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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 17/02/2011 @ 09:19:58, in Europa, visitato 1647 volte)

Da Hungarian_Roma

Bódvalenke, 7.2.2011 16:35, (ROMEA)

Photo: http://www.bodvalenke.eu

Un nuovo ed esaltante progetto artistico è attualmente in corso a Bódvalenke, Ungheria del nord.

Agli artisti è stato chiesto di affrescare le pareti delle case, in quella che è un'area socialmente svantaggiata, dove di 210 abitanti il 90% è Rom. Il budget annuale a Bódvalenke è di 30 milioni di fiorini (circa 100.000 euro), utilizzato principalmente per il funzionamento dell'ufficio del sindaco, assegni sociali e progetti di lavori pubblici, senza lasciare soldi per lo sviluppo del villaggio.

I pittori rom ungheresi hanno già completato 13 stupendi disegni sulle pareti.

Artisti rom di tutta Europa ora sono stati invitati a Bódvalenke per partecipare al progetto.

Gli elaborati verranno prima giudicati da una giuria selezionata. A quei pittori le cui opere verranno scelte, verranno forniti vernici, pennelli, vitto e alloggio e verranno coperte le spese di viaggio. In aggiunta, verrà fornita una borsa di studio, a seconda delle dimensioni del lavoro, della media di 1.000 euro.

Qualsiasi aiuto sarà grandemente apprezzato. Quanti siano interessati, dovrebbero inviare le loro proposte (meglio in formato PDF) a Eszter Pásztor at epasztor@enternet.hu

Ulteriori informazioni sono disponibili su http://www.bodvalenke.eu.

Minesh Patel, Bódvalenke

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Di Fabrizio (del 17/02/2011 @ 09:20:14, in Italia, visitato 1408 volte)

La tesi dello scrittore Luca Cefisi autore di un'inchiesta sui minorenni zingari. "O risolviamo il problema oppure tra vent'anni quarta e quinta generazione cresciuta nell'illegalità e nella segregazione".

I bambini rom si salvano solo insieme alle loro famiglie. E i campi nomadi sono uno spreco di denaro pubblico. Anzi, peggio. Rappresentano un modello di segregazione. E tra vent'anni il problema si ripresenterà. Allora, che fare? Semplice: dare a questa gente un'opportunità, trovargli un lavoro e lanciare un piano di edilizia sociale che riguardi tutti i "poveri", italiani e non. Insomma, rendere autonome le famiglie zingare. Luca Cefisi, che ha appena pubblicato per la Newton Compton il libro-inchiesta "Bambini ladri" e ha collaborato alla stesura delle legge sull'immigrazione della Regione Lazio, sfata i luoghi comuni e invoca iniziative politiche coraggiose per risolvere definitivamente la "questione rom".

Lei non crede negli affidamenti dei minori che vivono in baracche?
"I bambini si salvano con le famiglie. Č un'ipocrisia sostenere che la mamma ventenne è cattiva e il figlio di tre anni è buono. E la pressione sugli affidi non è sincera, rappresenta una sorta di genocidio mascherato".

Ma se vivono in condizioni di degrado?
"Allora anche gli scugnizzi che vivevano nei bassi napoletani andavano tolti alle madri...".

E se rifiutano l'assistenza?
"Che assistenza? Dare un alloggio a mamme e bimbi ed escludere i padri è un meccanismo ricattatorio. Č chiaro che non l'accettano".

Gli sgomberi sono una soluzione?
"Prendiamo molti rom fuggiti dall'ex Jugoslavia nei primi Anni '90. Con il regime comunista avevano almeno una casa. Qui si sono ritrovati alle periferie della grandi città senza accoglienza e assistenza. I loro figli sono cresciuti senza patria, status sociale, residenza. Vogliamo illuderci che se li tormentiamo con gli sgomberi se ne andranno? E poi sia Amato che Mantovano, sinistra e destra insomma, hanno ammesso che non sono rimpatriabili. Sarebbe solo un criminale spreco di risorse e di speranze".

Parliamo di risorse. Molti pensano che i soldi per i rom siano sprecati...
"Alemanno chiede 30 milioni per i campi, un errore condiviso dalle giunte di centrosinistra, perché costano molto e spingono alla segregazione. Si spende denaro non per risolvere il problema, ma per perpetuarlo".

E allora?
"Bisogna farli uscire dai campi, non concentrarli là dentro. Occorrono politiche che rendano autonome le famiglie per uscire dal bivio tra furti e accattonaggio. Ci vogliono case e occupazione. Ma se vivi in un campo nessuno ti dà un lavoro".

Però anche molti italiani non hanno casa e lavoro. Č giusto privilegiare i rom?
"Se sono italiani sono uguali agli altri. Se non lo sono, bisogna decidere se devono diventarlo o no. Il problema si risolve aiutando tutte le persone in stato d'indigenza. Da quanto tempo a Roma non si fa un piano di edilizia sociale? Non ci sono risorse e poi chiedi 30 milioni per i campi? Si potrebbe spendere meno e dare a queste famiglie un assegno di povertà e un alloggio, evitando così furti e accattonaggio. Altrimenti tra vent'anni avremo la quarta o quinta generazione di rom cresciuti nell'illegalità e nella segregazione".

Maurizio Gallo - 12/02/2011


PS: So benissimo che tipo di giornale sia IL TEMPO, l'ho ripubblicato apposta

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Di Daniele (del 17/02/2011 @ 09:36:52, in Europa, visitato 2195 volte)

Da Slovak_Roma

Michaela Terenzani - Stanková Rendendo la lingua legale

Una volta che allacci un bottone sul tuo giubbotto in modo sbagliato, allora tutto il tuo giubbotto è ovviamente abbottonato sbagliato, ha detto Rudolf Chmel, il Vice Primo Ministro per i diritti umani e le minoranze nazionali, descrivendo le tensioni che hanno circondato la Legge sulla Lingua dello stato della Slovacchia. Il suo ufficio ha iniziato ufficialmente a lavorare con più forti poteri il 1° novembre e tra le sue prime iniziative legislative c'è un emendamento alla legge sulle lingue minoritarie che è stato presentato per la discussione pubblica poco prima della fine del 2010. Il diritto di usare la propria lingua madre, nonché i conflitti che scoppiano regolarmente tra slovacchi e ungheresi e i problemi della situazione di esclusione sociale delle comunità rom sono stati tra i temi che Chmel ha discusso con il pubblico slovacco poco prima della vacanze di Natale.

