Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
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\\ Mahalla : Storico per mese (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 02/03/2014 @ 09:01:47, in Italia, visitato 1390 volte)

  26 febbraio 2014 - Lorenzo Guadagnucci

A Firenze sono entrate in azione le pattuglie di agenti incaricate di tenere lontano chi chiede monete ai passeggeri. Missione compiuta: a Santa Maria Novella i poveri non ci sono più, il "decoro" è salvo. Il rispetto delle persone no. E resta aperta la questione del linguaggio utilizzato dalle istituzioni: gli onorevoli Manconi e Boldrini, l'associazione Carta di Roma non hanno nulla da dire?

Stamani sono andato in stazione e posso confermare ciò che sta tanto a cuore al Comitato per l'ordine e la sicurezza di Firenze, cioè al prefetto Varratta, al vice sindaco Nardella e ai vari dirigenti delle forze dell'ordine che hanno messo nero su bianco questo comunicato: nel fare il biglietto a una delle macchinette nessuno mi si è avvicinato, nessuno mi ha chiesto una moneta, tanto meno persone "di etnia rom".

Quindi non ho potuto fare l'elemosina, come spesso mi capitava prima che le autorità intervenissero a tutela del "decoro". Chiedere e concedere un'elemosina, secondo i signori appena citati, nuoce all'immagine di Firenze e - si sa - la stazione è il "biglietto da visita della città". E quindi i poveri vanno tenuti lontano, pattugliando costantemente l'interno e i dintorni della stazione.

Posso confermare: missione compiuta. Nessun mendicante a chiedere una moneta, nessun povero all'orizzonte, nemmeno una persona - neppure "di etnia rom" - a controllare, con fugace gesto della mano, se per caso qualcuno abbia dimenticato una moneta di resto nei distributori automatici di pessimo cibo e di acqua minerale. I quattro agenti che in pattuglia solcavano avanti e indietro il grande corridoio di Santa Maria Novella hanno portato a compimento il loro difficile cimento: allontanare quei tipacci - tutti poveri, alcuni addirittura "di etnia rom" - che deturpano la stazione, cioè - prefetto dixit - "il fiore all'occhiello della città".

A dire il vero, appena fuori dai cancelletti, ma sotto la pensilina della stazione, quindi ancora in "zona rossa", ho notato tre giovani venditori ambulanti che esponevano la merce, approfittando del fatto che i quattro agenti in pattuglia camminavano in direzione opposta. I tre giovani erano guardinghi, pronti a sollevare il lenzuolo con la mercanzia e darsela a ganbe in caso di pronto intervento di altri agenti. E' accaduto addirittura che un passante si sia fermato ad acquistare qualcosa. Un chiaro strappo al "biglietto da visita" della città. Una evidente smagliatura nella brillante operazione di polizia: ma già domani si potrà fare meglio, magari inviando rinforzi.

Vorrei chiedere ad alcune persone note e stimabili - ad esempio al senatore Manconi, all'onorevole Boldrini - ma anche ad associazioni con compiti pubblici come Carta di Roma, per non citare che alcuni fra i tanti soggetti che potrebbero intervenire e che in passato ci sono stati maestri nell'affermazione dei diritti dei migranti, dei rom, delle minoranze e nella lotta al razzismo, se non trovino grave quanto sta accadendo alla stazione di Firenze e che cosa pensino di un comunicato della prefettura dove si dice testualmente che a Santa Maria Novella "non è stato registrato infatti un aumento né di furti né scippi, quanto piuttosto il ripetersi verso i viaggiatori di comportamenti molesti, talvolta anche arroganti, ma che non sconfinano in ambito penale, da parte di un gran numero di mendicanti, in particolare di etnia rom".

Vorrei chiedere a Manconi, Boldrini, Carta di Roma e a chi si occupa di protezione dei più deboli dai danni procurati dalla cattiva informazione, dalle definizioni stereotipate, dalla stigmatizzazione, se non debba valere per la prefettura e il Comitato per l'ordine pubblico ciò che si chiede - e anche si prescrive proprio nella Carta di Roma - con riferimento ai media, e cioè che siano evitate espressioni, metafore, indicazioni di appartenenza culturale, nazionale o d'altro tipo quando non sia necessario e quando ciò possa risultare discriminatorio.

Grazie per una celere e pubblica risposta.

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Di Fabrizio (del 03/03/2014 @ 09:07:51, in scuola, visitato 1972 volte)

di Monica Febbo, 01/03/2014 - 08:27 su LinguaMigrante

''Il dialogo interculturale non è un vezzo, è una necessità del nostro tempo.
(...) il dialogo interculturale è impossibile senza un riferimento chiaro e condiviso a valori fondamentali, quali la democrazia, i diritti umani e il primato del diritto.

