Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 07/09/2009 @ 09:45:59, in casa, visitato 1738 volte)
Da
British_Roma (vedi
QUI ndr)
02/09/2009 - By Isabel Hardman
E' stato detto ad un gruppo di Rom allontanati dalle loro case che non
possono fare richiesta di casa sociale.
Venticinque persone sono state allontanate dalla proprietà dopo che il
proprietario si era preoccupato per la sicurezza ed il pagamento degli affitti.
Erano stati sistemati in alloggi di emergenza, ed era stata effettuata una
valutazione per senza tetto. D'altra parte, il Northern Ireland Housing Executive
(NIHE) ha concluso di non avere l'autorità per fornire alloggio sociale a chi
arrivava dalla Romania.
I regolamenti UE non danno accesso all'alloggio ai Rumeni, se non incontrano
determinate condizioni d'impiego. Un portavoce del NIHE ha detto: "A seguito di
una valutazione delle famiglie rumene sgomberate settimana scorsa dalle loro
case private in affitto, è stato ritenuto che non abbiano i requisiti per
un'assistenza a lungo termine con l'alloggio sociale. Non c'è differenza
con quello che sarebbe successo nel resto della GB. D'altronde, la sistemazione
in alloggi di emergenza era stata fornita come aiuto ed assistenza per trovare
una sistemazione alternativa nel settore privato."
Anche se i Rumeni sono stati recentemente vittime di attacchi razzisti nella
provincia, NIHE dice che questi residenti non hanno alcun collegamento con le
violenze.
Di Fabrizio (del 10/09/2009 @ 09:11:18, in casa, visitato 1552 volte)
Altra segnalazione di Mauro Sabbadini
Da
VareseNotizie.it di Valeria Deste
"Non abbiamo nessuna intenzione di prendere in considerazione le loro
richieste" risponde categorico il sindaco Fontana, all'appello lanciato dalla
comunità sinti (vedi
QUI ndr).
"Abbiamo problemi più importanti da risolvere in questo momento - ribatte il
primo cittadino - non riusciamo a trovare le sedi per altre cose, figuriamoci se
ne abbiamo una adatta al caso loro". Una risposta categorica per una richiesta
"del tutto fuori luogo". L'amministrazione dichiara, quindi, di voler ignorare
le richieste della comunità sinti.
SOLUZIONI ALTERNATIVE FALLIMENTARI
"In passato avevamo loro proposto soluzioni abitative all'interno di edifici
popolari. Molti di loro le hanno rifiutate e ora si arrangino" conclude il
sindaco.
Quelli che avevano accettato di provare ad insediarsi in appartamento non sono
riusciti a resistere, a causa del loro forte legame alla tradizione nomade
d'appartenenza. L'inserimento nella società è risultato fallimentare: difficile
la convivenza con i vicini, difficile far fronte alle spese, difficile
ritrovarsi all'interno di mura in cemento. Con il benestare dei servizi sociali,
gli appartenenti alla comunità, sono tornati in via Friuli.
I SERVIZI SOCIALI
Concorda con il sindaco l'assessore ai Servizi sociali, Gregorio Navarro. "Non
mi risulta che abbiano mai fatto richiesta formale di trasferimento e comunque
in questo momento non siamo intenzionati a compiere scelte in questa direzione -
dichiara Navarro -. Spesso chiedono ciò che per diritto non gli spetta".
L'assessore spiega che i rapporti con la comunità sinti sono spesso difficili:
"Operare in situazioni di tale natura è molto complicato - conclude -. Ci
occupiamo soprattutto dei bambini. Ci preme che vengano inseriti a livello
scolastico. Il resto non è compito dell'amministrazione".
