Rom e Sinti da tutto il mondo

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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 18/01/2011 @ 09:38:29, in Italia, visitato 2047 volte)

Circa due mesi fa ho conosciuto Davide Castronovo, coordinatore del presidio sociale presso il campo sosta di via Chiesa Rossa. E' seguita il mese scorso una visita al campo, e l'ultimo fine settimana ci siamo ritrovati con la famiglia Frosh per una chiacchierata, a cui ha collaborato anche Davide.

Da subito si sono mostrati interessati a questo blog e alle notizie che pubblico. Mi fanno vedere un computer portatile. Si collegano a internet con la chiavetta.

Alex (30 anni): Perché la rete telefonica non funziona mai. Ci sono delle capocchie sigillate, come a Venezia, ma sono sempre allagate lo stesso.

Quando è nato il campo c'erano l'ing. Luigi Pagnoni, il dottor Prina e Carlo Cuomo, ma c'erano solo le piazzole, la strada era già asfaltata.

Abbiamo chiesto la linea telefonica e ci hanno risposto: "Ma volete anche il telefono??" (ride)

Giuliano (suo padre): La nostra lingua è romanés harvato, istriano, tutto misto.

Siamo arrivati a Milano nel 1968, eravamo in via Negrotto, che è stato il primo campo a Milano. Poi siamo andati, abusivamente, in via Castellamare, ed infine in via Giovanni Fattori dal 1978. Sempre nella stessa zona.

Alex: Fino al 20/2/2000, quello lo ricordo bene.

Giuliano: Quando siamo arrivati, lì c'era una discarica, abbiamo spianato, buttato la ghiaia, e poi andavamo in comune a chiedere di darci l'acqua e la luce. Aprivamo un tombino e si prendeva l'acqua, ho preso anche una denuncia per questo...

Dopo 20 anni ci hanno dato una fontana e un allaccio volante per tutti. L'acqua arrivava col contagocce.

Eravamo circa 160.

Nel 1968 il comune aveva aperto una specie di cantiere solo per i nomadi, all'epoca davano 500 lire al giorno. Abbiamo sistemato la Montagnetta, giardini, tagliato l'erba, e poi i marciapiedi in Bovisa, a Quarto Oggiaro e in via Console Marcello.

Lavoravamo un po' tutti, il problema è che tra noi si parlava nel nostro dialetto e la gente ci identificava come zingari, anche se non facevamo niente di male. Questo succede anche oggi.

E poi allora c'era una cooperativa, veniva al campo per l'ingaggio e ci davano dei soldi, in nero, naturalmente. Io ho lavorato con loro anche se ero minorenne. Era meglio di adesso, perché allora c'era lavoro per tutti.

Allora volevamo veramente integrarci, ma non ci siamo mai riusciti. Quando si scopriva che eravamo rom, le ditte ci mandavano via. Ho lavorato alla ESSO e col caposquadra non c'erano problemi, ma il direttore aveva un po' di pregiudizi quando ha scoperto dove abitavamo.

Insomma, si lavorava col comune ed in nero con qualche cooperativa.

Non vi sentite isolati a vivere qui lontano da tutti?

Alex: Integrazione: ormai siamo più che integrati.

Ti posso dire che è una scelta di vita. Mia sorella ha provato a vivere in appartamento assieme al suo ragazzo, ma c'erano tanti problemi con la madre di questo ragazzo.  Allora sono tornati qua tutti e due. Quello che sei non lo puoi cambiare.

I vicini non ci accettano. Un'altra mia sorella ha preso un appartamento in affitto, lei a vederla non sembra rom; è andato tutto bene le prime due settimane. Ma i bambini giocavano sulle scale, e naturalmente facevano rumore e parlavano la nostra lingua. Ci sono stati reclami all'amministratore. La cosa è andata per quattro mesi. Poi sono andati via per evitare grane.

Giuliano:  Noi non volevamo venir qui da Palizzi Fattori. Noi non volevamo e la gente qui attorno nemmeno.

Quindi giovani e anziani la pensano nella stessa maniera?

