Tratta dalla raccolta
Fiabe
Zingare di Alberto Melis
La versione originale di questa breve fiaba dei Boyàs argentini (i Ludar),
raccontata da Jorge Emilio Nedich, è stata pubblicata su "Lacio Drom". Nello
stesso numero della rivista è presente anche la versione in lingua boyàs, cioè
in rumaneàste, e una breve nota di Jorge M.F. Bernal (Lolo).
QUESTA È UNA STORIA molto triste, ma è una storia vera. Così raccontava mio
nonno, perché lui c'era.
C'era dunque una volta, in un paese lontano lontano, una famiglia di Ludari a
cui nacque un bambino. Ma era così piccolo e malaticcio, uno scricciolino tutto
occhi e niente ciccia, che i suoi genitori temevano morisse prima ancora di
mettere i primi denti e prima ancora di masticare il primo pane.
Il padre allora chiamò una vecchia, una di quelle che vedono le cose che devono
restare nascoste (come le maledizioni dette sottovoce o le disgrazie tra capo e
collo), per capire se c'era una possibilità che sopravvivesse.
La donna, dopo aver preso in braccio il piccolo, scosse il capo e disse: –
Vostro figlio morirà.
Il padre però non volle rassegnarsi.
– C'è qualcosa che io possa fare – chiese – qualsiasi cosa, per impedire che
muoia?
– Forse sì – rispose la vecchia. – Prendi uno stivale di pelle di capra e
riempilo di tè. Poi prendi uno degli stampi con i quali fabbrichi i tuoi mattoni
e mettici dentro lo stivale. Riempilo d'argilla e mettilo a cuocere al sole.
Quando il sole l'avrà indurito metti il mattone con dentro lo stivale di pelle
di capra pieno di tè nella culla del bambino.
Il padre seguì il consiglio della vecchia. Prese lo stivale di capra più ampio e
robusto che riuscì a trovare e lo riempì di tè. Poi mise lo stivale dentro uno
stampo per costruire i mattoni (il più ampio e robusto che riuscì a trovare) e
coprì tutto con l'argilla. Lo mise al sole, e quando il sole l'ebbe indurito per
bene, lo infilò dentro la culla del bambino.
Proprio come aveva detto la vecchia la magia funzionò. Perché il piccolo zingaro
non solo non morì, ma crescendo divenne anche un ragazzo bello e intelligente.
La famiglia di Ludari riprese così a viaggiare per il mondo, e viaggiando
viaggiando capitò in un deserto molto grande e caldo, dove non cresceva un filo
d'erba, e dove non scorreva un filo d'acqua.
Sotto il sole che batteva e batteva, un accidente di sole tondo e sordo, il
ragazzo cadde ammalato, dicendo che se non avesse bevuto almeno un po', di
sicuro sarebbe morto.
Il padre e la madre, al suo capezzale, piansero a lungo e si disperarono.
– Cosa possiamo fare? – chiese l'uomo a sua moglie.
– Dovremmo dargli un po' d'acqua chiara e dolce…
– Ma la nostra provvista d'acqua è finita – ribatté sconsolato l'uomo.
– Allora di certo morirà.
Fu solo in quel momento che l'uomo si ricordò dello stivale di pelle di capra
pieno di tè.
Cercò il mattone d'argilla e lo spezzò. Ma lo stivale di pelle di capra, che
ormai era tanto vecchio e rinsecchito, si polverizzò nelle sue mani: e il tè si
disperse nella sabbia del deserto.
Fu così che il ragazzo morì e la sua famiglia lo pianse.
Però il terreno dove era caduto il tè rimase umido e fresco. I Ludari scavarono
un pozzo e trovarono una sorgente d'acqua.
E ancora oggi, quando una famiglia di Ludari passa per quei luoghi, racconta la
storia del ragazzo e dello stivale di pelle di capra pieno di tè.
