Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 12/02/2012 @ 09:46:28, in Italia, visitato 1490 volte)
PaeseSera
Gli operatori del terzo settore hanno fatto irruzione nell'aula Giulio Cesare
durante il consiglio per manifestare contro il piano proposto dal vice sindaco
Sveva Belviso, che prevede una riduzione delle risorse per i servizi sociali
all'interno dei campi nomadi. Ozzimo (Pd): "Da mesi chiediamo chiarezza e ad
oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta" DI S. IANNÒ
Nessuna sostanziale novità dalla sala del Carroccio dove si è tenuto l'incontro
tra i membri del Roma social pride e Tredicine presidente della commissione
Servizi sociali. La discussione è stata rimandata a martedì. Obiettivo
dell'incontro era quello di spiegare le ragioni del disagio degli operatori del
terzo settore, rispetto all'ipotesi di riduzione del 50% delle risorse per i
servizi all'interno dei campi rom. Un decremento che si traduce "in uno schiaffo
ai lavoratori del soggetto", dicono le associazioni. I membri di associazioni e
cooperative chiedono che i 30 milioni stanziati per l'emergenza rom, mai
utilizzati dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciato il piano
nomadi., siano utilizzati per garantire i servizi. A cui segue la disattenzione
dell'amministrazione che non ha avviato processi di fuoriuscita dai campi,
continuando nella politica degli sgomberi, che hanno portato un aumento dei
microcampi abusivi e dei residenti nei villaggi attrezzati.
Tredicine si dichiara pronto ad avviare un processo di dialogo all'interno della
commissione politiche sociali. "Intanto - afferma - restiamo in attesa
dell'incontro con il vice sindaco Belviso per capire come risolvere il problema
dei finanziamenti". "Dovete capire - conclude - che anche noi non vogliamo
perdere un servizio sociale".
LE REAZIONI - "Bisognerebbe chiedere le dimissioni dell'assessore alle Politiche
sociali che propone di tagliare le risorse per i servizi, con l'obiettivo di
lasciare nel caos i cittadini nei campi". Lo dichiara Andrea Alzetta,
consigliere di Action. "La mancanza di fondi - aggiunge Alzetta - e' una bufala
perche' nei giorni scorsi avete rinunciato a 200milioni di euro di oneri
concessori dei costruttori, votando il Piano casa". "Il paradosso e' che si
tagliano 1,8 milioni di euro per il sociale e poi si buttano i soldi per la
vigilanza armata, che costa oltre due milioni". Lo dichiara Daniele Ozzimo, vice
presidente della commissione Politiche sociali, nel corso dell'incontro con il
Roma social pride, nella sala del Carroccio del Campidoglio. "Come presidente
della Commissione - afferma Ozzimo rivolgendosi al suo collega Tredicine - devi
avere il coraggio di non appiattirti sulle posizioni dell'assessorato, in modo
che martedì possiamo difendere l'intervento nel sociale". "Qualcosa nel piano
nomadi non ha funzionato, e' compito della politica intervenire per correggere
gli errori". Lo afferma il presidente della commissione Politiche sociali,
Tredicine, nel corso dell'incontro con il Roma social pride nella sala del
Carroccio del Campidoglio. "Dopo l'incontro con la Belviso - aggiunge Tredicine
- bisognera' approfondire la questione con la ragioneria per capire come
intervenire. Perche' le vostre preoccupazioni sono le nostre". I membri delle
cooperative sottolineano pero' che le risorse si possono recuperare da quei
servizi pagati anche 20 volte in più, come accade per il campo sulla Salaria e
rivelato dallo stesso vice sindaco. Senza dimenticare che per ogni famiglia rom
il Comune di Roma spende mille euro, mentre si potrebbe pensare un percorso di
fuoriuscita dai campi per avviare una politica di stabilizzazione abitativa.
LA PROTESTA - "Vergogna, dove sono i 30 milioni di euro stanziati per
l'emergenza rom?". Lo chiedono a gran voce gli operatori del terzo settore che
pochi minuti fa hanno fatto irruzione nell'aula Giulio Cesare, per protestare
contro il piano proposto dal vice sindaco Sveva Belviso, che prevede una
riduzione delle risorse per i servizi sociali all'interno dei campi nomadi.
Per gli operatori, che sono stati immediatamente allontanati dal Campidoglio, i
politici sono dei "buffoni" e più volte hanno gridato il nome della Belviso,
considerata con il primo cittadino Alemanno, "ladra di servizi sociali". Sullo
striscione che i membri di associazioni e cooperative hanno esposto c'era
scritto che ci sono "30,8 milioni di buone ragioni per finanziare i servizi nei
campi".
