IACONTINI
Commissario Straordinario
COMUNE di BUCCINASCO

Oggetto: intervento campo "Sinti".-

Le sottoscritte forze politiche della città

Premesso che
ritengono fondamentale ogni intervento teso al ripristino della legalità sul territorio esprimendo quindi apprezzamento e condivisione degli sforzi che l'Amministrazione nel merito intende porre in atto e convinte che solo in un quadro di certezza del diritto è possibile promuovere il corretto sviluppo rivolgono alla S.V. Ill.ma un appello a valutare con disponibilità ed attenzione le proposte che associazioni ed enti interessati a favorire e completare l'integrazione di piena cittadinanza dei soggetti appartenenti alla minoranza etnica richiamati in oggetto.

Le stesse associazioni, infatti, hanno considerato opportuno raccordarsi con tutte le forze politiche della città e rappresentare loro più ipotesi di soluzione del problema che, contestualmente a nostro avviso, soddisfano l'esigenza di legalità e pongono i nuclei interessati nella condizione di tranquillità psicologica ed umana responsabilizzandoli e facendo loro condividere gli stessi obiettivi. Di cosa si tratti saranno ovviamente gli stessi organismi associativi a rappresentarli alla Sua attenzione. Noi li abbiamo condivisi.

Nostro compito è far presente che la situazione si trascina ormai da lunghi anni, come certamente avrà avuto modo di ricavare dalla copiosa documentazione che sappiamo essere stata presentata.

Non abbiamo dubbi che in buona parte la responsabilità è propria della "politica" non sufficientemente in grado di offrire risposte tempestive in assenza sempre di qualcuno degli interlocutori interessati.

Nelle incertezze e nei ritardi si sono situate e si situano tutte le situazioni lamentate e che è sacrosanto ricondurre a normalità sia con la definizione di un regolamento sia, appunto, con il ripristino della legittimità violata.

Un intervento, come quello paventato dall'ordinanza emessa all'inizio dell'estate, visto il periodo intercorso, poco propenso a dar avvio a qualsiasi iniziativa di sistemazione, viste le condizione economiche dei nuclei sui quali grava l'intervento, vista la presenza di ben quattro donne in stato di gravidanza, vista la condizione di grave patologia di una bambina di poco più di due anni, potrebbe portare ad una reazione difficilmente prevedibile e comunque ad un impegno di spesa dell'Amministrazione a garantire condizione di vivibilità civile di suoi cittadini attraverso l'ospitalità dei nuclei o presso abitazioni libere sul mercato o con ospitalità in strutture alberghiere.

E' nostro convincimento quindi, fermo restando la condivisione ed il raggiungimento, dell'obiettivo del ripristino della legalità in tempi certi, di un'azione più graduata nel tempo che ne faciliti la soluzione con soddisfazione di tutte le parti in causa.

Siamo certi che non vorrà mancare di valutare con l'attenzione dovuta quanto le verrà prospettato e costruire insieme un finale coerente agli elementi di criticità che abbiamo cercato di enucleare.

Siamo anche certi che non fermerà l'azione dell'Amministrazione nei confronti degli abusi perpetrati all'interno del territorio del parco anche prossimi ed adiacenti al campo "Sinti" con costruzioni e realizzazione di manufatti che nulla hanno a che vedere con il bisogno di un tetto dove riparare così come invece si configura, pur in assenza di autorizzazioni, la situazione di queste sei famiglie appartenenti ad una minoranza etnica.

RingraziandoLa della disponibilità, distintamente La salutiamo.

I Gruppi politici di Buccinasco: Partito Democratico, Federazione della Sinistra, Sinistra e Libertà, Verdi, Lista civica "Per Buccinasco", PDL.

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Di Anna Luridiana (del 27/09/2011 @ 09:16:58, in conflitti, visitato 2344 volte)

Survival Nomade Awá picchiato brutalmente dai taglialegna 21 settembre

Un uomo Awá tra le ceneri di quella che prima era la foresta della tribù. - © Fiona Watson/Survival

Un uomo della tribù degli Awá, una delle ultime tribù di cacciatori-raccoglitori nomadi rimaste in Brasile, è stato brutalmente attaccato dai taglialegna che hanno invaso la sua terra.

Stando ai racconti, l’uomo stava cacciando nella foresta quando i taglialegna lo hanno legato e bendato, picchiato con violenza e poi hanno tentato di decapitarlo. Quando la moglie è accorsa per portargli aiuto, le hanno sparato, fortunatamente senza colpirla.

Nel corso delle ultime settimane, gli Awá hanno subito una serie di minacce da parte dei taglialegna, che intimano agli indiani di non entrare nella loro stessa foresta, pena la morte.

Tra i vari attacchi, uno è stato sferrato contro la sede del gruppo locale della Ong CIMI (il Consiglio Missionario Indigeno), che è stata svaligiata.

