Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 25/06/2010 @ 09:42:48, in Regole, visitato 1927 volte)
Da questo articolo di Federico Casabella su
il Giornale, sembra che qualcuno non l'abbia presa bene
Il contributo per il «trasloco» forzato, frutto dei lavori per la Gronda di
ponente toccherà anche ai nomadi più immobili del mondo. Infatti i 108 sinti
residenti nel campo di Bolzaneto (circa 40 famiglie), essendo cittadini italiani
residenti a Genova, otterranno l’indennizzo da 40mila euro che spetta a
tutti gli abitanti delle aree che saranno interessate dai cantieri del futuro
passo autostradale. Fondi che verranno messi a disposizione direttamente dalla
società Autostrade come prevede la legge: conseguenza del fatto che i cantieri
interesseranno anche la zona del campo nato alla fine del 1987 sulla sponda del
Polcevera e sul quale, da qualche (...)
Da
Roma_und_Sinti
Distretto rurale di Rotenburg
A causa delle sue "scandalose espulsioni", il Consiglio per i Rifugiati della
Bassa Sassonia ha aspramente criticato il distretto di Rotenburg e la Bassa
Sassonia. Il caso di due famiglie, rimpatriate Mercoledì 17 Marzo in maniera
forzosa da Rotenburg in Kosovo, mostrerebbe che quando si tratta di rifugiati
provenienti dal Kosovo le autorità non hanno nessuna pietà, nemmeno per le
persone anziane o gravemente malate.
"La famiglia S. (i genitori e tre bambini) è stata rimpatriata nonostante due
dei suoi membri fossero gravemente malati", spiega Bastian Wrede del Consiglio
per i Rifugiati. "La signora S. soffre di una psicosi cronica e necessita
regolarmente di medicinali e di continui trattamenti medici specialistici. Il
figlio di sedici anni soffre di diabete di tipo 1 e necessita di dosi di
insulina più volte al giorno. A causa di un ritardo nell'apprendimento, non è in
grado di provvedere da solo al dosaggio delle sue medicine; e poiché nemmeno sua
madre si trova in condizione di farlo, il ragazzo dipende dall'aiuto del padre.
Un dosaggio sbagliato o la mancata somministrazione dell'insulina possono avere
pericolose conseguenze nel lungo periodo, persino mortali. Come verranno
assicurate, in Kosovo, l'assistenza medica ed i medicinali per la signora S. e
per suo figlio, non risulta sin'ora chiaro.
A quanto riporta il Consiglio per i Rifugiati, anche i nonni della famiglia S.
sarebbero stati prelevati da Rotenburg e portati all'aeroporto di Düsseldorf.
Nonostante entrambi siano malati di diabete e dipendano da trattamenti
farmacologici e cure specialistiche, li si voleva spedire anch'essi in Kosovo.
Il loro rimpatrio è stato solo sospeso, poiché la nonna, che a causa del diabete
è quasi cieca, è collassata in aeroporto e si è dovuto procedere col suo
trasferimento in ospedale.
"La famiglia S appartiene alla minoranza rom degli Ashkali, che in Kosovo è
sottoposta a massiccia discriminazione. Molti appartenenti a tale minoranza
vivono segregati in insediamenti dove regna la povertà, e non ricevono alcuna
assistenza sociale o medica", ha dichiarato Bastian Wrede.
Il secondo caso è quello della famiglia R. di Zeven. Il padre, psichicamente
malato e a rischio suicidio, ha dovuto essere trasportato in ambulanza a
Dusseldorf, dall'aeroporto in un ospedale. La famiglia è stata così separata,
con la signora R. ed i tre bambini che da soli sono stati espulsi verso il
Kosovo.
"I rimpatri spietati di Rom ed Ashkali, nei quali le autorità includono senza
alcun riguardo i malati e gli anziani e non si fermano neppure di fronte alla
prospettiva di separare una famiglia, portano distintamente la firma del
Ministero degli Interni della Bassa Sassonia", è la constatazione del Consiglio
per i rifugiati. L'organizzazione ha esortato il governo dello stato federato e
le autorità competenti in materia d'immigrazione a cessare i rimpatri in Kosovo
di persone gravemente malate o appartenenti ad una minoranza etnica, e di
curarsi della salvaguardia delle famiglie.
Anche Hans-Peter Daub, sovrintendente della diocesi di Rotenburg della Chiesa
Evangelico - luterana, appare colpito dalla "enorme durezza" con la quale
l'autorità civile esegue i rimpatri. Il consigliere per i rifugiati, Eckhard
Lang dell'opera diaconale, ad esempio conosce ed offre sostegno da molto tempo
alla famiglia S., la quale vive a Rotenburg da più di venti anni ed i cui figli
sono nati in Germania. Già l'anno passato la diocesi si era interessata al loro
destino ed aveva partecipato ad una raccolta firme indetta dal Consiglio per i
rifugiati. L'iniziativa aveva lo scopo di assicurare la permanenza dei rifugiati
Rom kosovari in Germania, al fine di dare loro prospettiva di vita (vedi
www.rotenburger-rundschau.de). "Il fatto che l'amministrazione non mostri
quasi alcun riguardo per le condizioni di salute delle persone coinvolte, ci
sembra un punto particolarmente problematico" lamenta Daub, secondo il quale la
situazione in Kosovo per i rifugiati rimpatriati sarebbe tanto disastrosa ora
quanto lo era prima.
