Di Fabrizio (del 10/04/2011 @ 09:27:49, in casa, visitato 1652 volte)
Questo è l'abstract dell'intervento presentato alla EWL-HWL
Conference on Roma Women, svoltosi a Budapest il 7 Aprile 2011. Monica Rossi[1]
Un'Introduzione
Il Movimento di Lotta per la Casa è una organizzazione storica romana che si
occupa del riutilizzo di spazi pubblici e privati per mezzo della pratica delle
occupazioni. Questi movimenti di squatters sono in contatto con il governo della
città che ha in alcuni casi riconosciuto le occupazioni per mezzo di
Delibere specifiche concedendo la proprietà occupata o con l'accesso
all'edilizia sociale. Il Movimento è così esteso e radicato che ha anche un
membro eletto nel consiglio Municipale di Roma. Questi movimenti esistono sin
dagli anni '60, quando le baraccopoli romane ospitavano 60.000 cittadini
italiani senza casa. Il Movimento si è esteso nel corso degli anni, ed è stato
affiancato da altre organizzazioni (ATTAC, Blocchi Precari Metropolitani ed
altre), tutte impegnate nella causa dell'abitare a Roma, dove la mancanza di
abitazioni e forme di povertà locale sono endemiche. Come etnografa che ha
lavorato da 21 anni nelle baraccopoli romane, ho incontrato spesso questi
movimenti nel corso delle mie ricerche, anche perché a partire dagli anni '80
questi gruppi hanno iniziato ad accogliere anche individui e famiglie di
migranti.
Come è iniziato tutto:
Nel 2008 un gruppo di famiglie ed individui Rom rumeni, tutti provenienti da
Kalarasi, si stabilisce in una grande area abbandonata nella periferia romana,
lungo la via Casilina . Nel Novembre del 2008 vengono sfrattati per la prima
volta. La soluzione offerta dal Comune di Roma fu quella di trasferirli in una
vecchia cartiera già occupata da altri e poi abbandonata lungo la via Salaria,
in condizioni di gran lunga peggiori di quelle che avevano vissuto nel campo.
Una piccola ONG (Popica Onlus), che aveva svolto attività di volontariato presso
questo gruppo, ed era allo stesso tempo in contatto con I Movimenti di Lotta per
la Casa, decise di proporre ai Rom sfrattati di unirsi al Movimento, iniziando
una serie di incontri comuni per verificare la fattibilità del progetto. Molti
dei gruppi erano preoccupati all'idea di far accedere nelle occupazioni
un'intera comunità di 90 persone, ma alla fine un gruppo di formazione più
recente, i Blocchi Precari Metropolitani, accettò di fare un tentativo
accogliendo I Rom in un grande complesso industriale abbandonato lungo la via
Prenestina: il cosiddetto gruppo del "Metropoliz", già abitato da 110 fra
italiani, marocchini, peruviani ed africani .
All'arrivo dei Rom è stato loro spiegato cosa fosse e come funzionava
un'occupazione: tutte le decisioni vengono prese nell'assemblea alla quale tutti
debbono partecipare, e dove ciascuno deve esprimere la propria opinione,
L'assegnazione degli spazi è decisa in base ai bisogni dell'individuo o della
famiglia. Le pulizie, la risistemazione ed il controllo dell'area vengono
intrapresi collettivamente per mezzo di un sistema di turnazione. Sono proibiti
i comportamenti aggressivi e violenti, è proibito picchiare o maltrattare donne
e bambini. I bambini si recano regolarmente a scuola assieme ai bambini degli
altri gruppi ed accompagnati dai loro genitori. L'idea di base è quindi quella
della partecipazione diretta, secondo la quale ognuno deve assumersi la
responsabilità dello spazio "Metropoliz" a livello individuale e collettivo.
Risultati:
Dopo un anno e mezzo sono stati raggiunti i seguenti obiettivi:
1) Per la prima volta un gruppo di Rom entra in uno storico movimento locale
come quello delle occupazioni, unendosi ad altri gruppi e spezzando la trappola
etnica che ha portato alla creazione dei campi. Al di la dell'origine etnica,
tutti gli occupanti che vivono a "Metropoliz" sono considerati come persone che
condividono diritti e bisogni comuni, seguendo un percorso di
autodeterminazione. Oggi vi sono almeno 5 nazionalità che vivono assieme,
inclusi membri delle classi subalterne romane. Ciò ha permesso di evitare ogni
forma di segregazione etnica ed ha prevenuto la nascita di rivalità o odio fra
la popolazione locale e quella straniera.
2) Per la prima volta è stato cambiato il meccanismo di leadership e
rappresentanza politica fra tutti I gruppi coinvolti, compresi I Rom.
Nell'esperienza di "Metropoliz" non esistono "capi" della comunità, capi
famiglia o mediatori. Ognuno è responsabile per le proprie azioni e deve
partecipare a tutte le riunioni e le attività collettive, esprimendo il proprio
parere nelle assemblee senza considerazione del sesso, dell'origine o della
posizione sociale.
3) Nemmeno un euro è stato richiesto a privati o a istituzioni. Le persone del "Metropoliz"
hanno rifiutato la logica dei bandi e quella della cementificazione. La città di
Roma ha molte strutture abbandonate che potrebbero venire riutilizzate con
relativamente poca spesa e secondo standard ecologici, offrendo così una
soluzione al problema dell'abitare ma anche occasioni di impiego. Tutte le
stanze, gli appartamenti, le zone comuni sono state risistemate dagli stessi
occupanti utilizzando anche materiali riciclati e con l'aiuto tecnico del gruppo
"Stalker" e di un ricercatore della Facoltà di Architettura dell'Università di
Roma 3, Francesco Careru, che come me conosceva questa esperienza e l'ha
sostenuta con forza.
