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Di cicciosax (del 11/10/2008 @ 09:40:33, in Italia, visitato 2248 volte)

Da Gad Lerner - il blog del bastardo

E’ appena uscito da Feltrinelli questo volume collettivo, cinquanta voci per riflettere sulla scomparsa di un’opposizione culturale all’egemonia del centrodestra. Ve lo consiglio, ci sono diversi stimoli utili. Nel frattempo vi anticipo il mio contributo, dedicato ai Rom: lo spauracchio che ci ha fatto alzare bandiera bianca sul terreno della sicurezza.

La sinistra deve stare con il popolo, ma se il popolo odia gli zingari?

Non c’è dilemma più nitido. Di fronte a quel bivio numerosi amministratori della sinistra lombarda (non a caso di matrice comunista amendoliana), dalla sindaco di Pavia a quello di Sesto San Giovanni, hanno imboccato la via “popolare”. Guidati dal motto politicamente scorretto, e dunque di sicura presa, coniato dal presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati: “Non dobbiamo ripartire i campi rom. Bisogna farli semplicemente ripartire”. Versione italiana del già arcinoto manifesto leghista su cui nessuno aveva mai avuto niente da ridire: “Campi rom, foera de ball”. Il popolo, si sa, è ruvido. Quando le popolane di Ponticelli presero a sputi in faccia e male parole le zingare, dopo che certi loro scugnizzi malavitosi dotati di motorino avevano incendiato l’accampamento con le molotov, già la locale sezione del Partito democratico aveva provveduto ad affiggere sui muri di quella periferia napoletana, sotto il simbolo tricolore, quel solito slogan: “Via il campo rom”. E che nessuno parli di pogrom, per favore, la gente non capirebbe. Si trattò di “eccessi”, strumentalizzazione camorristica di un legittimo risentimento popolare, favoriti dall’inadempienza delle forze dell’ordine.

C’è poi una sinistra che di fronte a quel bivio imbocca la direzione opposta, adottando gli zingari per elevarli a nuovi protagonisti dell’antagonismo metropolitano, surrogati di un proletariato ormai cooptato nel blocco di potere. Sono loro, gli zingari, l’ultimo vero popolo rivoluzionario. Il nomadismo andrebbe riconosciuto come insopprimibile vocazione, fascinosa alterità. Poco importa che la maggioranza dei “nomadi” aspiri a una residenza normale, e comunque se non sgomberati rimangano per decenni nello stesso luogo derelitto. Le elevate percentuali di devianza criminale si giustificherebbero con la loro tradizione comunitaria, impermeabile ai dogmi della proprietà privata. Le spose bambine, le maternità precoci, l’ignoranza contraccettiva sarebbero il naturale contrappunto di una società mercificata e sterile. La retorica ultraminoritaria dello “zingaro è bello” fa presa crescente nella sinistra comunista e nei centri sociali che non si limitano a protestare contro le discriminazioni e le malversazioni inflitte agli zingari. Ma giungono a contrapporsi polemicamente al volontariato sociale operante nelle baraccopoli. La paziente opera di educazione, avviamento al lavoro, regolarizzazione degli habitat (pagamento delle bollette, freno al viavai dei residenti, espulsione dei violenti), viene denunciata come snaturamento identitario: dovremmo “accettarli così come sono”, l’integrazione viene respinta come sottomissione.

Questa sinistra affascinata dalla cultura rom, differenza da tutelare contro la minaccia di omologazione, non riscuote certo consensi popolari quando si oppone alle politiche di sicurezza della destra. Ma è interessante notare la rivincita simbolica incamerata dall’intellighenzia sensibile alla questione zingara: nel circuito musicale, teatrale, cinematografico, letterario e perfino sulle passerelle degli stilisti la suggestione gitana si traduce in opere di successo. Come dire: gli zingari intrigano, perfino affascinano, ma a patto che restino virtuali, alla larga da casa mia.

Entrambe le visioni sopra descritte scaturiscono da una sopravvalutazione parossistica del ruolo attribuito agli zingari (non c’è altro termine generico che accomuni le popolazioni rom, sinti e camminanti) nella realtà italiana. Stiamo parlando, certo, della più grande minoranza d’Europa, tra i 7 e i 9 milioni di cittadini dell’Unione. Ma nel nostro paese, neppure dopo l’apertura delle frontiere agli immigrati dalla Romania si è raggiunta quota 200 mila: una percentuale talmente esigua rispetto alle dimensioni della penisola -tanto più se si considera che circa 60 mila sono italiani da secoli, più della metà hanno meno di 14 anni, e tra gli stranieri prevalgono gli zingari fuggiti quasi vent’anni fa dalle guerre balcaniche (tuttora condannati dalla burocrazia a restare privi di documenti)- da smentire che possano davvero rappresentare un’emergenza.

La sovrarappresentazione italiana del pericolo rom è un fenomeno unico in Europa. Vi sono certo nazioni, come la Romania e la Slovacchia, in cui gli zingari subiscono un’ostilità politica e sociale, ma nell’ambito di contrapposizioni etniche alimentate da bel altra presenza numerica. Minimizzare la questione zingara risulta, ciò nonostante, impossibile. Quando si è trovata a dover gestire il turbamento dell’opinione pubblica per reati odiosi che sollecitavano allarme sociale –come l’allora sindaco Veltroni a Roma, nel caso del delitto Reggiani, novembre 2007- anche la sinistra ha fatto ricorso all’espediente degli sgomberi spettacolari. Fingendo d’ignorare che i baraccati possono venir costretti a vagabondare altrove in cerca di ricovero notturno, ma non scompaiono da un giorno all’altro. Quando erano decine di migliaia ad accamparsi nelle baraccopoli dell’hinterland romano, nei primi anni Sessanta, narrati magistralmente da Pier Paolo Pasolini, nessuna forza politica popolare avrebbe considerato redditizio assumerli come bersaglio. Erano molti di più, rispetto ai derelitti delle bidonvilles di oggi, ma non erano né stranieri né zingari. Comunità di minoranza che neppure possono godere della protezione di uno Stato alle spalle, come accade per esempio ai cinesi e agli ebrei. Bersagli ideali del malcontento popolare. Tanto più che la persistenza degli stereotipi diffusi da sette secoli sugli zingari –propensione al furto, popolo misterico e in integrabile, dedito al ratto dei bambini e alla violenza sulle donne- non è stata scalfita neppure dallo sterminio nazista di un numero di zingari compreso fra i 219 mila e il mezzo milione, tra il 1942 e il 1945, nei medesimi lager in cui venivano deportati gli ebrei. Per decenni si è preferito rimuovere il genocidio degli zingari, censurando la memoria dei sopravvissuti e talvolta addirittura giustificando la persecuzione (sentenza della Corte suprema tedesca nel 1956) in quanto “campagna preventiva contro i crimini”. Nessuno ha eretto un tabù per contrastare gli stereotipi antigitani.