I membri del Roma social pride, dopo essere stati allontanati dall'aula Giulio
Cesare, si sono riuniti nella sala del Carroccio in attesa di un incontro con i
capigruppo capitolini, per spiegare che con la riduzione del 50 per cento delle
risorse si rischia di non garantire più i servizi sociali.
Sulla questione interviene anche Daniele Ozzimo (Pd): "Che fine hanno fatto i
30,8 milioni di euro a disposizione del Piano Nomadi? Da mesi chiediamo
chiarezza e ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Il Piano è fermo al
palo, nessun nuovo insediamento di quelli promessi dalla Giunta Alemanno è stato
costruito ed è aumentato in questi quattro anni in modo esponenziale il numero
dei microcampi abusivi. Del fallimento di Alemanno in tema di comunità Rom i
numeri sono chiari 30,8 milioni di euro scomparsi nel nulla e più di 200
microcampi abusivi, e su questi risultati il Sindaco non può di certo dare la
responsabilità alla Protezione Civile. Chiediamo quindi immediata chiarezza
dall'amministrazione".
di Santo Iannò - Giovedì, 09 Febbraio 2012
Domanda di un non-romano:
Fatti salvi tutti i "se" possibili: quindi SE Alemanno ed il suo contorno
siano persone di cui fidarsi, SE questi tagli al bilancio siano scelte politiche
e non obbligate, come siano stati spesi i fondi precedenti...
... la domanda ANTIPATICA è: cosa si
voglia fare di 30,8 milioni di euro, quanti di questi soldi vadano ai collettori e
quanti ai Rom e Sinti, chi verifica i risultati ottenuti ANCHE
dall'associazionismo nei campi (ad esempio) dell'integrazione scolastica,
abitativa, sanitaria, lavorativa.
Erano questioni già sollevate
2 anni e mezzo fa (NdR)
Di Fabrizio (del 13/02/2012 @ 09:24:31, in Italia, visitato 1398 volte)
Autore: Daniele Ulderico
Nel settembre 2005 circa mille rom che da vent'anni vivevano nel campo di vicolo
Savini, a pochi metri dalla Basilica San Paolo a Roma, sono stati trasferiti con
grande clamore mediatico in un nuovo insediamento a 25 km dalla città. Il nuovo
campo di Castel Romano, con prefabbricati a scacchiera, circondato da un parco
naturale e da un muro di separazione, per le amministrazioni Veltroni e Alemanno
rappresenta un modello per la "soluzione del problema rom". Nella prospettiva
dell'antropologia critica della contemporaneità la vicenda si rivela esemplare:
in prima istanza perché riattualizza termini come "zingaro" e "nomade", con
tutto il loro deposito di stereotipi e pregiudizi, quindi per il fatto di
rappresentare emblematicamente i processi e gli esiti, perlopiù negativi, delle
politiche di separazione ed espulsione dei rom dagli spazi urbani. Un modello
innovativo di analisi etnografica, ridislocata nei due insediamenti e lungo le
fasi del trasferimento, mette anche in luce come il confine fra i rom e i
diversi "noi" -istituzioni, associazioni e società locale- funzioni come
criterio ordinatore dei rapporti sociali, fino a produrre differenze, alleanze e
forme inedite di potere.
Di Fabrizio (del 22/02/2012 @ 09:20:37, in Italia, visitato 2262 volte)
La notizia è stata resa pubblica l'altroieri da Il Giornale di
Vicenza,
VicenzaToday e da
TMnews
immagine da
Giornalettismo
questa invece viene da
L'Orda - Vietato l'ingresso agli italiani: Una fotografia scattata nel
1958 a Saarbrucken, alla finestra di un club. Il divieto d'ingresso per gli
italiani era bilingue. Si tratta solo di un esempio: simili avvisi, in Germania
e soprattutto in Svizzera, erano frequentissimi.
Aggiornamento delle 13.45: Vicenza si
interroga. Sempre da
Il Giornale di Vicenza
«Quel divieto intollerabile No alla giustizia fai-da-te»
ASSOCIAZIONE SINTI. Il presidente condanna il cartello del negozio -
22/02/2012 E-MAILPRINT
Davide Casadio, presidente Sinti
«Non sono tollerate le discriminazioni razziali o etniche così come non sono
ammessi i furti: tutti devono rispettare le leggi e se qualcuno delinque bisogna
fare denuncia, non una pseudo-giustizia fai-da-te». Davide Casadio, presidente
dell'associazione sinti italiani e vicepresidente della Federazione rom sinti
insieme, alza le barricate. «Quel cartello non è tollerabile, è razzista anche
se la ragazza dice che il suo intento non è razzista: non si possono
discriminare alcune categorie». E aggiunge: «La legge è uguale per tutti, chi
ruba va punito, ma anche la giovane commessa deve attenersi alle regole». Se
qualcuno ruba nel suo negozio? «Deve chiamare le autorità». E se sono i bambini
a rubare? «Ne rispondono i genitori». L'Unar, Ufficio nazionale
antidiscriminazioni razziali, ha aperto un'istruttoria e chiede al Comune di
adoperarsi per togliere il cartello, cosa cui ha già provveduto la commessa.