Anche mio nonno c'è passato, e così mi ha raccontato: «Qui un giovane Ludar ha
smarrito la vita, ma al suo posto ha lasciato la sorgente d'acqua più chiara e
dolce del mondo».
Bresciaoggi.itE adesso Brixia Sviluppo deve rimborsare i sinti
Il terreno di Guidizzolo
Brixia Sviluppo dovrà forse restituire i 2.200 euro di caparra che erano
stati dati dalle famiglie sinti di via Orzinuovi per l'area di Guidizzolo nel
Mantovano.
La vicenda è nota e ha messo a rumore la politica bresciana: a fine 2009
Brixia Sviluppo, società controllata dal Comune al 100 per cento, acquista per
150mila euro un'area edificabile di 500 metri quadrati a Guidizzolo. Obiettivo
dell'operazione è rivendere l'area a un prezzo vantaggioso ad alcune famiglie
sinti del campo di via Orzinuovi che, in questo modo, lascerebbero il capoluogo
e si trasferirebbero a Guidizzolo. Nei piani del Comune di Brescia questa
dovrebbe essere solo la prima di una serie di permute con acquisto e successiva
rivendita di terreni che dovrebbe portare alla chiusura del campo di via
Orzinuovi.
L'OPERAZIONE Guidizzolo, in realtà, si arena ben presto, a causa della
protesta degli abitanti e dell'Amministrazione (di centrodestra) del Comune del
Mantovano, i quali, di avere come vicini di casa i sinti bresciani, non ne
vogliono proprio sapere. Erigono muri, arano i terreni, deliberano atti
amministrativi per impedire che nell'area (edificabile) possano esserci case
mobili. La mobilitazione nel comune virgiliano occupa le cronache a cavallo tra
gennaio e febbraio scorsi.
Risultato: la palla torna a Brescia, con però un nodo in più. Brixia Sviluppo ha
già venduto l'area alla famiglia Quirini. L'accordo prevede il pagamento di 300
rate mensili per 25 anni da 512 euro ognuna (in tutto fanno 153.720 euro,
128.100 + Iva, esattamente il costo dell'area), una caparra iniziale di 2.200
euro, la clausola che senza il pagamento di tre rate l'area torni di proprietà
della società controllata del Comune di Brescia.
COSÌ ACCADE puntualmente: i sinti, quando vedono quanto accade a Guidizzolo
(con tanto di atto amministrativo che vieta l'accesso delle case mobili) si
chiedono perché mai dovrebbero acquisire quell'area e infatti non pagano.
L'area torna dunque nella piena disponibilità di Brixia Sviluppo, ma resta il
nodo della caparra. È dei Quirini, ma i soldi li ha in cassa Brixia Sviluppo che
ora, per provare a vendere l'area ad altri privati (presumibilmente non sinti),
ha bisogno di una liberatoria. Firmata da chi? Dai Quirini ovviamente, i quali
però - lo hanno fatto sapere nei giorni scorsi - daranno la liberatoria solo se
avranno indietro i soldi della caparra. Non si sa se con gli interessi o meno.
Nel frattempo, tramontato il piano acquisto/rivendita di terreni, l'opzione
di riserva ideata dal Comune è stata la sottoscrizione del «Patto di
cittadinanza» con i sinti di via Orzinuovi. L'accordo, sottoscritto un paio di
mesi fa, prevede la bonifica dell'area (costo in carico all'Amministrazione:
circa 150 mila euro) e il pagamento da parte di ogni famiglia che vive nel campo
di una cifra forfettaria di 150 euro mensili per i consumi elettrici.
I LAVORI DI BONIFICA sono iniziati da un mesetto e dovrebbero concludersi
entro poche settimane. Le famiglie che vivono nel campo sono venti (formate da
70 adulti e 35 bambini). Di queste, cinque famiglie dovranno andare via entro
febbraio. Due o tre famiglie, che hanno disabili o anziani ultra 75enni,
andranno in case popolari, altre due o tre si trasferiranno nel campo di via
Borgosatollo.
