Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 08/03/2007 @ 10:38:49, in media, visitato 1648 volte)
Un interessante (e provocatorio) articolo apparso sul blog
Libero pensiero
Quando si parla di zingari non si può non parlare dei parassiti: come
chiamare altrimenti quei politici che montano campagne anti-Rom e vellicano
gli istinti più subdoli della gente, pur di rubare qualche consenso
elettorale in più? Il bello è che – proprio loro – accusano i rom di
essere gente che vive alle spalle degli altri. La storia insegna che
spesso nella accuse agli altri c´è qualcosa di autobiografico:
pensiamo ai nazisti che contestavano assurdamente agli ebrei di sentirsi una
"razza" superiore, mentre essi stessi facevano del mito della superiorità
della "razza ariana" il fondamento ideologico del nazionalsocialismo. La
vicenda del rogo del campo nomadi di Opera è esemplare dell´Italia di oggi,
dove la logica egoistica del nimby (not in my back yard, non nel mio
giardino) è sempre più protagonista.
Se poi all´egoismo aggiungiamo la storica intolleranza verso una minoranza
contro cui tutto è concesso, ecco che abbiamo gli elementi all´origine della
distruzione di quell´insediamento, legale, che doveva ospitare 77
persone, per più di metà bambini.
Ma il problema dei Rom non è solo politico, come ha splendidamente
spiegato
Gad Lerner il primo marzo su questo giornale, è anche culturale. Un
presidio anti-Rom non sarebbe mai potuto nascere senza un pregiudizio
negativo ben saldo nei cuori e nelle menti di molti italiani. Sarebbe stato
infatti impensabile nei confronti di un campo di rifugiati ebrei o africani.
Quando si parla di zingari, persino i freni inibitori del linguaggio
svaniscono. In un certo senso guardare ai Rom ci libera, facendo
uscire quanto di peggio abbiamo nella nostra anima. Il linguaggio
spesso usato contro gli zingari meriterebbe uno studio psicologico. C´è chi
teme la loro sporcizia, chi i loro furti, altri ancora hanno l´angoscia del
(mitologico) rapimento di bambini. Ognuno insomma, su quello schermo
senza filtri etici può proiettare le proprie angosce personali, al riparo
dalle normali convenzioni sociali.
In un paese dove si iniziano a rispettare le diverse religioni e
identità, i Rom sono rimasti gli unici contro cui è lecito dire di
tutto.
Per questo è necessario stilare un´agenda sul da farsi per agevolare un
loro inserimento nel tessuto sociale, a partire dalla creazione
di uno specifico Assessorato all´Integrazione. L´integrazione dei Rom,
come quella degli immigrati in generale, necessita di una programmazione
di lungo periodo, con strutture istituzionali che diano continuità a un
lavoro così importante. L´impegno della Giunta nel campo
dell´integrazione deve dipendere il meno possibile dagli interessi
dell´Assessore alla Famiglia, Scuola e Politiche Sociali di turno.
Meglio evitare che tutto il buon lavoro svolto fino a ora possa andare
perduto il giorno in cui l´assessore Moioli (della Giunta di Letizia
Moratti, N.d.R.) venisse sostituita da qualcuno poco interessato alle
politiche sociali verso i non italiani.
Davide Romano (pubblicato su La Repubblica-Milano, il 5 marzo 2007)
Di Fabrizio (del 12/03/2007 @ 09:43:26, in media, visitato 1397 volte)
Un'intervista collettiva curata da
Amisnet, si parla
di sgomberi, micro aree, minoranze linguistiche, partecipazione, situazione in
Europa ed Italia. Tra gli intervistati, anche alcune conoscenze di questo blog -
ne parlano, in ordine di apparizione:
- Massimo Converso
- Yugo Debar
- Matteo Armelloni
- Carlo Berini
- Yuri Del Bar
QUI l'mp3
dell'intervista
Di Daniele (del 13/03/2007 @ 14:04:46, in media, visitato 2903 volte)
A Brescia Bajram Osmani ci apre le porte di Radio Onda d’Urto e del mondo
ROM
Promuovere la conoscenza per superare le diffidenze. Conosciamo la cultura
e gli intellettuali ROM
L’iconografia, spesso condita d’intolleranza e diffidenza, li vorrebbe tutti
confinati in campi nomadi, sporchi e lavavetri, con figli al seguito
costretti a chiedere l’elemosina. Giostrai nelle favole, musicisti nella poesia,
mendicanti nelle periferie.