L'idea di presentare qui questo progetto è dovuta al fatto che ho intenzione
di farlo conoscere al più ampio numero di persone. Volevo mostrare come sia non
ci voglia poi molto per implementare progetti che funzionino bene. Ci vuole
impegno umano, scambio e condivisione delle conoscenze e delle risorse per
raggiungere l'emancipazione attraverso la mutua cooperazione per un fine comune
e oltre ogni appartenenza etnica. Una delle prime cose che fecero gli occupanti
del "Metropoliz", fu quella di riprodurre nel cortile centrale il mosaico che si
vede a Roma nella piazza del Campidoglio, sede del governo della città. Il
messaggio è chiaro: siamo tutti cittadini di questa città.
Siamo dunque desiderosi di invitarvi a Roma per vedere questa esperienza con i
vostri occhi. Siamo inoltre pronti ad interagire e cooperare con chiunque voglia
replicare questo modello seguendo i semplici principi di autodeterminazione, autoresponsabilizzazione ed attenzione all'ambiente citati prima.
EWL-HWL Conference on Roma Women: Budapest, 7 April 2011
[a] Monica Rossi is a Visiting Research Fellow at the
University of Birmingham UK, School of Government and Society
Ammassati in un capannone, separati da pannelli fatti di stracci per
difendere quel minimo di privacy, in pessime condizioni igieniche e tutti sotto
uno tetto con profonde infiltrazioni d'acqua. Sono le condizioni di vita di
alcuni dei rom sgomberati che hanno accettato l'offerta di accoglienza del
Comune di Roma secondo quanto denuncia l'associazione "21 luglio", impegnata
nella capitale a favore del rispetto dei diritti dell'infanzia dei rom. In
esclusiva per Redattore Sociale, il filmato realizzato all'interno della
struttura con un telefonino mostra le condizioni di vita nell'ex Cartiera di via
Salaria. Una struttura che ad oggi ospita circa 300 persone, di cui circa 170
minori e che secondo l'associazione non rispetta le norme minime di sicurezza.
"La struttura sembra non essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge
regionale n. 41/2003 -- spiega la "21 luglio" -, che disciplina l'ambito delle
strutture di accoglienza sul territorio laziale, e non rispettare le
disposizioni previste dalla normativa vigente in materia edilizia,
igienico-sanitaria e di prevenzione incendi". Servizio di Giovanni Augello.
HOME IS WHERE YOUR HEART IS:
THE “METROPOLIZ” EXPERIENCE IN ROME
An introduction:
The Movement of the Fight for the Right to Housing (from now on MFRH)[1] is an
historical Roman organisation dedicated to the re use of abandoned public and
private building with the practice of squatting. These movements of squatters
are in contact with the Municipality’s Government who has in many case
recognised the occupations and often by mean of specific Deliberations[2] has
conceded the building or granted access to social housing. The Movement is so
large and rooted in the territory that it has even an elected member in the
Municipality Council of Rome.
It exists since the 1960’s, at a time when the shanty towns in Rome were hosting
some 60.000 impoverished Italians. This Movement in time has enlarged and it has
been joined by others organisations (ATTAC, Blocchi Precari Metropolitani and
others), all dedicated to the problem of housing in Rome, where lack of housing
is chronical and local poverty endemic.
As an ethnographer who is working since 21 years in Roman shanty towns I have
met them very often in the course of my researches, also because since the
1980’s these groups begun to welcome also migrant individuals and families.
How it all begun:
In the year 2008 a group of Romanian Roma families and individuals of circa 100
persons, all coming from Kalarasi, settles in a large abandoned area in the
eastern periphery of Rome[3] along the via Casilina. After one year, in November
2008 they have been evicted for the first time. The solution offered by the
Municipality was that of being transferred in a former squatted and abandoned
paper factory[4] along the via Salaria in hygienic and living conditions which
were even worse than that of the encampment.
A small NGO that was volunteering with members of this group and who was also in
contact with the MFRH, decided to propose to the evicted Roma to join the
Movement, and begun a series of meeting with the members of the Movement. Many
were afraid of having a whole community of 90 people entering the occupation,
but in the end a newly formed group, the Blocchi Precari Metropolitani, accepted
to try and welcomed them in a huge former factory along the via Prenestina: the
so called “Metropoliz” group, already inhabited by 110 Italians, Moroccans,
Peruvians and African families[5].
When the Roma arrived it was explained to them how the place worked and was
organised: all decisions are taken in the assembly, which must be participated
from everyone and where everyone must express his/her views. The space would be
assigned on the bases of family’s needs regardless any other consideration.
Common tasks such as cleaning, fixing and patrolling of the area were also
undertook collectively with turns. Abusive language and behaviour is banned, it
is forbidden to beat or mistreat women or children. Children must go to school
together with the children of the other groups accompanied by their own parents.
The base idea of the project is the direct representation, and that everyone
must take responsibility for the place, individually and collectively[6].
Outcomes:
After one year and a half there have been the following results:
1) For the first time a group of Roma entered into an historical local movement
such as that of MFRH joining other groups and breaking the vicious ethnic trap
which led to the creation of the encampments. Regardless of ethnic origins all
occupants who live there are considered as people who share common rights and
comon needs, in a self determination path. Also, there are now at least five
nationalities living together, including impoverished working class Romans. This
has helped to break also forms of ethnic segregation and jealousies which have
been often the cause for rivalry and hate among locals and foreigners poors.