Le stesse persone che mai tollererebbero battute ostili nei confronti degli ebrei o dei neri, spesso ammettono una deroga culturale riguardo agli zingari. Non è considerato infame desiderarne l’eliminazione perché nei loro confronti persiste l’identificazione fra un popolo e una colpa. Difendi gli zingari? Vuol dire che sei un difensore dei delinquenti. E’ un’accusa che viene rivolta in perfetta buona fede: ma come, non ti rendi conto che “quelli” sono davvero diversi da noi, sono il male?

Per alcuni mesi tra il 2007 e il 2008 la leadership veltroniana del Partito democratico si è illusa di poter cavalcare anche le pulsioni irrazionali del paese, rifugiandosi dietro a una formula anodina: “La sicurezza non è né di destra né di sinistra”. Ma proprio la sovrarapresentazione del pericolo rom si è incaricata di confutare per prima tale scioglilingua: quando accetti di trasformare in emergenza nazionale, finalizzata alla repressione o all’espulsione di un popolo, le manchevolezze della politica nell’opera di integrazione-repressione, hai già consegnato alla destra lo scettro del comando. Prima di rassegnarsi a questa banale constatazione, nella sinistra più subalterna culturalmente al leghismo abbiamo dovuto assistere a ulteriori elucubrazioni verbali. Come il Documento sulla Sicurezza diramato dal Pd lombardo nel giugno 2008 che auspicava la formazione di reparti di vigilanti volontari da affiancare alle forze di polizia, sorta di “ronde democratiche” da contrapporre alle ronde padane. Con lapsus involontario ma significativo, lo stesso documento conteneva la richiesta di un tetto percentuale per limitare l’eccessiva concentrazione di bambini stranieri nelle classi della scuola primaria: proposta di per sé non scandalosa, se i demagoghi della sinistra filoleghista non l’avessero proposta come questione di ordine pubblico.

Proprio così, quando la paura gioca brutti scherzi la gente comincia a temere anche i bambini. Il caso rom è di nuovo esemplare. Se il ministro Maroni ha voluto con insistenza sottolineare la necessità di raccogliere le impronte digitali dei minori rom, è perché sa benissimo di riscuotere i consensi di una massa che in quelle manine scorge prima di tutto la destrezza dei borseggiatori impuniti. Niente di meglio, è il passo successivo, che presentarsi con cinismo beffardo come unici veri protettori di quei bambini indifesi. Favorendo il loro avviamento scolastico? Sostenendo le amministrazioni che gli schiudono l’ospitalità nelle case popolari? No, identificandoli. E promettendo loro salvezza attraverso la sottrazione ai genitori naturali. Promettendo di incrementare le revoche della patria potestà, come se tale provvedimento estremo e delicatissimo dovesse simboleggiare la liberazione dei bambini zingari –non dall’emarginazione e dalla povertà- ma dalla loro etnia maledetta.

A discarico degli amministratori di sinistra che hanno cavalcato l’ostilità anti-rom, va riconosciuto che è difficile, soprattutto per dei politici, mettersi contro il popolo. Col rischio di passare per difensori della delinquenza, dei violentatori, dei ladri di bambini (sia ben chiaro: negli ultimi vent’anni non risulta un solo caso di minore rapito da zingari in Italia). I mass media registrano passivamente la commedia di un popolo esasperato, l’ira dei giusti che talvolta anticipa le forze dell’ordine nel necessario repulisti. Nei talk show televisivi da anni i leaders degli opposti schieramenti considerano improponibile adoperare la parola “integrazione” e hanno fatto semmai a gara nel promettere espulsioni, dimenticando quanto sia vasta la categoria dei drop-out non estradabili. Perfino i vescovi e i parroci troppo caritatevoli vengono accusati di tradimento, rifacendosi a dottrine medievali secondo cui la compassione e l’assistenza sono lecite solo nei confronti dei poveri appartenenti alla tua comunità: dunque i vagabondi devono essere rinchiusi, cacciati o uccisi. Così gli episodi di violenza contro la presenza degli zingari nelle periferie urbane si moltiplicano senza neppure bisogno dell’incitamento dei titoloni di prima pagina di giornali degni eredi, settant’anni dopo, de “La difesa della razza”. Si va dal solito demagogico “Obiettivo: zero campi rom”, fino al ridicolo “I rom sono la nuova mafia”, per sfociare nel bieco stereotipo “Quei rom ladri di bambini”. Sarebbe assai benefico ricordare qui il precetto biblico dell’immedesimazione (“In ogni generazione ciascuno deve considerare se stesso come se fosse uscito dall’Egitto”) e perciò ogni volta sostituire con la parola “ebrei” o “italiani” la parola “rom”. Ma è un esercizio liquidato come poco redditizio da un gruppo dirigente della sinistra che ha sottovalutato le conseguenze della sconfitta subita sul terreno dei valori di civiltà, senza neanche provarsi a difenderli.

C’è infatti un’accusa particolarmente insidiosa da cui la sinistra sente il bisogno di difendersi, col rischio di accentuare la sua subalternità culturale alla destra.
Difendere gli zingari; denunciare il chiaro scopo intimidatorio e discriminatorio del censimento nei cosiddetti campi nomadi e delle impronte digitali da rilevare solo a loro; ricordare che i Commissari prefettizi nominati a Roma, Milano, Napoli per l’emergenza nomadi sono i primi dal 1938 incaricati di una sovrintendenza etnica: tutto ciò avrebbe il difetto di separare ulteriormente la sinistra dal popolo. Rivelando un’ostilità elitaria tipica della casta dei privilegiati che ignorano il disagio delle periferie. L’adulazione del popolo, il germe del populismo, penetrano così anche un ceto politico amministrativo della sinistra che mal sopporta la convivenza con le sue stesse tradizioni culturali. Chi si oppone è fuori dal popolo. Ti senti buono, superiore? Allora ospitali nel tuo attico, e non venirci a dire che dobbiamo investire risorse pubbliche per mantenere e ospitare questi corpi estranei alla società perbene. I veri poveri sono i nostri italiani, gli zingari sono dei privilegiati. Non a caso impazzano leggende metropolitane secondi cui riceverebbero sussidi quotidiani dagli enti locali, e il volontariato cattolico li alloggerebbe a scapito dei concittadini senzatetto.

Rinunciando a una battaglia culturale su un terreno considerato troppo sfavorevole e impopolare come la questione zingara, la sinistra ha sacrificato un tratto distintivo della sua idealità. Ma l’approccio corrivo a una destra che ricorre impunemente a termini come “derattizzazione”, allude all’eliminazione fisica dei rom, li stigmatizza con stereotipi identici a quelli antisemiti, non è solo mortificante: alla lunga si rivela anche nocivo politicamente. E’ vero che ci sono sindaci di sinistra che hanno perso le elezioni, in apparenza, solo per il fatto di aver consentito la sistemazione provvisoria sul territorio comunale di poche decine di zingari, metà dei quali bambini. E perfino un nordista come Cacciari, che strizza maliziosamente l’occhio alla Lega, viene ripagato con la furia di chi si oppone alla sistemazione di un campo per zingari italiani residenti a Venezia da decenni.