The Slovak Spektator (TSS): La legge statale sulla lingua, che ha provocato molta tensione tra ungheresi e slovacchi, è stata recentemente modificata. Come ha fatto a percepire l'emergere del problema?

Rudolf Chmel (RCH): La legge statale sulla lingua è emersa come problema quando è stata approvata dal governo di Vladimir Meciar nel 1995, perché ha un evidente tono contro le minoranze, e soprattutto anti-ungherese, ivi comprese le sanzioni. Ma il periodo precedente della situazione risale agli inizi degli anni '90 quando una certa parte di nazionalisti si avvicinò con l'idea di protezione della lingua di Stato, come se qualcuno stava ancora cercando di portarla via da noi. In generale gli slovacchi sembrano che vivano ancora nel XIX secolo, nel Romanticismo, quando il linguaggio doveva essere combattuto, o più tardi, quando la magiarizzazione era parte delle politiche statali. Ma oggi la lingua slovacca è una parte naturale dell'identità degli slovacchi e come tale non ha bisogno di meccanismi repressivi giuridici per la sua tutela. E' fondamentalmente una controversia tra chi vuole proteggere e lottare per la lingua e coloro che vogliono prendersi cura di essa e coltivarla. Se c'è una minaccia per la lingua slovacca, è a causa di ignoranti slovacchi e non degli ungheresi o altre minoranze.

Il governo di Mikuláš Dzurinda ha liberalizzato la legge nel 1999 ed ha approvato una legge sulle lingue minoritarie, così formalmente questi due problemi sono stati modificati, ma la verità è che entrambe le leggi sono imperfette - e quindi hanno bisogno e avranno bisogno di essere migliorate. Nel 2009 il governo di Robert Fico ha rinforzato nuovamente la legge, e praticamente l'ha riportata di nuovo ai tempi di Meciar. La coalizione di governo attuale sta cercando sia di armonizzarle che liberalizzarle - ossia, moderare la protezione ed incrementare l'attenzione per entrambe le lingue, quella di stato e quella delle minoranze.

TSS: Come ha visto la tensione che è emersa fra gli ungheresi e gli slovacchi per la Legge statale sulla lingua?

RCH: La minoranza ungherese si occupa della questione della lingua in modo diverso rispetto alle altre minoranze, come gli ungheresi, simili agli slovacchi, vivono ancora con la convinzione che la lingua sia l'attributo più importante della loro identità nazionale. E' vero, ce ne solo accorgiamo meno quando si parla di minoranze. Quando si tratta della lingua, una minoranza è naturalmente più vulnerabile ed in pericolo perché vive in un ambiente della lingua in maggioranza ed è nel maggiore dei casi la lingua minoritaria piuttosto che la lingua di maggioranza che è assimilata. Nel 2009, la legge statale sulla lingua è stata reintrodotta nell'agenda nazionale inter statale slovacca-ungherese, dal momento che le caratteristiche repressive della modifica erano rivolte soprattutto contro la minoranza ungherese. Il governo ungherese ha interferito e la bolla è cresciuta. In quel momento ho creduto che fosse inutile, in quanto faceva parte della carta ungherese che il governo guidato da Fico ha giocato nelle relazioni bilaterali con l'Ungheria. Ecco perché abbiamo creduto che le misure restrittive dovrebbero essere eliminate. Dopo tutto, c'erano pertinenti raccomandazioni internazionali che supportavano la nostra posizione.

TSS: Ma le sanzioni che lei ha criticato in passato rimangono nella legge, anche se in modo limitato. E' soddisfatto della soluzione che il parlamento ha recentemente approvato?

RCH: Siamo venuti con le richiesta di rimuovere le misure restrittive sia sulla legge statale sulla lingua, e nella legge sulla lingua delle minoranze, in quanto le due leggi in realtà sono due facce di una stessa medaglia e, pertanto, devono essere compatibili. L'emendamento alla legge statale sulla lingua è stato proposto dal ministro della cultura perché compete al suo dipartimento. C'è anche un dipartimento di lingua di stato presso il ministero della cultura che supervisiona sul corretto uso dello slovacco. Questo è quello che ho cancellato quando ero ministro della cultura (nel 2002-2005) perché mi sembrava troppo per i funzionari ministeriali dire cosa è giusto e cosa è sbagliato nella lingua. Per tutto questo abbiamo un'autorità accademica, L'istituto di linguistica Ludovit Stur presso l'accademia slovacca delle scienze, come pure diversi dipartimenti universitari. Non è dato agli ufficiali ed hai politici il codificare il linguaggio. A parte questo, credo che la legge statale sulla lingua, dovrebbe essere una legge di solo valore simbolico e non dovrebbe essere utilizzata per qualsiasi repressione o minaccia.

