Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Di Fabrizio (del 13/01/2011 @ 09:13:29, in Kumpanija, visitato 1453 volte)
Buongiorno,
mi chiamo Simona e lavoro per una compagnia teatrale di Como, TEATROGRUPPO
POPOLARE, presente da anni sul territorio della provincia con proposte legate a
temi di interesse sociale e culturale: la compagnia nasce come associazione, con
l'obiettivo di promuovere una cultura di pace e rispetto delle diversità,
valorizzando l'incontro con l'altro attraverso una relazione mediata dal
linguaggio teatrale.
Tanti sono gli interrogativi che stimolano la nostra ricerca, tante le
perplessità che dialogano con la nostra "artistica" razionalità nel quotidiano
lavoro di messa in scena della vita che ci circonda e delle storie che la
animano.
Vi scrivo per sottoporre alla Vs. attenzione uno spettacolo teatrale che ci
accompagna da qualche anno, ma che - drammaticamente - rimane attuale e
significativo giorno dopo giorno.
Il titolo dello spettacolo è "La
farfala sucullo" (premio "Teatro e Shoà" 2007): ambientato in un
campo di concentramento, vede il protagonista zingaro raccontare la propria
vicenda di reclusione personale affiancato da un musicista (cantante del gruppo
Sulutumana -
www.sulutumana.net) e il suono di una fisarmonica. Lo spettacolo non
richiede particolari strutture o spazi dedicati e si presta a essere messo in
scena anche presso istituti scolastici.
E' una rappresentazione molto suggestiva, che nell'alternarsi di parole e
musiche riesce a trovare un canale comunicativo coinvolgente e partecipato: una
proposta culturale che possa offrire conoscenza e quindi muovere le coscienze,
perché il razzismo nasce in maggior luogo là dove si ignora. In
allegato la scheda tecnica.
Per approfondimenti e curiosità, invito a visionare il sito nel quale trovare
informazioni sugli spettacoli (ci sono anche alcuni stralci video dello
spettacolo in questione), oltre che la storia e i riferimenti dettagliati sulla
compagnia.
Vi ringrazio per l'attenzione e rimango in attesa di un gentile riscontro
Ad agosto 2010Hugo Höllenreiner ricevette una lettera incoraggiante.
Diceva: "Lei ha lasciato un appartamento in affitto ad
Ingolstadt,
ora abbiamo per lei una casa adatta. La lettera arriva dall'impresa
cattolica Sankt
Gundekar-Werk Eichstätt, che sta costruendo a Ingolstadt-Hollerstauden 142
appartamenti, 127 dei quali sono alloggi popolari.
Ciò che suona come un avviso di consegna è, tuttavia, per Peter-Stephan
Englert amministratore delegato della St. Gundekar-Werk, solo "una lettera di
vendita", inviata a tutti e 500 che avevano prenotato, personalizzata con nome e
indirizzo. La pubblicità pare necessaria: i primi appartamenti dovrebbero essere
abitati a marzo 2011, essendo pronti, ma sono stati siglati solo 45 contratti.
Per Hugo Höllenreiner non ci sono appartamenti disponibili.
Höllenreiner ha 77 anni, nel 1943 con la sua famiglia - sono Sinti - fu
deportato nel campo di concentramento di
Auschwitz.
Lì Höllenreiner dovette subire le "visite" del famigerato dottor Josef Mengele.
Ne patisce tuttora le conseguenze fisiche e mentali, è considerato disabile
grave.
Non lo sembra: Höllenreiner è un bell'uomo con i capelli bianchi, che va a fare
una passeggiata con indosso un completo grigio chiaro ben curato.
A novembre ha ricevuto un'altra lettera: "Siamo spiacenti di informarla che la
sua domanda per i nostri appartamenti non può essere presa in considerazione".
In precedenza a sua nipote, che vive con lui, era stato promesso a voce un
appartamento.
Peter-Stephan Englert [...] ha detto della sua richiesta: "Il signor Höllenreiner
ha 77 anni, si dovrebbe rivolgere all'assistenza sociale".
Dagli anni '90
Höllenreiner gira la Germania in qualità di testimone. Viaggia molto, parla
regolarmente in occasione di eventi commemorativi a Dachau,
Auschwitz-Birkenau e Bergen-Belsen. La sua storia è stata pubblicata in un libro
e ha ottenuto un premio per la letteratura infantile. La sua storia è stata
raccontata nelle scuole di Ingolstadt. Là vive assieme alla nipote e alla
pronipote in un appartamento, che ora per loro è troppo caro. Perciò, alla fine
del 2009 si iscrive a St. Gundekar-Werk. Nel novembre 2010 viene comunicato a
sua nipote che non ci sono più appartamenti liberi.