(Consiglio d'Europa, Libro bianco sul dialogo interculturale, 2008)''

"Le categorie di spazio e di tempo, ad esempio,
sono concepite in modo culturalmente diverso e da ciò derivano,
talvolta, differenti modalità di approccio e di risposta
alle esperienze e agli apprendimenti che la scuola propone.
similmente, sul versante delle capacità di astrazione e simbolizzazione,
vi sono specificità particolari, per cui gli studenti sinti e rom
potrebbero faticare molto a memorizzare,
ad attribuire a dei simboli significati e concetti.
Questa caratteristica contribuisce a rendere difficoltoso l'apprendimento della letto-scrittura,
problematicità derivante anche dal fatto
che nelle culture di provenienza le lingue madri sono prevalentemente orali.
''

Si potrebbe riassumere con le due citazioni sopra riportate (da: Linee guida per l'integrazione 2014 - MIUR), stringatissime e poste su due piani paradossali, il testo emanato in questi giorni dal MIUR.
Un testo che si autoannuncia come qualcosa di fortemente rivoluzionario e innovativo.

Estrapolando solamente queste due affermazioni si direbbe che segue piuttosto la dicotomia di pensiero che contrassegna da tempo il sistema scolastico e non solo. Non in secondo luogo è da tenere in considerazione la mancanza di tangibilità con un reale quotidiano che, con tutta certezza, non è stato valutato interpellando i diretti interessati, cioè gli insegnanti, "in prima linea" in quanto attori di didattica, sapere, ricettori reali di un mondo che cambia, spettatori di un susseguirsi generazionale che non doveva e non deve essere mai messo in secondo piano.

La marcata incompetenza in fatto di materia scolastica, è da ribadirlo, lo mostra il secondo passaggio riportato.

Vero e proprio atto lesivo e non solo nei confronti di categorie che con dovizia di dettaglio vengono elencate come a farne un discorso maggiormente assimilabile a una sorta di novello Manifesto della razza degli studenti. Prospettiva di certo non tranquillizzante. Quanto una tacita negazione di studi in merito alla linguistica, ai processi cognitivi e all'alfabetizzazione, percorso in salita che ha visto confutare le teorie esposte a Teheran negli anni '60 dove il problema era inteso, come qui brutalmente esposto ovvero come Coscientizzazione e che prende cioè le mosse dall'esperienza concreta.

L'aspetto duplice dell'affermazione del MIUR mostrerebbe invece delle potenzialità non irrilevanti se si avesse la volontà di portarle a risultati d'ordine pratico, come nel caso dell'aritmetica e di processi di memorizzazione intuitivi già presenti nella mente del bambino ancora prima del suo ingresso a scuola.

Senza contare che l'accettazione di un giudizio così lapidario porterebbe di certo a una condanna senza appello di adulti analfabeti ancora presenti nelle nostre comunità del benessere.

L'oralità che è tipica appunto in colui o nelle comunità che fanno minor ricorso alla lettera scritta non presuppone distinzioni tali da far credere scientificamente che i processi cognitivi del bambino come dell'adulto siano compromessi e impediscano dunque il leggere e lo scrivere come appunto immagini simboliche da decodificare.

IIn secondo luogo, è stato dimostrato che oggigiorno il registro linguistico del testo scritto mostra sempre più una capacità di flessibilità tale da poterlo mettere spesso a confronto con il parlato. Se si pensa a un testo per una conferenza o un convegno, sembrerà di assistere a una vera e propria trascrizione della voce del relatore, molto più che nel caso di una chat o di un sms. Dunque, evitando pericolose ghettizzazioni della lingua soprattutto a certi gradini della conoscenza di essa, scomodando trattati che stabilivano grossolanamente dogmi pedagogici e d'ordine pratico che non fanno altro che ghettizzare l'alunno in una sorta di stato di reclusione ed eterna gabbia nei confronti di una comunità scolastica, che sia adulto o minore, da cui egli stesso certo non potrà sottrarsi, se non da quell'assassino di se stesso che gli altri ne fanno, criminali di un sapere imprescindibile perché da intendersi come vitale necessità e pari diritto a essere liberi.

