Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 12/01/2006 @ 00:57:48, in Italia, visitato 2295 volte)
Da: Agenzia SIR
9 GENNAIO 2006, 18:03 - ZINGARI: PARTITO DA LECCE IL TRENO DELLA MEMORIA, PER NON DIMENTICARE IL MASSACRO NAZISTA DEI ROM
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Un treno per non dimenticare gli zingari. E’ partito ieri sera dalla stazione ferroviaria di Lecce, quello che può essere definito, “il treno della memoria”, promosso dall’Associazione comunità straniere in Italia e dalla regione Puglia che vogliono così ricordare la deportazione e lo sterminio del popolo Rom durante il nazismo ed anche in epoche più recenti. Il treno che nelle prossime settimane toccherà le stazioni di Brindisi, Taranto, Bari e Foggia, ha al suo interno una mostra fotografica che ripercorre le fasi della deportazione degli ebrei e degli zingari, quest’ultimi nei Zigeunerlager (campo degli zingari). “Non vogliamo dimenticare – dice al Sir il presidente dell’associazione comunità straniere in Italia, il tunisino Habib Sghaier - che a fianco di milioni di ebrei furono eliminati anche migliaia di zingari colpevoli solo della loro diversità e di non voler uniformarsi ai valori dominanti. La deportazione nei campi di concentramento nazisti e le eliminazioni di massa nelle camere a gas sono il culmine di una storia secolare persecuzioni, espulsioni ed internamenti che hanno accompagnato il popolo Rom dal suo arrivo in Europa, agli inizi del ‘400”. “In Italia – spiega ancora Sghaier - esistevano due campi di concentramento per gli zingari: a Agnone e a Bojano. Si trattava prevalentemente di zingari slavi, che erano fuggiti in Italia nel 1941 per salvarsi dai nazisti che avevano occupato la Croazia. A Bojano gli zingari furono internati nei capannoni dell'ex-tabacchificio. Ad Agnone, nel Convento di San Bernardino, furono internati circa 150 zingari slavi. Molti di loro riuscirono a scappare: alcuni di loro si unirono alle bande partigiane. Ancora oggi, purtroppo, la situazione è molto grave. La questione zingari – conclude - è sempre affrontata come questione sociale, prima che questione etnica. La negazione dell'identità del popolo Rom porta con sé la degradazione della cultura zingara a sottocultura marginale a cui viene negata ogni dignità, la riduzione della lingua, il Romanès, a gergo, la lettura delle strutture sociali, educative, economiche come prodotti dell'emarginazione e del disagio”.
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Di Fabrizio (del 15/01/2006 @ 14:46:23, in Italia, visitato 2219 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir:
LETTERA APERTA ALLA CITTADINANZA DI VIAREGGIO
SUCCEDE A VIAREGGIO…e altrove Da diverso tempo i Servizi Sociali di Viareggio si stanno “interessando” di una famiglia Rom, il risultato di questa attenzione è che la suarichiesta di aiuto si è trasformata in dramma, di pari passo con gli interventi elargiti a “favore degli interessati”. La conseguenza di questo strano rapporto è che dei suoi 6 figli, ben sei, sono stati allontanati e affidati a famiglie italiane e a strutture sociali. Alla luce di questi fatti, noi riteniamo che la cittadinanza di Viareggio debba essere informata, perché il fatto è grave e merita una sua attenta riflessione e una presa di posizione (se necessaria) nei confronti dei Servizi Sociali che fino ad ora, hanno avuto buon gioco di fronte al silenzio della cittadinanza e di alcune Associazioni forse un pochino… compiacenti!Noi crediamo che questa vicenda meriti un’attenzione particolare, anche perché oggi si fa ungran parlare della famiglia e dei suoi valori, e sono molti, chi in una veste e chi in un’altra, pronti (giustamente!) a difenderla o a sottolineare la sua importanza per la società…ora di fronte all’annientamento di una famiglia Rom, è strano che nessun “paladino” della famiglia, nessuna Associazione senta il bisogno di scendere in campo, ci sorge un dubbio: forse perché la famiglia in questione è Rom? Certamente, di fronte a quest’ultima affermazione, un assistente sociale, oppure l’Associazione di Volontariato, la Cooperativa sociale… chiunque ritiene di essere sensibile e attento alle problematiche sociali (povertà, emarginazione, degrado sociale), la sinistra in quanto tale… ognuno reagirà sentendosi giudicato, provocato, non esitando ad esibire la propria pagella antirazzista, o sventolando l’impegno a favore delle diversità e della tolleranza e la difesa dei diritti delle minoranze minacciate: ma allora, come si arriva a portare via 6 minori Rom dalla loro famiglia, e a permetterlo senza che questo provochi un sussulto, nemmeno un minimo di imbarazzo di coscienza sociale, capace di interrogare quella filosofia che anima gli interventi a favore di chi vive al margine? Ed è pur vero, che chi ha operato a contatto con questa famiglia Rom, ha sempre pensato di agire per il loro bene! Perché non scatta un corto circuito, non pretendo