2) For the first time it has changed the mechanism of leadership and political
representation among all the groups involved, including the Roma. In the
“Metropoliz” experience there are no community leaders, prominent members of the
community, head of families or mediators. Everybody is held responsible for his/her
actions and must participate to all collective decisions and tasks, expressing
his/her views in the assemblies regardless their sex, origin or social position.
3) Not a single euro has been asked to Institutions ot to Companies. The
“Metropoliz” people refuses the logic of the public bids and that of
cementification. The city of Rome has many abandoned buildings and warehouses
like this, and they could be reused with relatively little money and according
to environment friendly standards thus offering solutions to many problems like
that of the lack of housing and unemployment.
All the public rooms, the apartments, common areas, common services have been
refurbished and fixed by the same occupants with the technical help of the group
“Stalker” and that of a Researcher of the Faculty of Architecture University of
Roma 3, Francesco Careri, who like me, came to knew this project and strongly
supported it.
The idea of presenting this project here is because I strongly wanted to
disseminate it, in order to show that it does not take much to implement
projects which work well. It takes human commitment, common sharing of knowledge
and resources to gain empowerment through mutal human cooperation, outside
social and ethnic boundaries of any kind.
One of the first thing the occupants did at “Metropoliz” was that of painting
the mosaic which decorates the square of Campidoglio in Rome, home of the City
government. The message is that we all are citizens of this city.
We are willing to invite you in Rome to see for yourself this experience. We are
also eager to interact and to cooperate with anyone who wants to replicate this
model, following the simple principles of self determination, self
responsibilisation and attention to environment quoted above.
Monica Rossi is a Visiting Research Fellow at the University of Birmingham UK,
School of Government and Society.
EWL-HWL Conference on Roma Women: Budapest, 7 April 2011
[1] Movimento di Lotta per la Casa.
[2] See for example: Comune di Roma, Deliberation n.110/2005 and a new one (which
also includes the “Metropoliz”) is at the center of meetings between the
Administration and the Movements for a future official assignment.
[3] The former military Airport “F. Baracca”, who later became a large Roma
dwelling under the name “Casilino 700” (destroyed in 2000), only a few meters
away from another historical Roman shanty towns first inhabited by Italians and
later on by Roma, “Casilino 900” (destroyed in 2009).
[6] The “Metropoliz” experience is strongly supported also by the Committee “Ex
Casilino 900”, a group of which I am also part, composed by Academics, NGOs,
Roma, Catholic groups such as the “Comunità di base S. Paolo”, teachers and many
others who have joined together to contrast the policy of Roma encampments.
Di Fabrizio (del 10/04/2011 @ 09:58:23, in sport, visitato 1542 volte)
Si chiamano "Ercolini": settanta bambini nomadi esordienti che si allenano
a calcio tra sgomberi e indifferenza. Presto ci sarà anche una squadra femminile
da Redattore Sociale
Nel campo rom di via Salone, c'è una nuova sfida da affrontare: fornire
magliette e scarpini alla nuova squadra di pulcini ed esordienti. Sono i nuovi
"Ercolini" una squadra di calcio composta dai ragazzi rom del campo di Tor
di Quinto, che oggi estende il suo potenziale anche ai giovani e giovanissimi
del campo di via Salone.
Avventura iniziata nel 2004, che deve il nome al presidente della squadra don
Giovanni D'Ercole (Segreteria di Stato del Vaticano) e il vigore a Salvatore Paddeu, arbitro ma anche allenatore, gli "Ercolini" sono per i promotori e i
sostenitori dell'iniziativa, «una valida alternativa» per chi non ha altra
possibilità di vita che non sia un campo rom. Iscritti regolarmente al
campionato giovanile, gli "Ercolini", per lo più giovanissimi compresi tra i 14
e i 16 anni, provengono dalla Macedonia, dall'ex Jugoslavia, ma anche dalla
vicina Romania.
«Dopo 7 anni di attività al campo di Tor di Quinto, prossimo allo sgombero –
spiega Paddeu – siamo ancora qua. Inizia una nuova sfida al campo di via Salone
in zona Tiburtina». Sono 70, ad oggi, i giovani e giovanissimi che hanno aderito
alla squadra. Quello che manca è il personale sportivo (allenatori, volontari) e
il materiale (scarpini, magliette, palloni). «Presto si aggiungerà, a grande
richiesta, anche la squadra femminile – scrive ancora Paddeu – allenata dal
sottoscritto a causa di assenza totale di volontarie e allenatrici. Siamo sempre
alla ricerca di materiale sportivo, ma il passaparola è sempre molto efficace.
Inoltre, sarebbero molto utili due porte da calcio, perché le attuali sono poco
stabili e molto pericolose».
La squadra degli "Ercolini", oggi è una realtà sportiva che gode di piccoli
sponsor e tanta solidarietà ed è la dimostrazione pratica di come regole,
educazione e normalità possano passare anche attraverso lo sport.
Giornata internazionale dei Rom: intervista con l'attivista indipendente Béla
Radics
Posté par Corentin Léotard • 8 avril 2011 à 5:41
Béla Radics si autodefinisce come un attivista indipendente per i diritti
dei Rom. Nel suo blog,
rende conto della situazione dei Rom in Ungheria, con un occhio molto critico
tanto sulle autorità ungheresi che sui rappresentanti rom.
Lei crede alla volontà della presidenza ungherese dell'Unione Europea di
agire a favore di una integrazione dei Rom?