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Di Fabrizio (del 04/03/2014 @ 09:06:56, in musica e parole, visitato 1725 volte)

(Pubblicato il 02/03/2014) di Valentina Di Biase

L'Alexian Group, fondato da Santino Spinelli, in arte Alexian per l'appunto, si è esibito in una performance di musica tradizionale romanì ieri 1 marzo 2014, sul palco dell'auditorium dell'Ex Gil in via Milano. Il concerto è stato organizzato dall'associazione Primo Marzo Molise in occasione della giornata contro il razzismo, come conclusione della manifestazione svoltasi in piazza Municipio. "I rom che sono presenti sul territorio molisano sono arrivati alla fine del 1300; sono qui da oltre 600 anni e in pratica ancora degli illustri sconosciuti".

Campobasso. Costumi tipici dalle tinte chiare e musica allegra dai toni orientali per combattere l'indifferenza, la discriminazione e il pregiudizio.
L'Alexian Group, fondato da Santino Spinelli, in arte Alexian per l'appunto, si è esibito in una performance di musica tradizionale romanì ieri 1 marzo 2014, sul palco dell'auditorium dell'Ex Gil in via Milano.
Il concerto è stato organizzato dall'Associazione Primo Marzo Molise in occasione della giornata contro il razzismo, come conclusione della manifestazione svoltasi ieri in piazza Municipio.

Alexian è un compositore, cantautore, insegnante, poeta, saggista rom italiano, nonché ambasciatore dell'arte e della cultura romanì che, con il suo gruppo di musicisti, diffonde le tradizioni del suo popolo in tutto il mondo.
Alle 20 l'auditorium era già pieno e dopo un breve ringraziamento da parte di Aslan Hikmet uno dei membri dell'Associazione Primo Marzo Molise e la testimonianza di una badante ucraina trapiantata a Campobasso da 12 anni, ha fatto la sua comparsa sul palco Santino Spinelli che ha calorosamente salutato il pubblico augurando salute e fortuna in lingua romanì.
"Sono tornato in questa città con immenso piacere - spiega Spinelli - quello di stasera sarà un viaggio nella storia e nella cultura di queste popolazioni che dall'India del Nord, attraverso la Persia, l'Armenia e l'Impero Bizantino, sono arrivati in Abruzzo e in Molise.

I rom che sono presenti sul territorio molisano sono arrivati alla fine del 1300; sono qui da oltre 600 anni e in pratica ancora degli illustri sconosciuti.
Non c'è un interesse a conoscere le nostre tradizioni, né tantomeno la lingua - continua Spinelli - anche i più importanti intellettuali plurilaureati non saprebbero recitare una sola poesia in lingua romanì, né citare un solo autore rom o una sua opera; però al giorno d'oggi sembra che tutti sappiano tutto dei rom, tutte verità acquisite attraverso canali non ufficiali: questa non è informazione".

Una cultura, quella dei rom, ancora avvolta nel pregiudizio e nella diffidenza, eppure pregna di tradizioni millenarie, un popolo fiero che come tale cerca di emergere e far valere i propri diritti combattendo gli stereotipi fondati su false piste e manipolazioni.
"Rom non è sinonimo di zingaro e noi non arriviamo in Italia come nomadi - spiega Spinelli - ma come migranti, forzati per giunta, esiliati. Il nomadismo è una forma culturale straordinaria, ma si può applicare ai berberi, ai tuareg, ai beduini del deserto che scelgono quel tipo di vita, ma non ai rom. Ebbene questo presunto nomadismo ancora oggi fa danni all'etnia rom perché tutti sono convinti che noi dobbiamo, e vogliamo, vivere nei campi nomadi, che in fondo ci stanno facendo un favore.

In realtà i campi nomadi non sono altro che una forma di segregazione razziale, di apartheid, indegna di un paese civile e nessuno denuncia questo scempio.
Ed è chiaro ed evidente che nei ghetti non fiorisce il meglio ma il peggio di un popolo: qualsiasi etnia costretta a vivere solo con se stessa tende a deteriorarsi, è un fatto sociologico non culturale.
Gli intellettuali italiani sono stati i primi a combattere per l'abolizione dell'apartheid in Sud Africa, tra i primi a combattere contro la pena di morte, come è possibile che non vedono ciò che sta accadendo sotto i loro occhi? Centinaia di persone, donne, bambini, anziani, privati di ogni diritto, manipolati dalle associazioni di pseudo volontariato, associazioni che si danno all'assistenzialismo più becero per trarre profitto da progetti che tutti pagano.

Tutte queste cose vanno assolutamente denunciate, l'opinione pubblica deve saperle poiché l'opinione pubblica è vittima tanto quanto i rom che sono costretti a vivere nei campi nomadi in condizioni disumane".