Ma alla dimensione irrazionale della politica di destra può contrapporsi efficacemente solo la passione civile e religiosa, la memoria storica, la denuncia del sopruso perpetrato nei confronti di un popolo, il coraggio di propugnare un’opera d’integrazione. Nel 1938 coloro che si opposero alla legislazione razziale promulgata dal regime fascista furono accusati di “pietismo” e con questa motivazione un migliaio di loro furono espulsi dal Pnf. Perché mai dovremmo sentirci disonorati dall’accusa di “buonismo”, settant’anni dopo?

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Di Fabrizio (del 11/10/2008 @ 09:59:43, in Italia, visitato 2783 volte)

Ricevo da Roberto Malini

COMUNICATO STAMPA 10 ottobre 2008 FIRENZE, VIGILI URBANI ALLE 3 DEL MATTINO TOLGONO COPERTE AI ROM DELLA STAZIONE E LE MANDANO AL MACERO: "DORMITE SUI CARTONI!"

SDEGNO DEL GRUPPO EVERYONE E DELL'ASSOCIAZIONE L'AURORA ONLUS, CHE CHIEDONO UN INCONTRO URGENTE CON IL SINDACO DOMENICI E FANNO APPELLO A TUTTA LA CITTADINANZA FIORENTINA PER AFFRONTARE IL FREDDO

Nei giorni scorsi l'associazione di volontariato L'Aurora ONLUS di Firenze ha rifornito di cinquanta coperte, provenienti da diverse donazioni, i 50 rom romeni che, da ormai molti mesi, passano le notti al freddo, avvolti da soli cartoni, nei pressi di piazza Adua, di fronte alla stazione ferroviaria di Santa Maria Novella. Le famiglie rom non hanno mai ricevuto assistenza socio-sanitaria da parte del Comune di Firenze e non hanno alcuna alternativa alloggiativa, soprattutto un posto caldo dove stare, visto che l'ingresso nei centri d'accoglienza per l'emergenza freddo convenzionati con il Comune di Firenze non consentono l'accesso per la notte a persone di età inferiore ai 48 anni.

Alcune pattuglie dei Vigili Urbani di Firenze, martedì 7 ottobre, intorno alle 3 del mattino, si sono recate, assieme ad alcuni mezzi della Quadrifoglio, l'azienda di smaltimento dei rifiuti urbani del capoluogo fiorentino, in piazza Adua, dove sono improvvisati i giacigli delle decine di nomadi. Svegliate di soprassalto le persone, i Vigili hanno intimato loro di consegnare tutte le coperte e a chi ha obiettato che faceva troppo freddo, i Vigili fiorentini hanno risposto "Dormite sui cartoni!". Tutte le 50 coperte sono state dunque sequestrate e gettate, davanti ai loro occhi, in un camion della Quadrifoglio che procedeva subito a macerarle.

"Ciò che è accaduto è inammissibile" - commentano Stefania Micol, presidente dell'associazione L''Aurora, e Matteo Pegoraro, co-presidente con Roberto Malini e Dario Picciau del Gruppo EveryOne - "e dimostra come anche la città di Firenze segua istituzionalmente la corrente razzista e xenofoba che sta investendo l'Italia, abbandonando la via della tolleranza e del rispetto dei diritti umani per imbracciare quella della caccia allo straniero e della criminalizzazione della povertà". "E' uno scandalo civile - proseguono gli attivisti "- che in una città come Firenze non solo non si attui alcun programma per l''accoglienza di queste persone, lasciandole girovagare per il centro senza alcun mezzo di sussistenza né alcuna proposta di inserimento sociale, ma che soprattutto vengano tolti loro con brutalità i pochi mezzi per sopravvivere al freddo di questi giorni e alla condizione a dir poco precaria in cui essi si trovano".

"Abbiamo già denunciato l''accaduto all'eurodeputata ungherese di origine rom Viktoria Mohacsì - spiegano poi i leader del Gruppo EveryOne Malini, Pegoraro e Picciau "- che ha trasmesso la relazione dei fatti all'attenzione del Parlamento Europeo e della Commissione UE. Firenze diviene, con quest''episodio, il triste emblema dell'odio razziale, assieme a Pesaro, la città delle Marche che proprio in questi giorni ha annunciato il prossimo sgombero da un edificio fatiscente, senza alternative umanitarie, di una comunità Rom romena formata da famiglie in gravissimo stato di indigenza, con bambini piccoli e numerosi casi sanitari gravi: tumori maligni, cardiopatie, handicap. Pesaro e Firenze sono sotto osservazione da parte delle Istituzioni europee: sono città moderne contagiate dal male del razzismo, che è alla base di persecuzione mista all''indifferenza da parte delle autorità e istituzioni locali. Se non si compie un passo indietro e si riscoprono i valori dell'accoglienza e della solidarietà, si arriverà all''annientamento crudele di esseri umani innocenti cui non è offerta alcuna speranza di integrazione e, contemporaneamente, al trionfo dell'intolleranza".

L'associazione L'Aurora e il Gruppo EveryOne intanto chiedono a gran voce un incontro urgente con il sindaco di Firenze Leonardo Domenici per arrivare a trovare una soluzione tempestiva per queste persone, che con il passare dei giorni rischiano di contrarre gravi malattie e infezioni per le condizioni igienico-sanitarie in cui sono costretti a vivere, nonché per le basse temperature, contro le quali non hanno modo alcuno di proteggersi. Le due associazioni fanno inoltre appello a tutta la cittadinanza fiorentina, affinché, presso la sede de L''Aurora in via dei Macci, 11 si manifesti nel concreto solidarietà verso famiglie disagiate e perseguitate, portando semplicemente una coperta, che divenga simbolo di fratellanza e rappresenti una risposta civile all'indifferenza del Comune e al trattamento inumano della Polizia Municipale e delle autorità di forza pubblica di Firenze.

Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334 8429527 - (39) 331 3585406
www.everyonegroup.com :: info@everyonegroup.com

L'Aurora ONLUS
Tel: (+ 39) 055 2347593 - (+ 39) 339 8210866
www.aurora-onlus.it :: segreteria@aurora-onlus.it

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Di Fabrizio (del 12/10/2008 @ 09:06:28, in scuola, visitato 3029 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

Da ALJAZEERA.net

Gli studenti rom offrono un barlume di speranza By Barnaby Phillips, Europe correspondent

Un paio di mesi fa, sono stato a Napoli [...] per riportare dell'ostilità contro il popolo Rom.

I napoletani incolpavano i Rom per l'ondata di criminalità, ed avevano bruciato uno dei loro campi.

Il fatto venne postato su You Tube da Al Jazeera (qui sotto, in inglese ndr).



Ecco un esempio di alcuni dei commenti nelle risposte; "gli zingari sono solo parassiti", "gli zingari non possono adattarsi ad un moderno stile di vita e non saranno mai i benvenuti", "solo uno zingaro morto è un buono zingaro", e così via.

Molti commenti non sono riportabili, ma questo è il senso.

Ora, è vero che l'anonimato su internet ha la tendenza deprimente ad incoraggiare le persone nel pubblicare punti di vista offensivi.

Ma, come corrispondente di Al Jazeera dall'Europa, sono rimasto sorpreso dall'esteso e radicato pregiudizio contro i Rom.

