Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 11/04/2008 @ 09:16:01, in casa, visitato 1497 volte)
Una tavola rotonda, una mostra fotografica, una fisarmonica zingara e la
voglia di conoscere il mondo rom fuori dai luoghi comuni.
a
Fa' la cosa giusta!
Fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili
Domenica 13 aprile 2008 – ore 15:00
Sala Rossa – Padiglione 7
Fieramilanocity – Porta Eginardo
Le condizioni attuali delle popolazioni Rom e Sinti impongono una presa di
coscienza e di responsabilità da parte del mondo politico e della società, per
ricercare alternative, soluzioni e iniziative volte ad una maggiore
integrazione, al miglioramento delle condizioni abitative e alla garanzia di
sicurezza e tutela dei diritti di tutti.
Modera l'incontro Dario Paladini, giornalista di Terre di Mezzo
Partecipano:
Mariolina Moioli – Assessore a Scuola, Famiglia e Politiche sociali del
Comune di Milano (in attesa di conferma)
Don Virginio Colmegna – Presidente di Casa della carità
Maurizio Pagani – Vice presidente di Opera Nomadi
Pietro Massarotto – Presidente dell'Ass.ne NAGA
Prof. Tommaso Vitale - Docente di Sociologia presso Università Milano
Bicocca
La tavola rotonda sarà introdotta da un'esibizione del musicista Jovic
Marinkovic Jovica e accompagnata da una mostra fotografica a cura di Marilisa
Cosello e Alessandro Stellari.
Per informazioni:
www.falacosagiusta.org
Di Fabrizio (del 14/04/2008 @ 11:01:59, in casa, visitato 1568 volte)
Da
il manifesto del 13 Aprile 2008
Gli alloggi assegnati a chi aveva documenti e lavoro. Gli affitti,
calmierati, pagati a metà dalla fondazione Carisbo e dai locatari
Tra gli sgomberati del Ferrhotel, che ora hanno avuto assegnata un'abitazione a
canone concordato. Con l'impegno del comune e un obiettivo: dismettere i campi
nomadi. Un esempio in controtendenza rispetto alla politica degli
allontanamenti. Firmato Cofferati
Linda Chiaramonte
Bologna
È da poco rientrato a casa dal lavoro Aghiran quando apre la porta
sorridente e mi fa accomodare in cucina dove sul fuoco borbotta una caffettiera.
Sì, proprio così, a casa. Aghiran, come tanti altri rom, ha vissuto una piccola
odissea fatta di sgomberi, occupazioni, baracche sul lungo fiume, giacigli di
fortuna e ora questo appartamento in una palazzina in una strada alberata di una
zona tranquilla di Bologna, non molto lontana dal centro, sembra un sogno.
Aghiran ha 40 anni, moglie e due figlie di 12 e 7 anni ed è arrivato a Bologna
per cercare lavoro nel 2003, ha raggiunto amici e parenti che gli parlavano bene
della città. È arrivato da Lipovu, un piccolo paese a trenta chilometri da
Craiova, in Romania. Lì ha una casa, faceva il saldatore e ha lavorato nelle
ferrovie. Guadagnava fra i 150 e i 200 euro al mese. Dopo la rivoluzione dell'89
però molte ditte italiane, tedesche e francesi hanno rilevato molte fabbriche in
Romania e metà degli operai sono rimasti senza lavoro. Dal '91 al '93 gira in
cerca di occupazione fra Germania, Turchia e Serbia, nel '99 sposa Marian. Prima
della rivoluzione in Romania, ha sempre lavorato, vivendo dignitosamente, dopo
invece il lavoro è iniziato a mancare e avendo ormai famiglia Aghiran ha dovuto
darsi da fare e partire ancora.
Un paese incivile
Alla fine del 2003 arriva a Bologna. Per tre anni e mezzo è solo, moglie e
figlie sono rimaste a Lipovu. Il suo primo alloggio è il Ferrhotel, ex albergo
dei ferrovieri da anni inutilizzato, occupato da alcuni attivisti dei movimenti
bolognesi, che diventerà la casa di molti nuclei familiari di rom reduci dal
primo sgombero delle baracche sul lungo Reno. Lì Aghiran, all'epoca senza
documenti, divide la stanza con parenti e amici. Sgomberi dalla sua «baracchina»
di nylon sul fiume ne ha vissuti almeno tre. «Sono stati tempi brutti, non mi
aspettavo che la vita in Italia, un paese occidentale e democratico, sarebbe
stata così dura, non ho trovato quello che mi aspettavo. Ho trovato sfruttamento
e razzismo. I datori di lavoro mi davano 25-30 euro al giorno. Dal 2004 al 2006
lavoravo come manovale nell'edilizia, ma ero malpagato perché non avevo i
documenti. Diverse volte ho perso il lavoro perché hanno saputo che ero rom, ma
io non mi vergogno, anche se ho vissuto spesso discriminazioni razziali»,
racconta con un velo di tristezza e ricorda di quando gli è capitato di
rientrare dopo il lavoro nella sua baracca e di non trovarla più, demolita
mentre era via insieme alle sue cose. Dopo le prime ruspe sul Lungoreno del
marzo 2005 volute dal sindaco Sergio Cofferati, che salì agli onori delle
cronache come paladino della legalità, seguite da altre in ottobre e novembre, è
stato sistemato insieme agli altri in un campo di transito in un'area attrezzata
nella periferia del quartiere San Donato. Lì Aghiran ha vissuto in un container
con la famiglia del fratello fino al settembre 2006. Poi un altro trasferimento
e un altro container fino al 2007, questa volta in una struttura creata dal
Comune per far fronte all'emergenza dell'accoglienza dei rom.