Giuliano: Quando siamo arrivati qua, volevano costruire una scuola dentro il campo, solo per Rom. Quella sarebbe stato un vero ghetto. Invece i bambini per fortuna vanno alla scuola normale, c'è uno di noi per classe.

Un giovane può sempre cambiare, io non ce la farei mai, chiuso in casa è come stare a san Vittore.

Ad esempio, siamo abituati a parlare a voce alta, e questo non lo sopportano.

Il campo ha sempre avuto casette simili?

Giuliano: Per le case il comune ha dato permesso di costruire senza fondamenta, sono le case che avevamo in Palizzi Fattori e il comune le ha portate di qua. La mia casa ad esempio è a moduli. Allora ci hanno dato 8 milioni per la buonuscita, e chi doveva trasportare la casa ha pagato di tasca sua.

Alex: I bagni invece li ha fatti il comune. Noi abbiamo fatto tutto il resto, ad esempio abbiamo piantato gli alberi. I bagni sono dei container e valgono niente.

Secondo voi, di che lavori avrebbe bisogno il campo?

Alex: Il lavoro più urgente sarebbe di rifare tutti i bagni. Dare un'occhiata alla fognatura, perché la manica del depuratore non funziona.

Davide: La vasca è troppo bassa e piccola.

Alex: La pavimentazione è tutta da rifare.

I contatori sono isolati in una colonna all'ingresso del campo: da un lato va bene perché non portano via spazio nella piazzola, ma dall'altro chiunque può staccarli o manometterli, e i pozzetti sono sempre sott'acqua.

E poi abbiamo il problema di una casa che il comune ha abbattuto ad agosto, e le macerie sono ancora lì.

Comunque, ho girato tanti campi a Milano e anche a Saronno e Varese, ma il migliore che ho visto è questo. E' stato qui anche un rom francese, e anche lui la pensa così.

Davide: I lavori di ristrutturazione dovrebbero riguardare le fognature e gli allacciamenti del gas.

Poi è previsto un rimpicciolimento del campo sulla base delle famiglie che sono state allontanate e di quelle che hanno deciso di uscire dal campo. Il comune ha messo a disposizione pochi strumenti, contraddittori tra loro..

Siete in 150/160 persone. Tra di voi ci sono problemi di convivenza?

Alex: Siamo divisi in famiglie, con qualcuna si può convivere, con altre è impossibile. E' una guerra continua, e poi naturalmente c'è omertà

Ti faccio un esempio: se io mi spostassi sulla piazzola sgomberata ad agosto dal comune, la famiglia che prima era lì lo considererebbe un affronto.

Davide: Questo dovrebbe diventare un campo di transito, dove rimanere al massimo 3 anni (dal 2008, quindi il termine scadrebbe adesso). Ma ci sono le elezioni, e non si sa come andrà a finire il tutto.

Il problema degli spazi vuoti può diventare esplosivo, ci vuole capacità di mediazione. Ad esempio, c'è una signora che è in mezzo alla strada con la sua roulotte, non vuole ritornare sulla sua piazzola perché lì è morto suo marito.

Alex: Ho paura che il comune ci dica: o vai su questa piazzola, o finisci in mezzo alla strada.

Ho sempre l'idea che il comune non prenda mai decisioni definitive. Ad esempio, qua ci sono le telecamere a circuito chiuso?

Giuliano: No. Abbiamo detto che è una questione di privacy (ride).

Davide: Metterle era nella intenzioni della prefettura e del ministero degli interni.

Abbiamo approfittato del momento particolare: la Moioli si scornava con De Corato; i vigili urbani litigavano con De Corato perché ogni giorno c'erano sgomberi... gli abitanti, anche grazie al confronto con la cooperativa, sono stati bravi a organizzarsi come interlocutori della forza pubblica.

Inoltre c'era stato da poco l'abbattimento della casa e probabilmente il comune voleva recuperare il rapporto col resto del campo.

Alex: Rimangono le telecamere sulla strada, ma quelle ci sono in tutta Milano.

Cosa vi aspettate dalle prossime elezioni?

Alex: Ho idea che chiunque ci sarà, per noi le cose non cambieranno.