Rispetto ad altri popoli, minoranze etniche o sociali, c’è la volontà nell’uomo
comune di allontanarne il fisico e la mente, di voltare la faccia o nasconderne
socialmente l’esistenza pensando che riguardi altri, che sia un problema di
confini territoriali, che “se ne tornassero al loro paese”. Ma quale paese?
Ma se molti li considerano ‘un problema sociale’, la politica li ripone alla
voce ‘questione di ordine pubblico’, i ben pensanti evitano semplicemente il
discorso o di trovarseli nel raggio della propria circoscrizione.
C’è confusione, molta confusione. Anche sulle origini non c’è piena chiarezza e
spesso la confusione viene condita da errate attribuzioni geografiche. Nel
volerli rimandare ‘al loro paese’, molti confondono il termine ROM o ‘Romani’
con la radice delle parole Romeno e Romania, individuandone nel paese balcanico,
che pur ne ospita una nutrita rappresentanza, la terra di provenienza.
Nient’affatto. Anche il termine ‘gitani’ li vuole provenienti dall’Egitto mentre
parte degli storici, basandosi su elementi linguistici, ne attribuisce l’origine
agli indeoeuropei, ed altra parte degli storici, basandosi sullo studio di usi,
costumi ed usanze religiose, ne fa risalire l’origine ad un ceppo ebraico.
E’ così che, per fare chiarezza, abbiamo deciso di capirne di più entrando nel
mondo ROM ‘dalla porta principale’, come più volte ci ha ripetuto chi quella
porta ce l’ha aperta con enorme disponibilità, un gentile sorriso e la foga di
chi ha tanto da raccontare in poco tempo.
Bajram Osmani è giornalista e commissario per i media dell’International
Romani Union, organizzazione non governativa che rappresenta i ROM di tutto il
mondo, organizzazione della quale lui è voce ufficiale. Ogni sabato su Radio
Onda d’Urto di Brescia (www.radiondadurto.org)
si collega con giornalisti, emittenti radio e Tv, uomini politici, intellettuali
e professori da ogni parte d’Europa per dar voce ai ROM, a quel popolo
invisibile che ci abita accanto, con il quale condividiamo parti di terre che
loro, prima di tutti, considerano libere.
Bajram è sempre sorridente, ha la pazienza di chi vuole conoscere e far
conoscere, ma diventa focoso e sanguigno quando si parla dell’olocausto del suo
popolo nella storia, non solo remota, ma anche recente. Lui stesso, circa 14
anni fa dovette lasciare il Kossovo per sfuggire alle stragi ed all’orrore di
quella terra.
“Romano Krlo”, la Voce dei ROM, è il programma che unice in un network di
voci le idee dei ROM nel mondo. Mostra con soddisfazione le tessere che lo
accreditano come giornalista.
Quando iniziamo a parlare un punto risulta subito di comune accordo: la
conoscenza è l’unico antidoto contro l’intolleranza. E’ anche per questo che ci
ritroviamo dinanzi ad un microfono, per conoscere un mondo che tutti ignorano.
I telefoni che squillano danno voce a persone da ogni parte d’Europa che
ascoltano via internet o via satellite. L’approfondimento è d’obbligo: si parla
di diritti umani ma anche e soprattutto di Kossovo.
In diretta telefonica con la prima emittente ROM in Serbia, RTV Nisava (www.bahtalodrom.org.yu),
il direttore Ferad Saiti ci parla delle potenzialità e delle difficoltà di
gestire un centro media ROM, soprattutto in un paese come la Serbia dove ancora
si lotta per la libertà di informazione. Nel 2001 la volontà di far tacere RTV
Nisava fu ostacolata dalla mobilitazione degli stati europei che consentirono di
non farla chiudere. Un milione di ascoltatori circa segue le emittenti del
gruppo e il ruolo sociale di dialogo e diffusione di conoscenza e cultura, di
informazione dei diritti, anche quelli elementari, risulta fondamentale.
