Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
La prima risposta (molto italiana) è:
- non può fregarmene di meno ...ma
parlare di Beppe fa salire il numero dei lettori, quindi:
Altra risposta all'italiana:
Il mio umilissimo parere l'avevo già dato
un anno e mezzo fa, e non si parlava di Beppe, bensì di un piccolo fatto
di cronaca nera in Emilia. Sapendo quanto sono pigri i miei lettori, riassumo il
concetto chiave: UN BUON 80% DI CHI SI PROFESSA RAZZISTA LO FA PER
CONFORMISMO, IN REALTA' VUOLE CHE RAZZISTI LO DIVENTINO GLI ALTRI.
Sì, anche Beppe... mi ricorda tanto certi personaggi da commedia
all'italiana, come Borghezio, o Sgarbi o Sallusti, per andare su altri temi. Non
sono così, lo fanno per esigenze di scena e non sarebbero neanche obbligati a
recitare quel copione. Ma vivono il terrore che i riflettori si dimentichino di
loro, e allora devono ricorrere alla battuta, meglio se fuori contesto e che
non porti a nulla. Un po' come sparare una puzza in un convegno elegante,
magari qualcuno si volta a vedere chi è stato.
Ma il Beppe è un caso a parte, lo ammetto.
Perché da un lato vuole accarezzare la pancia popolana di un'Italia
immiserita (nel portafoglio e nel cervello), dall'altra vorrebbe diventare un
maitre-a-penser (scusate ma ho un problema con gli accenti) del XXI
secolo. Non essendo mai stato né popolano né intellettuale, si è dovuto
inventare un movimento, e ora corre davvero il rischio che il movimento si mangi
il suo fondatore.
Perché, e qua torno al RAZZISMO DA BAR SPORT di Beppe, nel movimento c'è
finito di tutto. Anche nel suo famoso blog (lo leggo dagli inizi, peccato che
col tempo sia diventato illeggibile, sia come grafica che come contenuti): ha
iniziato con
padre Zanotelli per finire ai sacri confini invasi da negri e rumeni. In
mezzo c'è stato di tutto e il suo contrario. Con una chiusa desolante, degna più
di Casaleggio che del Beppe: NON E' NEI 10 PUNTI.
Ora... ... ... ... ... se 300 persone affogano alle porte di Lampedusa, se i
superstiti vengono denunciati come "clandestini" ... ... ... (tento di
mantenermi calmo, ma il VAFFANCULO GRILLO lo trattengo a stento), vorrei dagli
eletti un briciolo di MORALITA', quella parola che ho sentito tante volte
abbinata ai casi più improbabili. Non solo:
Generale, il tuo carro armato è una macchina potente
Spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d'una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l'uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.
e allora, viva quei pescatori che sfidano la Guardia Costiera per salvare i
naufraghi, viva quel poliziotto che non arresterà un clandestino, viva
quell'eletto che sfiderà il suo partito e abolirà la Bossi-Fini (alla
faccia di Beppe, i VAFFANCULO arrivano anche così).
Cosa cambia, abolendo il reato di clandestinità? Forse non lo sanno neanche
quei M5S e SEL che l'hanno proposto, ma hanno fatto quello che loro competeva.
Rimane un quadro europeo che è tutto da dipanare, ma mi permetto di azzardare
che, se deve sempre esserci un'altra urgenza,, i 10 PUNTI
valgono (e servono) quanto i 10 PIANI DI MORBIDEZZA.
Con questo, spero di aver accontentato i lettori più pigri. Per i
solutori più che abili, ho ancora qualcosa:
Vi ricordate Maroni (sì, credo sia ancora vivo) quando a inizio anno diceva "Sul razzismo ci abbiamo marciato"? La Lega non nacque in
un'Italia dalla coscienza limpida e pulita, ci mise ovviamente del proprio, ma i
razzisti esistevano già. E iniziò prendendosela con gli immigrati, aggiungendo
la categoria dei ladri (grandi e piccoli) come contorno; facendosi passare come
anti-sistema, come movimento più che partito, come un gruppo di persone
antipatiche, ma serie e oneste. Poi, abbiamo visto com'è finita.
In realtà, una fine non c'è. La Lega oggi è abbastanza sputtanata di suo, e
PD e PDL ne hanno approfittato per sposarsi, un po' come quelle coppie che
litigano ogni giorno, ma stanno insieme un po' per interesse, un po' perché c'è
la famiglia da salvare, un po' perché forse si amano davvero ma non
vogliono ammetterlo.