Il campo di via Orzinuovi, sull'area che rientra fra gli snodi stradali della
Piccola Velocità, dovrebbe essere lasciato libero entro un anno. Le 15 famiglie
sinti del campo dovrebbero finire nel campo di via Borgosatollo, per il quale è
prevista una futura bonifica. E i rom di via Borgosatollo? Alcuni si sono già
trasferiti in case popolari del Comune, altri dovrebbero andarci in futuro.
EMAJ MagazineRom in Turchia, integrazione attraverso la musicadi Adi Halfon | Foto di Margarita Tomo
Turchia. Il sole del mercoledì mattino splende sui vecchi affollati
edifici di Bostan, un povero quartiere della città di Istanbul. Molti Rom vivono
in quest'area. La sala da tè "Nazlitas" sta in una delle piccole vie. Dentro ci
sono circa una dozzina di Rom, seduti attorno a semplici tavoli, che giocano a
backgammon, bevono tè e guardano la televisione. L'atmosfera nel locale è molto
da uomini e un po' rude. Non hanno un lavoro normale. Alcuni di loro sono
disoccupati, alcuni vendono fiori o lustrano scarpe per vivere. Altri sono
musicisti. Questo lavoro sembra essere molto popolare in questa comunità.
Non è facile essere Rom a Istanbul. Non solo che la maggior parte di essi
appartengono ad una bassa classe sociale e spesso si sentono discriminati. "Ogni
volta che c'è un furto, la gente da subito la colpa a noi", dice uno dei ragazzi
della sala da tè. "Ma ancora", continua, "siamo fedeli alla Turchia. La sentiamo
come la nostra terra. I nostri ragazzi fanno servizio nell'esercito turco, siamo
Rom e Turchi nello stesso momento". Un altro ragazzo interviene: "Mio zio fa
servizio nell'esercito, aveva un alto rango. Tuttavia, una volta che l'esercito
ha scoperto che era Rom, gli è stata negata la promozione ed è stato respinto.
Alla sala da tè
C'è qualcosa di interessante con il popolo Rom nella sala da tè. Sono tutti
desiderosi di parlare, di far sentire le loro lamentele. Tuttavia, non si fidano
dei media. Nessuno degli uomini ha accettato di dire i propri nomi, come se
qualcosa accadrebbe loro come risultato. "Giornalisti turchi sono arrivati in
questo quartiere ed hanno fatto foto, ma nulla è cambiato", dicono. A casa di
Kazim Turkmen, il 56enne leader di una delle comunità Rom, sono state dichiarate
cose simili. "Voi arrivate qui a chiedere domande sulla nostra vita", dice
Sengul Turkmen, moglie di Kazim, "ma poi andate e scrivete solo quanto siamo
poveri."
Nella sala da tè, uno dei ragazzi più anziani racconta la storia della sua vita.
Ha 57 anni, e ha iniziato a suonare quando ne aveva 13. É figlio di un
musicista, ed ora anche suo figlio segue la sua strada. "Qui la gente mantiene
l'occupazione dei loro antenati", dice uno di loro. "La conoscenza di come fare
musica veniva tramandata da padre in figlio. Oggi abbiamo capito l'importanza
dell'istruzione. Mio figlio, ad esempio, studia musica all'università." Ciò che
dice sembra essere vero, tutti gli uomini a "Nazlitas" sono relativamente
anziani, eccetto uno. Ozgur Akgul, un 32enne esperto di musica Rom, è d'accordo.
"Puoi sicuramente notare che la nuova generazione dei musicisti Rom sta
diventando sempre più professionale".