Non ci posso credere. La presidenza ungherese e l'Unione Europea pretendono
di prendere decisioni riguardo all'integrazione dei Rom, senza la partecipazione
degli stessi, senza loro rappresentanza. Basta pensare che ci sono circa dai 12
ai 15 milioni di Rom in Europa e soltanto una rappresentante dei Rom al
Parlamento Europeo. E' insensato! In Ungheria, i programmi d'integrazione dei
Rom esistono solo sulla carta. Noi, i Rom coinvolti, ancora non sappiamo niente
riguardo alla prossima strategia dell'Unione Europea.
Viktor Orban è credibile in questo ruolo?
A mio avviso, Viktor Orban non è credibile in questo settore. Al Parlamento
Europeo, si fa passare come un uomo sensibile e sociale, ma a casa, in Ungheria,
prende misure contro i Rom, misure che li spingono in una povertà ancora più
profonda, verso una carestia mortale. Lui ed il suo governo favoriscono la
retorica fascista dell'estrema destra dandogli uno spazio illimitato. Con
messaggi in codice, con insinuazioni, svolgono in realtà la stessa retorica
anti-Rom del partito Jobbik.
Per voi è una buona soluzione una strategia d'integrazione su scala
europea?
Potrebbe essere una buona soluzione, ma non così, senza la partecipazione dei
Rom. L'Europa non ha il diritto di prendere decisioni riguardo gruppi di persone
senza chiedere l'opinione di milioni d'interessati, escludendoli dai processi
decisionali, dall'attuazione delle leggi e dei programmi. Sarebbe la
profanazione della democrazia e dei diritti umani fondamentali!
Si fida delle autorità ungheresi per giudicare in maniera equa e
trasparente i quattro presunti autori degli
attacchi anti-Rom?
Non sono in grado di fidarmi della giustizia ungherese. Nel corso della mia
vita, ho visto molte volte le decisioni razziste e le sentenze anti-Rom che ha
preso. Per di più, molte persone pensano che questa serie di omicidi è avvenuta
su controllo politico. Pensiamo che i veri colpevoli non siano stati
identificati e che il responsabile principale sia ancora sconosciuto. E' triste,
ma penso che questo processo non sarà altro che un drammatico spettacolo.
Lei è molto critico verso i rappresentanti della minoranza rom, verso
Florian Farkas [rappresentante nazionale del governo autonomo minoritario rom],
per esempio, che lei tratta da marionetta del Fidesz. Perché?
La "Legge Elettorale delle Minoranze" è antidemocratica sotto diversi
aspetti, a livello locale, regionale ma anche nazionale. La legge non permette
la partecipazione all'elezione dei rappresentanti indipendenti che s'impegnano e
sono disposti ad agire per la loro gente. Prevede che solo i membri di partiti o
organizzazioni possano partecipare alle elezioni come rappresentanti. La
maggioranza dei rappresentanti dei Rom sono politici pagati e diretti
dall'attuale governo. Per esempio, Florian Farkas è uno dei leader della
politica rom governativa, in qualità di commissario ministeriale di supervisione
di aiuto ai Rom. Ma nel contempo, è deve anche rappresentare gli interessi della
comunità rom come presidente dell'Autogoverno Nazionale Rom. Come può conciliare
queste due posizioni? Dovrà controllare se stesso? Dovrà discutere con se
stesso? Protestare contro le somme dei fondi stanziati per i Rom o contro le
stesse decisioni? E' una situazione politica schizofrenica!
Secondo lei, questi rappresentanti dei Rom hanno la volontà, ed il potere,
di migliorare la situazione dei Rom in Ungheria?
No, non lo penso. E' noto che la rappresentanza parlamentare delle minoranze
nazionali ed etniche in Ungheria, non è stata regolata negli ultimi vent'anni, e
quindi tutti i governi hanno conseguentemente violato la Costituzione (dal
1989). Secondo la percentuale della popolazione rom in Ungheria - circa l'8% -
ci si aspetterebbe che i Rom avessero una ventina di rappresentanti
democraticamente eletti al Parlamento ungherese. Invece, ci sono solo tre
rappresentanti di origine rom, il cui compito non è la rappresentazione reale e
fedele dei Rom, ma seguire rigorosamente la politica del loro partito di
appartenenza.
Lei denuncia un "etno-business". Cosa intende con questa formula?
Secondo il diritto ungherese, è considerato Rom chi si dichiara tale. Su
questa base, si sono create molte false organizzazioni rom, per ottenere soldi
pubblici, ma non per una vera attività di protezione di interessi... che non
sono destinati a loro.
Le divisioni in seno alla comunità rom (culturali e politiche) sono un freno
alla loro integrazione nella società ungherese?
Penso che il principale ostacolo all'integrazione sia l'elite politica
tradizionale.
Contrappunto: Rita Izsák, capo del gabinetto del ministro
all'inclusione sociale, Zoltán Balog:
La situazione è molto difficile, ma non bisogna incolpare lo stato ungherese
che fa molto per l'integrazione dei Rom. Abbiamo messo in campo dei programmi di
lotta contro la povertà e particolarmente contro la povertà infantile, ed un
programma per l'alloggio. Se io stessa sono arrivata a questo posto, è grazie ad
una borsa di studio dello stato ungherese, che mi ha permesso di andare
all'Università. Mi dispiace che le persone in causa non si rendano conto di
tutto ciò che si fa per loro. Bisogna capire che la questione dell'integrazione
dei Rom è molto complessa e che i risultati delle nostre misure non possano dare
frutti che a lungo termine. E non dubito della volontà del primo ministro Orbán
di agire in questo senso. Siamo ad un momento storico, perché tutti gli attori
sono mobilitati.