Ultimo aggiornamento ( Mercoledì 09 Settembre 2009 08:17 )
Di Fabrizio (del 20/09/2009 @ 09:06:44, in casa, visitato 1569 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
(cliccare sull'immagine per vedere la galleria fotografica)
Venerdì 11 settembre 2009, si è svolta a Roma una manifestazione per il
diritto alla casa e contro i recenti sgomberi di alcune occupazioni a scopo
abitativo. Abbiamo deciso di prendervi parte perché crediamo nel diritto ad
avere una sistemazione degna e non possiamo accettare di rimanere in silenzio di
fronte le incoerenti e scellerate politiche abitative delle giunte capitoline
che si sono alternate negli ultimi decenni. Crediamo che in una città come Roma,
dove quotidianamente sorgono interi nuovi quartieri per il profitto dei soliti
pochi, non sia più accettabile che decine di migliaia di persone non abbiano un
tetto sotto cui ripararsi. In questo contesto ci è sembrato anche giusto essere
fortemente critici verso quella che è e sarà la politica dei “villaggi della
solidarietà” per noi rom. Non possiamo accettare che si continui sulla strada
dei ghetti etnici che, negli ultimi vent’anni, è stata peculiarità della sola
Italia nell’intero contesto europeo.
Abbiamo diritto alla casa, non a inaccettabili container recintati.
Esprimiamo qui la nostra totale solidarietà a quanti sono stati sgomberati in
questi giorni e ai movimenti di lotta per la casa che oggi sono al centro di
un’odiosa campagna denigratoria. Crediamo che non possano esistere sgomberi di
esseri umani senza una garanzia di alternative degne.
La casa è un diritto di tutti e tutte, anche di noi rom e romnì.
Associazione POPICA ONLUS
Rom e Romnì di via di Centocelle
POPICA ONLUS - www.popica.org
http://www.myspace.com/popicaonlus
Di Fabrizio (del 10/10/2009 @ 09:58:03, in casa, visitato 1599 volte)
La
Voce di Venezia
Precisazione del vicesindaco su una nota ANSA diffusa ieri sera
[08/10] Una nota diffusa dall' Ansa ha fatto strabuzzare gli occhi a più di
qualcuno ieri. Nel contenuto si poteva leggere che il nuovo villaggio Sinti in
costruzione in Via Vallenari sarebbe costato 20 milioni di euro. Oggettivamente
un'enormità che non può essere giustificata diversamente da un refuso di stampa.
Per questo motivo il vice sindaco di Venezia e assessore comunale al Bilancio,
Michele Mognato, ha tenuto a precisare:
"Leggo in un lancio dell’Agenzia Ansa, a margine dell’incontro del ministro
Maroni con il prefetto di Venezia, che il Villaggio Sinti a Mestre avrebbe un
costo stimato di 20 milioni di euro. Spero si tratti di un semplice refuso e mi
auguro quindi una immediata rettifica: il Villaggio Sinti costa infatti due
milioni di euro!"
"In un altro lancio dell’Agenzia Ansa - continua Mognato - si riferisce che il
ministro Maroni si è detto favorevole al superamento del patto di stabilità a
Venezia a fronte della crisi del polo chimico a Marghera: sono certo che alle
parole il ministro farà seguire al più presto un atto concreto in sede di
Consiglio dei ministri, augurandomi che egli possa anche recepire le richieste
in merito avanzate dall’Anci per tutti i Comuni italiani".