Bastian Wrede ha annunciato che il Consiglio per i Rifugiati effettuerà
un'indagine sulle modalità di svolgimento dei rimpatri e sui successivi sviluppi
delle situazioni riguardanti le due famiglie coinvolte. Una verifica della
legalità dei procedimenti sarà svolta in collaborazione con gli avvocati delle
famiglie stesse.
Con un'espulsione collettiva, il 17 Marzo sono state rimpatriate in Kosovo 53
persone: tra queste, anche 30 appartenenti alle minoranze etniche Rom e Ashkali.
© Rotenburger Rundschau GmbH & Co. KG
Di Fabrizio (del 24/06/2010 @ 09:46:47, in media, visitato 1880 volte)
Buongiorno a tutti,
è con piacere che vi invitiamo a visitare il sito web del progetto "Sinto-nìzzati!",
realizzato interamente con un gruppo di adolescenti sinti di Pavia:
www.sociability.it/sinto-nizzati
Il progetto, promosso nel 2009-10 da alcune associazioni locali, tra cui
l'Associazione Italiana Sinti di Pavia e il CEM-Centro Educazione ai Media,
ha previsto la realizzazione di un format radiofonico e di contenuti video,
con la partecipazione di una decina di giovani sinti che vivono stabilmente a
Pavia e che frequentano le scuole medie e la formazione professionale.
I ragazzi e le ragazze si sono avvicinati al mondo della radio e di internet,
creando le puntate della trasmissione "Sinto-nìzzati" e realizzando i contenuti
del sito web, con l'intenzione di far conoscere il mondo e la cultura di cui
sono portatori, così come di rinsaldare i ponti relazionali che si stanno
costruendo con la più ampia società locale.
A settembre le attività realizzate saranno presentate pubblicamente in un evento
che sarà organizzato a Pavia e di cui sarà data comunicazione nelle prossime
settimane.
Ci auguriamo di ricevere da tutti voi un commento o anche una critica
costruttiva al nostro progetto, permettendoci di chiedervi, se possibile, di far
conoscere questa iniziativa tramite i vostri canali di comunicazione a chi
riteniate possa essere interessato
Grazie e un cordiale saluto
Andrea Membretti
(responsabile del progetto)
PhD Sociology
Prof. a c. Università di Pavia
www.sociability.it
Di Fabrizio (del 24/06/2010 @ 09:05:18, in Italia, visitato 2014 volte)
L'Europa invisibile
Il lavoro di MEDU negli insediamenti spontanei dei Rom rumeni a Firenze e
Sesto Fiorentino
Lunedì 28 giugno 2010
Biblioteca delle Oblate - via dell'Oriuolo 2, Firenze
ore 16.00
- Apertura dei lavori - Paolo Sarti
- Salute e accesso ai servizi - Andrea Bassetti
- Riflessioni antropologiche -Umberto Pellecchia
- Conclusioni - Marco Zanchetta
ore 17.00 - Tavola rotonda
Fuori dall'invisibilità: ruoli e responsabilità
moderatore: Domenico Guarino
Salvatore Allocca, Sabrina Tosi Cambini, Daniela Carboni, Antonella Coniglio,
Laura Grazzini, Maurizio Grezzi, Demir Mustafa
ore 18.30 - Dibattito con il pubblico e conclusioni
Di Fabrizio (del 23/06/2010 @ 14:54:42, in Italia, visitato 1676 volte)
Segnalazione di Franco Marchi da L'Arena (versione cartacea)
«Noi ospitali, loro delinquono»
Il gruppo leghista in consiglio regionale chiede l'abolizione della legge veneta
sugli stanziamenti a favore di rom e sinti. Il Pd: «Tosi e Maroni hanno
stanziato 1,4 milioni per due campi nomadi: il Carroccio è un'armata
Brancaleone»
22/06/2010
Venezia. Il gruppo della Lega Nord in consiglio regionale ha presentato un
progetto di legge composto di un unico articolo che chiede l’abrogazione della
legge veneta che dispone interventi «a tutela della cultura dei Rom e dei
Sinti». La norma che i consiglieri leghisti intendono abrogare risale al 1989 e
prevede l’allargamento anche ai nomadi di etnia Sinti degli interventi di tutela
previsti da una legge del 1984 che si occupava solo dei Rom. La legge in vigore
prevede finanziamenti agli enti locali (Comuni anche consorziati e Comunità
montane) da destinare, soprattutto, all’allestimento di campi sosta attrezzati
per i nomadi, all’inserimento scolastico dei loro bambini e l’inserimento
lavorativo degli adulti. «In nome di una malintesa "cultura dell’accoglienza"»,
sostiene il primo firmatario, il capogruppo Federico Caner, «per anni sono stati
erogati ingenti finanziamenti a questi gruppi Rom e Sinti producendo danni
enormi, dal punto di vista sociale, alla comunità nazionale e alle genti venete
in particolare». «La gente veneta è ospitale», aggiunge, «ma questa sua
predisposizione non va confusa con incapacità di autotutelarsi dalla presenza di
insediamenti di genti e popoli che per le loro peculiarità e i loro costumi, in
verità assai discutibili, rappresentano una costante fonte di disagio e di
turbamento sociale anche in considerazione delle numerosissime violazioni della
legge penale e dei problemi di ordine pubblico che seguono costantemente la
presenza di questi insediamenti nel territorio».