Se qualcuno si mette a parlare bene dei campi e dei sinti, chi ti vota più?

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Di Fabrizio (del 18/01/2011 @ 09:11:38, in musica e parole, visitato 3210 volte)

21 gennaio 2011 alle ore 19:30 Circolo ARCI BELLEZZA via Bellezza 16a MM3 Porta Romana

"Dio dacci la terra" è la serata che presenta il documentario "Se un giorno d’inverno un suonatore di fisarmonica" e il concerto dei Muzikanti.

Progetto LUOGHI

Attraverso le musiche, le memorie e il vissuto del maestro Jovica Jovic, raccontate nel documentario "Se un giorno d’inverno un suonatore di fisarmonica" di Valerio Finessi, la serata vuole essere un momento di riflessione comune sulla condizione delle popolazioni rom e sinte a Milano, che negli ultimi anni sono state vittime di continue discriminazioni, a causa della mancanza di una visione politica e amministrativa che nega i diritti e possibili percorsi di integrazione socio-economica e culturale. La serata si concluderà con il concerto dei Muzikanti, che con le loro danze ci faranno riscoprire il piacere di divertirci insieme.

Si consiglia la prenotazione della cena, 20 euro con concerto, bevande escluse. (tel. 02-58319492 - info@arcibellezza.it)

La serata avrà inizio alle 19.30 con la proiezioni del video ritratto di Jovica Jovic, musicista Rom nato a Belgrado, e del suo amore per il suono della fisarmonica. Attraverso il mestiere di musicista si ripercorre la vita di Jovica continuamente intrecciata al fare musica, che lo ha portato a confrontarsi con la diversità delle culture di molti paesi europei.
Non è facile la vita di un Rom in Italia e Jovica non fa eccezione, sette figli, una famiglia smembrata e sparsa in Europa, la fuga dalla guerra nel suo paese e la clandestinità per mancanza di documenti.

Jovica suona con i Muzikanti, un gruppo i cui componenti vengono da paesi diversi, che si esibiranno alle 22.30, dopo la cena che seguirà la proiezione del documentario.
I loro concerti sono un momento di scambio interculturale, che permettono la conoscenza di un patrimonio musicale spesso semi sconosciuto. La musica diventa così il tramite per un dialogo possibile tra le diversità.

Biografia e filmografia del regista:
Valerio Finessi è nato a Ferrara ma dal 1980 vive e lavora a Milano.Si è formato alla scuola di cinema dell’Albedo Cinematografica realizzando numerosi documentari per la Rai e enti privati e pubblici.
come filmaker ha realizzato i documentari
UNO NESSUNO CENTOMILA, IL TEATRO DELLA NECESSITA’ NECESSITA’ DEL TEATRO, IL MAGICO MONDO DI NATALE PANARO, ACQUA, IL CORAGGIO DELLA FEDE Il Cardinal Andrea Carlo Ferrari, IL CIELO DI SHTUPEL diario dal Kosovo, NESSUNO ESCLUSO, SE UN GIORNO D’INVERNO UN SUONATORE DI FISARMONICA…

Ha realizzato i film per le scuole:
LA RAGAZZA DI TEREZIN, LA VOCE DEL BOSCO, GAME OVER, 10 CORTI CONTRO IL CYBERBULLISMO

LA RICHIESTA – il corto selezionato al festival la 25 ora 2008 – la 7

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I Muzikanti

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Comunità delle Piagge, Fondazione Michelucci, Medici per i diritti umani, Rete antirazzista Firenze hanno scritto questa lettera all’Assessore Allocca - proprio oggi impegnato in un incontro sull’insediamento di Quaracchi - per sollecitare la Regione Toscana ad affrontare in modo organico la "questione rom". La pubblichiamo integralmente.

I rom di Quaracchi: la buona politica sia umana, rapida ed efficace

La Regione Toscana, che con più forza di qualunque altra ha posto la questione del superamento della condizione di "esclusione organizzata" che i campi nomadi rappresentano in Italia, è chiamata oggi a fare un bilancio delle politiche messe in atto, e della situazione inedita che vede presentarsi nuove forme di povertà ed esclusione abitativa, che riguardano anche popolazioni rom.