nelle nostre coscienze (sarebbe chiedere troppo!!), ma almeno dentro i nostri criteri di analisi, dentro le nostre certezze dogmatiche…? Cosa vuol dire agire per il bene di qualcuno diverso da me, lontano da me? Forse già in partenza, quando lo avviciniamo, gli parliamo già lo abbiamo catalogato come un “deviante”, quindi già pronto e adatto al nostro intervento, per il suo bene, naturalmente. Senza rendercene conto, e con tutte le nostre buone intenzioni, oggi sembra essere vera questa assurdità: sono le istituzioni, la società stessa che hanno bisogno dei devianti, quasi li cercano per auto-alimentarsi, per auto-giustificare la propria bontà, la propria legalità, per dimostrare che la nostra civiltà è più capace di educare rispetto a un’altra… I servizi sociali di Viareggio interpellati più volte da noi e dall’avvocatessa della famiglia Rom, continuano a ripetere che il fine di ogni loro intervento è “il bene stesso dei minori”…frase bella ma altrettanto ambigua, soprattutto alla luce della storia dolorosa del popolo Rom, un passato di persecuzione, di bandi di ogni genere, tentativi di sterilizzazione sulle donne Rom (sempre per il loro bene), di bambini sottratti alle loro famiglie già ai tempi di Maria Teresa D’Austria nella seconda metà del ‘700 (non per cattiveria…sempre per il loro bene) e infine l’Olocausto toccato a circa 800.000 Rom-Sinti nei campi di stermino…semplicemente considerati asociali e devianti! Quindi, quando affermiamo di agire per il bene di qualcuno, e dei minori in particolare, dobbiamo sapere che innanzitutto, la concezione del bene dei minori è rapidamente mutabile, non solo nel tempo, anche all’interno di una stessa società, mada Regione a Regione, da città a città, da serviziodi assistenza sociale a servizio di assistenza sociale, nonostante il potere di questi servizi di condizionare fortemente i Giudici del Tribunale dei Minorenni.
Questo vale per ogni forma di “devianza”, ma per i Rom diventa ancora più difficile e tragico: “vedere come la macchina istituzionale che si occupa di questi minori, considerati per definizione pubblica devianti, li schiacci, li trasformi in casi, in modo implacabile e tragico, in nome del loro bene.” ( cfr. Gabriella Petti, Il male minore) Purtroppo, il mondo del volontariato di Viareggio, anche se non lo conosciamo personalmente, ci ha dato l’impressione (speriamo d’esserci sbagliati!!) di volersi sganciare da questo caso, preferendo allinearsi sull’azione dei servizi sociali: un po’ per tattica e un po’ per convenienza politica e sociale. Peccato, la realtà del volontariato in genere dovrebbe provocare le Istituzioni, pungolarle se necessario, in questo caso sceglie, anche inconsapevolmente di essere funzionale al progetto = i devianti servono al sistema dominante – quindi incapaci di andare oltre le nostre visioni, i nostri parametri e modelli di educazione. Un altro aspetto che ci sembra importante sottolineare è la conoscenza del mondo Rom. Come ottenere il bene di qualcuno, se non si conosce il suo mondo culturale? Anche in questo caso i servizi sociali di Viareggio hanno dimostrato una superficialità impressionante; a differenza di altri loro colleghi Toscani, non hanno mai sentito la necessità di capire o per lo meno di interrogarsi sul loro operato, anche per arrivare a comprendere qualcosa sulla cultura Rom, sulle loro abitudini e stili di vita. A chi lavora in un Servizio Sociale è richiesta un minimo di conoscenza e la capacità di adeguare il proprio intervento alle possibilità reali e concrete dei destinatari. Questa conoscenza, a noi sembra, che i servizi sociali di Viareggio l’abbiano ignorata e disattesa, e ancor più grave è il fatto di non rendersi conto dei disagi e le gravi difficoltà, che loro stessi hanno creato all’interno della famiglia Rom.
Ne è la prova la relazione stessa che il Servizio Sociale ha presentato al Tribunale dei Minorenni di Firenze, molto generica basata prevalentemente più su motivazioni soggettive o su pregiudizi diffusi, che di analisi motivate e fondate scientificamente, con la conseguenza di rendere ancora più difficile la difesa della famiglia.
Vorremmo elencare alcune di queste situazioni, anche per dare alla cittadinanza degli elementi concreti per valutare l’operato dei servizi sociali.
- “ Fino al momento dell’accoglienza nel campo nomadi gestito dall’Associazione…” (pag. 6 della relazione dei Servizi Sociali di Viareggio al Tribunale Minorenni di Firenze)
Per prima cosa, chiediamo alla cittadinanza se è a conoscenza dell’esistenza a Viareggio di un campo nomadi nel passato recente!
Quello che i servizi sociali chiamano campo nomadi, anche per far credere al Tribunale di essere venuti incontro alla sensibilità della famiglia Rom, in realtà era un fatiscente campo d’accoglienza per immigrati (in seguito smantellato anche per motivi di …illegalità!!), composto di soli uomini, con nessun minore e tanto meno con donne.
