Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 09/09/2010 @ 11:23:54, in scuola, visitato 1884 volte)
Ricevo da Stefano Pasta
ASSOCIAZIONE GENITORI SCUOLA
ELEMENTARE "BRUNO MUNARI"
Milano, 8 settembre '10
Ieri mattina hanno sgomberato il campo rom di via Rubattino.
Come nel novembre dell'anno scorso, come papà e mamme dei compagni di classe di
questi bambini eravamo presenti allo sgombero. Con noi le maestre dei nostri
figli.
Uno sgombero annunciato. Ci siamo trovati verso le sei circa, nella speranza di
un falso allarme, ma purtroppo, così non è stato.
Verso le sette, la pioggia e il freddo hanno scortato le forze dell'ordine e le
ruspe dentro il campo.
Una storia che si ripete, la peggiore. Donne, uomini e bambini a cui non si
offre nessuna speranza, nessun futuro, nessuna umanità.
Tra cinque giorni, molti dei bambini presenti (29) avrebbero ripreso la scuola.
L'unica possibilità per poter pensare ad un futuro diverso dai propri padri,
dalle proprie madri. Negato. Bambini senza diritto di istruzione.
Senza il diritto di sapere che si può vivere diversamente.
Ieri mattina, mentre ero nel campo, osservavo la barbarie di quella scena, donne
uomini e bambini accampati tra la sporcizia, i topi, il freddo; e le Autorità
che come unica soluzione, non riescono a fare altro che cacciarli, nella
speranza che possano scomparire in altra sporcizia, convivere con altri topi,
magari in un altro Comune. Tutto mi portava ad una considerazione: non è
cambiato nulla.
Ora mentre scrivo mi accorgo che in realtà non è così.
Grazie all'impegno in quest'ultimo anno da parte delle maestre, delle mamme di
Rubattino e delle comunità che operano nell'assistenza, come la Comunità di S.
Egidio, qualcosa è cambiato:
si è creata una rete di solidarietà, di affetto, di contatti che con le proprie
sole forze è riuscita a dare qualche speranza a qualcuna di queste famiglie.
Qualche genitore Rom ha trovato lavoro, seppur temporaneo;
qualche famiglia Rom è riuscita a trovare anche una casa.
Tutte le famiglie Rom hanno compreso l'importanza della scuola per i propri
figli ed hanno messo in atto una grande determinazione e volontà nel far
frequentare con continuità le lezioni, nonostante i continui disagi e incertezze
a cui dovevano far fronte. Hanno capito che, attraverso la scuola, un processo
di integrazione è possibile. I bambini Rom hanno festeggiato con i nostri figli
i compleanni, partecipato alle feste della scuola.
La politica e le istituzioni hanno offerto solo sgomberi. Sgomberi che hanno
comunque un costo molto alto, nella speranza di essere ripagati con la moneta
elettorale. Ero al campo e la sola cosa che le istituzioni offrivano, senza
peraltro grande convinzione, è lo smembramento delle famiglie. Allontanare gli
uomini dalle donne e dai propri figli.
Alcune maestre e mamme del nostro circolo, con la Comunità di S. Egidio, avevano
già iniziato in questi giorni, un pre-scuola con i bambini Rom.
Sarà difficile, ma sono convinto che qualcosa cambierà ancora. Le maestre
cercheranno ancora i propri alunni e i nostri figli inviteranno i loro compagni
di classe ad una festa.
L'Associazione Genitori della Scuola Munari sarà al loro fianco.
Associazione Genitori
Scuola elementare "Bruno Munari"
Domenico Protti
Presidente
www.elementareinfeltre.it
info@elementareinfeltre.it
Ci sono pagine di Storia dimenticate, come quella del Porrajmos, il genocidio
nazista del Popolo Rom.
Matteo, Angela e Nazifa Bebé seguono le tracce lasciate da nonno Gabriel, che
portano fino a Lodz e all'Obóz Cygański, il "lager degli zingari"...
Mondadori Junior Oro
In libreria: da oggi
Anteprima
Dal Capitolo 11
Rupa che non aveva ali
(...) - Beh, cosa aspetti?
Seduta su una delle assi di poppa del barcone, il cui fondo era ancora umido per
la pioggia del giorno prima, Angela attendeva impaziente che cominciassi a
leggere il seguito della storia di Nanosh. Ma io continuai per qualche istante a
fissare il panorama che si scorgeva oltre la sponda opposta del fiume, un campo
incolto costellato da radi cespugli e, più in là, il solito groviglio di strisce
d'asfalto soffocate dal traffico e la distesa di palazzi grigi e anonimi che si
smarriva a perdita d'occhio.
Quando poco prima avevamo superato il boschetto di aceri, alcuni piccoli
gabbiani erano scesi in picchiata sulle acque dell'Aniene, prima di impennarsi
di nuovo verso l'alto e di scomparire alla nostra vista. E all'improvviso ero
stato colto da una strana sensazione. Quella di trovarmi in un posto
lontanissimo e sperduto, una terra straniera e di nessuno dove fino a pochi
giorni prima non mi sarei mai sognato di posare i piedi.
- Hai mai pensato che è come se noi e Nazifa Bebé vivessimo in due città
diverse – chiesi ad Angela – anche se tra Ponte Mammolo e le nostre case ci sono
solo poche centinaia di metri di distanza?
Lei scosse la testa. Poi sussurrò: - Però ho pensato che anche oggi, intorno
ai rom, sono state costruite delle barriere impenetrabili. Solo che queste
barriere non somigliano a quelle cinte dal filo spinato di Litzmannstadt o di
Auschwitz, ma sono dentro ciascuno di noi e si chiamano paura e pregiudizio.
Per qualche istante riflettei sulle sue parole. Poi le passai il quaderno che
Mariam ci aveva consegnato e lasciai che fosse lei a leggere a voce alta il
secondo capitolo del racconto di nonno Gabriel.