Le violenze sono state compiute per ritorsione contro l’intervento del governo, che ha chiuso le segherie dove viene lavorato il legno tagliato nella terra degli Awá. Nel corso dell’operazione sono stati arrestati due taglialegna.

Gli Indiani Awá vivono in territori ufficialmente riconosciuti come indigeni, ma le loro vite sono a rischio perché i taglialegna continuano ad abbattere illegalmente la loro foresta, a ritmi vertiginosi.

Nella terra degli Awá si sono insediati illegalmente anche coloni e allevatori di bestiame, che contribuiscono a distruggere ulteriormente la foresta.

Uno dei territori degli Awá è già stato deforestato per oltre il 30%.

Per gli Awá sta diventando sempre più difficile trovare selvaggina da cacciare. “Presto soffriremo tutti la fame” ha dichiarato a Survival Pirei Ma’a Awá. “I bambini avranno fame, mia figlia avrà fame e avrò fame anch’io. Non ci sarà più nulla nella foresta… I taglialegna arrivano con i loro camion e portano via tutti gli alberi.”

Survival ha scritto alle autorità brasiliane, evidenziando il pericolo di attacchi violenti e ribadendo la necessità urgente di allontanare gli invasori e di proteggere la terra della tribù, senza cui gli Awá non potranno sopravvivere.

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Di Sucar Drom (del 27/09/2011 @ 09:59:25, in casa, visitato 1798 volte)

Sempre dalla newsletter di Articolo 3, un aggiornamento su una situazione segnalata 10 giorni fa. di Elena Borghi*

Apriva la guida alla rassegna stampa della newsletter n.30 una riflessione sugli avvenimenti che da circa un mese animano la vita di Torrazza Coste (PV).
Niente di speciale, all’apparenza: una trattativa in corso tra due privati, per l’acquisto di un terreno parzialmente edificabile, sito in una delle vie più "in" del paese dell’Oltrepò. Un banale episodio di compravendita come ne accadono ogni giorno, senza mai finire sulle pagine dei giornali.
Ma questo caso è diverso. La notizia ha ottenuto l’attenzione del giornale locale, la Provincia Pavese, è passata di bocca in bocca tra i millesettecento abitanti di Torrazza – schieratisi a sostegno o contro il compaesano deciso a vendere quel terreno –, ha fatto mettere in campo polizia locale ed avvocati, e probabilmente sta guastando il sonno a più persone, coinvolte a vari livelli nell’episodio.
A trasformare questa ordinaria vicenda in fatto di cronaca è un particolare piccolo ma evidentemente insormontabile, l’appartenenza etnica degli acquirenti: rom, una parola minuscola che desta preoccupazioni enormi.

Avevamo promesso di approfondire l’episodio, e così abbiamo cercato di fare, recandoci a Torrazza Coste. Ma quel che possiamo raccontare è solo una serie di impressioni.
Le persone con cui abbiamo parlato, infatti, sono state vaghe e sfuggenti: tanto timide nell’azzardare commenti personali, quanto decise nell’affermare la propria estraneità ai fatti, restie a fare i nomi dei compaesani più direttamente coinvolti, caute nella scelta dei termini e barricate dietro una facciata politically correct impenetrabile, come chi si stia muovendo su un terreno pericoloso e cerchi di tenersi al riparo da possibili scivoloni.
Al Bar Sport siedono gli avventori più loquaci. Parlano della vicenda di via Moro come di una cosa che non li riguarda granché, cercano di esporre i fatti in ordine cronologico e di astenersi da notazioni personali. Punzecchiati sulla questione della petizione – che qualcuno in paese avrebbe organizzato per scongiurare l’arrivo dei rom, radunando oltre 350 firme [1] – si lasciano scappare un commento: "Beh, nessuno li vuole…", con il tono di chi sta dicendo la cosa più ovvia del mondo, una verità universale e condivisa.
Intanto, in via Moro scorre tranquillo il sabato pomeriggio, dietro i cancelli e i muri di cinta alti e robusti, dietro le porte blindate di villette pretenziose, troppo simili a miniature di castelli, dentro i Suv e sulla ghiaia dei vialetti d’ingresso, che annunciano ospitali: "Attenti al cane". Non c’è niente di così diverso, in fondo, in questa via e in questo paese, rispetto a centinaia di altre piccole città italiane, familiari a tutti noi; eppure, il sospetto che qui si stia consumando una silenziosa ingiustizia rende minacciosi particolari che, altrimenti, ci parrebbero assolutamente normali, addirittura rassicuranti.