"E' una brutta storia," dice Englert. E dice anche di essere timoroso,
perché gli Höllenreiner "non nuotano nell'oro". Una volta che si omette lo
stipendio, perché si avrebbe un caso di assistenza, l'ufficio avrebbe dovuto
ordinare un appartamento più piccolo ed economico, e gli inquilini si sarebbero
dovuti spostare di nuovo. "Vogliamo anche proteggere i nostri inquilini".
Englert fa riferimento all'età di Höllenreiner, perché gli appartamenti non
erano adatti per inquilini bisognosi di cure o su sedie a rotelle.
Höllenreiner, la nipote Silvana Lauenburger e sua figlia hanno un permesso di
soggiorno. Così Lauenburger si presenta a St. Gundekar-Werk, dicendo che
loro vorrebbero vedere un quadrilocale. Più tardi, sembra, che l'appartamento
fosse troppo grosso per le tre persone ed i particolari del contratto non erano
soddisfacenti. "Ho chiesto allora un trilocale, ma il mediatore ha detto che
erano andati tutti".
Per i Sinti non c'è alcun punto di riferimento
Lauenburger si sente discriminata; ritenendo di non ottenere l'appartamento,
soltanto perché Sinti. Anche la loro figlia e nipote non hanno avuto nessun
appartamento da
St. Gundekar-Werk.
Non ci sono a Ingolstadt riferimenti per i Sinti nei bisogni sociali, come in
grosse città come Norimberga o Monaco. Silvana Lauenburger si è dunque rivolta,
così dice, ad Andreas Lehmann, sindaco di Ingolstadt. Una volta aveva mostrato
rispetto per suo zio, andandolo a trovare in ospedale. Ma [stavolta] non aveva
voluto riceverla.
"La discriminazione non è con noi", ha detto il sindaco, riferendosi al corpo
sociale urbano. Anche St. Gundekar-Werk in settembre ha firmato un impegno
volontario per combattere la discriminazione.
Parlando dello sviluppo a Ingolstadt-Hollerstauden, Englert ha detto che si
dovrebbe fare attenzione alla selezione degli inquilini. Per questo ha
incaricato un libero professionista "che ha talento nella selezione degli
inquilini". Così il nuovo sistema automatico di ventilazione non era adatto a
tutti. Gli appartamenti sono "case a basso consumo energetico", finanziati dallo
stato. Se si rivelano troppo moderni, si rivolgono a lui per chiedere una casa
tradizionale "siamo così flessibili". Però ad Höllenreiner ed alla sua famiglia
non è stata offerta alcuna alternativa.
L'edilizia popolare è finanziata dal ministero degli interni. Qui non c'è un
distaccamento che controlli l'assegnazione degli alloggi popolari. Chi si sente
discriminato, riceve aiuto dall'agenzia anti-discriminazione di Berlino. Si
verifica spesso che vi si rivolga per la ricerca di appartamenti, ha detto Jens Büttner
dell'agenzia anti-discriminazione. In particolare, si sentono svantaggiate del
mercato immobiliare, persone dal cognome che suona straniero o coppie
omosessuali.
EMAJ MagazineRom in Turchia, integrazione attraverso la musicadi Adi Halfon | Foto di Margarita Tomo
Turchia. Il sole del mercoledì mattino splende sui vecchi affollati
edifici di Bostan, un povero quartiere della città di Istanbul. Molti Rom vivono
in quest'area. La sala da tè "Nazlitas" sta in una delle piccole vie. Dentro ci
sono circa una dozzina di Rom, seduti attorno a semplici tavoli, che giocano a
backgammon, bevono tè e guardano la televisione. L'atmosfera nel locale è molto
da uomini e un po' rude. Non hanno un lavoro normale. Alcuni di loro sono
disoccupati, alcuni vendono fiori o lustrano scarpe per vivere. Altri sono
musicisti. Questo lavoro sembra essere molto popolare in questa comunità.
Non è facile essere Rom a Istanbul. Non solo che la maggior parte di essi
appartengono ad una bassa classe sociale e spesso si sentono discriminati. "Ogni
volta che c'è un furto, la gente da subito la colpa a noi", dice uno dei ragazzi
della sala da tè. "Ma ancora", continua, "siamo fedeli alla Turchia. La sentiamo
come la nostra terra. I nostri ragazzi fanno servizio nell'esercito turco, siamo
Rom e Turchi nello stesso momento". Un altro ragazzo interviene: "Mio zio fa
servizio nell'esercito, aveva un alto rango. Tuttavia, una volta che l'esercito
ha scoperto che era Rom, gli è stata negata la promozione ed è stato respinto.