«Cuore di rom»
Prima dell'estate 2007 ad Aghiran, che dal primo maggio ha un regolare contratto
di lavoro in un'azienda agricola di ortofrutta, appena fuori città, arriva la
buona notizia che nel giro di pochi mesi potrà trasferirsi in una vera casa, un
appartamento arredato. Così a settembre, un paio di mesi prima del
trasferimento, la moglie e le figlie lo raggiungono a Bologna e a novembre tutta
la famiglia trasloca in 80 metri quadri. «Sono felice di poter offrire un futuro
onesto alle mie figlie, le voglio sistemare qui, perché in Romania non avrebbero
un futuro. Anche se io voglio morire nella mia terra. Ora mi sento molto bene,
ho un lavoro, le figlie vanno a scuola, ho la casa» dice soddisfatto Aghiran,
che tutte le mattine fa alcuni chilometri in bicicletta per raggiungere il
lavoro. Tutti i sabati alcuni operatori aiutano le bambine a fare i compiti,
bambine che dopo pochi mesi in Italia parlano benissimo l'italiano. Nessun
problema di integrazione né di convivenza con i vicini, solo una porta sempre
aperta alle visite di amici e parenti cha passano a dare un saluto, bevono un
caffé e restano a chiacchierare e a vedere la telenovela che trasmette la
parabola, dal titolo «cuore di zingaro», dice Lavinia, la figlia più grande,
«cuore di rom» corregge il papà, perché anche le parole fanno la differenza.
Mentre lui racconta, la moglie ascolta e sorride, non parla una parola di
italiano, ma capisce. Per cena ha preparato riso e pollo, probabilmente a tavola
si fermeranno alcuni ospiti. Come molte delle donne che vivevano nelle
strutture, e a cui è venuta a mancare la vita di comunità, soffre un po' di
solitudine. Prima di salutarci Aghiran mostra orgoglioso il resto della casa, la
sala, le due camere, il bagno. Il suo contratto è stipulato per quattro anni,
poi potrà anche fare richiesta per la casa popolare.
«La colonna senza fine»
A ripercorrere tutte le tappe della vicenda rom in città è il bel documentario
La colonna senza fine di Elisa Mereghetti, scritto con Valerio Monteventi,
consigliere comunale indipendente di Bologna, presidente della commissione
consiliare per le politiche abitative e della casa, da sempre impegnato in
battaglie sociali. La storia di Aghiran rientra in un progetto avviato, e ormai
concluso, dai servizi per l'integrazione interculturale del Comune di Bologna.
Come lui sono state inserite in appartamento 17 famiglie su 19 provenienti dai
container di via del Piratino, per un totale di 73 persone, oltre ad altri 27
nuclei, pari a 125 persone fra cui 57 minori, provenienti da Villa Salus, ex
clinica dismessa adibita ad alloggio per fronteggiare l'emergenza rom dopo lo
sgombero del Ferrhotel eseguito con un'ordinanza del sindaco. Per questa
operazione il Comune ha dovuto reperire sul mercato privato appartamenti a
canoni concordati, in città e comuni vicini, che non superassero gli 800 euro al
mese, li ha poi mostrati e proposti alle famiglie con i requisiti richiesti per
affrontare le spese di circa il 50% dell'affitto ovvero documenti e lavoro.
Nell'assegnazione gli operatori del servizio hanno tenuto conto della vicinanza
con il luogo di lavoro e dei servizi, come scuole e mezzi pubblici. Il Comune si
è fatto garante presso i proprietari e si è fatto carico di pagare 300 euro al
mese per ogni famiglia, grazie anche al contributo dato dalla fondazione
bancaria Carisbo, siglato nel febbraio 2007, che ha stanziato 150.000 euro,
100.000 dei quali sono stati spesi per gli affitti del 2007. La restante parte
dell'affitto (oltre alle utenze) viene corrisposta dagli affittuari, cifra che
solo in pochi casi supera il 50%. Il Comune ha utilizzato altri 100.000 euro per
gli interventi socio-educativi di accompagnamento e inserimento sociale
lavorativo rivolto soprattutto alle donne. Inoltre gli operatori si occupano di
aiutarli nelle pratiche per la residenza, dell'iscrizione a scuola e alle Asl,
seguono le vaccinazioni e monitorano la frequenza scolastica.
Superare i campi nomadi
Il progetto dell'inserimento abitativo in appartamento, iniziato nel marzo 2005,
si pone come alternativa alla logica assistenziale e va nella direzione della
dismissione dei campi nomadi. Un tema impopolare quello dell'assegnazione di
case ai rom che suscita ire e levate di scudi, in un paese in cui è più facile
cacciare i rom da un punto all'altro delle città. Anche se forse non tutti
conoscono gli alti costi di manutenzione di un campo nomadi per le
amministrazioni, di molto superiore rispetto all'inserimento abitativo. A
Bologna la gestione per sei mesi di Villa Salus nel 2007 è costata circa 310.000
euro, l'altra struttura, il cosiddetto Piratino, circa 287.000 per l'intero
2007, per un totale di circa 600.000 euro. Entro l'anno il Piratino sarà
riedificato con 270.000 euro del fondo ministeriale per progetti
socio-assistenziali. Diventerà una struttura permanente di casette in muratura
che offrirà 50 posti letto alle famiglie in situazioni di grave disagio
abitativo. Il 30 giugno, dopo 15 anni, chiuderà il campo di Sasso Marconi per ex
profughi dell'ex Jugoslavia che ora ospita sei famiglie, entro il 2008 chiuderà
anche l'altro, alle porte di Bologna, che ne accoglie sette. Anche in questi
casi è previsto l'inserimento abitativo in appartamenti.
