Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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\\ Mahalla : Storico per mese (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 13/07/2012 @ 09:02:46, in Italia, visitato 1341 volte)
  • 04 luglio 2012 Il giudice di Milano annulla il provvedimento di espulsione per un giovane serbo "nato e cresciuto in Italia". Il 24enne, di etnia rom, era stato trattenuto in un Cie e poi espulso a seguito di una condanna penale. I legali chiederanno la cittadinanza.
  • 06 luglio 2012 A Palermo nasce il centro interculturale per migranti e rom. "Oltre A Vucciria" per offrire percorsi di sviluppo e di crescita della persona ed occasioni di riflessione, approfondimento e lavoro per una reale integrazione socio-lavorativa. 

È "nato e cresciuto in Italia": questo il motivo con cui un giudice di pace di Milano ha annullato il provvedimento di espulsione che aveva costretto un giovane rom ad andare in Serbia, Paese d'origine dei suoi genitori, ma dove lui non era mai stato.
Lo scorso 17 aprile, in esecuzione di un decreto di espulsione del 18 marzo della Prefettura di Milano sulla base di una informativa della Questura, il rom Dejan Lazic, di 24 anni e senza regolare permesso di soggiorno, era stato rimpatriato in Serbia. Nel 2011 era finito in carcere per scontare una condanna definitiva a 5 mesi e all'uscita era stato portato in Questura e gli era stato notificato un primo provvedimento di espulsione. Era poi finito, in attesa di essere mandato via, nel Cie milanese di via Corelli. A fine marzo il giudice di pace di Milano aveva confermato il provvedimento di espulsione, decisione contro cui la difesa, rappresentata dagli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini, ha fatto ricorso.
Nella sentenza presentata ieri dal giudice Claudio Bacherini si evidenzia che Lazic "è cittadino serbo, ma nato e cresciuto in Italia e fratello di cittadino italiano". E inoltre non si è "mai mosso dal suo Paese di nascita". Per il magistrato, dunque, bisogna tener conto del "luogo di nascita", un "comune della cintura torinese bizzarramente localizzato in Serbia" (il riferimento è ad alcuni atti del procedimento di espulsione, ndr). Per questi motivi, secondo il giudice, l'espulsione va annullata per "palese illogicità" e l'atto è "irrimediabilmente viziato per eccesso di potere".
I legali avevano lamentato il fatto che il rom era stato espulso "senza nemmeno attendere l'udienza sul ricorso" segnalando come, in un caso analogo, il giudice di pace di Modena avesse deciso per la liberazione di due fratelli di origine bosniaca che erano trattenuti da oltre un mese nel Centro di identificazione ed espulsione modenese.
Dopo il rientro in Italia, gli avvocati del giovane hanno informato che si avvarranno della sentenza per richiedere la cittadinanza italiana.
(Red.)


Ha ufficialmente aperto i battenti, a Palermo, il Centro istituzionale interculturale per migranti e rom "Oltre A Vucciria". L'iniziativa, promossa dalle associazioni Anolf Palermo e Jus Vitae, è finanziata con i fondi della legge 328/00 e finalizzata a rafforzare ed ampliare i servizi in favore degli immigrati e rom nell'ottica di una integrazione efficace.
L'obiettivo del centro è quello di costituirsi come uno spazio aperto a tutti; sia per i gruppi di migranti, siano essi singoli, famiglie, comunità o associazioni; sia per minori, giovani, adulti e famiglie di origine italiana, capace di offrire percorsi di sviluppo e di crescita della persona ed occasioni di riflessione, approfondimento e lavoro, in un'ottica di costruzione di progetti di vita mirati ad una reale integrazione socio-lavorativa.
Il centro si trova a Palermo all'interno dei locali dell'associazione del dopolavoro ferroviario nei pressi della Stazione ferroviaria Notarbartolo e resterà aperto nei mesi estivi tutte le mattine dalle 8 alle 14, dal lunedì al venerdì (con chiusura ad agosto) e da settembre in poi nei pomeriggi di lunedì, mercoledì e venerdì dalle 16 alle 20. Tutti i servizi e le attività sono realizzate da operatori con pluriennale esperienza specifica nel settore dell'integrazione.
(Red.)

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Di Fabrizio (del 12/07/2012 @ 09:39:04, in Italia, visitato 1372 volte)

L'ASCE (Associazione Sarda Contro l'Emarginazione) e i delegati della comunità ROM di Cagliari, vi invitano
Venerdì 13 alle ore 18.00
al Centro Asce (Teatro all'aperto SIRIO), Statale 387 Km 8 (Strada Monserrato-Dolianova)


per un INCONTRO di tutti i ROM, di tutte le ASSOCIAZIONI democratiche e degli AMICI sotto l'insegna "SIAMO TUTTI ROM"

Con SIAMO TUTTI ROM irrompe sulla scena un nuovo soggetto politico, che, finalmente riconosciuto, parteciperà al primo tavolo comunale di concertazione democratica della storia italiana e di sperimentazione della democrazia partecipata con i cittadini rom. Si attende per il fine settimana la convocazione del primo degli incontri che si ripeteranno fino al necessario. Per raccontarci e valutare la fase, fare proposte, stringere relazioni, immaginare un mondo di solidarietà e giustizia sociale, fare amicizia e festeggiare proponiamo

Al termine cibo, bevande, musica e ancora festa!

Chi ha degli strumenti musicali e vuol suonare, li porti.
Chi vuol portare qualcosa da consumare lo faccia.
Faremo una piccola colletta per eventuali spese e per sostenere il gruppo che si sta occupando degli animali che i rom trasferiti non hanno potuto tenere.

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Di Fabrizio (del 12/07/2012 @ 09:11:19, in Italia, visitato 1924 volte)

Scrivevo, nell'introduzione di Vicini Distanti, che da anni raccolgo "quanti più documenti e testimonianze scritte possibili, sapendo che [la] memoria orale è destinata a soccombere nel confronto con una società esterna molto più numerosa, organizzata e strutturata..." Farò un esempio pratico:

Avrete letto in tanti la notizia, perché sono diversi giornali a riportarla. Tra questi:

Si sa, quando si tratta di elargire soldi con malavoglia, una qualche emergenza più grave ed incombente la si trova sempre. E' normale, succede anche nelle nostre famiglie, alle prese con bilanci sempre più risicati, nel tentativo di far quadrare l'emergenza della bolletta in scadenza con spese che dovremmo programmare in tempi più lunghi. Se la medesima contingenza la applichiamo ad un ambito più "numeroso, organizzato e strutturato" come una Regione, il ragionamento e l'incazzatura del lettore medio saranno di questo tipo: "quei ladri di amministratori danno i soldi agli zingari ladri, e non a noi che siamo nelle tende!"

Che poi, alcuni di questi "zingari" nelle tende ci siano davvero e da più tempo, non è molto importante. L'illusione è il PARADOSSO di uno "zingaro" trattato come in hotel a 5 stelle (nessun riferimento al M5S) ed il cittadino che sarebbe il vero discriminato.

Ora, con tutti i miei limiti, conosco una sola persona che a fine maggio era nel modenese a verificare la situazione effettiva. Scriveva così:

    Il terremoto che da dieci giorni sta flagellando il mantovano, il modenese e il ferrarese, ha colpito anche le comunità sinte e rom. In particolare a Moglia nel mantovano abbiamo cinque famiglie sfollate. A Mirandola le famiglie sinte residenti sono state allontanate dal luogo di residenza per paura di crolli e gli è stata negata qualsiasi tipo di assistenza. Da ieri operatori di Sucar Drom sono presenti nelle zone terremotate per assistere le famiglie.