Alla sala da tè
C'è qualcosa di interessante con il popolo Rom nella sala da tè. Sono tutti
desiderosi di parlare, di far sentire le loro lamentele. Tuttavia, non si fidano
dei media. Nessuno degli uomini ha accettato di dire i propri nomi, come se
qualcosa accadrebbe loro come risultato. "Giornalisti turchi sono arrivati in
questo quartiere ed hanno fatto foto, ma nulla è cambiato", dicono. A casa di
Kazim Turkmen, il 56enne leader di una delle comunità Rom, sono state dichiarate
cose simili. "Voi arrivate qui a chiedere domande sulla nostra vita", dice
Sengul Turkmen, moglie di Kazim, "ma poi andate e scrivete solo quanto siamo
poveri."
Nella sala da tè, uno dei ragazzi più anziani racconta la storia della sua vita.
Ha 57 anni, e ha iniziato a suonare quando ne aveva 13. É figlio di un
musicista, ed ora anche suo figlio segue la sua strada. "Qui la gente mantiene
l'occupazione dei loro antenati", dice uno di loro. "La conoscenza di come fare
musica veniva tramandata da padre in figlio. Oggi abbiamo capito l'importanza
dell'istruzione. Mio figlio, ad esempio, studia musica all'università." Ciò che
dice sembra essere vero, tutti gli uomini a "Nazlitas" sono relativamente
anziani, eccetto uno. Ozgur Akgul, un 32enne esperto di musica Rom, è d'accordo.
"Puoi sicuramente notare che la nuova generazione dei musicisti Rom sta
diventando sempre più professionale".
Ozgur Akgul
Turkmen stima che circa il 75% della sua comunità suona. "Per molti di loro",
dice, "la musica non è l'unica occupazione, dal momento che non guadagnano tanti
soldi da essa. Anche cosi, la musica è un modo per guadagnarsi da vivere, ed
anche qualcosa che la gente apprezza fare". Akgul dà un'altra spiegazione a
queste cifre incredibili: "I musicisti Rom si stanno integrando nella società
turca molto meglio di qualsiasi altro Rom", dice, "perché c'è un alta richiesta
di musica. Alcune dei loro tradizionali mestieri, come fare i cesti, non sono
più pertinenti. La musica, d'altro canto, è qualcosa che la gente ascolterà
sempre." Akgul sta girando un film documentario sui musicisti Rom, che uscirà il
prossimo marzo. La sua tesi di laurea è stata sulla musica e sull'identità Rom.
"Quando la musica è iniziata ad essere un'industria, c'era una grande richiesta
di nuovi cantanti. Allora i turchi hanno scoperto i cantanti Rom", dice. "La
musica aiuta i Rom a cambiare la loro immagine negativa. Una volta che i
musicisti Rom diventano popolari, stanno cambiando gli stereotipi che la gente
ha verso di loro", rivendica Akgul. Dà un esempio: "Alcuni dei cantanti Rom non
sottolineano la loro origine, a causa di questi stereotipi, e a volte cambiano
persino il loro nome di famiglia in uno turco", ammette Akgul, "tuttavia, c'è un
popolarissimo cantante Rom chiamato
Husnu Senlendirici, che ha mantenuto il suo
nome e sempre dà enfasi alla sua origine. Lui ha aiutato molto il cambiamento
dell'immagine dei Rom.
Le canzoni Rom contengono molta satira e sarcasmo, soprattutto su questioni
relazionali. I cantanti Rom, sembra abbiano influenzato il mercato. "Il ritmo di
9/8, che è chiaramente di stile Rom, è divenuto estremamente popolare in
Turchia", rivela Akgul. Ma non tutto risulta essere positivo. Nel processo
d'integrazione nella società, la comunità cerca di adattarsi ai cambiamenti di
stile di vita. " Ero in Grecia, e non riuscivo a comunicare con i Rom locali
perché non conosco la lingua Rom", si lamenta una persona della sala da tè, "i
Rom greci mi ha detto che non sono un vero Rom".
Kazem Turkman
Turkmen sente che anche il mondo non è più quello di una volta. "Il ruolo di un
leader della comunità è molto tradizionale. La nostra comunità ancora ne ha uno,
dal momento che la mia comunità mi rispetta per essere un attivista per la
comunità stessa", dice, "in altre comunità non ci sono più leader. Sono
sostituiti da organizzazioni che aiutano la gente nei loro bisogni quotidiani".
E nonostante il processo d'integrazione, i Rom rimangono una minoranza che
continua ad avere bisogni sociali. "Perfino ad Istanbul", dice Turkmen, "alcuni
vivono nelle tende nelle periferie della città".
La musica conduce verso l'integrazione. E l'integrazione crea dei problemi. Ma
se tali problemi possano minacciare i Rom o no, nessuno nella comunità avrebbe
osato pensare di fermare la creazione di musica. "Condivido l'idea
d'integrazione attraverso la musica, aiuta le persone a comunicare tra di loro",
conclude Turkmen, "dopo tutto, il ruolo dei musicisti nella società è
insostituibile".
