Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 19/02/2010 @ 12:34:35, in Italia, visitato 2079 volte)
Campo Rom Tor Dè Cenci,
Via Pontina 601, Roma - l'appuntamento su
Facebook
Come molti di voi sanno, le famiglie del Campo di Tor De Cenci stanno
rischiando di abbandonare, senza alcun motivo plausibile, il campo dove
risiedono da almeno 15 anni, che fu voluto dall'Amministrazione Comunale romana
(la quale assegnò i container alle famiglie) e che ora, per motivi sconosciuti
ai più, dovrebbe essere trasferito a Castel Romano.
I Rom stanno lottando per conservare quello che è un loro diritto, il
rimanere "a casa propria" (se di casa si può parlare nei campi rom... ma
meglio che niente).
Ma non è facile, non è mai facile, e le famiglie hanno bisogno di noi ora.
Hanno bisogno del nostro apporto tutti i giorni, per stare loro vicino,
parlare della situazione, fargli sentire che siamo sempre li con loro.
Hanno bisogno di noi, di noi che percorriamo il campo, di noi che giochiamo e
studiamo con i loro figli, di noi che ci interessiamo di questa vicenda
inammissibile.
Hanno bisogno anche solo di un saluto al giorno, di offrirci il caffè, di due
chiacchiere.
Non lasciamoli soli: siamo tutti invitati, almeno fino a lunedì 22 febbraio
(giorno in cui dovrebbero andare nuovamente a colloquio con assessorato e
prefettura), a frequentare il campo, ad andarci a sedere a casa loro e
chiacchierare, non importa che siano chiacchiere costruttive, in questo momento
è importante stargli vicino.
Vi aspettiamo insieme alle famiglie Rom per un kafava o un sok: solidarietà e
amicizia per i Rom!
Gaia Moretti
Paolo Perrini
Renato Patanè
Davide Zaccheo
Di Fabrizio (del 19/02/2010 @ 09:33:58, in Italia, visitato 1919 volte)
Segnalazione di
Eugenio Viceconte
ROSSA
PRIMAVERA
Il nomade va deportato a prescindere. Non importa che viva in un campo
regolarmente attrezzato, che i suoi figli vadano a scuola e che lui lavori e
cerchi di integrarsi. Il teatro designato per una delle più dissennate
operazioni di politica sociale che si possano immaginare è un villaggio di 350
rom di origine bosniaca, macedone e montenegrina, appartato in località Tor dè
Cenci, su una collinetta accanto alla Via Pontina, che da Roma conduce a Latina.
Ieri mattina mentre in un'altra parte della città veniva buttata giù, sotto gli
occhi del sindaco Gianni Alemanno, l'ultima baracca dell'insediamento abusivo "Casilino
900", che verrà bonificato e trasformato in parco, gli abitanti del villaggio di
Tor dè Cenci hanno atteso a lungo e invano, sull'ampio piazzale d'ingresso,
l'arrivo del prefetto o di suoi alcuni collaboratori che avrebbero dovuto
spiegare le modalità di quell'imminente assurdo sgombero. Hasko, il portavoce
del villaggio, non sapeva darsi pace: "Siamo qui da 15 anni e gli abitanti di
Tor dè Cenci non si sono mai lamentati di noi. In tutto questo tempo non è mai
stata rubata un'auto, non è mai sparito un portafoglio. I nostri bambini vanno a
scuola qui, io stesso faccio parte dell'esecutivo del Comitato di quartiere". Il
villaggio di Tor dè Cenci è stato inaugurato nel 1995 dall'allora sindaco
Francesco Rutelli: i nomadi vivono in 55 container modello Protezione Civile e,
secondo i calcoli dell'ARCI, il comune ha speso fino ad oggi 5 milioni di euro
per costruirlo, recintarlo e allacciare l'acqua, la luce elettrica, il telefono,
le fogne. Dei 350 occupanti, ben 200 sono minori, ma non contando i bambini da 0
a 3 anni e i ragazzi con più di 16 anni, esclusi dall'obbligo scolastico,
arriviamo ai 110 iscritti a scuola. "Di questi ben l'80% ha una frequenza
regolare, una delle medie più alte fra tutti i campi rom di Roma" osserva Paolo
Perrini che coordina i progetti di scolarizzazione dei nomadi per conto
dell'ARCI. Ogni mattina arrivano i pulmini comunali a "distribuire" bimbi e
ragazzi in un ampio parco di complessi scolastici, in modo da evitare classi e
scuole ghetto. Non giungono così di frequente, invece gli automezzi dell'AMA,
l'azienda comunale della nettezza urbana: in media un paio di volte la
settimana, nonostante per convenzione dovrebbero passare due volte al giorno.
