Quando si parla di zingari non si può non parlare dei parassiti: come
chiamare altrimenti quei politici che montano campagne anti-Rom e vellicano
gli istinti più subdoli della gente, pur di rubare qualche consenso
elettorale in più? Il bello è che – proprio loro – accusano i rom di
essere gente che vive alle spalle degli altri.
La storia insegna che
spesso nella accuse agli altri c´è qualcosa di autobiografico:
pensiamo ai nazisti che contestavano assurdamente agli ebrei di sentirsi una
"razza" superiore, mentre essi stessi facevano del mito della superiorità
della "razza ariana" il fondamento ideologico del nazionalsocialismo. La
vicenda del rogo del campo nomadi di Opera è esemplare dell´Italia di oggi,
dove la logica egoistica del nimby (not in my back yard, non nel mio
giardino) è sempre più protagonista.
Se poi all´egoismo aggiungiamo la storica intolleranza verso una minoranza
contro cui tutto è concesso, ecco che abbiamo gli elementi all´origine della
distruzione di quell´insediamento, legale, che doveva ospitare 77
persone, per più di metà bambini.
Ma il problema dei Rom non è solo politico, come ha splendidamente
spiegato
Gad Lerner il primo marzo su questo giornale, è anche culturale. Un
presidio anti-Rom non sarebbe mai potuto nascere senza un pregiudizio
negativo ben saldo nei cuori e nelle menti di molti italiani. Sarebbe stato
infatti impensabile nei confronti di un campo di rifugiati ebrei o africani.
Quando si parla di zingari, persino i freni inibitori del linguaggio
svaniscono.
In un certo senso guardare ai Rom ci libera, facendo
uscire quanto di peggio abbiamo nella nostra anima. Il linguaggio
spesso usato contro gli zingari meriterebbe uno studio psicologico. C´è chi
teme la loro sporcizia, chi i loro furti, altri ancora hanno l´angoscia del
(mitologico) rapimento di bambini.
Ognuno insomma, su quello schermo
senza filtri etici può proiettare le proprie angosce personali, al riparo
dalle normali convenzioni sociali.
In un paese dove si iniziano a rispettare le diverse religioni e
identità, i Rom sono rimasti gli unici contro cui è lecito dire di
tutto.
Per questo è necessario stilare un´agenda sul da farsi per agevolare un
loro inserimento nel tessuto sociale, a partire dalla
creazione
di uno specifico Assessorato all´Integrazione. L´integrazione dei Rom,
come quella degli immigrati in generale, necessita di una programmazione
di lungo periodo, con strutture istituzionali che diano continuità a un
lavoro così importante. L´impegno della Giunta nel campo
dell´integrazione deve dipendere il meno possibile dagli interessi
dell´Assessore alla Famiglia, Scuola e Politiche Sociali di turno.
Meglio evitare che tutto il buon lavoro svolto fino a ora possa andare
perduto il giorno in cui l´assessore Moioli (della Giunta di Letizia
Moratti, N.d.R.) venisse sostituita da qualcuno poco interessato alle
politiche sociali verso i non italiani.
Davide Romano (pubblicato su La Repubblica-Milano, il 5 marzo 2007)