Il consigliere regionale del Partito democratico Claudio Sinigaglia commenta la
presentazione del progetto leghista per abrogare l’attuale norma regionale per
tutelare la cultura Rom e Sinti osservando che esso sconfessa quanto deciso a
Verona dal sindaco leghista Tosi che, assieme al ministro degli Interni leghista
Maroni, ha stanziato 1,4 milioni di euro per riqualificare ben due campi nomadi.
«Mi sembra», afferma Sinigaglia, «che nella Lega domini l’anarchia e l’assenza
di una strategia comune con cui affrontare le questioni legate all’integrazione
sociale: roba da armata Brancaleone. Il dato di fatto», conclude l’esponente del
Pd, «è che con questa proposta Caner segue le orme del suo governo che vuole
azzerare ogni finanziamento ai Comuni impoverendoli irrimediabilmente, alla
faccia del federalismo. Col risultato,in questo caso, che le amministrazioni
locali non potranno fare più nulla ad esempio sul fronte dell’integrazione
scolastica, e che per i veneti i problemi di convivenza, invece che sparire,
diventeranno sempre più giganteschi».
Di Fabrizio (del 23/06/2010 @ 09:40:35, in media, visitato 2078 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir: Ciao ti invio questa mia
riflessione, un pò lunghetta a dire il vero sui recenti fatti avvenuti al campo
di Coltano e su come il Tirreno (cronaca di Pisa) ne da notizia. Ciao,
Ago
Certe notizie sono una mazzata all'integrazione che tanti predicano a piè
sospinto e vantano di esserne i promotori, ma in realtà gli interessa ben poco,
visto che poi la smontano a loro piacimento quando c'è il coinvolgimento di
qualche Rom in furti, sgomberi, scippi..con l'intento preciso di screditare o di
puntare il dito contro la comunità Rom, rea di non volersi integrare, di non
abbassare a sufficienza la testa agli ordini del "benefattore" di turno.
Il come vengono date le notizie sui Rom coinvolti in qualcosa di illegale, a
volte è più rivoltante della notizia stessa, spesso la regola è quella di
"drogare la notizia" con lo scopo di salvare ciò che resta del Progetto, o di
nascondere alcuni pezzi, di mascherare le scelte fatte (tanto chi si ricorda
degli impegni assunti due, cinque, otto anni fa?). Ora ciò che conta è
convincere la cittadinanza che avere un sindaco che sa fare anche lo sceriffo è
una sicurezza in più per la città, insomma è più rassicurante e soprattutto più
sbrigativo!
Non entro in merito al furto-rapina commesso dai due Rom, o alla dinamica del
fatto: è un fatto condannabile nella forma e nella sostanza, ma spetta alla sola
Giustizia sentenziare e decidere in merito. Chiunque commetta un reato, prima o
poi dovrà rispondere delle sue azioni davanti la Legge. Ma penso che valga la
pena ricordare a tutti, e in primis al nostro sindaco che la responsabilità di
un atto criminoso commesso da una persona, chiunque egli sia, di qualsiasi
nazionalità, spetta solo alla Giustizia decidere la pena, e che questa è sempre
individuale e non comunitaria o famigliare.
Aspetto non certo secondario, anzi sembra diventato di moda soprattutto a Pisa,
solo quando sono coinvolti dei Rom in una lite, descriverla come faida, con il
chiaro intento di condizionare l'opinione pubblica e il verdetto finale del
Giudice per poi, cosa tipicamente Pisana estendere subito la pena, ma solo
quando si tratta di Rom, all'intero nucleo famigliare; inutile aspettare la
sentenza di un Giudice, è tempo perso.. i Rom che avevano avuto una casa,
buttati fuori compresi i loro figli, colpevoli di aver "tradito"
quell'integrazione fredda, studiata a tavolino da esperti, sempre pronti a
cambiare le carte in tavolo quando è necessario e conveniente, a stabilirne le
condizioni e limiti, a lanciare facili proclami: "Basta campi, bisogna superare
la logica dei campi e integrare i Rom nelle case", ma poi sono gli stessi che li
buttano fuori dalle case e rimandandoli nei campi! Tanto chi noterà queste
contraddizioni, ciò che conta è preservare il Progetto, continuare a presentarlo
come modello, anche se ormai solo pochi ossequiosi interessati lo credono tale!
Se invece, il Giudice decidesse di non seguire le "sentenze" già emesse
pubblicamente dal sindaco? Anche il Giudice entrerebbe nella lista di coloro che
minacciano la sicurezza della città?