Così è stato necessario emendare la legge, ma è più facile a dirsi che a farsi, come i vecchi pregiudizi nazionalisti e i traumi che hanno lavorato nelle relazioni fra slovacchi ed ungheresi per decenni, permangono nella coscienza politica slovacca sia nazionalistica che democratica, quella che attualmente governa il paese.
Ora i nazionalisti da Smer e dal Partito Nazionale Slovacco (SNS) dicono che la legge è servile a Budapest, dall'altro lato i nazionalisti ungheresi criticano il governo slovacco dicendo che la legge continua a perseguitare le minoranze. Quindi di solito i nazionalisti partono dalle stesse piattaforme, rimanendo solamente uno contro l'altro. Ma credo che se le sanzioni sono state eliminate, la legge sarebbe piuttosto buona. Usando il termine "sanzione" o "ammenda" in relazione al linguaggio, è un intervento drastico nella società, come la lingua è un affare molto intimo, molto personale dell'identità umana come dell'identità di una comunità più grande. Qualsiasi repressione in quella zona interferisce con l'identità umana. Dopo la nostra ultima modifica, le repressioni verranno utilizzate solo in campo ufficiale, molto formalmente, ma penso che siano completamente ridondanti. C'è stato un sollievo significativo in diversi settori della comunicazione pubblica, per esempio in uffici di auto-governo o negli uffici di polizia. Il rilievo è ancora più grande nel settore della cultura. Ma la legge ancora non contiene tutti i provvedimenti che potrebbero essere necessari.

TSS: Ora tenterà anche di modificare la legge sulle lingue minoritarie, che dovrebbe per molti aspetti allargare il diritto delle minoranze ad usare la loro lingua madre – una misura che spesso incontra resistenze da parte dei politici in Slovacchia. Perché c'è una mancanza di volontà tra i politici della Slovacchia per questo?

RCH: E' necessario modificare la legge sulle lingue minoritarie da quando abbiamo modificato la legge statale sulla lingua e queste due leggi devono essere compatibili. Abbiamo inoltre stabilito come uno dei nostri obbiettivi sia un concetto più ampio della politica per le minoranze in termini giuridici. Vogliamo farla finita con la discordia tra le due lingue, come la legga statale sulla lingua ha interferito negli usi delle lingue minoritarie, in particolare dopo che il governo di Fico l'ha modificata. Ciò doveva essere rimosso perché l'uso delle lingue minoritarie è disciplinato dalla legge sulle lingue minoritarie e non dalla legge statale sulla lingua. Le raccomandazioni internazionali hanno parlato con la stessa voce che questa discordia dev'essere rimossa.

Per rendere compatibili le due leggi, ora ci sono le sanzioni introdotte nel progetto di modifica della legge sulle lingue minoritarie perché ci sono già delle sanzioni nella legge statale sulla lingua. Se un membro della minoranza non è in grado di far valere il suo diritto di parlare una lingua minoritaria, possono lamentare l'istituzione in questione. Ma io personalmente credo che non ci dovrebbero essere sanzioni in nessuna delle due leggi.
Ovviamente, per qualcuno dei miei colleghi questo suonava come un reato contro la maggioranza slovacca, che le istituzioni slovacche potrebbero essere sanzionate se un ungherese, un ruteno, un ucraino od un rom non possano ottenere un'informazione nella loro rispettiva lingua. La mentalità slovacca, non pensa se accadesse al contrario, ma quando è la maggioranza che deve essere punita, tutto ad un tratto non ci piace.

TSS: Uno dei principali cambiamenti che lei sta introducendo nel progetto di modifica della legge sulle lingue minoritarie, è abbassare il quorum per chi parla la lingua minoritaria, dall'attuale 20% al 10%.

RCH: Tutte le raccomandazioni internazionali dicono che il quorum dev'essere abbassato. Nel 1999, quando la legge è stata redatta per la prima volta, anche il 20% sembrava troppo alto. Ma l'esperienza ha dimostrato che non è un buon quorum, in quanto permette ancora di assimilare le minoranze. Le raccomandazioni internazionali che abbiamo ricevuto parlano del 10%, sostenendo che le lingue minoritarie richiedono maggiore protezione in quanto la loro posizione statale non è uguale a quella della lingua nazionale. Ho il sospetto che non sarebbe accettato facilmente da molti cittadini e politici ma il quorum proposto non è così basso. Nota bene, non riguarda la minoranza ungherese, bensì le altre minoranze. Attualmente, sotto il quorum del 20%, sono circa 520 municipalità con lingua ungherese e, con il quorum abbassato al 10%, sarebbero altre 30, meno del 1% in più. Ma è interessante considerare che la minoranza tedesca, che è molto più piccola. Attualmente, vi è un solo comune di lingua tedesca, Krahule nella Slovacchia centrale, ma con il quorum del 10%, salirebbe da 10 ad 11 municipalità. Con la minoranza croata, si potrebbero influire due parti della municipalità di Bratislava, Jarovce e Cunovo. Considerando la minoranza rutena, proponiamo il conteggio insieme alla minoranza ucraina per finalità di utilizzo delle minoranze linguistiche, il che significherebbe che persino la città di Humenné diventerebbe ufficialmente bilingue.
Il problema con la minoranza rom, a questo riguardo, è che un'infrastruttura completamente nuova per la loro lingua, avrebbe bisogno di essere stabilita. In questo caso, dovremmo prendere in considerazione un modo per rinviare l'implicazione pratica della legge per creare spazio per l'educazione dell'intelligenza rom che sarebbe in grado di saturare questa infrastruttura. Non è una cosa facile, che richiede anche un più alto budget per le municipalità interessate.

TSS: Il suo ufficio si occupa anche di alcuni problemi legati alla minoranza rom. Quali di questi consideri più seri?