Le evidenziature in grassetto sono mie. Nel suo rapporto finale del 7 giugno:

    La comunità sinta di Mirandola, che viveva nell'area comunale adesso si è trasferita nel parcheggio dietro al cimitero. Queste famiglie dopo la prima scossa del 20 maggio si erano spostate nella zona dei campi sportivi perchè la struttura in muratura (una vecchia scuola) presente nell'area comunale e a ridosso delle roulotte ha subito delle lesioni. Dopo le scosse del 29 maggio la Questura aveva sgomberato le famiglie dalla zona dei campi sportivi per far posto alla tendopoli ma non ha prestato assistenza alle famiglie indicando un diverso luogo dove poter posizionare le roulotte. Solo dopo alcune ore di giri a vuoto, altre famiglie sinte (giostraie), hanno indicato alle famiglie sinte di Mirandola dove potersi fermare in sicurezza. Nei giorni scorsi è stato chiarita la situazione con la Questura su quei momenti di panico ed emergenza.

Tutto documentato e verificabile. Ma non so come, nessuna delle testate che parlano dei soldi dati a Rom e Sinti, ha rilanciato o verificato le notizie riportate da Mirandola. A voi le conclusioni.

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Di Fabrizio (del 11/07/2012 @ 09:20:03, in conflitti, visitato 1698 volte)

Uno degli arrestati (foto renna) Repubblica.it
I provvedimenti riguardano il clan dei Casella Circone. Il rogo risale al dicembre del 2010. Tra le accuse l'aggravante dell'odio razziale

Diciotto persone, appartenenti al clan camorristico Casella-Circone attivo nell'area orientale di Napoli, sono state arrestate in un'operazione congiunta di carabinieri e polizia. Sono ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsione e danneggiamento seguito da incendio, reati aggravati dal metodo mafioso e da finalità di odio razziale.

Nel corso di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli i carabinieri della Compagnia di Poggioreale e gli agenti della squadra Mobile hanno documentato gli affari illeciti del clan, soprattutto estorsioni a imprenditori della zona, identificato personaggi dediti alla ricettazione e al riciclaggio di auto rubate, nonché accertato, scoprendone i responsabili, i motivi dell'incendio appiccato a un campo nomadi il 2 dicembre 2010 per finalità di odio razziale. Gli affiliati volevano infatti distruggere il campo per evitare che i bambini nomadi continuassero a frequentare le stesse scuole dei figli.

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Di Fabrizio (del 11/07/2012 @ 09:18:09, in conflitti, visitato 1337 volte)

Anarres Riprendiamo, dal sito di Radio Blackout, questo articolo sulle radici profonde del razzismo contro i rom

Nei giorni scorsi la polizia ha arrestato due ultras juventini accusandoli per il pogrom che lo scorso dicembre mandò in fumo le miserabili baracche dove vivevano i rom nel quartiere Le Vallette di Torino.
I due arrestati sono del gruppo "Bravi Ragazzi", una delle poche formazioni ultas juventine di sinistra.

Ricordiamo i fatti.
L'attacco incendiario che il 17 dicembre ha mandato in fumo il campo rom della Continassa a Torino è l'emblema del disprezzo diffuso verso stranieri e immigrati poveri che si allarga ogni giorno di più. Spesso a farne le spese sono i rom.
Siamo alle Vallette. Un quartiere popolare, di quelli dove campare la vita non è mai stato facile. Da un lato il carcere, la discarica sociale dove tanti nati qui finiscono con trascorrere pezzi di vita; dall'altra parte c'è il nuovo stadio della Juve, dove le tensioni sociali si stemperano tra tifo e ginnastica ultrà.
In questo quartiere si è consumato un pogrom.
Una ragazzina racconta un bugia, uno stupro mai avvenuto, punta il dito su due rom, i rom che vivono in baracche fatiscenti tra le rovine della cascina della Continassa.
In questa bugia è il nocciolo di un male profondo. Una famiglia ossessionata dalla verginità della figlia sedicenne, al punto di sottoporla a continue visite ginecologiche, incarna un retaggio patriarcale che stritola la vita di una ragazza. Lei, per timore dei suoi, indica nel rom, brutto, sporco, puzzolente, con una cicatrice sul viso l'inevitabile colpevole.
In pochi giorni nel quartiere cominciano a girare i soliti volantini anonimi dei "cittadini indignati". Da anni in città i comitati più o meno spontanei animati da fascisti, postfascisti e leghisti, soffiano sul fuoco, promovendo marce per la legalità, contro lo spaccio, contro gli zingari. Tutte manifestazioni dalla cui trama sottile emerge la xenofobia, la voglia di forca .
La segretaria dei Democratici torinesi, Brangantini, ha preso le distanze dal corteo indetto per "ripulire" la Continassa, ma quella sera sfilava in prima fila. Con lei c'era tanta "brava gente" accecata dall'odio razzista.
All'arrivo dei vigili del fuoco la folla inferocita li ha fermati a lungo. Ci hanno impiegato tutta la notte a spegnere le fiamme che hanno distrutto il campo.

Quando si punta il dito su un intero popolo, quando tutti sono colpevoli perché due sono sospettati di aver stuprato una ragazza, il passo successivo sono le deportazioni, i lager, le camere a gas. La pulizia etnica. Se sei diverso e povero la tua vita diventa sempre più difficile.
L'estendersi del razzismo e della xenofobia allarga una frattura sociale sulla quale si incardina il consenso verso leggi che annullano anche nella forma l'assunto liberale dell'eguaglianza.
I media fanno la loro parte nel creare un clima di emergenza permanente, accendendo i riflettori sugli immigrati, cui cuciono addosso lo stereotipo del criminale.
I fascisti sguazzano in questo pantano, consolidando la propria presenza attiva, specie in certe zone del paese, ma sarebbe miope non vedere che il male, nella sua terrificante banalità, è ben più profondo. Investe a fondo il sentire comune di interi quartieri, anche tra la gente di "sinistra", come i Bravi Ragazzi della Continassa.
Da anni i pogrom incendiano l'Italia. Bruciano le baracche e corrodono la coscienza civile. Qualcuno agisce, troppi plaudono silenti e rancorosi, certi che saranno più sicuri. Al riparo dalla povertà degli ultimi.

Radio Blackout ne ha discusso con Paolo Finzi della redazione di A, curatore del DVD e libretto "A forza di essere vento" dedicato allo sterminio nazista di rom e sinti.

Ascolta l'intervista
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Di Fabrizio (del 10/07/2012 @ 09:19:37, in scuola, visitato 1702 volte)

immagine da giovannamulas.baab.it

Poiché i genitori non sono più nomadi da un bel po' di tempo, anche quest'estate i bambini rom di via Idro non si sposteranno dal campo.

Cerchiamo per loro giochi, fumetti e libri di narrativa e di attività per le vacanze (anche usati ma in buone condizioni).
Si accettano anche giochi per play station 2 (particolarmente ambiti da un birbante di cui non faccio il nome).

E si accettano anche, perché siamo previdenti e pensiamo già alla riapertura della scuola, quaderni, penne, matite, colori ecc.

Per consegne e ritiri, anche a domicilio in zona 2 (massimo 3), scrivetemi o chiamatemi al 334-3532691, meglio entro la prossima settimana.

Invitandovi a diffondere, vi ringrazio anticipatamente.

Piero

PS: buone vacanze, ovunque le trascorriate. Se a Milano, anche in via Idro al Marina Social Rom.