Di Fabrizio (del 11/04/2011 @ 09:54:15, in conflitti, visitato 1403 volte)
Cosa lega Pisa a Napoli (ed i campi rom di contorno)
Assemblea contro la guerra a Viareggio il 7 aprile 2011 Intervento del delegato rsu del comune di Pisa Federico Giusti
(9 Aprile 2011)
Per nessuna ragione avrei rinunciato a inviarvi un contributo alla discussione
di questa sera che ha come filo conduttore il tema della guerra.
Sarò estremamente schematico, a tratti anche provocatorio, ma sarebbe un grave
errore affrontare la tematica di questa sera solo da un punto di vista
ideologico o di analisi geo politica.
Sotto i nostri occhi è palese la sconfitta del movimento contro la guerra, la
sua incapacità di mobilitarsi, di creare opinione pubblica e coscienze.
La responsabilità è attribuibile solo a posizioni ondivaghe e contraddittorie
che hanno attraversato per lungo e per largo i movimenti contro la guerra?
Insomma, è colpa della non violenza, della scelta operata dal centro sinistra di
schierarsi a favore del conflitto in Libia , o l'assenza di mobilitazioni segna
la stessa sconfitta delle posizioni più radicali?
Io propendo per questa seconda ipotesi e proverò a dimostrare che l'assenza di
mobilitazione non è solo imputabile alle contraddizioni del movimento contro la
guerra o a scelte guerrafondaie, ma alla palese e sconcertante incapacità dei
movimenti antimperialisti di proporsi in termini propositivi ed egemonici, con
percorsi viziati da eccessi ideologici, da continue spaccature, dai vizi del
politicismo che annienta il confronto e il dibattito dietro alle estenuanti
querelle su elementi insignificanti, pronti a spaccare il capello su parole
d'ordine che poi scisse da una reale progettualità diventano prive di ogni
significato.
Partirei dalla militarizzazione del territorio che riguarda Pisa con l'Hub ma
attanaglia anche altre aree della penisola, per esempio il napoletano. Nel
novembre 2011 dovrebbe essere terminata la nuova base militare di Giugliano che
sorge a pochi chilometri da una altra base (Lago Patria) e vicino al Garigliano,
un deposito di scorie nucleari ad elevata pericolosità
La costruzione di questa area militare è stata preceduta da una pulizia etnica
che ha cacciato via campi rom e sinti, popolazioni provenienti dalle zone di
guerra del Kosovo. E' ormai accertato che dietro alle minacce, agli incendi e
alle aggressioni perpetrate contro rom e sinti ci fosse la mano dei clan
camorristici, gli stessi che ritroviamo invischiati nel business della base,
nella costruzione dei villaggi per militari, nella edificazione di aree
sottoposte in teoria a vincoli paesaggistici. Ebbene, la cacciata dei rom ha
preceduto di pochi mesi la costruzione di una nuova area militare, allora come
non scorgere un nesso inquietante con quanto accaduto sulla costa pisana al
Calambrone? La differenza è che a Napoli avevamo i clan camorristici, al
Calambrone quel tessuto sociale della destra che vede piccoli immobiliaristi,
proprietari di bagni,di attività commerciali, gli stessi che non hanno mosso un
dito quando c'era da difendere la costa tirrenica dal rigassificatore (una
minaccia ambientale), o tutelare la Pineta dalle discariche o difendere
l'occupazione degli alberghi del litorale dove i contratti a tempo indeterminato
vengono progressivamente trasformati in contratti precari.
Dietro a tutto ciò opera la Confcommercio, l'organizzazione dei commercianti e
vera testa di ponte della destra, associazione favorevole alla militarizzazione
del territorio.
Allora si capisce che la mancata saldatura della lotta per l'ambiente con la
difesa del territorio, della lotta antimilitarista con la solidarietà ai
migranti, la parcellizzazione dei percorsi ha finito con il regalare alla
destra, al razzismo e alla xenofobia un formidabile terreno di sperimentazione
dove attuare quella rottura sociale che porta acqua al mulino della destra.
La militarizzazione dei territori avviene silenziosamente senza che nessun
movimento la contrasti, del resto sta passando perfino una legge in Parlamento
che istituzionalizzerà la presenza dei militari nelle scuole italiane e, allora,
le visite in caserma (al tempo del duce ci portavano i balilla con il moschetto
di legno) sostituiranno le viste ai musei, i percorsi didattici saranno
soppiantati dai programmi di addestramento militare, insomma distruggeranno con
la costituzione italiana anche ogni riferimento all'Italia antifascista e
all'Italia che ripudia la guerra.
Parlavamo di analogie tra il pisano e il napoletano, infatti vicino al Calabrone
(a san Piero) sorge il Cresam dove guarda caso si trovano scorie nucleari, a
poche centinaia di metri la base militare Usa di camp darby, a pochi chilometri
ancora sorgerà l'Hub militare da cui le Forze armate vogliono far partire tutte
le missioni militari all'estero, imprese di guerra chiamate missioni umanitarie.
Ma le analogie non finiscono qui perchè a Napoli e a Livorno stazionano le
centrali nucleari galleggianti, i sottomarini a propulsione nucleare che in caso
di incidenti provocherebbero danni incalcolabili ben più gravi di quanto
avvenuto in Giappone nel 2008.