Ozgur Akgul
Turkmen stima che circa il 75% della sua comunità suona. "Per molti di loro",
dice, "la musica non è l'unica occupazione, dal momento che non guadagnano tanti
soldi da essa. Anche cosi, la musica è un modo per guadagnarsi da vivere, ed
anche qualcosa che la gente apprezza fare". Akgul dà un'altra spiegazione a
queste cifre incredibili: "I musicisti Rom si stanno integrando nella società
turca molto meglio di qualsiasi altro Rom", dice, "perché c'è un alta richiesta
di musica. Alcune dei loro tradizionali mestieri, come fare i cesti, non sono
più pertinenti. La musica, d'altro canto, è qualcosa che la gente ascolterà
sempre." Akgul sta girando un film documentario sui musicisti Rom, che uscirà il
prossimo marzo. La sua tesi di laurea è stata sulla musica e sull'identità Rom.
"Quando la musica è iniziata ad essere un'industria, c'era una grande richiesta
di nuovi cantanti. Allora i turchi hanno scoperto i cantanti Rom", dice. "La
musica aiuta i Rom a cambiare la loro immagine negativa. Una volta che i
musicisti Rom diventano popolari, stanno cambiando gli stereotipi che la gente
ha verso di loro", rivendica Akgul. Dà un esempio: "Alcuni dei cantanti Rom non
sottolineano la loro origine, a causa di questi stereotipi, e a volte cambiano
persino il loro nome di famiglia in uno turco", ammette Akgul, "tuttavia, c'è un
popolarissimo cantante Rom chiamato
Husnu Senlendirici, che ha mantenuto il suo
nome e sempre dà enfasi alla sua origine. Lui ha aiutato molto il cambiamento
dell'immagine dei Rom.
Le canzoni Rom contengono molta satira e sarcasmo, soprattutto su questioni
relazionali. I cantanti Rom, sembra abbiano influenzato il mercato. "Il ritmo di
9/8, che è chiaramente di stile Rom, è divenuto estremamente popolare in
Turchia", rivela Akgul. Ma non tutto risulta essere positivo. Nel processo
d'integrazione nella società, la comunità cerca di adattarsi ai cambiamenti di
stile di vita. " Ero in Grecia, e non riuscivo a comunicare con i Rom locali
perché non conosco la lingua Rom", si lamenta una persona della sala da tè, "i
Rom greci mi ha detto che non sono un vero Rom".
Kazem Turkman
Turkmen sente che anche il mondo non è più quello di una volta. "Il ruolo di un
leader della comunità è molto tradizionale. La nostra comunità ancora ne ha uno,
dal momento che la mia comunità mi rispetta per essere un attivista per la
comunità stessa", dice, "in altre comunità non ci sono più leader. Sono
sostituiti da organizzazioni che aiutano la gente nei loro bisogni quotidiani".
E nonostante il processo d'integrazione, i Rom rimangono una minoranza che
continua ad avere bisogni sociali. "Perfino ad Istanbul", dice Turkmen, "alcuni
vivono nelle tende nelle periferie della città".
La musica conduce verso l'integrazione. E l'integrazione crea dei problemi. Ma
se tali problemi possano minacciare i Rom o no, nessuno nella comunità avrebbe
osato pensare di fermare la creazione di musica. "Condivido l'idea
d'integrazione attraverso la musica, aiuta le persone a comunicare tra di loro",
conclude Turkmen, "dopo tutto, il ruolo dei musicisti nella società è
insostituibile".
Ad agosto 2010Hugo Höllenreiner ricevette una lettera incoraggiante.
Diceva: "Lei ha lasciato un appartamento in affitto ad
Ingolstadt,
ora abbiamo per lei una casa adatta. La lettera arriva dall'impresa
cattolica Sankt
Gundekar-Werk Eichstätt, che sta costruendo a Ingolstadt-Hollerstauden 142
appartamenti, 127 dei quali sono alloggi popolari.