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Di Fabrizio (del 10/07/2012 @ 09:03:58, in casa, visitato 1923 volte)
Conosco K. da tanti anni. Da piccoli i suoi figli ed i miei condividevano la medesima passione per la pesca ed il calcio.

K. vive in un bel prefabbricato in via Idro, con un giardino accogliente ed una marea di figli e nipoti.

Non credo rinnegherà mai il suo essere Rom, o i cavalli allevati da suo padre, o una vita difficile che ultimamente ha trovato un po' di sicurezza in più. Però, qualche anno fa ha deciso con i suoi fratelli che il campo dove ha abitato sinora non faceva più per lui.

Se volete conoscere tutta la storia, mettetevi comodi, perché c'è parecchio da raccontare:

Tutto cominciò circa sei anni fa, quando una massa di emeriti sconosciuti, tra cui io e lui, provarono a descrivere come avrebbe dovuto essere l'insediamento che loro volevano, e come questo poteva interagire col resto della zona.

Credo che quel progetto non lo vide nessuno di chi avrebbe potuto aiutare gli estensori, e anche K. dopo qualche mese aveva già cambiato idea. Poco importa, qualcosa aveva cominciato a frullargli in testa.

    "...si discute per un mese e alla fine si concorda - vedere come avere un ruolo e un tetto regolare all'interno del parco dove si vive da anni. Il più entusiasta di tutti salta fuori con l'idea di acquistare una cascina in una zona diversa da quella su cui si discute dall'inizio. Da una settimana proviamo a spiegargli che l'idea c'entra come i cavoli a merenda, lui mantiene lo stesso entusiasmo ed è convinto di avere già il finanziamento in tasca. O forse è lui a voler convincere noi."

Nella sua numerosa famiglia allargata c'è chi da anni lavora a tempo indeterminato. Grazie a questa fortuna (che non tutti hanno in via Idro), riescono ad aprire un mutuo ed acquistare una cascina, tutta da ristrutturare. Con l'arrivo del Piano Maroni si apre per loro la possibilità di finanziare la ristrutturazione, con i fondi per i progetti di allontanamento dal campo.

I soldi a disposizione non sono molti, circa 8.000 euro a famiglia, ma tutti assieme, ragionano, ce la si può fare. Intanto si comincia a pagare il mutuo... i mesi passano e i soldi non si vedono. Ci sono le promesse, scritte, e l'impegno che senza un tetto sulla testa (e già: ci sono i muri, ma il tetto fa acqua) e un lavoro in zona (se no, come la paghi la casa?) nessuno si sposta. Meglio vivere la miseria in un campo, pensano, che spersi in campagna; tanto la casa, chi te la porta via? Questa era la situazione circa un anno fa.

Cos'è successo da allora (intanto è passato quasi un anno)?

Ad ottobre scorso, la nuova giunta Pisapia scopre, tra i tanti debiti ereditati dall'amministrazione precedente, che c'è anche quello con K. ed i suoi. Naturalmente, non lo salderà tutto... solo una rata, magari abbastanza da comperare la porta di casa. Ma, vedete, nonostante tutto a K. è andata bene, perché il mese successivo il Consiglio di Stato giudica incostituzionale tutto il Piano Maroni, bloccando (ovviamente) i fondi.

Così ad ottobre insorgono Lega e PdL, accusando la giunta Pisapia di attuare quello per cui il loro centrodestra s'era impegnato (ottenendo anche i finanziamenti da Roma). E il mese dopo protesta il privato sociale, per paura di vedersi soffiare sotto il naso la vacca da mungere. Anche K. vorrebbe protestare (a ragione), ma chi vuoi che ascolti la protesta di uno zingaro?

Sempre ad ottobre, il 24 per la precisione, in mezzo alla tempesta PDL-leghista, esce questo comunicato dell'Ufficio Stampa del Comune di Milano ROM. GRANELLI: "CONTRASTIAMO OGNI GIORNO GLI INSEDIAMENTI ABUSIVI, PRESTO UN PIANO PER LE ASSOCIAZIONI" ("PRESTO" ha significato 9 mesi, non male! ndr.) In coda al comunicato, si legge:

    "Da quando la Giunta Pisapia si è insediata - ha concluso l’assessore - in attuazione del Piano Rom coordinato dal Prefetto - una dozzina di famiglie che vivevano in via Novara (circa la metà) e una decina di quelle che abitavano in via Idro hanno lasciato i loro campi, trovando soluzioni abitative alternative. Una decina di esse ad esempio si sono trasferite in una cascina in provincia di Pavia, reperita sul mercato con l'aiuto del Piano Rom" (sottolineature mie, ndr.).

La decina di famiglie di via Idro, l'avrete capito, erano e sono tuttora sempre nello stesso campo. Ma tre giorni fa, sono andato con K. e G. a vedere lo stato di avanzamento dei lavori, alla fine dell'articolo potete vederlo anche voi. E, ovviamente, in via Idro le famiglie che intendono rimanere, aspettano che partano i lavori di ristrutturazione del campo, e continueranno ad aspettare... finché K. ed i suoi non libereranno lo spazio dove vivono attualmente. Vi lascio immaginare quale sia il livello di convivenza ed esasperazione attuale!

Ma il comune lo ignora (anche se continua a filosofare di sicurezza, inclusione, politiche di convivenza), e ha le sue logiche immutabili, che resistono a destra o a sinistra. Con dicembre, a K. arriva un'ingiunzione di sfratto da parte del comune. Sono scaduti i termini concordati per i lavori e quindi lui e i suoi devono trasferirsi. In uno dei pochi incontri avuti con gli assessori, faccio presente che è il comune a non aver mantenuto i suoi impegni, e che se K. si trasferisse con la famiglia (nel frattempo è arrivato l'inverno, se la cosa fosse sfuggita), in un rudere ancora non ristrutturato, l'autorità locale potrebbe dichiarare inagibile il posto, ed addirittura sottrarre i bambini alle famiglie; insomma: la soluzione proposta sarebbe di "occupare"... casa propria, col rischio di essere sgomberati o beccarsi una polmonite. Mi risponde Majorino (assessore alle politiche sociali, conosciuto come "mister simpatia") che non spetta a me parlarne, e che se vogliono saranno le famiglie stesse a discuterne con i servizi sociali. Quello che probabilmente sfugge all'assessore, è che in realtà la situazione che lui e Granelli si immaginano, non è assolutamente sotto il loro controllo. Comunque, bontà loro, lo sfratto non viene eseguito, ma rinviato di 3 mesi in 3 mesi, sino ad oggi e chissà sino a quando.

I lavori fatti in precedenza nella cascina, nel frattempo sono tutti da rifare, a causa dello stop di novembre e delle infiltrazioni nei mesi invernali. K. ci ha messo anche dei soldi propri (oltre il danno, la beffa) e tutta questa storia gli sembra sempre più quella di un'infinita fabbrica del duomo.

Con la bella stagione, ecco che si ricomincia a parlare di sblocco dei fondi. Ricominciano i progetti, annunciati dagli squilli di tromba della ripresa degli sgomberi (non ho capito ancora il vizio di scrivere di progetti e agire per sgomberi, ma questa è un'altra storia).

Però, se è K. ad attaccarsi al telefono, nella speranza che i lavori concordati riprendano, gli viene risposto che i soldi non ci sono, e poi gli si chiude il telefono in faccia.