In Grecia e altrove, spesso devo riflettere sulle osservazioni di persone che altrimenti avrebbero una mente aperta.

Sembra a volte che la forma di razzismo che è ancora socialmente accettabile è quella contro i Rom.

Incidente scioccante

Settimana scorsa ero in Kosovo, dove i Rom sono in una difficile situazione.

Circa 150.000 Rom (a rischio di offendere, sto usando il termine "Rom" come scorciatoia per tre comunità differenti: i Rom, gli Askali e gli Egizi) vivevano in Kosovo agli inizi degli anni '90.

Oggi la popolazione è di circa 40.000.

L'esodo dei Rom dal Kosovo alla fine della guerra del 1999 non ha ricevuto la stessa attenzione di quello dei Serbi, ma è stato altrettanto drammatico.

In molte parte del Kosovo, la rientrante popolazione albanese ha accusato i Rom di collaborazionismo con i Serbi, e li hanno cacciati per rappresaglia.

In quello che forse è l'incidente che ha scosso maggiormente, gli Albanesi hanno distrutto un intero quartiere Rom, che ospitava circa 8.000 persone, sotto lo sguardo delle truppe internazionali.

Ma quello che è successo dopo è veramente scandaloso.

Danni al cervello

In nove anni, solo una manciata di quei Rom sono tornati alle loro case a Mitrovica sud.

L'ONU, che ha speso milioni per la ricostruzione in Kosovo, sino al 2006 non aveva ricostruito nessuna casa dei Rom.

Centinaia di Rom hanno passato anni in squallidi campi per rifugiati, contaminati da alti livelli di inquinamento da piombo (vedi ndr).

Gli attivisti incolpano molte morti all'avvelenamento da piombo, e ritengono che dozzine di bambini hanno sofferto danni irreversibili al cervello.

La storia dei campi Rom è lunga e complicata, con molti interessi contrastanti, ma una conclusione è inevitabile: nel Kosovo di oggi,è impossibile per qualsiasi altro gruppo etnico venire trattato con tale indifferenza.

I figli se ne sono andati

Ramadan Gidzic è un Rom amichevole, di circa 50 anni. Vive nel villaggio di Preoce, in un'enclave serba vicino a Pristina.

E' disoccupato dal 1999, quando molti Rom scapparono da Pristina, e ha perso il suo lavoro in una libreria.

Due figli, vedendo che non c'era una vita possibile, sono andati in Germania, portando con loro i figli. E' una storia tipica a Preoce.

Quindici delle 50 famiglie rom sono andate via, ed altre si stanno preparando a farlo.

In privato, molti ammettono di pagare i contrabbandieri per aiutarli a raggiungere illegalmente la Germania.

Ramadan ha perso i nipoti e si chiede se qualche Rom rimarrà a Preoce.

Dice: "Chiunque abbia parenti all'estero, prima o poi se ne andrà, qui non c'è niente da fare, possiamo solo stare qui e morire di fame".

Alcuni attivisti dei diritti umani ritengono che la popolazione Rom nel Kosovo del dopoguerra stia progressivamente declinando, fino al punto che in cinque anni non ci sarà più nessuno.

Altri dicono che le statistiche sulla popolazione non sono credibili, e che è impossibile trarre alcuna conclusione.

Di sicuro non è vero che ai Rom in Kosovo sia data la speranza di costruirsi lì un futuro.

Ruolo modello

La sfida forse più grande è l'istruzione. In Kosovo la frequenza scolastica dei bambini rom è notoriamente scarsa.

Secondo uno studio del 2006, soltanto l'1,4% termina la scuola secondaria. Così è stata una piacevole sorpresa incontrare Tefik Agushi, che ha 22 anni.



Tefik è l'unico studente rom all'American University del Kosovo, ed è un modello per la sua comunità.

Dice che i bambini rom sono svantaggiati a scuola per l'assenza di qualsiasi istruzione nella loro lingua nativa.

Ma dice anche che con l'impegno, i giovani Rom possono ottenere quel che vogliono.

"Non possiamo limitarci a sederci in fondo e aspettare che altri ci aiutino", dice Tefik, un giovane determinato a non permettere che il pregiudizio sia sulla sua strada.

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Di Fabrizio (del 12/10/2008 @ 09:18:01, in Europa, visitato 1707 volte)

Da British_Roma (NOTA: importante per chi si occupa di salute e sanità)

6 ottobre 2008 09:00 - autore: Richard O'Neill L'allarmante livello delle ineguaglianze nella salute sperimentato dalle comunità viaggianti, può essere meglio compreso ed affrontato dai professionisti della sanità

La salute dei Rom e Viaggianti è più un racconto del terrore che una fiaba. Lo so in prima persona essendo nato e cresciuto in una caravan, che l'accesso ai servizi sanitari mentre si è sulla strada non è mai facile. In quattro decadi, poco è migliorato.

Studio dopo studio si dimostra che Rom e Viaggianti hanno la peggior situazione sanitari tra tutte le minoranze etniche, e la prova aneddotica che raccogliamo io ed i miei colleghi nei nostri viaggi mostra un quadro sempre peggiore.

Può essere anche peggio per gli uomini, che lasciano il servizio sanitario nel suo complesso, per reiscriversi quando è assolutamente necessario, di solito dopo un incidente o nell'emergenza. Un motivo di preoccupazione, certo - ma anche un'opportunità per affrontare una volta per tutte il problema.

"Spero che i servizi sanitari impieghino in futuro prossimo Rom e Viaggianti"

I professionisti della salute spesso mi chiedono come interagire con Rom e Viaggianti. Come iniziare e come rompere le barriere?

Per prima cosa dobbiamo capire perché ci sono quelle barriere - ed essere preparati a collaborare ed avere fiducia nella gente che sa dove sono i Viaggianti. Si spera che queste siano persone che precedentemente abbiano lavorato positivamente con le comunità, ed idealmente con quanti nella comunità sono stati coinvolti come legali od operatori sanitari stessi.

Dovrebbero sapere, per esempio, che ci sono più Rom e Viaggianti residenti in case che nelle carovane, e che questa gente nelle case spesso è trascurata in quanto effettivamente invisibile ai monitoraggi etnici.

Rom e Viaggianti hanno anche una lingua propria ed una profonda cultura. E' essenziale per chi intende lavorare con loro ricevere una formazione di consapevolezza culturale, e che gli stessi membri della comunità siano istruiti sulla cultura della vostra organizzazione, su quanto è possibile o no in termini di servizio e sul perché esistano determinati sistemi.

Tradizione orale

Anche pensare in modo differente la comunicazione è importane, è per questo che raccomando sempre di raccontare, perché è l'ideale per comunità dove la letteratura è tradizionalmente scarsa.

I livelli di cattiva informazione nella comunità sono spaventosamente alti. Per esempio, una credenza è che si possa prendere il cancro da qualcuno che lo ha già.  Un'altra è che chi è in condizione cronica, è al riparo dal trovarsi in un'altra.