Di Fabrizio (del 17/04/2008 @ 16:17:55, in casa, visitato 1747 volte)
Invito all’incontro pubblico:
CITTADINI D'EUROPA
i rom e l'abitare a Milano
Sabato 19 Aprile 2008, ore 10.00 – ore 16
Sala Guicciardini, Provincia di Milano
Via Guicciardini 6 – 20129 Milano
(Bus 54, Tram 9, 23)
Le associazioni milanesi Arci e Naga sono liete di invitarLa all’incontro
pubblico “Cittadini d’Europa: i rom e l’abitare a Milano”, volto ad una
riflessione condivisa e costruttiva sul tema dell’abitare a Milano per i rom e i
sinti. Attraverso il confronto fra diverse esperienze italiane, auspichiamo di
innescare un dibattito sulla possibilità di produrre politiche
abitative specifiche, mirate ed efficaci.
L’incontro sarà articolato in due momenti:
•
La prima parte analizzerà diverse esperienze di “abitare rom” in Italia.
Parteciperanno:
- Il rapporto tra pubblico e privato nell’esperienza di Pisa - Sergio
Bontempelli, Africa Insieme, Pisa
- Idee di autocostruzione - Nicola Solimano, Fondazione Michelucci, Firenze
- Ostacoli e obiettivi del villaggio solidale di Cologno Monzese - Maria Grazia
Guida, Casa della Carità, Milano
- Habitat diversi per rom e sinti: microaree e terreni privati - Yuri del Bar e
Carlo Bernini, Mantova
- Intervento da confermare - Opera Nomadi
- Intervento da confermare - Ermes, Roma
[pausa pranzo]
•
La seconda parte si focalizzerà invece sulla situazione milanese.
Parteciperanno:
- La scelta delle istituzioni - Francesca Corso, Provincia di Milano
- Intervento da confermare - Ufficio Nomadi Comune di Milano
- Abitare nei quartieri popolari - Davide Caselli, Comitato Molise Calvairate,
Milano
- Abitare i luoghi delle differenze - Alfredo Alietti, Dipartimento di Scienze
Umane, Università di Ferrara
Modera Piero Colacicchi, Osservazione (centro di ricerca azione contro la
discriminazione di rom e sinti)
L’auspicio è di riuscire a restituire un punto di vista “altro” sia rispetto
a quanto comunicato dai mezzi d’informazione, sia rispetto alle risposte
esclusivamente emergenziali intraprese dalle istituzioni locali e nazionali.
La giornata lascerà ampio spazio al dibattito in sala, che affiancherà gli
interventi sintetici e mirati dei relatori. Idee, commenti e spunti di
riflessione saranno pertanto fondamentali nel contribuire alla buona riuscita
della giornata.
Confidando nella Sua partecipazione, inviamo cordiali saluti
Arci, Naga
Per informazioni: Arci Milano 02541781, Naga 3385873535
Di Fabrizio (del 20/04/2008 @ 08:50:12, in casa, visitato 1843 volte)
Da Romanian_Roma
La Fondazione Habitat e il comune di Oradea sono coinvolti in un progetto si
costruzione di diverse case per la locale comunità rom. Laszlo Borbely, ministro
per lo sviluppo ed i lavori pubblici si è unito al sindaco e al vice-sindaco
quando è stata posta la fondazione delle case.
E' rimasto scioccato dalle condizioni in cui vivono i Rom, proprio
accanto al nuovo cantiere inaugurato. Il posto scelto per costruire le nuove
case è situato in un'area abbandonata e di cattiva reputazione. 148 famiglie,
con oltre 630 membri, vivono in 96 appartamenti, tutti affollati ed insalubri.
Costruiti 40 anni fa, i due edifici non sono mai stati rinnovati.
[...] Le prime case verranno completate per la fine di giugno.
"I beneficiari sono stati scelti in base ai loro bisogni, e lavoreranno
assieme ai volontari della fondazione, come pure per la loro capacità di
rimborsare il costo della casa nei prossimi 20 anni, ma senza interessi," dice
Emil Barna, coordinatore della fondazione, che aggiunge che le case saranno
vendute ai futuri proprietari al prezzo di solo 15.000 €, prezzo che copre i
materiali di costruzione.
DIVERS – www.divers.ro
Di Fabrizio (del 03/05/2008 @ 08:42:23, in casa, visitato 2296 volte)
Da
British_Roma - USTIBEN REPORT
Stanno demolendo Sulukule, il più antico quartiere rom in Turchia, e
deportando la cosiddetta "armata del diavolo" dall'Italia. Ma in mezzo a questa
deriva anti-zigana in Europa, la bandiera sventola ancora sopra
Dale Farm, il villaggio dei Viaggianti che rifiuta di morire.
Mentre un elicottero della polizia lo sorvola minaccioso, questa settimana
gli operai si affrettano a completare la costruzione del nuovo centro
comunitario del villaggio. Aprirà ufficialmente sabato 3 maggio.
Il centro è stato fondato dall'Essex County Council, che vorrebbe che il
consiglio di Basildon terminasse la sua politica anti-Viaggianti. D'altra
parte, il leader tory Malcolm Buckley ha tagliato i suoi legami con Consiglio
dell'Essex sull'Uguaglianza Razziale, sponsor di attività per la gioventù ed
altre iniziative che avranno luogo nell'edificio.