K. è rom, come lo sono i rumeni sgomberati in questi giorni. Ma K. ed i suoi hanno una casa, un lavoro, quel briciolo di sicurezza in più che non fanno di loro delle "pezze da piedi" preda della polizia municipale: non è lo zingaro povero e straniero dipinto da stampa e TV. Lui vorrebbe fare quel famoso passo che gli permetta di vivere come tutti, in autonomia, senza dipendere da questo o quello, fidandosi dei nostri accordi che lui ha sottoscritto con amministratori e gestori. Ed invece il rischio è di tornare ancora più indietro di quel poco di sicurezza che ha adesso, nel girone infernale degli SFOLLATI. Si sta convincendo che il comune, i piani nomadi, le associazioni, facciano tutta questa confusione per rispondere solo ai bisogni dei Rom rumeni, e ci si scorda (magari apposta) che esistono anche altri Rom, come lui, che hanno situazioni più complesse, e necessarie di quell'attenzione che sinora è mancata. In poche parole: guerra tra poveri. In altre parole: che fiducia possono avere i Rom ultimi arrivati, in un sistema che può scacciarli o assisterli, come una lotteria, ma che continuerà a trattarli con la massima indifferenza anche se riuscissero a salire qualche gradino nella scala sociale?

K. mi guarda, con la faccia di chi ha perso una bella somma ad una mano sfortunata di poker, si accende una sigaretta... Una volta mi avrebbe detto: "Va beh, facciamoci una birra..." Ma ora K. è cambiato, anzi per dirla tutta è proprio incazzato, e sta pensando che dovrà denunciare pure qualcuno per questa lunga storia.



SIGLA!

Sia chiaro, non diremo MAI dove abbiamo scattato le foto che seguono, col rischio di ritrovare un paese tranquillo assediato da tutti i leghisti del pavese. Anzi, se pensate che qualche foto possa dare degli indizi, segnalatelo che la toglieremo.

CLICCARE SULLE IMMAGINI PER VEDERLE IN DIMENSIONE ORIGINALE


Vista generale del tetto
Particolari frontali
K. dice di aver speso 10 mila euro per le assi del tetto, il risultato è qui sotto
Stanza allagata e altri 5 mila euro buttati via
particolare della parete e del soffitto
pavimento da rifare
muffa sul muro imbiancato da poco

Lavori in corso
Da dentro
Pavimento
Ingresso dal retro (su quel tubo maledetto ho sbattuto la testa due volte)
Vista d'insieme
Particolari


Di fuori la stalla, le assi sono sparite ed è crollata


Le foto qui presentate, ed altre, sono scaricabili (file .zip - 111 MB) QUI
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Di Sucar Drom (del 09/07/2012 @ 09:34:34, in Italia, visitato 1924 volte)

Segnalazione di Sere Bubamara Lupe

5 luglio 2012 di ildisobbedienteweb

"SVEGLIA!!!!! Sono arrivati a San Sperate oltre 400 Rom"

Questo è l'incipit di un volantino che è girato per la cittadina di San Sperate, con il lodevole intento di svegliare la popolazione ignara del grave pericolo.

Un'invasione degli sfollati dell'ex campo nomadi della 554 che si riversa nella cittadina.

È allarme.

San Sperate è una piccola cittadina di circa 7.800 abitanti, il Paese Museo, il paese che ha dato i natali allo scultore Pinuccio Sciola, il paese dei Murales, il paese della cultura.

Arrivano i Rom ed invadono la piccola cittadina.

La notizia rimbalza fra le case, le persone, le strade, i negozi.

Lo sgombero del campo nomadi fra la 554 e Viale Monastir ordinato dal sindaco di Cagliari Massimo Zedda, in ottemperanza al provvedimento del Tribunale di Cagliari, è perentorio: entro il 2 luglio il campo nomadi deve essere liberato.

Riprendendo le parole scritte dal quotidiano L'Unione Sarda del 21 giugno: "Inizialmente una parte della comunità rom si era detta contraria all'ipotesi di vivere in appartamenti perché in contrasto con le tradizioni della loro etnia. Anche per questo in settimana c'era stato un incontro in Comune con il sindaco Zedda: i nomadi chiedevano che fosse messa a disposizione un'area compatibile con i loro usi e costumi. L'abbandono del campo di viale Monastir riguarda tutti i 157 residenti (93 sono minori): molti di loro stanno firmando i primi contratti di locazione in abitazioni private. Qualcuno provvederà a pagare l'affitto con proprie risorse, ma ci saranno in alcuni casi aiuti e contributi da parte di Caritas e Comune".

Quindi, ne deduco che dal 21 giugno ad oggi i Rom sono riusciti a moltiplicarsi, passando da 157 a 400 in poco meno di 10 giorni .

Un rapidissimo calcolo, giusto per capire:

400 – 157 (compresi i neonati) = 243

Insomma, in 10 giorni i nostri 'amici' Rom hanno messo al mondo altri 243 di 'loro'.

Non male come tasso di natalità.

La piccola cittadina di San Sperate è invasa ed il neo sindaco Enrico Collu si dichiara furioso.

Agli organi di stampa dichiara (ovviamente furioso): "Mi chiedo come sia possibile apprendere dai propri concittadini che in paese si siano già trasferite, con l'avallo del Comune di Cagliari alcune famiglie Rom".

Mi sono trasferito a San Sperate circa due anni fa, ho affittato una casa e pur non avendo ancora messo su famiglia non mi è stato chiesto di avvisare il sindaco del mio trasferimento e della mia intenzione di farlo.

Ma ogni paese ha i suoi usi e costumi, forse il neo sindaco Enrico Collu ci tiene a dare il benvenuto a tutti coloro che prendono la residenza e quindi oltre che all'Ufficio Anagrafe occorre passare anche nel suo ufficio per un saluto di accoglienza.

Sono ormai passati due anni, ma domani non mancherò di farlo; anzi invito tutti i nuovi residenti a farlo.


Ma la nostra piccola storia non è ancora giunta all'epilogo.


È stato necessario convocare urgentemente un consiglio comunale aperto alla cittadinanza: è allarme per l'invasione da parte dei Rom nella piccola cittadina di San Sperate!

La popolazione si riversa nell'aula comunale.

Il neo sindaco si schiera a fianco della popolazione allarmata e dichiara: "Si sono create le premesse per una situazione di ordine pubblico che non posso controllare. La situazione che ci siamo trovati davanti è inaccettabile, e ora c'è troppa tensione per consentire l'integrazione. Non ho ordinato nessuno sgombero, non ne è ho l'autorità. Ho solo ascoltato le segnalazioni dei cittadini, e a mia volta ho chiesto una verifica delle condizioni igienico sanitarie degli appartamenti dei rom".