Il terreno incriminato, ora deserto perché da giorni i futuri acquirenti non si fanno più vedere a Torrazza, sorge in mezzo a questo idillio borghese a tinte pastello: c’è una parte di verde ed alberi (per quelli che la famiglia rom ha abbattuto è già intervenuta la Forestale, con una multa al proprietario), una parte di semplice terreno, una piccola costruzione in pietra fatiscente – forse un ex capanno per gli attrezzi. Niente altro. Episodi spiacevoli, nei giorni in cui la famiglia è stata con i camper sul terreno? Pare di no. Arrivavano al mattino, ripartivano al tramonto. Segni di incuria, immondizie, rottami? No.
Sono stati fatti intervenire (a scopo preventivo, si direbbe) Carabinieri e Polizia locale; si sono ipotizzati sgomberi, scritte e firmate petizioni, allertate le autorità locali. Eppure i residenti di via Moro con cui abbiamo parlato dicono di non sapere nulla – più criptici della Sibilla, omertosi come neanche in terra di mafia.
Gli abitanti della prima casa in cui ci rechiamo ci danno un’indicazione nemmeno troppo velata. Loro naturalmente non sanno nulla, ma: "Chiedete ai signori di fronte, che sono i più aggiornati sulla questione", riferendosi ai proprietari della villa confinante con il terreno incriminato. Ma no, nemmeno loro sanno essere precisi. "Non voglio dire cose di cui non sono certa" – ripete la signora, assicurando che ora è l’amministrazione comunale a occuparsi dell’intera faccenda. Sì, forse una raccolta firme c’è stata, ma lei non ne sa granché. Stessi occhi sospettosi, stesse mezze parole anche nelle due case successive. Questi trecentocinquanta nomi paiono essersi volatilizzati.
Pare che il rogito ancora non sia stato stipulato, sembra che sia circolata una petizione e si siano raccolte delle firme, corre voce che la petizione sia stata recapitata in Comune, si dice che l’amministrazione si stia facendo direttamente carico della faccenda, forse alla ricerca di quella "soluzione pacifica che soddisfi i residenti" di cui parla la Provincia Pavese, e che consisterebbe nel "convincere i proprietari a trovare nuovi acquirenti".
Ripartiamo con i taccuini vuoti e nessuna vera informazione in più.

Ci rimane addosso solo un’impressione generale di disagio, l’inquietudine che inducono i luoghi apparentemente inattaccabili, perfetti, nel giusto – facciate dietro le quali spesso si consumano pesanti ingiustizie e prevaricazioni. E’ questo, il messaggio sotteso ai silenzi e alle parole vaghe delle persone che abbiamo intervistato?
E’, questa, una vicenda in cui qualcuno – elettori e cittadini benestanti, affidabili, "pacifici e forti" – sta non solo accettando di avere il coltello dalla parte del manico, ma decidendo di far valere questa condizione contro qualcun altro, persone che del coltello vedono sempre e solo la punta acuminata? Non possiamo ancora dirlo. Ripartiamo con il dubbio ben vivo in mente, in attesa che lo sviluppo degli eventi decida il carattere di questa piccola grande storia.
Poco fuori il paese, sul ciglio della strada si erge una chiesetta bianca, di cui qualcuno ha imbrattato la facciata, stampandovi un Sole delle Alpi leghista, bello grande, in verde d’ordinanza.

  • * Titolo da: Ascanio Celestini, I miei racconti "in fila indiana" contro il razzismo (Corriere Sera, 30/5)
  • [1] Firme contro l’area nomadi. Residenti di via Moro in rivolta (Provincia Pavese, 1/9)
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Di Fabrizio (del 28/09/2011 @ 09:32:49, in conflitti, visitato 2932 volte)

Fonti varie

Su Youtube da Euronews (20" in inglese ndr.) QUI in italiano.

Da domenica scorsa sono in corso violenti scontri a carattere etnico in tutto il paese.

Tutto è iniziato quando nel villaggio di Kanunitsa (160 Km. a sud di Sofia) un uomo è stato investito (decedendo in seguito) da un furgone guidato da un appartenente ad una famiglia rom molto ricca ed in vista nel paese. Come succede spesso in casi simili, si dice che la fortuna della famiglia sia collegata ad attività fuorilegge: in questo caso il commercio illegale di alcool.