Accetterebbe il sindaco di fare un passo indietro e di riconoscere pubblicamente
il proprio sbaglio?
Tutti parlano di integrazione, facile farlo quando si fiuta l'affare economico,
ma quando la crisi economica si fa sentire ecco che lo si smonta a pezzi. Rimane
un progetto sbiadito, ritoccato di volta in volta a piacimento dagli esperti del
bilancio, completamente trasformato rispetto gli inizi, ma sempre riscritto da
persone totalmente lontane ed estranee ai Rom, senza alcun dialogo con i diretti
interessati, altra nobile vittima del Progetto Città Sottili il dialogo! In nome
del Progetto i diritti vengono accantonati e spesso anche negati, la
collaborazione è un eufemismo per dire servilismo, e dividere al suo interno la
comunità Rom, mentre la vita di intere famiglie Rom, fatta di storie, di attese
e che vivono da decenni qui a Pisa, diventano un ostacolo da cancellare alla
prima occasione "buona"..e l'occasione buona si presenta quando uno di loro
sbaglia, poi poco importa individuare di chi la colpa, le responsabilità
oggettive..l'importante è affrettarsi a condannare in fretta e furia anche
l'intera famiglia, proclamando solennemente la loro esclusione dal Progetto:
basta aver pazienza che prima o poi qualche altro ancora cadrà nella rete. Ma è
fondamentale mostrare subito all'opinione pubblica che con i Rom
l'Amministrazione sa essere ferrea e intransigente, perché quello che conta è
non perdere la fiducia degli elettori! Ogni metodo è buono pur di raggiungere
l'obiettivo, sopratutto far uso costante della bugia pur di nascondere la realtà
agli elettori.
L'articolo pubblicato sul Tirreno del 17 Giugno a firma di Candida Virgone è un
illuminante esempio, offre delle "perle rare di questo tipo di deformazione
della realtà", ma che sa ripetersi con ostinazione anche solo dopo pochi giorni
di fronte alla "travolgente" notizia dell'assoluzione di un gruppo di Rom
coinvolti nella lite, assoluzione che sembra smontare la tesi del sindaco e del
Tirreno che per anni hanno cavalcato ideologicamente la notizia della "faida"
tra i Rom, ma alla giornalista sopra citata non trema la penna fra le dita,
ostinatamente continua a scrivere di "faida" trascrivendo nomi e cognomi dei Rom
assolti come se volesse accusarli ancora di qualcosa... e fingendo di non
conoscere le conseguenze della sentenza preferendo nascondere la testa sotto la
sabbia, anche per non mostrare pubblicamente il rossore della sua vergogna.
"Vivevano a Coltano nonostante non fossero inseriti in nessun programma di
accoglienza comunale, tantomeno in Città Sottili, che prevede l'assegnazione
delle villette ai nomadi che hanno scelto l'integrazione".
Le famiglie dei due Rom arrestati sono da almeno 13 anni che aspettano –vivendo
a Coltano – le promesse fatte dagli amministratori che di volta in volta si sono
susseguiti..il fatto poi di non essere inseriti ufficialmente nel programma di
accoglienza Città Sottili è uno dei non pochi "misteri", difficili da decifrare
che aleggiano attorno a Città Sottili e non è certo dovuto ai precedenti dei due
arrestati, come si vuol far credere. Qui la colpa è di chi volutamente li ha
esclusi fin dal principio. In effetti il Progetto Città Sottili da anni priva e
nega i diritti a tanti Rom (es. quello della residenza), in nome del Progetto
stesso, scavalcando disposizioni nazionali: una sorta di "federalismo" comunale.
E' facile, soprattutto comodo "strappare" e gettare nel cestino vite di intere
famiglie come fossero carta straccia, perché un Rom "rompe il patto" (mai
ufficializzato e tanto meno discusso e partecipato con i Rom stessi o altri
soggetti), è un esercizio abituale e meschino di tanta politica, ma che
purtroppo mina la credibilità della democrazia..
Poi a proposito dell' integrazione bisognerebbe osservarla-ascoltarla come
risuona dentro il e dal campo di Coltano, oggi è una parola che spesso arriva
stonata perché cantata con la voce di chi in tutti questi anni ha mostrato
disprezzo, false promesse, raggiri..dopo ben 8 anni di promesse, sacrifici,
attese la maggioranza dei Rom è costretta ancora a vivere in queste condizioni,
rassegnati a fingere di credere alle promesse di operatori sempre meno
credibili!
"I due, senza casa e senza permesso di soggiorno, erano noti ai servizi
sociali ed esclusi da qualsiasi forma di integrazione proprio per i tanti
precedenti, soprattutto per rapina. Nonostante ciò stazionavano da tempo
immemore al campo di Coltano, ospiti dei nomadi."