Lord Avebury, membro dell'UK All-Party Parliamentary Group sulla Traveller
Law Reform, taglierà il nastro alla cerimonia inaugurale. L'architetto
dell'originale Caravan Sites Act, da tempo si muove per la promozione dei
350.000 Nomadi e Viaggianti britannici.
"Speriamo che Buckley possa vedere il lato positivo di quanto stiamo facendo"
dice Richard Sheridan, presidente del Gypsy Council. "I nostri giovani
beneficeranno dei programmi del centro."
Intitolato a san Cristoforo, il santo patrono dei Viaggianti, Sheridan dice
che l'edificio sarà benedetto durante il fine settimana dal rete della
parrocchia ed usato come cappella dai residenti cattolici.
ASPETTANDO IL VERDETTO
Esaminato da due segretari di stato, il soggetto di tre inchieste pubbliche
sta ancora aspettando il verdetto di un giudice dell'Alta Corte, Dale Farm ha
mostrato una resistenza che sorprende persino i suoi amici.
In pochi credevano che Dale Farm potesse sopravvivere con sulla testa cinque
milioni si euro spesi negli ultimi tre anni per la sua demolizione. Per la
verità alcuni, particolarmente il Traveller Education Service, sembra aver
abbandonato i ragazzi in età della scuola secondaria. Molti di loro sono rimasti
senza scuole da frequentare.
Ma il termine è arrivato per questa comunità ed il suo centro. Uno dei primi
corsi offerti per i giovani sarà di informatica di base.
Di Fabrizio (del 10/05/2008 @ 16:52:40, in casa, visitato 1617 volte)
Da
Hungarian_Roma
Un residente del villaggio di Váralja nella regione di Tolna sta raccogliendo
firme contro l'iniziativa di spostare dentro il villaggio i Rom che vivono in
baracche ai margini dell'insediamento. Il governo locale vuole impiegare i fondi
per migliorare le condizioni di vita dei Rom. Nel frattempo, secondo voci che
girano nel villaggio, alcuni cittadini Olandesi sono interessati a comprar casa
a Váralja, ma non vorrebbero più spostarsi lì se la comunità Rom fosse insediata
nel villaggio.
Scrive il portale Index.hu che il residente János Ranga intende raccogliere
firme per chiedere alle autorità locali se desiderano che il comune di Váralja
utilizzi i fondi. Perché si tenga il referendum, sono necessarie 150 firme.
Scrive il conservatore Magyar Nemzet che il notaio Dr. Judit Klausz non ha
autorizzato l'iniziativa di Ranga, perché non incontra le condizioni legali,
informandolo sulle forme ufficiali da seguire.
La locale minoranza Rom risponde che a quanti vivono nelle baracche,
soprattutto ai bambini, deve essere data l'opportunità di una vita migliore.
Di Fabrizio (del 26/05/2008 @ 09:36:35, in casa, visitato 1566 volte)
Ricevo da
Maria Grazia Dicati
Quanto sta succedendo in questi giorni ad un gruppo di rom Kalderash che si
spostano nel territorio della provincia di Padova, è la prova tangibile di
quanto siano irrealizzabili e strumentali le proposte di coloro che rilasciano
dichiarazioni sul fatto che i nomadi non devono diventare stanziali, ma che
devono sostare in aree di transito temporanee secondo regolamenti stabiliti.
A dispetto di quanto dichiarato e sbandierato ai quattro venti, ai Rom viene
letteralmente impedita la sosta anche per poche ore con ordinanze di sgombero,
cartelli di divieto , dissuasori, fossati, transenne…
A nulla servono le loro motivazioni relative alle necessità legate alle
tradizioni culturali, né vengono prese minimamente in considerazione le loro
legittime richieste ed esigenze di poter incontrare parenti di un determinato
territorio.
Il tam tam dei vari amministratori locali li raggiunge prima ancora del loro
arrivo e scatta immediatamente l’ordinanza di sgombero, alla faccia del rispetto
delle leggi.
A testimonianza di quanto si afferma, riportiamo l’articolo 1 del regolamento
e della disciplina degli interventi sulla presenza delle popolazioni nomadi nel
territorio Veneto:
Art.1 La Regione Veneto, nel rispetto della legislazione vigente e fatte salve
le limitazioni che la legge stabilisce per motivi di sanità e sicurezza,
riconosce il diritto al nomadismo ed alla sosta sul territorio regionale e
ne disciplina l'esercizio, secondo le modalità previste. (Maria Grazia Dicati)
Ecco una delle cronache del Gazzettino di Padova di Stefania Mastellaro
Dopo lunghe trattative, i nomadi hanno lasciato ieri sera alle 19 Cagnola. Ma
hanno fatto poca strada. Sono andati a parcheggiare le loro roulotte a Conselve,
in zona industriale. La sosta in questo Comune potrebbe essere davvero breve,
visto che già ieri sera il sindaco Antonio Ruzzon ha mobilitato immediatamente
le forze dell'ordine e ha emesso un'ordinanza di sgombero immediato. A tarda ora
le forze dell'ordine erano ancora impegnate a mediare con i capi della comunità
Rom. Il Comune di Padova non ha voluto sentire ragione di nessuna sorta. Il
campo di via Longhin, dove i Rom avevano intenzione di recarsi ieri sera, per il
momento è "off limits". E a ribadire il concetto ci hanno pensato alcuni agenti
della polizia municipale di Padova, che in più riprese si sono recati a Cagnola
a controllare la situazione. E a ribadire al capo della "comitiva" che Padova
era meglio lasciarla perdere. E così, dopo alcune ore dalla scadenza della
ordinanza di sgombero, emanata dal Comune di Cartura, un primo gruppo di circa
quindici roulotte e camper ha lasciato Cartura per andare a piazzarsi in zona
industriale a Conselve. Il secondo gruppo è partito un po' più tardi, evitando
di congestionare il traffico, già di per sé caotico della Conselvana soprattutto
nelle ore di punta.