Francesca Chiozzotto
Di Fabrizio (del 22/10/2009 @ 09:46:36, in casa, visitato 1659 volte)
SEMINARIO DI LAVORO Un approccio integrato all'inclusione socio-abitativa
delle comunità zigane
28 ottobre 2009 ore 14.30
Aula Magna Collegio Santa Caterina da Siena - via S. Martino 17/A PAVIA
PROGRAMMA
14.30 Saluto delle autorità
14.55 Proiezione VIDEO
15.00 Andrea Membretti e Simona Riboni: I Sinti abitano Pavia:
verso il superamento sociale ed urbanistico dei campi nomadi
15.30 Buone pratiche per l'integrazione socio-abitativa delle comunità zigane
Stefano Petrolini: Dalla roulotte alla casa in muratura: il casodi Trento
Renata Paolucci: Le micro-aree insediative: il caso di Padova
16.00 Intervento del Prefetto Mario Ciclosi
16.20 Break
16.40 Tavola Rotonda, modera Andrea Membretti, partecipano:
Pier Sandro Assanelli, Roberto De Lotto, Armando De Salvatore, don Franco
Tassone, Tommaso Vitale
17.30 Dibattito guidato, modera Tommaso Vitale. Sono invitati ad
intervenire:
Opera Nomadi di Voghera, Comunità di S. Egidio, Associazione ApertaMente di
Buccinasco
18.00 Conclusione lavori, Ferdinando Buffoni, Prefetto di Pavia
Di Fabrizio (del 26/10/2009 @ 09:12:40, in casa, visitato 1778 volte)
Segnalazione di
Stefania Ragusa
"I politici hanno paura di far uscire i rom dal ghetto"
Ricerca dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra) sulla questione
abitativa. L’opinione che circola tra gli addetti ai lavori è che anche in
presenza di volontà politica da parte delle autorità nazionale i problemi sono a
livello locale
BRUXELLES – La responsabilità principale nell’attuare politiche abitative a
favore dei rom risiede nelle mani delle autorità locali e nazionali, che
spesso però non hanno (o preferiscono non avere) un’idea precisa sulla gravità e
la dimensione del problema. Questa è l’opinione che circola tra gli addetti ai
lavori della Tavola rotonda organizzata a Bruxelles dall’Agenzia europea per i
diritti fondamentali (Fra) sulla questione dell’abitazione per la minoranza rom,
in concomitanza con il lancio del relativo rapporto della Fra.
I governi spesso non hanno la volontà politica di misurare il problema della
difficile situazione abitativa dei rom per evitare di essere chiamati ad agire,
come spiega Tara Bedard dell’European Roma Rights Centre (Errc). Ma anche in
presenza di volontà politica da parte delle autorità nazionali, sottolinea
Anastasia Crickley, presidente della Fra, "a volta vi sono problemi a livello
locale": le autorità e i politici del posto non vogliono prendersi carico di
fare uscire i rom dal ghetto per paura di ripercussioni da parte dell’opinione
pubblica. Questi ostacoli, ricorda Crickley, rendono più difficile attuare i
progetti finanziati coi fondi strutturali europei.
Questi ultimi vengono considerati, dal punto di vista dell’Unione europea, come
il mezzo finora più efficace e pratico per risolvere le situazioni di
segregazione e degrado in cui vivono i rom in tutti i Ventisette. "Però finora
non c’è stata alcuna valutazione se questi soldi sono stati spesi bene, e per
capirlo dovremmo chiederlo ai rom stessi, destinatari ultimi dei fondi", fa
notare Ioannis Dimitrakoupolu, responsabile del rapporto sull’abitazione della
Fra. Inoltre i fondi strutturali dedicati all’abitazione sono sottoposti a
limitazioni nell’uso, che (fatte salve alcune eccezioni) riguarda i paesi di
nuova adesione. Proprio in questi giorni Parlamento europeo e Consiglio (che
rappresentata i governi dei 27) stanno cercando le vie legali per sbloccare
questi fondi a favore dei rom in tutta l’Ue. (mm)
Casa: per i rom in Ue l'accesso è un percorso ad ostacoli
Pesano discriminazioni e ingiustizie, e spesso il tentativo si conclude con
una vita passata in un ghetto. Lo evidenzia una ricerca effettuata dall’Agenzia
europea per i diritti fondamentali (Fra). Chiesti maggiori sforzi a governi e
autorità locali
BRUXELLES – Una ricerca effettuata dall’Agenzia europea per i diritti
fondamentali (Fra) dimostra con basi scientifiche ciò che tutti i rom già sanno
per averlo sperimentato sulla propria pelle: per loro l’accesso all’abitazione è
un percorso a ostacoli fatto di discriminazioni e ingiustizie, e che molto
spesso si conclude con una vita passata segregati in un ghetto. Questi ostacoli
si pongono non solo per entrare in possesso o in affitto di un alloggio privato,
ma anche nell’ambito dell’assegnazione di alloggi sociali pubblici.
Secondo la Fra, gli Stati membri dell’Ue e le autorità locali dovrebbero
applicare la legislazione vigente in materia di lotta contro la discriminazione
e mettere in pratica le politiche per l’integrazione dei Rom, intensificando gli
sforzi per migliorare l’informazione dei rom sui loro diritti e coinvolgendoli
nella programmazione e messa in opera delle politiche abitative.