Dalla seconda metà degli anni Novanta due nuove leggi regionali toscane – rispettivamente del 1995 e del 2000 – e un forte movimento che ha coinvolto anche gli stessi rom, hanno consentito ad alcune amministrazioni di sperimentare strategie e azioni per il superamento dei "campi nomadi".

Questi interventi legislativi hanno aperto una fase nuova che, tra slanci progettuali e ripensamenti, nuove realizzazioni e ripiegamenti timorosi, ha cambiato la geografia degli insediamenti rom e sinti nella Regione. Se nella seconda metà degli anni Novanta i "campi" accoglievano la quasi totalità dei gruppi rom e sinti (quindi oltre 2.500 persone), oggi in "campi" variamente autorizzati o riconosciuti ci sono poco più di 1.000 persone. Più di 500 sono ora le persone che abitano in villaggi, pur costruiti con modalità e approcci differenti. Oltre 700 persone vivono in alloggi Erp, e circa 500 abitano in strutture o insediamenti transitori in attesa di nuove soluzioni.

Contemporaneamente, negli ultimi anni si è manifestato un fenomeno nuovo: la creazione attorno alle aree urbane più dense di nuovi insediamenti informali, baraccopoli piccole e grandi, occupazioni di aree o edifici abbandonati, abitati soprattutto da immigrati provenienti dall’Est Europa, da rifugiati e profughi, e da una significativa presenza di rom di più recente arrivo.

Le amministrazioni locali, già alle prese con le difficoltà e i tempi lunghi dei percorsi di superamento dei "vecchi" campi nomadi, hanno reagito a questo nuovo fenomeno prevalentemente con azioni di dissuasione o di allontanamento, in un quadro che ha risentito dell’insorgere o del radicalizzarsi di espressioni di rifiuto e di intolleranza che hanno concorso a indebolire la volontà delle amministrazioni locali nel predisporre interventi di accoglienza e di assistenza diretti a queste popolazioni.

Al contrario, le azioni di tipo repressivo riscuotono un ampio consenso ma, come è evidente anche dagli episodi che si sono succeduti in questi anni, non risolvono il "problema" della presenza di popolazioni o gruppi che sono ritenuti indesiderati sul territorio, non favoriscono alcun processo positivo e, non ultimo, alimentano discriminazione ed emarginazione.

Occorre in questo momento delicato un sussulto di consapevolezza. In una società frammentata, indebolita dalla crisi e dalla crescita degli egoismi, il riconoscimento dei diritti di cittadinanza è l’unica strategia per rafforzare la coesione sociale, per promuovere la solidarietà – invece che la competizione – tra le componenti più deboli della società. Al contrario, l’intolleranza avvelena la convivenza civile anche quando in apparenza rende coesa una comunità locale – magari contro un nemico immaginario e indifeso.

Le centinaia persone che solo nell’area fiorentina vivono in baracche, edifici dismessi, non svaniranno dopo l’ennesimo sgombero. Cercheranno riparo in altri luoghi, in condizioni ancora più critiche.

Come avviene ormai da anni per le famiglie rom che sono sgombrate regolarmente dalle sistemazioni sempre più precarie che riescono a reperire tra l’Osmannoro, l’area ex Osmatex e Quaracchi. Non è solo nel nome di una visione umanitaria che questa sequenza di sgomberi brutali deve provocare sdegno in tutti i cittadini, ma nel nome di una qualsiasi idea di buona politica e di buona amministrazione. Per quanto possa sembrare trascurabile e marginale il "problema" rappresentato da queste poche famiglie rispetto ai tanti problemi di questa area urbana, questo costituisce invece un importante banco di prova, materiale e simbolico, della capacità di buon governo dell’amministrazione pubblica proprio per la sua capacità di agire efficacemente anche sui versanti più difficili e più controversi.

Per questo chiediamo a chi è chiamato a responsabilità politiche e amministrative, di compiere uno sforzo di comprensione e di immaginazione, prima di affrontare il problema in termini razionali e operativi, come è ovviamente necessario.