L'investitore è poi fuggito. Gli abitanti del villaggio hanno immediatamente pensato che si fosse trattato di un'azione deliberata, a causa di minacce precedenti subite dalla vittima, ed hanno assalito la villa della famiglia rom. Durante questo assalto, ci sono stati 5 feriti, tra cui 3 poliziotti, ed un giovane è caduto in coma, morendo durante il trasporto in ospedale. La polizia ha operato 127 arresti ed è riuscita ad arrestare l'investitore, mentre cercava di oltrepassare il confine con la Turchia.

immagine dal sito della Radio Bulgara

Nonostante gli appello alla calma delle autorità, dello stesso primo ministro (e di converso, del capo dell'opposizione), di diverse organizzazioni, tra cui quelli di esponenti della minoranza turca e di altre associazioni civili e politiche, gli incidenti si sono subito propagati in tutto il paese, tanto nei piccoli villaggi che nelle grandi città, vedendo tra gli assalitori diversi fan ultrà delle squadre di calcio ed i soliti gruppi neonazisti; un dato significativo e preoccupante indicherebbe che un terzo di chi sta manifestando contro i Rom sia minorenne. Tra le città coinvolte Plovdiv (350.000 abitanti, ospita il quartiere di Stolipinovo, dove abitano 40.000 Rom), la capitale Sofia (con una manifestazione di migliaia di persone davanti al Parlamento), la città marittima di Varna (corteo di 200 persone verso la mahala rom di Maksuda), ed inoltre a Pleven e Burgas, con diversi incidenti che hanno coinvolto membri della comunità rom, le loro macchine e negozi.

Attualmente a causa dei timori, molti bambini sono tenuti a casa da scuola ed i loro padri non si stanno presentando al lavoro.

Si vocifera di possibili manifestazioni della comunità rom, per esprimere solidarietà e vicinanza alle famiglie dei morti e preoccupazioni per i disordini che sono succeduti, ma ovviamente il clima molto teso invita anche alla prudenza estrema prima di esporsi. Nel contempo, circolano anche voci (preoccupanti ma da verificare) che i Rom asserragliati nei loro ghetti, si stiano armando per resistere.

Sono in corso riunioni, tanto a livello locale che nazionale, sia nella polizia, che nel governo e nelle amministrazioni decentrate, che tra le associazioni della società civile, nel tentativo di porre freno alla catena di violenze che attualmente non si sono ancora fermate.


Nel contempo, la situazione rimane molto tesa anche in Repubblica Ceca, soprattutto nelle regioni confinanti con Polonia e Germania, nonostante l'azione repressiva della polizia.

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Di Fabrizio (del 28/09/2011 @ 09:49:07, in lavoro, visitato 2086 volte)

Da Coopofficina

In Abruzzo nel mese di maggio 2011 è stato avviato il progetto Fattoria sociale bravalipè per dare occupazione ai giovani, in particolare giovani rom. L'iniziativa è stata promossa da una partership composta da associazione RomSinti@ politica, Centro studi e ricerche CILICLO', Azienda agricola Ciattoni.
Obiettivo ambizioso dell'iniziativa è di avviare due fattoria sociali in provincia di Chieti e di Pescara per dare occupazione a 15 giovani.

Dopo un periodo di preparazione dell'iniziativa dal 22 agosto 2011 sono iniziate le assunzioni di giovani e dai primi di settembre QUATTRO giovani rom sono stati regolarmente assunti e svolgono le attività agricole della fattoria.
Nelle prossime settimane saranno assunti altri giovani rom e non rom e nel mese di Marzo 2012 le assunzioni di dovrebbero completare con 15 giovani che lavorano.

I promotori dell'iniziativa in queste settimane stanno valutando la possibilità di apertura di punti vendita dei prodotti della fattoria sociale in alcune città, iniziativa che potrebbe dare occupazione ad alcune ragazze.

Portiamo a conoscenza che da ogni regione italiana è possibile acquistare i prodotti della fattoria sociale, attualmente i prodotti disponibili per la spedizione sono: miele ed olio extravergine di oliva biologico.

Nelle prossime settimane ci sarà una conferenza stampa dei promotori dell'iniziativa e dei giovani che già lavorano nella fattoria per informare l'opinione pubblica, i media, gli enti locali e le istituzioni dell'iniziativa, per sfatare il pregiudizio che " i rom non vogliono lavorare" , ma anche per far conoscere che i progetti destinati alla popolazione romanì devono essere adeguati ai bisogni della persona rom coinvolta nell'ottica della "normalità" e con il rifiuto di ogni forma di assistenzialismo.

Dott. Nazzareno Guarnieri

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Di Sucar Drom (del 29/09/2011 @ 09:15:49, in musica e parole, visitato 1910 volte)

Articolo21

Ci sono le ladre rinchiuse nel carcere romano di Rebibbia e le bambine mandate a mendicare, ma anche la giovane regista di Torino superpremiata per il film in cui racconta la storia della sua famiglia e la sua passione per Woody Allen, l'artista che ha scolpito il monumento in onore del Porrajmos, l'Olocausto rom, l'ex maestro che rifiutò di insegnare nelle classi speciali per i rom e che, alla guida di un'associazione, si batte per tirar fuori la sua gente dal degrado dei campi nomadi, il ragazzino di origine slava che a scuola è tra i primi della classe e da grande vuole fare il soldato, i rumeni sgomberati dalle baraccopoli abusive di Milano che oggi vivono in dignitosi appartamenti. È un caleidoscopio di storie che riunisce italiani, slavi, rumeni nel ritratto sorprendente di un popolo apparso in Italia nel 1422, ma ancora oggi considerato sempre e solo straniero. Rimprovera all'autrice la fragile Ermina: «Ci giudicate senza averci conosciuto». Il viaggio che questo libro propone è un viaggio di conoscenza, un utile antidoto contro l'assedio dei luoghi comuni, a cominciare dal primo, il più diffuso, che gli zingari siano nomadi.

