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La Memoria che verra'
Di Fabrizio (del 20/01/2014 @ 09:08:23, in Kumpanija, visitato 3543 volte)
Può esistere un'immagine più "irrispettosa" di questa, riguardo il GIORNO DELLA MEMORIA? Cosa ci fa qua e perché, lo scoprirete leggendo questo post...

di Jovica Jovic - Cari amici, c'è una cosa che da tempo mi fa stare molto male, soprattutto di questo periodo. E non è la salute, non sono i soldi... è quella parola: PORRAJMOS.

Ogni anno, l'ultima settimana di gennaio ci incontriamo, voi a sentirmi e io a suonare, per la Giornata della Memoria, e quella parola ritorna puntuale. Voi, magari, la dite perché l'avete sentita da qualcuno istruito e, come noi Rom, la ripetete perché quello che è accaduto allora fu di una tale violenza, che dopo tutti cercarono un termine per descriverlo. Gli Ebrei trovarono la parola Shoa, tra i Rom cominciò a diffondersi "porrajmos".

Quello che molti di voi non immaginano, è che la parola nella mia lingua significa STUPRO (si può usare solo per gli organi sessuali), quindi è estremamente violenta, ma del tutto inadatta ed offensiva ad essere pronunciata per descrivere gli stermini della seconda guerra mondiale. Può andare bene per qualcuno di voi, ma io non potrò mai dirla di fronte alle mie figlie, di fronte a una qualsiasi famiglia rom.

Ecco, parlerò a qualcuno di voi, sperando che mi capiate. Tenterò di essere calmo e comprensibile, e per questo devo spiegarvi alcuni termini della mia lingua (i termini in lingua romanés sono stati adattati alla grafia italiana, ndr.) :

  • PORADJOS: donna, apri le gambe.
  • PORAVESLES tu
  • PORAVASLES noi
  • PORAJMOS in tanti, assieme, come fare un'ammucchiata.

Per essere completi, esiste nella nostra lingua anche (due parole staccate) PO RAJMOS, che si può tradurre con "la signorilità", ma è ovvio che questo non ha alcuna relazione con l'uso che si dovrebbe fare della parola.

Quello che ho detto vale per la maggioranza dei Rom e dei Sinti - non pensate che il mio sia un capriccio: ho 60 anni, e sono figlio di una famiglia che ha partecipato alla II guerra mondiale, lì sono morti mio nonno, mio zio e poco dopo mio fratello che aveva contratto il tifo. La storia è raccontata nel libro Niente è più intatto di un cuore spezzato. Per me ricordare oggi quegli anni, usando quella parola, è come mancare di rispetto a loro e ucciderli nuovamente.

Tra i Rom, c'è chi non parla più il romanés, e altri che lo parlano per sentito dire, magari adattandolo alla lingua del paese dove vivono. Anche loro parlano allora di "porajmos" senza sapere di cosa si tratti. A loro non posso rimproverare molto. Ma quando ho parlato di questi miei sentimenti a Rom influenti e di cultura, mi è stato risposto pressappoco così: "Jovica, tu hai ragione. Ma ormai è tardi, è una parola che sta circolando da tempo e quello che tu chiedi non ha un valore pratico, anzi sarebbe anche impopolare". Avrà poco valore e sarà impopolare forse per loro, per me è una questione di rispetto per me e per l'affetto alla mia famiglia.

Con voi gagé le cose non sono andate molto diversamente. Ho scritto a molte persone di cultura, a molti che vivono nel mondo dell'informazione e della divulgazione. Le stesse persone che mi chiamano a suonare. Non ho avuto risposta. Durante i concerti, chiedo che se ne parli, ma non c'è mai il tempo pratico per farlo. Solo Moni Ovadia, durante la presentazione milanese del libro "La meravigliosa vita di Jovica Jovic", che ha scritto con Marco Rovelli, ha rotto infine il muro del silenzio.

Allora che termine usare, mi chiederete? Ultimamente, ho sentito adoperare SAMUDARIPEN, viene dalla parlata dei Rom Khorakhané, significa "totale omicidio". Anche i Rom Abruzzesi hanno un termine simile: MUNDARIPE'. Il termine esatto da adoperare sarebbe BARO MUNDARIMOS LE MANUCHENGO, cioè:

  • BARO = grande
  • MUNDARIMOS = omicidio totale
  • LE MANUCHENGO = dell'umanità.

Si sarebbe potuto dire LE RROMENGO, ma in questo caso si sarebbe reso omaggio solo alle vittime rom, con MANUCHENGO invece io ricordo anche gli Ebrei, gli omosessuali, i Testimoni di Geova...

Questo è tutto. Non mi importa di quanti sono stati zitti sinora, io andrò avanti finché campo a difendere le mie idee e i miei ricordi. Se volete, se avete capito, datemi una mano a far circolare questi pensieri, anche sulla stampa, anche su Facebook, dovunque. E forse, riusciremo assieme a fare un po' di luce, su tutti i defunti uccisi dal razzismo e dal fascismo

Grazie.

Nota del redattore: Sembra destino che sul Giorno della Memoria io debba incrociare la strada di Jovica: è successo nel 2011 e poi nel 2012 fu lui a stimolare le mie riflessioni. Come mai?

  1. Jovica, valente musicista, è un amico che rispetto. Conoscendolo, trovo che quell'etichetta "musicista" sia limitativa per una persona intelligente e di grande senso morale come lui.
  2. Non ha importanza (anzi, ne ha molta, ma non intendo scrivere di questo) se quanto Jovica ha affermato sopra possa essere condivisibile o di vostro gradimento. La cosa importante, per me, è che possa esprimersi sulla storia della sua famiglia, sui suoi valori, e questo non possiamo portarglielo via, come se fosse un campo o un documento.

Non so neanche dove arriveranno le sue parole, la strada è lunga e affollata da gente che ruba idee e frammenti di vita ai Rom, e tenta poi di spacciarli come se fossero una loro invenzione. In mezzo a tante grida, Jovica ha salvato la sua fisarmonica. E' ora che si salvino anche le sue idee.

Anche questo video, per terminare, potrà sembrare irrispettoso, ma almeno è allegro. Perché, ricordando questa giornata, le giovani generazioni e la loro gioia sono il nostro solo comune futuro.