Ma la Lega puzza di cadavere, e forse non basteranno gli imbalsamatori
Salvini o Tosi a profumarla. Che fine faranno quanti votavano Lega perché
speravano in un partito serio ed onesto (turandosi il naso già 20 anni fa)? Che
poi magari erano democristi o ciocialisti in crisi di coscienza?
Quanti saranno? Beppe come un avvoltoio è da tempo che se lo chiede; la Kasta,
i ladri, gli immigrati... hanno sostituito la
Biowash. Alla vecchia Italia codina propone il 2.0, visto che questo paese
Internet non l'ha mai capito.
Chiusura:
Siamo nell'ennesima storia italiana: che Beppe e Napo Orso Capo
non si sopportino, l'hanno capito tutti. Sulla PELLE dei "clandestini", che
rimangono una pietra dello scandalo, assisteremo al passaggio di consegne tra la
Turco-Napolitano e la Grillo-Casaleggio (con Bossi e Fini come testimoni di
staffetta). A furia di insulti, ma nel segno PRATICO di un'italica continuità.
Apologo
del fine settimana a prospettiva variabile (avariabile?)
Mi diceva il professore, uomo buono ed onesto, che i giovani rom non conoscono il loro passato, e
stava cercando una maniera per "insegnarglielo".
Non mi ricordo il come e il perché, una sera parlavo con'anziana romnì, le
raccontavo che un tempo non molto lontano ad essere zingari si finiva in campo
di concentramento. Che oggi non va bene, ma allora c'era gente peggiore Lei mi rispose che del passato non le importava, e poi sputò
per terra: "Ma lo sai, tu che mi fai queste lezioni, che se mia nipotina fosse
bionda, potrei finire dentro come una ladra? Dimmi cosa è cambiato!"
Io non ci credo che nel 2013 ci sia ancora qualcuno che se vede una
zingarella bionda mette in giro la sua foto. E non ci credo che ci siano
giornali che accetterebbero tutto questo. Ma, si sa, gli zingari sono dei gran
bugiardi e vogliono sempre passare per vittime.
Torniamo a bomba, come si dice. Da rileggere:
allegrofurioso. E a tutti un buon HALLOWEEN
Facciamo un altro esperimento mentale. Poniamo che avete una bambina. Di,
diciamo, sette anni. Un bel giorno la polizia ve la toglie. Perche' si dice che
non e' vostra.
Si scatena allora una campagna stampa contro di voi e contro i vostri vicini di
casa. Si dice che voi, o i vostri parenti, o i vostri vicini di casa rubate i
bambini, per farli a fette, metterli sul mercato degli organi, venderli ai
pedofili, ecc. ecc. Una campagna di stampa con articoli in prima pagina. Sui
quotidiani locali (quelli che la gente legge al bar; e ovviamente non avete il
coraggio di entrare in alcun bar). Su quelli nazionali. Allarme pedofili,
centinaia di bambini spariti. Su quotidiani di tutta Europa. Pensose analisi su
come il crimine verso i piu' deboli sia endemico nella vostra comunita'. E
pagine facebook so come siete una banda di bastardi, che qualcuno prova ad
aiutarvi e si ritrova che gli rubate il portafoglio. E allarme bambini spariti.
Intanto vostra figlia sa il cavolo dove e'. Contattate avvocati (e loro aprono
il conto). Assistenti sociali. Se vi va bene vi ascoltano; di solito pero' va
male e gli assistenti sociali hanno il loro interesse professionale a mantenere
i bambini lontani da voi e sotto la loro tutela.
Magari la bambina e' in ospedale. Non ve lo dicono. Poniamo anche che il vostro
nonno aveva un fratello, anzi due, gemelli, e anche loro sono finiti in
ospedale, un ospedale in un posto in Polonia, dove c'era un dottore tedesco
molto interessato ai bambini come voi, per via della leggenda che venite
dall'India, e quel dottore si chiamava Mengele e in ospedali e posti di polizia
e' successo che sono morti 800.000 persone come voi, e adesso possono essere
800.001 e quell'uno e' vostra figlia. La bimba bionda che vi e' stata sottratta
da gente in divisa e la cui foto e' su tutti i quotidiani d'Europa, e in prima
pagina su quello che la gente legge al bar, e voi non sapete dove e' la bimba.
Vostra figlia.