Bresciaoggi.itE adesso Brixia Sviluppo deve rimborsare i sinti
Il terreno di Guidizzolo
Brixia Sviluppo dovrà forse restituire i 2.200 euro di caparra che erano
stati dati dalle famiglie sinti di via Orzinuovi per l'area di Guidizzolo nel
Mantovano.
La vicenda è nota e ha messo a rumore la politica bresciana: a fine 2009
Brixia Sviluppo, società controllata dal Comune al 100 per cento, acquista per
150mila euro un'area edificabile di 500 metri quadrati a Guidizzolo. Obiettivo
dell'operazione è rivendere l'area a un prezzo vantaggioso ad alcune famiglie
sinti del campo di via Orzinuovi che, in questo modo, lascerebbero il capoluogo
e si trasferirebbero a Guidizzolo. Nei piani del Comune di Brescia questa
dovrebbe essere solo la prima di una serie di permute con acquisto e successiva
rivendita di terreni che dovrebbe portare alla chiusura del campo di via
Orzinuovi.
L'OPERAZIONE Guidizzolo, in realtà, si arena ben presto, a causa della
protesta degli abitanti e dell'Amministrazione (di centrodestra) del Comune del
Mantovano, i quali, di avere come vicini di casa i sinti bresciani, non ne
vogliono proprio sapere. Erigono muri, arano i terreni, deliberano atti
amministrativi per impedire che nell'area (edificabile) possano esserci case
mobili. La mobilitazione nel comune virgiliano occupa le cronache a cavallo tra
gennaio e febbraio scorsi.
Risultato: la palla torna a Brescia, con però un nodo in più. Brixia Sviluppo ha
già venduto l'area alla famiglia Quirini. L'accordo prevede il pagamento di 300
rate mensili per 25 anni da 512 euro ognuna (in tutto fanno 153.720 euro,
128.100 + Iva, esattamente il costo dell'area), una caparra iniziale di 2.200
euro, la clausola che senza il pagamento di tre rate l'area torni di proprietà
della società controllata del Comune di Brescia.
COSÌ ACCADE puntualmente: i sinti, quando vedono quanto accade a Guidizzolo
(con tanto di atto amministrativo che vieta l'accesso delle case mobili) si
chiedono perché mai dovrebbero acquisire quell'area e infatti non pagano.
L'area torna dunque nella piena disponibilità di Brixia Sviluppo, ma resta il
nodo della caparra. È dei Quirini, ma i soldi li ha in cassa Brixia Sviluppo che
ora, per provare a vendere l'area ad altri privati (presumibilmente non sinti),
ha bisogno di una liberatoria. Firmata da chi? Dai Quirini ovviamente, i quali
però - lo hanno fatto sapere nei giorni scorsi - daranno la liberatoria solo se
avranno indietro i soldi della caparra. Non si sa se con gli interessi o meno.
Nel frattempo, tramontato il piano acquisto/rivendita di terreni, l'opzione
di riserva ideata dal Comune è stata la sottoscrizione del «Patto di
cittadinanza» con i sinti di via Orzinuovi. L'accordo, sottoscritto un paio di
mesi fa, prevede la bonifica dell'area (costo in carico all'Amministrazione:
circa 150 mila euro) e il pagamento da parte di ogni famiglia che vive nel campo
di una cifra forfettaria di 150 euro mensili per i consumi elettrici.
I LAVORI DI BONIFICA sono iniziati da un mesetto e dovrebbero concludersi
entro poche settimane. Le famiglie che vivono nel campo sono venti (formate da
70 adulti e 35 bambini). Di queste, cinque famiglie dovranno andare via entro
febbraio. Due o tre famiglie, che hanno disabili o anziani ultra 75enni,
andranno in case popolari, altre due o tre si trasferiranno nel campo di via
Borgosatollo.
Il campo di via Orzinuovi, sull'area che rientra fra gli snodi stradali della
Piccola Velocità, dovrebbe essere lasciato libero entro un anno. Le 15 famiglie
sinti del campo dovrebbero finire nel campo di via Borgosatollo, per il quale è
prevista una futura bonifica. E i rom di via Borgosatollo? Alcuni si sono già
trasferiti in case popolari del Comune, altri dovrebbero andarci in futuro.
Tratta dalla raccolta
Fiabe
Zingare di Alberto Melis
La versione originale di questa breve fiaba dei Boyàs argentini (i Ludar),
raccontata da Jorge Emilio Nedich, è stata pubblicata su "Lacio Drom". Nello
stesso numero della rivista è presente anche la versione in lingua boyàs, cioè
in rumaneàste, e una breve nota di Jorge M.F. Bernal (Lolo).
QUESTA È UNA STORIA molto triste, ma è una storia vera. Così raccontava mio
nonno, perché lui c'era.
C'era dunque una volta, in un paese lontano lontano, una famiglia di Ludari a
cui nacque un bambino. Ma era così piccolo e malaticcio, uno scricciolino tutto
occhi e niente ciccia, che i suoi genitori temevano morisse prima ancora di
mettere i primi denti e prima ancora di masticare il primo pane.