Ma non è tutto, occorre rispondere compiutamente anche attraverso canali informativi non istituzionali e quindi ritrovo le dichiarazioni del neo sindaco anche nella pagina Facebook "San Disperate… San Sperate": "Viste le insinuazioni di chi evidentemente poco conosce il sottoscritto e i fatti, giusto per chiarire due concetti in attesa che trovi il tempo per raccontarvi meglio e più nel dettaglio tutta la questione dirò:
IL COMUNE E IL SINDACO NON SONO STATI INFORMATI DA NESSUNO NE TANTO MENO RESI PARTECIPI DEL PROGETTO CHE IL COMUNE DI CAGLIARI STAVA METTENDO IN ATTO.
Infatti come ho dichiarato a mezzo stampa sono furioso sopratutto perché la nostra comunità è stata coinvolta a sua insaputa in un progetto promosso da un altro comune o anche semplicemente informata. In questo modo siamo stati calpestati e offesi nella nostra dignità. Evidentemente pensano che in sardegna si possa mettere i piedi in testa a chiunque senza possibilità di replica. BENE A SAN SPERATE NON E' COSI!!! E badate bene della questione rom nemmeno arrivo a parlarne perchè già questo mancato coinvolgimento preclude da parte mia ogni dialogo almeno fino a quando la situazione non verrà azzerata.
Aggiungo solo che la nostra piccola comunità ha già tanti problemi e tante vessazioni da parte dei cosiddetti "enti superiori". Non abbiamo soldi per i nostri disoccupati, non abbiamo spazio nella scuola materna per i nostri figli, non abbiamo personale adatto a vigilare e personale qualificato per affrontare problematiche che sono complesse, in poche parole non possiamo farci carico anche di questo problema.
Sopratutto non possiamo farlo al posto di quelli che "scaldano" le loro dorate poltrone al comune di Cagliari (che ha ben altre risorse), in provincia o in regione e non sono mai stati capaci di affrontare e risolvere un problema che và avanti da decenni. Altra cosa che mi dà tremendamente fastidio è che pare venir fuori un'immagine di poca tolleranza da un paese come San Sperate che da sempre è stato avanti nella cultura nell'accoglienza e nella solidarietà e nell'attenzione al sociale. La colpa non è nostra ma di chi ha cercato di imporci le proprie decisioni senza prima coinvolgerci, che ha partorito un progetto che con queste premesse non può che essere fallimentare come la situazione che si è creata a San Sperate dimostra. San Sperate non merita questo"
.

Leggo e rispondo di getto dal mio profilo personale con queste parole:

L'etnia Rom (fonte wikipedia):

Un dato costante della storia del popolo Rom va rintracciato nella persecuzione che hanno sempre subito, la riduzione in schiavitù, la deportazione e lo sterminio.
Lungo la storia che li accompagna fino ad oggi si è protratta nel tempo la diffidenza nata al loro primo apparire nel Medioevo europeo: il nomadismo come maledizione di Dio; la pratica di mestieri quali forgiatori di metalli, considerati nella superstizione popolare riconducibili alla magia; le arti divinatorie identificabili come aspetto stregonesco, ecc.
Di qui la tendenza delle società moderne a liberarsi di tale presenza anche a costo dell'eliminazione fisica. Tutti i paesi europei adottarono bandi di espulsione nei loro confronti, fino alla programmazione del genocidio dei rom, insieme a quello degli ebrei, durante il nazismo in Germania.
Si stima che nel mondo ci siano tra i 12 e i 15 milioni di rom. Tuttavia il numero ufficiale di rom è incerto in molti paesi. Questo anche perché molti di loro rifiutano di farsi registrare come di etnia rom per timore di subire discriminazioni.

La questione Rom è il punto centrale del discorso quindi un 'nemmeno arrivo a parlarne' è semplicemente tentare di nascondere la testa sotto la sabbia, perché se si fosse trattato di terremotati dell'Emilia, rifugiati politici Curdi o bimbi di Chernobyl forse non ci si sarebbe dichiarati 'furiosi' ma ci si sarebbe dichiarati fieri e accoglienti
L''appello accorato ai problemi del paese è degno del miglior Cetto La Qualunque, una botta al 'paese ha già tanti problemi', un'altra all'immancabile problema scuola (il cuore di mamma si intenerisce sempre alle parole 'i nostri figli'), un'altra ancora al lavoro (quando si scrive la parola 'disoccupazione' siamo in tanti a saltare sulla sedia indignati), l'ultima è la bottarella alla 'casta' visto che si scrive di 'enti superiori dalle poltrone dorate'
È vero, 'San Sperate non merita questo' e nemmeno noi cittadini meritiamo questo, un po' più di sostanza.. grazie..



Ma la nostra piccola storia non è ancora giunta all'epilogo.


Questa mattina decido di andare a vedere dov'è questo grande accampamento Rom vicino alla mia nuova cittadina.

Negli articoli dei giornali si scrive di 'terreni vicino all'Emmezeta' ma nonostante il mio affacciarmi al finestrino della macchina per curiosare nelle campagne accanto al centro commerciale, non scorgo nessun accampamento.

Decido di chiedere informazioni.

Fermo la macchina e mi avvicino ad un anziano signore che sta lavorando la campagna.

L'anziano signore risponde alle mie domande:

"Sì, da qualche giorno c'è una famiglia Rom in una casa alla periferia del paese".

Chiedo io: "Una famiglia?"

E lui: "Sì, ma io non so.. una famiglia, forse due, una trentina di persone.. forse..".

Gli chiedo: "Lei cosa ne pensa?"

Mi risponde: "Ieri c'è stata un'assemblea nell'aula del comune, c'era tanta gente.. Io non so, alla fine sono persone come noi, con usanze diverse".


Sì, sono persone esattamente come noi.


Arrivo nel grande accampamento Rom. Fa molto caldo, trovo una famiglia che dialoga, bimbi che corrono e un anziano signore che mi offre una birra fresca.

Ratko Halilovic, conosciuto da tutti come Boban mi presenta la sua famiglia e mi racconta che è qui in Sardegna da 40 anni, sua sorella è nata qui e ha 32 anni, i suoi figli sono nati qui.

Il grande campo Rom è costituito da 14 persone, la famiglia di Boban e quella di suo figlio di 19 anni.

Con l'aiuto della Caritas di Don Marco hanno trovato sistemazione in una casa in affitto alla periferia di San Sperate. Mi dice che hanno stipulato un regolare contratto d'affitto di un anno, mi vuole far vedere il contratto ma io gli rispondo che non è necessario.

Facciamo un giro attorno alla casa, mi indica quello che hanno trovato e quello che hanno sistemato.

Boban e famigliola si sono dedicati alla pulizia della casa e del terreno attorno che era diventato punto di raccolta dell'immondizia di alcuni solerti cittadini di San Sperate; il frutto della civiltà viene sistemato in una decina di grandi buste.

Boban nel mentre che camminiamo, mi dice: "Questa mattina è venuta l'assessore del comune ed io ho chiesto dove potevo portare tutte le buste che abbiamo riempito per non lasciarle buttate qui così, ma non mi ha dato risposta. Io non so dove posso, se c'è un posto io posso portarle perché ho un furgone".

Già, dove poter conferire le buste di questi 'sporchi e immondezzari' Rom?

Mi chiede: "Ma scusa, perché vogliono mandare i vigili sanitari della ASL a controllare la nostra casa e quando c'era la signora che ci viveva prima non li hanno mandati?".

Non ho una buona risposta, ascolto e mi guardo attorno.

La sorella di Boban mi dice: "Noi non vogliamo rubare le case ai sardi, non abbiamo chiesto e non chiediamo niente. Non vogliamo favori, vogliamo semplicemente vivere in uno spazio dove non essere sempre costretti a dover andare via".

Un bambina mi chiede di farle una foto, la moglie di Boban allatta un bimbo sotto il fresco della veranda, tre pappagalli in una gabbia vicino alla roulotte, un cane che corre, abbaia e scodinzola e il padre di Boban che mi sorride con la sua bottiglia di birra in mano.

Questo è il grande accampamento Rom che incute terrore alla piccola cittadina di San Sperate, che ha fatto infuriare il sindaco e che ha riempito le pagine dei giornali isolani di questi ultimi giorni.

Per ultimo, vorrei segnalare la profondità di queste parole scritte da un civile cittadino di San Sperate:

"Se, tra i nostri nuovi vicini ROM, c'e' qualcuno che si occupa di smaltimento di rifiuti ferrosi,sappia che a casa abbiamo un bel po' di PIOMBO!!!!!".


Anche io ho paura, ma di VOI non di LORO.