E poniamo che una vostra zia sia stata sterilizzata, nella Cecoslovacchia
comunista, o nella Svizzera capitalista, o nella Svezia socialdemocratica, non
fa 'sta gran differenza, c'e' questa idea che voi i bambini non li sapete
tenere, per questo le donne della vostra famiglia hanno questa paura di entrare
negli ospedali, e di uscirne sterilizzate, ed e' per questo che quando andate in
ospedale ci andate con tutta la famiglia, anzi diciamo la tribu', e non lasciate
mai l'ammalato solo un momento, per questa terribile, ancestrale paura, che
qualche fondamento diciamo ce lo ha. Una paura tanto forte che basta per
sopportare le proteste dei parenti degli altri ammalati, la arroganza degli
infermieri (ve lo raccontava uno zio, cosa fanno, ai bambini come voi, quelle
signore bionde con il camicie bianco).
E andando indietro nel tempo, non e' cosi' raro che bambini vengano tolti a
quelli come voi. C'e' sempre qualcuno nella vostra famiglia a cui e' successo.
Per esempio perche' non li mandava a scuola. Ma a scuola venivano malmenati dai
compagni. Messi in classi separate, a studiare assieme ai bambini con
difficolta' cognitive. Mentre loro sono intelligenti. E vivaci. Troppo vivaci,
dicono le maestre. E poi le mamme degli altri bambini si lamentano. Quindi il
vostro cugino non e' andato a scuola; ma voi ci andreste a scuola a subire
umiliazioni e sentir dire che non vi lavate, e spiegare che l'acqua c'era, ma il
sindaco la ha tolta? No che non ci andreste. E difatti il cugino non ci andava.
Ma sono venuti ancora quelli della polizia e gli assistenti sociali e hanno
portato via vostro cugino. E dove sara' vostra figlia adesso.
La hanno portata via. Come succedeva ai vostri cugini. Come succedeva, anche,
all'epoca dei vostri zii. Sempre per questa idea che voi non sapete tenere i
bambini, che prolificate troppo e di bambini ne fate troppi, che SIETE troppi.
Pero' nel contempo, illogicamente, anche attentate ai bambini degli altri, e
quindi voi i bambini li rapite. Come se non ne aveste abbastanza dei vostri. Che
puttanata. Ma la ggente ci crede. La ggente lo scrive su facebook. La polizia
interviene. Gli assistenti sociali confermano. Voi fate troppi bambini E IN PIU'
rubate i bambini degli altri. Non perche' ci sono tra di voi dei criminali, come
ci sono in ogni gruppo umano (poniamo, tra i preti; o tra i militari). No,
perche' proprio SIETE dei criminali, tutti, siete pericolosi. Tutta la vostra
famiglia. Tutto il vostro vicinato. Tutta la vostra comunita'. Tutti quelli come
voi, sparsi per l'Europa (e anche America, o Sudafrica, o Australia, o persino,
come detto, India). Siete dappertutto. E l'allarme bambini spariti e'
dappertuttto. E tutto e' iniziato, stavolta, quando vi hanno tolto vostra
figlia. Che da settimane non sapete dove e'.
Poi arrivano le analisi del DNA
La bambina era vostra. Scusate, ci siamo sbagliati. Vabbe' succede. Come,
risarcimento? E' un casino. Ma mica possiamo andare a chiedere i danni al
direttore di un quotidiano polacco, o greco, o spagnolo, che ha trovato
interessante la notizia. Si', dai: verificare… Certe notizie non si verificano.
E' senso comune. E come si fa a documentare tutto. Che pretese. E da dove si
inizia a calcolare il risarcimento? Da quegli 800.000 uccisi? Da quei bambini
scomparsi grazie ad assistenti sociali molto zelanti? Lasciate perdere, che se
insistete con 'sta cosa del risarcimento succede un casino. Sapete, ci sono
pregiudizi, in giro, su di voi. Vedete di rigare dritto, piuttosto.
Ecco, per noi e' un esperimento mentale. Per altri una realta'. Come vi ci
trovate?
Male, suppongo. Da schifo.
Benvenuti tra i Rom, i Sinti, i Travellers. Gli zingari, insomma.
di Giorgio Bezzecchi
Signor Galli,
Sono un attivista Rom che da 30 anni condivide la realtà quotidiana dei Rom e
Sinti. Ho riflettuto prima di scriverle per l'antica abitudine a sopportare il
pregiudizio e la discriminazione, ma alla fine sento il bisogno di rispondere al
suo articolo scritto sul "Corriere della Sera" apparso martedì 26 novembre 2013
a pagina 3 della cronaca di Milano a proposito dei funerali di Luca Braidic. Lei
parla di "Funerali..........con più poliziotti che familiari"; "celebrati il più
in fretta possibile"; e soprattutto di "funerali da boss di mafia...".