RCH: L'agenda dei rom è attualmente distribuita tra diversi uffici e penso che sia necessario un approccio più globale. Negli ultimi 21 anni lo stato ha fallito nelle politiche sociali. Vi è una sorta di egoismo economico tra i non-rom e le problematiche per ridurre la povertà dei rom. E da quando nascondiamo le problematiche economiche ed i fallimenti dello stato, le soluzioni che vengono proposte sono spesso razziste, ideologiche e dirette verso i cittadini più poveri di questo paese.
"Le comunità socialmente escluse" è solo un bel nome per le baraccopoli, dove le persone non hanno una possibilità di prendere una via d'uscita dal circolo vizioso in cui vivono. E poiché non esiste un approccio globale per risolvere i loro problemi, ma ogni ufficio lo risolve nel suo piccolo dipartimento – nella sanità, nella scuola, negli affari sociali, nella giustizia – le soluzioni sono sempre e solo parziali. Secondo me, non solo non abbiamo mosso il problema della socializzazione reale delle comunità rom in avanti negli ultimi 20 anni, ma abbiamo raggiunto persino "numeri rossi".
Attualmente sono soprattutto le associazioni civiche che si interessano di questi problemi, sulla base della volontà di alcuni appassionati che operano all'interno delle comunità rom, ma non c'è stato alcun approccio sistemico. Il problema della minoranza rom non può essere risolto dal mercato, che alcuni ritengono che sia in grado di risolvere tutto. Oltre a questo, tutti i programmi per i rom che sono stati eseguiti fino ad ora, erano programmi a breve termine. E questo problema deve essere risolto nel lungo periodo ed in modo esaustivo. D'altra parte, la povertà estreme che non si vuol vedere in questo ambiente, continuerà a generare costi sempre più elevati. Ma il denaro non è il problema più grande. Il problema è che c'è una mancanza di un concetto a lungo termine ed una mancanza di esperti di politica che proponga soluzioni.

TSS: I problemi delle minoranze rom non sono solo slovacchi e sempre più influenzano l'intera Europa. Pensi che la cooperazione europea una soluzione completa ed a lungo termine?

RCH: Se c'era qualche senso nella "soluzione" francese del problema, poi si sarebbe attirata l'attenzione al carattere europeo del problema rom, dimostrando che non è un problema di un paio di stati dei Balcani e dell'Europa centrale, ma un problema che l'Unione Europea deve rifletter e risolvere. Se ignoriamo i problemi dei rom in Romania ed in Bulgaria, questi si apriranno come una questione irrisolta in Francia o in Italia e continuerà a crescere. Non possiamo tenere gli occhi chiusi su questo. La UE attualmente ha attualmente molto più gravi problemi economici e finanziari e non può quindi concentrarsi interamente sulla questione rom, ma forse dovremmo essere uno di quelli che avrebbe spinto l'agenda, soprattutto una volta che abbiamo un'idea. Uno dei problemi principali che il governo sta affrontando adesso, è quello di trovare soluzioni chiave all'agenda rom e di non far finta che questo problema non esiste o che non lo possiamo vedere. Il problema è qui, ed è grave.

TSS: I suoi predecessori sono stati criticati per la cattiva gestione dell'agenda rom. Saranno i poteri forti del suo ufficio a cambiare la percezione critica del pubblico del vostro ufficio?

RCH: Questo ufficio porta sempre una certa sfida in esso – è in un certo senso un ufficio virtuale, perché i suoi poteri non sono realmente tangibili, come i diritti umani che sono ancora violati anche nelle democrazie, anche in Slovacchia. Questo ufficio vuole servire come coordinatore dell'agenda dei diritti umani, che di fatto rientra nella responsabilità di tutti i dipartimenti governativi. Siamo come un custode, ma senza la possibilità di punire. Possiamo solo consigliare e cercare di migliorare la normativa. Il secondo pilastro di questo ufficio, sono le minoranze nazionali, che comprendono anche la minoranza rom, e ci sono alcuni problemi molto seri lì. Ho intenzione di avere incontri con il ministro dell'istruzione per cercare per cercare insieme di risolvere i problemi di educazione delle minoranze. Ci sono ancora molte cose controverse che succedono e che devono essere indagate e guardate – come figli di famiglie rom che vengono spesso inviati alle scuole speciali anche se non li appartengono. Vedo molto lavoro da fare per noi insieme con l'istruzione e ed i servizi sociali in materia di istruzione dei bambini rom. Alcuni passi decisivi bisogna finalmente prenderli.

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Di Fabrizio (del 18/02/2011 @ 09:14:27, in Italia, visitato 1990 volte)

Venerdì 25 febbraio dalle ore 16.30

La neo cooperativa Aquila è lieta di annunciare la riapertura del BAR RIGHI, sito in fondo al parco Talvera, in mezzo ai campi sportivi. Vi aspettiamo tutti per brindare insieme all'inaugurazione con la NUOVA GESTIONE dove troverete un buonissimo buffet con delle buonissime bibite.

(La notizia del mese scorso)

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Di Fabrizio (del 18/02/2011 @ 09:24:48, in blog, visitato 2104 volte)

NO(b)LOGO Feb. 12th, 2011 at 11:17 PM

Dorina, 32 anni e Daniel, 3 anni,
25 dicembre 2008, morti bruciati nella pineta di Castelfusano
Andreia, 18 anni,
27 dicembre 2009, morta bruciata in via Ardeatina 630
Mario, anni 3, (nato in Italia)
26 agosto 2010, morto bruciato in via Morselli, (il fratellino di 4 mesi al momento dell'incendio è ancora in terapia per le ustioni)
Raul 4 anni, Fernando 5, Sebastian 11 e Patrizia 8 anni, (i tre più piccoli nati a Roma)
6 febbraio 2011, morti bruciati su via Appia Nuova a due passi dall'esclusivo circolo del Golf dell'Acquasanta.

L'attenzione sull'emergenza umanitaria per coloro che ci si ostina a chiamare nomadi (e nomadi non sono) si accende con la tragica ricorrenza dei roghi.

L'emarginazione uccide.

A Roma tutta la comunità Rom e Sinti conta poco più di settemila mila presenze. Otto tragiche morti su una popolazione così piccola sono uno sterminio vero e proprio.

Come provocazione si possono mettere a confronto le morti del Piano Nomadi di Alemanno con quelle dell'operazione Piombo Fuso.
Il numero di morti, rapportato alla popolazione, è paragonabile a Gaza ed a Roma, ma a Roma è assai più alta l'incidenza delle morte tra i bambini Rom.
 