Il padre allora chiamò una vecchia, una di quelle che vedono le cose che devono
restare nascoste (come le maledizioni dette sottovoce o le disgrazie tra capo e
collo), per capire se c'era una possibilità che sopravvivesse.
La donna, dopo aver preso in braccio il piccolo, scosse il capo e disse: –
Vostro figlio morirà.
Il padre però non volle rassegnarsi.
– C'è qualcosa che io possa fare – chiese – qualsiasi cosa, per impedire che
muoia?
– Forse sì – rispose la vecchia. – Prendi uno stivale di pelle di capra e
riempilo di tè. Poi prendi uno degli stampi con i quali fabbrichi i tuoi mattoni
e mettici dentro lo stivale. Riempilo d'argilla e mettilo a cuocere al sole.
Quando il sole l'avrà indurito metti il mattone con dentro lo stivale di pelle
di capra pieno di tè nella culla del bambino.
Il padre seguì il consiglio della vecchia. Prese lo stivale di capra più ampio e
robusto che riuscì a trovare e lo riempì di tè. Poi mise lo stivale dentro uno
stampo per costruire i mattoni (il più ampio e robusto che riuscì a trovare) e
coprì tutto con l'argilla. Lo mise al sole, e quando il sole l'ebbe indurito per
bene, lo infilò dentro la culla del bambino.
Proprio come aveva detto la vecchia la magia funzionò. Perché il piccolo zingaro
non solo non morì, ma crescendo divenne anche un ragazzo bello e intelligente.
La famiglia di Ludari riprese così a viaggiare per il mondo, e viaggiando
viaggiando capitò in un deserto molto grande e caldo, dove non cresceva un filo
d'erba, e dove non scorreva un filo d'acqua.
Sotto il sole che batteva e batteva, un accidente di sole tondo e sordo, il
ragazzo cadde ammalato, dicendo che se non avesse bevuto almeno un po', di
sicuro sarebbe morto.
Il padre e la madre, al suo capezzale, piansero a lungo e si disperarono.
– Cosa possiamo fare? – chiese l'uomo a sua moglie.
– Dovremmo dargli un po' d'acqua chiara e dolce…
– Ma la nostra provvista d'acqua è finita – ribatté sconsolato l'uomo.
– Allora di certo morirà.
Fu solo in quel momento che l'uomo si ricordò dello stivale di pelle di capra
pieno di tè.
Cercò il mattone d'argilla e lo spezzò. Ma lo stivale di pelle di capra, che
ormai era tanto vecchio e rinsecchito, si polverizzò nelle sue mani: e il tè si
disperse nella sabbia del deserto.
Fu così che il ragazzo morì e la sua famiglia lo pianse.
Però il terreno dove era caduto il tè rimase umido e fresco. I Ludari scavarono
un pozzo e trovarono una sorgente d'acqua.
E ancora oggi, quando una famiglia di Ludari passa per quei luoghi, racconta la
storia del ragazzo e dello stivale di pelle di capra pieno di tè.
Anche mio nonno c'è passato, e così mi ha raccontato: «Qui un giovane Ludar ha
smarrito la vita, ma al suo posto ha lasciato la sorgente d'acqua più chiara e
dolce del mondo».
Nell'ambito delle manifestazioni per il Giorno della Memoria 2011 sono in
programma quattro incontri sui temi della cultura e dell'attualità Rom in
Italia, con uno sguardo sulle politiche di maggior successo per un'integrazione
nel rispetto delle differenze.
L'iniziativa è promossa dalla Fondazione Anci Ideali (Fondazione Europea delle
Città) ed è realizzata dall'associazione RomSinti@Politica in collaborazione
con le più importanti federazioni delle associazioni Rom, enti locali ed altre
organizzazioni italiane ed europee (in Spagna, Belgio e Romania). Capofila
dell'intero progetto è Cittalia (Fondazione Anci Ricerche).
A Torino l'organizzazione dell'iniziativa è curata da IDEA ROM ONLUS in
collaborazione con il Museo Diffuso della Resistenza e con il patrocinio del
Comune e della Provincia di Torino.
Il corso è rivolto ad amministratori e funzionari pubblici, ONG che lavorano con
i Rom, rappresentanze ed associazioni di Rom, scuole (dirigenti, docenti,
studenti interessati), giornalisti e professionisti dei media. Beneficiari
diretti dell’azione sono i Rom che vivono nei territori coinvolti mentre quelli
indiretti sono i cittadini nella loro generalità.