Una giornata a dir poco campale, cominciata ieri mattina di buonora. Il
comandante della polizia municipale di Cartura si è recato fin dalle prime ore
del mattino a ricordare ai nomadi che alle 13 sarebbe scaduta l'ordinanza di
sgombero. All'inizio è cominciata una trattativa, portata avanti dal vicesindaco
Romano Terrassan con Sandro Hudorovic, capo di tutta la carovana in sosta.
Hudorovic chiedeva tempo, altri due giorni, per poter raggiungere nel fine
settimana il campo di via Longhin a Padova e incontrarsi con i loro colleghi per
la festa evangelica di fine maggio. Festa che sembra destinata a diventare
l'occasione per parlare dei problemi che stanno vivendo le comunità nomadi in
questi giorni in tutta Italia. La data ipotizzata per questo megaraduno, al
quale dovrebbero partecipare anche nomadi provenienti dai campi di Napoli, Roma,
Torino e anche da Spagna, Francia e Germania, sarebbe il 31 maggio. Intanto gli
abitanti del paese hanno salutato con soddisfazione la partenza dei Rom.
«Sono stati di parola - ha detto il vicesindaco di Cartura Romano Terrassan,
eletto tra le fila della Lega Nord - e hanno lasciato il parcheggio quasi come
lo hanno trovato. Consiglio al mio collega di Conselve Antonio Ruzzon di portare
pazienza due giorni, e poi e ne andranno anche dal suo Comune».
«Gente senza cuore - ha inveito ieri sera Sandro Hudorovic prima di partire -
vorrei sapere cosa vi abbiamo fatto. Chiedete agli abitanti del paese che
problemi abbiamo provocato in questi giorni. Noi siamo gente per bene. Lunedì
notte abbiamo addirittura sventato un furto nello stabile dell'ex zuccherificio
che si trova proprio qui davanti. Ci costringono a partire di sera con ottanta
bambini appresso. Noi siamo cittadini italiani, non facciamo del male a nessuno.
Cosa possiamo farci noi se alcuni Rom di etnia romena hanno tentato di rubare
dei bambini? Anche tra voi italiani ci sono molti delinquenti che violentano i
loro figli e picchiano le loro mogli. Noi non abbiamo nulla a che fare con
queste persone, siamo brava gente che non dà fastidio a nessuno».
Sandro Hudorovic ieri sera aveva il suo da fare a tenere calmi gli altri Rom,
che non hanno accettato di buon grado il fatto di doversene andare da quel posto
alle sette di sera.
«La nostra vita è questa - aggiunge Hudorovic attorniato da una decina di
bambini che gli girano intorno e che chiedono una foto al nostro fotografo -
siamo nati Rom e per nulla al mondo siamo disposti a cambiare. Voi non vivreste
mai nelle roulotte, noi mai nelle case». E ora si replica a Conselve.
Di Fabrizio (del 30/05/2008 @ 09:05:14, in casa, visitato 2018 volte)
Ricevo da Roberto Malini
COMUNICATO STAMPA
28 maggio 2008
ROM E SICUREZZA, APPELLO DEL GRUPPO EVERYONE, DEI MEDICI E DEI SOPRAVVISSUTI
ALL’OLOCAUSTO: “IN ITALIA EMERGENZA UMANITARIA PER IL PROSSIMO INVERNO PER
70MILA PERSONE”
ALL’ALLARME DEGLI ATTIVISTI FANNO ECO, FRA GLI ALTRI, NEDO FIANO E GOFFREDO
BEZZECCHI, UN EBREO E UN ROM SOPRAVVISSUTI ALL'OLOCAUSTO. IN ARRIVO UNA TASK
FORCE INTERNAZIONALE DI MEDICI E INFETTIVOLOGI PER STILARE UN RAPPORTO EUROPEO
“Per il prossimo inverno esiste in Italia un’emergenza umanitaria che
riguarda oltre 70mila Rom attualmente senza tetto, sgomberati a un ritmo
quotidiano da case abbandonate, rifugi sotto i ponti, parchi e discariche”. A
lanciare l’ allarme di un rischio genocidio è il Gruppo EveryOne, a
fianco dei testimoni del'Olocausto Nedo Fiano - sopravvissuto ad
Auschwitz - e Goffredo Bezzecchi, superstite del "Samudaripen", lo
sterminio nazista di un milione di Rom. Anche Amnesty International
manifesta la più viva preoccupazione, nel suo Rapporto 2008 sulla situazione dei
Diritti Umani nel mondo, sottolineando il clima di discriminazione, segregazione
e persecuzione anti Rom che si respira in nel nostro Paese. “ Il Governo
Italiano e le istituzioni comunali, provinciali e regionali devono interrompere
immediatamente gli sgomberi di persone e famiglie Rom dai loro rifugi di fortuna
e provvedere a garantire loro assistenza socio-sanitaria. Gli sgomberi dei
micro-insediamenti, attuati con una frequenza che è divenuta quotidiana da parte
forze dell'ordine, mettono in mezzo alla strada e in pericolo di vita migliaia
di esseri umani innocenti, la maggior parte dei quali sono bambini”
affermano i leader del Gruppo EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e
Dario Picciau. Il presidente dell'organizzazione Romano Drom, Giorgio Bezzecchi, sottolinea la gravità della contingenza in cui si trova il popolo
Rom: " Gli sgomberi dei micro-insediamenti sono decuplicati, rispetto allo scorso