La parcellizzazione dei movimenti, l'assenza di un punto di vista qualificante e
unitario che leghi la militarizzazione del territorio al business economico che
si cela dietro alle industrie di armi e alle basi militari,la problematica
dell'immigrazione con le lotte dei territori, le campagne contro l'aumento delle
spese militari troppe volte promesse dai sindacati e mai mantenute(addirittura
la Cgil promuove il potenziamento della industria di guerra) e la difesa di
pratiche diffuse come quella dell'accoglienza , questi fatti fotografano la
nostra sconfitta.
Da qui bisogna ripartire e il convegno contro l'hub del 16 aprile a Pisa si
prefigge un obiettivo ambizioso come quello di tenere insieme le istanze di chi
lotta contro la militarizzazione dei territori con quanti obiettano contro
l'aumento delle spese militari, i pacifisti con gli antirazzisti, gli
antimperialisti con i genitori che si oppongono alle visite delle scuole in
caserma.
O si tengono insieme questi percorsi o si intraprendono strade minoritarie e
perdenti. La lotta contro la guerra oggi è pressochè inesistente perchè si pensa
che opporsi alla guerra non abbia ripercussioni sulla nostra vita quotidiana.
Chi del resto individua il nesso tra i tagli ai salari e alle pensioni e
l'aumento delle spese militari, con un ricorso strutturale alla guerra per
superare la crisi del sistema capitalistico? E una volta individuato il nesso,
non pensate che serva una pratica sociale, culturale e politica di massa che non
si limiti alle piattaforme giuste e alle manifestazioni minoritarie per
scegliere invece percorsi ampi e condivisi ?
Usciamo allora dal minoritarismo e navighiamo in mare aperto
Di Fabrizio (del 12/04/2011 @ 09:51:51, in casa, visitato 1462 volte)
Pubblicato il 11/04/2011 da Virginia - di Matteo de Bellis, campaigner
sull'Italia di Amnesty International, in visita in un campo rom di Milano.
Siamo in visita in uno dei campi rom che le autorità italiane vogliono
smantellare in vista dell'Expo 2015, che si terrà a Milano.
In una giornata particolarmente calda, decisamente fuori stagione, nel campo di Triboniano possiamo vedere ciò che resta delle baracche recentemente
smantellate, dopo che alcune famiglie avevano accettato di ritornare in Romania.
Le autorità hanno immediatamente demolito le loro case per evitare nuovi arrivi
nei campi.
Molti degli abitanti del campo discutono del loro futuro, quando il campo non ci
sarà più. Le famiglie, principalmente provenienti dalla Romania ma anche
bosniache, costituiscono la metà delle persone che vivevano qui lo scorso mese.
Alcuni hanno accettato gli incentivi finanziari offerti dal governo per tornare
in Romania.
Altre, 20 su un totale di 110, si trasferiranno negli appartamenti assegnati
dalle autorità. Sebbene siano stati firmati dei contratti, gli alloggi offerti
più tardi sono stati chiusi dal governo locale con lo slogan "Nessuna casa ai
rom". Così le famiglie si sono rivolte a un tribunale. Stanno aspettando
finalmente di trasferirsi, il prima possibile.
Solo poche famiglie hanno potuto trovare una soluzione abitativa nel mercato
privato. Altre, soprattutto quelle con disabilità, ancora sperano
nell'assegnazione di una casa popolare.
Camminiamo nel campo insieme a un operatore di un'Organizzazione non governativa
locale, che conosce i nome di tutti gli abitanti. Una donna rom ci mostra la sua
casa, una roulotte con un piccolo prolungamento davanti. Vive qui da qualche
anno, insieme al marito e ai figli; ha un'espressione forte, ma ora è raggiante.
"Ci hanno assegnato un appartamento e ci trasferiremo nell'arco di tre
settimane, siamo davvero molto contenti" – ci ha detto. "L'unico problema è che
dobbiamo farlo prima della fine dell'anno scolastico e non voglio che i miei
bambini all'improvviso interrompano la scuola. Li accompagneremo, ogni giorno
fino a giugno, alla vecchia scuola anche se è abbastanza lontana. Mi dispiace
lasciare Triboniano per i legami con i maestri e le madri dei compagni di classe
dei miei bambini".
Ci viene da pensare ai bambini che sono tornati in Romania e a coloro che non
hanno avuto la possibilità di completare l'anno scolastico in Italia.
Entriamo nell'area abitata dai bosniaci. Sono molto cordiali e una famiglia ci
invita a sedere con loro.
L'odore di caffè e la musica da un'autoradio porta le nostre memorie a Sarajevo,
anche se non ci siamo mossi dalla periferia di Milano.
Questa famiglia, che vive in Italia da quasi 30 anni, dovrà andare via prima o
poi e non sa cosa farà quando il campo verrà chiuso, dato che nessuna delle
alternative proposte sembra essere adatta per loro.
Mentre andiamo via ci domandiamo se forse ogni giorno non dovrebbe essere la
Giornata internazionale dei rom e sinti.
La polizia ceca interrompe brutalmente raduno religioso di centinaia di
persone rom ryz, Czech Press Agency, translated by Gwendolyn Albert
Oggi per le strade della città di Krupka (15.000 abitanti) hanno tenuto una
manifestazione i sostenitori del Partito della Giustizia Sociale dei Lavoratori
(Dělnická strana sociální
spravedlnosti - DSSS) assieme ai neonazisti Nazionalisti Autonomi (Autonomní
nacionalisté - AN) e a Resistenza Nazionale (Národní odpor - NO). Ad un certo
punto, lungo il percorso del corteo neonazista, si svolgeva una manifestazione
religiosa con la partecipazione di centinaia di persone, tra cui molti Rom. La
polizia è brutalmente intervenuta contro di loro usando i manganelli,
percuotendo anche il pastore che era in testa, secondo testimoni oculari. In
totale sono state arrestate sette persone.