Secondo il direttore dell’Agenzia, Morten Kjaerum, "la relazione dimostra che
molte autorità regionali e locali nell’Ue sono restie ad adottare e attuare
appropriate politiche abitative per i rom. Occorre che le autorità agiscano con
urgenza, in quanto condizioni di alloggio mediocri e la segregazione
residenziale hanno un impatto negativo sull’istruzione, l’occupazione e la
salute dei rom. Ad esempio, abitare in luoghi segregati rende difficile sia
l’accesso dei bambini Rom alle scuole sia cercare e ottenere un impiego per rom
e travellers (i ‘viaggianti’ di Regno Unito e Irlanda, Ndr)".
La maggior parte dei rom vive in insediamenti non ufficiali privi delle
infrastrutture di base, spesso in abitazioni difficilmente abitabili, senza
prospettive di regolarizzare le proprie case e di migliorarne la qualità. Molto
spesso le zone adibite per gli alloggi dei rom forniscono un accesso
estremamente difficile ai servizi pubblici, ai trasporti, all’occupazione e
all’istruzione, e mancano di un’inadeguata erogazione di acqua, energia
elettrica o gas. Ciò porta ad elevati tassi di segregazione, talvolta proprio in
seguito a deliberate scelte politiche.
Capita poi che i rom vengano sfrattati senza ragione valida anche dagli alloggi
sociali, pur pagando regolarmente l’affitto. Sovente gli sfratti avvengono senza
preavviso e con uso di violenza da parte della polizia, accompagnata dalla
distruzione dei beni personali. Inoltre in molti casi le autorità non forniscono
alloggi alternativi o un adeguato indennizzo per l’esproprio.
Il problema è esacerbato dal fatto che non vengono rispettate le leggi vigenti
contro le discriminazioni razziali, o che i rom stessi non sono a conoscenza di
queste disposizioni volte a proteggerli: ciò avviene in media nel 70% dei casi.
Tra i rom a conoscenza di queste leggi però solo il 41% sa come e a chi sporgere
denuncia. Di conseguenza, il numero di denunce ufficiali resta molto basso.
Secondo la Fra, gli Stati membri devono adottare misure positive, in particolare
a favore di condizioni abitative accettabili. Inoltre è necessaria una raccolta
regolare di dati disaggregati da un punto di vista etnico in merito alla
situazione degli alloggi dei rom. Per la Fra anche l’Europa deve fare la propria
parte: la Commissione Europea dovrebbe garantire un collegamento dei fondi
strutturali con l’attuazione di programmi di pari opportunità e di non
segregazione negli alloggi. Minimo comun denominatore a queste iniziative deve
comunque rimanere un’attiva partecipazione dei rom nella programmazione,
nell’attuazione e nell’esame delle politiche abitative. (mm)
Di Fabrizio (del 26/10/2009 @ 09:31:13, in casa, visitato 1554 volte)
CHESTER (REGNO UNITO) — Dove collocare i nuovi punti d’accoglienza per nomadi
e gitani? Con un’iniziativa alquanto inusuale la contea di Chester lo chiede
direttamente ai suoi cittadini. di Isabella Agostinelli -
redazione@viveremarche.it
Il CWAC (il consiglio cittadino di Chester e della contea del Chestershire) ha
commissionato i suoi enti locali uno studio interessante tutta l’area per
identificare i possibili siti dove accogliere al meglio i nomadi e i gitani.
Infatti, l’ente britannico che si occupa delle strategie del territorio, ha
richiesto alla contea di Chester di individuare almeno 45 siti permanenti e
altri 10 transitori dove accogliere queste persone entro il 2016.
Ma il CWAC ha dichiarato che nella contea esistono già 59 siti permanenti per
l’accoglienza dei nomadi e che in realtà, dai dati emersi dalle associazioni che
tutelano queste categorie di persone, ci sia bisogno di un numero assai
inferiore di nuove aree. Il capo esecutivo della CWAT, Herbert Manley ha detto a
proposito: “Pur criticando la decisione del governo, condividiamo l’idea di
dover fornire più aree per i nomadi e i gitani”.