UDC: «I TAGLI DELLA DESTRA». Sul tema interviene anche Antonio De Poli, deputato
Udc: «Capisco gli intenti della commessa ma francamente si tratta di
un'iniziativa che sta al di fuori delle regole. Non si può, in un Paese civile,
esporre un cartello che ricorda ben altri tempi. La gente è stanca di vedere i
delinquenti in giro e spesso, troppo spesso, è costretta a mettere in atto delle
iniziative, a volte anche discutibili, per tutelarsi e proteggere le proprie
attività. Tutto questo perché alle forze dell'ordine mancano la carta per
stampare e la benzina per le volanti. L'ultimo taglio risale ad agosto con la
manovra Tremonti quando al governo sedevano i paladini della sicurezza, ovvero i
leghisti. Questo è il risultato: la gente è esasperata».
LETTERA DI PRC. Irene
Rui, di Rifondazione comunista, scrive una lettera aperta: «Cara Fatima, tu non
sei razzista... sei il risultato di una società, di quei cittadini che passano
davanti alla tua vetrina e menano la testa per la disapprovazione e poi non
vogliono sentir parlare dei "zingari". Il tuo però è un atteggiamento razzista.
D'altronde cosa puoi fare tu, sola in quel bazar del centro, contro la
microcriminalità che aumenta... Tu che razzista dici di non essere lo sei
diventata per aver osato dichiarare ciò che gli altri nascondono sotto il
carbone "I zingari sono ladri"».M.SC.
Di Fabrizio (del 25/02/2012 @ 09:28:24, in Italia, visitato 2723 volte)
immagine da
lussuosissimo.com
La
recente vicenda della commessa che a Vicenza ha esposto un cartello per
vietare l'ingresso "AI ZINGARI" ha sollevato diverse e comprensibili reazioni.
Come succede spesso, il rischio è che in una settimana il silenzio subentri al
clamore; sottopongo allora ai pazienti lettori alcune riflessioni da
riprendere col tempo.
Un primo punto riguarda la fruizione della notizia: CLAMORE
IMMEDIATO e SUCCESSIVO SILENZIO. La parola ZINGARI su quel manifesto (un
giornalista, un politico, uno studioso avrebbero adoperato il politically
correct ROM E SINTI) continua a riportarci indietro negli anni, nonostante
da lungo tempo si vada ripetendo quanto quel termine sia offensivo. E' la
dimostrazione che si continua a giocare "in difesa".
Ma, mi chiedo, è vero razzismo usare la parola ZINGARI?
L'ultima frase dell'articolo di
TMnews riassume bene il concetto:
La ragazza parla di ingiustizie, lei paga il biglietto sull'autobus e
gli zingari no. "Non sono razzista - rincara - ma le regole
devono valere per tutti". Insomma i suoi colleghi negozianti non
mettono cartelli ma non fanno entrare gli zingari.
...molto simili, questi negozianti, a giornalisti, politici, studiosi,
che usano il termine "Rom e Sinti", ma magari hanno il terrore di un contatto
fisico con qualcuno di loro.
La commessa: io penso che razzista sia stata la scritta, non
chi l'ha vergata, e sicuramente lei non si percepisce tale. Racconta di sé su
La nuova Venezia:
«Entrano e scappano con la roba. Io do quello che posso a chi chiede
aiuto. Ecco, qui ho una bottiglia di shampo difettata, la do a
chi me la chiede, do anche lo yogurt della mia colazione. Ma
tutti vogliono soldi, non aiuto. L'altro giorno sono stata
aggredita da un uomo di colore. Gli zingari non fanno del male,
ma entrano in tanti, con i bambini si riempiono le tasche di
roba ed escono dalla porta senza pagare. Io li rincorro. Ho
chiamato la polizia quando sono stata aggredita, ma se non hai
un avvocato e i soldi non serve a niente».
Ragionamenti che appartengono probabilmente alla gran massa del resto della
popolazione, che più che il problema del razzismo o degli zingari, si pone
quello dell'arrivare a fine mese.
Questa ragazza, che ha messo la questione sul tappeto con molta più chiarezza
di qualsiasi sociologo, suscita scandalo perché giovane e soprattutto perché è
di origini marocchine e (come si scrive oggi) immigrata di seconda generazione.