Così pile di rifiuti sono accatastate attorno ai cinque cassonetti
dell'ingresso. I ragazzi di cittadinanza italiana sono una trentina e sventolano
a richiesta carte d'identità un po' logore e passaporti: sono quelli nati in
Italia che hanno potuto documentare, attraverso certificati scolastici,
vaccinazioni e altro, la continuità di residenza dalla nascita al diciottesimo
anno d'età. Simone, 22 anni, e Ibrahim, 20, hanno prestato servizio civile
nell'Opera Nomadi. Bryan fa il parrucchiere in un negozio dell'EUR. Il mestiere
dominante nel gruppo, è la separazione del ferro dal piombo e dal rame, per
vendere il tutto al mercato all'ingrosso. "Niente binari del treno - giurano -
svuotiamo le cantine e abbiamo la partita IVA". Il progetto dell'Assessore alle
Politiche Sociali, Sveva Belviso è di chiudere il villaggio trasferendo gli
occupanti 20 km più a Sud, nel campo di Castel Romano, che ospita già 800 rom,
per onorare la promessa fatta in campagna elettorale agli elettori del suo
municipio, il dodicesimo. I nomadi hanno scritto una lettera aperta alle
"autorità preposte", perché ci ripensino: "A chi non conviene aggravare la
situazione - trasferendoci in un campo già grande e disagiato, al di fuori di
qualsiasi contesto urbano?". L'hanno consegnata al commissario del Croce Rossa
Italiana Marco Squicciarini, che ha assicurato il suo appoggio: la Croce Rossa
Italiana non fornirà alcun apporto logistico allo sgombero, contro il quale si è
mossa da Londra pure Amnesty International
Di Fabrizio (del 19/02/2010 @ 09:00:57, in casa, visitato 1564 volte)
Da
Roma_Daily_News
Radikal, 11/02/2010
Le famiglie rom obbligate a lasciare Selendi (Manisa) dopo che il loro
quartiere è stato attaccato e dato alle fiamme (vedi
ndr), sono arrivate a Salihli (Gordes), dove lo stato aveva promesso loro
assistenza, ma non ha mantenuto le promesse. Oggi, soltanto poche famiglie
possono cucinare qualcosa nelle loro abitazioni temporanee. Qualcuno può
scaldarsi la casa, ma la maggioranza manca di legna da bruciare e di acqua
calda, così lavarsi è un lusso. Soltanto metà delle case hanno acqua
corrente. "Non puoi stare bene e sano in queste condizioni", dicono i Rom, "nel
passato ogni famiglia aveva un tetto sopra la testa, ma ora ci sono fogli di
plastica e per ogni casa ci sono tre famiglie". Il materiale per i miglioramenti
di queste proprietà, per renderle abitabili alle famiglie rom, è accatastato lì
vicino nella locale moschea.
Inoltre, secondo il governatore del distretto di Salihli, i Rom sono vittime
di discriminazione nella loro nuova collocazione. "Anche quando ricorriamo allo
stato per trovare case per le famiglie rom, i proprietari non vogliono
affittare," dice. "Se sono per le famiglie rom, ci dicono, non li vogliamo nei
nostri appartamenti."
La comunità rom ha vissuto a Selendi, Manisa, per oltre trent'anni. A
Capodanno ci fu un diverbio ed in una casa del te non volevano servire un Rom,
anche se il proprietario del locale si giustifica dicendo che il Rom stava
fumando nel locale (la legge turca, in linea con le politiche UE, proibisce di
fumare sigarette nei ristoranti, bar e caffè aperti al pubblico). A seguito di
ciò, iniziò una "spedizione punitiva" contro il quartiere rom, con lancio di
pietre contro le case ed auto bruciate per le strade. Grazie all'aiuto della
locale Jandarma (gendarmeria), le famiglie si rifugiarono nella vicina città di
Gordes. La questione ebbe ampio risalto sui media, con i parlamentari che per
giorni dopo l'accaduto, focalizzarono la loro attenzione sul problema dei "Rom-in-esilio".