- Quando i soldati dalle facce di lupo fecero scendere dai camion Nanosh e la
sua gente – cominciò – la notte si stava stingendo in un'alba nebbiosa e livida.
Fu poco dopo che il piccolo rom vide da vicino, e per la prima volta nella sua
vita, la ciminiera sbuffante di una locomotiva a vapore.
Per tutto il tempo in cui Angela continuò a leggere, io rimasi in assoluto
silenzio, con le ginocchia sollevate sul petto e le braccia allacciate intorno
alle gambe.
Nanosh e la sua kumpanìa erano stati portati in una stazione ferroviaria,
dove ad attenderli c'erano altri soldati con le divise nere, che li avevano
obbligati a salire sul primo vagone di un lunghissimo treno merci. I portelloni
non erano stati chiusi subito e il bambino, stretto con sua sorella Mirsada tra
suo padre e sua madre, aveva potuto vedere centinaia e centinaia di altri rom
che incolonnati in lunghe file venivano fatti salire sul treno, mentre l'aria si
riempiva delle grida assordanti dei soldati e dei gemiti disperati dei vecchi e
dei bambini.
Faceva un freddo cattivo.
Ma Nanosh, che aveva messo Nùvero al riparo sotto la sua giacca, non riusciva
a capire se era per quello che Mirsada e Keja erano scosse da lunghi brividi, o
se era perché i beng, i diavoli, avevano deciso di uscire dalle pieghe più
oscure della terra per inghiottire i rom, il "Popolo degli Uomini".
Quando ormai quasi tutti erano stati fatti salire sul convoglio, davanti ai
vagoni era comparsa un'ultima colonna di prigionieri, formata quasi
esclusivamente da bambini e da donne. Nanosh aveva riconosciuto una di loro, la
più anziana di tutte, che aveva la pelle del viso scura come un pezzo di cuoio e
lunghe trecce bianche che le ricadevano sul petto magro. Si chiamava Rupa ed era
una paramisaris, una narratrice di swatura e di paramitsha, le antiche storie e
fiabe dei rom Lovara.
Qualche mese prima la kumpanìa di Nanosh e quella di Rupa si erano accampate
insieme, vicino a un campo di trifoglio. E quella notte la vecchia, seduta
sull'erba davanti al fuoco, aveva fumato la pipa con gli altri anziani e aveva
raccontato ai bambini la leggenda di Vadni Rasa, l'oca selvatica che, come i
rom, non stava mai ferma nello stesso posto, perché inseguiva il respiro del
vento ovunque esso andasse a posarsi.
Nanosh aveva pensato che se Rupa avesse posseduto le stesse ali di Vadni
Rasa, di certo si sarebbe librata in volo e sarebbe fuggita lontano. Ma Rupa,
come tutti loro, non aveva ali. E quando uno degli ufficiali l'aveva brutalmente
spintonata, si era voltata verso di lui e l'aveva colpito sul viso,
maledicendolo a gran voce. Era stato allora che Konstant aveva coperto con
entrambe le mani gli occhi di Mirsada, perché non vedesse quello che stava per
succedere.
L'ufficiale aveva afferrato l'anziana donna per una delle lunghe trecce, e
mentre lei continuava a dibattersi e a gridare l'aveva costretta a mettersi in
ginocchio. Poi aveva estratto una pistola dalla fondina e gliel'aveva puntata
sulla sua fronte.
Un attimo dopo, mentre il fischio della locomotiva annunciava che da lì a
poco i portelloni dei vagoni sarebbero stati chiusi e che il treno si sarebbe
mosso, il fragore dello sparo si era spento sotto i tetti delle pensiline e Rupa
si era rovesciata a terra senza più voce e senza più vita. (...)
Di Fabrizio (del 10/09/2010 @ 09:10:00, in media, visitato 1838 volte)
Da
British_Roma
BBC South East Wales (al link è possibile visionare un precedente cortometraggio di Cinetig di circa 10')
04/09/2010 - Giovani residenti di un sito di zingari e Viaggianti a
Cardiff stanno girando un film sulle loro vite, grazie ad una borsa di BBC
Children in Need.
La società di animazione Cinetig passerà 10 settimane lavorando con i giovani
del sito di Shirenewton che porterà ad una performance pubblica del loro lavoro.
Cinetig ha già lavorato in precedenza con zingari e Viaggianti nel Galles
dell'ovest per produrre un film animato.
Il lavoro del progetto Shirenewton partirà a gennaio 2011.
Gerald Conn, amministratore delegato di Cinetig, ha detto: "I bambini spesso
superano le loro aspettative quando vedono l'animazione terminata. L'approccio
uno-a-uno che siamo in grado di portare con un progetto come questo, accresce
l'autostima dei bambini coinvolti."
I bambini del sito di Shirenewton hanno già imparato le arti circensi
I bambini del sito di Shirenewton hanno mostrato il loro talento a giugno,
esibendosi in numeri circensi ad un evento a Cardiff Bay per celebrare i Rom ed
il Mese di Storia dei Viaggianti.
Tradizionali contastorie, giovani lavoratori e cineasti lavoreranno con i più
giovani per un periodo di dieci settimane che culmineranno in una presentazione
pubblica del loro lavoro, volta a istruire gli altri sulla storia della comunità
viaggiante in Galles.
I giovani seguiranno tutte le fasi del processo filmico - ricerca, script,
storyboard, animazione di produzione e post produzione assieme a registi
professionisti e creeranno il proprio lavoro e disegni per il film.
Isaac Blake della Romani Cultural and Arts Company, che ha creato l'evento di
Cardiff, ha accolto la sovvenzione di £18.696 come un modo per accrescere
l'autostima ed abbattere le barriere con la comunità stanziale.
Isaac Blake ha superato molti ostacoli per costruire la sua carriera nella
danza
Lui stesso della comunità di Shirenewton, Isaac ha costruito una carriera
come ballerino e coreografo e vuole incoraggiare l'altrui creatività.