Questo particolare diventa anzi la chiave di lettura dell'articolo di
Tuttogratis.
Per questo invitavo a riflessioni più approfondite e meno scandalizzate.
Parto da una provocazione:
Se tu lettore fossi un immigrato, un rom, un sinto... cosa diresti se
qualsiasi italiano ti spiegasse che sì, la piena integrazione è un tuo diritto,
ma a differenza degli italiani non hai diritto a lamentarti se qualcuno ti ruba
qualcosa? AUMENTANDO LA PROVOCAZIONE: se io ho gli stessi diritti (e
doveri) di un italiano, perché non mi riconoscete il diritto di essere razzista
quanto e più di voi?
Gian Antonio Stella, quando scrisse
L'Orda,
svolse un lavoro egregio di ricostruzione della memoria di un Italia passata
dall'essere vittima di razzismo a paese che si mostra sempre più razzista. Sul
Corriere della Sera è tornato sul concetto dei penultimi che per salire
mettono i piedi in testa agli ultimi.
Il razzismo è una malattia che si può curare, ma non sono
sicuro che esista un vaccino efficace ed universale. E' successo agli italiani,
succede oggi agli immigrati ed alle seconde generazioni. Se gli zingari
(pardon: i Rom e i Sinti) ne sono tuttora immuni, è perché (indipendentemente
dai progressi socio-economico-politici di alcuni dei loro settori),
rimangono gli ULTIMI nella percezione popolare.
Hanno allora tutte le ragioni ad argomentare contro il razzismo che
subiscono quotidianamente (e quello della commessa vicentina è forse meno
doloroso di altri), ma ATTENZIONE che se anche per loro arrivasse... non dico
tanto, ma almeno il riconoscimento di essere persone come tutti... credo
sconsolatamente che cercherebbero a loro volta un PARIA con cui
pigliarsela.
Ad esempio: da almeno due decenni assisto a situazioni dove Rom e
Sinti italiani incolpano della loro situazione i Rom stranieri, e Rom slavi di
lungo insediamento che se la prendono con l'arrivo di Rom bulgari e rumeni...
SONO ATTEGGIAMENTI RAZZISTI? Apparentemente sì, anche perché espressi con più
rabbia di un italiano, che non si sente personalmente minacciato da questa
"concorrenza tra poveri".
Eppure, ricordo tanti anni fa, i Rom che conoscevo allora vedevano di
mal occhio l'arrivo dei primi immigrati dal Nord Africa: pubblicamente contro di
loro ne dicevano di tutti i colori, ma quando questi immigrati avevano necessità
di un piatto di minestra, di una roulotte dove ripararsi, dove pensate che
andavano a chiedere? Proprio da quei Rom che di loro parlavano male, ma che
lontano da occhi indiscreti riscoprivano la loro antica solidarietà.
Come noterete, non è un atteggiamento molto distante dalla nostra commessa di
Vicenza.
Però, dopo tutto questo scrivere di razzismo, devo deludere i miei lettori,
non è di quello che mi premeva ragionare, non adesso, perlomeno.
Il razzismo ha diversissime maniere di manifestarsi, soprattutto
perché dietro quel concetto si mascherano spesso problemi più
pratici.
Ragionando sulla commessa (di seconda generazione, ricordiamocelo),
e rileggendo l'articolo di Stella che ho menzionato prima, è da inquadrare
l'ambiente in cui si sviluppa la vicenda: il Veneto già terra
di immigrazione e poi roccaforte leghista. Con tutte le contraddizioni che si
porta dietro: quelle di un territorio molto più curato e protetto rispetto a
tante altre regioni italiane, ma anche patria (assieme alla Brianza) del
fenomeno dei capannoni con fabbrichetta abbinata o del consumo di suolo.
Se ad esempio a Treviso (dove è ancora l'ex sindaco Gentilini a dettare la
linea politica) l'ideologia leghista ha raggiunto parossismi tra
l'avanspettacolo ed il codice penale, la sua provincia è quella che
percentualmente ha attirato più immigrati. Sembrerebbe un paradosso, ma la cosa
(ad un milanese come me) riecheggia certe dichiarazioni dell'ex sindaco De
Corato che, gonfiando fascistamente il petto, giustificava ai giornalisti i suoi
sgomberi infiniti spiegando come alcuni sondaggi mostrassero che la città di
Milano fosse una delle mete di arrivo preferite per i Rom stranieri.
Non che mi sia mai fidato di De Corato, ma qualche domanda su quanto sia
complesso interpretare le realtà locali me la pongo.