I manifestanti di DSSS, le cui bandiere e gli altri simboli rendevano chiaro
essere prevalentemente simpatizzanti di estrema destra, si erano riuniti alla
stazione ferroviaria per poi marciare in città. La polizia ha stimato il loro
numero in un totale di circa 150.
La funzione religiosa all'aperto si teneva all'ingresso del complesso
edilizio Maršov in via Karel Čapek, e vi partecipavano centinaia di Rom,
mentre altre centinaia lo seguivano dalle loro finestre. Dopo minuti di
tensione, le unità della polizia hanno brutalmente disperso la funzione,
malmenando il prete che la stava svolgendo.
Secondo Jarmila Hrubešová, portavoce della polizia, questa ha basato il suo
intervento contro la funzione religiosa sulle basi delle analisi legali del
ministero degli interni, che afferma che seppure le riunioni religiose non
abbiano l'obbligo di essere annunciate alle autorità, sono comunque soggette
alla legge sulle assemblee. Hrubešová ha detto che le analisi sostengono che le
manifestazioni politiche hanno priorità su quelle religiose.
Gli agenti di polizia sono brutalmente intervenuti contro i Rom che stavano
semplicemente in piedi sul marciapiedi. Gli astanti sono stati respinti per far
posto alla marcia neonazista.
"La polizia ha arrestato in tutto sette persone. Quattro durante gli
incidenti, principalmente per non aver obbedito agli ordini della polizia," ha
detto all'Agenzia Stampa Ceca la portavoce della polizia Ilona
Novotná. Altri tre uomini sono stati arrestati dalla polizia prima che il corteo
terminasse; un uomo è stato arrestato in mezzo alla folla dopo un discorso ed
altri due sono stati arrestati dopo una rissa.
"Il primo arrestato è stato uno straniero che aveva pronunciato un discorso
che mostrava intolleranza razziale. Abbiamo aspettato ad arrestarlo sinché il
corteo non ha raggiunto uno spazio più comodo. Altri due sono stati arrestati
per aver attaccato un pubblico ufficiale e non avergli obbedito," ha detto Novotná.
L'Agenzia Stampa Ceca ha riportato che lo straniero arrestato è di nazionalità
slovacca.
Tomáš Vandas, presidente del DSSS, ha tenuto un discorso ai manifestanti
prima dell'inizio della marcia, durante il quale ha ammonito sul presunto
"razzismo inverso" nella Repubblica Ceca.. Ha ripetuto questa teoria dopo aver
marciato nel quartiere Maršov.
Centinaia di poliziotti hanno supervisionato la situazione in città, inclusi
un elicotteri ed ufficiali a cavallo. "Le forze dell'ordine contavano circa
300-400 operatori in zona, e sono stati impiegati nell'azione circa 700
poliziotti," ha detto Novotná all'Agenzia Stampa Ceca. Gli agenti di polizia
hanno confiscato 15 armi diverse durante le loro ricerche in loco e nelle
autovetture, tra cui mazze da baseball ed un machete.
Di Fabrizio (del 14/04/2011 @ 09:32:05, in Kumpanija, visitato 1353 volte)
martedì 19 aprile alle 18.30
Sala Santa Rita Piazza Campitelli, Via Montanara 8 - Roma
Intervengono
Il Prof. Luca Bravi - Università di Firenze - Studioso della storia dei Rom e
Sinti in Europa
Sonya Orfalian - Scrittrice e giornalista
Maria Emanuela Gargallo di Castel Lentini - Editrice Irradiazioni
Di Fabrizio (del 14/04/2011 @ 09:40:27, in Europa, visitato 2463 volte)
AFFARITALIANIMiss Gipsy, il concorso per bellezze zingare
Sono belle, desiderabili e non si vergognano di essere zingare. Decine di
ragazze stanno partecipando ad un concorso di bellezza dedicato appositamente
per loro. Dove? A Londra, in Inghilterra rom e sinti vengono chiamati gipsy e
"Miss Gipsy Queen Uk" è il titolo che vincerà la più bella del popolo senza
dimora. La regina avrà tremila sterline (circa 3.400 euro) da spendere nei
negozi più "in" della capitale inglese. Vestiti da Harrods e da Fortnum & Mason,
gioielli da Tiffany e oltre al premio in denaro è prevista anche una borsa di
studio da mille sterline per finanziare la futura professione della Miss.
Lo scopo della manifestazione non è solo eleggere una bellezza travolgente, ma
trovare un testimonial che aiuti gli inglesi a cambiare opinione sul mondo dei "travellers".
Un'opera di contro-informazione rispetto ad un programma andato in onda su
Channel 4 chiamato "Il mio grasso matrimonio Gipsy". Uno spettacolo che metteva
in luce tutti i pregiudizi sul mondo dei gitani. Vestiti appariscenti, pelle
abbronzata (anche artificialmente), grassi, sedentari e con il pallino del
matrimonio. "Noi non siamo casalinghe obese come ci vogliono dipingere in tv",
ha fatto sapere Josephine Smith, 35 anni, presidente dell'Unione Donne zingare.
"Il nostro scopo è trovare qualcuno di bello e fiero delle sue radici e di ciò
che è".