Come poteva trovarsi questa famiglia Rom, quale tranquillità per il marito sapendo che l’unica donna in quel luogo era proprio sua moglie?
Nella mentalità Rom una donna che sta da sola in mezzo a tanti uomini, non può che essere vista con sospetto e … vergogna.
La presenza di altre famiglie Rom avrebbe di sicuro tranquillizzato il nucleo, ma questo non era la caratteristica –purtroppo- di quel centro di accoglienza, perché chiamarlo “campo nomadi”, quando ci risulta che a Viareggio non è mai esistito?
- Facciamo anche presente che la situazione igienico sanitaria di quel centro di accoglienza, non poteva certo rappresentare il meglio per le persone che vi abitavano, figuriamoci per dei minori…eppure sono stati gli stessi servizi sociali a indirizzare e mantenere la famiglia Rom in quel luogo: “Il Servizio Sociale con il supporto dei volontari dell’Associazione inizia un rapporto stretto con il nucleo familiare finalizzato… all’attivazione di un progetto di accompagnamento e di assistenza…” (dalla relazione, pag. 1) Accompagnamento o abbandono? Perché non si dice concretamente cosa è stato fatto per assistere la famiglia, quale forma di aiuto per recuperarla se si riteneva che ci fosse questo pericolo? Perché non si è cercato innanzitutto di regolarizzare la loro presenza, di accompagnare i Rom nelle pratiche per il Permesso di Soggiorno, di aiutare il padre anche per un lavoro, per ottenere una residenza anagrafica, perché non mettere la famiglia in condizione di stare e abitare in un posto più decente e sicuro? Sembra, invece che gli unici interventi siano stati quelli di allontanare i figli dai genitori e cercare anche di dividere la coppia.
- Contestiamo anche il fatto che la madre con alcuni suoi figli sia dovuta andare presso un centro di recupero per tossici, che nella relazione viene definita semplicemente: “comunità, o contesto protetto e strutturato in modo da attivare un percorso di accompagnamento alla cura dei figli.” (pag. 3), riteniamo che anche questa sia stata una scelta sbagliata, non sufficientemente valutata per i suoi risvolti psicologici, soprattutto per la madre, come in effetti si è dimostrato in seguito. Era inevitabile che la donna Rom prima o poi si sarebbe allontanata da quella comunità.
Chi ha detto e chi garantisce che questi erano interventi adatti a una famiglia appartenente a un mondo culturale totalmente diverso, da quello a cui sono abituati gli assistenti sociali?
In effetti, questi interventi hanno creato un forte clima di instabilità all’interno della coppia, per poi utilizzarla come giustificazione dei loro interventi repressivi e discutibili.Rattrista il fatto che anche il Tribunale dei minorenni di Firenze ingenuamente fa sua la nota dei servizi sociali: “Il servizio sociale del comune di Viareggio abbia attuato ogni possibile intervento di sostegno ed indirizzo dei genitori al fine di proteggere i figli minori…”
Senz’altro il Tribunale non poteva avere gli strumenti sufficienti per leggere più a fondo, essendosi basato solo sulla relazione del servizio sociale che ha fatto sulla famiglia Rom partendo da alcuni episodi, ma le è sfuggita completamente la comprensione dell’identità della stessa, che è un’identità altra e che, in quanto tale, non venendo compresa, è stata criminalizzata. Purtroppo le cose, a volte vanno proprio così! Insomma, tale relazione è la prova chiara di superficialità e ambiguità di un intervento, che pur nascendo da buone intenzioni – il voler aiutare qualcuno in difficoltà – ma non avendo un minimo di conoscenza del mondo culturale dei destinatari finisce con il danneggiarli ulteriormente. Ad esempio, nell’intera relazione la parola “Rom” apparese non indirettamente una sola volta, aprova che per gli operatori non ha avuto alcuna importanza sapere chi si aveva di fronte. In effetti, ignorando l’identità dei destinatari si evidenza il disprezzo dell’altro, il diverso da me/noi, finendo purtroppo per essere, anche inconsapevolmente artefici di discriminazioni, e con la netta convinzione di operare per il bene dell’altro. Tale relazione meriterebbe di essere presa in considerazione e divulgata nelle aule di sociologia, come testimonianza del danno che possono arrecare coloro che operano nel sociale, convinti di essere “bravi e dalla parte giusta”, ma ignorano completamente il mondo culturale dei destinatari di un loro intervento. Sempre secondo la relazione, vivere in roulotte appare come una devianza, uno dei motivi per cui è “giusto” portare via i minori affidandoli ad altre famiglie, compresa l’ultima nata (31 Agosto 2005). Questi servizi sociali, prima ancora che la madre partorisse avevano già messo in atto disposizioni chiare (arbitrarie?) perché la neonata non fosse consegnata ai genitori.