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Di Fabrizio (del 05/03/2014 @ 09:01:52, in casa, visitato 1817 volte)

il mattino di Padova 03 marzo 2014

L'allarme di Luigi Bolognani, presidente della Croce Rossa di Padova: "Le pessime condizioni igieniche fanno insorgere malattie da noi scomparse"

PADOVA. Una situazione critica, un'emergenza dal punto di vista delle condizioni igienico- sanitarie e di vivibilità. Stiamo parlando delle circostanze del campo nomadi di via Bassette, dove ad oggi risiedono tre grossi nuclei familiari rom composti da 43 membri, di cui 29 minori. L'allarme lo lancia la Croce Rossa di Padova che mensilmente, in accordo con il Comune, si reca con i suoi volontari all'interno dei campi di via Longhin e via Bassette, dove svolge attività di prevenzione ed educazione sanitaria. Ma se nel caso di via Longhin il contesto è regolare, tanto che il Comune ha contribuito a migliorarne l'aspetto logistico e di conseguenza le condizioni di vivibilità, nel caso di via Bassette la situazione è davvero molto più critica proprio per questa sua condizione di irregolarità.

La Croce Rossa. "Sicuramente il fatto che questi rom vivano in condizioni igienico-sanitarie molto precarie fa sì che si ammalino molto più facilmente e che contraggano anche tutte quelle patologie che per noi sono ormai quasi del tutto scomparse", spiega Luigi Bolognani, presidente della Croce Rossa di Padova. "Le malattie che troviamo più frequentemente sono le parassitosi, come le malattie fungine della pelle o i pidocchi, e le malattie dermatologiche, che venendo poi trascurate si acuiscono e si evolvono nella loro gravità. In più esistono tutte le problematiche legate ai bambini, spesso affetti da infezioni, e alle donne incinte, che non essendo monitorate durante la gravidanza possono incorrere in complicazioni più o meno gravi", continua a spiegare Bolognani, che sottolinea come l'impegno della Croce Rossa sia quello di migliorare, per quel che è possibile, le condizioni di vita dei rom che vivono nel campo. "Fortunatamente negli anni si è creato un rapporto di fiducia tra noi e loro" sottolinea Daniele Gasparini, delegato dell'area sociale del comitato della Croce Rossa di Padova, che spiega come i nomadi vengano aiutati anche all'esterno del campo. "Per tutte quei casi che necessitano di essere seguiti in maniera specialistica, o comunque più di una volta al mese, invitiamo i rom del campo a venire nel nostro ambulatorio di via Croce Rossa, dove a rotazione vengono a visitare diversi medici specialisti. E devo dire che questo sistema sta funzionando abbastanza bene".

Il Comune. Un'emergenza quella di via Bassette che si sta prolungando da qualche tempo, causa la situazione non definita sulle sorti del campo. "Purtroppo attualmente possiamo agire in maniera piuttosto limitata poiché il terreno, come si sa, è di un privato e non possiamo muoverci come abbiamo fatto per via Longhin dove adesso queste persone vivono dignitosamente" spiega l'assessore alle politiche sociali Fabio Verlato. "Ad oggi è in corso una causa su quel terreno. Quello che abbiamo l'obbligo di fare in attesa della sentenza è tutelare il più possibile i minori che ci sono al suo interno attraverso gli interventi sanitari e il supporto scolastico. Non possiamo assolutamente sgomberare il campo senza sapere che fine faranno i minori. Non escludo che in futuro si possa trovare un'altra sistemazione per questi gruppi familiari ma intanto quello che ci preme è garantire i più piccoli".

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Di Fabrizio (del 06/03/2014 @ 09:10:01, in blog, visitato 1365 volte)

Mahalla si allarga all'Europa di Sergio Bontempelli - 4 marzo 2014 su Corriere delle Migrazioni

"Mahalla", storica testata di informazione sulla realtà rom e sinti, diventa un blog internazionale tradotto anche in inglese

Per chi si occupa di tematiche legate alle minoranze rom e sinte, il blog "Mahalla" non ha bisogno di presentazioni: si tratta infatti di una delle principali testate specializzate sull'argomento. Animato dall'attivista milanese Fabrizio Casavola, curato da un'équipe di giornalisti ed esperti, tra i quali spicca il collettivo di Sucar Drom/U Velto (altro blog "storico" dell'universo rom), il sito offre quotidianamente informazioni, notizie, inchieste, comunicati stampa su tutte le vicende che riguardano le comunità romanì, in Italia e non solo.

Negli anni difficili della cosiddetta "emergenza nomadi" - quando il Governo Berlusconi gestiva le politiche sui rom mediante ordinanze di protezione civile, dunque con un approccio di "sicurezza" e di ordine pubblico - Mahalla ha fornito quotidianamente informazioni sugli sgomberi, sulle forme di segregazione e di "razzismo istituzionale" praticate a livello locale, ma anche sulle mille modalità di reazione, di resistenza, di protesta e di indignazione delle società civili.