Nell’area fiorentina come sul territorio regionale sono stati sperimentati in questi anni diversi percorsi di inserimento socio-abitativo per rom dalla cui rivisitazione critica possono trarsi elementi utili per affrontare e gestire (se non per risolvere) la questione delle famiglie attualmente presenti a Quaracchi.

1. La prima considerazione è che gli interventi, provvisori o definitivi, devono essere immediati e non prorogare ulteriormente una situazione ai limiti della sopravvivenza e della dignità umana.
2. La seconda è che le soluzioni devono essere condivise con i destinatari e con le associazioni che li sostengono, altrimenti sono inevitabilmente destinate al fallimento.
3. Inoltre, va considerato che soluzioni che hanno funzionato, pur tra molti problemi, per alcuni gruppi, non è detto che funzionino per altri. E’ il caso dei percorsi di accompagnamento abitativo che in larga scala sono stati messi in atto nel progetto pisano di "Città sottili", e nel caso degli ex ospedali Luzzi e Mayer nell’area fiorentina. Questi percorsi si sono dimostrati efficaci in presenza di una condizione socio-economica accettabile delle famiglie, mentre hanno avuto l’esito di ricacciare in situazioni di marginalità quelle famiglie che ne erano prive.
4. Nel caso delle famiglie di Quaracchi, siamo in presenza di persone con grandi difficoltà, alle quali non sono stati rivolti sinora interventi che ne potessero aumentare significativamente le risorse interne e le opportunità di miglioramento della propria condizione. Inserirle ora in percorsi abitativi ordinari (per quanto "accompagnati") si presenta come una operazione velleitaria e destinata a riproporre il problema in tempi brevissimi.
5. Va detto con chiarezza che si illude chi pensa che tutte le situazioni di grave disagio abitativo possano essere superate nascondendole agli occhi della popolazione, diluendone la presenza attraverso la loro disseminazione sul territorio. Le dimensioni del fenomeno e le sue caratteristiche renderanno inevitabili, nel breve-medio periodo, soluzioni temporanee di "abitare di comunità", che vanno però progettate e realizzate in modo da evitare la miseria e il degrado dei campi per nomadi o profughi.
6. Il problema di una sistemazione abitativa per le famiglie di Quaracchi non è nel "come" affrontarlo, ma nel "dove": dove, e con il concorso di chi, reperire un’area o una struttura da adibire a luoghi di vita decorosi, per quanto temporanei, con un limitato impiego di risorse economiche e spaziali.

E’ necessario decostruire il "problema", valutandolo razionalmente nelle sue dimensioni e nelle sue specificità: poche famiglie, per le quali l’abitare luoghi marginali, in situazioni insopportabili per qualunque altro cittadino, è divenuto quasi una colpa, piuttosto che la misura di una discriminazione.

La buona politica può impegnarsi per una soluzione partecipata, umanitaria, rapida ed efficace, nell’interesse della coesione sociale e della convivenza, dei rom e delle città dove vivono.

Firenze, 13 gennaio 2011

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Di Fabrizio (del 17/01/2011 @ 09:13:13, in Europa, visitato 1547 volte)

Da Roma_Francais

Par L'Express, publié le 13/01/2011

La Francia ha redatto una nota per spiegare ai propri vicini europei come occuparsi dei Rom.

La Francia ha indirizzato ai paesi membri della UE una "nota" sulla "strategia" da mettere in opera a livello europeo al fine di "promuovere i principi di uguaglianza di possibilità e dell'inclusione sociale delle popolazioni in situazioni di povertà e di esclusione, in particolare dei Rom". Gli autori sottolineano che "appartiene a ciascuno stato membro di assicurare l'inserimento economico e sociale dei suoi cittadini (...) Promuovere la libera circolazione in seno all'Unione Europea implica prima di tutto che gli stati membri d'origine si assumano pienamente questa responsabilità". Il documento sarà all'ordine del giorno del summit europeo di giugno a Bruxelles. Parigi assicurache l'adozione di questa strategia da qui a sei mesi è "un orizzonte realista".