Ma quali interventi eranostati fatti da parte dei servizi sociali durante il periodo della gravidanza, per tentare di rendere questa donna adatta a tenersi il nascituro?
Eppure, in ogni città italiana, un po’ ovunque, saranno migliaia le famiglie Rom che vivono le stesse condizioni, ossia in roulotte o baracche, e molte senz’altro peggio… Gli operatori di Viareggio pensano di essere i soli in Italia capaci di volere veramente il bene dei minori Rom?Perché a pochi chilometri da Viareggio, ad esempio a Pisa o a Lucca, o a Livorno e Firenze dove ci sono dei campi Rom e Sinti, le donne partoriscono il loro figlio in ospedale e dopo qualche giorno con molta tranquillità e serenità se lo portano nelle loro roulotte? Strano, che nessun assistente sociale arrivi ad impedirlo… o a proporre alla madre, segretamente di lasciare il marito e di andare in una comunità protetta? Protetta da chi? Questo è proprio uno strano modo di cercare e volere il bene della famiglia! O si preferisce, invece infierire su questa povera coppia per poi dimostrare l’instabilità di mente del più debole dopo averlo sottoposto anche ad una visita psichiatrica?
“Ma non sono i Rom che rapiscono i bambini?” Pensiamo che questa leggenda metropolitana, alla luce di quel che succede in quel di Viareggio e altrove, meriterebbe di essere riscritta, anche solo per fare un po’ di giustizia. Loro, benché diversi dai nostri modelli, anche se i loro figli non vestono alla Chicco e non imitano le “veline” di turno, tanto meno si nutrono di merendine Kinder Bueno e quant’altro…. un po’ più di giustizia se la meritano, ingenue vittime del “nostro bene”.
U.N.P.R.eS. Toscana ( Ufficio Nazionale Pastorale Rom e Sinti) – 3 Ottobre 2005 -
p.Agostino Rota Martir, Pisa Palagi Marcello, Massa Carrara
Palagi Franca, Massa Carrara
p.Luciani Meli, Lucca
Sergio Giampaoli, Lucca
P.C. questa lettera aperta è stata inviata ai giornali locali, ad alcuni nazionali, alle Associazioni Nazionali ed Europee (versione inglese) che si occupano dei Rom e relative Commissioni del Parlamento Europeo e alla Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana.
Sabato abbiamo inaugurato il residence Sucar Plaza a Guastalla, in Provincia di Reggio Emilia. Erano presenti tante, tante persone (circa un centinaio) che insieme a noi e alla comunità sinta guastallese hanno voluto condividere questo momento di gioia. Particolarmente applauditi gli interventi di Mario Dallasta (Sindaco di Guastalla), Fabio Suffré (Mediatore Culturale dell’Associazione Sucar Drom), Gianluca Borghi (Consigliere Regionale ed ex Assessore alle Politiche Sociali della Regione Emilia Romagna), Teresa Spagna (Funzionaria della Provincia di Mantova che sostituiva l’Assessore Fausto Banzi) Tutti e quattro questi interventi hanno evidenziato che ai Sinti deve essere riconosciuto lo status di Minoranze Etniche Linguistiche e che l’esperienza di Guastalla deve essere esempio replicabile a livello nazionale per uscire dalle logiche ghettizzanti e assistenziali del “campo nomadi”. In particolare si è posta l’attenzione sulle tre “parole chiave” che hanno guidato la progettualità: interazione, mediazione culturale e partecipazione. Infatti, il progetto abitativo di Guastalla non è tanto importante per la scelta della tipologia abitativa (micro-area), ma è importante perché è stato un progetto partecipato a tutti i livelli dalle famiglie guastallesi appartenenti alla Minoranza Etnica Linguistica dei Sinti Emiliani e soprattutto consapevole che le Minoranze Etniche Linguistiche Sinte e Rom sono soggetto pensante della città e per la città di Guastalla. Infatti, il raggiungimento degli obiettivi fissati si è reso possibile per il coinvolgimento diretto e a tutti i livelli (nelle fasi decisionali, progettuali, nella realizzazione e nelle verifiche) delle famiglie Sinte Guastallesi. Sono intervenuti anche Anna Maria Dapporto (Assessore alle Politiche Sociali della Regione Emilia Romagna), Marcello Stecco (Assessore alle Politiche Sociali della Provincia di Reggio Emilia) e Vladimiro Torre (Presidente dell’Associazione Them Romano di Reggio Emilia). L’inaugurazione è stata allietata dal gruppo musicale U SINTO di Bolzano e da un rinfresco con brindisi in un clima di gioia e felicità. Il residence Sucar Plaza è stato benedetto da Monsignor Ambrogio Morani. In foto il taglio del nastro. Da sinistra: Fabio Suffré, Mediatore Culturale dell’Associazione Sucar Drom; Mario Dallasta, Sindaco di Guastalla; Gianluca Borghi, Consigliere Regionale; Anna Maria Dapporto, Assessore alle Politiche Sociali della Regione Emilia Romagna; Marcello Stecco, Assessore alle Politiche Sociali della Provincia di Reggio Emilia. Dietro a Fabio Suffré, all’estrema sinistra della foto si scorge Monsignor Ambrogio Morani. La foto è stata gentilmente concessa dal fotografo Ermes Lasagna che si è offerto di costruire insieme a noi un progetto fotografico, di cui vi parleremo nei prossimi mesi
L'Istituto di Cultura Sinta è stato invitato a dal Comitato Genitori di Marano Vicentino per dialogare insieme sul Porrajmos, la persecuzione razziale subita dalle popolazioni Sinte e Rom, durante il periodo nazi-fasista. La conferenza è all'interno di un ricco programma dal titolo: DIAMO UN FUTURO ALLA MEMORIA.