"Questo progetto permetterà ai giovani zingari e Viaggianti di ricercare la
propria cultura, sviluppare un senso di orgoglio per quella cultura e
dimostrarne l'importanza a noi outsider impegnandoci a filmarla," ha detto.
"Durante il processo speriamo che diventino meno tolleranti verso la
discriminazione e riconoscano i propri valori e e autostima."
Cinetig negli anni recenti ha ottenuto diversi premi per i suoi film
comunitari, inclusi i primi premi ai festival di Chicago, Ottawa e Bradford.
I partner dietro il progetto sperano di ottenere altri fondi portando in
futuro il progetto a Newport e Swansea.
Nel 2005 Cinetig ha lavorato con i giovani di Monkton, Pembrokeshire e Bynea,
Carmarthenshire per realizzare cortometraggi sulla loro appartenenza zingara.
The Travelling Harpists racconta la storia della famiglia Wood che, in
passato, portò la sua musica e stile di vita in Galles.
Di Fabrizio (del 11/09/2010 @ 09:05:11, in Italia, visitato 1615 volte)
Ricevo e porto a conoscenza
caro Fabrizio,
potresti dare conto sul tuo interessante portale di alcuni siti che trattano di
altrettanti progetti con i sinti a Pavia?
Si tratta di:
www.sociability.it/sintiapavia (laboratorio universitario di progettazione,
per il superamento dei campi nomadi)
www.sociability.it/sinto-nizzati (progetto radioweb con adolescenti sinti)
Sempre su www.sociability.it,
alla voce Empowerment, si può scaricare integralmente un documentario che
abbiamo realizzato sulla comunità sinti pavese.
Grazie e complimenti per il lavoro
un cordiale saluto
Andrea Membretti
PhD Sociology
Prof. a c. Università di Pavia
www.sociability.it
Di Fabrizio (del 11/09/2010 @ 09:10:54, in scuola, visitato 1473 volte)
Segnalazione di Marco Brazzoduro
Stamattina, 9 settembre 2010, le operazioni del Comune di Roma contro gli
insediamenti spontanei dei rom sono entrate nel vivo. Fin dalla mattina su via
Prenestina, all’altezza di via De Chirico, un numero sproporzionato di
appartenenti alle forze dell’ordine (polizia, carabinieri e municipale) è
stato impegnato per procedere allo sgombero forzato di circa 80 rom provenienti
da Craiova (Romania), di cui la metà bambini, che risiedevano da diversi mesi in
una fatiscente costruzione abbandonata.
Molti dei bambini erano prossimi a cominciare il nuovo anno scolastico.
Non ci è stato possibile entrare nello spazio durante le operazioni di
polizia, l’unica proposta d’accoglienza offerta dalle Istituzioni riguardava
l’inserimento nei centri d’accoglienza comunali per sole donne e bambini e per
un periodo di tempo limitato. Per quanto ci risulta tutti hanno rifiutato questa
offerta di finta accoglienza volta a separare i padri dalle madri e i figli.
Le famiglie rom si sono quindi disperse sul territorio senza alcuna soluzione
e continuamente incalzate dalle forze dell’ordine.
Per i bambini lunedì non suonerà la campanella della scuola e, assieme ai
loro genitori, trascorreranno la notte tra parchi e cespugli alla ricerca di un
pertugio dove rifugiarsi. Questa è la soluzione del Comune di Roma, del Prefetto
Pecoraro e del Ministro Maroni.
Vogliamo ricordare alle Autorità competenti che, come ribadito all’Italia da
Amnesty International, secondo la normativa internazionale, lo Stato ha il
dovere di assicurare che nessuno rimanga senzatetto a causa di uno sgombero, se
non può permettere un altro alloggio, le autorità sono tenute a fornire
un’abitazione alternativa adeguata, sia che tu sia un uomo che una donna.
Se il buongiorno si vede dal mattino siamo di fronte all’inizio dell’ennesima
illegale caccia al Rom.
POPICA ONLUS
ARCI ROMA
Claudio Graziano responsabile immigrazione ARCI di Roma
tel 3939465522-0641734712
www.arciroma.it
Di Fabrizio (del 12/09/2010 @ 09:08:51, in Italia, visitato 1976 volte)
Segnalazione di
Alberto Maria Melis
Fondazione Anna
Ruggiu onlus COMUNICATO STAMPA
Cagliari 10 settembre 2010, Proprio mentre il Parlamento europeo approvava una
mozione di censura contro le espulsioni dei rom messe in atto da parte del
Governo francese e ribadiva, così, anche la censura contro la politica adottata
dal Governo italiano, le forze dell'ordine di Cagliari facevano irruzione nel
campo "nomadi" di Cagliari e prelevavano due giovani rom, un uomo ed una donna.
Il primo è stato rilasciato la sera con l'intimazione di lasciare l'Italia entro
5 giorni. La seconda, essendo già stata destinataria di un foglio di espulsione,
è stata processata per direttissima. La causa è stata rinviata e proseguirà
il prossimo lunedì 13 dopo che il P.M. ha chiesto la condanna ad un anno di
reclusione. Se, di per sé, è criticabile la cieca politica di espulsione
adottata dalle autorità, il caso in esame, per la sua particolarità, risulta
addirittura paradossale.
Laura e Zagor, infatti, sono due giovani entrambi nati e sempre vissuti in
Sardegna (ad Olbia e Cagliari), con la fedina penale pulita, che non sono mai
stati in nessun altro paese e non conoscono altra lingua che l'italiano ed il
romané, (la loro lingua materna).
Secondo il provvedimento delle autorità italiane, dovrebbero uscire dal paese
per recarsi non si sa dove, in un luogo che non hanno mai visto dove si parla
una lingua che non conoscono, senza il minimo mezzo di sussistenza.
La situazione appare paradossale anche per il fatto che entrambi i giovani,
sono stati a lungo regolarmente presenti nel comune di Cagliari in carico ai
rispettivi genitori e regolarmente iscritti all'anagrafe. Hanno perso tale
condizione solo perché è cambiata la posizione giuridica dei genitori o per
inadempimenti meramente burocratici, come la mancanza di presentazione di
istanza entro i termini previsti dalla legge.
