A Brescia Bajram Osmani ci apre le porte di Radio Onda d’Urto e del mondo
ROM
Promuovere la conoscenza per superare le diffidenze. Conosciamo la cultura
e gli intellettuali ROM
L’iconografia, spesso condita d’intolleranza e diffidenza, li vorrebbe tutti
confinati in campi nomadi, sporchi e lavavetri, con figli al seguito
costretti a chiedere l’elemosina. Giostrai nelle favole, musicisti nella poesia,
mendicanti nelle periferie.
Rispetto ad altri popoli, minoranze etniche o sociali, c’è la volontà nell’uomo
comune di allontanarne il fisico e la mente, di voltare la faccia o nasconderne
socialmente l’esistenza pensando che riguardi altri, che sia un problema di
confini territoriali, che “se ne tornassero al loro paese”. Ma quale paese?
Ma se molti li considerano ‘un problema sociale’, la politica li ripone alla
voce ‘questione di ordine pubblico’, i ben pensanti evitano semplicemente il
discorso o di trovarseli nel raggio della propria circoscrizione.
C’è confusione, molta confusione. Anche sulle origini non c’è piena chiarezza e
spesso la confusione viene condita da errate attribuzioni geografiche. Nel
volerli rimandare ‘al loro paese’, molti confondono il termine ROM o ‘Romani’
con la radice delle parole Romeno e Romania, individuandone nel paese balcanico,
che pur ne ospita una nutrita rappresentanza, la terra di provenienza.
Nient’affatto. Anche il termine ‘gitani’ li vuole provenienti dall’Egitto mentre
parte degli storici, basandosi su elementi linguistici, ne attribuisce l’origine
agli indeoeuropei, ed altra parte degli storici, basandosi sullo studio di usi,
costumi ed usanze religiose, ne fa risalire l’origine ad un ceppo ebraico.
E’ così che, per fare chiarezza, abbiamo deciso di capirne di più entrando nel
mondo ROM ‘dalla porta principale’, come più volte ci ha ripetuto chi quella
porta ce l’ha aperta con enorme disponibilità, un gentile sorriso e la foga di
chi ha tanto da raccontare in poco tempo.
Bajram Osmani è giornalista e commissario per i media dell’International
Romani Union, organizzazione non governativa che rappresenta i ROM di tutto il
mondo, organizzazione della quale lui è voce ufficiale. Ogni sabato su Radio
Onda d’Urto di Brescia (www.radiondadurto.org)
si collega con giornalisti, emittenti radio e Tv, uomini politici, intellettuali
e professori da ogni parte d’Europa per dar voce ai ROM, a quel popolo
invisibile che ci abita accanto, con il quale condividiamo parti di terre che
loro, prima di tutti, considerano libere.
Bajram è sempre sorridente, ha la pazienza di chi vuole conoscere e far
conoscere, ma diventa focoso e sanguigno quando si parla dell’olocausto del suo
popolo nella storia, non solo remota, ma anche recente. Lui stesso, circa 14
anni fa dovette lasciare il Kossovo per sfuggire alle stragi ed all’orrore di
quella terra.
“Romano Krlo”, la Voce dei ROM, è il programma che unice in un network di
voci le idee dei ROM nel mondo. Mostra con soddisfazione le tessere che lo
accreditano come giornalista.
Quando iniziamo a parlare un punto risulta subito di comune accordo: la
conoscenza è l’unico antidoto contro l’intolleranza. E’ anche per questo che ci
ritroviamo dinanzi ad un microfono, per conoscere un mondo che tutti ignorano.
I telefoni che squillano danno voce a persone da ogni parte d’Europa che
ascoltano via internet o via satellite. L’approfondimento è d’obbligo: si parla
di diritti umani ma anche e soprattutto di Kossovo.