Così, mentre sui giornali mainstream la "questione rom" era presentata come un "problema" - i rom disturbano, sporcano, sono pericolosi, la "gente" non li vuole, magari rubano anche i bambini ecc. - era proprio su Mahalla che si potevano trovare notizie diverse: dai resoconti puntuali degli sgomberi agli appelli per il rispetto dei diritti umani, dagli allarmi sull'Italia lanciati dalle organizzazioni internazionali alle iniziative delle singole comunità rom e sinte.

Oggi, la cosiddetta "questione rom" è uscita dalle prime pagine dei giornali, e c'è da esserne contenti. Mahalla però non si è fermato, e ha continuato ad arricchirsi di contenuti nuovi. Da qualche tempo, per esempio, al classico blog si sono aggiunte sezioni di approfondimento e di studio: così un'apposita pagina del sito - collegata con la casa editrice Lulu - propone e-book a prezzi contenuti; l'area "documenti" consente di scaricare liberamente rapporti di ricerca, inchieste condotte da centri-studi specializzati, prese di posizione di organismi internazionali e così via; o, ancora, la "mediateca" propone video informativi, musicali e culturali attinenti alle tematiche rom.

Proprio in questi giorni, Mahalla ha compiuto un ulteriore salto di qualità: accanto al blog "nazionale" in lingua italiana, è nato infatti "Mahalla EU", un sito di informazioni e notizie, interamente in inglese, curato da Fabrizio Casavola, Frances Oliver Catania e Martina Zuliani. Come spiega lo stesso Casavola nel video che trovate qui sotto, Mahalla EU vuol essere "un bollettino di notizie dall'Italia, rivolto ad attivisti, organizzatori e decisori europei": in pratica, un modo per far conoscere meglio la situazione italiana agli interlocutori sparsi in tutto il Vecchio Continente.

Non solo. Dalla metà di febbraio il blog si è dotato di un vero e proprio "telegiornale": ogni settimana è disponibile su youtube un video di "Assetto Variabile", una rubrica che racconta le principali novità - sia italiane che internazionali - che riguardano l'universo romanì.

"C'è ancora molto da fare e ancora molto da migliorare", dice Casavola nella seconda puntata di questo originale "TG". Sicuramente tutto è migliorabile: resta il fatto che Mahalla, da sempre punto di riferimento degli attivisti rom e sinti, propone oggi un prodotto nuovo e ancora più ricco. Nel deserto dell'informazione su questi temi, ce n'è davvero un gran bisogno. Buon lavoro alla redazione, dunque, e buona lettura a tutti i frequentatori del sito.

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Di Sucar Drom (del 07/03/2014 @ 09:07:56, in media, visitato 1804 volte)

"Libero" trasforma gli "extracomunitari" in "zingari". E li incrimina per un furto - Pubblicato da associazionecartadiroma il 06/03/2014 In Notizie

E' la notizia di un furto ai danni di una ditta di Padova il cui titolare, alcuni mesi fa, si era suicidato "per la crisi". Un furto di cavi di rame per un valore stimato in 300mila euro: "La mazzata finale", avverte l'occhiello.

Ma chi sono gli autori del furto? Nel breve articolo apparso su Libero il 5 marzo 2014 non viene riportata alcuna ipotesi investigativa. Non c'è alcuna dichiarazione proveniente dalla polizia, o dai carabinieri, tanto meno dalla magistratura. C'è solo una considerazione del presidente della Federcontribuenti che afferma: "Non è un mistero che furti di questo tipo siano iniziati anni fa con l'apertura delle frontiere". E invita a "una riflessione sulle cooperative principalmente da extracomunitari".
Il presidente della Federcontribuenti non dispone di alcun elemento sulla specifica vicenda. Sa solo che "alcuni mesi fa l'azienda si avvaleva della collaborazione di queste cooperative". Ma, aggiunge, "non abbiamo nessuna informazione a supporto della nostra tesi". Affermazioni tutte riportate nell'articolo. Il cui titolo però è: "Zingari svaligiano ditta di un uomo suicida".

In pratica il dubbio - non supportato da alcun elemento investigativo - che gli autori possano essere "extracomunitari" diventa la certezza che si tratti di "zingari". Siamo evidentemente oltre la violazione dei principi di base della Carta di Roma. Qua la violazione riguarda, prima di tutto, le regole di base del giornalismo.

zingari svaligiano ditta di un uomo suicida per la crisi Libero 4.03.2014

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Di Frances Oliver Catania (del 08/03/2014 @ 09:08:26, in Kumpanija, visitato 1972 volte)

In italiano era già disponibile in versione cartacea che in ebook, così ci abbiamo preso gusto, ed ecco la versione in inglese.