L'espulsione e la condanna, accompagnata dall'espulsione, costituiscono un
atto di inaudita violenza che offende la dignità delle persone ed i fondamentali
diritti umani che la nostra Costituzione riconosce a tutte le persone
indipendentemente dalla cittadinanza, anche se presenti irregolarmente nel
territorio.
La stessa Corte Costituzionale, peraltro, ha sempre invocato il rispetto del
principio di ragionevolezza e di proporzionalità nell'applicazione delle norme.
A nessuna persona di buon senso può apparire ragionevole l'espulsione (verso
un ignoto inimmaginabile e terribile) di due giovani che sono nati e da quasi
trent'anni vivono in Sardegna senza che possa essere loro addebitata alcuna
colpa.
Facciamo appello al rispetto dei diritti fondamentali, alla ragionevolezza ed
al buon senso di chi è preposto al rispetto della legalità, per evitare atti che
costituirebbero una macchia per la nostra cultura giuridica e per la nostra
comunità.
La Fondazione si rivolgerà a tutte le autorità competenti ed invita tutti i
sinceri democratici a mobilitarsi per evitare questo grave atto possa essere
portato a compimento.
Il presidente: Gianni Loy
Gloy@unica.it
Tel. 3207232122
Di Fabrizio (del 12/09/2010 @ 09:13:42, in Italia, visitato 2097 volte)
Segnalazione di Tommaso Vitale
I Petre vengono dalla Romania, ma la vita dei nomadi l'hanno conosciuta qui,
insieme agli sgomberi.
Ora sono tornati a stare in una casa vera. Sperando che il loro futuro somigli a
questo presente
di Ilaria Solari -foto Alberto Dedé (le foto non sono riportate ndr.)
|
80 | Gioia 2010 |
controcorrente
La foto risale sì e no a cinque anni fa, ma
sembra vecchissima da quanto è consumata.
Ritrae una bella ragazza coi capelli
sciolti sulle spalle, l'espressione
ombrosa e il viso leggermente inclinato.
Abbraccia due bambini piccoli, uno
per lato. Constantin, 33 anni romeno,
deve averla tenuta tra le mani tanto a lungo che sul
bordo inferiore l'immagine è completamente sbiadita,
"è stata tutti questi anni nella tasca della mia giacca,
sul cuore". Accanto a lui, la moglie Mirela lo guarda
con la stessa faccia ermetica della foto. I due bambini,
Elvis e Loris, 9 e 8 anni, stanno facendo i compiti delle
vacanze sul lettone del loro appartamento milanese,
nel quartiere popolare di Calvairate. Un piccolo soggiorno,
una camera con un letto doppio e uno a castello,
un microbagno e un cucinino in cui si cammina
solo di profilo. È l'ultimo approdo della famiglia Petre,
dopo una serie infinita di tappe, da un campo abusivo
all'altro, lungo la cintura della tangenziale, insieme a
poche centinaia di persone, rom romeni come loro.
Fino all'ultimo sgombero, lo scorso novembre, nel quartiere
periferico del Rubattino, dove il loro insediamento
è stato raso al suolo dalle ruspe e i loro piccoli averi,
cartelle di scuola comprese, inghiottiti in una montagna
di immondizie.
A portarli nel bilocale di questa casa popolare sono stati
i volontari di Sant'Egidio: sotto la loro scorta, i Petre
hanno intrapreso con altre famiglie rom un "percorso
di accompagnamento all'autonomia", in assoluta controtendenza,
in questi giorni di tensione e rimpatri
forzati. A garantire loro casa e ménage fino al raggiungimento
dell'autosufficienza economica, sono borse di
studio per i bimbi e borse lavoro per gli adulti, finanziate
da enti, associazioni e privati cittadini. Un piccolo
miracolo: l'anno scarso di permanenza al Rubattino,
dove i piccoli rom hanno cominciato ad andare a scuola,
ha innescato, insieme al livore di molti residenti,
una fitta rete di solidarietà che si sta ancora allargando. Poche centinaia di persone, genitori delle scuole, abitanti
del quartiere che nel momento del bisogno hanno
ospitato gli sfollati, maestre straordinarie, volontari
instancabili, che hanno animato raccolte di fondi e
iniziative di finanziamento come la vendita di un vino
definito "rosso di origine migrante" (vino.rom.rubattino@gmail.com). E poi corsi di italiano per gli adulti,
doposcuola e spazi gioco per i bambini. Un miracolo
forse ancora troppo piccolo perché valga
la pena di citarlo accanto alle notizie di
cronaca, agli esodi forzati dalla Francia, ai
vertici sull'emergenza nomadi. "Dei trecento che
erano qui l'anno scorso", spiega
Elisa Giunipero,volontaria di Sant'Egidio
" nel nuovo campo abusivo del Rubattino,
sotto i capannoni dismessi, sono rimasti
in duecento. Dei cento che mancano all'appello,
però, sono un'ottantina quelli
che abbiamo guidato verso soluzioni residenziali e impieghi,
sia pure precari" (proprio
mentre scriviamo è in corso l'ennesimo
sgombero, che metterà a rischio l'attuazione
di tali progetti e la frequenza a scuola dei
bambini, ndr).
Ma l'avventura italiana di Mirela e Constantin
comincia molto prima del Rubattino,
in un'altra casa. Quella che si intravvede
sullo sfondo della foto consumata: è
la casa del padre di Constantin, nella provincia depressa e rurale dell'Oltenia, tre
stanze in tutto in cui vivevano in otto.
Come molti rom sedentarizzati sotto il
regime di Ceausescu, i Petre facevano gli
agricoltori: "Vite e granturco", specifica
Constantin "non è una vita dura, forse
per uno di città. Ma niente soldi, niente
di niente". Constantin era anche muratore,
"ho costruito le case a tutti laggiù. Una
volta sono andato a fare un lavoro a casa
sua", lo sguardo è una fessura scura che
accarezza la moglie. "Continuava a guardarmi.