BIANCA STANCANELLI, autrice del libro "La vergogna e la fortuna" ha gentilmente messo a disposizione dei lettori di Articolo21 uno dei capitoli del suo libro.

Il suo sogno italiano, Ramona può riassumerlo in sette parole: «fare una vita bella per i figli.» Mi accompagna da lei Donatella De Vito. Ramona ha trentasei anni, un marito cinque anni più grande e tre figli. Appartiene alla generazione che ha fatto in tempo a conoscere la Romania co­munista e il dopo. Preferiva la dittatura: «Quando lui era vivo, lavoravi.» Non pronuncia il nome di Nicolae Ceausescu: solo quell'ingombrante pronome evocativo. Quando c'era "lui", Ramona si guadagnava da vivere come contadina nei campi di mais e suo marito aveva un impiego come operaio in fabbrica. Caduto il regime, hanno perso il lavoro. Nel 2003 hanno deciso di venire in Italia, lasciando alla nonna materna, all'inizio, i tre figli. A Milano sono arrivati nel campo di via Capo Rizzuto, verso l'autostrada per Torino, una baraccopoli nascosta tra gli alberi. Ci abitavano trecento persone: alcuni avevano chiesto l'asilo politico, altri, portandosi dietro un figlio malato, avevano ottenuto un permesso di soggiorno. Per due anni vissero in pace e in miseria. «Nessuno veniva a trovarci» dice Ramona, e quel nessuno è la polizia. Niente di cui gioire, in quella quiete: «Avevo una vita malissima.» Suo marito è un musicista della casta dei lautari, il suo strumento, purtroppo, è la batteria. Purtroppo? Gli amici con cui era venuto, musicisti come lui, andavano a suonare in metropolitana e guadagnavano benino, ma non potevano portarselo dietro «perché faceva troppo rumore.» Per tirare avanti, Ramona chiedeva l'elemosina davanti ai supermercati. Nel giugno del 2005 li sgomberarono e sulla loro strada si alzò la mano protettrice della Casa della Carità. Cinque anni dopo, la famiglia di Ramona vive in affitto, in un bilocale di periferia. L'appartamento è modesto e confortevole. Ai balconi, sgargianti tende di garza rossa, contro il malocchio. La figlia maggiore, che ha ventidue anni, è impegnata in un tirocinio come assistente alla persona, una via di mezzo tra un'infermiera e una badante, il figlio sedicenne frequenta un corso per diventare meccanico, il piccolo va a scuola, il marito è stato assunto in una cooperativa che ha in appalto dal Comune la pulizia delle docce pubbliche, Ramona lavora come domestica, una sua sorella di vent'anni si è sposata con un italiano e gli ha pure confessato di essere rom senza esserne ripudiata (ma ai suoceri non l'hanno detto, non si sa mai), altre due sorelle, che si erano trasferite in Italia con la famiglia, sono tornate indietro perché non hanno trovato nulla. Quanto alla Romania, i suoi figli non hanno nessuna intenzione di tornarci e lei vuole solo dimenticarla: «Speriamo che non ci vado più.» Questo quadretto di tranquillità domestica prospera al riparo di un'identità "di copertura". Nessuno dei vicini, dei datori di lavoro, dei compagni di classe dei figli sa che la famiglia è zingara. La Casa della Carità ha giudicato che tacere questo dettaglio sia il metodo migliore per offrire ai rom sgomberati l'opportunità di rifarsi una vita. Sembrano precauzioni eccessive, ma l'esperienza insegna che non sono mai troppe. Ramona si è giocata un posto scoprendosi per sbaglio come zingara e ancora non se lo perdona. L'errore, forse un minuscolo peccato di vanità, è stato prender parte a un film con i comici Ale e Franz. S'intitolava, come per sberleffo, Mi fido di te. È successo nel 2006, quando da due anni Ramona faceva le pulizie a casa di una ricca signora milanese che vendeva a domicilio abiti firmati, aveva un vasto giro d'amicizie e l'abitudine di seminare i