  Striscia di Gaza Roma, presenza Rom
Popolazione 400.000 7.200
  Piombo Fuso Piano Nomadi
Morti 455 8
ogni 1.000 abitanti 1,1 1,1
di cui minori 87 6
ogni 1.000 abitanti 0,2 0,8


Giovedì 9 febbraio a piazza del Campidoglio Rifondazione ha partecipato alla manifestazione indetta da varie realtà dell'associazionismo, della politica e soprattutto dai comitati auto organizzate delle comunità dei Rom romani. In particolare hanno fatto sentire la loro voce i Rom che, dopo lo sgombero del Casilino 900, si sono trovati di fronte alla realtà delle false promesse della giunta Alemanno. (vedi il comunicato).

Essere contro il Piano Nomadi di Alemanno significa anche fare i conti con le responsabilità passate delle fallimentari gestioni delle giunte Rutelli e Veltroni.

Superare le politiche segregazioniste, operare per un generale diritto all'abitare.

Intanto la giunta parla di un ennesimo campo... a Malagrotta... nei pressi della discarica... ci si appresta a costruire una nuova discarica umana. Ed i fascisti tracciano i loro orrendi slogan sui muri.

 (il link per chi legge da Facebook)

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Di Fabrizio (del 18/02/2011 @ 09:27:19, in Italia, visitato 2387 volte)

AgoraVox - Rom a Milano: oltre la diffidenza, tante voci per l'integrazione

Vivono ai confini della città, spesso in condizioni difficili, tra sgomberi forzati, carenze di servizi indispensabili e pregiudizi diffusi. Per "dare cittadinanza" a queste persone sono attivi però gruppi e associazioni di volontari che lavorano in più direzioni: se ne è parlato venerdì sera in un incontro al quartiere Adriano, a pochi metri dal campo di via Idro che ospita numerose famiglie di rom italiani.

Si fa presto a dire nomadi. Si fa presto a dire campi. Termini, questi, che trasmettono un'idea di precarietà e passaggio; a Milano ci sono però insediamenti rom regolarmente autorizzati dall'amministrazione comunale, con famiglie che ci abitano da più di vent'anni, che hanno trovato un lavoro e mandano i figli a scuola nel quartiere. E' il caso della comunità di via Idro 62, all'estrema periferia nord-est, della quale fanno parte circa 130 persone. "Siamo a tutti gli effetti cittadini italiani, solo che viviamo in modo diverso": a parlare è Marina che, in rappresentanza dei rom di via Idro, ha aperto con il suo intervento il dibattito pubblico - venerdì sera al quartiere Adriano - organizzato da gruppi della zona 2 impegnati sul territorio con molte iniziative concrete; tra questi, le associazioni Villa Pallavicini ed elementare.russo, il Comitato Forlanini, l'Osservatorio sui razzismi e la Fondazione Casa della Carità.

Rispetto alle situazioni dei campi dislocati in altre aree metropolitane, quella di via Idro potrebbe sembrare relativamente tranquilla, perlomeno un po' più "stabile". In realtà il destino di chi vi risiede è tutt'altro che sicuro, soprattutto da quando grava sui suoi abitanti la minaccia di allontanamento che, in base a recenti disposizioni, potrebbe scattare per chiunque abbia alle spalle sentenze passate in giudicato, pur risalenti a tanti anni fa. Inoltre, se ci sono cittadini disposti a investire tempo ed energie per favorire convivenza e integrazione, c'è anche chi i rom sotto casa proprio non li vuole e raccoglie firme per smantellare il campo.

Le testimonianze presentate durante l'incontro hanno esteso il discorso ad altre realtà, ancora più drammatiche. Come quella di via Forlanini dove, in un minicampo che ospita circa 25 rom, sono stati effettuati 15 sgomberi in due anni, nonostante l'impegno quotidiano di un attivissimo gruppo di sostegno. Un provvedimento risolutivo brutale e traumatico, quello degli sgomberi, diventato ormai prassi comune: ne fanno le spese soprattutto i bambini che sono in molti casi costretti ad abbandonare la classe dopo un faticoso inserimento, annullando i progressi compiuti, anche per quanto riguarda l'avvicinamento ai coetanei e alla collettività. In via Rubattino, non lontano da Lambrate, è capitato che alcune famiglie rom venissero allontanate anche cinque volte in un solo giorno. Lo racconta un gruppo di mamme che, insieme alle maestre, svolgono un lavoro continuativo e intenso per aiutare i piccoli rom a frequentare la scuola, nonostante la mancanza di mezzi.

Una storia a parte è quella di via Triboniano, il campo più popoloso di Milano e anche il più carente dal punto di vista di spazi e servizi. Avrebbe dovuto essere chiuso definitivamente già alcuni mesi fa, perché si trova proprio sulla strada dell'Expo 2015, cioè sulla via di accesso all'area su cui questo dovrebbe sorgere. Nel preventivare la chiusura della struttura non è stato preso però in considerazione, nella sua globalità, il futuro di chi vi abita. Ai rom erano state inizialmente destinate venti case Aler, da ristrutturare e assegnare attraverso la mediazione della Casa della Carità (contratto stipulato con tanto di firma da parte del Comune e della Prefettura). Il progetto si è però interrotto a metà strada e le famiglie che sono rimaste escluse dall'assegnazione hanno iniziato un procedimento legale che ha dato loro ragione. A parte quelle dell'Aler, ci sono comunque a Milano migliaia di abitazioni sfitte: perché non includerle in un piano che favorisca anche chi è stato sgomberato?