Ho fatto in modo di andare a
trovarla spesso". Negli occhi di Mirela
finalmente si allarga una luce gialla. E il
primo sorriso: "Eri tu che guardavi me".
Un matrimonio vero non ce l'hanno avuto.
"Nessun vestito bianco, feste o balli.
Ci siamo sposati solo civilmente".
A Milano c'è arrivato per primo Constantin,
seguendo il cognato, che è pastore
pentecostale ma fa anche il muratore.
Niente roulotte e vita randagia: come per
molti rom romeni, la prima esperienza
con i campi nomadi è stata in Italia. Insomma,
una storia di ordinaria immigrazione:
all'inizio l'ospitalità in una parrocchia,
in cambio di lavori e riparazioni. Poi
è stata la volta di un egiziano a cui, per un
letto in un appartamento affollato, Constantin
pagava 200 euro al mese. Ma Mirela
soffriva di malinconia e decise di raggiungerlo
con Loris, il più piccolo. "Il
grande ha sofferto così tanto di solitudine
in Romania che è rimasto piccolino", ricorda
accarezzando i capelli cortissimi di
Elvis. Proprio allora Constantin aveva perduto
alloggio e lavoro. Si rifugiarono nel
campo di via Bacula, dove già si trovavano
amici e parenti. "Quando sono arrivata era primavera, Milano era bellissima",
ricorda Mirela "tutto
mi sembrava caldo e
pulito, anche il campo".
Per segnalare
disponibilità di alloggi
e offerte lavorative
o contribuire a borse
di studio e lavoro
scrivete a: santegidio.rubattino@gmail.com
La caccia al nomade ingaggiata dal
Comune li ha sospinti da un insediamento
all'altro. Fino al Rubattino: il campo piano piano si è gonfiato,
hanno tagliato l'acqua
ed è stato l'inferno. "Che dovevamo
fare?", mormora Constantin indicando la
tv sintonizzata su un canale romeno "migliaia
di medici lasciano il Paese, con lo
stipendio statale non campano. Per noi
era peggio".
Ci sono due televisioni in casa Petre, una
per stanza, entrambe accese. L'appartamento
assomiglia a tanti altri. Pulito, ordinato.
Con una differenza, che salta agli
occhi dopo un po': in giro manca quella
nebulosa di oggetti provvisoriamente fuori posto:
chiavi, giornali, cianfrusaglie. Sul
tavolo tondo ci sono soltanto un melone
a fette e dei dolci, in segno di benvenuto.
Il resto è stivato con la meticolosità di chi
si dispone a partire da un momento all'altro.
Elvis ascolta le canzoni rom scaricate
dal computer e inserisce nel lettore un dvd
con le foto di classe: "Guarda: qui facevamo
la terra mossa dal vento", dice con il
faccino serio, indicando tanti bambini che
agitano le braccia. E in quella che fate?
"Non vedi? Cantiamo in inglese". Mostra
con un filo d'orgoglio
la strepitosa pagella. Sono due bravi scolari, spiega Mirela, fanno i compiti spontaneamente e non hanno mai perso un giorno di scuola. Nemmeno nell'ultimo sgombero, quando dormirono due notti in un
orto nella bruma di novembre e poi con
la mamma in un dormitorio pubblico,
mentre papà si rifugiava dove poteva. "La
scuola dell'obbligo e l'ufficio vaccinazioni
sono le uniche istituzioni che riconoscono
queste persone", spiega Stefano
Pasta di Sant'Egidio" che sono comunque
cittadini comunitari. Eppure, senza residenza,
ogni altro diritto è loro precluso".
Forse per questo, anche ora che abitano
lontano, si consumano le scarpe per raggiungere puntuali la scuola del Rubattino.
"Quando Constantin non deve lavorare,
ci andiamo insieme", racconta Mirela. Altrimenti
esce alle sei di mattina. "Papà
colora i muri, costruisce le case di Milano", spiega Loris. Anche Mirela è in attesa
di un lavoro. Intanto confessa che si
sente sola. Il momento più bello della giornata
è il pomeriggio, quando rivede i suoi
bimbi. Nel resto del tempo? Abbassa gli
occhi, "se siamo in difficoltà chiedo ancora
l'elemosina, ma solo a chi conosco".
A quelli che definisce gli "italiani bravi".
"Come la signora vestita di blu che ci porta
i soldi ai giardini", le fa eco Elvis. Mirela
ricorda il senso di vergogna delle prime
volte, "non passa mai, ma poi impari
a non pensare a niente". Tutto il resto la
incupisce solo un po', come i commenti
acidi della farmacista da cui acquista una
confezione di aspirine perché è raffreddata.
O il costante sguardo sospetto dei commessi
quando fa la spesa al supermercato.
Il pomeriggio i bambini scendono da soli
ai giardini sotto casa. Mirela non si fida
a mandarli in giro da soli, ma ai giardini
sì, "lì sono tutti amici", dice Constantin.
I ragazzini, da queste parti, vengono da
ogni angolo del mondo, e che tu sia rom
è un dettaglio irrilevante.
"Sei da Milano", chiede a tutti Elvis. Qualcuno
gli risponde che ormai anche lui è "da Milano"."Non ancora", risponde convinto,
agitando la testa "solo quando avrò
il portafogli da Milano". "Vuoi dire il passaporto,
Elvis?". "Sì, anche quello".
Per prudenza ai Petre è stato sconsigliato
di invitare troppa gente a casa.
i momenti di socialità si sono finora
consumati al campo del Rubattino.
Non sarà più così, dopo questo nuovo
sgombero, il numero 125 dall'inizio
dell'anno, secondo il bollettino del Comune.
"Ci i ritrovavamo ogni domenica
a cucinare sulla griglia", gli occhi di
Mirela diventano lucidi. "Ogni volta
che li vedo, mi chiedo come è possibile
vivere così". È il suo piccolo film dell'orrore,
un passato inarchiviabile di
notti all'addiaccio, topi, gelo. E il futuro?