anno, e non vedo come potranno sopravvivere decine di migliaia di bambini, donne
e uomini Rom senza cibo né medicine, quando arriveranno temperature al di sotto
dello zero". “Mentre i campi Rom di grandi e dimensioni sono monitorati da
associazioni e comitati per i Diritti Umani," proseguono i leader del Gruppo EveryOne, "gli sgomberi degli insediamenti composti da singole famiglie o gruppi
esigui causano una diaspora di decine di migliaia di Rom di cui, in seguito alle
operazioni di allontanamento e spesso di deportazione oltre i confini di comuni
e regioni, si perdono le tracce". Nel complesso, il Gruppo EveryOne stima che vi
siano attualmente più di 70 mila Rom - fra cui 40 mila bambini, molte donne
incinte e persone affette da patologie cardiache e infezioni gravi - esposte a
gravissimi pericoli causati dall'indigenza, dalla situazione sanitaria e
dall'attività dei gruppi razzisti”. E’ di ieri la conferma del ministro degli
Esteri Franco Frattini che il Governo Italiano ha chiesto all'UE i fondi
comunitari per l'integrazione dei Rom messi a disposizione da Bruxelles, che
ammontano a decine di milioni di euro. “A maggior ragione,” continuano i
rappresentanti del Gruppo “ è ora che i politici che governano questo Paese
interrompano immediatamente la campagna persecutoria nei confronti del popolo
Rom, che in queste ore sta vivendo momenti drammatici per la sua sopravvivenza.
Si deve rilevare inoltre che alla richiesta dei fondi non ha fatto seguito
alcuna dichiarazione relativa a progetti di accoglienza e integrazione, ma solo
proclami di nuove operazioni di sgombero ed espulsione dei Rom che vivono in
Italia. Ricordiamo che le espulsioni dei Rom romeni, i cui capifamiglia sono in
Italia in cerca di lavoro, sono vietate dagli articoli 16 e 27 della Direttiva
2004/38/CE e che sgomberi e deportazioni 'al confino' sono proibite - in quanto
atti di discriminazione e violazione dei diritti umani - dalla Direttiva
2000/43/CE e dalla Risoluzione del Parlamento europeo per una strategia europea
riguardante i Rom. L'Unione europea ha manifestato un giudizio estremamente
positivo verso progetti di integrazione come quello denominato ' Romanesia',
elaborato dagli esperti del Gruppo EveryOne, che ha fra i propri membri
personalità di chiara fama della società e della cultura Rom, a livello
internazionale, da Marcel Courthiade a Saimir Mile, da Jeanne Gamonet
a Jean
(Pipo) Sarguera. 'Romanesia' si basa sulla concessione alle comunità Rom locali
di terreni, che devono assere destinati all'edificazione da parte di imprese e
manodopera Rom, sotto l’egida dell’Unione Europea e delle associazioni per i
Diritti Umani, con assistenza sociale e sanitaria e attuazione di programmi
d’integrazione lavorativa per gli adulti e scolastica per i minori”. EveryOne fa
sapere inoltre che è al lavoro una task force internazionale di medici e infettivologi che presto
presenterà, di concerto con gli esponenti del Gruppo,
un rapporto alla Commissione e al Consiglio Europeo, dove si annuncia il rischio
sempre più incombente in Italia di una morìa incalcolabile e tragica di esseri
umani.
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334-8429527
Di Fabrizio (del 16/06/2008 @ 09:43:37, in casa, visitato 1800 volte)
Da
Roma_Daily_News
9 giugno 2008 By PELIN TURGUT -
Time.com
All'ombra dei merli bizantini, un gruppo di ragazze ridenti va avanti e
indietro fra le case cadenti, smettendo occasionalmente di vibrare le loro anche
e di roteare i loro polsi. Sono inseguite da diversi ragazzi urlanti, che le
afferrano e le spingono "in prigione" verso un angolo. I bambini del quartiere
impoverito di Sulukule a Istanbul - patria della più antica comunità rom del
mondo - chiamano questo gioco Poliziotti e Ballerine, versione locale di Guardie
e Ladri emendata per riflettere sulla loro esperienza di essere nati in una vita
di danza e caccia dalla polizia.
E' giovedì pomeriggio presto e i bambini giocano per strada invece di essere
a scuola. La ragione della loro assenza ingiustificata, d'altra parte, è la
paura. "I bambini sono spaventati," dice Dilek Turan, uno studente di
psicologia volontario a Sulukule. "Non vogliono andare a scuola perché sono
preoccupati di tornare a casa e non trovarla più." C'è una ragione: il piano
cittadino di demolire le loro case parte di un controverso progetto di
rinnovamento urbano in vista di Istanbul Capitale Culturale Europea nel 2010.
Fu in era bizantina che gli antenati dei bambini rom di Sulukule si
accamparono per la prima volta su questo particolare pezzo di terra, accanto al
Corno d'Oro e appena fuori dalle mura del V secolo della vecchia Costantinopoli.