“Infatti” – ha aggiunto il signor Manley – “l’avere dei siti permanenti, da
delle sicurezze a tutti, sia ai nomadi che ai cittadini. L’assenza di siti
autorizzati favorisce sicuramente l’occupazione illecita di zone cittadine e
campali”.
Ora la parola passa ai cittadini, che entro il 13 novembre dovranno dare la loro
opinione e aiutare la propria contea a prendere un'importante decisione.
Tutti i dati, le citazioni e le informazioni sono state prese dall’articolo
”Cheshire residents asked to suggest locations for Gypsy and Traveller camps” di
Claire Devine, Chester Chronicle, 22/10/2009.
Di Fabrizio (del 10/11/2009 @ 09:50:07, in casa, visitato 1654 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
Con noi Rom è inevitabile parlare di integrazione, tutti ne parlano. E’ da
almeno 10 anni che anche noi qui a Pisa siamo gli "oggetti" da integrare:
abbiamo visto passare sopra le nostre teste tante persone, associazioni,
Fondazioni, operatori, esperti..tutti pronti a lanciare su di noi la loro
ricetta miracolosa, con l’obiettivo di portarci alla meta della desiderata
integrazione. Noi abbiamo cercato di "cambiare", era la condizione per far parte
del progetto "Città sottili".
"Dovete cambiare per ottenere..", era il ritornello sulla bocca di molti.
"Bisogna che voi mandiate i vostri bambini a scuola, se volete poi..".
"Dovete smettere di mandare le vostre donne con i bambini a mendicare in città
se volete restare dentro il Progetto."
Lungo tutti questi anni abbiamo cambiato tante cose, anche a costo di sacrifici
e di rinunce, a volte questi cambiamenti erano dolorosi, anche se questo nessuno
lo riconosce, ma il villaggio ci attendeva.
"Dovete abbattere le vostre baracche se volete far parte del villaggio che
verrà.."
"Dovete spostarvi più in là, dovete restringervi."
"Dovete impedire l’accesso al campo a nuovi Rom, altrimenti il villaggio non si
farà."
"Dovete dire a quelle persone di uscire dal campo, se volete continuare a
rimanere nel Progetto!"
"Ma quelle persone sono mio padre e mia madre".
"Non importa, se ne devono andare è per il Progetto!"
Il villaggio Rom che sta per finire ha comportato tanto impegno e difficoltà,
sia da parte dell’Amministrazione, che ringraziamo di cuore, ma soprattutto da
parte nostra. Abbiamo accettato con tanta speranza ben 7 anni fa, quando
l’assessore di allora dott. Marco Macaluso ci presentò le modalità del progetto
e la descrizione del Villaggio che sarebbe sorto all’interno del campo. A tutte
le famiglie, ad ognuna singolarmente fu anche chiesto espressamente cosa
sceglievano: rimanere nel campo in attesa del villaggio o andare subito in un
appartamento. Chi otteneva una sistemazione in casa o in appartamento si
impegnava a non far ritorno al campo, a chi invece rimaneva nel campo veniva
chiesto soprattutto di portare pazienza nel sopportare i disagi della vita al
campo e di collaborare in attesa di entrare nel nuovo villaggio. "Basta campi!",
si diceva allora e si continua a ripeterlo, come se per noi Rom il campo è la
nostra scelta di vita: ci fu imposto a suo tempo e si continua a farlo passare
come una nostra scelta di vita. L’integrazione sembrava praticamente il
passaggio automatico dal campo all’appartamento.
Ora veniamo a conoscenza che la maggioranza delle famiglie che vivono al campo
di Coltano non entrerà nel villaggio, la precedenza andrà ad altri, esattamente
a chi da anni vive in appartamento, ma allora noi chiediamo: dove sta la
fedeltà alle tante promesse che ci avete fatto?
A cosa è servito pazientare e collaborare attivamente se poi alla fine qualcuno
subdolamente cambia le regole di nascosto e trama alle nostre spalle?