Quando insegno come usare i racconti per lo sviluppo della comunicazione nelle organizzazioni, sottolineo come la comunicazione sia a due vie, bisogna ascoltare più che parlare. Questo significa che i legali e gli operatori sanitari Rom e Viaggianti possono raggiungere la consapevolezza dentro le loro comunità su quanto imparano dai professionisti della sanità.

Adesso ho due nuovi colleghi Rom Viaggianti che mi aiutano a far crescere la consapevolezza tra i professionisti della sanità e la comunità. Stuart Mounsey e Bobby O'Neill stanno facendo un lavoro approfondito parlando liberamente dei loro problemi sanitari - cancro e diabete - e su come queste condizioni ed i problemi che generano possano essere affrontati e gestiti positivamente. Parte del loro lavoro è spiegare come lavora l'NHS (Servizio Sanitario Nazionale ndr).

Stiamo compiendo progressi: entrambe queste persone sono rispettate e hanno la fiducia della comunità e così vengono trasmesse sempre più informazioni aggiornate. Storie sulla sopravvivenza e buone notizie dagli incontri con i professionisti della sanità stanno veramente facendo la differenza su come la salute ed i servizi sanitari siano recepiti.

I due uomini sono attualmente dei freelance, ma spero che un qualche servizio di pronto intervento possa prevedere di occupare un Rom Viaggiante in un futuro non molto distante.

Ma tutto questo fa differenza? Fiona Huntington, primaria specialista del miglioramento sanitario del pronto intervento di Cumbria, è convinta che lo faccia, assieme a Mr Mounsey, Mr O'Neill e me, ha condotto ad aprile due seminari formativi. Dice "C'è prova sensazionale delle ineguaglianze nella sanità di Rom e Viaggianti anche comparata a quella delle sezioni più svantaggiate della nostra popolazione."

"C'è anche un'estesa mancanza di comprensione sullo stile di vita dei viaggianti. I seminari hanno valore inestimabile per le autorità locali ed i colleghi di Cumbria. In generale il messaggio che ci hanno dato Rom e Viaggianti è di lavorare con loro e non per loro."

Mantenere una mente aperta

Ci sono diverse cose da ricordare quando si lavora con le comunità Rom e Viaggianti:

  • I Rom ed i Viaggianti Irlandesi sono entrambe riconosciti come minoranze etniche e dovrebbero essere parte del vostro Schema di Eguaglianza Razziale.
  • I Viaggianti sono visti tradizionalmente come difficili da raggiungere, ma sono facili da raggiungere per chi li conosce di già.
  • Essere culturalmente consapevoli risparmia tempo ed imbarazzo ad entrambe le parti.
  • Il crescere della consapevolezza è un processo a due vie.
  • Radunare i gruppi in sedute informali e scambiare storie sulla salute è un buon modo per rompere i pregiudizi.
  • Non abbandonate se nessuno nella vostra organizzazione ha mai lavorato con successo assieme a Rom e Viaggianti. Può essere una grande opportunità per iniziare con candidati volonterosi.
  • Gli opuscoli sono un buon modo per far conoscere il vostro messaggio, ma per persone con basso tasso di istruzione devono avere più immagini che parole.
  • Mantenere gli appuntamenti può essere più difficile per la gente viaggiante. Ricordatelo con un messaggio scritto.
  • Se il vostro progetto è a breve termine,siate sicure di tenere informate le comunità, anche se solo con una telefonata occasionale.
  • E' sempre bene modellare buone pratiche, ma Rom e Viaggianti possono essere molto differenti in ciascuna area, E' per questo che la conoscenza specialistica può essere meglio dell'avere 30.000 opuscoli culturalmente inappropriati che prendono la polvere in ufficio. Per esempio, sapevate che i Viaggianti irlandesi ed i Rom inglesi hanno due lingue differenti?
  • Mantenete la mente aperta, ricevete l'informazione corretta da chi lavora sul campo, programmate e rendetevi conto che Rom e Viaggianti sono molto differenti sotto diversi aspetti, ma d'altra parte sono simili per come vogliono essere trattati, con la stessa cura e rispetto che chiunque altro vorrebbe.

Altre informazioni:

The Health Status of Gypsies and Travellers in England, 2004 (pdf in inglese)

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Di Fabrizio (del 13/10/2008 @ 08:52:38, in Kumpanija, visitato 1941 volte)

Da Bulgarian_Roma

Da dove vengono gli Zingari: Non dimenticare gli Zingari anatolici

Questo documento non riguarda le origini degli Zingari, su cui ci sono varie discussioni. Alcuni adducono che la madrepatria sia l'India; dall'altra parte si asserisce che è il mondo intero. Vorrei posporre la questione e discutere un altro soggetto. Riguarda un'impressione fortemente radicata nella nostra società: quando si menzionano gli Zingari di Turchia, il pensiero della maggioranza va alla regione della Tracia. Per la gente comune, gli Zingari evocano frequentemente i simboli della cultura balcanica, per esempio il clarinetto e la musica romanì. Naturalmente, la Tracia ha un posto distinto nella cultura degli Zingari di Turchia. Nessuno può negarlo. Ma c'è un'altra realtà, nascosta: la cultura degli Zingari d'Anatolia.

Gli Zingari di Turchia vengono dalla regioni della Tracia, del Mar Nero, dell'Anatolia Centrale, dell'Anatolia dell'Est e del Sud-Est... E' emersa una magnifica ricchezza a causa della miscela di valori culturali prodotti dagli Zingari di differenti regioni della Turchia con le culture di altri popoli attraverso la storia. Arte? Mentre la cultura degli Zingari di Tracia rappresenta il clarinetto e il saz, quella degli Zingari d'Anatolia si identifica con il davul-zurna, la baglama e il bozlak. Si può vedere l'impatto della cultura balcanica su quella degli Zingari di Tracia, come quella del Medio Oriente e dell'Asia Centrale sulla cultura degli Zingari anatolici. Mentre cantano il bozlak, la voce malinconica di uno Zingaro anatolico vi porta dalle steppe dell'Anatolia a quelle dell'Asia Centrale. Economia? I commercianti nomadi sono gli antenati degli Zingari anatolici, come degli altri Zingari di regioni differenti. Gli Zingari hanno fornito i cesti, i setacci e gli attrezzi di metallo ai villaggi anatolici che erano dimenticati ai margini della civilizzazione. Gli Zingari hanno estratto i denti dei contadini, circonciso i loro ragazzi, sono diventati i dottori del villaggio e hanno suonato la musica ai matrimoni. I nostri antenati sono stati la parte più necessaria della vita rurale prima dei grandi progressi tecnologici. Attualmente, che le arti tradizionali sono state dissolte dalla tecnologia, gli Zingari lavorano come salariati nell'agricoltura o fanno i lavori più difficili che nessuno intraprende.