Al dott. Luigino Beltrami, di Rifondazione Comunista, da sempre sensibile
alle problematiche dei ROM, chiediamo come mai ci sia un popolo sotto silenzio,
un popolo che ha subito più di un olocausto ma che rispetto ad altri, vedi ebrei
ed armeni, continua a non aver voce. “E’ nella natura dei ROM essere un popolo
transnazionale, e la mancanza di una terra e quindi di una nazione, che vuol
dire anche istituzioni e cioè qualcuno che li rappresenti, finisce sempre per
svantaggiarli. Ma il fatto che non abbiano una nazione non significa che non
esistano. Anzi, grazie ad istituzioni come l’IRU e di una classe intellettuale
di cui fa parte Bajram Osmani, si sta cercando di incrementare un dialogo con le
istituzioni nazionali e transnazionali come l’Unione Europea intorno a temi
caldi e importanti come diritti umani, sanità, scuola, etc…”
Ma nei giorni in cui a Vienna falliscono i dialoghi tra Serbi ed Albanesi per il
futuro del Kossovo una nuova minaccia pende sulle teste del popolo ROM: la
decisione di rimpatriare nella regione le circa 150.000 persone che sono fuggite
dopo la diaspora avvenuta a causa della guerra. Lo ribadisce con forza il
Presidente della Federazione ROM della Repubblica Serba, nonché Vice Presidente
del Parlamento Alternativo Internazionale e nuovo eletto al Parlamento della
Repubblica Serba, Damianovic, sostenendo che “chi dovesse prendersi la
responsabilità di rimpatriare in questo momento storico i ROM in Kossovo, come
da accordi del 2003, sarebbe artefice di una catastrofe umanitaria senza
precedenti”. Si riferisce alla proposta, o meglio la decisione, del Ministro
Tedesco Otto Schily di rimpatriare circa 54.000 persone che rischiano di essere
rimandate forzatamente in Kossovo. I più sono ROM, Ashkali e Egiziani Kossovari.
“La guerra in quelle zone - continua il Presidente Damianovic - non è stata solo
una guerra tra serbi e albanesi, dei quali si parla, ma ha visto vittime
innocenti anche tra i ROM che, non essendo né dell’una né dell’altra parte, sono
stati vittime di entrambi gli schieramenti”.
Sulla stessa linea è Bayram Aliti, ex Ministro del Kossovo, ora membro
del Parlamento IRU e Presidente del comitato del gruppo di crisi del Kossovo,
anche lui in collegamento telefonico.
Bajram Osmani, che di quella carneficina è stato testimone, ci apre le porte
della sua casa, un elegante appartamento in centro a Brescia, dove abita con la
moglie e i 7 figli. Continua il suo racconto descrivendoci le atrocità delle
quali si è macchiata l’UCK, l’esercito di liberazione del Kossovo.
Davanti ad una tavola imbandita di bevande e cibo, l’occasione è buona per
conoscere meglio il mondo ROM ed eliminare un pò di quelle leggende che ne
ruotano attorno. Ci parla degli intellettuali ROM in Italia, come Alexian
Santino Spinelli (www.alexian.it),
musicista, poeta, compositore e docente di lingua e cultura romani
all’Università di Trieste.
Quando prendiamo la via del ritorno è già buio. La città di Brescia riacquista i
suoi colori artificali dei neon e delle luci degli eleganti palazzi del centro.
In strada brulica una varietà multietnica di persone indaffarate a prepararsi ai
divertimenti del sabato sera. Tra questi ci sono anche dei ROM, come i figli di
Baijam. Ma non tutti lo sanno, non tutti se ne accorgono.
di Marcello Peluso
www.marcellopeluso.it
marcello.peluso@voceditalia.it
Di Fabrizio (del 15/03/2007 @ 09:58:27, in media, visitato 1789 volte)
Ricevo da
Mariagrazia Dicati
Ieri sera all’ ennesima puntata della trasmissione su
rai tre :”Chi l’ha visto” condotta da Federica Sciarelli, abbiamo assistito
ancora una volta ad una accusa infamante sui rom rapitori di bambini,
attraverso la storia di Antonello Tuvoni.