Praticamente a quei Rom che avevano accettato di "integrarsi" nelle case (perché
noi non lo stiamo facendo?), ora viene chiesto di tornare nel "villaggio"…
ma
non si erano già integrati? Che ne sarà di quelle famiglie che in tutti questi
anni hanno atteso il Villaggio e che all’ultimo momento si vedono escluse senza
alcuna spiegazione?
Se usiamo parole forti è perché siamo ormai stanchi di fare domande al
responsabile del progetto, ma in cambio cosa riceviamo? Silenzi, Bugie, falsità,
doppiezza, non considerazione. L’elenco sarebbe lungo e penoso.. eppure si
tratta delle nostre vite e quelle delle nostre famiglie. Noi esprimiamo tanti
dubbi sul modo in cui il responsabile del progetto lo sta portando avanti e
chiediamo al sig. Sindaco un suo diretto intervento perché trovi persone capaci
di assumere un atteggiamento di correttezza e lealtà "anche verso di noi",
atteggiamenti minimi indispensabili perché l’integrazione cammini verso la sua
giusta direzione. Quella correttezza che da anni viene chiesta a noi Rom e che
in tante situazioni crediamo di averla dimostrata, ma vogliamo vederla anche
negli stessi operatori verso di noi, soprattutto quando questi trattano delle
nostre esistenze e del nostro futuro! Diversamente si rischia un abuso!
Fino a qualche anno fa noi Rom ci sentivamo parte della cittadinanza di Pisa,
partecipavamo con entusiasmo a varie iniziative cittadine proponendo la nostra
cultura, la nostra storia, cercando di trasmettere la nostra fiducia nella vita,
ora invece ci sentiamo messi in disparte, come zittiti. Questa comunicazione
venne interrotta, forse ritenendola inutile o uno spreco di energie da gestire
con competenza e professionalità sempre da altri, ma estranei a noi e spesso
diffidenti.
Il Progetto rischia di erodere quelle che erano le nostre radici, la nostra
comune appartenenza di popoli Rom, un risultato è che ora, anche tra di noi ci
guardiamo con diffidenza e sospetto. E’ forse questo il prezzo da pagare per
l’integrazione? Quando ci sarà strappata anche l’anima potremo dire di esserci
meritato il diploma della integrazione?
Noi Rom di Coltano da anni stiamo chiedendo agli operatori del Progetto di
trovare una soluzione al Permesso di Soggiorno, per riuscire in seguito a
trovare un lavoro.. Perché si è fatto niente al riguardo quando la Legge era più
favorevole, rispetto a quella in vigore oggi?
Campo Rom di Coltano (PI) - 8 Novembre 2009 -
( Seguono 27 firme )
Di Fabrizio (del 13/11/2009 @ 09:35:29, in casa, visitato 1939 volte)
Stop agli sgomberi forzati!
Le autorità cittadine, a Roma, hanno sgomberato forzatamente una comunità di
circa 400 persone rom. La maggior parte di queste persone, che costituiscono
circa 100 famiglie, hanno occupato uno stabilimento abbandonato nelle vicinanze.
Se sgomberate da questo stabilimento, le famiglie dovrebbero vivere in dure
condizioni in un altro campo improvvisato, o potrebbero essere costrette a
vivere all'aperto.
Secondo le Ong locali e i mezzi di comunicazione, all'alba dell'11 novembre,
circa 150 ufficiali di polizia hanno sgomberato le famiglie dal campo di via
Centocelle, nella parte est della città. Tutti gli accampamenti della comunità
sono stati distrutti e circa 20 uomini rom sono stati arrestati, nonostante non
si sappia di cosa siano accusati. Le Ong locali affermano che la comunità non ha
ricevuto nessuna notifica dello sgombero forzato ne è stata consultata, e che il
Comune di Roma abbia offerto rifugi per brevi peridi solo ad alcune donne e ai
bambini piccoli, nei dormitori dei senza tetto della città. In base alla legge
italiana, le autorità dovrebbero notificare lo sgombero a tutte le persone, o
pubblicare un ordine pubblico o un preavviso. In ogni caso, non essendo l'ordine
formalizzato in questo modo, la comunità non potrà adire la corte, e fermare o
posporre lo sgombero.