Come famiglia di www.cingeneyiz.org, accettiamo la cultura zingara come un valore importante della nostra società. Inoltre,non pensiamo che la cultura zingara si componga solo a Lüleburgaz, Kirklareli, Edirne. Altri (per esempio gli Zingari di Çorum, Yozgat, Konya , Artvin, Van, Denizli, Trabzon , Bursa , Kastamonu, Çankiri, ecc.) arricchiscono la cultura zingara coi loro prodotti culturali ed anche con i contributi alla vita economica. Come valutiamo incontestabilmente la nostra cultura come un valore per questa geografia, consideriamo tutti gli Zingari di tutte le parti della Turchia come lavoratori in sofferenza di questa cultura. In questo senso, cercheremo di menzionare tutto su di loro nel nostro sito, finché ne saremo capaci.

Speriamo che la nostra attitudine sia d'esempio e che gli Zingari d'Anatolia siano considerati importanti come meritano.
Ali Mezarcioglu
Editor www.cingeneyiz.org

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Di Fabrizio (del 13/10/2008 @ 09:22:41, in conflitti, visitato 1524 volte)

Da Romano Them

11 ottobre 2008 – In reazione all'assegnazione al diplomatico finnico Martti Ahtisaari del Premio Nobel per la Pace, Romano Them ha detto che i Rom kosovari non hanno ragione per unirsi al coro di chi si congratula. "I successi di Ahtisaari nel portare la pace in altre parti del mondo sono innegabili, ma nel caso dei Rom del Kosovo la sua azione è stata un completo fallimento." ha aggiunto l'organizzazione.

Ritornando alla mediazione dell'ex Ministro degli Esteri finlandese, dell'accordo internazionale di pace che pose fine alla guerra contro la Jugoslavia, Romano Them ha ricordato che immediatamente in seguito si stima che circa 100.000 Rom furono cacciati dal Kosovo e le loro proprietà distrutte. Sette anni dopo, quando Martti Ahtisaari assunse la guida del gruppo internazionale di trattativa, che aveva l'intento di raggiungere un accordo sullo status della provincia, egli decise di limitare gli sforzi alle due comunità più grandi, escludendo tutte le altre.

"Per Ahtisaari ed il resto della comunità internazionale, noi Rom del Kosovo praticamente non esistevamo," ha detto un rappresentante di Romano Them. "Ci hanno visto come una sorta di gente povera e miserabile, con un basso livello di civilizzazione, ma non avevamo mai vissuto sotto le tende o nei caravan." Ha inoltre spiegato che i Rom erano una parte integrale nella società del Kosovo. "Rispettavamo le leggi e il sistema in atto," ha detto.

Secondo l'organizzazione, l'esclusione dei Rom dai negoziati sullo status ha avuto ampie conseguenze sulla posizione dei Rom nel Kosovo odierno. Difatti, la Costituzione che fu adottata dal Parlamento del Kosovo a febbraio, è ampiamente costruita sulle proposte incluse nel rapporto preparato dal gruppo di internazionale di trattativa. "Il fatto che la maggiore ambizione di Ahtisaari era di soddisfare le richieste conflittuali degli Albanesi e dei Serbi del Kosovo, ha portato alla negazione degli interessi delle altre comunità, in particolare i Rom, che non avevano nessun partito ad appoggiarli," ha spiegato un altro rappresentante di Romano Them.

Come conseguenza, la posizione di seconda o terza classe dei Rom kosovari è oggi sancita per legge. Romano Them ha citato come esempio i recenti reclami dei rappresentanti delle organizzazioni Rom della società civile a Prizren, che hanno sostenuto che la bozza del nuovo statuto della municipalità non ha alcun interesse per i Rom. "La mancanza di chiare garanzie sulla rappresentanza politica dei Rom a livello municipale e sull'uso della lingua romanì discende dalla nuova legge sull'auto-governo e dalla costituzione del Kosovo", ha detto Romano Them.

Viene quindi giudicato cinico il tentativo della comunità internazionale di rimandare i Rom in Kosovo, dopo averli deprivati delle garanzie essenziali per la loro sussistenza.

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Di Fabrizio (del 13/10/2008 @ 10:00:07, in Italia, visitato 1744 volte)

Ricevo da Marco Brazzoduro

Cari amici,
vi informo che nei giorni di giovedì 9 e venerdì 10 si è trattenuta a Roma una delegazione dell'EUROPEAN ROMA RIGHTS CENTER con lo specifico obiettivo di controllare le modalità di svolgimento del ben noto censimento. In quei due giorni il censimento si è svolto nel campo di prima accoglienza RIVER (un ex villaggio turistico affittato dal Comune e nel quale sono accolti circa 360 rom di origine romena). La delegazione ha anche intervistato esponenti della Croce Rossa oltre ai rom del campo. Venerdì 10 un esponente della delegazione (rom macedone che lavora a Budapest) ha visitato Casilino 900 dove si è intrattenuto a lungo intervistando i rom del campo circa la loro esperienza di censimento e sui loro problemi in generale. L'ERRC produrrà una relazione da diffondere nelle sedi opportune (specialmente a livello internazionale). Con l'occasione mi hanno consegnato diverse copie di un rapporto steso dopo una precedente indagine. Il rapporto si intitola SICUREZZA ALL'ITALIANA. Impronte digitali, violenza estrema e vessazioni contro rom e sinti in Italia. Ad esso hanno collaborato Eva, Diana, Sucar Drom e il sottoscritto.

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Di Fabrizio (del 14/10/2008 @ 08:52:42, in Italia, visitato 1802 volte)

Ricevo da Agostino Rota Martir (non ho trovato in rete copia dell'articolo citato della Nazione, ma solo interventi datati questa primavera)

Dissento totalmente dall'intervento dell'Assessore politiche sociali Sig.na Valentina Settimelli pubblicato ieri sul vostro quotidiano, La Nazione.

Quello che più mi rammarica è la superficialità e le approssimazioni di tante sue affermazioni in merito sia al progetto Città sottili e del suo dichiarato successo che sull'operato dell'Amministrazione in merito a sgomberi effettuati e censimenti fatti in questi anni.

Ci si vanta degli sgomberi di accampamenti abusivi, l'ultimo è di ieri, definiti con eufemismo "chiusura di quattro insediamenti non autorizzati" e nello stesso tempo la Sig.ra Valentina vuol far credere di essere più tollerante di altre amministrazioni per il semplice fatto che qui non si è arrivati a prendere le impronte digitali ai Rom, come a voler dire che provvedimenti xenofobi appartengono ad altri. Suvvia Assessore non si nasconda dietro il dito dell'on. Maroni!

Sgomberi e impronte appartengono alla stessa cultura e logica, sono espressioni diverse ma entrambe hanno la stessa radice: quella dell'annientamento, dell'espulsione, della guerra contro i poveri. E' la logica dello sgombero (fatto ovviamente sempre per il bene dei Rom e quello dei minori!!) che ha alimentato la tragedia a Pian di Rota a Livorno dell'anno scorso, non lo dimentichi carissimo Assessore! Perché la guerra ai poveri sta diventando un esercizio ormai "normale" in tante Amministrazioni. Provi, se ci riesce a mettersi nella pelle di chi subisce due, tre volte la demolizione delle proprie baracche, roulotte e delle poche cose, cosa significhi dover ricominciare tutto dall'inizio anche a solo qualche centinaio di metri più in là, a veder persi in poche manciate di minuti gli "investimenti" di due o tre anni di vita.