In diretta telefonica con la prima emittente ROM in Serbia, RTV Nisava (www.bahtalodrom.org.yu),
il direttore Ferad Saiti ci parla delle potenzialità e delle difficoltà di
gestire un centro media ROM, soprattutto in un paese come la Serbia dove ancora
si lotta per la libertà di informazione. Nel 2001 la volontà di far tacere RTV
Nisava fu ostacolata dalla mobilitazione degli stati europei che consentirono di
non farla chiudere. Un milione di ascoltatori circa segue le emittenti del
gruppo e il ruolo sociale di dialogo e diffusione di conoscenza e cultura, di
informazione dei diritti, anche quelli elementari, risulta fondamentale.
Al dott. Luigino Beltrami, di Rifondazione Comunista, da sempre sensibile
alle problematiche dei ROM, chiediamo come mai ci sia un popolo sotto silenzio,
un popolo che ha subito più di un olocausto ma che rispetto ad altri, vedi ebrei
ed armeni, continua a non aver voce. “E’ nella natura dei ROM essere un popolo
transnazionale, e la mancanza di una terra e quindi di una nazione, che vuol
dire anche istituzioni e cioè qualcuno che li rappresenti, finisce sempre per
svantaggiarli. Ma il fatto che non abbiano una nazione non significa che non
esistano. Anzi, grazie ad istituzioni come l’IRU e di una classe intellettuale
di cui fa parte Bajram Osmani, si sta cercando di incrementare un dialogo con le
istituzioni nazionali e transnazionali come l’Unione Europea intorno a temi
caldi e importanti come diritti umani, sanità, scuola, etc…”
Ma nei giorni in cui a Vienna falliscono i dialoghi tra Serbi ed Albanesi per il
futuro del Kossovo una nuova minaccia pende sulle teste del popolo ROM: la
decisione di rimpatriare nella regione le circa 150.000 persone che sono fuggite
dopo la diaspora avvenuta a causa della guerra. Lo ribadisce con forza il
Presidente della Federazione ROM della Repubblica Serba, nonché Vice Presidente
del Parlamento Alternativo Internazionale e nuovo eletto al Parlamento della
Repubblica Serba, Damianovic, sostenendo che “chi dovesse prendersi la
responsabilità di rimpatriare in questo momento storico i ROM in Kossovo, come
da accordi del 2003, sarebbe artefice di una catastrofe umanitaria senza
precedenti”. Si riferisce alla proposta, o meglio la decisione, del Ministro
Tedesco Otto Schily di rimpatriare circa 54.000 persone che rischiano di essere
rimandate forzatamente in Kossovo. I più sono ROM, Ashkali e Egiziani Kossovari.
“La guerra in quelle zone - continua il Presidente Damianovic - non è stata solo
una guerra tra serbi e albanesi, dei quali si parla, ma ha visto vittime
innocenti anche tra i ROM che, non essendo né dell’una né dell’altra parte, sono
stati vittime di entrambi gli schieramenti”.
Sulla stessa linea è Bayram Aliti, ex Ministro del Kossovo, ora membro
del Parlamento IRU e Presidente del comitato del gruppo di crisi del Kossovo,
anche lui in collegamento telefonico.
Bajram Osmani, che di quella carneficina è stato testimone, ci apre le porte
della sua casa, un elegante appartamento in centro a Brescia, dove abita con la
moglie e i 7 figli. Continua il suo racconto descrivendoci le atrocità delle
quali si è macchiata l’UCK, l’esercito di liberazione del Kossovo.
Davanti ad una tavola imbandita di bevande e cibo, l’occasione è buona per
conoscere meglio il mondo ROM ed eliminare un pò di quelle leggende che ne
ruotano attorno. Ci parla degli intellettuali ROM in Italia, come Alexian
Santino Spinelli (www.alexian.it),
musicista, poeta, compositore e docente di lingua e cultura romani
all’Università di Trieste.
Quando prendiamo la via del ritorno è già buio. La città di Brescia riacquista i
suoi colori artificali dei neon e delle luci degli eleganti palazzi del centro.
In strada brulica una varietà multietnica di persone indaffarate a prepararsi ai
divertimenti del sabato sera. Tra questi ci sono anche dei ROM, come i figli di
Baijam. Ma non tutti lo sanno, non tutti se ne accorgono.
di Marcello Peluso
www.marcellopeluso.it
marcello.peluso@voceditalia.it