Vi aspettiamo numerosi Giovedì 26 gennaio 2006, alle ore 20.45 all'Auditorium delle Scuole Medie a Marano Vicentino
Il programma ore 20.45, introduzione a cura del Comitato Genitori
ore 21.00, i Rom e i Sinti in Italia e in Europa Carlo Berini e Fabio Dalla Vecchia, Istituto di Cultura Sinta
ore 21.15, lo sterminio dimenticato documentario sulle persecuzioni razziali subite dai Rom e Sinti tra il 1936 e il 1945 realizzato dall’Associazione Culturale ToniCorti per RAI 3
ore 21.45, Porrajmos Carlo Berini, Istituto di Cultura Sinta
Durante la conferenza saranno tenuti interventi di cultura musicale Sinta
Le altre iniziative a Marano Vicentino
Martedì 24 gennaio “Train De Vie”di Radu Mihaileanu - nella mattinata per gli alunni della Scuola Media - alle ore 20.30 per tutti, presso il Cinema Campana Venerdì 27 gennaio Nazismo e lager Incontro con i ragazzi di terza media, viene messo a disposizione della Scuola il VIDEO “VOCI DEL SILENZIO” realizzato dalla Scuola Media di Sarcedo.
Sarà esposta una mostra sui lager, presso l’atrio della Scuola Media, aperta a tutti gli interessati in orario scolastico.
ADERISCONO ALLE INIZIATIVE: Assessorato della Cultura del Comune di Marano Vicentino Istituto Comprensivo Cinema Campana
Di Fabrizio (del 20/01/2006 @ 01:04:38, in Italia, visitato 1969 volte)
sabato 21 gennaio 2006 alle h.17.30 NUDA VITA / VITA NUDA meccanismi di esclusione, campi rom, biopolitica incontro con Marco Revelli, Leonardo Piasere, Daniele Todesco X Marco Revelli è uno di più stimolanti teorici del pensiero della sinistra, tra le sue opere ricordiamo: La politica perduta, Oltre il Novecento (Einaudi), La sinistra sociale, Le due destre, Fuori luogo (Bollati Boringhieri); insegna scienza della politica all’università di Torino. Sul nuovo numero della rivista “Communitas” ha scritto il saggio “Le discariche dell’umano” dove riflette sulle pratiche di segregazione contro i rom e affronta il caso veronese (campo di Boscomantico, occupazione chiesa di S.Tomaso…). Leonardo Piasere si occupa di etnologia e antropologia sociale e storica dei rom e delle relazioni zingari/non zingari. Ha iniziato già negli anni ’70 estese ricerche sul campo su vari gruppi rom. Insegna all’università di Verona, tra i suoi libri: L’etnografo imperfetto, I rom d’Europa (Laterza). Partendo dalla situzione veronese ha scritto “Carmen e i campi rom”, di prossima pubblicazione. Daniele Todesco da vent'anni si occupa del rapporto zingari/non zingari nel territorio veronese e in generale degli "stati di eccezione". Ha scritto "Zingari e territorio. Le pratiche dei Comuni nel veronese", "Le maschere del pregiudizio", "La vita di un'eccezione" (di prossima pubblicazione ne "I quaderni delle Società Letteraria"). Collabora con varie riviste tra cui Medicina Democratica. >>> di seguito, dalle h.20, la Fest/Azione studentesca! al centro sociale occupato autogestito la Chimica macchina immaginativa non omologata piazza Zagata, Borgo Venezia, Verona bus 32 e 33 (serali 92 e 98), o 13 (fermata via Perini) info: http://www.ecn.org/porkospino ogni martedi: h.18-20 Punto San Precario; h.21 assemblea di gestione; ogni venerdi: h.17-19 Copy-left point; h.20 trattoria Fornelli Ribelli; durante concerti-iniziative è aperta la libreria Ubik Books; ogni prima domenica del mese: mercato autogestito t/Terra. x info: marc 3393667470
Di Daniele (del 20/01/2006 @ 11:31:16, in Italia, visitato 1717 volte)
Molte le iniziative in provincia per celebrare il giorno della memoria
MACERATA - Gli appuntamenti non si limiteranno al solo 27 gennaio, giorno della ricorrenza, ma cominceranno lunedì prossimo (23 gennaio) e termineranno martedì 7 febbraio.