Hajrija Seferovic, known as Maria (Bebé to her family) was born to Kalderasha parents in 1938 in the ex Yugoslavian town of Travnik, the first of five children. Her family travelled often in search of ways to earn a living, among other things selling horses, and making copper pots and plates which they would sell in local markets. Maria remembers a difficult but happy childhood living in tents in a large 'Kumpanji'. During these journeys her group came to Italy often. At the beginning of the war in Bosnia , with the help of the United Nations, the family managed to escape. Some went to live in France others to Germany and some to the United States. Maria and her family went to Turin where they stayed for ten years.
by Frances Oliver Catania

And what about You, how many Gypsies do you know? That was the slogan in a UNAR campaign (2012). This little volume doesn't talk about the Roma culture or about the origins of their language or of the persecutions that they have suffered it talks about getting to know each other.
The Roma and the Sinti are among us everywhere in Italy and in Europe, and when allowed to, they work alongside us, and send their children to school with our children. Why should it be different in Pessano con Bornago? How do you think that they can improve their situation if we deny them the possibility to shake off the shackles of poverty?
This booklet tells of a culture that can't be found in anthropological texts, but which lives on a daily basis in this area North East of Milan. In short, for once it doesn't talk about the things that they need (or rather that they have every right to) but of what they can teach us right now if they had the chance, because they are here among us.
Practical evidence: I am sure that all of you (even those who can't stand gypsies) are interested in knowing something about STAYING HEALTHY and FOOD. You will see that even an old Roma grandmother can teach us something.
THAT'S THE FIRST REASON. The second is that this family, who live nearby today (possibly with something to teach us), tomorrow are somewhere else teaching someone else. Whether they live in a caravan or in a house, under a bridge or in an encampment doesn't change a thing about the wealth of knowledge and experience that they have in their culture. Wherever they go, wherever they stop they have to find the possibility of a way to live.
The third point, which is just as interesting, is GAINING SOMETHING (you as much as Maria and her family). We are not asking for charity but for shared respect. As long as people depend on the generosity of others there will always be people on the margins of society, people who are easily got rid of.
If you find what Maria has written interesting, this booklet is not at all expensive for you, and the proceeds will all go to her which will be a significant help to her.
Money is important, sure, but after so much time spent living side by side, more important, with this booklet we can start to build a relationship TOGETHER.
To all you readers, with sincere good wishes that we can travel this road together.
Sastipé, But thaj Baxt savorrenge (Good health, Work and Good Luck to you all)
by Fabrizio Casavola 

Copyright Licenza di copyright standard
Edizione III edizione
Pubblicato 6 marzo 2014
Lingua Inglese
Pagine 29
Formato del file PDF
Dimensioni del file 12.87 MB
Prezzo: € 2,50

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Di Sucar Drom (del 09/03/2014 @ 09:08:49, in blog, visitato 1761 volte)

Il Porrajmos è stata una persecuzione su base razziale
"Per opportuna conoscenza, si ha il pregio di comunicare che la R. Ambasciata a Berlino ha fatto conoscere che, con recente provvedimento, gli zingari residenti nel Reich sono stati parificati ag...

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Milano, pugni per esistere

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Di Fabrizio (del 10/03/2014 @ 09:07:58, in Italia, visitato 1416 volte)

Posted on 6 marzo 2014 su La voce degli attivisti rom e sinti

La storia di una donna rom che vuole cambiare il mondo e battersi per i diritti del suo popolo. Di Pamela Salkanovic.

Mia zia si chiama Dzemila Salkanovic ed è una donna che oggi lavora a Roma come mediatrice culturale. Da piccola abitava in quelli che la gente chiama "campi nomadi" ma, pian piano, ha cominciato a lavorare. Questo le ha permesso di cominciare a uscire dal campo e dalla vita lì dentro, che è molto dura e difficile, come vivere in un ghetto.

Mia zia aveva tre sorelle e quattro fratelli da mantenere. Lavorava soprattutto per loro, da buona sorella maggiore.

A 18 anni ha trovato un impiego come domestica e per lei è stata una grande soddisfazione. Però c'era anche qualcosa che non la faceva stare tranquilla. Le ragazze rom, ai tempi di mia zia, erano abituate a sposarsi a 13-14 anni. Lei, appunto, ne aveva 18 e la gente della sua comunità la giudicava negativamente perché era l'unica tra tutte le giovani ragazze che ancora non si era sposata.