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Di Fabrizio (del 16/01/2011 @ 09:36:16, in Europa, visitato 2553 volte)

Segnalazione di Dragan Vasovic - YOUTH ROMA CENTER

(la rassegna fotografica su Facebook)

La notte tra il 12 e il 13 gennaio nella parte dell'insediamento Pozega in cui vivono circa 700 Rom, sui lampioni sono apparse svastiche. Su tutti i piloni di cemento che circondano l'insediamento - nelle strade Bana Milutina e Dimitrija Tucovica, sono state dipinte svastiche con lo spray, come pure su diversi ingressi e cartelli del traffico. Oltre a ricordare un momento triste della nostra storia, su di un palo è stato scritto "ZINGARI FUORI DALLA SERBIA". I cittadini del quartiere sono inorriditi, sono davvero colpiti e hanno paura. Per la prima volta nella storia del comune di Pozega qualcosa di simile accade dopo la II guerra mondiale e non ci si aspettava che questo si sarebbe nel XXI secolo, e ricorda a tutti la parte più brutta della storia della nostra civiltà.

FATE CIRCOLARE L'INFORMAZIONE!

Notizia di contorno (tratta dalla Nazione)

Don Virgilio Annetti, parroco ad Arezzo, scrive sul giornale inviato ai fedeli: "Senza tanti pietismi torna in mente quell'uomo che tentò invano, a suo tempo, una vera pulizia etnica. Si chiamava Himmler. Dette questo ordine. Aggiungere ad ogni convoglio un vagone di rom. Sappiamo bene dove il convoglio era diretto. Verrebbe da dire: ma benedetto Himmler, perché uno solo invece che due!"

Per la cronaca, il vescovo di Arezzo gli ha imposto di chiedere immediatamente perdono per il suo delirio omicida: ma può un uomo simile, le cui dichiarazioni sono state replicate entusiasticamente sui siti neonazisti (vedi QUI), essere lasciato ancora al suo posto, senza che il suo inascoltato Maestro, Rabbi Yehoshua di Nazaret, si contorca ancora sulla croce?
 

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Di Fabrizio (del 15/01/2011 @ 09:58:56, in Regole, visitato 1837 volte)

Tratto da Polisblog

14 gennaio 2011: Il 27 settembre scorso Roberto Maroni dichiarava:

"Nessuna delle famiglie che saranno allontanate dai campi nomadi regolari di Milano e che hanno i titoli per restare in città, saranno ospitate in alloggi popolari, come originariamente previsto nel piano per l’emergenza rom. (…) E’ una scelta politica, di saggezza, che mette d’accordo le sensibilità di tutti, compresa quella di chi vuole l’assegnazione delle case popolari prima ai milanesi"

E’ notizia di ieri che due delle dieci famiglie del Triboniano che hanno vinto la causa civile sono già entrate negli alloggi.

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Di Sucar Drom (del 15/01/2011 @ 09:19:11, in blog, visitato 1780 volte)

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Di Fabrizio (del 14/01/2011 @ 09:49:50, in Regole, visitato 1775 volte)

L'Espresso di Fabrizio Gatti

Ecco la storia di una coppia di rom italiani che ha fatto ricorso contro lo sgombero

(11 gennaio 2011) Quando si è rom i diritti costituzionali non valgono. Nemmeno se si è cittadini italiani. Nemmeno se si abita da vent'anni in un campo autorizzato dal Comune. È il caso di una coppia che vive in via Idro, periferia est di Milano. Lui, 55 anni, è nato in provincia di Padova. Lei, stessa età, in Brianza. Le due figlie, ancora minorenni, a Milano.

Tre mesi fa Carmela Madaffari, direttore centrale dell'ufficio comunale Famiglia, scuola e politiche sociali, ha scoperto che la mamma delle ragazze ha presunte condanne definitive a carico in base a vecchie sentenze, pronunciate tra il 1974 e il 1982. Così è scritto nell'ordinanza di sgombero. Per questo il Comune ha ordinato lo sfratto a tutto il nucleo familiare da eseguire entro 48 ore. L'articolo 12 del regolamento per la gestione dei campi, entrato in vigore nel 2009, prevede come motivo di revoca dell'autorizzazione la "sopravvenienza di condanne definitive".