A lei basterebbe che assomigliasse
al presente. Se proprio deve esprimere
un desiderio, vorrebbe "una cucina
appena più grande, da poterci cucinare
con mia cognata e le amiche". Magari
il sarmale, gli involtini di verza in cui
si dice sia maestra, "da servire, come fate voi, con la polenta".
MA IN EUROPA VINCE
LA LINEA DURA
Sono quasi 900 i rom di origine
bulgara e romena rimpatriati
forzatamente dalla Francia,
nonostante i richiami di Onu
e Commissione europea, perché
considerati una "minaccia per
l'ordine pubblico". E mentre
il partito di estrema destra
ungherese Jobbik avanza la
proposta di destinare le comunità
rom del Paese in "campi chiusi",
anche in Italia il clima si
surriscalda: il ministro dell'Interno
Maroni promette di essere ancora
più duro di Sarkozy e gli
amministratori delle grandi città
perpetrano piani di sgombero
sistematico di ogni insediamento
abusivo. A Roma, dove una
curiosa psicosi collettiva segnala
i primi presunti avvistamenti
di "macchine rom con targhe
francesi", il sindaco Alemanno ha
appena smantellato il campo
abusivo di Quartaccio. A Milano,
ancora al Rubattino, il vicesindaco
De Corato ha attuato il 125esimo
sgombero dell'anno, mentre
l'unico campo regolare della città,
in via Triboniano, entro ottobre
sarà smantellato per fare spazio
alla strada che collegherà la città
all'area dove si terrà Expo 2015.
Campagna straordinaria di Medici per i Diritti Umani per il riacquisto
dell'unità mobile destinata ai senza fissa dimora del territorio fiorentino,
rubata nel periodo di Ferragosto
Facciamo appello a tutti i nostri sostenitori per raggiungere la cifra di 10.000
euro.
Lo stato della raccolta fondi verrà costantemente aggiornato sul nostro sito
internet
www.mediciperidirittiumani.org e si concluderà con una festa aperta a tutti
dove, speriamo, verrà presentato il nuovo mezzo a disposizione dei trenta
volontari medici, infermieri, antropologi, psicologi, ostetriche, operatori
sanitari e non sanitari che collaborano con MEDU.
Medici per i Diritti Umani è una associazione di solidarietà internazionale che
si propone la tutela dei diritti umani e del diritto alla salute in particolare,
garantendo l'accesso alla salute alle popolazioni vulnerabili in Italia e nel
mondo.
L'unità mobile di MEDU a Firenze ha seguito nel corso dell'ultimo anno circa 400
pazienti, con l'obiettivo di offrire una prima assistenza sanitaria, orientare e
ed accompagnare gli utenti all'uso dei servizi sanitari pubblici ed effettuare
incontri di gruppo di promozione alla salute.
E' visibile nel nostro sito internet il recente rapporto "L'Europa invisibile,
il lavoro di MEDU negli insediamenti spontanei dei Rom rumeni a Firenze e Sesto
Fiorentino", mentre è in fase di realizzazione il nuovo rapporto sull'attività
svolta con richiedenti asilo e titolari di diritto di asilo e protezione
umanitaria.
I contributi poteranno essere versati tramite bonifico postale o bancario alle
seguenti coordinate:
conto corrente bancario:
Banca Popolare Etica
codice iban: IT68 F 05018 03200 000000113024
conto corrente postale:
c/c n 12182317 intestato a
Banca Popolare Etica Roma
causale: Medici per i Diritti Umani c/c 113024
Grazie a tutti per la solidarietà e collaborazione!
Da
Mundo_Gitano
Radio Nederland Wereldomroep Publicado el: 5 de septiembre 2010 - 7:00
de la mañana | Por María
Isabel García (http://www.informarn.es)
Mentre a Bruxelles la Commissione Europea studia le recenti espulsioni
verso la Romania e la Bulgaria accadute in Francia, la Colombia riconosce il
popolo Rrom come patrimonio ed espressione della pluralità culturale ed etnica,
consacrata dalla costituzione.
Non si vedono più le tende nella periferia delle città, come successe a Macondo,
quando ogni anno, durante il mese di marzo, arrivava Melquiades con le sue
invenzioni e i suoi prodigi come attrazioni, che per un momento fecero pensare
ad una di quelle di José Arcadios, della saga inventata da Gabriel Garcia
Marquez, con le quali si avrebbe potuto attirare l'oro; né l'immensa lente
d'ingrandimento con la quale un altro dei Buendia credette d'iniziare le
guerre solari.
Nei quartieri di Bogotà, Puente Aranda, Santa Isabel, El Sol, Galan, Camelia e
Ciudad Montes, è frequente incrociare delle donne con i loro vestiti lunghi e
colorati, talvolta con una sciarpa legata ai fianchi e lunghi orecchini. Sono
Gitane, che abitano come una volta nei dintorni della capitale colombiana, dove
si calcola ci siano 60 famiglie gitane, circa 700 persone, dei cinquemila che si
stima risiedono in tutto il paese. Cucuta, alla frontiera nord con il Venezuela,
è la città con la maggiore concentrazione di membri del popolo Rrom. Gli uomini
non si distinguono molto nel loro abbigliamento, generalmente indossano vestiti
scuri, anche se caratteristici a secondo del loro mestiere: forgiatura dei
metalli, o allevamento e scambio di cavalli.
Riconoscimento
"La comunità gitana è uno dei multipli gruppi umani che vivono a Bogotà e che
grazie a le sue manifestazioni artistiche rinforza la diversità del patrimonio
culturale intoccabile della città", affermò domenica scorsa (29 agosto 2010), il
Sindaco della capitale, Samuel Moreno, a una festa gitana, durante la quale
annunciò che, all'occasione di un prossimo incontro sperava di firmare un
documento relativo alla Politica Pubblica per i Rrom.