soldi per casa senza problemi. Capitava che la signora andasse a prendere Ramona alla fermata della metropolitana e che, in macchina, incontrassero rom. La signora si sfogava: «Che gente schifosa, questi zingari: ne arrivano a milioni, non se ne può più.» Seduta accanto a lei, rigida come un lampione, Ramona farfugliava: «Ma davvero, ma che schifo» e tremava di paura al pensiero che da un segno, da un gesto, la signora capisse che anche lei era zingara e la cacciasse. Né Ramona né, probabilmente, la sdegnata signora che le sedeva accanto potevano sapere che la capitale della Lombardia ha un'antica tradizione di odio antizigano. Uno dei più brutali editti che mi sia capitato di leggere è una grida pubblicata a Milano l'8 agosto 1693. Consente a chiunque incontri zingari «d'ammazzarli impune e levar loro ogni sorta di robbe, bestiami e denari che gli trovasse.» Trecento anni dopo quella grida, Ramona traccia i suoi giudiziosi distinguo tra gli zingari: «I rom jugoslavi sono cattivi davvero. Anche noi rumeni siamo zingari, ma non facciamo male.» La ascolto, non replico: dopotutto, perché a noi italiani soltanto deve essere riservato il privilegio del pregiudizio? La sua conclusione non ammette repliche: «Tutti credono che i zingari fanno male, così non ti danno lavoro se sei zingaro.» Quando accettò di recitare in quel film, in una particina minuscola, confusa in un gruppo di rom, Ramona non sospettava che la signora avrebbe mai potuto saperlo. Lo scoprì, invece; forse qualcuno che aveva visto il film le riferì che, tra gli zingari che recitavano la parte di allegri truffaldi, c'era Ramona. Stanata, non poté più nascondersi: «Sai come stavo male quando quella signora ha saputo che ero zingara? Prima mi dava i soldi della spesa, mi faceva tenere le chiavi. Dopo il film, mi stava sempre vicino, mi controllava, alla fine mi ha lasciato a casa.» Grazioso eufemismo per definire il licenziamento di una presunta nomade. Don Massimo Mapelli mi dice che, per i progetti che riguardavano più di duecento rom sgomberati negli anni dal 2005 al 2007, sono stati impiegati due milioni di euro. È meno della metà della cifra che il Comune ha speso in sgomberi nei quattro anni dal 2006 al 2010. Ma gli sgomberi producono solo altri sgomberi, in uno sfiancante inseguimento tra guardie e zingari, mentre i progetti della Casa della Carità hanno trasformato i minacciosi invasori in famiglie serene. Non tutti e non sempre, naturalmente. E non senza frizioni, difficoltà, inciampi. Don Massimo sa bene che «dovendo sopravvivere, i rom tendono a concepire la relazione con te secondo il modello "devo succhiare tutto quello che posso".» Come se il manghél, l'elemosina, fosse diventato uno stile di vita. «L'idea che ha guidato gli interventi sui rom è sempre stato l'assistenzialismo. Farli passare all'autonomia è complicato. Noi ce l'abbiamo fatta perché, detto brutalmente, eravamo a casa nostra, potevamo mettere le cose in chiaro: se non ci stai, amici come prima, ma te ne vai. È quello che nei campi non si può fare. Intendiamoci, non tutti accettano. Qualche famiglia se ne è andata, ha preferito continuare a vivere in quel sottobosco dove l'informale si lega all'illegale.» È in quel sottobosco che gli zingari, spesso, incontrano gli italiani. Don Massimo fa un esempio: «Nei campi abusivi, abbiamo scoperto che i rom lavoravano in nero a fabbricare bancali, perché gli zingari non li vuole nessuno, ma i bancali in nero li vogliono tutti. Allora abbiamo fondato una cooperativa per fabbricarli noi, mettendoci dentro sette rom e due nordafricani. In un anno di crisi pesante come il 2009, abbiamo creato posti di lavoro e regolarizzato un settore che era in nero.»