Io ho partecipato ai funerali di Luca Braidic celebrati da Monsignor Mario
Riboldi, con Padre Luigi Peraboni (da 60 anni tra i Rom e Sinti) con don Massimo
Mapelli della Caritas ambrosiana, i Padri Somaschi e esponenti di altre
associazioni anche loro impegnati da molti anni con i Rom e Sinti, da lei
neppure considerati evidentemente per non essersi degnato di venire a vedere o
di informarsi compiutamente.
Premesso che i poliziotti erano 6 con 3 auto e parlavano tranquillamente tra
loro sulla piazzetta antistante la chiesa, mentre le famiglie Rom hanno riempito
la chiesa con la presenza del Sindaco con partecipazione seria secondo la nostra
tradizione; che se per fretta s'intende percorrere i circa 2 chilometri dalla
chiesa alla cascina per la sosta per l'ultimo saluto all'abitazione del defunto
con fuochi, musica pianti fino all'imbrunire per poi percorrere un altro
chilometro fino al cimitero con la cassa portata a spalla, la banda, le decine
di corone, di fiori sparsi senza parsimonia (almeno l'ultima strada.... è
fiorita anche per lui), certo i bersaglieri invidieranno la nostra velocità; ma
la cosa che più mi ha colpito è stato definire da parte sua questi come
"Funerali da boss di mafia", un insulto gravissimo per la cultura dei Rom e
Sinti.
Tutto il suo articolo è pervaso, oltre che dall'ignoranza delle tradizioni di un
popolo antico che avrebbe da insegnare qualcosa anche a lei, da affermazioni
approssimative e infamanti ("...persone sopra i 14 anni tutte con precedenti") e
quando parla di faida da una vera e totale ignoranza di quello che è veramente
successo nelle comunità di via Idro e di via Chiesa Rossa e di quello che ha
portato a questo tragico epilogo. Ma tanto siamo "zingari" con i quali lei certo
- e per fortuna, aggiungo io - non è in grado di parlare... e per questo lei che
fa il giornalista - non ho detto che lo è - dovrebbe almeno avere il dovere non
dico di cercare la verità, ma almeno di non sputarci addosso.
Saluti
Milano, 05/12/2013
Rag. Giorgio Bezzecchi
Presidente Museo del viaggio Fabrizio De Andrè
Da quando, 25 anni fa, cominciai a frequentare i campi rom, il numero di
volontari che si occupa-preoccupa-straoccupa di loro è aumentato notevolmente.
Volontari che spesso hanno studiato per operare in quest'area, ma che a volte
vengono "paracadutati in zona operativa" senza sapere cosa li aspetta.
Rispetto a loro di sicuro io sono ignorante come una capra, ma credo di poter
essere utile dando qualche suggerimento su (alcune, non tutte) tipologie umane
che potrebbero incontrare. Stereotipi? Forse, ma chi vuole essere "operatore di
strada" potrà correggerli in corso d'opera.
- The big boss
Ne ha viste di tutti i colori, ha l'occhio sveglio e una sua
opinione su ogni cosa. Il suo cervello è una centrale nucleare
di rivendicazioni, progetti, richieste. Come ogni centrale
nucleare che si rispetti, ha qualche guaio all'impianto di
raffreddamento. Per cui, quando con immensa fatica sarete
riusciti ad organizzare assieme qualcosa, e ci sarebbe bisogno
della sua presenza fisica (e mentale), puntualmente lo troverete
a russare sotto il tavolo, circondato da qualche decina di
bottiglie di birra vuote.
- Giacomino
Esiste in versione Balkan: carnagione scura e baffoni;
o Urban Warrior: testa rapata e ricoperto di tatuaggi.
Alto 1 metro e novanta per circa 120 chili, qualche cicatrice
sparsa qua e là, in realtà è tenero e mansueto come un
agnellino. Tendenzialmente inoffensivo, nonostante l'aspetto,
anche lui ogni tanto va in tilt e spacca ogni cosa abbia a
portata di mano... iniziate a correre prima che sia troppo
tardi!
- Poveriiino
Può essere un poverino o una poverina. Tono di voce (indipendentemente
dall'età) da pensionato con la minima, è circondato/a da uno
stuolo di parenti nelle medesime condizioni. Quando vi vede
inizia a snocciolare la litania di problemi e cose di cui
avrebbe bisogno.
Arriverà il momento in cui vi telefonerà disperato/a perché la
nonna deve essere ricoverata d'urgenza e voi dovete
accompagnarla in ospedale. Quando arriverete trafelati al campo,
si starà guardando la partita in tv con tutta la calma del caso,
la macchina bella lucida parcheggiata di fronte alla baracca.