Lo stabilimento dove si trovano adesso le famiglie è una proprietà privata, e
quindi potrebbero essere sposati in qualunque momento. Nella comunità ci sono
circa 140 bambini, di cui 40 frequentano una scuola nelle vicinanze. Lo sgombero
minaccia di interrompere la loro scolarizzazione e sconvolgere seriamente la
loro educazione.
La maggior parte di coloro che vivono nel campo di Centocelle hanno già vissuto
in precedenza uno sgombero forzato. Gli sgomberi forzati precedenti hanno
comportato la distruzione di accampamenti, vestiti, materassi, e qualche volta,
di medicine e documenti. Si ritiene che tutti questi sgomberi siano stati
eseguiti senza le salvaguardie procedurali richieste dagli standard regionali ed
internazionali dei diritti umani.
Firma l'appello online:
http://www.amnesty.it/flex/FixedPages/IT/appelliForm.php/L/IT/ca/203/P/100
In merito allo sgombero dell’occupazione rom di Via Gordiani, a Roma, Claudio
Graziano, responsabile ARCI Immigrazione Roma e Lazio, dichiara che “gli
sgomberi polizieschi sono atti scellerati, aumentano i problemi dei Rom e del
territorio intero. In questo caso, sono stati sgomberate 200 persone, presenti
in modo provvisorio nel Municipio VII da più di un anno, dove il processo di
integrazione aveva già dato ottimi risultati. Lo dimostra la presenza delle
insegnanti e la direttrice della scuola “Iqbal Masih”, che per tutta la mattina
hanno cercato i genitori dei bambini e delle bambine regolarmente presenti in
classe, anche oggi. Inoltre, denunciamo che non è stato permesso l’ingresso
all’occupazione alle associazioni di tutela, i mediatori culturali, gli
interpreti, gli avvocati, gli insegnanti, oltre che ai giornalisti. Questa
operazione di sgombero dimostra la continua violazione in Italia e dei diritti
umani nei confronti dei migranti e dei Rom; siamo ancora sconvolti dallo
sgombero disumano dell’insediamento di S. Nicola Varco a Eboli.
Il Sindaco Alemanno si fa forte con i deboli, non affronta i problemi delle
persone ma preferisce cacciare i poveri. Queste azioni violente non risolvono la
situazione dei campi Rom presenti sul territorio romano, ma aumentano la
confusione ed il disagio. C’è la totale assenza di una programmazione concreta,
mentre le dichiarazioni verbali dell’amministrazione comunale rivendicano un
impegno inesistente.
Come ARCI e con tutte le associazioni romane, ci chiediamo che tipo di città
vuole amministrare questa giunta, se quella delle squadracce che irrompono nelle
occupazioni operaie, se quella degli sgomberi dei cittadini poveri, se quella
dei pestaggi agli omosessuali e ai migranti. Vorremmo sapere se Roma è ancora la
città dell’accoglienza, oppure se quello a cui assistiamo quasi quotidianamente
è il nuovo modello di convivenza civile che vuole imporci la giunta comunale.
Non sappiamo dove siano le persone sgomberate oggi, deportate con un pullman
chissà dove. L’ARCI pensa che si debba dare una risposta civile a queste
situazioni, che si debba arrivare ad un superamento pacifico dei campi rom,
dovrebbe esserci accordo tra amministrazione comunale, cittadinanza ed i Rom
stessi.
Claudio Graziano resposabile immigrazione ARCI di Roma tel
3356984279-0641734712
www.arciroma.it
Di Fabrizio (del 18/11/2009 @ 09:42:43, in casa, visitato 1665 volte)
Alto Adige - L'Espresso local
IL CASO A OLTRISARCO - Ieri mattina il comitato ha raccolto 400 firme
contro il trasferimento dei Gabrielli. Poi tutti attorno a un tavolo (fr.g.)
Area di viale Trento, funziona la mediazione improvvisata con gli assessori
BOLZANO. Invece di gridare si sono parlati: e ieri a Oltrisarco sono diventati
protagonisti di un piccolo grande evento. Il comitato contro l'area nomadi di
viale Trento (che ieri mattina ha raccolto oltre 400 firme), un gruppo di
amministratori comunali e provinciali (tra cui Gallo, Pagani, Trincanato, Primo
Schönsberg, Margheri e Dello Sbarba), la famiglia di sinti Gabrielli, la Rete
diritti dei senza voce hanno firmato un testo di riconciliazione.