Da una periferia all'altra, il problema rimane complesso, le esperienze portate avanti con successo (come quella del Comune di Buccinasco, dove è stato organizzato un campo molto ben tenuto) si scontrano con l'eterna paura del diverso, la più dura da sconfiggere. E non va neppure dimenticato che i rom stessi, pur se disponibili alla collaborazione, trovano spesso difficoltà nel riconoscere le regole della società; anzi, la loro cultura li ha portati per secoli a crearne una parallela rispetto a quella dello Stato che li ospita. Oggi in Italia, contando le diverse etnie, ne sono presenti circa 140.000, non tutti in insediamenti legali: e c'è sempre chi li guarda con sospetto e si domanda " ma è vero che i rom rubano?". Generalizzazioni, luoghi comuni e pregiudizi allontanano le soluzioni; tragedie come quella recente di Roma - la morte di quattro bambini - riportano invece alla realtà, fanno vedere queste persone come una fascia debole della popolazione che l'amministrazione di una grande città ha il dovere di tutelare. Non demandando ancora una volta il grosso del carico all'infaticabile universo del volontariato.

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Di Fabrizio (del 19/02/2011 @ 09:06:39, in scuola, visitato 1698 volte)

Segnalazione di Stefano Nutini

Buongiorno a tutte/i,

il progetto del vino ROM prosegue con il finanziamento della quarta borsa di studio.

Dopo Marian, Ovidiu e Belmondo, abbiamo deciso di sostenere negli studi Geanina, una ragazza rom di tredici anni che attualmente frequenta, con ottimi risultati, la terza media nel Comune di Segrate.
Siamo particolarmente contente di sostenere Geanina: è una ragazza solare, coraggiosa e determinata che potrà essere di grande esempio alle coetanee.

Geanina vive in un capannone; sua sorella frequenta la scuola elementare, il papà fa lavori saltuari e la mamma, che sa leggere e scrivere, si occupa della famiglia.

Geanina a settembre, dopo aver preso la licenza media, si iscriverà ad un corso ENAIP a Pioltello, dove tra le altre cose imparerà il mestiere di parrucchiera ed estetista.

Come per gli altri tre ragazzi, la borsa di studio copre il costo dei trasporti e prevede un contributo mensile di 100€ come sostegno agli studi, a partire dal mese di febbraio.

Di nuovo grazie a tutte/i
Le mamme e le maestre di Rubattino

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Di Fabrizio (del 19/02/2011 @ 09:23:58, in lavoro, visitato 1811 volte)

NoiDonne.org - Nadia Angelucci

Durante la guerra della ex Iugoslavia, negli anni ’90, un gruppo di donne romane si impegna nel sostegno ai bambini bosniaci e alle loro madri, sfollati nei campi profughi della Slovenia: un impegno che oltre al contributo economico creò dei legami di affetto e di amicizia molto forti. Con la fine della guerra i profughi rientrarono nei loro paesi ma l'impegno nel cercare la relazione di quel gruppo di donne non si è fermato. Nasce così, nel 1998, 'Insieme Zajedno', un'associazione dedicata all’infanzia e alle donne più deboli per offrire un aiuto concreto, dignità, giustizia sociale e diritti umani. L’esperienza di Insieme Zajedno, iniziata in Bosnia Erzegovina, e poi consolidata attraverso progetti in Macedonia, in Kossovo, in Moldavia, in Iraq, dal 2006 si è trasferita a Roma dove, nel cuore di San Lorenzo è nato il 'Laboratorio Manufatti delle Donne Rom', progetto di microcredito per l’auto-impiego di donne rom attraverso la realizzazione di accessori originali per l’abbigliamento e la casa. Un luogo che offre ad un gruppo di rom bosniache la possibilità di lavorare ma non solo. In uno spazio che colpisce per il suo tocco tipicamente femminile, ogni mattina Cristina, Renata, Francesca e Dzanuma, tirano su la serranda e si dedicano al cucito, antica arte che ci riporta all'intreccio di legami, al mettere insieme, alla creazione.

Nei locali, arredati a misura di donna, si lavora, si mangia, si studia, si crescono i bambini - i due figli di Dzanuma - ci si scambia l'esperienza e si fanno progetti. Il luogo, nato come posto di formazione, è presto diventato qualcos'altro: spazio di aggregazione interculturale dove il lavoro insieme ai formatori ha dato la possibilità di affrontare e condividere le problematiche lavorative, di decidere insieme le strategie economiche, stimolando la socialità e l’integrazione in modo naturale e rendendo più facile anche l’apprendimento della lingua italiana. Il 'Laboratorio Manufatti Donne Rom' si prefigge di diventare un luogo dove 'dal basso' si annulli la discriminazione socio-lavorativa legata al popolo Rom, alle donne Rom in particolare: Renata ha preso la patente e adesso ha una piccola automobile che la rende indipendente, le ragazze stanno cercando una casa, hanno ripreso a studiare, non hanno più come orizzonte unico un marito e i figli e la vita nel campo, Dzanuma ha un lavoro con un contratto a tempo indeterminato.

"Č stata dura - racconta Cristina Rosselli Del Turco che dell’associazione 'Insieme Zajedno' è colei che vive ogni giorno gomito a gomito con le donne rom - ma i risultati che abbiamo ottenuto sono una grande soddisfazione. Il nostro è un lavoro fatto nella quotidianità e nella condivisione di vita e proprio in questo, credo, risieda il nostro successo. Crediamo nella relazione e negli affetti. Č un progetto piccolo che però ha cambiato radicalmente la vita delle persone coinvolte e questo era quello che a noi interessava". E il successo dell'iniziativa si legge anche nei progetti portati avanti dal gruppo: le stesse donne rom sono diventate formatrici e stanno insegnando il mestiere ad un gruppo di donne somale rifugiate. La sfida per il futuro è l'indipendenza; la creazione di una propria impresa e il confronto con il mercato del lavoro.