In questi giorni, il popolo Rrom di Colombia celebra l'emissione del decreto
2957, che riconosce loro caratteristiche specifiche nonché il loro contributo
"al processo di formazione della nazionalità colombiana e come parte del
patrimonio etnico e culturale della nazione" secondo Moisés Mediano,
rappresentante delle popolazioni al Ministero della Cultura.
L'eccezionale Dalila
Nativa di Bogotà e cittadina del mondo, Dalila Gomez la quale si definisce come
una "ribelle con i gitani", è un ingegnere industriale con studi di
amministrazione pubblica. Questo è piuttosto eccezionale nella sua comunità,
fortemente tradizionalista in quanto al ruolo della donna, il quale si svolge
prevalentemente all'interno del nucleo famigliare. Tuttavia, lei è visibilmente
a capo del processo che già da una decina di anni, ha iniziato a liberare il
popolo Rrom alla ricerca di un riconoscimento legale. Ha dato l'impulso e
seguito i lavori che portarono parzialmente al culmine, il 6 agosto 2010, con
l'emissione del Decreto che lo riconosce come comunità etnica con un'identità,
la cui forma di organizzazione sociale e la lingua propria hanno definito
storicamente le sue istituzioni politico-sociali.
Dalila riferisce che le strategie di incidenza politica si concentrarono nel
rendere la comunità più visibile, tramite i mezzi di comunicazione e per mezzo
della presenza in distinte istituzioni dello stato e della società.
RN. Quali saranno i piani maggiormente decisivi per il futuro?
DG. Il più importante è di concretizzare le azioni che sono state
pianificate dal punto di vista normativo, per trasformare le realtà negative e
migliorare le condizioni di vita del popolo Rrom.
RN. Si stima che in Colombia la comunità Rrom integrata sia di cinquemila
persone. Dove si localizzano, benché nomadi?
DG. In Colombia abbiamo le Kumpanias, gruppi patriarcali, famigliari,
stabiliti nei quartieri di alcune delle grandi città, considerando che la
maggior presenza gitana si registra in Cucuta, Giron, Barranquilla, Cartagena e
Bogotà.
RN. A quando risale la presenza dei gitani nel paese?
DG. Secondo i registri dell'Archivio dell'India, i primi gitani
arrivarono in America all'epoca del terzo viaggio di Cristoforo Colombo. Fino
alla fine del XVIII secolo erano chiamati "arrochelados" o "llovidos", e si
integravano con degli schiavi sfuggiti e indigeni che non si sottomettevano alle
leggi coloniali. Nuove ondate di immigranti arrivarono quando fu stabilita la
Repubblica, e poi durante la prima e la seconda guerra mondiale. Recentemente,
più che arrivare, vanno via dei gitani, in quanto a causa del conflitto interno,
la Colombia non è un paese adeguato per ospitarli.
RN. Sono persone di armonia e di pace.
DG. Siamo un popolo pacifico, non abbiamo nessun eroe riconosciuto, né
odi tramandati, il che si traduce in un grande amore per la vita, e questo fa si
che abbiamo un concetto del tempo e della libertà, molto particolare, differente
di quello della maggioranza delle società nei vari paesi, dove si legifera per i
sedentari e si hanno forme rigide per il controllo della gente, dell'essere
umano.
RN. Come vede la persecuzione della quale sono stati oggetto i gitani, in
Europa e in Francia?
DG. I gitani in Europa, equivalgono agli indigeni in America, perché sono
discriminati, c'è il genocidio etnico, alto tasso di mortalità infantile, i loro
figli sono considerati a scuola come dei disabili. Perché un gitano possa
eccellere in Europa, deve riempire più condizioni del normale, in quanto c'è
molto razzismo. Quello che vediamo ora in Francia, un paese notoriamente
liberale, il quale fece la rivoluzione per promuovere i diritti di tutte le
persone, è una retrocessione; stanno dimostrando che ritornano al nazismo, come
durante la seconda guerra mondiale. Al contrario, nel nostro paese, considerato
del terzo mondo, malgrado i nostri conflitti e i nostri problemi, stiamo dando
un esempio di civiltà. Inoltre abbiamo una ferma volontà di convivere con gli
altri gruppi e culture.
Saluto romanì
E in segno di fratellanza, Dalila rivolge un saluto in lingua romanì, che
tradotto significa:
"Saluto e libertà per tutti i gitani del mondo; stiamo passando attraverso un
momento di crisi, speriamo che tutto si aggiusti, pensiamo che valgano più la
ragione dell'essere umano per cercare il dialogo tramite la parola, e la
saggezza. Basta essere preparati, si tratta di dimostrare al mondo che siamo
esseri umani e che meritiamo di vivere su questo pianeta."
Di Fabrizio (del 14/09/2010 @ 09:08:28, in Europa, visitato 3164 volte)
by Paul Polansky
[continua]
Dr. Sergey Shevchenko
(foto da
minority-net.net) Il Percorso della Salute del dr. Shevchenko costruito
accanto ai cumuli di scorie tossiche che attorniano i campi zingari. I cartelli
sono in inglese, serbo ed albanese. In inglese dicono: Inala l'odoure (sic)
della salute. E' una sfida per te. VINCILA. L'esercizio creato per un corpo
sano.
IL PREMIO "PERCORSO DELLA MORTE": disonora e disgrazia quel dottore ONU
che approfittò finanziariamente della costruzione di impianti sportivi su
terreni contaminati.
Non tanto tempo fa, chiesi ad un incaricato dell'UNMIK chi avrebbe perseguito
per questa tragedia dei campi zingari contaminati da piombo. Senza esitazione,
mi disse: 1- il dr. Kouchner per aver messo lì gli zingari; 2- Norwegian Church
Aid per aver amministrato i campi senza riportare un decesso o senza aver poi
protestato; 3- il dr. Shevchenko per essersi riempito le tasche di soldi con i
progetti sportivi realizzati su terreni contaminati.