In nome di un'esperienza lunga cinque anni, don Massimo può dichiarare: «Il problema rom è un problema che, finché resta tale, è utilizzabile.» Amara sentenza che dà ragione della curiosa inefficienza milanese nell'inventare soluzioni diverse dai brutali, costosi, inutili sgomberi e di altre storie accadute qua e là in Italia. Come la cacciata dei prefetti di Roma e di Venezia, rimossi d'autorità – e senza spiegazioni – nel pieno dell'"emergenza nomadi". Il primo, nel novembre 2008, fu Carlo Mosca, prefetto di Roma che rifiutò di prendere le impronte ai bambini rom e mai venne meno al motto «Si sgomberano le macerie, non le persone.» Il secondo, nel dicembre 2009, è stato Michele Lepri Gallerano, prefetto di Venezia per quattro mesi: il tempo di gestire il trasloco di 38 famiglie di sinti veneziani dalle baracche a un villaggio di casette allestito dal Comune. Trasloco compiuto a mezzanotte, in trentotto minuti – troppo pochi perché le torpide truppe antizigane potessero accorgersene e impedirlo.

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Di Marylise Veillon (del 29/09/2011 @ 09:52:38, in Europa, visitato 1911 volte)

Da Roma_Francais

Le Parisien Giudicato per aver pulito la baraccopoli Julien Heyligen | Publié le 09.09.2011, 07h00

Villabé, il 27 marzo. Serge Guichard (a sinistra), con l'aiuto dei volontari e degli abitanti della baraccopoli, aveva pulito il campo rom di Moulin-Galant. Oggi è accusato di "deposito o abbandono sulla strada pubblica di rifiuti e altri materiali". | (lp/louise combet.)

Nel mese di marzo scorso, Serge Guichard presidente di un'associazione di sostegno ai rom, aveva aiutato a pulire il campo di Villabé. Una spazzata che gli costa una denuncia per "deposito di rifiuti su suolo pubblico".

"La solidarietà non è un delitto" Serge Guichard, presidente dell'Associazione di solidarietà in Essonne, con le famiglie rumene e rom (ASERFF), lo dice ad alta voce da sempre.
Oggi, la sua frase prende una risonanza del tutto particolare. Il volontario dovrà comparire davanti al Tribunale di Evry il 22 settembre alle 14.00

"E' totalmente assurdo. Ho pulito il campo rom tra Ormoi, Corbeil e Villabé in accordo con le autorità e preavvisando gli uffici comunali interessati. Mi ritrovo oggi denunciato..." dice sospirando. I fatti rimproverati al volontario risalgono a marzo. Quel mese, con l'aiuto di altri volontari e degli abitanti del campo, pulisce il campo rom di Moulin-Galant. E' urgente. I ratti invadono le casupole. Il fiume Essonne, che scorre a due passi, incomincia ad essere inquinato dall'immondizia. Il consiglio generale, proprietario del terreno, fornisce i sacchi. In poche ore, circa duemila ne sono riempiti. Prima di toglierli, la spazzatura viene sistemata lungo la strada. Il consiglio generale finanzia la raccolta realizzata dai servizi della comunità dell'agglomerato Evry Centre Essonne (CAECE), del quale dipende Villabé, dove si trova ubicato la maggiore parte del campo. Un container viene posizionato. Da allora è utilizzato dai rom ed è regolarmente svuotato dalla CAECE. "Funziona piuttosto bene" attesta Serge Guichard.

Una petizione di 800 firme.

A luglio, il presidente dell'ASEFRR riceve la chiamata di un ufficiale giudiziario. Deve andare a prendere una convocazione per il Tribunale. Serge Guichard, incuriosito, pensa a un "eccesso di velocità un po' elevato". Scoprendo la verità, casca dalle nuvole. I sostegni del volontario si organizzano. Con una petizione sono state raccolte finora 800 firme.

Varie associazioni, come la Lega per i diritti dell'Uomo, e associazioni politiche, come il Partito Comunista, sostengono l'accusato. Alcuni confinanti con il campo, anche se non ancora pronti a firmare la petizione, sono piuttosto soddisfatti dell'operazione di pulizia. "E' certamente più pulito di prima. Ora ciò che occorrerebbe sono dei servizi igienici...." dice una vicina.

Nel frattempo, l'origine della denuncia resta un mistero. Malgrado le sue richieste, Julie Bonnier-Hamon non ha avuto ancora accesso al fascicolo. "Che passi così velocemente in aula dopo la denuncia di un confinante mi sorprende. Potrebbe anche essere che il procuratore abbia fatto tutto lui. Ma l'operazione era sostenuta da istituzioni importanti. Francamente, questo fascicolo non ha nessun senso. Pulire un campo rom, non vedo dove sia il male."

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Di Fabrizio (del 30/09/2011 @ 09:33:57, in scuola, visitato 1515 volte)

Segnalazione di Stefano Pasta da Libero. Da notare che basta abbandonare i toni da crociata che in questi casi sono soliti per quel giornale (difatti si tratta di un pezzo che arriva da Adnkronos ; - )) e anche i soliti commentatori razzisti stanno zitti.

Milano, 22 set. (Adnkronos) - A quindici anni ha imparato, in soli sei mesi, a leggere, scrivere e fare di conto, in tempo utile ad iscriversi ad una scuola professionale, dove potra' imparare un mestiere che gli dia da vivere. Protagonista della storia e' un giovane rom venuto dalla Romania a Milano e a raccontarla e' Elisa Graziano, insegnante all'Itc Schiaparelli-Gramsci di Milano e, all'occorrenza, insegnante di strada.