"Stazionavano da tempo immemore..ospiti dei nomadi": qui si tocca l'apice della
.. fumosità verbale, come dire le cose ma nascondendo la verità di fatto, ma ciò
che importa è veicolare il messaggio di pregiudizio verso i Rom. Praticamente è
come dire che tutte le famiglie Rom del campo autorizzato di Coltano (che solo
il sind. Filippeschi considera abusivo), "stazionano", anche se ci abitano lì
fin dagli inizi, da più di 10 anni, come le due famiglie in questione, anche se
muniti di carta d'identità e residenza in via Dell'Idrovora rilasciata dal
Comune di Pisa, ma poco importa, quando un Rom commette un reato, uno qualsiasi
si dirà prontamente che quel Rom "stazionava presso un campo abusivo", da tempo
immemore, tanto chi andrà poi a verificare?
Ospiti dei nomadi, altra perla! Ma è lo stesso comune che li tieni lì in attesa,
che da anni chiede pazienza, collaborazione, sacrifici in vista di una
sistemazione definitiva e soprattutto migliore, le stesse famiglie seguite dagli
operatori sociali che "vivisezionano" la loro vita..lo stesso comune che da anni
vieta ai Rom di ospitare qualche parente dentro il campo (altro abuso), ecco che
all'improvviso i due arrestati si trasformano in ospiti dei Rom: ma ciò che
importa è nascondere la verità e iniettare nell'opinione pubblica l'idea che i
Rom vivono nascondendosi, sono inaffidabili e approfittatori della bontà
altrui..
"I due sono stati arrestati all'alba, al campo nomadi di Coltano, dove
vivevano su una roulotte".
Qui abilmente si lancia il sospetto che chi vive in roulotte è già di per sé un
soggetto incline alla delinquenza! Roulotte-baracca uguale a probabile
delinquente, facile equazione un po' velenosa, come non darla in pasto? Allora
aggiungete anche il sottoscritto nell'elenco dei possibili sospettati: p.
Agostino che da almeno 15 anni ci vivo in roulotte, e non mi pento
assolutamente, quindi sono anche recidivo! Preciso anche che i due arrestati per
furto vivevano in roulotte e in baracche dignitose..e la colpa di vivere in
baracche, non è scontata che debba essere del tutto la loro: ma cos'altro
potevano fare di fronte a tante promesse non ancora mantenute, sempre rinviate
da parte del comune?
Lì a pochi metri di distanza il villaggio ultimato da almeno 6 mesi, bello e
splendente, ma chiuso, inaccessibile, vuoto... l'erbaccia alta ormai, fa da
padrona, già copre le finestre... un silenzio che grida le sue non poche
contraddizioni, ma anche il timore di nuove esclusioni... in nome
dell'integrazione.
p. Agostino Rota Martir - 18 Giugno 2010 – Campo nomadi di Coltano
(PI)
Da
Roma_Francais
Nelle regioni del Draguignan e del Fréjus, i viaggianti hanno perduto tutto (vedi
QUI ndr)... Le carovane che sono le loro abitazioni, furgoni, vetture e
tutti i beni (vestiti, pentole, attrezzi...). Dovete sapere le carovane non
possono essere assicurate come abitazioni... Dunque questa gente non ha più
dimora e non sarà indennizzata, o lo sarà pochissimo... Manca tutto... Non sono
in carico ai comuni sinistrati perché non vi sono domiciliati... Sono reinviati
al loro comune dove sono registrati, comuni non sinistrati e che non hanno
sovvenzioni per aiutarli!
Faccio quindi appello a chi possa inviare a:
Madame RODEMET Claire Chemin des Pétugues, 83340 Le Cannet des Maures
[...] Una rigorosa contabilità verrà aggiornata tramite facebook giorno per
giorno e vi terrò al corrente di quanto riceveremo e di quanto faremo...
Mi appello al vostro buon cuore... Molte persone sono all'aperto con vecchi,
bambini e malati senza più niente oltre che già fortemente discriminati... La
situazione è grave... Sulla nostra regione continuano le tempeste... Ogni aiuto
è il benvenuto... Un grosso grazie in anticipo a quanti forniranno in qualche
maniera un aiuto provvidenziale.
Esméralda Romanez
Vice présidente de la fondation kale, manouches, romany, sinté women
Présidente des associations Samudaripen et A.M.I.D.T
Mas de l’Ange Gardien
148, Chemin des Pétugues
83340 – Le Cannet des Maures
Téléphone 06 67215333
Di Fabrizio (del 22/06/2010 @ 09:55:52, in Europa, visitato 4524 volte)
Dei campi profughi in Kosovo avvelenati dal piombo, qui se
n'è parlato parecchio, praticamente da quando esiste questo blog. Il mese
scorso, mi è stato regalato un libretto in inglese (non disponibile in Italia), con i nomi di tutti quanti
hanno colpevolmente contribuito a creare questa situazione. Lo tradurrò in
italiano a puntate. Questa è la prima:
Premessa
Nel gennaio 2009, il giornalista della BBC Nick Thorpe [leggi
QUI gli altri suoi articoli tradotti in italiano su Mahalla, ndr] visitò
con la sua squadra gli ex campi Rom/Askali dell'UNHCR a Mitrovica nord (Kosovo),
per riportare sui bambini che là soffrivano di avvelenamento da piombo.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità gli aveva già detto che questo era il
peggiore avvelenamento da piombo mai verificatosi in Europa e forse nel
mondo.