Il Veneto, il nord-est in genere, come sistema economico, quante volte se n'è
sentito parlare in questi anni. Il Veneto dove un'immigrata di seconda
generazione si è talmente integrata da assumerne la mentalità, con tutti i lati
positivi e negativi. Ma quest'area, dove a vari livelli convivono e producono
genti così diverse, è stata anche tra le prime, oltre 15 anni fa, a
delocalizzare la produzione all'estero. Erano già allora i primi segnali di un
modello che andava ripensato, e che nonostante la sua pretesa autonomia ed
autosufficienza, non era in grado di reggere all'innovazione della
globalizzazione.
La crisi oggi colpisce duro anche lì, scrive
il Giornale di Vicenza:
La paura - o la constatazione - di non farcela: quel bazar chiuderà a
marzo. E i negozianti del quartiere che testimoniano: «Da un po´
di tempo i nomadi passano con maggior frequenza - racconta Mauro
Oliviero, fruttivendolo in contrà XX settembre - Prima passavano
solo il giovedì, giorno di mercato; sarà la crisi?».
Forse è la crisi. Vedere mamme e bambini nomadi sui marciapiedi
del centro a chiedere l´elemosina ormai è una costante. Non lo
fanno solo loro. E non è una novità assoluta. La crisi, comunque
sia, condiziona il clima.
La prima vittima è proprio la solidarietà che quel modello non è stato in
grado di far attecchire. La seconda, purtroppo, è la commessa di Vicenza, quella
seconda generazione che ha potuto per ultima approfittare della ricchezza
veneta, e come i suoi coetanei italiani avrà un futuro incerto di fronte a sé.
Tocca ancora al
Giornale di Vicenza fornire una sintesi con le parole della commessa stessa.
A questo punto, torniamo un attimo al razzismo o meglio, ALLE COSE DA FARE.
Il cartello è sparito dalla vetrina, l'UNAR
ha aperto una propria inchiesta. Potrebbe sembrare un lieto fine, ma ho i miei
dubbi, perché:
- la commessa non ha cambiato opinione, si è limitata a
cambiare atteggiamento;
- l'UNAR sta facendo cose notevoli, ma quante delle inchieste
che apre periodicamente portano ad un costrutto? Corre il
rischio, di fronte agli innumerevoli argomenti da affrontare ed
alle pressioni politiche a cui è sottoposto, di trasformarsi
nell'ennesimo carrozzone parolaio italiano, più funzionale ai
tecnici che vi sono parcheggiati che nell'affrontare e risolvere
i problemi.
Premesso che non conosco la realtà del Veneto così bene dal
poter dare consigli, ho tentato di spiegare quali sono per me alcuni punti
nodali da affrontare, di una versione molto più complessa di come si presenta
apparentemente.
Ci sono problemi generali, dove razzismo, zingari, immigrati sono
alcuni degli elementi. E ci sono poi situazioni particolari, dove le varie aree
del paese hanno specificità, storie, risorse diverse.
E' possibile INTERVENIRE ADESSO, oppure aspettare la prossima notizia simile.
Ma soprattutto, occorre coniugare le sacrosante battaglie per i principi
universali, all'individuazione di soluzioni PRATICHE più localizzate, che
mettano in moto soggetti e competenze che già esistono.
In parole povere, vedrei la necessità di istituire in tutte le città
medio-grandi (ma anche nelle piccole, se ci sono necessità e competenze), di un
TAVOLO-CONSULTA locale (chiamatelo come volete), dove
affrontare questi argomenti, assemblea che veda la partecipazione di soggetti
tra loro diversi, ma comunque coinvolti: associazioni di immigrati,
organizzazioni di Rom e Sinti, assieme ad amministratori, sindacati dei
lavoratori e di categoria, associazioni imprenditoriali, cooperative...
(l'elenco può anche continuare, ma fermiamoci prima di riscrivere le Pagine
Gialle!).
Lo scopo è di agire sulle tante leve che rimandino ad azioni condivise,
sostenibili e che facciano uscire dal ghetto, dove Rom e Sinti rischiano di
venire rinchiusi parlando del solo razzismo, senza affrontarne le cause.
Creando nel contempo quella conoscenza e quell'azione comune indispensabili per
ottenere (ed offrire) solidarietà.
Di Fabrizio (del 27/02/2012 @ 09:23:02, in Italia, visitato 1530 volte)
24 febbraio 2012 - Lo slogan "Via la patente al razzismo: i punti sono
finiti".
"Via la patente al razzismo: i punti sono finiti" è lo slogan della terza
giornata nazionale del primo marzo con la mobilitazione diffusa degli immigrati.
La manifestazione è organizzata da un comitato, composto da diverse sigle
dell'associazionismo, "nello spirito della Carta dei migranti approvata a Gorée
(Senegal), sulla base di principi condivisi che difendono la libera circolazione
delle persone e l'esercizio di una piena cittadinanza fondata sulla residenza e
non sulla nazionalità".