A 23 anni, però, Dzemila conosce quello che sarebbe diventato il suo futuro marito. Dopo non molto tempo i due decidono di sposarsi e vivono in un campo, a Roma, finché non hanno avuto la possibilità di prendersi una casa vera fuori dal campo. Da allora la vita di mia zia è cambiata radicalmente. Ha iniziato a frequentare altri cittadini italiani, non rom, e per lei l'inclusione sociale non era più una chimera.

Ha trovato un bellissimo lavoro come responsabile di una casa famiglia per minori, e ha iniziato a dedicarsi al volontariato. Oggi fa la mediatrice culturale e allo stesso tempo frequenta una scuola per imparare meglio l'italiano.

"Anche se non è stato facile, sono molto soddisfatta di ciò che ho fatto e sto facendo nella mia vita. La vita di una ragazza rom spesso riserva molte insidie. Io lo so ed è per questo che vorrei aiutare altre persone a inserirsi nella società, con tutti gli altri cittadini italiani e di altre nazionalità. Spero che un giorno noi rom non saremo più giudicati per la nostra cultura, per il nostro colore della pelle o degli occhi e che tutti i pregiudizi negativi nei nostri confronti saranno superati per sempre".

Parola di Dzemila, la mia super zia rom...

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Di Fabrizio (del 11/03/2014 @ 09:07:20, in casa, visitato 1746 volte)

Sergio Bontempelli - 10 marzo 2014 su Corriere delle migrazioni

Emarginazione, sgomberi, violazioni di diritti e spese fuori controllo. La politica del Comune di Roma in materia di rom e sinti non è cambiata con la Giunta Marino

Doveva essere la Giunta del rinnovamento, espressione di una politica diversa, di un vero e proprio "cambio di passo" rispetto al passato. Invece, i primi otto mesi di Ignazio Marino al Campidoglio sono all'insegna della continuità con l'Amministrazione Alemanno, almeno per quanto riguarda le politiche in materia di popolazione rom e sinti.

È questa l'accusa che l'Associazione 21 Luglio, una delle sigle più attive e conosciute della galassia romanì, ha lanciato pubblicamente presentando il dossier "Senza Luce: rapporto sulle politiche della Giunta Marino, le comunità rom e sinte nella città di Roma e il Best House Rom".

In effetti, i dati raccolti nel dossier sono impressionanti. A partire dal 12 settembre scorso, con l'intervento nel campo di Via Salviati, la Giunta Marino ha effettuato ben diciassette sgomberi: in media uno ogni quindici giorni. "Si tratta di un numero inferiore a quello registrato sotto la passata Amministrazione", spiega Carlo Stasolla della 21 Luglio, "ma comunque ancora alto e preoccupante per le modalità con cui gli sgomberi sono stati attuati, in particolare per la costante assenza di reali consultazioni con gli interessati".

Eppure, la pratica degli sgomberi è stata oggetto di durissime critiche da parte delle organizzazioni internazionali. "Gli sgomberi non servono", proseguono gli estensori del dossier, "e la stessa "Strategia Nazionale di Inclusione", approvata dal Governo italiano in attuazione delle politiche europee, chiede di superarli".

Come superare i campi? Costruendo altri campi...
Vale la pena soffermarsi proprio sulla Strategia Nazionale di Inclusione: si tratta di un documento che non è giuridicamente vincolante - non è insomma una legge, e nemmeno un'ordinanza, una direttiva o un regolamento - ma che prescrive le politiche da attuare nei confronti delle popolazioni rom e sinte. In particolare, la Strategia chiede di avviare percorsi di inserimento abitativo, lavorativo e sociale, superando le pratiche di segregazione urbana e la logica dei "campi nomadi".

A parole, la Giunta Marino si ispira alla Strategia, e la fa propria. O per meglio dire, si esprime in modo contraddittorio e ambivalente: già, perché le dichiarazioni pubbliche degli amministratori capitolini usano linguaggi diversi. C'è quello del Sindaco Marino, che non si fa scrupoli di associare i cosiddetti "nomadi" ad un problema di "sicurezza" e di ordine pubblico (il 18 luglio, nel suo primo discorso programmatico, il medico prestato alla politica spiegò che "sui nomadi abbiamo avviato una collaborazione con le forze dell'ordine per riportare nei campi attrezzati una situazione di ordine e legalità"). E poi c'è il linguaggio di Rita Cutini, assessora al Sostegno Sociale e alla Sussidiarietà, che invoca costantemente la Strategia Nazionale, parla di inclusione e rilancia la necessità di "superare i campi nomadi".