Ciò che suona come un avviso di consegna è, tuttavia, per Peter-Stephan
Englert amministratore delegato della St. Gundekar-Werk, solo "una lettera di
vendita", inviata a tutti e 500 che avevano prenotato, personalizzata con nome e
indirizzo. La pubblicità pare necessaria: i primi appartamenti dovrebbero essere
abitati a marzo 2011, essendo pronti, ma sono stati siglati solo 45 contratti.
Per Hugo Höllenreiner non ci sono appartamenti disponibili.
Höllenreiner ha 77 anni, nel 1943 con la sua famiglia - sono Sinti - fu
deportato nel campo di concentramento di
Auschwitz.
Lì Höllenreiner dovette subire le "visite" del famigerato dottor Josef Mengele.
Ne patisce tuttora le conseguenze fisiche e mentali, è considerato disabile
grave.
Non lo sembra: Höllenreiner è un bell'uomo con i capelli bianchi, che va a fare
una passeggiata con indosso un completo grigio chiaro ben curato.
A novembre ha ricevuto un'altra lettera: "Siamo spiacenti di informarla che la
sua domanda per i nostri appartamenti non può essere presa in considerazione".
In precedenza a sua nipote, che vive con lui, era stato promesso a voce un
appartamento.
Peter-Stephan Englert [...] ha detto della sua richiesta: "Il signor Höllenreiner
ha 77 anni, si dovrebbe rivolgere all'assistenza sociale".
Dagli anni '90
Höllenreiner gira la Germania in qualità di testimone. Viaggia molto, parla
regolarmente in occasione di eventi commemorativi a Dachau,
Auschwitz-Birkenau e Bergen-Belsen. La sua storia è stata pubblicata in un libro
e ha ottenuto un premio per la letteratura infantile. La sua storia è stata
raccontata nelle scuole di Ingolstadt. Là vive assieme alla nipote e alla
pronipote in un appartamento, che ora per loro è troppo caro. Perciò, alla fine
del 2009 si iscrive a St. Gundekar-Werk. Nel novembre 2010 viene comunicato a
sua nipote che non ci sono più appartamenti liberi.
"E' una brutta storia," dice Englert. E dice anche di essere timoroso,
perché gli Höllenreiner "non nuotano nell'oro". Una volta che si omette lo
stipendio, perché si avrebbe un caso di assistenza, l'ufficio avrebbe dovuto
ordinare un appartamento più piccolo ed economico, e gli inquilini si sarebbero
dovuti spostare di nuovo. "Vogliamo anche proteggere i nostri inquilini".
Englert fa riferimento all'età di Höllenreiner, perché gli appartamenti non
erano adatti per inquilini bisognosi di cure o su sedie a rotelle.
Höllenreiner, la nipote Silvana Lauenburger e sua figlia hanno un permesso di
soggiorno. Così Lauenburger si presenta a St. Gundekar-Werk, dicendo che
loro vorrebbero vedere un quadrilocale. Più tardi, sembra, che l'appartamento
fosse troppo grosso per le tre persone ed i particolari del contratto non erano
soddisfacenti. "Ho chiesto allora un trilocale, ma il mediatore ha detto che
erano andati tutti".
Per i Sinti non c'è alcun punto di riferimento
Lauenburger si sente discriminata; ritenendo di non ottenere l'appartamento,
soltanto perché Sinti. Anche la loro figlia e nipote non hanno avuto nessun
appartamento da
St. Gundekar-Werk.
Non ci sono a Ingolstadt riferimenti per i Sinti nei bisogni sociali, come in
grosse città come Norimberga o Monaco. Silvana Lauenburger si è dunque rivolta,
così dice, ad Andreas Lehmann, sindaco di Ingolstadt. Una volta aveva mostrato
rispetto per suo zio, andandolo a trovare in ospedale. Ma [stavolta] non aveva
voluto riceverla.
"La discriminazione non è con noi", ha detto il sindaco, riferendosi al corpo
sociale urbano. Anche St. Gundekar-Werk in settembre ha firmato un impegno
volontario per combattere la discriminazione.