"E. (l'iniziale e' di fantasia, ndr) - riferisce la Graziano - e' uno studente sedicenne al centro di un progetto piuttosto avventuroso: a quindici anni ha seguito un percorso di studi organizzato esclusivamente per lui da un gruppo di insegnanti volontari. Quando Stefano Pasta, della Comunita' di Sant'Egidio, ci ha chiesto di occuparcene ci ha spiegato che bisognava insegnargli a leggere, a scrivere e a far di conto nell'arco di otto mesi, perche' questo era il tempo massimo per non perdere il treno dei corsi di formazione professionale".

"La cosa - continua l'insegnante - poteva sembrare complessa, benche' fattibile, ma lo era oltre le nostre aspettative perche' E. si esprimeva esclusivamente in lingua romanes, l'idioma della sua famiglia e del suo popolo, la lingua dei rom. Era troppo grande per essere inserito nelle scuole elementari ma decisamente analfabeta per le scuole medie. Sapevamo che era fuggito dalla miseria di un villaggio romeno per cercare opportunita' di vita".

"Poi - prosegue l'insegnante - la faccenda si e' complicata anche perche' abbiamo dovuto seguirlo negli spostamenti causati dagli sgomberi dei campi a Milano. C'e' da dire che la determinazione di questo adolescente ci ha aiutati a proseguire comunque, infatti non abbiamo fatto nessuna fatica a fargli rispettare i nostri appuntamenti di studio: ricordo che un pomeriggio si e' presentato bagnato fradicio, ma con i quaderni asciutti, per aver dormito in un giardinetto sotto l'acqua scrosciante di novembre, dopo l'ennesimo sgombero".

"Ancora pazienza - continua la Graziano - la nostra scuola itinerante e' continuata tra la sede Acli di via Conterosso e la biblioteca di via Valvassori Peroni, a Milano, dall'ottobre del 2010 a giugno del 2011, per 10 ore settimanali, di pomeriggio. Studente tenace e fiducioso, il nostro E. ha frequentato le lezioni nonostante, da due mesi, venisse da Pavia, dove tuttora vive in una casa abbandonata, per completare l'anno scolastico con i suoi insegnanti di sempre: se noi abbiamo avuto pazienza, lui ha dovuto trovare risorse interiori di ben piu' alto respiro".

"Sostenuto dal nostro affetto e da una nostra piccola borsa di studio - conclude l'insegnante - ha potuto ancora proseguire sulla strada della sua personale emancipazione sino a tagliare il suo primo personalissimo traguardo: l'inserimento in una scuola di formazione professionale a settembre. Adesso ci sentiamo di ringraziare sia Stefano, della Comunita' di S. Egidio, che molti altri cittadini i quali , facendo rete con il loro sostegno, ci hanno permesso di realizzare questo piccolo ma concreto gesto di solidarieta'".

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Di Fabrizio (del 30/09/2011 @ 09:51:01, in lavoro, visitato 1479 volte)

...che abbiano lavorato in Italia per almeno due anni consecutivi dalla data dell’11 gennaio 2008. Lo può richiedere anche un datore di lavoro diverso.

23 settembre 2011: Lo ha chiarito il Ministero dell’interno con la circolare n. 6914 del 12 settembre 2011.

Il 22 marzo scorso ha preso il via la procedura on line, attiva fino al 31 dicembre 2011, per la presentazione delle domande di nulla osta per lavoro stagionale prevista dal DPCM del 17 febbraio 2011 che consente l'ingresso in Italia di 60.000 lavoratori extracomunitari stagionali. Novità di quest’anno la possibilità di richiedere un nulla osta pluriennale per quei lavoratori, cittadini dei Paesi indicati nel decreto, che siano già entrati in Italia per prestare lavoro subordinato stagionale per almeno due anni consecutivi. Una grande semplificazione per i datori di lavoro che, consapevoli di avere bisogno del lavoratore anche per le stagioni future, il prossimo anno potranno confermare l’assunzione del lavoratore indipendentemente dal decreto flussi stagionale. Ma i due anni consecutivi devono essere immediatamente antecedenti la data di presentazione della domanda? Può presentare la domanda un datore di lavoro diverso da quello per cui si è già lavorato? A queste domande, poste dalle Questure, ha risposto il Ministero dell’interno attraverso la circolare n. 6914 del 12 settembre 2011. Per quanto riguarda "i due anni consecutivi", chiarisce il Ministero, si intendono due anni a partire dall’11 gennaio 2008, data in cui è entrato in vigore il sistema di rilevazione delle comunicazioni obbligatorie di assunzione "indispensabile per verificare l’effettiva sussistenza dei due pregressi rapporti di lavoro stagionali" mentre, per quanto riguarda il secondo quesito "si ritiene che il datore che presenti, per la prima volta, l’istanza di rilascio del nulla osta pluriennale possa essere anche persona diversa da quella delle due precedenti annualità".

(Maria Rita Porceddu)

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