Il modulo formativo è gratuito e prevede i seguenti incontri:
Venerdì 28 gennaio 2011 ore 15/18 - Sala Colonne Palazzo Civico, p. Palazzo di
Città 1 - Torino Risoluzione dei conflitti, stereotipo e pregiudizio: il ruolo degli schemi
cognitivi e dei processi di categorizzazione. Conducono il dott. Gabriele Guazzo (coordinatore del progetto – Cittalia) e
il dott. Dimitris Argiropoulos (Università di Bologna). Presenta l'incontro e
modera gli interventi il prof. Nanni Salio (Presidente del Centro Studi
"Domenico Sereno Regis" di Torino).
Venerdì 11 febbraio 2011 ore 15/18 - Museo Diffuso della Resistenza, c.
Valdocco 4/A - Torino Legislazione locale, regionale, nazionale ed europea su discriminazione e
razzismo. Conduce il dott. Marco Brazzoduro (Università di Roma). Presenta l'incontro
e modera gli interventi il dott. Lorenzo Trucco (Presidente nazionale dell'ASGI
- Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione).
Venerdì 25 febbraio 2011 ore 15/18 - Museo Diffuso della Resistenza, c.
Valdocco 4/A - Torino Identità: storia, politica e cultura. Conduce il dott. Nazzareno Guarnieri (presidente Federazione Romanì).
Presenta l'incontro e modera gli interventi don Fredo Olivero (Responsabile del
Servizio Migranti della Caritas Diocesana di Torino).
Venerdì 11 marzo 2011 ore 15/18 - Sala Colonne Palazzo Civico, p. Palazzo di
Città 1 - Torino Mediazione culturale e partecipazione attiva: metodologia e progettualità. Conducono il dott. Nazzareno Guarnieri (presidente Federazione Romanì) e il
dott. Dimitris Argiropoulos (Università di Bologna). Presenta l'incontro e
modera gli interventi il dott. Filippo Furioso (Dirigente Scolastico
dell'Istituto Comprensivo "Leonardo da Vinci" di Torino).
Di Fabrizio (del 10/01/2011 @ 09:21:37, in media, visitato 2117 volte)
7 gennaio 2011 Siccome si sa che gli zingari rubano i bambini, allora Denise Pipitone può
essere anche quella ragazzina ritrovata nel 2008 in Grecia. Così almeno dicono
durante Quarto Grado, condotta da Salvo Sottile, nel servizio di ricostruzione
del caso di Denise, dove affermano testualmente che in Grecia viene ritrovata (e
si mostrano le foto) una ragazzina rom che somiglia tantissimo alla scomparsa,
ma poi la zingara che la conduceva per mano "scompare nel nulla con la bimba, la
cercano in tutti i campi rom ma non la trovano".
Mica vero. Era stata ritrovata sull'isola di Kos una bimba di otto anni che
somigliava a Denise, scomparsa quattro anni fa (il 1 settembre 2004) a Mazara
del Vallo mentre giocava in pieno giorno nel giardino della sua casa. L'Interpol
aveva anche arrestato una donna di trent'anni (una rom albanese) che si faceva
passare per la madre della bimba, ma non parlava italiano. A portare gli agenti
dalla bambina, una turista italiana che aveva acquistato da lei un braccialetto
era rimasta colpita dalla somiglianza. Così almeno era stata raccontata la
storia, con dovizia di particolari fantasiosi, dai giornali italiani il giorno
prima. Il giorno dopo, la doccia fredda: l'esame del Dna ‘scopre' che la bimba
era proprio figlia dell'albanese che diceva di esserne la madre. Tu guarda il
caso, alle volte.
La polizia ha fatto sapere che dall'esame del dna è emersa "una compatibilità
ereditaria" tra la bambina e la zingara albanese arrestata, che aveva sempre
affermato di esser sua madre. "Al 99% non è Denise bensì la figlia
dell'albanese" dicono dalla Grecia dopo avere avuto i risultati, ancora
informali, dell'esame. "I risultati ufficiali li avremo domani, attendiamo
ulteriori disposizioni della magistratura"
scriveva il Giornale. A Mediaset si vede che, a distanza di due anni, ancora non
se ne sono fatti una ragione.
In una videolettera al sindaco di Firenze Matteo Renzi, al sindaco di
Sesto Fiorentino Gianni Gianassi e al presidente della Regione Toscana
Enrico Rossi.
Ecco il testo della videolettera che ho scritto:
Caro Sindaco di Firenze Matteo Renzi, sindaco di Sesto Fiorentino Gianni
Gianassi, presidente della regione Toscana Enrico Rossi, ho deciso di rivolgermi
a voi con questa videolettera.
E' freddo. In questi giorni di gennaio il clima è rigido. Una banalità
metereologica che per alcuni rappresenta la differenza fra la sopravvivenza e
l'abbandono della vita.
"E' il suo tempo", dicono i saggi, "è inverno", e conformano le azioni al clima.