Forse per farli sentire a loro agio, da paese accogliente (come ci ricorda il nostro primo cittadino) gli abbiamo voluto dare il benvenuto con una montagna di immondizia...

Link utili:

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Di Fabrizio (del 09/07/2012 @ 09:26:15, in Kumpanija, visitato 1691 volte)

Primo evento della rassegna (totalmente autoprodotta ed autofinanziata) HAI MAI PROVATO IN VIA IDRO?

Giovedì 12 luglio  ore 20.00 cena - ore 21.30 proiezione di Gatto Nero Gatto Bianco, di Emir Kusturica
Comunità Rom Harvati - via Idro 62, Milano

Ci voleva un regista come Emir Kusturica, per unire in un film una storia d'amore shakespearina con i tempi delle comiche di un secolo fa. E ovviamente, erano necessari attori e scenografie adeguate.

    Però, però... sino all'anno scorso, consigliavamo di vedere questo film al vicesindaco De Corato. Cambiata giunta e attori, ci tocca segnalarlo con calore e preoccupazione al duo rampante Granelli-Majorino. Vedetelo, e capirete perché nel giocare agli sgomberi con i Rom, saremo noi e non loro a perdere la partita. Ce li ritroveremo sempre tra i piedi: puoi minacciarli, puoi picchiarli... sempre si rialzano in piedi continuando a vivere nel modo che sanno. Insomma, conoscono questo gioco da più tempo di noi. Ma De Corato non volle imparare la lezione (e perse poltrona), chissà che questi due...

La proiezione è gratuita. Si cena in anticipo al Marina Social Rom, primi piatti e piatti freddi estivi, piatti vegetariani e salamelle. Cena SOLO SU PRENOTAZIONE (dati i tempi stretti, confermare QUI le presenze entro martedì 10 luglio). Grazie e buona serata a tutti!

PS: in caso di maltempo, la proiezione si terrà al chiuso presso il centro polifunzionale.

Evento realizzato con la collaborazione di Ernesto Rossi - associazione ApertaMente di Buccinasco

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Di Fabrizio (del 08/07/2012 @ 09:14:58, in casa, visitato 1991 volte)

Segnalazione di IdeaRom onlus

Una città a Parte. L'apartheid dei Rom in Italia - di Francesco Careri (introduzione all'inserto speciale L'abitare dei Rom e dei Sinti, de "Urbanistica Informazioni" n° 238, 2011, pp. 23-25) Articiviche.blogspot.it

In Italia esiste un apartheid strisciante (1), una città a parte che si prepara per quei 35.000 Rom e Sinti che da decenni vivono nei campi - gli altri 90.000 per fortuna vivono in case – con densità da tendopoli d'emergenza, lontani dai servizi primari, controllati da guardiania armata e telecamere a circuito chiuso, con orari di ingresso e di uscita, tesserino con foto e codice a barre, reti di recinzione tutto intorno. Sono un frammento di quell'universo dei campi e delle riserve, che con numeri ancora più esorbitanti abitano il nostro pianeta e su cui è stata prodotta una notevole letteratura: zone definitivamente temporanee dove abita l'umanità in eccesso (2), che si aprono quando lo stato di eccezione diventa regola (3), zone di sospensione (4) in una sorta di transitorietà congelata (5), e che producono sindromi di dipendenza e vite sotto trasfusione (6) città appoggiate per terra (7), città nude (8) abitate da cittadini senza diritti di cittadinanza e quindi senza città, o meglio con una città a parte, separata, tutta per loro, solo per loro.

In Italia nascono come campi nomadi - ufficialmente "campi sosta" - e sono istituzioni regolate, in assenza di un quadro legislativo nazionale, da leggi regionali varate negli anni novanta, una sorta di parcheggi attrezzati immaginati per comunità girovaghe quali erano i Rom e Sinti Italiani ancora negli anni ottanta. Appena finiti di costruire si sono trasformati in insediamenti perennemente temporanei per i Rom in fuga dalle guerre dei Balcani e poi dalle zone depresse della Romania. Si sono evoluti da slums di baracche e roulotte a campi di container agli attuali villaggi, con un crescendo di sorveglianza e di dipendenza dalle istituzioni e una conseguente perdita di autonomia decisionale sulla propria vita.
Anche la storia dell'abitare rom in Italia ha una lunga letteratura, è la storia dell'urbanistica del disprezzo (9) che da secoli li ha cacciati dalle nostre città rendendoli nomadi per forza (10), stranieri ovunque (11), popoli delle discariche (12), figli del ghetto (13). Ma quello a cui si sta assistendo a partire dal 2008 con il commissariamento della "questione rom" (14), è un ulteriore passaggio dalla vecchia politica di emarginazione nelle baraccopoli a quella di istituzionalizzazione di ghetti per i Rom e di veri e propri luoghi di concentramento etnico (16). Il punto da cui partire non può che essere l'attuale scenario di apartheid, e l'obiettivo prioritario è aprire nuove strade per abitare con i Rom (17), guardare insieme a loro oltre i campi (18), superare il dispositivo "campo nomadi", inviso ai Rom e incapace di costruire città e cittadinanza.

Il fine che ci siamo posti con la presente raccolta di articoli è quello di stimolare gli urbanisti italiani ad affrontare il tema dell'abitare dei Rom e dei Sinti con maggiore consapevolezza quando lo incontrano nei loro lavori professionali. I campi nomadi infatti, che siano baraccopoli informali o campi istituzionali, si trovano sempre in zone instabili, in margini urbani dove a un certo punto non possono più stare perché sono in programma nuove trasformazioni. La prassi allora è far arrivare le ruspe, spostare i Rom, creare un nuovo campo più lontano, con l'alibi che sono nomadi e una casa non gli serve. Tutto ciò viene vissuto da chi pianifica la città con un misto di naturalezza e distacco, come una questione con complesse implicazioni antropologiche sociali e politiche. Se come cittadini non riusciamo a riconoscere i nostri pregiudizi e la nostra ignoranza in materia, come urbanisti non ci sentiamo all'altezza di affrontare un problema così intricato e, incapaci di assumere una propria posizione, accettiamo i consigli degli esperti, dei servizi sociali, quando non dei politici guidati da convenienze elettorali e pressioni di "comitati di cittadini". Non è un caso che quello dell'abitare dei Rom e dei Sinti sia un aspetto della città sempre demandato, quando non direttamente alle prefetture, all'assessorato ai servizi sociali e mai all'assessorato all'urbanistica. Del resto quel campo da cancellare non figura neanche nelle carte e il nuovo campo continuerà a non figurarvi, sarà spostato dove ha deciso il sindaco di turno, il più lontano possibile dalla vista dei suoi elettori, magari andando ad ingrandire un campo esistente per non perdere voti in altri quartieri. È cosi che si creano i megacampi che daranno megaproblemi in futuro, sia ai Rom che a tutti i cittadini. E tutto ciò spesso avviene senza interloquire con chi pianifica il territorio e potrebbe proporre altre soluzioni.
Si è voluto qui raccogliere diversi tipi di materiali: sulla creazione e progettazione dei campi, sulla storia degli sgomberi in relazione con la speculazione edilizia, su numeri e costi riguardanti i campi attrezzati, sul rispetto delle legislazioni regionali. Ma soprattutto abbiamo creduto importante far conoscere le politiche utili a far uscire i Rom dai campi, perché siano proposte nel ventaglio a disposizione degli amministratori: percorsi di inserimento nell'Edilizia Residenziale Pubblica (19), di sostegno all'affitto privato (20), di legalizzazione e recupero dei campi informali (21), di microaree per gruppi familiari allargati (22), esperienze di autorecupero e di autocostruzione assistita (23) su terreni edificabili, casali abbandonati, fabbriche dismesse, immobili sequestrati alla criminalità organizzata.