Provi lei insieme a qualche suo zelante collaboratore se vi riesce ancora chiamarla :"chiusura pacifica". Quello che lei definisce come "risultati significativi" io li chiamo invece il disprezzo della vita dei poveri, che tante volte anche qui a Pisa la Politica ha sacrificato sull'altare solo per qualche manciata di voti e con la complicità silenziosa di Associazioni, anche di comunità cristiane e laiche: sono i miracoli della sicurezza!

"Tutti"(??) i bambini del progetto "Città sottili" frequentano le scuole del territorio, (con quale risultato?) mentre i loro genitori continuano a vivere nella paura e nell'insicurezza del domani, esattamente come 5 o 10 anni fa. Anzi oggi la situazione è ben peggiore, perché la disperazione è molto più vera e palpabile (espulsioni, arresti) anche senza le impronte.

Ma questo non la preoccupa per niente, anzi lei si è mostrata incurante anche di fronte alla richiesta di un incontro con lei da parte delle famiglie impaurite del campo Rom, che le avevano chiesto due settimane fa. Da 14 anni che vivo tra i Rom qui a Pisa non mi è mai capitato di notare così tanta disperazione e smarrimento: nemmeno quando stavamo nel vecchio campo abusivo in via dei Falaschi, lei se lo ricorda? In gran parte si tratta delle stesse famiglie che in questi giorni vivono angosciate, deluse e amareggiate perché si sentono abbandonate e prese in giro anche dal progetto che lei continua a incensare e sbandierare ai 4 venti.

"Chi ha violato il patto di cittadinanza è stato escluso dal progetto" lei e il sindaco non fate altro che ripetere alla noia questo ritornello,come fosse un trofeo di vittoria da esibire al pubblico, dando per scontato che sono sempre i Rom a tradire, ma se siamo così sicuri? Gli impegni disattesi in tutti questi anni, le promesse come fumo negli occhi, i raggiri che non poche volte avete utilizzato con spavalda disinvoltura..subito lesti invece a puntare il dito contro i Rom, fingendo di non vedere i tradimenti dentro casa vostra e a giustificarli in nome di altre imprecisate priorità.

E perché mai dovrebbero pagare intere famiglie le colpe di un loro parente?

Chi commette un reato ne è responsabile a livello personale, non la famiglia in uno stato di diritto come il nostro. La perdita dell'abitazione, l'esilio o le rappresaglie sui familiari di chi viola le leggi fino a poco tempo fa, appartenevano ad epoche storiche lontane da noi o ai tempi feroci delle guerre, stranamente oggi solo ai Rom si applica una procedura che pensavamo ormai del tutto superata e sepolta nel passato, invece a quanto pare ritorna, come stiamo assistendo anche a livello nazionale in queste ultime settimane, anche se a molti questo può apparire "normale".

Sinceramente faccio fatica a comprendere, anzi mi rifiuto di accettare una logica che mi sembra discriminatoria e alquanto razzista: quando un cittadino italiano commette un reato a nessuno viene in mente di allontanare la sua famiglia dal quartiere dove abita, invece per i Rom questo appare del tutto "normale", anzi manco si ha la prudenza di aspettare la sentenza finale del Tribunale, sembra che il Progetto abbia più voce in capitolo. Il sindaco ha già emesso la sua sentenza. Constato amaramente che il progetto è più importante delle persone!

"Stiamo lavorando al regolamento del nuovo villaggio.. dedicherà attenzione al rispetto delle regole": come sempre, tutto sulla testa dei Rom, nessun Rom coinvolto, ci penseranno invece le nostre quotate Associazioni, Cooperative, gli esperti Rom a decidere come debbano vivere i Rom, quali espressioni buone da preservare e quali da evitare della cultura Rom .. possibile che gli errori del passato non servano a niente? Immagino invece, l'acquolina che verrà alle stesse pronte a dimostrare di essere capaci a far rispettare le regole e a impegnarsi in un'opera così importante e appetitosa ..tutto in nome dell' integrazione.

Cito a mo' di conclusione un passaggio dell'intervento di un Rom ad una manifestazione a Brescia, mi sembra riassuma bene le ragioni dello sfogo di tanti Rom:

"Quello che stanno facendo la politica in questo momento, con la scusa della sicurezza, è tremendo per noi. Vuole che cambiamo di colpo un modo di vivere costruito e cresciuto così in tanti anni.

La politica crede in questo modo di obbligarci a un progresso che non è nostro e non abbiamo neanche la possibilità di farlo nostro. Distruggere il nomadismo, distruggere i campi sosta, anche quelli privati, rendere difficili o inutili le capacità semplici di guadagno come quelle di piccoli intrattenimenti nei luna park, fare i raccoglitori di ferro, vendere piccole cose o elemosinare, equivale tagliare le radici a delle piccole piante che cercano di crescere. Si perché tutti gli uomini hanno la voglia di crescere e di progettare un futuro migliore per i loro figli. Questo non può succedere se ogni volta che cambiano i protagonisti della politica noi dobbiamo sempre cominciare di nuovo. Ognuno, e sono sempre gli altri a decidere per noi, ha la sua ricetta che dovrebbe fare il bene della nostra vita. La politica deve convincersi che anche noi, Sinti e Rom, come tutti gli uomini e le donne della terra, desideriamo progredire e dare un futuro migliore ai nostri figli. Due, però, sono le condizioni perché anche noi possiamo essere autori noi stessi del nostro cammino: la libertà di scegliere e lo spazio vitale. Tutti i cambiamenti imposti senza queste due condizioni sono lavoro inutile, spreco di energie, sofferenze e delusioni. Finita l'illusione politica bisognerà ricominciare da capo.
" (Migranti-Press Nr.40 del 27.09.2008)

Don Agostino Rota Martir – campo nomadi di Coltano – 11 Ottobre 2008

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Di Fabrizio (del 14/10/2008 @ 09:06:50, in Europa, visitato 1553 volte)

Per chi ci legge da Londra e dintorni, ricevo da International Alliance of Inhabitants

Fermiamo la pulizia etnica in Italia!
Veglia di protesta pacifica presso l'Ambasciata italiana - Manifestazione a Londra


Venerdì 17 ottobre 2008 - dalle ore 12.00 alle 15.00
14 Three Kings Yard, Londra, W1K 4EH


Ultimamente la coalizione di destra formata da Forza Italia di Silvio Berlusconi, dal partito anti-immigrazione Lega Nord e dal partito fascista Alleanza Nazionale ha scatenato in Italia un' ondata senza precedenti di razzismo e xenofobia contro i Rom.

Da qualche tempo è in costante aumento il clima di paura e odio razziale contro la popolazione migrante dei Rom presente in Italia, anche a causa, sembrerebbe, dei provvedimenti del Governo.

Le Organizzazioni non governative continuano a denunciare arresti, sfratti e attacchi contro le comunità Rom italiane.

Bisogna ricordare che, di solito, quella degli zingari Rom è la prima fascia della società a diventare oggetto di persecuzioni, abusi e discriminazioni e, non appena tale modo di agire viene considerato socialmente accettabile, si fa lo stesso contro le altre fasce piú deboli.