- Il diffidente
Sguardo smorto, fa sempre finta di non parlare la vostra lingua
e di non capire. Ascolta ma non risponde, al limite sorride. Poi
un giorno improvvisamente si scioglie, per proporvi qualche
affare improbabile, che descriverà in ogni particolare. Se
mostrate dei dubbi, si offende perché penserà che volete
fregarlo.
- La nonna
Anche per lei esistono due versioni:
La Matrona, vive circondata e accudita da figlie, nuore
e nipoti, trattata come una regina;
L'Highlander, che invece si occupa personalmente di:
cucinare, guidare il camion, pulire, spaccare la legna ecc. Sul
tinello la foto di quando battè Mike Tyson ai punti.
Tutte e due sono una miniera di conoscenze e consigli, che però
snocciolano con grande parsimonia e solo in caso di bisogno
estremo. Sono loro a suggerire come trattare col prete o col
poliziotto, come riparare l'impianto elettrico, o a spiegare
all'avvocato il suo mestiere. O come curare le malattie con le
erbe, come lanciare una maledizione, come cucinare per 20
persone spendendo 10 euro...
E' capace di citare a memoria una legge, un manuale di
idraulica, una leggenda; ma nel contempo di cadere in ingenuità
pazzesche, cosa che vi darà l'idea di cosa significhi
confrontarsi con una cultura diversa.
Appoggiato accanto alla stufa sta suo marito. E' la sintesi
serena di tutti i caratteri sinora elencati. Di solito sta dormendo,
dopo una vita di stenti e avventure.
- I bambini
E' normale che avendo a che fare con un simile manicomio, si
possa avere la tentazione di mollare tutto e andare nella
Legione Straniera. I Rom lo sanno e hanno inventato un'arma
formidabile: i bambini.
Innumerevoli e debordanti, dispettosi come animali selvatici, e
nel contempo affettuosi e appiccicosi come orsetti di pelouche,
sono intelligenti, vivaci, affamati di ogni cosa e ogni idea,
come qualsiasi loro coetaneo. Pochi sanno resistere al loro
fascino e al loro amore per cui, nonostante fatiche e
disillusioni, continuerete a tornare al campo.
Avrete comunque uno schock personale e culturale, perché lo
stesso bambino quando compirà 10 anni, comincerà a comportarsi, pensare (e agire, soprattutto) da adulto, pretendendo di essere trattato come tale.
PS: a proposito di stereotipi...
Può esistere un'immagine più "irrispettosa" di questa,
riguardo il GIORNO DELLA MEMORIA? Cosa ci fa qua e perché, lo scoprirete leggendo
questo post...
di Jovica Jovic - Cari amici, c'è una cosa che da tempo mi fa stare
molto male, soprattutto di questo periodo. E non è la salute, non sono i
soldi... è quella parola: PORRAJMOS.
Ogni anno, l'ultima settimana di gennaio ci incontriamo, voi a sentirmi e io
a suonare, per la Giornata della Memoria, e quella parola ritorna puntuale.
Voi, magari, la dite perché l'avete sentita da qualcuno istruito e, come noi
Rom, la ripetete perché quello che è accaduto allora fu di una tale violenza,
che dopo tutti cercarono un termine per descriverlo. Gli Ebrei trovarono la
parola Shoa, tra i Rom cominciò a diffondersi "porrajmos".
Quello che molti di voi non immaginano, è che la parola nella mia lingua
significa STUPRO (si può usare solo per gli organi sessuali), quindi è estremamente violenta, ma del tutto inadatta ed
offensiva ad essere pronunciata per descrivere gli stermini della seconda guerra
mondiale. Può andare bene per qualcuno di voi, ma io non potrò mai dirla di
fronte alle mie figlie, di fronte a una qualsiasi famiglia rom.
Ecco, parlerò a qualcuno di voi, sperando che mi capiate. Tenterò di essere
calmo e comprensibile, e per questo devo spiegarvi alcuni termini della mia
lingua (i termini in lingua romanés sono stati adattati alla grafia
italiana, ndr.) :
- PORADJOS: donna, apri le gambe.
- PORAVESLES tu
- PORAVASLES noi
- PORAJMOS in tanti, assieme, come fare un'ammucchiata.
Per essere completi, esiste nella nostra lingua anche (due parole staccate) PO RAJMOS,
che si può tradurre con "la signorilità", ma è ovvio che questo non ha alcuna
relazione con l'uso che si dovrebbe fare della parola.