E' accaduto poco prima delle 13 in piazza Bersaglio dopo una mattinata
vivace. Felici tutti. I politici, la famiglia Gabrielli (Radames: «E' la prima
volta che ci succede di discutere così con i residenti») e il comitato di
cittadini («non siamo razzisti, non vogliamo equivoci sulla nostra petizione».
Domani pomeriggio si ritroveranno in Comune per un incontro più formale. Ma
la base sta nel documento e nel metodo: tutti attorno al tavolo improvvisato del
bar in piazza a tirare fuori le proprie idee su quell'area nomadi «provvisoria»
che ha provocato tanta tensione. Alla fine, è il riassunto, dal primo all'ultimo
condividono che quello non sia il posto giusto per ospitare i Gabrielli.
Questo il testo del documento: «Noi cittadine e cittadini di Bolzano, insieme
alla famiglia Gabrielli, cittadina di Bolzano da sempre, e con esponenti
dell'amministrazione comunale, dichiariamo di non volere che si creino
contrapposizioni tra persone che vogliono collaborare per soluzioni positive,
durevoli e dignitose per tutti. Per questo chiediamo che alla famiglia Gabrielli
sia assegnata nel più breve tempo possibile un'area dove vivere con agio,
integrata nel contesto sociale della città, con la realizzazione delle microaree
da tanto progettate». Nel documento si chiede inoltre «che l'attuale area di
viale Trento, inadeguata, sia considerata una soluzione provvisoria e di
emergenza; che la Provincia crei tutte le condizioni di legge necessarie alla
realizzazione delle microaree e sostenga i Comuni nell'affrontare i problemi
sociali».
Il racconto della giornata vede alle 9 i banchi del comitato di cittadini al
debutto in piazza Bersaglio: raccolgono in fretta centinaia di firme sotto la
petizione. Il testo chiede al presidente provinciale Luis Durnwalder e al
sindaco Luigi Spagnolli di annullare il trasferimento dei Gabrielli nell'area
cani di viale Trento. Tra i motivi elencati dal comitato, la situazione già
difficile di un quartiere a rischio «ghetto», «il modo in cui è stato gestito il
problema rischia di creare tensioni», «la svalutazione immobiliare», «il
potenziale pericolo per la stessa famiglia Gabrielli in un area situata tra
ferrovia, cavalcavia A22, tralicci dell'alta tensione», «nessun coinvolgimento
della popolazione prima del trasferimento». Hanno firmato proprietari di cani,
residenti d'accordo con la petizione, e anche, racconta Verena De Manincor,
«persone ostili con i nomadi punto e basta: ma ci siamo dissociati da chi
parlava così».
A pochi metri di distanza, alla casa Migrantes del ponte Roma, i Gabrielli e
un gruppo di ecosociali, esponenti del Pd (assente ma solidale l'assessore
Barbara Repetto), la rete dei Diritti dei senza voce hanno fatto colazione
insieme, poi si sono diretti in piazza Bersaglio. Subito c'è stata un po' di
tensione, con Verena De Manincor che insisteva: «Non siamo razzisti, leggete la
petizione prima di accusarci. Siamo stati avvicinati da politici di destra che
volevano unirsi a noi: non ci siamo fatti strumentalizzare». Poi è iniziata la
«mediazione». Forse non ci credevano neppure loro, ma alla fine hanno firmato il
documento che intende chiudere le tensioni. Ma Mariateresa Tomada (Lega) accusa:
«La giunta non ha voluto trasferire i Gabrielli in altre aree disponibili come
il maneggio e la giardineria comunale di via Rio Molino: perché? Forse perché i
Sinti non possono vivere a Gries o perché l'assessore Pasquali e la sua famiglia
frequentano il maneggio?». Quanto ai Gabrielli, chiede Tomada, «di cosa hanno
vissuto negli ultimi 60 anni?».
(16 novembre 2009)
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