Dopo le precedenti edizioni, del 2010 e 2011, quella attuale secondo gli
organizzatori intende "avviare un percorso che non si esaurisca nella data del
primo marzo, ma unisca le persone in un filo giallo sovranazionale, cancellando
le frontiere culturali che ancora ci limitano".
Una giornata, si legge in una nota, "ancora più importante in Italia dopo i
pogrom di Rom come quello di Torino e l'omicidio razzista a Firenze di Samb
Modou e Diop Mor".
Il comitato promotore, nel manifesto di adesione, scrive tra gli obiettivi
della mobilitazione: l'abrogazione della legge Bossi-Fini, la cancellazione del
contratto di soggiorno per lavoro e la chiusura di tutti i Cie in Italia e in
Europa; la cittadinanza immediata ai bambini nati in Italia; l'abolizione del
permesso a punti e nuove tasse sul rinnovo del permesso di soggiorno; una
regolarizzazione generale di chi non ha un permesso di soggiorno.
(Red.)
Di Fabrizio (del 01/03/2012 @ 09:20:03, in Italia, visitato 1644 volte)
Si parla di rom che sparano, che si insultano, che si picchiano.
Dal nostro punto di vista ciò che è accaduto nel quartiere fontanelle è una lite
a sfondo passionale.
E di liti a sfondo passionale le cronache nazionali sono piene.
Tant'è che i delitti passionali corrispondono oggi al numero maggiore dei
crimini omicidiari commessi in Italia, la pressoché totalità riguardano la
comunità non rom.
Questo dato va in forte contrasto con le affermazioni di chi vuole far credere
che a Fontanelle le liti passionali fra rom si risolvono con la pistola.
Impugnare la causa del disagio sociale per racimolare qualche voto non porterà a
soluzioni.
L'intolleranza populista, sostenuta da affermazioni spicce e qualunquiste, che
invocano pattuglie e interventi massicci delle forze dell'ordine non aiutano a
risolvere il problema. Tali affermazioni devono allarmare le coscienze
democratiche.
Proporre soluzioni legate all’idea che la causa del proprio malessere (e dunque
anche del proprio malvivere) stia nell’azione di una comunità da cui occorre
liberarsi e che occorre combattere per riappropriarsi della propria vita fa
parte di un discorso culturale e politico che nella storia europea ha dei
precedenti, li ha avuti più volte, e che è stato uno dei fondamenti su cui si è
costruita la "polpa" dell'antirazzismo e dell’antisemitismo sterminativo del
secolo scorso.
Ne ha fatto cenno anche il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, in
occasione della Giornata della Memoria del 27 gennaio scorso.
Sarebbe più utile che le forze politiche investissero in azioni di integrazione
culturale per quelle minoranze maggiormente stigmatizzate da pregiudizi e
stereotipi costruendo con le loro rappresentatività un dialogo continuativo e
diretto.
Ciò permetterebbe di prevenire la ricerca ad ogni costo di un nemico o di una
causa "unica" quando accadono fatti che richiedono analisi pazienti e condivise
della realtà e dibattiti pubblici approfonditi sulle cause e sulle soluzioni da
adottare piuttosto che chiedere a gran voce protezione dagli "zingari cattivi".
Uff. Stampa Ciliclò
Il Presidente
Dr. Nazzareno Guarnieri
Di Fabrizio (del 05/03/2012 @ 09:41:33, in Italia, visitato 1690 volte)
Arci Piemonte
Domenica 11 marzo 2012, alle ore 9,30 presso l'Auditorium "M. Borghi" Cascina
Marchesa corso Vercelli 141, Torino, il Circolo culturale Antonio Banfo presenta
un'incontro per discutere le proposte volte al Superamento dei campi nomadi.
L'amministrazione comunale e l'ATC devono occuparsi giorno per giorno dei
problemi di rapporto tra Nomadi e cittadini torinesi, nonchè della grave
situazione degli insediamenti autorizzati e spontanei nel territorio.
Il Circolo culturale Antonio Banfo ritiene doveroso ragionare di un problema
così importante, così come lo è la presenza di Rom e Sinti lungo la Stura.