Parlando dello sviluppo a Ingolstadt-Hollerstauden, Englert ha detto che si
dovrebbe fare attenzione alla selezione degli inquilini. Per questo ha
incaricato un libero professionista "che ha talento nella selezione degli
inquilini". Così il nuovo sistema automatico di ventilazione non era adatto a
tutti. Gli appartamenti sono "case a basso consumo energetico", finanziati dallo
stato. Se si rivelano troppo moderni, si rivolgono a lui per chiedere una casa
tradizionale "siamo così flessibili". Però ad Höllenreiner ed alla sua famiglia
non è stata offerta alcuna alternativa.
L'edilizia popolare è finanziata dal ministero degli interni. Qui non c'è un
distaccamento che controlli l'assegnazione degli alloggi popolari. Chi si sente
discriminato, riceve aiuto dall'agenzia anti-discriminazione di Berlino. Si
verifica spesso che vi si rivolga per la ricerca di appartamenti, ha detto Jens Büttner
dell'agenzia anti-discriminazione. In particolare, si sentono svantaggiate del
mercato immobiliare, persone dal cognome che suona straniero o coppie
omosessuali.
Di Fabrizio (del 13/01/2011 @ 09:13:29, in Kumpanija, visitato 1448 volte)
Buongiorno,
mi chiamo Simona e lavoro per una compagnia teatrale di Como, TEATROGRUPPO
POPOLARE, presente da anni sul territorio della provincia con proposte legate a
temi di interesse sociale e culturale: la compagnia nasce come associazione, con
l'obiettivo di promuovere una cultura di pace e rispetto delle diversità,
valorizzando l'incontro con l'altro attraverso una relazione mediata dal
linguaggio teatrale.
Tanti sono gli interrogativi che stimolano la nostra ricerca, tante le
perplessità che dialogano con la nostra "artistica" razionalità nel quotidiano
lavoro di messa in scena della vita che ci circonda e delle storie che la
animano.
Vi scrivo per sottoporre alla Vs. attenzione uno spettacolo teatrale che ci
accompagna da qualche anno, ma che - drammaticamente - rimane attuale e
significativo giorno dopo giorno.
Il titolo dello spettacolo è "La
farfala sucullo" (premio "Teatro e Shoà" 2007): ambientato in un
campo di concentramento, vede il protagonista zingaro raccontare la propria
vicenda di reclusione personale affiancato da un musicista (cantante del gruppo
Sulutumana -
www.sulutumana.net) e il suono di una fisarmonica. Lo spettacolo non
richiede particolari strutture o spazi dedicati e si presta a essere messo in
scena anche presso istituti scolastici.
E' una rappresentazione molto suggestiva, che nell'alternarsi di parole e
musiche riesce a trovare un canale comunicativo coinvolgente e partecipato: una
proposta culturale che possa offrire conoscenza e quindi muovere le coscienze,
perché il razzismo nasce in maggior luogo là dove si ignora. In
allegato la scheda tecnica.
Per approfondimenti e curiosità, invito a visionare il sito nel quale trovare
informazioni sugli spettacoli (ci sono anche alcuni stralci video dello
spettacolo in questione), oltre che la storia e i riferimenti dettagliati sulla
compagnia.
Vi ringrazio per l'attenzione e rimango in attesa di un gentile riscontro
Di Fabrizio (del 13/01/2011 @ 09:58:33, in Italia, visitato 1662 volte)
Realizzata per il GIORNO DELLA MEMORIA 2011, organizzata dall'
Associazione La Conta in collaborazione con la Sezione ANPI Martiri di
Viale Tibaldi, con l'Istituto Pedagogico della Resistenza di Milano
ed il Circolo ARCI Martiri di Turro, che ci sarà, con ingresso gratuito,
con tessera arci
Lunedì 17 gennaio 2011 alle 21,00 - Incontro dedicato a "I campi di
concentramento dei Rom e dei Sinti in Italia nel periodo dal 1943-1945"
dedicato al "Porrajmos, lo sterminio dei Rom e Sinti” con la partecipazione di
Ernesto Rossi, studioso e ricercatore dell’Associazione "Aven Amentza -
Unione di Rom e Sinti" e Associazione "ApertaMente" di Buccinasco (MI) che
ci parlerà, anche con la proiezione di una selezione di brevi documentari, dei
campi di concentramento dei Rom e Sinti in Italia.