Dopo aver visitato diverse famiglie e filmato i bambini che guardavano la
telecamera coi loro occhi bruni senza speranza, si voltò verso di me chiedendomi
con disgusto: "Chi è responsabile di questa tragedia? Voglio saperlo!"
Questo libro ti dice, Nick, chi è stato responsabile di questa negligenza
mortale e senza senso.
Paul Polansky
(foto tratta da
Le
nouveau NH) - Fabricka, il quartiere Rom ed Askali a Mitrovica sud, un
anno dopo la loro cacciata da parte dei loro vicini albanesi, mentre le truffe
francesi osservavano senza agire. Nessuna casa è stata bruciata. Gli Albanesi
semplicemente hanno sventrato le case per sottrarne mattoni, infissi, porte e
finestre
Una storia personale dei campi di Kouchner
Anche se l'Armata di Liberazione del Kosovo (ALK) e gli estremisti di etnia
albanese iniziarono questa tragedia senza senso durante l'estate 1999, poterono
farlo semplicemente perché le truppe NATO francesi permisero che questa pulizia
etnica avesse luogo. Non successe in una sola notte. Ci vollero tre mesi perché
tutte le famiglie rom e Askali (circa 8.000 persone; la più grande comunità
zingara in Kosovo) abbandonassero le loro case.
Un mese dopo l'inizio, sentii della diaspora dei Rom di Mitrovica che
cercavano rifugio nel campo UNHCR dove lavoravo come consulente ONU per i loro
problemi "zingari". Presi una macchina in prestito e guidai verso la scena. Fu
uno strappo al cuore vedere genitori terrorizzati che portavano bambini in
pianto, trascinare valigie e tutto ciò che potevano portarsi dietro: una
pentola, un materasso, una radio. Quando arrivai, molti Zingari stavano
supplicando i soldati francesi armati di tutto punto di salvarli. Li raggiunsi,
chiedendo ai soldati francesi di intervenire. Un ufficiale francese mi disse
rudemente che le truppe NATO non erano una forza di polizia. Poi venni
trattenuto e portato al quartiere generale dell'esercito francese in un albergo
del centro città. Mi sequestrarono le foto e mi dissero che non avevo il
permesso di ritornare nel settore francese del Kosovo.
Una settimana dopo ritornai, usando un permesso stampa con un nome
differente. Trovai circa 800 Zingari di Mitrovica rifugiati in una scuola serba
sul lato opposto del fiume Ibar. Non avevano cibo, né sapone. I bagni erano
straripati. Ancora nessuna agenzia di aiuto li aveva scoperti; o, secondo
qualcuno, li ignoravano. Tramite Oxfam di Pristina portammo acqua da bere e
prodotti igienici, e poi riferii della loro situazione all'UNMIK. Qualche giorno
dopo l'UNHCR portò agli Zingari dei pacchi alimentari.
A metà settembre i Serbi rivolevano l'edificio per l'anno scolastico. Così le
truppe francesi e la polizia ONU spostarono gli Zingari in tende su di un'area
tossica abbandonata vicino al villaggio di Zitkovac.
Stavolta protestai direttamente col Rappresentante Speciale del Segretario
Generale (RSSG), dr. Bernard Kouchner. David Reily, capo dell'UNHCR, venne con
me. Depositi di scorie tossiche circondavano il campo zingaro. Potevi odorare
gli elementi tossici. Quando soffiava il vento, la polvere di piombo copriva
tutto e rendeva difficile respirare. Il dr. Kouchner, un famoso attivista
umanitario francese, mi assicurò che gli Zingari sarebbero rimasto su quel sito
solo per 45 giorni. Poi sarebbero stati riportati alle loro case e protetti
dalle truppe francesi o portati come rifugiati in un altro paese. Disse di
essere un dottore. Comprendeva il pericolo di minaccia alle vite nel vivere su o
accanto a depositi di scorie tossiche. Disse: "Come dottore, e come
amministratore capo del Kosovo, sarei miserabile se questa minaccia alla salute
dei bambini e di donne incinte continuasse per un solo giorno ancora." Dichiarò
anche che la situazione era un crimine.
A novembre tornai negli Stati Uniti per scrivere delle mie esperienze in
Kosovo. Quando tornai la primavera successiva per visitare gli insediamenti
delle minoranze in Kosovo e riportare delle loro condizioni alla Società per i
Popoli Minacciati (GFBV), visitai questi Zingari di Mitrovica. Non erano tornati
alle loro case o in un paese terzo. Ora erano alloggiati in baracche temporanee,
tutte su terreno contaminato.
Ero anche scioccato di scoprire che il mio amico David Reily, 50 anni, era
morto a gennaio nel suo appartamento a Pristina per un attacco di cuore. Il suo
sostituto, un Neozelandese di nome Mac Namara, si rifiutò di ricevermi e di
discutere la difficile situazione di questi 800 Rom/Askali nei campi UNHCR
contaminati dal piombo. Tuttavia, fui incoraggiato perché il dr. Kouchner aveva
ordinato alla propria squadra medica ONU di prendere campioni sanguigni dai
bambini zingari che vivevano sui depositi tossici, per vedere se le loro vite
fossero in pericolo.