Il dr. Shevchenko, un optometrista, era il dottore ONU incaricato di
Mitrovica nord, che includeva due dei tre campi originari (Cesmin Lug e Kablare).
Alcuni del suo staff dicono che è un russo originario di Vladivostok e gira con
un passaporto diplomatico russo, ma che vive oggi a Vancouver, BC, Canada. Però,
nel 2005 disse all'avvocato americano Dianne Post di avere passaporto canadese.
Ma la cattiva fama del dr. Shevchenko è dovuta al "Percorso della Salute".
Ispirandosi ad un parco della salute in Canada, Shevchenko costruì il suo
Percorso della Salute su un terreno contaminato tra i campi zingari di Kablare e
Cesmin Lug ed i 100 milioni di scorie tossiche la cui polvere per molti giorni
ricopriva i campi. Il dr. Shevchenko trasformò un vecchio sentiero di 1,5 Km. in
un percorso di jogging tossico ed installò anche barre per gli esercizi accanto
al cammino, più una rete da basket e due porte improvvisate da calcio. Pose
cartelli blu di due metri con scritte in bianco, firmati dall'ONU in tre lingue,
incoraggiando i locali a "respirare l'odore della salute". Gli esercizi, aprire
i polmoni, permette a più polvere tossica di entrare nel corpo, ma questo non
era menzionato sopra la firma dell'ONU.
Secondo il suo staff ONU, Shevchenko raccolse 66.000 euro per costruire
queste infrastrutture sportive, pagandole però ai contraenti locali che le
costruirono solo 10.000 euro. Incoraggiato da come fosse facile ottenere fondi
per "progetti zingari", il dottore-affarista Shevchenko scrisse allora un
progetto da 300.000 euro per costruire più baracche sui terreni contaminati per
rifugiati zingari, a favore dei rifugiati che l'ONU stava rimpatriando dalla
Serbia. Secondo il suo staff locale il nostro optometrista in orgasmo da
sviluppo aveva un contraente serbo locale che intendeva costruire le baracche
per 100.000 euro. Quando venne chiesto loro (il suo staff) su perché non
premessero per dar luogo ai lavori, mi dissero che avevano così paura di
perderlo. Shevchenko lasciò il Kosovo prima che il suo progetto dei baracche
venisse approvato.
KAAD (Kosovo Agency for Advacacy and Development)
IL PREMIO DIETA SPECIALE: disonora questa OnG di Pristina che ha
amministrato il campo zingaro di Osterode dal dicembre 2008, ma sta facendo
pochissimi sforzi per tenere in vita i bambini.
Non ho mai pensato che potesse esserci un amministratore di campi peggiore di
Norwegian Church Aid nel non curarsi se i bambini dei campi zingari vivessero o
morissero. Ma questa OnG albanese a contratto e finanziata dal governo del
Kosovo, potrebbe essere di parecchio peggiore. Ergin Salihi, bambino di nove
anni, è entrato ed uscito sette volte dall'ospedale negli ultimi anni per
insufficienza renale causata da malnutrizione e debolezza del sistema
immunitario causata da avvelenamento da piombo. Suo fratello Robert, cinque
anni, è in condizioni persino peggiori. Senza una dieta adeguata, dicono i
dottori locali, non vivranno a lungo. Sino a settembre 2009, KAAD ha fornito la
dieta speciale al costo di 7 euro al giorno. Da settembre, KAAD ha sospeso la
somministrazione dicendo di non potersela permettere.
Quando Human Rights Watch (l'OnG internazionale con base a New York) a
novembre 2008 visitò i campi, parlò con una dottoressa part-time del campo,
Javorka Jovanovic, che dichiarò che era impossibile distinguere tra cause
mediche dipendenti solamente dal piombo e quelle semplicemente collegate alla
povertà e alla deprivazione. Aggiunse che la combinazione dei due fattori
peggiorava sempre di più ogni condizione. Tuttavia, notava nei bambini su base
giornaliera i sintomi da contaminazione come rachitismo, nervosismo, fatica ed
epilessia. Disse che l'avvelenamento da piombo stava rendendo i bambini più
vulnerabili alle altre malattie.
La dottoressa Jovanovic sentiva che la cattiva salute dei bambini peggiorava
a causa della loro dieta. Molte, se non la maggior parte, delle famiglie vanno a
cercare il cibo nei container delle discariche cittadine. Nel 2002 ACT/NCA
interruppero tutti gli aiuti alimentari ai campi, dicendo che gli zingari ne
rivendevano una parte per comprarsi le sigarette. Gli zingari ammisero di
vendere alcuni degli aiuti, ma soprattutto per comprare le scarpe perché i
bambini potessero andare a scuola. Nondimeno, tutti gli aiuti alimentari vennero
fermati nel 2002.
Tutte le madri del campo si sono lamentate con KAAD sulle cattive condizioni
igieniche e per la dieta che sta esacerbando la situazione sanitaria dei più
vulnerabili, i bambini sotto i sei anni d'età e le donne incinte. La dottoressa
Jovanovic ha detto che la concentrazione di malattie nei campi rende la
situazione medica senza paragoni con nient'altro che abbia mai visto nei suoi 35
anni come dottoressa.
Anche se KAAD ed il governo del Kosovo non sono responsabili per la
costruzione di questi campi su terreni contaminati, furono gli Albanesi che
allontanarono gli zingari dalle loro case dopo che le truppe NATO francesi
avevano occupato la città. Punire ora i bambini nati lì dopo la guerra appare
una rivincita senza senso. Ma è quello che sta succedendo adesso. Altrimenti
perché KAAD dovrebbe interrompere la dieta speciale del novenne Ergin?
Sicuramente KAAD che mantiene uno staff di 42 persone ed è finanziata dal
governo del Kosovo può permettersi 7 euro al giorno per salvare Ergin ed i suoi
fratelli. Nessuno in Kosovo, KAAD specialmente, sembra comprendere che la
negligenza dolosa verso i bambini è un crimine.
Fine tredicesima puntata
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