D'inverno non si semina e non si ara la terra, la si lascia riposare. A gennaio
non si dovrebbero abbattere baracche travestite da case senza prevedere un
alloggio alternativo per i suoi abitanti Rom. Eppure è quello che rischia il
campo di Quarracchi. Due baracche sono state distrutte nei giorni scorsi e sei
delle persone che vi abitavano le sto ospitando nel mio minuscolo teatro, Cabina
Teatrale; con l'aiuto di don Alessandro Santoro e della Comunità delle Piagge.
Vi chiedo una dichiarazione dello stato di emergenza che permetta alla
protezione civile di aprire un tendone riscaldato, almeno per il periodo
invernale.
Non voglio credere a chi dice che la vita degli esseri umani senza tessera
elettorale non vi interessa. Io credo invece che l'abbiate in testa ma non
abbiate trovato la strada per incrociarla con il cuore.
La politica che sogno non raccoglie voti dalla disgregazione del tessuto
sociale, ma rammenda le ingiustizie intrecciando la speranza al cambiamento.
Matteo Renzi, Gianni Gianassi, Enrico Rossi, in più occasioni avete mostrato di
apprezzare le raccolte fondi a favore dell'ospedale pedriatico Mayer. Anch'io
guardo con ammirazione e gratitudine a questo ospedale d'avanguardia per i
nostri figli, per questo vorrei che consideraste la possibilità di evitare che
altri bambini rom possano essere costretti al ricovero per mancanza di una
struttura di emergenza che permetta loro, cittadini del mondo, di ripararsi dal
freddo.
Se davvero un bambino rom vale come un bambino italiano, non c'è motivo per cui
non permettiate al vostro pensiero di fidanzarsi con l'accoglienza.
La povertà non si ferma con una ruspa e non si estromette dalla storia
edificando un muro. Io so che alcune di queste scelte sono politicamente
difficili, non sono facili, ma quelle vite, quelle esistenze, hanno la feroce
urgenza dell'adesso.
Non c'è libertà se Firenze sceglie la guerra contro i suoi abitanti costruendo
un sistema di privilegi basato sull'esclusione.
Non c'è sicurezza, nello scegliere la guerra contro chi arriva in Italia per
lavorare ed è costretto ad elemosinare un briciolo della nostra felicità.
La democrazia non si esaurisce nello svolgimento delle elezioni, ma si
concretizza nella costruzione di una società che ponga le persone prima degli
oggetti, la vita prima della "roba".
Oggi mi piacerebbe respirare il sudore delle migliaia di giovani che nel
novembre del 1966 arrivarono a Firenze per spalare il fango e i detriti della
più grande alluvione capitata nella città di Dante.
Abbiamo bisogno della solidarietà espressa da quei tanti fiorentini che
abitavano sopra e nei pressi del carcere delle Murate e che quel giorno
d'alluvione accolsero i detenuti nelle loro abitazioni, dopo che le guardie
aprirono le celle perché non facessero la "fine del topo".
Oggi abbiamo bisogno delle Chiese, che aprano le porte delle canoniche e la casa
del Signore.
Oggi vorrei rivivere la decisione di quel circolo Arci che aprì i suoi spazi al
primo piano per ospitare in salvo le mucche degli allevatori.
Anche oggi abbiamo bisogno di quelle stanze, anche se non sono le mucche, a
dover essere salvate. Possiamo riuscirci scrollando dalle nostre spalle l'apatia
dell'indifferenza, del "vorrei ma non posso", del "non tocca a me" o del "ma
cosa vuoi che possa farci?"
Li chiamano "zingari", ma io in quelle persone, in quelle mani grandi, gonfie di
vita, in quei tagli alle dita, in quelle ferite ai polpastrelli, riconosco le
mani di mio nonno contadino. In quello strenuo attaccamento alla vita, in quella
lotta per la sopravvivenza riconosco l'urgenza del nascere di ogni bambino.
E in quelle braccia, in quelle gambe, in quegli occhi, in quel naso, riconosco
l'unica razza, quella umana.
Non è impossibile. E' necessario, costruire un'accoglienza.
Ed è questo quello che vogliamo. Per noi, per tutti noi.
Di Fabrizio (del 09/01/2011 @ 09:36:59, in scuola, visitato 1687 volte)
CorriereFiorentino.it Una storia dove tutti sembrano più buoni, un po' da
libro Cuore, ma tocca accontentarsi, e buon ritorno a scuola
Un ragazzino di dieci anni scrive al sindaco: «Non potreste mettere più
pulmini, così anche noi rom possiamo andare a scuola come gli italiani?»
«Caro sindaco, ho 10 anni e abito al campo rom del Masini, vicino al viadotto
Indiano. Faccio la quinta, e la scuola mi piace. Però c'è una cosa che mi
dispiace molto: il pulmino ci porta a scuola solo alle 10 ed il pomeriggio
dobbiamo andare via prima, così perdiamo quasi tre ore di lezione al giorno».