Circolo ARCI Martiri di Turro via Rovetta 14 - Milano
Il comitato Cittadini, associazioni e rom insieme: "Lanciamo questo grido
di allarme offrendo tutta la disponibilità per concorrere all'eliminazione dei
rifiuti, servizio primario di ogni comunità civile"
di Redazione - 10/01/2011 - LA DENUNCIA ARRIVA DA DOMENICO PIZZUTI, del comitato
'Cittadini, associazioni e rom insieme': cumuli di rifiuti a ridosso
della baracche del campo rom di Scampia. "Ieri pomeriggio ho compiuto una
visita di controllo sulla stato dell'immondizia non raccolta nel campo nomadi di
Scampia, in via Cupa Perillo", ha spiegato Pizzuti.
"Ho notato che l'entrata del piccolo campo dietro la 'scuola rosa', sulla
destra, è ostruita da un mare di rifiuti a ridosso delle baracche. In complesso,
anche per mancanza di videosorveglianza, continuano gli sversamenti illegali
lungo il viale di accesso con tutta una tipologia di inerti (bottiglie di
plastica, gomme, materiali edili e di legno, vestiti, ecc.) e soprattutto si
allargano sulla strada, che era stata per metà ripulita lo scorso mese, i cumuli
di sacchetti intorno alla rotonda con picchi di più di un metro, offrendo uno
spettacolo che ha sconvolto qualche candidato alle primarie per sindaco di
Napoli che si era recato in civile pellegrinaggio al campo nomadi".
"Lanciamo di nuovo questo grido di allarme, offrendo tutta la disponibilità per
concorrere all'eliminazione dei rifiuti, servizio primario di ogni comunità
civile - ha concluso Pizuti - Attendiamo un intervento dell'esercito italiano, o
dobbiamo mobilitare l'esercito dei residenti e dei volontari sotto guide esperte
dei servizi comunali o delle istituzioni? Chiediamo urgentemente da parte della
Prefettura un tavolo di concertazione con tutti i servizi interessati, i
residenti del campo e le associazioni operanti in loco".
Ecco la storia di una coppia di rom italiani che ha fatto ricorso contro lo
sgombero
(11 gennaio 2011) Quando si è rom i diritti costituzionali non valgono.
Nemmeno se si è cittadini italiani. Nemmeno se si abita da vent'anni in un campo
autorizzato dal Comune. È il caso di una coppia che vive in via Idro, periferia
est di Milano. Lui, 55 anni, è nato in provincia di Padova. Lei, stessa età, in
Brianza. Le due figlie, ancora minorenni, a Milano.
Tre mesi fa Carmela Madaffari, direttore centrale dell'ufficio comunale
Famiglia, scuola e politiche sociali, ha scoperto che la mamma delle ragazze ha
presunte condanne definitive a carico in base a vecchie sentenze, pronunciate
tra il 1974 e il 1982. Così è scritto nell'ordinanza di sgombero. Per questo il
Comune ha ordinato lo sfratto a tutto il nucleo familiare da eseguire entro 48
ore. L'articolo 12 del regolamento per la gestione dei campi, entrato in vigore
nel 2009, prevede come motivo di revoca dell'autorizzazione la "sopravvenienza
di condanne definitive".