Impressionante il numero dei partecipanti allo spettacolo e il coinvolgimento di
tutta la comunità rom del Paese. "Voglio mostrare al mondo che le donne zingare
sono molto di più di quello che le persone pensano e i media dipingono",
racconta Lita Boswell, 18 anni, di Durham. "Sin dal giorno in cui ho lasciato la
scuola ho lavorato come modella. Le persone hanno una visione completamente
distorta della realtà, siamo molto di più che casalinghe frustrate con
l'ossessione per il buon matrimonio".
"Ho lasciato la scuola quando avevo 13 anni, ma ho continuato gli studi a casa,
nella mia comunità. Adesso ho tre figli e sono felice", racconta Charmaine
O'Neil, 20 anni, di Leicester. "La tv ci dipinge in un modo completamente
sbagliato. Non ho mai indossato gonne lunghe, monete appese ai vestiti, ne passo
le mie giornate sui lettini abbronzanti come molti credono che sia nostra
abitudine". Rom è bello? Lo sapremo dopo l'elezione della reginetta.
Tommaso Cinquemani
Intanto a Montecatini la questione si capovolge. Da
La Nazione 11 aprile 2011 - "Si vuole un grande evento come Miss Italia
per rilanciare l’immagine di Montecatini, ma nulla si fa per contrastare una
nuova ondata di zingari, che bivaccano dietro la basilica di Santa Maria Assunta
e alla stazione ferroviaria..."
Sabato 16 Aprile presso il Centro Servizi G. Alessi alle ore 11,30.
A Perugia nel programma del Festival Internazionale di Giornalismo è previsto
uno dei panel più interessanti e controversi: "Rom, ospiti sgraditi". Ad Alexian
Santino Spinelli, musicista, Docente Universitario della cattedra di Lingua
e Cultura Romanì presso l’Università di Chieti e ambasciatore dell’arte e della
cultura romanì nel mondo il compito di dimostrare che la via dell’integrazione è
possibile.
Alexian sarà a Perugia per contribuire a sdemonizzare la millenaria cultura
della popolazione Romanì che sui giornali viene spesso descritta come "zingari"
che chiedono l’elemosina, che rubano o che non lavorano. Parlare dei Rom
dovrebbe presupporre innanzitutto una maggiore conoscenza del loro mondo,
affinché si possa andare aldilà dei pregiudizi. Un tema di stretta attualità,
con la dura presa di posizione francese dei mesi scorsi, lo scontro con le
istituzioni europee, la difficile convivenza in Italia.
Tra i relatori Luca Bravi dell’Università di Firenze, Maria Gabriella Capparelli
giornalista del Tg1, Giancarlo Perego capo ufficio pastorale per rom e sinti,
L’evento è organizzato in collaborazione con l’Associazione Giornalisti Scuola
di Perugia:
Il Concerto che l’Alexian ta le Chavè group terrà è una delle tappe del tour
internazionale che l’8 aprile scorso li ha visti tra i protagonisti delle
solenni celebrazioni della Giornata Internazionale della Popolazione Romanì a
Belgrado dove ha tenuto un discorso in Parlmento e un concerto serale presso il
Sava Center , in cartellone con lui la soprano di fama internazionale Jadranca
Jovanovic..
Tra gli appuntamenti più significativi della fitta agenda di Alexian il concerto
con l’orchestra Europea per la Pace a Vicenza in Piazza dei Signori il 29 maggio
prossimo.
Un gruppo familiare che tiene viva una tradizione millenaria...quella dei rom
italiani.
Canti, musiche e poesie in lingua romanì per un viaggio artistico e culturale,
originale, suggestivo ed emozionante.
Alexian Santino Spinelli: virtuoso della fisarmonica e vero e proprio
ambasciatore della cultura Romanì. Accompagnato dai figli, Alexian presenta un
coloratissimo affresco musicale degli stili musicali romanès: un fantastico
viaggio nella varietà ed il grande fascino di una cultura millenaria. Musica
romanì, legata da sempre ai momenti più importanti della vita: nostalgia,
passione, energia, sensualità, allegria si succedono in una variopinta festa rom
da ballare e da cantare.
La Famiglia Spinelli appartiene a uno dei più antichi gruppi Rom arrivati in
Italia dai Balcani alla fine del 1300 (si veda la storia di Antonio Solario
detto lo Zingaro in Princkarang-conosciamoci, incontro con la tradizione dei Rom
Abruzzesi, Ed. italica, Pescara, 1994, pagg. 38-44), probabili discendenti dei
Rom già descritti a Napoli in un documento del 1500 dove erano residenti
stabilmente come viene riportato dall'odierna toponomastica (via degli zingari,
piazza degli zingari...). Parlano la stessa variante della lingua romanì
riportata per la prima volta dal sacerdote Florindo De Silvestri nell'opera
Signorina Zingaretta del 1646 (Spinelli S., Baro Romano Drom, Meltemi, Roma,
2008, pag. 132) .
Alexian ta le chave Sono discendenti diretti di Giuseppe Spinelli e Maria Romano
vissuti tra il 1700 e gli inizi del 1800. Da loro nacque Angelo Spinelli (1840)
padre di Fedele Spinelli (fine 1800) a sua volta padre di Rocco Spinelli.
Gennaro Spinelli (1937) è il primogenito di Rocco. Da Gennaro e da Giulia
Spinelli è nato Santino Spinelli. Da Santino e Daniela De Rentiis sono nati
Gennaro, Giulia ed Evedise.
Di Fabrizio (del 15/04/2011 @ 09:51:06, in Kumpanija, visitato 1582 volte)
Intervista a Dijana Pavlovic, attrice ed attivista per i diritti dei ROM, ci
racconta la sua esperienza come "International Visitor" negli Stati Uniti.
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