Inizia così la lettera inviata a Matteo Renzi da un bambino rom. Una missiva
che, ieri mattina, il sindaco ha menzionato come uno dei più bei ricordi del
2010. Parole, quelle del piccolo studente di una primaria fiorentina, che hanno
sortito quasi subito l'effetto sperato. Il Comune ha infatti provveduto a
potenziare il servizio dei cosiddetti pullman gialli, consentendo così al gruppo
di alunni di arrivare in orario.
«Vado anche abbastanza bene, sono il più bravo della classe nel calcolo mentale
- scrive Marco (nome di fantasia ndr) al sindaco - io cerco di studiare, ma
tante volte arrivo a scuola e non capisco di cosa parlano perché hanno già
incominciato da un'ora. Non potreste mettere più pulmini, così anche noi rom
possiamo andare a scuola come gli italiani?» . Una richiesta a cui il sindaco ha
risposto dopo poche ore: «Ho chiesto all'assessore all'educazione, di provare a
vedere se riusciamo a migliorare il servizio. Mi raccomando: tu continua a
studiare alla grande!» . Soddisfatto anche il preside della scuola, Doriano
Bizzarri: «Andiamo fieri di questo progetto organizzato assieme al Quartiere 4
e, nonostante i primi disagi, siamo soddisfatti della risposta del Comune -
spiega- un ottimo presupposto per favorire l'integrazione, non solo a parole» .
Il trasporto scolastico che serve i campi rom della città rientra infatti in un
progetto più ampio, che prevede la distribuzione omogenea dei bambini e dei
ragazzi su tutto il territorio comunale, evitando che certi istituti si
trasformino in ghetti. «A moltissimi dei bimbi rom piace molto venire a scuola
ed è difficile che vi rinuncino- ragiona il preside Bizzarri - oltretutto, in
questo modo, dopo continueranno a frequentare le medie della stessa zona, perché
non si vogliono staccare dagli amici delle elementari» . Una buona notizia, che
si conclude con le parole tipiche della dolcezza disarmante di un piccolo
studente: «Caro sindaco, io sono un bambino rom e tu sei una persona importante
eppure mi hai risposto. Ti voglio dire che il servizio è migliorato molto. Anche
i miei amici sono contenti. Loro non lo sanno che è perché ti ho scritto, non
l'ho detto, ma io lo so. Farai il sindaco per molto tempo vero?» .
E' morto a Roma per una grave forma di tumore Paolo Pietrosanti, membro del
Consiglio Generale del Partito Radicale Nonviolento, transnazionale e
transpartito. Nato nel giugno del 1960, giornalista e scrittore, è stato storico
militante e dirigente radicale sin dalla fine degli anni '70. Iniziò il suo
impegno politico partecipando attivamente all'organizzazione delle iniziative
antimilitariste e nonviolente dei Radicali e della Loc (Lega degli Obiettori di
Coscienza) negli anni '70 e '80, subendo anche un arresto a Comiso. Autore di
analisi e documenti sulla nonviolenza e sulla lotta al razzismo e
all'antisemitismo, è stato tra i più grandi diffusori in Italia del pensiero di
Gandhi e Martin Luther King, autore tra l'altro di pubblicazioni, libri,
interventi sui metodi della disobbedienza civile e della nonviolenza passiva. E'
stato più volte candidato tra i capilista radicali alle elezioni europee,
politiche e amministrative. Tra i principali temi che da sempre hanno
caratterizzato il suo impegno, la campagna per la salvezza dalla pena di morte
in Usa di Paula Cooper, quella per i diritti del popolo Rom, le azioni contro le
dittature comuniste dell'Europa centro-orientale. Per queste ultime in
particolare fu arrestato a Varsavia nel 1986 e subito dopo espulso. E' stato
rappresentante all'Onu dell'Unione Internazionale dei Rom, oltre che Presidente
onorario della prima organizzazione europea del popolo Rom. Tra i promotori del
Partito Radicale Transnazionale alla caduta del muro di Berlino, si trasferì dal
'90 al '93 a Praga, dove nacque un nucleo molto attivo di radicali impegnati sui
temi transnazionali.
A causa della malattia perse la vista e dal 2000 si è battuto per la
trasmissione della cultura e dei testi in formato audio-digitale a beneficio dei
non vedenti, alla cui conclusione positiva dette un contributo determinante
durante l'ultimo Governo Prodi, quando ebbe l'incarico dal Ministero dei Beni
Culturali di trattare con gli editori la relativa convenzione.
E' possibile portare l'ultimo saluto presso la Clinica Villa Speranza (Via
della Pineta Sacchetti, 235 – Roma) fino alle ore 12 di sabato 8 gennaio. I
funerali si svolgeranno in forma strettamente privata.
Prossimamente verrà svolta a Roma una cerimonia laica in sua memoria.
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