La prima registrazione della comunità, circa nel 1050, si riferisce ad un gruppo
di persone, che si riteneva provenissero dall'India (dove, per la verità, molti
storici credono siano originari i Rom), accampati in tende nere fuori dalle mura
cittadine. Dopo la conquista ottomana di Costantinopoli, alla comunità fu
garantito il permesso ufficiale del sultano Sultan Mehmet II di avere dimora in
quello che ora è Sulukule.
Per secoli la comunità rom si è guadagnata da vivere come indovini e
ballerini per la corte ottomana, e più tardi per i Turchi - una tradizione
portata sullo schermo nel film di James Bond Dalla Russia con Amore. Le
loro fortune ebbero una svolta negativa negli anni '90, quando le loro "case
d'intrattenimento" - abitazioni private dove le famiglie zingare cucinavano e
ballavano per i loro concittadini benestanti - furono chiuse con l'accusa di
gioco d'azzardo e prostituzione.
I Rom di Istanbul sono molto poveri, guadagnano in media circa $250 al mese, ma
la terra che abitano, una volta periferica e senza importanza, è ora un bene
immobiliare molto apprezzato a pochi minuti dal centro città. Se gli appaltatori
ed il comune locale hanno il loro senso, l'intero quartiere di Sulukule -
che ha 3.500 residenti - verrà raso al suolo entro la fine dell'anno per far
posto a 620 case signorili in stile neo-ottomano.
"Ogni giorno, ci domandiamo quale casa verrà demolita," dice Nese Ozan,
volontario della Piattaforma Sulukule, una coalizione di architetti, attivisti e
lavoratori sociali contro la demolizione. Ogni tre o quattro case derelitte di
un blocco, una è stata ridotta ad un mucchio di residui e di metallo ritorto.
Una X rossa segna le prossime, quelle in prima linea per le squadre di
demolizione.
Mustafa Demir, sindaco della municipalità conservatrice di Fatih che
sponsorizza il programma di demolizione, dice che c'è bisogno di un progetto di
rinnovamento sociale "per rimpiazzare i tuguri". Il Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan
ha chiamato Sulukule "terribile" ed espresso stupore per le proteste
anti-demolizione. Che il quartiere abbia un disperato bisogno di risanamento è
chiaro, ma i critici accusano le autorità di aver mancato di includere una delle
più antiche comunità nei piani per lo sviluppo. Invece, ai Rom sono state
offerte due opzioni: possono vendere le loro proprietà a basso prezzo (o doversi
trovare di fronte all'esproprio), o traslocare nel quartiere popolare di Tasoluk,
a circa 25 miglia dalla città, e pagare un'ipoteca di oltre 15 anni che pochi
possono permettersi.
"La municipalità non capisce che se intende rinnovare quest'area, c'è bisogno
di fare in maniera che permetta alla comunità di continuare a vivere qui," dice
Ozan. "Non possono limitarsi a sgomberare tutti, radere l'area la suolo e
costruire un sobborgo. Questa è una comunità storica."
Il ricercatore rom britannico Adrian Marsh vede un programma più scuro al
lavoro. "Quello che abbiamo è la municipalità più religiosa del paese che si
confronta con quello che ritiene storicamente il gruppo più irreligioso ed
immorale," dice. "Se rigenerassero la comunità in maniera inclusiva, avrebbero
3.000 voti extra, ma non stanno agendo così. Perché? Perché considerano la
comunità di Sulukule irrecuperabile." Soluzioni a lungo termine come permettere
ai Rom di impiantare music halls legali ed ottenere un guadagno, non sono
gradite alle autorità locali dominate dagli islamisti, perché non intendono
promuovere questo tipo di intrattenimento, ragiona Marsh.
Questo è molto più certo: disperdere la comunità rom di Sulukule distruggerà
la loro cultura, che è legata alla vita comunale. Famiglie estese condividono
case e forme musicali, usando le strade come estensione delle loro stanze. "Sulukule
presenta un modo di vita unico," ha concluso un gruppo di ricerca sul design
urbano dell'University College di Londra. "Questo dev'essere tenuto in conto e
preservato quando viene introdotto un nuovo sviluppo per l'area."
La Piattaforma Sulukule ha richiesto un'ingiunzione del tribunale contro la
demolizione ed il parlamento ha ha nominato un comitato di studio. Ma i
bulldozer non aspettano. Il gioco di Poliziotti e Ballerine non sta andando bene
per lo spettacolo.
Di Fabrizio (del 24/06/2008 @ 10:37:20, in casa, visitato 1559 volte)
Da
Libero.it
Lunedí 23.06.2008 12:41 "Si può essere esemplari anche nel demolire le baracche.
Forse una cerimonia di addio sarebbe stato chiedere troppo, ma far
sapere a quelle persone dove sarebbero andate ad abitare qualche giorno
prima di demolire loro la casa sarebbe stata una normale regola di
educazione civica".
La sala principale della Casa dell’Architettura è al buio. Lo schermo
nero è attraversato dalle parole inviate in una lettera al ex sindaco di
Roma, Veltroni, in occasione dello sgombero di Campo Boario, un campo
Rom a Testaccio. Compaiono le prime immagini di "Rome to Roma - diario
nomade". È un film documentario di Giorgio De Finis sui rom realizzato
dal Laboratorio di Arte urbana Stalker di Roma, in collaborazione con
l’Università di Roma Tre e l’Università di Belgrado presentato nella
capitale alla presenza del Prefetto Carlo Mosca, Don Bruno Nicolini,
presidente Centro Studi Zingari e una platea piena di studenti. Il
documentario è la cronaca di un seminario che ha visto oltre 40 studenti
provenienti da tutto il mondo andare alla scoperta dei campi nomadi
delle capitali.