Quello che ho detto vale per la maggioranza dei Rom e dei Sinti - non pensate che il mio sia un capriccio: ho 60 anni, e sono figlio di una
famiglia che ha partecipato alla II guerra mondiale, lì sono morti mio nonno,
mio zio e poco dopo mio fratello che aveva contratto il tifo. La storia è
raccontata nel libro
Niente è più intatto di un cuore spezzato. Per me ricordare oggi quegli
anni, usando quella parola, è come mancare di rispetto a loro e ucciderli
nuovamente.
Tra i Rom, c'è chi non parla più il romanés, e altri che lo parlano per
sentito dire, magari adattandolo alla lingua del paese dove vivono. Anche loro
parlano allora di "porajmos" senza sapere di cosa si tratti. A loro non posso
rimproverare molto. Ma quando ho parlato di questi miei sentimenti a Rom
influenti e di cultura, mi è stato risposto pressappoco così: "Jovica, tu
hai ragione. Ma ormai è tardi, è una parola che sta circolando da tempo e quello
che tu chiedi non ha un valore pratico, anzi sarebbe anche impopolare".
Avrà poco valore e sarà impopolare forse per loro, per me è una questione di
rispetto per me e per l'affetto alla mia famiglia.
Con voi gagé le cose non sono andate molto diversamente. Ho scritto a molte
persone di cultura, a molti che vivono nel mondo dell'informazione e della
divulgazione. Le stesse persone che mi chiamano a suonare. Non ho avuto
risposta. Durante i concerti, chiedo che se ne parli, ma non c'è mai il tempo
pratico per farlo. Solo Moni Ovadia, durante la presentazione milanese
del libro "La meravigliosa vita di Jovica Jovic", che ha scritto con Marco
Rovelli, ha rotto infine il muro del silenzio.
Allora che termine usare, mi chiederete? Ultimamente, ho sentito adoperare
SAMUDARIPEN, viene dalla parlata dei Rom Khorakhané, significa "totale
omicidio". Anche i Rom Abruzzesi hanno un termine simile: MUNDARIPE'. Il termine
esatto da adoperare sarebbe BARO MUNDARIMOS LE MANUCHENGO, cioè:
- BARO = grande
- MUNDARIMOS = omicidio totale
- LE MANUCHENGO = dell'umanità.
Si sarebbe potuto dire LE RROMENGO, ma in questo caso si sarebbe reso omaggio
solo alle vittime rom, con MANUCHENGO invece io ricordo anche gli Ebrei, gli
omosessuali, i Testimoni di Geova...
Questo è tutto. Non mi importa di quanti sono stati zitti sinora, io andrò
avanti finché campo a difendere le mie idee e i miei ricordi. Se volete, se
avete capito, datemi una mano a far circolare questi pensieri, anche sulla
stampa, anche su Facebook, dovunque. E forse, riusciremo assieme a fare un po'
di luce, su tutti i defunti uccisi dal razzismo e dal fascismo
Grazie.
Nota del redattore: Sembra destino che sul Giorno della
Memoria io debba incrociare la strada di Jovica: è successo nel
2011 e poi nel
2012 fu lui a stimolare le mie riflessioni. Come mai?
- Jovica, valente musicista, è un amico che rispetto.
Conoscendolo, trovo che quell'etichetta "musicista" sia
limitativa per una persona intelligente e di grande senso morale
come lui.
- Non ha importanza (anzi, ne ha molta, ma non intendo
scrivere di questo) se quanto Jovica ha affermato sopra possa
essere condivisibile o di vostro gradimento. La cosa importante,
per me, è che possa esprimersi sulla storia della sua famiglia,
sui suoi valori, e questo non possiamo portarglielo via, come se
fosse un campo o un documento.
Non so neanche dove arriveranno le sue parole, la strada è lunga e
affollata da gente che ruba idee e frammenti di vita ai Rom, e tenta poi di
spacciarli come se fossero una loro invenzione. In mezzo a tante grida, Jovica ha
salvato la sua fisarmonica. E' ora che si salvino anche le sue idee.
Anche questo video, per terminare, potrà sembrare irrispettoso, ma almeno è
allegro. Perché, ricordando questa giornata, le giovani generazioni e la loro
gioia sono il nostro solo comune futuro.
Segnalato e tradotto da Lia Didero e Anita Silviano, da
Una antropologa en la luna
Non parola di Gitano ma Gitane con Parole.
"Ci sono tanti stereotipi da dovere abbattere, molta mitologia e la tendenza dei
non-gitani europei a considerarsi l'unico modello, le uniche libertà. Le nostre
dinamiche sono diverse, vogliamo emanciparci a modo nostro. Perché non può
esistere la diversità?"