La Provincia di Macerata, i Comuni e l’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea stanno coordinando un programma di iniziative per celebrare anche quest’anno la “Giornata della memoria”, coinvolgendo scuole e comunità locali. Gli appuntamenti non si limiteranno al solo 27 gennaio, giorno della ricorrenza, ma cominceranno lunedì prossimo (23 gennaio) e termineranno martedì 7 febbraio. Questo, nel dettaglio, il calendario.
Lunedì 23 gennaio. A Macerata, ore 9.40, l’Istituto tecnico per Geometri “Bramante” ospita un incontro-dibattito su “Le stragi dimenticate”, cui partecipano il giornalista Franco Giustolisi, il sindaco di Marzabotto, Edoardo Masetti, l’ex sindaco di Sant’Anna di Stazzema, Gianpiero Lorenzoni, e il testimone della strage di Fivizzano, Roberto Oligeri. Alle ore 10, invece, a Tolentino la Biblioteca comunale Filelfica inaugura la mostra sulla Shoah “L’infanzia rubata” che, curata dall’Istituto storico della Resistenza, rimarrà aperta al pubblico fino al 28 gennaio. Infine, alle ore 17, la Galleria degli antichi forni, a Macerata, apre le sue porte per un’altra mostra, dedicata alla cultura e all’olocausto del popolo Rom: “Tu taj me – Io e te per vincere il pregiudizio”. Sarà visitabile fino al 28 gennaio (ore 9.30-12.30 e 16-18.30).
Mercoledì 25 gennaio. A San Severino, ore 9.30, l’Itis “E. Divini” presenta la mostra su “La rosa bianca – Volti di un’amicizia”. Resterà aperta fino a sabato 28.
Venerdì 27 gennaio. E’ la “Giornata della memoria”: diverse saranno le iniziative organizzate in provincia. Quelle coordinate dall’Istituto storico della Resistenza sono cinque. Alle ore 10, al cineteatro “Divina Provvidenza” di Porto Potenza verrà proiettato il film “Jona che visse nella balena”; interverrà un rappresentante della comunità ebraica di Ancona. Sempre alle ore 10, al teatro “Durastante” di Monte San Giusto si svolgerà un dibattito con i ragazzi delle scuole sul tema dell’olocausto e sarà proiettato il film “La rosa bianca”; parteciperà Franca Foà Ascoli, presidente della comunità ebraica di Ancona. La visione del film sarà poi replicata alle 21.30 per tutta la cittadinanza (ingresso gratuito). Nel pomeriggio, alle ore 17.30, si terrà invece a Civitanova Marche (cineteatro “Cecchetti”) un incontro con il prof. Andrea Caspani, dell’università Cattolica di Milano, e con un rappresentante della comunità ebraica di Ancona. Infine, alle 21.15, nell’auditorium “Scarfiotti” di Potenza Picena ci sarà lo spettacolo di musica e poesia sulla Shoah, proposto dagli alunni del luogo.
Sabato 28 gennaio. Alle ore 10, l’Istituto tecnico commerciale “Gentili” di Macerata proietterà il film “Romani Rat – La notte dei Rom”, incentrato sull’olocausto dei Rom; seguirà un dibattito. Sempre a Macerata, alle 21.30, concerto di musica Rom all’Asilo Ricci con “Alexian group” (ingresso libero).
Dal 31 gennaio al 6 febbraio. Il palazzo comunale di Civitanova Marche ospita la mostra fotografica su “La rosa bianca – Volti di un’amicizia”.
Martedì 7 febbraio. Alle 21.45, il cineteatro “Cecchetti” di Civitanova Marche proporrà il film “La rosa bianca”.
Di Fabrizio (del 21/01/2006 @ 12:30:45, in Italia, visitato 1591 volte)
Una notizia di cronaca, che potete leggere da due diverse campane
(QUI
e QUI).
Molto cinicamente: non è morto nessuno. Molto stancamente:
ogni inverno le cronache riportano tra i 3 e i 10 casi simili, per
cui mi pare inutile fare polemiche politiche.
A meno che... la politica non mostri per una volta che non si
occupa di gestire poltrone e consigli di amministrazione, ma di
affrontare i problemi.
Sul dopo, lascio a destra e sinistra di scegliere se
infischiarsene o palesare commozione.
Sapete perché abbiamo fatto il callo a questi incendi
invernali? Perché si continua a pensare che in fondo in fondo,
riguardano pochi sfigati.
E' almeno da questa estate, che qui si è sollevato il caso
degli sgomberi dei terreni di proprietà, dove spesso le
famiglie che hanno scelto di non vivere nei campi hanno sistemato
case mobili o rifugi che non sono baracche. Come nel caso della Gran
Bretagna, queste famiglie sono state prima spinte dai comuni ad
acquistare i terreni dove accamparsi, e da quest'anno gli stessi
comuni non rinnovano loro il permesso di sosta e provvedono allo
sgombero forzato. Quanti? La stampa
parla di 5000 casi, la maggior parte nel nord Italia. Fatta una
rapida stima, tra le 50 e le 100.000 persone che da un momento
all'altro rischiano di tornare sulla strada, e di finire in
situazioni di fortuna come il gruppo di quei Rom di Chiaravalle.