Sostiamo le Comunità Rom in Europa!
Uniamoci per dimostrare che i Diritti dei Migranti Rom sono Diritti Umani!

Campagna Sfratti Zero


venerdì 17 Ottobre 2008

Organizzano:
The Monitoring Group - Civil Rights and Anti Racism Projects [Gruppo di Controllo - Diritti Civili e Progetti Anti Razzismo]
The National Federation of Gypsy Liaison Groups [Federazione Nazionale Gruppi di Contatto Gitani] - Gruppi diretti dalla Comunità che lavorano per i Diritti dei Gitani, dei Rom e delle comunità di Migranti Irlandesi.
The Gypsy Council Ltd [Associazione Gitana] - Gruppi diretti dalla Comunità che lavorano per i Diritti dei Gitani, dei Rom e delle comunità migranti irlandesi.

info: info@gypsy-association.com

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Di Fabrizio (del 14/10/2008 @ 09:24:38, in Italia, visitato 1556 volte)

Ricevo da ARPJ il testo che segue. PREMESSA: Guardando sul loro sito, vedo che la sigla significa Associazione Romana Pro Juventute, un nome che mi ha subito ricordato la PRO JUVENTUTE svizzera, che per anni si è resa complice di togliere i figli alle famiglie Sinte e Jenisch e metterli in orfanotrofi. Ho chiesto per iscritto spiegazioni, mi è stato risposto dal responsabile del progetto che loro non hanno nulla a che fare con la Pro Juventute svizzera

Alla cortese attenzione del
Prefetto Carlo Mosca
Commissario Straordinario per l'emergenza nomadi a Roma


Gentile Prefetto,
Le scrivono alcune associazioni che da circa tre anni si stanno occupando della situazione dei rom nella città, ponendo particolare attenzione alle numerose famiglie che abitano in quelli che vengono chiamati in maniera significativa "insediamenti abusivi", ovvero nelle baracche di cartone, legno e lamiera costruite sugli argini dei fiumi, sotto i ponti e i viadotti o semplicemente negli angoli nascosti della città.

Negli scorsi mesi dominati dall'ossessivo allarme sulla presenza dei rom nelle città italiane e dalle proposte più disparate e pericolose non abbiamo potuto non apprezzare il Suo atteggiamento, sempre attento ai principi fondamentali del diritto e al rispetto della persona.

Tuttavia il nostro lavoro quotidiano a contatto con gli uomini, le donne e i bambini che vivono sulla loro pelle la condizione di precarietà e di rischio, ci ha permesso di vedere anche da un altro punto di vista queste settimane di polemiche e censimenti.

Dalla seconda metà del mese di agosto molti degli stessi insediamenti che alcune settimane prima erano stati visitati dalla Croce Rossa Italiana hanno ricevuto la visita inaspettata di unità miste, composte prevalentemente da giovani militari della Folgore in tenuta mimetica e generalmente guidati da almeno un poliziotto del corpo della Polizia Fluviale.

Poliziotti e militari entravano negli insediamenti dicendo che dovevano controllare chi c'era e chi non c'era, ed effettivamente chiedevano documenti a tutti i presenti, dando vita ad un parallelo e silenzioso censimento.

In tutti i casi alcuni dei residenti controllati (generalmente gli uomini, ma in diverse occasioni anche le donne) sono stati portati in questura, dove hanno passato diverse ore, a volte la notte intera, in attesa del canonico controllo dei documenti.

Gli stessi insediamenti sono stati visitati più volte con una escalation di tensione, di minacce e di paura: in molti casi amici e conoscenti rom ci hanno raccontato di vere e proprie violenze gratuite contro le persone e contro le cose: tende tagliate, materassi e coperte gettate via, uomini picchiati.

Almeno in due occasioni sappiamo per certo che queste visite sono state realizzate in piena notte, e anche in quelle occasioni i militari e i poliziotti hanno costretto uomini, donne e bambini (in uno dei campi visitati di notte abitava una donna che aveva partorito una bambina solo dieci giorni prima) ad uscire dai loro ripari, a schierarsi nello spazio più ampio a disposizione, a tirar fuori i propri documenti per l'ennesimo e inutile controllo.

Sorvolando solo per questioni di tempo sulle modalità con cui paracadutisti e poliziotti sono entrati nei campi e nelle misere case, sulle capacità di comunicare e comprendere le diverse situazioni, l'obiettivo esplicito di tutte queste visite era sempre lo stesso: annunciare l'imminente distruzione totale dell'insediamento, spingere con modi bruschi e concreti ad andarsene, far presagire il rischio di ritorsioni ben più gravi per chi avesse deciso di rimanere in quel campo.

E questo è effettivamente successo.

Nel quadrante sud della città sono stati distrutti e sgomberati diversi insediamenti: decine di baracche nella zona della Magliana e di Ponte Marconi sono state abbattute a calci e le persone costrette alla fuga spesso senza nemmeno avere il tempo di recuperare gli oggetti personali o almeno una coperta per la notte.

In nessuna occasione era presente personale della Croce Rossa o dei Servizi Sociali Comunali e famiglie intere sono state semplicemente lasciate per strada senza alcuna indicazione e alternativa.

Paradossalmente uno degli insediamenti sgomberati è stato quello in cui è stato avviato il censimento romano; così dopo la visita degli operatori della Croce Rossa, dopo i servizi televisivi e le foto sui giornali, dopo la partecipazione, le promesse e le aspettative, quelle persone si trovano ora per strada, a cercare ogni notte un riparo diverso.

Non è nostra intenzione avviare in questa sede un ragionamento, comunque necessario e urgente, sulla utilità delle misure straordinarie e sul censimento.

Non possiamo tuttavia non denunciare con forza che quelle misure minime di garanzia che lei stesso aveva più volte dichiarato agli organi di stampa, in particolare l'assicurazione che non ci sarebbe stato alcuno sgombero fino al termine delle operazioni del censimento, sono state ampiamente contraddette e disattese. Come nei mesi precedenti alla Sua nomina, la modalità di intervento delle Istituzioni è stata sempre la stessa: creare un clima di paura e costringere materialmente alla fuga chi abita nelle baracche e nei ripari di fortuna.

A questo servono i commissari speciali e l'esercito nella città ?

Sono queste le politiche attive per la sicurezza che dovrebbero favorire l'inclusione sociale e la legalità ?

ARPJ - Tetto
progetto "Una Scuolina per crescere"
www.arpj.org - scuolina@arpj.org

POPICA ONLUS
www.popica.orginfo@popica.org

GRUPPO EVERYONE
Il Gruppo EveryOne comunica che presenterà il testo della lettera aperta al Prefetto anche presso la Commissione europea, denunciando questa nuova, disumana escalation di terrore istituzionale perpetrata - in violazione delle Direttive Ue e di tutte le Carte che tutelano i diritti dei popoli - dalle Istituzioni e dalle autorità romane. In fede, Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Dario Picciau
www.everyonegroup.com

ARCI di ROMA
www.arciroma.it

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