Gli articoli che proponiamo disegnano infatti un quadro italiano desolante, ma con alcune lodevoli eccezioni. Claudia Mascia racconta di una Europa caratterizzata in larga parte da alloggi in case popolari, e approfondisce due casi: la Francia con 17.365 posti caravan in 729 aree per le Gens du Voyage , ma anche con i nuovi Villages d'Insertion che sembrano prendere a modello i tristi Villaggi della Solidarietà di Roma. E il Portogallo dove il Parque de Nómadas di Coimbra ospita i ciganos, in vista del re-insediamento in alloggi del comune a prezzo agevolato. Alexander Valentino ricorda come "il nomadismo sia un fenomeno quasi estinto in Italia ed che si debba parlare di mobilità di persone, o gruppi, all'interno della Comunità Europea", denuncia il ruolo complice delle associazioni umanitarie, e ci racconta di come nell'area napoletana diverse comunità italiane un tempo integrate come i cilentani, i Sinti vesuviani, i napulengre e i rom giuglianesi oggi si trovino in gravi difficoltà perché i loro mestieri non vanno più al passo con la globalizzazione. Ma ci fa ragionare anche su come le cronache romana hanno avuto attraverso i media effetti nefasti a chilometri di distanza. Un esempio è il Campo della Favorita di Palermo descritto da Simone Tulumello dove "le condizioni sono precipitate negli ultimi anni caratterizzati da un totale disinteresse istituzionale e da una cresciuta attenzione politica", nel totale vuoto normativo siciliano in cui i campi non esistono seppure insediati da oltre vent'anni. Anche il campo di Cagliari è uno di questi, si chiama "campo SS 554", il nome della statale. Barbara Cadeddu racconta le sue vicende e propone l'arte come mezzo per scardinare il pregiudizio e per offrire alla città la possibilità di mostrarsi in tutte le sue contraddizioni, come in due documentari che raccontano storie di vita di bambini di periferia, Rom e Gagè, tutti figli dell'indifferenza e del silenzio.

Ma dall'Italia arrivano anche buone notizie. Stefano Petrolini porta l'esempio di Trento dove i kosovari arrivati negli anni novanta hanno trovato posto nell'Edilizia Residenziale Pubblica e dove una nuova legge provinciale introduce per la prima volta in Italia le "Microaree" o "Aree Residenziali di Comunità", destinate a piccoli nuclei di famiglie allargate. Francesco Piantoni racconta dei percorsi di superamento dei campi del piano di Bologna, volti a "stabilizzare le condizioni abitative dei nuclei con sufficiente reddito, assegnando loro alloggi reperiti sul mercato privato tramite un contratto di sublocazione e un affitto agevolato". E ci descrive dall'interno l'appassionante esperienza della Piccola Carovana che lavora all'interno dei campi per preparare i nuclei familiari all'uscita, e segue l'ingresso in case non più reperite dal Comune sul mercato privato e "calate dall'alto", ma "accompagnando le famiglie nella ricerca della loro futura abitazione in maniera autonoma, di modo che possano prendere coscienza fin da subito dei costi, delle spese, delle zone". Da Torino Massimiliano Curto e Cristian Anastasio dell'Associazione Terra del Fuoco, con un articolo ricco di dettagli e di dati, descrivono l'esperienza del Dado, una delle più interessanti pratiche di autorecupero in un condominio misto di Rom, rifugiati politici e giovani volontari, realizzato a costi assolutamente contenuti (238 €/mq) con un risparmio del 30% rispetto a un cantiere tradizionale.

C'è infine il caso Roma, dove il nuovo sistema di apartheid è in piena sperimentazione, e l'unica risposta positiva sembrano essere le occupazioni a scopo abitativo. Gli articoli raccolti costruiscono una critica al Piano Nomadi che ha fissato un numero massimo di 6000 Rom sul territorio comunale e si è concentrato nello smantellamento dei campi abusivi, nella riduzione del numero di presenze e nel concentramento degli sfollati in villaggi dove le condizioni di vita sono spesso al di sotto degli standard abitativi stabiliti dalla legge, e addirittura di quelli utilizzati della Protezione Civile per disastri come inondazioni e terremoti. Giacomo Zanelli analizza le relazioni tra la speculazione edilizia e la localizzazione dei campi approfondendo i casi di Via di Villa Troili, via dei Gordiani e Camping Roman River, mentre Cecilia Sgolacchia fa un attenta analisi dei fondi investiti per costruire e gestire i campi e conclude che se fossero stati investiti in edilizia pubblica, oggi più di 8000 Rom potrebbero vivere nelle case popolari.

Ma anche a Roma alcune buone pratiche hanno cominciato a manifestarsi. L'esperienza di Savorengo Ker raccontata da Azzurra Muzzonigro fa comprendere come i Rom del Casilino 900 sono stati in grado di produrre una loro risposta per il loro abitare, attraverso un processo di autocostruzione creativa inventato insieme a Stalker/Osservatorio Nomade e l'Università di Roma Tre, che ha dato vita a una casa in regola con le normative edilizie e che costa un terzo di un container. Mentre Francesca Broccia e Adriana Goni Mazzitelli raccontano dell'esperienza del Metropoliz, una ex fabbrica occupata da migranti provenienti dall'Africa, dal Sudamerica e dall'Europa dell'Est , che ha accolto diverse famiglie di Rom Rumeni che con grande consapevolezza politica hanno deciso di sottrarsi ai campi. Il Metropoliz, come il Dado di Torino, ci sembrano indicare una nuova strada capace di superare non solo il campo ma anche la logica monoculturale dell'abitare Rom fino ad oggi data per immutabile. Dalle queste esperienze, seppur molto diverse tra loro, si può desumere infatti un modello di "Condominio Interculturale" aperto ai Rom, ai migranti e a chi si trova in condizioni abitative precarie, ma anche a studenti fuorisede e giovani volontari in grado di accompagnare e sviluppare virtuosi processi di autocostruzione edilizia e autogestione sociale, per costruire insieme non più ghetti ma nuovi pezzi di città.

note:

1) La parola "apartheid" in africaans significa "separazione", comincia ad esistere di fatto quando nel 1909 il Regno Unito promulga il South African Act escludendo la popolazione nera dal processo decisionale di creazione dell'Unione Sudafricana ed entra in vigore come sistema di segregazione etnica nel 1948, quando il National Party vince le elezioni. Di "creeping apartheid" scrive Oren Yiftachel, Theoretical Notes on 'Gray Cities': The Coming of Urban Apartheid?, "Planning Theory" 2009, vol. 8, n. 1, pp. 88-100.

2) Federico Rahola, Zone definitivamente temporanee. I luoghi dell'umanità in eccesso, ombre corte, Verona 2003.

3) Giorgio Agamben, Homo Sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Einaudi, Torino 1995, p. 188.

4) Alessandro Petti, Arcipelaghi e enclave. Architettura dell'ordinamento spaziale contemporaneo, Bruno Mondadori, Milano 2007. Petti a pag 24 cita Aleksander Solzenicyn, Arcipelago Gulag, Mondadori, Milano 1974. " Arcipelago si incunea in un altro paese e lo screzia, vi è incluso, investe le sue città, è sospeso sopra le sue strade, eppure alcuni non se ne sono accorti affatto, moltissimi ne hanno sentito parlare vagamente, solo coloro che vi sono stati sapevano tutto."