Partito da Roma, il gruppo di studenti ha attraversato
l’Adriatico alla scoperta dei campi rom della capitale serba Belgrado, e
poi ancora di Skopje, in Macedonia. Quella di Roma, però, è stata la
tappa più importante ed una sperimentazione particolare che ha portato
alla luce una realtà complessa, come spiega lo stesso Prefetto di Roma,
Carlo Mosca. "Roma è ricca di temi complessi - spiega
il Prefetto -. È una città dove si vive drammaticamente il tema della
casa, dove ci sono 6 mila procedimenti per sfratti, 2 mila sfratti
esecutivi, dove c’è una carenza abitativa che portano a tutta
una serie di condizioni che creano frattura sociale. Ma Roma è anche una
città che è coinvolta in un altro tema, quello delle popolazioni senza
territorio. Questo non è un tema di ordine pubblico e sarebbe molto
facile ridurlo a tema di sicurezza pubblica: è un tema squisitamente
sociale".
Altra questione è quella della battaglia dei numeri dovuta
alla mancanza di un vero e proprio censimento, segno anche
questo di non curanza della presenza di questo "popolo leggero". "Sul
territorio romano - continua Mosca - qualcuno dice che siano 9 mila,
qualcuno 15 mila, qualcun altro arriva a stimare queste popolazioni su
20 mila. Il primo obiettivo è innanzitutto conoscere questa realtà. Ci
sono zingari che abitano a Roma da 40 anni. È una realtà che merita
attenzione e conoscenza per sapere chi sono, a quale etnia appartengono,
che età hanno e quali problemi. Bisogna cominciare ad ascoltare i rom".
Il progetto di un film, l’interesse da parte del
Laboratorio Stalker e di alcuni docenti universitari, nasce dai recenti
eventi che hanno interessato i rom. Sgomberi e allontanamenti sono state
la miccia di un progetto che da anni aveva investito nella ricerca
all’interno dei campi rom. "Allontanare i rom dalla città di Roma -
racconta Lorenzo Romito, tra i fondatori del gruppo Stalker - e
concentrarli in quelli che sono stati chiamati i villaggi della
solidarietà, ci ha preoccupati e abbiamo sentito il bisogno di fare quel
che potevamo. Cercare di fare rete tra le università e confrontarci con
questo fenomeno insieme agli studenti". L’idea del film e del seminario
nascono anche da precedenti iniziative del gruppo.
"Questo percorso è più ampio di quello che si vede nel film, è
cominciato con un corso universitario durante il quale siamo andati ad
esplorare le rive del Tevere, per incontrare migliaia di persone che
abitano e vivono in questi luoghi. Abbiamo proposto un corso che ci
portasse dentro la realtà dei campi per imparare dai rom".
Salviati, Casilino 900, Campo Boario e attraversando il mare
Gazela, Kralijevo, Shutka. Questi i campi rom e le realtà
attraversate dai giovani osservatori e futuri architetti con lo scopo di
pensare un modello abitativo nuovo, leggero e che risponda alle esigenze
di tutti. "Si tratta di comprendere e realizzare quelle pratiche
abitative e costruttive che sono proprie delle diverse realtà rom -
Francesco Careri, decente di arte civica presso l’università di Roma Tre
e fondatore del Laboratorio Stalker -. Provare ad inserirle in un
disegno che sia ammissibile e comprensibile da tutti. Questo non solo
per accompagnare i rom nella loro emancipazione abitativa in Italia, ma
anche per apprendere da loro strategie che possano contribuire a offrire
soluzioni al più generale problema della casa che le nostre città si
trovano ad affrontare".
Tre settimane per portare alla luce una realtà abitativa
estrema fatta di ripari, nascondigli e vere e proprie
baraccopoli dove trovano rifugio persone invisibili ad una città
inaridita e che da anni guarda il fiume come ad un ostacolo da
attraversare.
"L’aspetto più grave che pesa sull’integrazione –
spiega don Bruno Nicolini, presidente Centro Studi Zingari - è
questo disprezzo tremendo, ma soprattutto la mancanza di
fiducia. Bisogna entrare nel tempo della responsabilità, è il tempo in
cui occorre dare fiducia alle comunità. Ci chiedono fiducia, ma la
fiducia viene sono se diamo loro responsabilità".
Dai rom, secondo don Bruno Nicolini, possiamo imparare tanto
sulle diversità e sulla importanza che loro le attribuiscono. I
rom riportano al centro dell’attenzione i rapporti primari tra le
persone, rapporti che forse la nostra città contemporanea ha perso di
vista. La pellicola continua a scorrere.
"Queste non sono immagini di Roma – scriveva Pier Paolo Pisolini nel
1966 parlando delle borgate –. So ben figurarmi gli occhi che sorvolano
queste immagini senza guardarle. Sono gli occhi di coloro che pensano
che le borgate non siano non solo un problema loro, ma un problema
attuale". La sala è illuminata dalle immagini degli sgomberi. Il film
viene trascinato via dallo schermo con le ruspe e la luce scompare con
le baracche di Casilino 900, parete dopo parete. Resta il silenzio prima
dell’applauso, resta ancora una delle domande della voce narrante:
sarebbe possibile sgomberare e trasferire con la partecipazione,
invece che demolire con le ruspe e sgomberare con la forza?
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