La mattina del 28 agosto 1974, un bambino di 3 anni e otto mesi, stava
giocando in una strada di Torpè (Nuoro) e, mentre la madre era rientrata in casa
per lavargli un grappolo d’uva, sparì improvvisamente.
Nel 1988 il padre venne contattato da un istituto di Elmas (Cagliari) che gli
presentò un ragazzo diciassettenne che affermava di essere il figlio scomparso e
di essere stato rapito da alcuni zingari che lo avevano ribattezzato Zoran.
Per conoscere la storia collegarsi a questo link
Certamente è una storia drammatica e triste che non può lasciarci indifferenti,
ma questa cronaca proposta a milioni di italiani ha nuovamente diffuso questa
calunnia attraverso testimonianze dello stesso Antonello, bambino, ragazzo e poi
adulto dalla vita fatta di espedienti e confusione, da un suo amico mentre era
in carcere con Antonello e da altri: tutti accusatori, nessuna prova, nessuna
difesa, nessun nome.
Antonello sottoposto alla prova del DNA non è risultato figlio di Tuvoni che
lo aveva dapprima accolto e poi cacciato di casa per furto, anzi lo stesso
presunto padre è convinto che il figlio sia morto, vittima di un incidente e non
di un rapimento, escludendo inoltre la presenza di zingari a Torpè all'epoca
dei fatti.
Servizio molto accurato che sicuramente ha raggiunto un altissimo indice di
ascolto: mentre andavano in onda le varie interviste, venivano proposte
immagini di un campo rom e dei rom, quasi a voler convincerci che quelli erano i
responsabili di un rapimento, anche se non si sa con esattezza né da
dove venga questo ragazzo, il presunto Antonello, nè dove invece sia finito il
vero Antonello scomparso nel 74.
A mio giudizio, va sottolineato e non sottovalutata la responsabilità
della stampa e della televisione quale mezzo per la diffusione di pregiudizi e
di calunnie contro i Rom e i Sinti.
Proprio in questo periodo, i ragazzi di una classe quinta e prima media, alla
domanda sulle loro conoscenze relativamente ai Rom e Sinti hanno risposto nella
quasi totalità: sporchi, delinquenti, ladri, rapitori di bambini e, alla
richiesta quali fossero state le loro fonti, hanno dichiarato: i miei genitori e
la televisione, specificando che la stessa cosa era avvenuta anche per i loro
genitori.
Ritengo quindi che la stampa e la televisione non solo hanno una
responsabilità morale (penale?) nei confronti dei Rom e Sinti, ma anche
nei confronti dei nostri ragazzi che crescono con paure infondate e diffidenza
verso chi è diverso, ragazzi che diventeranno adulti e che forse avranno un
ruolo istituzionale o responsabilità politiche.
Con questo ragionamento non si vuole negare il diritto di informazione, ma
ribadire che l’informazione deve essere fondata e riferirsi al colpevole e
non a tutti i 12/14 milioni di Rom e Sinti del mondo.
Consiglio a tutti di riguardare il film “ Bambini della strada” dove,
anche se in lingua tedesca, non si può restare indifferenti davanti alle
scene del rapimento di bambini Rom legittimato dalla fondazione svizzera
di beneficenza "Pro-Juventute", cui nel 1926 cui stato affidato l'incarico
di"proteggere i bambini a rischio di abbandono e di vagabondaggio dalle autorità
Svizzere.
Oggi Mariella Mehr, scrittrice jenische (una comunità gitana), vive in
Italia. Da oltre venticinque anni consegna alla carta la memoria di quella
comunità Rom della Svizzera vittima, negli anni tra il 1926 e il 1972, di
quella vera e propria caccia al nomade che fu l'operazione"Enfants de la
grand-route" (Bambini della strada), con l’infallibile collaborazione della
polizia e delle autorità pubbliche cantonali e comunali.