Rosa Jimenez, direttore dell'associazione Romi Sinti.
A tutti costa molto sapere chi si è. Cos'è essere gitani? Spagnoli? Europei?
Cos'è essere donna? O uomo? L'identità è qualcosa sulla quale tutt* devono
lavorare, riflette Araceli Cañadas, dottoranda presso l'Università di Alcalá,
dove insegna "Gitani di Spagna, storia e cultura". "La differenza tra
l'identità Romì e le altre, è che se tu volessi approfondire la tua identità
non-gitana, trovi argomenti, libri, documenti, professori, ecc, ma se voi
voleste approfondire la vostra identità gitana, manchereste di un corpus
bibliografico o documentale, manchereste di una tradizione accademica... Per ora,
devi riferirti a questi schemi fissi e stereotipati, o questo o nulla.
L' ultimo rapporto della Fundación Secretariado Gitano in collaborazione con il
Centro Nacional de Innovación e Investigación Educativa (CNIIE), dà alcuni dati
scoraggianti: "Solo il 62,7% ha completato al massimo istruzione primaria, il
24,8% ha conseguito la licenza della scuola secondaria obbligatoria (ESO) e solo
il 7,4 % ha raggiunto l'istruzione secondaria superiore completa (liceo e
formazione professionale)".
Il primo documento finora conosciuto, in cui si parla dell'arrivo dei gitani in
Spagna, risale al 1425 - cioè, stiamo parlando del XV secolo - spiega Canadas."
Stiamo forse dicendo che, in sei secoli, la comunità gitana, si è dedicata solo
a leggere la mano e a delinquere? E' assurdo. Ci sarà stata una parte della
popolazione gitana, che è stata all'università, però i gitani sono invisibili,
perché non si vuole mostrare questa realtà".
"Ho visto in alcune classi come i /le professor* trattano i bambini e le
bambine gitane, dicendo che dormono, che non leggono... perché questa è l'immagine
che si ha del popolo gitano. Come se fossero sempre la causa dei problemi in
classe, quando in realtà non è così," dice Gina, una studentessa di Lavoro
Sociale.
"Questo è chiamato effetto Pigmalione", dice Patricia Caro, studente di
psicologia e membro dell'Associazione femminista per la diversità zingara.
"E' fascismo. Al sistema è utile che i gitani siano una frangia sociale dalla
quale non si può uscire - afferma Pepi Fernandez, lavoratrice sociale.
Soraya Giménez, che lavora presso l'Istituto di Cultura Gitana, rileva
l'importanza di apprezzare e lavorare quanto è stato realizzato: "Se i media ci stereotipizzano e ridono di noi [...] realizziamo mezzi di comunicazione gitani e
lottiamo. E' davvero un problema di autostima".
Isabel Jiménez, Responsabile territoriale FSG in Aragona, sottolinea: "I
programmi televisivi ci hanno recato molto danno. Mostrano la parte più folclorica e lontana dalla realtà
",osserva inoltre che "gli atti come nozze e
rituali che insegna la televisione, hanno fatto il loro tempo per la maggior
parte delle famiglie, che preferiscono come tutte le altre, qualcosa di più
discreto".
Celia Gabarri, tecnica nella FSG, è la quinta di sei figli e l'unica che ha
deciso di studiare. "Una è libera se può scegliere. Non si può dire che si
sceglie liberamente, se si conosce un solo percorso e la formazione è la strada
per le pari opportunità". "Il cammino tradizionale, era sposarsi a 16 anni,
diventando donna, senza un processo di maturazione emotiva. Adesso, questo è
cambiato. Le madri vogliono che le loro figlie scelgano, vedano il mondo e
studino".
... "Ho udito un professore dire a una bambina: "Ma tu, perché sei qui, se puoi
vendere al mercato? Non sprecare tempo", se si demoralizza una bambina, ciò si
unisce alle sue paure di essere diversa tra i non-gitani" afferma Rosa Jiménez,
direttora dell'associazione Sinti Romí.
Uno dei temi ricorrenti quando si parla di sessismo nella comunità romì è il
fazzoletto: un simbolo che raffigura la verginità della sposa il giorno delle
nozze. Soraya Motos, anch'essa dell'associazione sostiene che è una questione
culturale. "Anche le cattoliche si vestono di bianco per andare all'altare,
simbolo della purezza. Non c'è molta differenza. Le cose sono molto più evolute
e modernizzate rispetto a ciò che tutti pensano Preserviamo le cose buone che ha
la nostra cultura e lasciamo alle spalle quelle che non ci piacciono, che erano
negative e limitavano le libertà".