La polizia locale di Milano non fa differenza tra condanne già scontate 37 anni fa e reati appena commessi. E nemmeno tra condannati e familiari incensurati, compresi i figli minorenni. Il piano del Comune sta destabilizzando le famiglie rom lombarde che da anni hanno abbandonato il nomadismo e lavorano nella metropoli.

La coppia di via Idro ha fatto ricorso. Nel campo di via Idro sono una ventina le famiglie sotto sfratto per la stessa ragione: "Si tratta in buona parte di sentenze sospese o di condanne per accattonaggio", spiega Antonio Braidic, tra i firmatari di una lettera di protesta: "Dal maggio 2009 si parla dello sgombero del nostro campo. Ma in tutto questo tempo nessuno ci ha mai detto quando avverrà. E quale sarà il nostro destino di cittadini italiani che in questa zona abitano, lavorano e mandano a scuola i figli"

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Di Fabrizio (del 14/01/2011 @ 09:24:03, in Italia, visitato 1748 volte)

Segnalazione di Sarcinella

NapoliToday

Il comitato Cittadini, associazioni e rom insieme: "Lanciamo questo grido di allarme offrendo tutta la disponibilità per concorrere all'eliminazione dei rifiuti, servizio primario di ogni comunità civile"

di Redazione - 10/01/2011 - LA DENUNCIA ARRIVA DA DOMENICO PIZZUTI, del comitato 'Cittadini, associazioni e rom insieme': cumuli di rifiuti a ridosso della baracche del campo rom di Scampia. "Ieri pomeriggio ho compiuto una visita di controllo sulla stato dell'immondizia non raccolta nel campo nomadi di Scampia, in via Cupa Perillo", ha spiegato Pizzuti.

"Ho notato che l'entrata del piccolo campo dietro la 'scuola rosa', sulla destra, è ostruita da un mare di rifiuti a ridosso delle baracche. In complesso, anche per mancanza di videosorveglianza, continuano gli sversamenti illegali lungo il viale di accesso con tutta una tipologia di inerti (bottiglie di plastica, gomme, materiali edili e di legno, vestiti, ecc.) e soprattutto si allargano sulla strada, che era stata per metà ripulita lo scorso mese, i cumuli di sacchetti intorno alla rotonda con picchi di più di un metro, offrendo uno spettacolo che ha sconvolto qualche candidato alle primarie per sindaco di Napoli che si era recato in civile pellegrinaggio al campo nomadi".

"Lanciamo di nuovo questo grido di allarme, offrendo tutta la disponibilità per concorrere all'eliminazione dei rifiuti, servizio primario di ogni comunità civile - ha concluso Pizuti - Attendiamo un intervento dell'esercito italiano, o dobbiamo mobilitare l'esercito dei residenti e dei volontari sotto guide esperte dei servizi comunali o delle istituzioni? Chiediamo urgentemente da parte della Prefettura un tavolo di concertazione con tutti i servizi interessati, i residenti del campo e le associazioni operanti in loco".

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Di Fabrizio (del 13/01/2011 @ 09:58:33, in Italia, visitato 1664 volte)

Realizzata per il GIORNO DELLA MEMORIA 2011, organizzata dall' Associazione La Conta in collaborazione con la Sezione ANPI Martiri di Viale Tibaldi, con l'Istituto Pedagogico della Resistenza di Milano ed il Circolo ARCI Martiri di Turro, che ci sarà, con ingresso gratuito, con tessera arci

Lunedì 17 gennaio 2011 alle 21,00 - Incontro dedicato a "I campi di concentramento dei Rom e dei Sinti in Italia nel periodo dal 1943-1945" dedicato al "Porrajmos, lo sterminio dei Rom e Sinti” con la partecipazione di Ernesto Rossi, studioso e ricercatore dell’Associazione "Aven Amentza - Unione di Rom e Sinti" e Associazione "ApertaMente" di Buccinasco (MI) che ci parlerà, anche con la proiezione di una selezione di brevi documentari, dei campi di concentramento dei Rom e Sinti in Italia.

Circolo ARCI Martiri di Turro via Rovetta 14 - Milano

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