Francesco VERCILLO, presidente "Circolo A. Banfo", discute con:
Pietro MARCENARO Presidente Commissione Senato Tutela e promozione dei diritti
umani
Andrea STARA Consigliere regionale proponente della pdl n° 151 (13/07/2011)
"Norme per le minoranze nomadi in Piemonte"
Pio CAON Ufficio Pastorale Migranti Torino
Ramo MUJKIC Presidente Associazione Romano ILO
Partecipano:
Ilda CURTI Assessore all’Integrazione Comune di Torino
Nadia CONTICELLI, Presidente Circoscrizione 6
Paola BRAGANTINI, Presidente Circoscrizione 5
Elvi ROSSI, Presidente ATC
Di Fabrizio (del 06/03/2012 @ 09:58:01, in Italia, visitato 2039 volte)
Milano, 2 marzo 2012. Venerdì 16 Marzo dalle ore 18.00, presentazione della
mostra "La vita di Rebecca" (con le opere e la presenza di Rebecca Covaciu) e
del libro "Il silenzio dei violini" di Roberto Malini e Paul Polansky (ed. Il
Foglio Letterario). Un’occasione per parlare di arte e cultura Rom in
compagnia di Rebecca Covaciu, Giuseppe Como, Preside del Liceo Boccioni, e
Roberto Malini, autore e co-presidente del Gruppo EveryOne, organizzazione
internazionale per i diritti umani promotrice della cultura Rom e di ideali di
pace e convivenza fra i popoli. Il poeta e difensore dei diritti umani
autograferà il libro.
Di Fabrizio (del 07/03/2012 @ 09:17:50, in Italia, visitato 1853 volte)
Non me ne voglia Chiara Campo, che ha scritto un ulteriore articolo fotocopia
sul Giornale:
Il succo è nelle prime righe:
«Ma almeno durante l’ex giunta Moratti gli sgomberi abusivi erano continui,
bisogna puntare sulla prevenzione e il contenimento del fenomeno» afferma
l’assessore alla Sicurezza della Provincia Stefano Bolognini...
Ricordo bene il "mitico" De Corato: 500 e passa sgomberi ed i Rom "abusivi"
erano sempre gli stessi: rimbalzati da Bacula alla Bovisa, poi a Chiaravalle e
san Dionigi, e ancora a Rubattino, Forlanini e Segrate. Ruspe, vigili,
poliziotti, centinaia di migliaia di euro spesi, sono stati il ritratto di una
"figuraccia politica pazzesca" (leggetelo con accento fantozziano): gli
stessi Rom rispuntavano sempre e dovunque.
L'attuale assessore Granelli, zitto zitto, qualche sgomberino l'ha fatto (e
ha già buttato un
occhio su Bacula), non è da escludere che l'innalzamento delle temperature
risvegli le sue "turpi
voglie". Forse sarà più indeciso, o soltanto più realista, ma intanto questi
"abusivi" sono ancora gli stessi di 1, 2, 5, (10?) anni fa.
Mi vengono spontanee due considerazioni:
- Si sgombera (con i nostri soldi, ricordiamolo) gente che nel frattempo manda
a scuola i figli, quando capita lavora. Sempre gli stessi, in una assurda gara a
chi resiste di più. Ogni sgombero è una PUGNALATA ad un processo di integrazione
interrotto tante di quelle volte, che è sempre più difficile trovare la voglia e
le risorse comuni per riprenderlo. Ci sarà mai un amministratore pubblico col
coraggio di investire (nei fatti, non a parole) nella fiducia in questa
popolazione, invece che considerarla un eterno nemico disarmato?
- Gli sgomberi, se portassero a risultati tangibili, sarebbero un'opzione
BRUTALE ma REALISTA. Ma risultati non ne portano. Ci sono bambini rom di pochi
anni che ne hanno già subiti decine, è come se avessero fatto una vaccinazione
(e mi immagino con quale fiducia nelle istituzioni potranno crescere). Quegli
sgomberi sono rivolti ai nostri cervelli e alle nostre pance: soltanto per darci
l'illusione di essere più forti e civilizzati, di saper essere REATTIVI
ma non proattivi! In realtà, del risultato finale di uno/cento
sgomberi, sembra non importare a nessuno: amministratori, Rom, cittadini; gli
unici che se la prendono (a ragione!) sono quei pochi volontari sfigati che ogni
volta devono ricominciare.
L'articolo del Giornale termina con questa perla (la sottolineatura è
mia, e sintetizza, più che la reale pericolosità sociale del fenomeno, le
paranoie di certi concittadini):
Un altro sos arriva dai residenti della zona 8. Hanno disegnato la mappa
degli insediamenti e le zone da «bollino rosso» sono Roserio, il pendio del
Ponte Palizzi e l’area nelle vicinanze del Palasharp. «I nomadi - denuncia
Enrico Salerani, il capogruppo della Lega nel consiglio di zona - organizzano
grigliate e danze tipiche della cultura gitana».
Di Fabrizio (del 08/03/2012 @ 09:50:22, in Italia, visitato 1558 volte)
CORRIERE DEL VENETO (NdR. neanche a farlo apposta, una risposta all'articolo
precedente. Ma già all'inizio degli anni '90...)