Cittadini italiani, in gran parte, quindi non espellibili, che dalla
sicurezza di un rifugio dignitoso passeranno a riscaldarsi con mezzi
di fortuna.
Come si può pretendere di aver la capacità di
affrontare il problema dell'emigrazione extra-EU, quando ancora chi è
nato in Italia vede la propria situazione sempre più in
pericolo?
Il Comitato Provinciale per Il Giorno della Memoria ha organizzato una ventina di eventi in tutta la Provincia di Mantova.
Segnaliamo
venerdì 27 gennaio, ore 10.00 piazza Sordello, Mantova
Sul filo del ricordo: via Vescovado 1938 Ragazze/i e bambini/e dell'Istituto Comprensivo "Luisa Levi" ricordano la Shoah con un'installazione artistica nella piazza
intervengono: il Sindaco di Mantova, il Presidente della Provincia di Mantova, il Dirigente Scolastico, il Presidente della Comunità Ebraica Fabio Norsa e Barbara Nardi per l'Istituto di Cultura Sinta.
venerdì 27 gennaio, ore 16.00 Teatro Bibiena, via Accademia n.47, Mantova
tavola rotonda Razzismo ieri e oggi: riflessioni intervengono: Luca Bravi, storico; Luigi Benevelli, psichiatra; Armando Savignano, filosofo; Fabio Levi, storico.
saluti da parte di: Sindaco di Mantova; Presidente della Provincia di Mantova; Fabio Norsa, Presidente della Comunità Ebraica; Yuri Del Bar, Consigliere Comunale a Mantova e ricercatore dell'Istituto di Cultura Sinta.
Durante il pomeriggio saranno presentati i volumi: - Antisemitismo vecchio e nuovo, di Werner Bergman; - Eugenetica: verso un nuovo ordine nazista. L'odio razziale e la violenza contro i malati di mente.
giovedì 23 febbraio 2006, ore 17.30 Palazzo del Plenipotenziario, piazza Sordello n.43, Mantova
presentazione del libro Porrajmos, altre tracce sul sentiero di Auschwitz Istituto di Cultura Sinta, Mantova, 2006
intervengono: Fausto Banzi, Assessore Provinciale alle Politiche Sociali; Albino Portini, Presidente del Consiglio Comunale a Mantova; Barbara Nardi, Istituto di Cultura Sinta.
Per ricevere il programma completo e per informazioni Istituto di Cultura Sinta via don Enrico Tazzoli n.14, 46100 Mantova e-mail: ics@sucardrom.191.it telefono (0039) 0376 360643 fax (0039) 0376 318839
I soggetti istituzionali e privati che hanno partecipato ai lavori del Comitato sono: Provincia di Mantova, Comune di Mantova, Istituto di Cultura Sinta, Mantova Ebraica, Comunità Ebraica di Mantova, Istituto Mantovano di Storia Contemporanea, ANEI, ANPI, Partigiani Italiani, Comitato Provinciale Associazioni Combattentistiche e i Comuni di Bozzolo, Castelbelforte, Ostiglia, Roncoferraro, Sermide, Suzzara, Viadana.
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Di Fabrizio (del 26/01/2006 @ 10:13:42, in Italia, visitato 2036 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir: Oggi 2006 i venti non sono ancora favorevoli per gli “zingari-nomadi”. L’idea di ricordare per non dimenticare, deve essere per tutte le vittime dell’Olocausto nei lager come quello di Auschwiz. Oggi si parla delle leggi razziali degli anni ’30-’40, ma bisogna ricordare che c’era una Legge che prevedeva di pulire la Germania e l’Europa intera dai Zigauneur, semplicemente perché considerati come degli “asociali”. Addirittura ad Aushwiz esisteva un ghetto nel ghetto, riservato proprio per i Rom e i Sinti: erano le baracche chiamate Zigauneur Lager, proprio per marcare questa divisione dagli altri internati. Non possiamo dimenticare che anche oggi continuano ad esistere i ghetti, sono i campi nomadi. Nei campi di concentramento i Rom e i Sinti avevano le pari opportunità per morire nelle camere a gas, come tutti gli altri prigionieri: Ebrei, Comunisti (prigionieri politici), omosessuali, testimoni di Geova… Anche oggi i Rom, ma solo tra di loro hanno le pari opportunità: lo stesso destino di essere espulsi da territorio Europeo per essere mandati in Kosovo, in Macedonia, in Bosnia-Hercegovina e quando arrivano là, vengono discriminati per non aver partecipato alle varie guerre di “liberazione”. Le loro case bruciate o occupate dai “liberatori”, altri vengono uccisi, addirittura davanti ai rappresentanti (soldati) delle Nazioni Unite: tutto in nome della “democrazia”. Alle baraccopoli dei Zigeuner Lager le donne Rom e Sinte potevano partorire i loro figli, mentre gli altri prigionieri erano divisi: uomini da una parte e donne dall’altra. Questo “generoso privilegio” serviva