La polizia locale di Milano non fa differenza tra condanne già scontate 37 anni
fa e reati appena commessi. E nemmeno tra condannati e familiari incensurati,
compresi i figli minorenni. Il piano del Comune sta destabilizzando le famiglie
rom lombarde che da anni hanno abbandonato il nomadismo e lavorano nella
metropoli.
Di Sucar Drom (del 15/01/2011 @ 09:19:11, in blog, visitato 1775 volte)
Milano, sentenza storica!
Il Tribunale civile di Milano ha accolto il ricorso presentato da dieci rom del
campo milanese di via Triboniano contro il sindaco Letizia Moratti, il ministro
dell'Interno Roberto Maroni e il prefetto...
Milano, rom: è una questione di giustizia
Ha ragione don Colmegna: smettiamola di soffiare sul fuoco della paura
contrapponendo i rom a chi è in attesa di una casa Aler. Cosa ha detto il
tribunale? Che negare le case a queste famiglie perché rom è...
Il Giorno della Memoria 2011: le proposte sul Porrajmos
L’Istituto di Cultura Sinta ogni anno organizza eventi in tutta l’Italia per
riflettere sulle persecuzioni su base razziale subite dalle minoranze sinte
e rom durante il fascismo e il nazis...
Padova, il giorno della conoscenza della Campagna Dosta!
La Missione Evangelica Zigana (MEZ) organizza una giornata con lo scopo di far
conoscere ai padovani le ricchezze espresse delle culture sinte e rom: "Il
giorno della conoscenza, le ricchezze delle culture si...
Mirko, Amilcare e la memoria dell'Italia
In questi ultimi giorni sono morti Mirko Levak, rom kalderash di Marghera,
l’ultimo rom sopravvissuto ad Auschwitz, e Amilcare Debar (in foto), detto
«Taro», sinto piemontese, staffetta e partigiano combattente (col nome di «Cors...
Albenga (SV), Migrantes cerca collaboratori
"Ero forestiero e mi avete ospitato"… È con questa citazione del Vangelo di
Matteo che la Migrantes diocesana di Albenga ha deciso di presentarsi e chiedere
aiuto a tutti coloro che hanno buona volontà. Un atteggiamento c...
Lacio Nevo Bers, un augurio per il 2011
Quest’anno l’Istituto di Cultura Sinta augura a tutti un Buon Anno Nuovo,
pubblicando un breve testo tratto dal libro “Non chiamarmi zingaro” di Pino
Petruzzelli, edito da Chiarelettere editore. Il breve testo è estratto da un
dialogo che l’autore ha con il pittore sinto Olimpio Cari detto Mauso...
Trento, Vagane Sinti in concerto per Il Giorno della Memoria
Sinti project international invita mercoledì 26 gennaio 2010 all’evento che si
terrà al Centro sociale Bruno in via Dogana n. 1 (a pochi metri dalla stazione
FS Trento/Malè) per celebrare il Giorno della Memoria. Si inizia alle 18.00 all’Enolib...
Arezzo, interviene la Curia sul sacerdote che inneggia a Himmler
Pubblichiamo la nota della Curia della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro
dopo la pubblicazione sul giornale “Vita parrocchiale” di una dichiarazione
scioccante di Don Virgilio Annetti (in foto). Ringraziamo pubblicamente il
Vescovo e il Vicario generale per il pronto intervento...
14 gennaio 2011: Il 27 settembre scorso Roberto Maroni
dichiarava:
"Nessuna delle famiglie che saranno allontanate dai campi nomadi regolari
di Milano e che hanno i titoli per restare in città, saranno ospitate in
alloggi popolari, come originariamente previsto nel piano per
l’emergenza rom. (…) E’ una scelta politica, di saggezza, che mette
d’accordo le sensibilità di tutti, compresa quella di chi vuole
l’assegnazione delle case popolari prima ai milanesi"
E’ notizia di ieri che due delle dieci famiglie del Triboniano che hanno
vinto la causa civile
sono già entrate negli alloggi.
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