Il Laboratorio si trova a Roma in via dei Bruzi n. 11/c, è aperto dal lunedì al sabato dalle ore 9:00 alle 14:00 - tel. 3471580818

Per contatti: crirosse@tin.it
info@manufattidonnerom.it - www.manufattidonnerom.org 
info@insiemezajedno.org - www.insiemezajedno.org 

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Di Fabrizio (del 19/02/2011 @ 09:40:03, in musica e parole, visitato 1774 volte)

DOMENICA 20 FEBBRAIO 2011 - Dalle ore 19 concerto e jam session:
Via Bellezza 16A, Milano

MUZIKANTI DI BALVAL di JOVICA JOVIC
RAFFAELE KOHLER e la sua tromba
MALAPIZZICA


Ciao carissimi, vi scriviamo per invitarvi tutti, e speriamo sarete in molti, ad una serata speciale che si terrà domenica prossima, 20 febbraio all'Arci Bellezza di Milano. Lì i MUZIKANTI di Balval, RAFFAELE KOHLER e i MALAPIZZICA daranno luogo ad un grande concerto solidale pensato per autofinanziare il viaggio che porterà il maestro Jovica Jovic ed alcuni componenti del gruppo, alla Fiera InMensa che si terrà a Cosenza dal 15 al 20 marzo (vedi allegato), dove potranno sostenere i valori dell'integrazione, dello scambio socio culturale fra le variegate etnie che popolano, arricchendolo, il nostro Paese. Tutto questo grazie a quel meraviglioso veicolo che è la loro musica e che rappresenterà virtualmente il nostro abbraccio amichevole ai fratelli immigrati.

La serata avrà inizio verso le 19 con un simpatico aperitivo etnico, proseguirà con una breve presentazione del progetto, per poi esplodere in un turbinio di danze ed emozioni dai Balcani fino al nostro profondo Sud!

L'ingresso sarà libero previo possesso della tessera Arci che si potrà acquistare anche sul luogo. Sarà chiesto un gentile e libero contributo per il buffet e il sostenimento delle spese.

Sperando che vinciate la pigrizia della domenica sera, vi aspettiamo numerosi e confidiamo nella vostra disponibilità per diffondere la notizia dell'evento.

Grazie anticipatamente

Stefania, Barbara e Augusta

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Di Fabrizio (del 20/02/2011 @ 09:14:43, in media, visitato 1589 volte)

15-02-2011

Negli ultimi cinque anni sulle principali reti televisive italiane si è assistito al dilagare delle notizie relative alla cronaca nera, cronaca giudiziaria e criminalità organizzata, nei telegiornali come nelle trasmissioni. Mentre nel periodo 2003-2005 la rappresentazione di eventi criminosi si era mantenuta costante, a partire dal 2006 si è rilevato un sensibile incremento del tempo dedicato a questa tipologia di notizie, con un ulteriore aumento nel corso del 2007.

Infatti, se nel 2003 le edizioni principali dei telegiornali di tutte le emittenti nazionali trattavano questi temi per il 10% del loro tempo, nel 2007 la percentuale di tali argomenti saliva al 24% con punte, su alcune testate televisive, del 30%. Tale sovraesposizione mediatica si rivelava poi del tutto ingiustificata se confrontata con i dati ufficiali del Ministero dell'Interno che evidenziavano un calo di oltre il 10 per cento dei reati nel 2007 con un ulteriore conferma nei primi sei mesi del 2008.

E' in particolare l'"emergenza rom" a spiccare tra le notizie di cronaca dei telegiornali quando, nell'aprile del 2007 ad Appignano, in provincia di Ascoli Piceno, un giovane rom alla guida di un furgone travolge e uccide quattro ragazzi. Qualche giorno dopo il campo nomadi del paese viene dato alle fiamme e le cronache dell'incidente proseguono per i successivi cinque mesi fino al processo, nel settembre dello stesso anno.

Ma il culmine della sovraesposizione delle notizie di cronaca nera, con particolare riferimento alla popolazione rom e rumena si raggiunge a partire dall'ottobre del 2007 quando Giovanna Reggiani, aggredita e rapinata alla stazione ferroviaria di Tor di Quinto, muore due giorni dopo.
L'aggressione viene segnalata da una donna rom, che indica l'autore del delitto in un giovane, anche lui rom rumeno.

Nei primi giorni i media non danno molto risalto alla notizia credendo la Signora Reggiani appartenente alla comunità rom, quindi di rilevanza marginale. Non appena si apprende che la vittima aveva nazionalità italiana scoppia il "caso Reggiani": il processo viene trattato frammentariamente dalla stampa e strumentalizzato politicamente.

Di lì a pochi mesi (aprile 2008) si terranno le elezioni politiche e le amministrative per l'elezione del Sindaco di Roma e il tema emergenza sicurezza, con particolare riferimento alla comunità rom e ai cittadini di origine rumena, è l'argomento principale dei media e della campagna elettorale del centrodestra.

In questo periodo, con cadenza quotidiana, hanno particolare rilevanza nell'agenda dei telegiornali le notizie relative agli sgomberi dei campi nomadi in tutta Italia.

Si giunge addirittura ad un decreto legge (181/2007) sollecitato dall'allora sindaco di Roma Walter Veltroni che prevede l'attribuzione ai prefetti del potere di espulsione dei cittadini comunitari per ragioni di pubblica sicurezza. Il decreto non verrà mai convertito in legge poiché in netto contrasto con la direttiva 2004/38/CE.

Come dimostrano diversi studi, media, opinione pubblica e realtà hanno alimentato l'insicurezza percepita, facendo raggiungere livelli elevatissimi alla preoccupazione sociale e all'allarme per i crimini contro la persona e la proprietà privata nei confronti degli immigrati, percepiti come vera e propria minaccia, mai come risorsa.

Sono rari i casi in cui il tema dell'immigrazione è trattato al di fuori di un contesto di cronaca o comunque svincolato dalla criminalità.

In un campione di notizie delle edizioni principali dei telegiornali di tutte le emittenti dei primi sei mesi del 2008, su 5.684 notizie analizzate, solo lo 0,45% di queste affrontano l'immigrazione senza legarla, al contempo,a un fatto di cronaca o al tema della sicurezza.