Jiménez si lamenta delle "scemenze" che si dicono sulle gitane. "C'è bisogno di
contestualizzare. Il machismo è ovunque, non solo tra il popolo zingaro. Quello
che accade è che esso è più stereotipato nella nostra cultura. Ci vedono girare
in pantofole a casa e ci assegnano l'emarginazione in alcuni o molti casi può
anche essere, ma è anche vero che non si rendono visibili altre forme di essere
gitane".
"Ci seguono nei negozi, al momento di affittarci un appartamento, danno per
scontato che lo distruggerai, se vai a cercarti un lavoro, ti guardano in
cagnesco, se chiediamo una sovvenzione, siamo indicati come migranti... racconta
ridendo. "Quando sento gli stereotipi, mi chiedo dov'è il rispetto della
differenza, perché non si può essere diversi, perché per integrarmi, devo
diventare te, Nonostante abbia studiato, conquistato spazi, sia uscita da casa,
partecipo alla vita pubblica. Non voglio smettere di essere gitana, perché sono
orgogliosa di esserlo".
"Siamo sempre più visibili, vedono i nostri volti l'8 marzo, lottiamo mano
nella mano con le altre donne. "Ci sono tanti stereotipi da dovere abbattere,
molta mitologia e la tendenza dei non -gitani europei a considerarsi l'unico
modello, le uniche libertà. Le nostre dinamiche sono diverse, vogliamo
emanciparci a modo nostro. Perché non può esistere la diversità?"
"Vogliamo che capiscano la formazione delle donne come qualcosa di buono per la
famiglia e la comunità. Vogliamo che gli uomini ci accompagnino in questo
percorso di lotta. Andiamo lentamente, ma arriveremo" (Nelle nostre
dinamiche) prevale la collettività sull'individualismo. Intendiamo la libertà in
modo diverso".
"E ' un patrimonio impressionante che non si apprezza, che non è valorizzato. E'
bello il fatto dell'identità, la famiglia, i riti sui defunti, il rispetto tra i
gruppi di età, l'amore per i bambini. Ci sono tantissime cose importanti",
afferma Ana Giménez Adelantado, gitana kalé e Dottora in Antropologia.- . "Un
essere umano è in primo luogo, la sua cultura e le sue esperienze. Probabilmente
l'antropologia mi aiuta a capire meglio il mio mondo gitano, in cui io vivo e
posso analizzare la famiglia, i bambini, la scuola, le relazioni o la quotidiana
realtà. Essere, però, una zingara è una condizione assolutamente differente.
Viviamo in una società pluralistica e multiculturale in molti sensi. A questo
proposito, l'astrazione che facciamo della donna zingara è falsa, è teorica,
perché non ha nulla a che fare con la vita quotidiana di molte donne. C'è da
fare quest'astrazione, ma deve essere spiegata attraverso le esperienze di
differenti donne e permettere che esse la spieghino".
Giovedì 6 marzo, ore 20.45
Libreria Popolare Via Tadino, 18 - 20124 Milano
partendo dal libro I Rom di Rubattino, una scuola di solidarietà
...dove sono andati, cosa hanno fatto
Incontro con la co-autrice Flaviana Robbiati - Assunta
Vincenti di "Mamme e maestre di via Rubattino" - Stefano Pasta
della Comunità di Sant'Egidio
coordina Fabrizio Casavola dell'associazione MAHALLA
Era il 19 novembre 2009, GIORNATA DEI DIRITTI DELL'INFANZIA, pioveva mentre si
stava svolgendo una grande iniziativa a tema in Comune. Quello stesso giorno
alcuni bambini DIVERSI venivano sbattuti per strada con i loro genitori e niente
da portarsi dietro, dallo stesso comune di Milano.
Iniziò allora la RESISTENZA di Rubattino, che vide assieme le famiglie rom, gli
insegnanti, i genitori dei loro compagni di scuola, cittadini, sacerdoti,
persino un produttore di vino... Si concretizzò l'idea di una Milano diversa e
solidale, che non si limitava a protestare, ma sapeva reagire.
Quelle e altre vicende furono narrate nel libro che rivedremo stasera, e che
raccoglieva esperienze e testimonianze dirette delle protagoniste di quelle
vicende.
Nel frattempo, è cambiata la giunta comunale, e soprattutto sono nati diversi
progetti di integrazione. Al di là delle ricorrenti attenzioni e smemoratezze
dei mezzi di informazione, tenteremo di fare un bilancio su come silenziosamente
prosegue l'esperienza milanese di questa storia che per la prima volta ha unito
cittadini rom e no in un progetto.
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