Ritornai negli USA prima che i risultati fossero resi noti. Ma quando
ritornai in Kosovo la primavera seguente (2001) e trovai che gli Zingari
vivevano ancora in questi tre campi, amministrati dall'Agenzia svizzera di
Soccorso ACT e dal loro partner di sviluppo: Norwegian Church Aid, immaginai che
la squadra medica di Kouchner avesse trovato il sito sicuro.
Anche se io e Kouchner nel 2000 ci scambiammo della corrispondenza sulla
situazione degli altri Rom e Askali, della loro mancanza di libertà di movimento
in altre parti del Kosovo e sulla mancanza di aiuti umanitari, non vidi più
Kouchner.
Ora, vivendo a tempo pieno in Kosovo, mi tenevo in contatto regolare con gli
Zingari dei campi posti su terreni tossici. Quando nel 2002 ACT e NCA smisero di
consegnare cibo e prodotti igienici, iniziai a fornire agli Zingari quel poco
aiuto che riuscivo a trovare. Assunsi anche due sorelle romanì (Tina e Dija) per
insegnare migliori misure igieniche alle donne del campo e ai bambini, anche se
era difficile mantenere puliti i bambini dalla polvere che si alzava dai cumuli
di scorie, visto che passavano all'aperto la maggior parte del tempo.
Non compresi che c'era qualcosa di tragicamente sbagliato nel campo, finché
le due sorelle romanì non mi dissero che le donne del campo lamentavano un alto
numero di aborti e che molti dei bambini stavano sempre male (vomitavano e
cadevano in coma). Poi alcuni dei bambini morirono.
La morte che mi chiarì le idee su cosa stava succedendo nei campi fu quella
di Jenita Mehmeti, di quattro anni. Frequentava l'asilo del campo, quando la sua
maestra si accorse che Jenita stava perdendo la memoria e aveva difficoltà a
camminare. Fu portate nell'ospedale locale a Mitrovica e da lì trasferita
d'urgenza in ambulanza in un ospedale meglio equipaggiato a Kraguevac (Serbia).
Jenita rimase lì per tre mesi prima di morire. La causa della morte fu
diagnosticata in "herpes", un'infezione non fatale a meno di malfunzionamenti
del sistema immunitario. Come per l'Aids, l'avvelenamento da piombo distrugge il
sistema immunitario specialmente nei bambini di età inferiore ai sei anni.
Subito dopo la morte di Jenita nel 2004, una squadra medica ONU guidata
dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) fece l'esame del sangue a molti
bambini in tutti tre i campi, per vedere se avevano avvelenamento da piombo,
dato che i loro sintomi lo indicavano. I risultati scioccarono tutti. I livelli
di piombo in molti bambini erano più alti di quanto le apparecchiature mediche
potessero misurare. A novembre un rapporto OMS indicò che alcuni dei livelli di
piombo nei bambini di quei campi erano i più alti mai registrati nella
letteratura medica.
Fine prima puntata
Di Fabrizio (del 22/06/2010 @ 09:39:35, in Italia, visitato 1571 volte)
COMUNICATO STAMPA
Lo SCI Italia - Gruppo Regionale Sardegna- , in collaborazione col comitato
studentesco Forgotten e la provincia di Cagliari
presentano:
THE FORGOTTEN AMONG THE FORGOTTEN
Iniziative e dibattiti sula memoria della persecuzione nazi-fascista e sulla
situazione attuale di Rom e Sinti
venerdì 25 e sabato 26 giugno 2010
Cagliari, Sala Cosseddu, presso la Casa dello Studente in Via Trentino
Il 25 e 26 giugno 2010 lo SCI Italia (Gruppo Regionale Sardegna), in
collaborazione col comitato studentesco Forgotten e la provincia di Cagliari,
organizza a Cagliari il primo evento della seconda edizione del progetto
Forgotten, che tratterà le tematiche della discriminazione dei Rom e dei Sinti e
la memoria della persecuzione nazi-fascista, con dibattiti, conferenze e
proiezioni di video.