Sabrina Bastianello (archivio)
IL CASO A VICENZA Sabrina Bastianello:
«Pagano sempre E noi non siamo razzisti»
VICENZA — «I nomadi? Io li ospito già in un appartamento di mia proprietà,
pagano l'affitto e io li aiuto così». Parola di una consigliera leghista,
Sabrina Bastianello. È lei l'esponente del Carroccio che ha pronunciato quella
frase, ieri, durante il Consiglio, sfatando qualsiasi luogo comune che vede i
fazzoletti verdi avere sempre il pugno di ferro contro rom e sinti. La scena si
consuma all'inizio dell'assemblea consiliare, quando in sala si discute del
trasferimento, per lavori, dei nomadi che vivono nell'area di via Cricoli.
Nell'interrogazione presentata dagli esponenti del Carroccio, per chiedere
informazioni su quel trasferimento annunciato dall'amministrazione per i
prossimi mesi, la Lega chiede alcune informazioni sulla zona destinata ad
ospitare, in modo temporaneo, le cento persone che vivono in via Cricoli. Nel
testo vengono citate alcune dichiarazioni dell'assessore ai Servizi sociali,
Giovanni Giuliari, in merito alla vicenda del cartello contro gli zingari appeso
dalla commessa marocchina Fatima Mecal, poche settimane fa. Contro quel cartello
si era scagliato l'assessore Giuliari e la Lega, ora, avanza una proposta, dai
toni provocatori, all'assessore: «È disposto - scrivono i consiglieri del
Carroccio - ad ospitare a casa sua alcune di queste persone al fine di
provvedere personalmente alla loro integrazione?».
Il clima si surriscalda, Giuliari ribatte: «È una provocazione, ma comunque non
potrei, nell'appartamento dove vivo non c'è abbastanza spazio. Fatelo voi». E
qui arriva la risposta della Bastianello: «Io, i nomadi, li ospito già a casa
mia - dichiara la consigliera - o meglio in un appartamento di mia proprietà».
L'annuncio è forte, perché arriva da una esponente della Lega nord, il partito
che, da sempre, lancia strali nei confronti di nomadi e rom che vivono nelle
città. Solo lo scorso 24 febbraio, il segretario cittadino Carlo Rigon
descriveva alcune delle famiglie di nomadi che abitano nel capoluogo come
«persone che mai hanno dimostrato la volontà di integrarsi nel tessuto sociale
cittadino ». Ma per la consigliera Bastianello, questi sono «pregiudizi che non
esistono». Lei, in un appartamento in città ospita una famiglia di cinque
persone, formata da padre, madre e tre figli. Tutti di etnia rom, che un mese fa
vivevano in una roulotte e che, adesso, abitano in un condominio. «Lo faccio
perché sono venuta a conoscenza della grave situazione di difficoltà economica
questa famiglia - dichiara Bastianello - e ho deciso di ospitarli. Pagano
regolare contratto d'affitto, anche se minimo, e la considero una dimostrazione
di aiuto verso queste persone, perché noi leghisti non siamo razzisti».
Gian Maria Collicelli
Ricordo Personale: Non so l'anno
preciso: a Milano il centrosinistra stava vivendo il suo autunno (quello dei
sindaci Pillitteri, Borghini...) e di lì a poco sarebbe esplosa Tangentopoli. La
Lega muoveva i primi passi, in Comune e nei Consigli di Zona, e naturalmente i
"nomadi" erano già allora uno dei suoi bersagli preferiti.
Col centrosinistra di allora, i rapporti erano buoni, ma freddi: nel
senso che se volevi organizzare una festa, un corso scolastico o di formazione
al lavoro, non mancava il loro patrocinio, ti ammollavano anche "la centomila"
per il sovvenzionamento, ma per loro era come se la città finisse al bordo del
campo. Per chi ci abitava dentro erano come dei fantasmi, nessuno aveva mai
varcato il cancello.
Dei consiglieri leghisti di allora me ne ricordo tanti (col tempo sono
tutti usciti da quel partito). Una di loro, nella nostra zona, a vederla era la
classica signora-bene, col girocollo di perle ed una voce stridula ed
antipatica... con lei polemiche a non finire.
Quando la Lega prese la maggioranza in Consiglio di Zona, lei divenne
presidente della commissione sanità ed Assistenza Sociale. Mi ricordo un
inverno, col Lambro che esondò per le piogge ed allagò tutto il campo. Le
famiglie avevano perso tutto. Quella consigliera fu la prima a varcare i confini
del campo, senza collana di perle ed indossando stivali da pescatore, portando
qualche sacco di vestiti rimediati chissà come.
Continuammo a polemizzare, finché non abbandonò la politica, ma imparammo
a rispettarla.
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