perché i bimbi Rom e Sinti, dovevano fare da cavie umane per il Dott.Menghele. Anche Eva Justin, altra famosa dottoressa si interessava soprattutto di ricerche sui bambini Rom, la sua attività preferita era la sterilizzazione delle bimbe Rom e Sinte di 14 e 16 anni, solo per evitare la nascita dei nuovi “bastardi asociali”. Oggi tante volte i Rom sono accusati di rapimento dei bambini gagjè (cioè non Rom), anche senza alcuna prova, ma l’opinione pubblica continua a pensarlo, alimentata dai mass media. Tanti gagjè, soprattutto gli operatori nel sociale, gli “esperti Rom”, gli educatori, gli assistenti sociali quelli che “lavorano” per il nostro bene, spesso approfittano della legge per “rubare” i nostri figli e lo fanno approfittando del disagio delle famiglie Rom e li affidano legalmente ai gajè, anche con i contributi delle Istituzioni, infine vengono adottati definitivamente da famiglie italiane. Anche questo è “rapimento”, fatto rispettando la legge, in nome della democrazia…ma guai a dire che sono stati rubati ai Rom, questo non lo si deve dire! Ma devo anche chiedermi, come mai nessuno si è preoccupato di contare le vittime Rom e Sinti nei Lager di Hitler? Si calcola che il numero và dai 700.000 a 1.500.000 vittime Rom. Infine voglio che sappiate che oggi il mio popolo ancora porta sulle spalle le conseguenze dell’esodo nazista di ieri, ma anche dell’esodo dal Kosovo, Macedonia, Bosnia-Hercegovina ancora in atto. Qui a Pisa esiste un progetto per i Rom: “Le città sottili” che tenta un cammino di integrazione, perché noi Rom vogliamo integrarci nella società Italiana ed Europea, ma siete voi gagjè (non Rom) che non ci date la possibilità, voi non volete la nostra integrazione perché avete ancora troppi pregiudizi verso di noi: siamo tutti ladri, sporchi, bugiardi… Le Istituzioni e i famosi esperti Rom, loro per primi devono darci la possibilità di cambiare, o meglio di ritornare alla nostra vita normale fatta di lavoro, di scuola, di una casa permettendoci di camminare con i nostri piedi. Chi altro meglio di noi può raccontare e spiegare la nostra storia, la nostra cultura e le sue tradizioni? Io sono uno dei pochi intellettuali Rom presenti a Pisa e in Italia e la mia “arma di combattimento” è la penna, quindi mi assumo la responsabilità di quanto ho voluto dire con questo mio scritto.
Dzevat Etem, Presidente A.C.E.R. di Pisa
Coltano, 24 Gennaio 2006
Di Daniele (del 26/01/2006 @ 11:34:54, in Italia, visitato 1632 volte)
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Mercoledì 25 Gennaio 2006 13:12
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IN TRE MOSTRE GLI ORRORI DELL'OLOCAUSTO
E' stata inaugurata a Macerata la mostra sull'olocausto del popolo Rom "Tu taj me - Io e te per vincere il pregiudizio" curata dall'Istituto storico della Resistenza, che si occupa anche dell'organizzazione delle esposizioni "L'infanzia rubata" e "La rosa bianca - Volti di un'amicizia".
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MACERATA - E' stata inaugurata agli "Antichi forni", a Macerata, la mostra sulla cultura e l’olocausto del popolo Rom, dal titolo "Tu taj me – Io e te per vincere il pregiudizio". Resterà aperta al pubblico fino a sabato 28 gennaio dalle ore 9,30 alle 13 e di pomeriggio dalle 16 alle 18,30.
Alla cerimonia d’apertura sono intervenuti, fra gli altri, l’assessore provinciale all’Istruzione e ai Diritti dei bambini, Clara Maccari, e il vice sindaco di Macerata, Lorenzo Marconi. L’iniziativa – promossa dall’Istituto storico della Resistenza – si inserisce nell’ambito delle celebrazioni per la "Giornata della memoria" che, come noto, è stata istituita – con legge dello stato – il 27 gennaio "per non dimenticare la Shoah".
Altre mostre rientrano nel programma delle manifestazioni coordinate dallo stesso Istituto storico. La prima è quella su "L’infanzia rubata", già inaugurata alla Biblioteca comunale Filelfica di Tolentino, dove sarà visitabile fino a sabato 28. La seconda, invece, dal titolo "La rosa bianca – Volti di un’amicizia" si apre mercoledì 25 all’Itis "Divini" di San Severino. Rimarrà nei locali dell’istituto settempedano fino a sabato prossimo, quando si trasferirà a Civitanova Marche, nel palazzo comunale, dove resterà aperta al pubblico dal 31 gennaio al 6 febbraio.
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