Non solo il singolo fatto di cronaca viene ricondotto all'immigrazione in quanto tale, ma tutto il recente interesse al tema sicurezza sembra ruotare intorno alla presenza – vista sempre in termini emergenziali e straordinari – di persone provenienti da luoghi diversi.

Su 163 servizi televisivi che trattano fatti di cronaca con protagonisti migranti, 65 contengono
informazioni/immagini che possono portare all'identificazione di persone (adulte) colpevoli di atti di violenza (39,9%). Un dato di dieci punti superiore rispetto ai servizi di cronaca che non riguardano solo migranti e che si attestano, infatti, al 29,7%.

Su tutto domina l'etichetta di clandestinità che, prima di ogni altro termine, definisce l'immigrazione in quanto tale. Rom e rumeni sono il gruppo etnico e la nazionalità più frequentemente citati nei titoli di tg.
Le parole, dunque, contribuiscono a tematizzare la presenza degli immigrati in Italia con un riferimento forte alla minaccia costituita dagli stranieri alla sicurezza degli italiani.

Si assiste inoltre alla tendenza di diffondere informazioni e immagini lesive della dignità delle persone coinvolte, direttamente o meno, in fatti di cronaca soprattutto quando i protagonisti sono migranti.

Nel febbraio del 2009, per più di un mese, telegiornali e trasmissioni "processano" Karol Racz, un cittadino rumeno arrestato all'indomani dello stupro di una ragazza in un parco di Roma, indicandolo come "faccia da pugile", il mostro della Caffarella.

Il suo volto è mostrato per settimane, nonostante le indagini stessero proseguendo e non si avessero prove della sua colpevolezza.

Durante le indagini sono ripetute le accuse alla comunità rumena, mentre la situazione sociale esplode in una serie di vere e proprie spedizioni punitive ai loro danni, quasi legittimato dai ripetuti sgomberi effettuati in quei mesi in tutta Italia.

Nessuno dei due fermati ricalca le descrizioni fornite dalle vittime, le prove a loro carico decadono dopo pochissimi giorni, ma per loro le porte del carcere non si aprono comunque.

Così un cittadino comunitario incensurato proveniente dalla Romania è trasformato in "faccia da pugile" dai media e usato come prova dell'idoneità delle misure di sicurezza adottate dal Governo.

Un mese e mezzo dopo l'arresto Racz è ospite di Porta a porta, una delle principali trasmissioni televisive, nel giorno della sua scarcerazione. E' il conduttore a porre le scuse.
La stampa e la televisione italiana sembrano le uniche in Europa a descrivere un crimine mettendo in evidenza la nazionalità del criminale, quasi a sollecitare la creazione di un capro espiatorio nel quale far confluire tutti i malcontenti possibili.

I media, attraverso la scelta del linguaggio e della trattazione "criminale" del tema immigrazione predispongono un terreno fertile su cui poi lavorare durante i casi di cronaca più eclatanti.

L'enfatizzazione di alcuni aspetti di questi episodi (ad esempio la nazionalità dell'aggressore) in un clima così ansioso finisce per agevolare l'insorgere del panico morale.

Queste ondate emotive, rivolte contro un capro espiatorio che viene identificato come minaccia per la conservazione della società, sono teoricamente destinate a risolversi in poche settimane.
Se è la cronaca l'unico argomento utilizzato dai media per descrivere la presenza straniera e i fenomeni migratori è possibile chiedersi quale sia il ritratto delle persone di origine straniera nei mass media.

In generale, più del 70% delle notizie di cronaca presentate da tg e quotidiani descrive un atto criminoso, l'attività delle forze dell'ordine o un procedimento giudiziario o penale. Per oltre i tre quarti delle volte (76,2%), persone straniere sono presenti nei telegiornali come autrici o vittime di reati. Le persone straniere compaiono nei telegiornali, quando protagonisti di fatti criminali, più facilmente degli italiani (59,7% contro il 46,3%).

Al contrario, le notizie di cronaca giudiziaria che riguardano stranieri sono il 16,5% del totale.
Questo risultato, oltre a essere un primo segnale di un diverso trattamento informativo sulla base della nazionalità dei protagonisti, può avere qualche conseguenza più profonda sulla rappresentazione dei migranti.

Gli stranieri sono ritratti nel momento dell'atto criminale, sovraesposti nella dimensione inquietante e drammatica della cronaca nera, tendono invece a sparire nel momento processuale, cioè nel momento in cui non solo possono essere evidenziate le effettive responsabilità penali, ma anche in cui ne possono emergere le caratteristiche umane, la personalità, le difficoltà, la voce.

I delitti compiuti da stranieri presenti sul suolo italiano diventano allora delitti senza movente né conseguenze, rimangono ritratti spesso da senza storia, umanità o ripercussioni penali.
Episodi di cui l'unica conoscenza certa può essere la loro brutalità e la loro residua matrice comune: l'immigrazione.

Non è mai presentata l'immagine reale dell'immigrato che vive e lavora in Italia.
Negli ultimi trent'anni l'immagine dell'immigrazione fornita dai mezzi di informazione appare come congelata, immobile.

Ancorata alle stesse modalità, alle stesse notizie, agli stessi stili narrativi e in qualche caso agli stessi tic e stereotipi. I risultati delle ricerche avviate sullo stesso tema a partire dalla fine del 1980, con molti elementi comuni con il passato di altri paesi europei, appaiono straordinariamente simili.

Da una parte, c'è una rappresentazione dominata da una visione "naturalmente" problematica del fenomeno: l'immigrazione è, in sostanza, un problema da risolvere. Dall'altra parte, il tipo di notizie evidenziate: la cronaca appare l'elemento ancora dominante della trattazione riducendo la complessità della realtà alla sua eventualità criminale.

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