5) Di frozen transiente scrive Zigmut Bauman, In the Lowly Nowervilles of Liquid Modernity, "Ethnography" vol. 3, N. 3, 2002, pp. 343-349; "una transitorietà congelata, un perpetuo, duraturo stato di temporalità, una durata fatta di tanti momenti rappezzati tra loro" in Zigmut Bauman, La società sotto assedio, Laterza, Bari 2003, p117.

6) Michel Agier, Au bord du monde, les refugiés, Flammarion, Paris 2002, p.85.

7) Olivier Razac, Storia politica del filo spinato. La prateria, la trincea, il campo di concentramento, ombre corte, Verona, 2001, pp. 42-43: "I campi non sono costruiti per durare. In ogni caso non si tratta di edificare o fondare. Un campo, anche se immenso, non deve penetrare la memoria di un luogo, è lì senza esservi realmente, la sua furtività è dovuta al fatto che è solo appoggiato sulla terra, come una tenda che da un giorno all'altro può essere tolta."

8) Camillo Boano e Fabrizio Floris, Città nude. Iconografia dei campi profughi, Franco Angeli, Milano 2005, p.

9) Piero Brunello (a cura di), L'urbanistica del disprezzo. Campi rom e società italiana, Manifestolibri, Roma 1996

10) Krzysztof Wiernicki, Nomadi per forza. Storia degli zingari, Rusconi, Milano 1997.

11) Andrea Brazzoduro e Gino Candreva (a cura di): Stranieri Ovunque. Kalè, Manouches, Rom, Romanichals, Sinti… «Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale» n° 19, 2009.

12) Leonardo Piasere, I Popoli delle discariche, Cisu, Roma 1991.

13) Nando Sigona, Figli del ghetto. Gli italiani, i campi nomadi e l'invenzione degli zingari, nonluoghi libere edizioni, Divezzano 2002.

14) Nel 2008 il Governo Italiano presieduto da Romano Prodi ha dichiarato lo "stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle Regioni Campania, Lazio e Lombardia" (prorogato ed esteso attualmente anche alle regioni Veneto e Piemonte) e i Prefetti di Napoli, Roma e Milano sono stati nominati dal Ministro degli Interni Giuliano Amato "Commissari Delegati per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza".

15) Nicola Valentino (a cura di), I ghetti per i Rom. Roma Via di Salone 323. Socioanalisi narrativa di un campo rom, sensibili alle foglie, Roma 2011.

16) Associazione 21 Luglio, La casa di carta. Il Centro di Raccolta Rom di via Salaria 971. Roma, rapporto presentato alla Facoltà di Architettura di Roma Tre il 30 maggio 2011. Tra i report presentati recentemente ricordiamo: Ass. 21 luglio: Esclusi e ammassati. Il Piano Nomadi di Roma: un muro che divide i bambini dai loro diritti; Ass. 21 luglio, Report Casilino 900. Parole e immagini di una diaspora senza diritti; Amnesty International, Lasciati Fuori. Violazioni dei diritti dei Rom in Europa; Amnesty International, La risposta sbagliata. Italia: il "piano nomadi" viola il diritto all'alloggio dei Rom a Roma.

17) Tommaso Vitale (a cura di), Politiche possibili. Abitare le città con i rom e i sinti, Studi Economici e Sociali, Carocci, Roma 2009. Nel campo delle politiche vedi anche: Tosi A., Cambini S., Sidoti S., Esperienze innovative per l'abitare di Rom e Sinti, in Atlante dell'alloggio sociale in Toscana, Fondazione Michelucci e Arci Toscana, Firenze 2006; Tosi A., Rom e Sinti: un'integrazione possibile, in Giovanna Zincone a cura di, Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati. Secondo rapporto sull'integrazione degli immigrati in Italia, Il Mulino, Bologna 2000.

18) Lorenzo Romito, Oltre i campi. Note per una politica integrata di emancipazione abitativa, civile, culturale, economica e sociale dei Rom in Italia, a partire dal superamento dei campi nomadi, "Roma Time" n° 5, 2009, http://dl.dropbox.com/u/4394790/compl.pdf. Sul lavoro di Stalker /ON con i Rom vedi Francesco Careri e Lorenzo Romito, Roma, una città senza case, un popolo senza terra, in Aldo Bonomi (a cura di), La Vita Nuda, Triennale Electa, Milano 2008, pp.105-115;

19) Si ricorda che la legge n.179 del 17 febbraio 1992, "Norme per l'Edilizia Residenziale Pubblica" nell' Art. 4. sotto il titolo "Quota di riserva per particolari categorie sociali" asserisce che le Regioni, nell'ambito delle disponibilità loro attribuite, possono riservare una quota non superiore al 15 % dei fondi per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di problemi abitativi di particolari categorie sociali individuale, di volta in volta, dalle regioni stesse. La Regione Lazio con la Legge 788 del 20 febbraio 1996, nell' Art. 4.3 sotto il titolo: "Programmi per categorie speciali", menziona esplicitamente i Rom tra tali categorie a cui assegna una quota di ERP pari all' 11%. (Delibera 1105 del 1995).

20) Sono diverse le organizzazioni di volontariato e le associazioni che attualmente stanno abbandonando la gestione dei campi e della scolarizzazione per concentrarsi sul lavoro di accompagnamento fuori dai campi. Tra gli articoli presentiamo il caso della Piccola Carovana di Bologna, ma è utile ricordare anche il programma Le città sottili condotto dalla Fondazione Giovanni Michelucci nel 2007 per il Comune di Pisa.

21) In campo internazionale un quadro di riferimento di eccellenza si trova nelle linee guida attraverso cui l'OSCE - ODIHR e UN-Habitat recuperano gli insediamenti informali Rom nel sud-est europeo: 1 - Perimetrazione e legalizzazione degli insediamenti spontanei; 2 - Legalizzazione di parcelle e case singole, attraverso una mappatura qualitativa dello stato di fatto; 3 - Miglioramento e implementazione degli insediamenti esistenti con opere di urbanizzazione; 4 - Nuove costruzioni per affrontare i problemi abitativi non legalizzabili; 5 - Istituzione di processi partecipativi per sviluppare gli insediamenti nuovi ed esistenti. Vedi: Vladimir Macura, Housing, urban planning and poverty: problems faced by Roma/Gypsies communities with particular references to central and eastern Europe, CDMG, Consiglio d'Europa, Strasbourg 1999; Vladimir Macura, Inclusion of Roma population through housing and settlements improvement, in : A.A., Four strategic themes for housing policy in Serbia, UN Habitat, SIRP, Belgrade 2006, pp.26-45.

22) Esempi validi sono quelli della microarea per i Sinti di Bressanone (Bolzano) e i villaggi di Guarlone (Firenze) e di Coltano (Pisa) progettati dalla Fondazione Giovanni Michelucci. Vedi: Corrado Marcetti., Tiziana Mori., Nicola Solimano (a cura di), Zingari in Toscana. Storia e cultura del popolo Rom. Zingari e comunità locali. I campi nomadi e l'urbanistica del disprezzo. Orientamenti per soluzioni abitative diversificate, Pontecorboli, Firenze 1994; Città di Bolzano, Fondazione Giovanni Michelucci, La città accogliente. Studio per un programma di superamento dei campi nomadi e delle situazioni di precarietà abitativa tra le popolazioni di Rom e Sinti a Bolzano, Bolzano 2005.

23) Oltre a quella del Dado di Torino e di Savorengo Ker a Roma, che qui riportiamo, si ricorda il Progetto Sperimentale di Autocostruzione "Il villaggio della speranza" del Comune di Padova, finanziato con fondi europei e coofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nel 2010.

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