Il modo in cui l'assessora intende perseguire questi obiettivi è, tuttavia, perlomeno bizzarro. Il 13 febbraio scorso, al Tavolo Tecnico su Rom e Sinti, la Cutini ebbe a dire infatti che "la nostra idea è superare i campi immaginando di creare campi di medie dimensioni". Non è uno scherzo, è proprio così: il Comune di Roma vuole superare i campi costruendo altri campi (sia pure "di medie dimensioni"). Un po' come se uno volesse smettere di fumare accendendosi una sigaretta...

Best House Rom
Ma la vera novità delle politiche capitoline è rappresentata dall'immobile di via Visso, conosciuto col nome un po' beffardo di "Best House Rom" (per chi non sapesse l'inglese, l'espressione suona più o meno come "la miglior casa dei rom"). Si tratta di una struttura di accoglienza, utilizzata già dall'Amministrazione Alemanno, e pensata per collocare famiglie sgomberate dai campi cosiddetti "abusivi".
Qui, dal 16 al 18 dicembre 2013, sono stati trasferiti i 120 rom presenti nel "villaggio attrezzato" di via della Cesarina, mentre il 6 febbraio scorso sono state inserite 47 persone allontanate da via Belmonte Castello.

Le accuse della 21 Luglio sul "Best House Rom" sono circostanziate e durissime. L'immobile è un vecchio capannone industriale, da cui sono state ricavate piccole stanze senza finestre e senza luce naturale (di qui il titolo del dossier, "Senza Luce" appunto). La struttura non è arredata, e gli ospiti hanno a disposizione solo dei letti dove dormire.
"Gli spazi", denunciano gli estensori del rapporto, "sono inadatti e lontani da quanto previsto dalla normativa regionale: ogni nucleo familiare, composto in media da cinque persone, dispone di fatto della sola zona notte, che svolge anche funzioni di zona giorno e studio per i minori, composta da un'unica stanza di circa 12 mq. Ogni ospite, pertanto, ha a disposizione circa 2,5 mq contro i 12 mq indicati dalla Legge Regionale".
Non basta: secondo le rilevazioni effettuate dai tecnici della 21 Luglio, nell'immobile "non sono presenti adeguate misure di sicurezza. La capacità di esodo, in caso di incendio, risulta fortemente limitata per la carenza di adeguate vie di fuga".

Il regolamento interno del centro di accoglienza, infine, è gravemente lesivo dei diritti dei rom. "In teoria", spiegano ancora dalla 21 Luglio, "la permanenza nella struttura non deve essere superiore ai 90 giorni. In realtà, molti degli ospiti accolti a partire del luglio 2012 sono ancora presenti, senza che a loro sia stata formalizzata una proroga. La possibilità di rimanere nel Best House Rom è costantemente minacciata dall'assenza di trasparenza nelle procedure di rinnovo, dalle incertezze sui tempi di ospitalità, dalle clausole di espulsione contenute nel Regolamento. In caso di allontanamento improvviso, le famiglie risultano sprovviste di tutela legale, permanendo così in una condizione di costante assenza di certezza".

Quanto ci costa?
Come spesso è stato osservato, le politiche di segregazione dei rom hanno costi altissimi per il contribuente. Per il solo Best House Rom, il Comune di Roma ha speso 765 mila euro per gli ultimi sei mesi del 2012, e altri 522 mila euro da gennaio a maggio 2013. In altre parole, per il mantenimento della struttura il Campidoglio spende più di 6 mila al giorno. No, non è un errore di stampa: sono proprio 6 mila euro al giorno. Cifre altissime, a cui si devono aggiungere i costi degli sgomberi (secondo alcune stime, 15/20 mila euro per ciascun intervento), e quelle per il mantenimento dei campi e dei villaggi attrezzati.

Siamo di fronte dunque a una politica che produce segregazione, e che costa. Esistono alternative possibili? La 21 Luglio ne ha proposte alcune: la sospensione degli sgomberi, l'avvio di una reale consultazione con la comunità rom e sinti, la chiusura dei campi, l'avvio di un percorso di inclusione sociale e abitativa. Sono le medesime richieste contenute in un documento presentato - all'inizio di Settembre - dall'Arci Solidarietà e dalla stessa 21 Luglio.

"Il documento", spiega ancora Carlo Stasolla, "era rivolto alle autorità locali, al fine di indicare i principi essenziali di una nuova politica. Ma quelle proposte sono rimaste inascoltate, e la risposta del Comune è stata il trasferimento nel "Best House Rom" dei 120 rom presenti nell'insediamento di via della Cesarina". Un po' come dire: non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

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