“Mi hanno portata via da mia madre poco dopo la mia nascita (...) I primi sei
mesi di vita, li ho passati in un centro pediatrico per ritardati mentali. Lì ho
vissuto le prime torture psichiatriche di un bambino jenische (...) Quando per
la prima volta ho chiesto al mio tutore, il dottor Siegfried, chi fossero i miei
genitori, mi ha detto (...) tua madre è una puttana, tuo padre un asociale. E
questo, me lo sono portato dietro per dieci anni. Finché ho capito il
significato di quelle parole: i miei genitori erano zingari"
Come centinaia di altri figli di nomadi, Mariella era stata tolta di forza ai
suoi genitori.
Nella sua famiglia, tre generazioni sono state vittime di questa politica
di sedentarizzazione forzata: prima di lei, sua madre, e poi anche suo
figlio Settantadue anni dopo, i risultati di una ricerca storica hanno
dissipato ogni"ambiguità" su questa operazione.
Nel 1972 la sezione bambini di strada della fondazione Pro Juventude cessa le
sue attività, e dopo sei anni di depistaggi e ricerche, nel giugno 1998 Ruth
Dreyfuss, consigliere federale oggi presidente della Confederazione elvetica ha
dichiarato pubblicamente:
"Le conclusioni degli storici non lasciano spazio al dubbio: l'Opera di
soccorso Enfants de la grand-route è un tragico esempio di discriminazione e
persecuzione di una minoranza che non condivide il modello di vita della
maggioranza".
La fondazione "Pro Juventude" ha ammesso pubblicamente la sua responsabilità,
e .... continua normalmente la sua attività come se nulla fosse accaduto.
Nell'arco di quasi mezzo secolo, in Svizzera oltre seicento bambini jenisches
sono stati sottratti a forza alle loro famiglie dall'Opera di soccorso"Enfants
de la grand-route", che aveva un unico mandato: quello di sradicare il
nomadismo.
Con questo proposito, i figli del popolo itinerante erano sistematicamente
sottratti ai genitori e collocati presso famiglie affidatarie o negli
orfanatrofi, quando non venivano addirittura incarcerati o internati in ospedali
psichiatrici.
Consiglierei a Federica Sciarelli di dedicare una puntata di: “Chi l’ha
visto” a questa terribile storia ottimamente presentata nel film “Kinder der
Landstrasse”.
Di Fabrizio (del 23/03/2007 @ 09:31:28, in media, visitato 2084 volte)
Da
Roma_Italia
Artnet News - 14 marzo 2007 - PADIGLIONE ROM A VENEZIA
Il profilo dei padiglioni nazionali alla 52a Biennale di Venezia
(giugno-10 novembre 2007) appare abbastanza noto (es.(i.e. Felix Gonzales-Torres
- U.S.A., Tracy Emin - GB., Sophie Calle - Francia, Isa Genzken - Germania). Una
nuova aggiunta è un padiglione dedicato alla cultura rom. Il progetto è
un'iniziativa dell'Open Society Institute fondato da George Soros, che ha
finanziato un continuo "Progetto Partecipazione Culturale Rom". Secondo un
comunicato stampa, il padiglione rom costituisce "il primo significativo passo
per dare alla cultura rom contemporanea il pubblico che si merita."
[...]
Di Fabrizio (del 01/04/2007 @ 10:30:58, in media, visitato 2197 volte)
Di Fabrizio (del 03/04/2007 @ 11:33:34, in media, visitato 1683 volte)
Di Fabrizio (del 10/04/2007 @ 09:34:36, in media, visitato 2151 volte)
Da
British_Roma
Salve a tutti,
in Inghilterra abbiamo messo insieme una rivista giovanile per i Travellers
irlandesi e i Rom.
Il primo numero uscirà alla fine del mese, e vi scrivo per vedere se avete
storie dei vostri giovani da far pubblicare. Le uscite sono previste a fine
aprile, fine di luglio, fine di ottobre e fine di gennaio, e l'impaginazione
chiude il 16 dl mese corrispondente. Vi saremmo grate se vorrete collaborare con
foto, storie, poesie, racconti dei loro anziani, dato che vorremmo unire i
bambini del mondo in questo progetto.