Programma dell'evento:
Venerdì 25 giugno
Dalle 17.00 SCI Italia
Introduzione al progetto The Forgotten among the Forgotten
ore 17.30 prof. Massimo Aresu
I Rom e Sinti in Italia
ore 18.15 Prof. Gianni Loy e prof. Roberto Cherchi
Problematiche giuridiche su Rom e Sinti
ore 19.00 Dibattito
ore 21.30 Proiezione del documentario "A forza di essere vento"
Sabato 26 giugno
Dalle 17.00 SCI Germania; SCI Romania; Roma Onlus; Mundi Romani – Hungary
Le persecuzioni di Rom e Sinti nel periodo nazifascista in Europa
ore 18.00 I volontari internazionali SCI e dott.sa Licia Porcedda
Le persecuzioni di Rom e Sinti nel periodo nazifascista in Sardegna
ore 19.00 SCI Italia e ospiti
Dibattito sulle prospettive di inclusione sociale Dei Rom
ore 22.00 Proiezione del documentario “Le donne vestivano gonne fiorite”
Partners dell'iniziativa:
Romà onlus, Romamedia Foundation, Centrul National de Cultura a Romilor, SCi
Germania,SCI Romania
Per informazioni:
www.theforgotten.eu -
sardegna@sci-italia.it
Dal 1948 Servizio Civile Internazionale. Onlus
Membro consultivo dell'UNESCO e del Consiglio d'Europa
ONG riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri
Elena Cavassa
e-mail: evs@sci-italia.it
Tel. 06/5580661-644
Gruppo SCI Sardegna
sardegna@sci-italia.it
Di Fabrizio (del 21/06/2010 @ 09:46:36, in casa, visitato 1800 volte)
Da
Slovak_Roma
17 giugno 2010 Fermate gli sgomberi dei Rom in Slovacchia -
Per firmare l'appello di Amnesty International (testo in calce)
Image: L'insediamento romanì a Plavecky Stvrtok. Copyright: Amnesty
International
"Non posso credere che nella Slovacchia di oggi, un paese che è
nell'Unione Europea, lui [il sindaco del villaggio di Plavecký Štvrtok]
voglia rendere senza un tetto 600 persone." Aneta, donna romanì, abitante
dell'insediamento.
Circa 90 famiglie romanì a Plavecký Štvrtok, un villaggio a circa 20 km.
a nord della capitale Bratislava, sono di fronte alla minaccia di essere espulsi
a forza dalle loro case, situate al margine del villaggio, da parte delle
autorità locali entro le prossime settimane.
I Rom hanno vissuto sullo sulla stessa terra di Plavecký Štvrtok per diverse
generazioni. Ma solo negli ultimi mesi è stato chiesto loro dal comune di
provare la legalità delle loro case, tramite l'esibizione dei permessi di
costruzione, certificati di proprietà ed altri documenti.
E' stato detto loro che se non avessero fornito la documentazione necessaria,
ci sarebbero stati ordini di demolizione. Nella maggior parte dei casi i Rom non
possiedono questi documenti, in quanto non sono proprietari del terreno su cui
vivono.
Da gennaio, il comune ha notificato a 18 famiglie di demolire le loro case
entro tre mesi, dato che non avevano fornito i documenti necessari. Se non
l'avessero fatto, il comune avrebbe mandato i bulldozer a demolirle.
Darina, una delle abitanti dell'insediamento ha detto ad Amnesty
International: "Non abbiamo dove andare. Questa è casa nostra. Ognuna delle case
è stata costruita dalla nostra gente, senza nessun aiuto. [...] Ognuno qui ha
dovuto costruire la sua casa coi propri sforzi."
"Questo sgombero avverrà senza riguardo per centinaia di persone, incluse
famiglie con bambini, che non sono state consultate per individuare alternative
allo sgombero od opzioni di reinsediamento, o neanche informate adeguatamente
sul potenziale sgombero," ha detto David Diaz-Jogeix, vice direttore di Amnesty
International per l'Europa e l'Asia Centrale.
Le autorità hanno detto che una delle ragioni del progettato sgombero forzato
è stata la preoccupazione per la sicurezza pubblica, dato che sette case sono
costruite entro l'area di rispetto di 8 m. attorno ad un gasdotto, e la maggior
parte delle altre case sono ad una distanza di 50 m.
Ma gli standard usati per Rom e non-rom sembrano essere differenti. A nessuna
delle famiglie non-rom, le cui case pure sono costruite nella stessa "zona di
protezione", è stato notificata l'ordinanza di demolizione o è stata contattata
in qualche modo dal comune. Ciò fa crescere le preoccupazioni per un trattamento
discriminatorio.
Nel contempo le autorità non stanno considerando nessuna possibilità di un
alloggiamento alternativo, violando gli impegni internazionali della Slovacchia
sui diritti umani.
Il giornale Slovak Spectator ha riportato il 19 aprile che il sindaco di Plavecký
Štvrtok ha dichiarato che il comune ha rigettato l'idea di costruire alloggi
popolari come soluzione, "perché il villaggio dovrebbe investirvi tropo e gli
appartamenti sarebbero del comune. La loro gestione costerebbe molto denaro e
sappiamo molto bene come questi cittadini intendono gli alloggi - in pochi anni
sarebbero tutti in rovina."
"Una dichiarazione simile indica un disinteresse totale degli obblighi della
Slovacchia di garantire un alloggio adeguato a tutti, senza discriminazione," ha
detto David Diaz-Jogeix.
"Le autorità devono assicurare che nessuna famiglia venga resa senza tetto o
vulnerabile alla violazione di altri diritti umani come conseguenza di sgombero.
Questo include fornirle di rimedi legali, incluso quello di un compenso per la
distruzione delle loro case e proprietà. Il governo ha il dovere di assicurare
che le autorità di Plavecký
Štvrtok rispondano alla legge internazionale dei diritti umani."
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