Mi scuso per il breve preavviso e grazie a tutti per l'attenzione.
Angie Jones.
youth division
Canterbury Gypsy Support Group
International Gypsy & Traveller Affairs
Irish Traveller Movement 2006 (UK)
info@youthdivision.co. uk
(Affiliated with ITM & Pavee point Ireland)
Traveller Law Research Unit (Cardiff University)
European Romany and Traveller Forum
www.youthdivision.co.uk
Moate farm, Stodmarsh Road, Canterbury, Kent, CT3 4AP
01227 789652/07868780492
Working for Romany Gypsies, Irish Travellers and Roma, To gain access to
fresh running water, accommodation, health care, sanitation, education and above
all a total harmonisation with the wider community.
Di Fabrizio (del 13/04/2007 @ 10:08:48, in media, visitato 1925 volte)
Da
Hungarian_Roma
Il IV Festival Internazionale per Giovani Registi di Miskolc, Ungheria
Settentrionale, ospiterà diversi tipi di film (corti, documentari, animazioni)
nella categoria speciale:
"IMMAGINE ROM - I Rom davanti e dietro la telecamera"
Il festival, organizzato da CineFest e da Radio C, unica stazione radio rom,
è un'occasione unica per esplorare i film dedicati ai Rom.
I film in questa categoria saranno premiati da una giuria indipendente. Il
termine per la presentazione è il 30 giugno 2007. DVD e VHS devono essere
inviati entro la data prevista, assieme al materiale illustrativo (foto, lista
dialoghi ecc.) La decisione della giuria sull'ammissibilità è prevista per il 1
agosto 2007.
Dettagli sul programma del festival, altri eventi, giuria, form di
registrazione ecc. su
www.cinefest.hu.
RADIO C
FM 88.8
www.radioc.hu
Tradizione, innovazione, musica e cultura - un medium rom dal 2001
Di Fabrizio (del 15/04/2007 @ 09:19:50, in media, visitato 2146 volte)
“LA SOGLIA DEL CONOSCIUTO”
Mostra di Alessandro Quaranta
Sala Boccioni- p.le Arduino 4 - MILANO
Apertura: lunedì-venerdì 9-14 sabato 9-18 – chiuso domenica e festivi Chiusura: sabato 12 maggio 2007
VISITE GUIDATE GRATUITE
vernissage venerdì 20 aprile 2007 , ore 18.00
Presentazione di Gabi Scardi
Cosa diventa un caffé quando viene offerto da un rom a un “gagiò’?
Come può un cubo “sonoro” raccontare l’idea di casa dei rom?
Come mostrare il tempo e lo spazio di un campo nomadi?
E quali mappe possono visualizzare il campo di relazioni mobili sui quali sono costruite le identità dei clan?
Queste alcune domande che Alessandro Quaranta, artista torinese che da anni opera sull’intreccio dei concetti di casa/relazione/viaggio/rito, si è posto corso delle proprie ricerche; domande che sono poi risuonate nell’ambito del laboratorio da lui condotto con un gruppo di studenti all’interno del Liceo artistico Boccioni.
Alessandro Quaranta è uno di quegli artisti attenti ai nuovi contesti e ai nuovi valori, alle istanze sociali e alle trasformazioni in corso nel proprio tempo. Temi centrali del suo lavoro sono le appartenenze, le differenze, la cittadinanza, i meccanismi d’inclusione e d’esclusione; e poi gli stili di vita, l’abitare.
Attento alle relazioni, Quaranta si mette in gioco personalmente, non ambendo a lavorare “per” il pubblico, ma “con” un pubblico che si fa partecipante.
Oggetto primario della sua osservazione negli anni recenti è l’area sensibile costituita dalle comunità di Rom che abitano sul territorio italiano. Estremamente vulnerabili, i Rom vivono in situazioni di assoluta precarietà, la loro esistenza relegata al margine delle città e della collettività. Eppure, di fatto sconosciute, queste comunità sono percepite come una grave minaccia.
La pericolosità attribuita loro ha a che fare, prima che con la realtà dei fatti, con la percezione che se ne ha come di persone apparentemente incollocabili, indefinibili e per estensione, incontrollabili, quindi socialmente destabilizzanti.
Lo sguardo che a essi Quaranta rivolge è discreto, disponibile, attento, empatico, consapevole del limite costituito da un’oggettiva differenza di condizioni di vita, ma capace di esprime altro sia dall’atteggiamento analitico da studioso, sia dagli atteggiamenti assistenziali o emergenziali con cui normalmente queste comunità vengono avvicinate.
Le sue opere dicono un’appartenenza culturale, un coacervo di storie, di vite, di esperienze; ma anche l’assurdità di esistenze che trascorrono tra infrastrutture insufficienti, trasferimenti forzati, disagio assoluto, e che tutti tendiamo a non voler vedere.
Oltre a indagare una specifica realtà e a suggerire la necessità di un approccio empatico e non valutativo, Alessandro Quaranta pone implicitamente una questione fondamentale, quella dello sguardo.
Come vediamo l’altro? Chi guarda e chi è guardato? E l’artista dove si colloca? .
L’intervento di Alessandro Quaranta presso il Liceo Boccioni nasce in relazione alla mostra “Wherever we go” tenutasi presso lo spazio Oberdan di Milano.
La mostra affrontava il tema delle relazioni interculturali e asseriva un’idea di identità e di cultura definite non solo in base a una radice geografica ma soprattutto come prodotti di esperienze e di relazioni; identità e di cultura come istanze non fissate una volta per tutte, ma vive e mobili, capaci di resistere alle semplificazioni e alle classificazioni. Il tema è stato ulteriormente affrontato sotto forma di dialogo attivo attraverso il progetto realizzato dall’ANISA, sezione di Milano, grazie al sostegno della Provincia di Milano, presso i tre licei milanesi: Boccioni, Berchet e Gentileschi.
Nell’ambito di questo workshop gli studenti del Liceo artistico Boccioni si sono confrontati con Alessandro Quaranta, che ha fornito loro spunti critici utili a orientarsi rispetto a un tipo di approccio artistico che si inserisce a pieno titolo nell’arte contemporanea.
Ne sono emerse riflessioni e abilità critiche. Opere degli studenti saranno esposte nell’ambito della mostra insieme ad alcune installazioni di Alessandro Quaranta.
Alle finestre della scuola si affacceranno 70 bandiere realizzate dagli studenti per comunicare all’esterno la percezione di sé.
Nel catalogo, che sarà presentato il 1 giugno 2007 in occasione del Premio Boccioni, saranno presenti anche i percorsi paralleli ideati dalle altre due scuole coinvolte nel progetto “Incontriamoci a scuola”
il Liceo classico Berchet con le conferenze propedeutiche al contemporaneo che, a cura di Cesare Badini, spaziano dalla fotografia alle radici del moderno a Milano (saggi di Roberto Mutti, Cesare Badini e Anna Menichella).
Con gli allievi dell’ITT A.Gentileschi invece, sotto la guida di Pia Antonini e di Riccardo Canova, è stato sperimentato l’approccio metodologico incentrato sull’”Epistemologia operativa”: Tale metodo, che designa una strategia di esplorazione attiva dei processi di costruzione della conoscenza, finalizzata alla presa di consapevolezza dei propri processi cognitivi, (http://it.wikipedia.org/wiki/Epistemologia_operativa) ha permesso di approfondire alcune tematiche della mostra e di sollecitare una riflessione personale e di gruppo sul proprio modo di rapportarsi a concetti come l’appartenenza e l’identità.
Referente critico: Gabi Scardi
Ideazione e coordinamento: Gabriella Anedi, Laura Colombo, Glauco Mambrini, Claudio Zanini
Hanno collaborato i docenti Fiorella Iori, Marisa Settembrini, Emanuela Volpe
____________________________________________________________
Per informazioni: Liceo Boccioni
P.le Arduino 4 - MM1 Amendola – tel. 02 48019249
www.liceoartisticoboccioni.it
ufficio stampa: 338 8196068 – 347 9350842
parcheggio interno con ingresso da via Albani
|