Le autorità fecero promesse. "Queste ferite saranno rimarginate. Ai Rom verranno
date nuove case." Invece, le famiglie vennero separate, i parenti divisi, mentre
altra furono obbligate a vivere in condizioni ristrette di tre famiglie a
condividere piccole case a Salihli. Un mese dopo, il dramma è finito e 18
famiglie stanno vivendo nella miseria...
Dr. Adrian Marsh
Researcher in Romani Studies
adrianrmarsh@mac.com
+46-73-358 8918
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 13:57:47, in Italia, visitato 2130 volte)
Da
NO(b)LOGO
Giovedì 18 febbraio 2010 si renderà omaggio al ricordo di Petru Birlandeanu,
il musicista romeno ucciso per errore il 26 maggio 2009 in agguato alla Stazione
Cumana di Montesanto.
Lì, verrà esposta in una teca la sua fisarmonica presso la stazione della
Cumana di Montesanto, l’assessore regionale alle Politiche sociali e
all'Immigrazione Alfonsina De Felice rende omaggio alla memoria di Petru
Birlandeanu.
L’assessore esporrà in una teca la fisarmonica del musicista romeno ucciso
per errore, il 26 maggio 2009, da un commando di camorristi.
Tiene la prolusione della cerimonia Pasquale Colella, professore di
Diritto Canonico presso l'Università degli Studi di Salerno e direttore della
rivista “Il Tetto”. Partecipano Raffaello Bianco, amministratore delegato Sepsa;
Alessandro Pansa, prefetto di Napoli; Santi Giuffrè, questore di Napoli; Razvan
Victor Rusu, ambasciatore straordinario e pluripotenziario della Romania; Ciro
Accetta, direttore dell’Ente Autonomo di Volturno; Giulio Riccio, assessore
comunale alle Politiche Sociali; don Gaetano Romano, vicario episcopale per la
Carità. Saranno inoltre presenti Enzo Esposito dell’Associazione Opera Nomadi di
Napoli, Marco Rossi della Comunità di Sant'Egidio e i sindacati Cgil, Cisl e
Uil.
Omaggio a Petru Birlandeanu 18 febbraio 2010 - NapoliToday.it
Tutti presenti a commemorare Petru ... tutti tranne i rom ... non vedo un
solo rom tra gli invitati.
Dell'etnia di Petru non si fa parola, gli zingari quando sono cattivi sono rom,
anzi rrom come li chiama la società maggioritaria rumena per non fare
confusione.
Se sono vittime della nostra criminalità ritornano magicamente rumeni
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 09:43:04, in Europa, visitato 1533 volte)
Da
Bulgarian_Roma
TOLblogs
Nel quartiere rom di "Iztok" della città di Kiustendil, nel sud ovest, un
gruppo di giovani volontari assieme all'associazione LARGO ha raccolto la somma
di 412,57 leva ($290) per aiutare i bambini di Haiti. L'iniziativa è stata
condotta da Botselin Mitkov, un attivista locale.
I fondi raccolti per Haiti
Il 3 febbraio i volontari, forniti di urne della Croce Rossa bulgara, hanno
iniziato a raccogliere fondi, fiduciosi che i Rom sarebbero stati generosi
rispetto a quanto accaduto ad Haiti. In cinque giorni hanno coperto tutti i
caffè ed i negozi locali del quartiere. Hanno anche visitato parecchie scuole.
Il gruppo dell'associazione LARGO, lo staff dell'ufficio per il lavoro del
quartiere, come pure i gestori del club culturale "Vassil Levski" hanno
contribuito tutti. Anche le chiese del quartiere hanno fornito supporto.
Alle 11.00 dell'8 febbraio i volontari hanno aperto le urne e contato i fondi
raccolti sotto la supervisione dei media locali. Si erano riuniti 412.57 leva.
Volontari a Kiustendil
Il direttore esecutivo di LARGO, Stefan Lazarov, ha detto che ciò che
hanno fatto i volontari è una bella impresa. "Se possiamo, aiutiamo,
indipendentemente che si tratti di un Rom,un Tedesco o un Bulgaro... non è
importante quanto denaro raccogliamo, quello che importa è il gesto. I volontari
hanno agito in buona fede e per una buona causa, per aiutare i bambini ad Haiti".
Ha aggiunto che "qualcuno non solo ha donato denaro, ma anche propagato la
campagna via SMS."
Secondo l'ufficio nazionale del lavoro, il 96% degli abitanti del quartiere "Iztok"
è disoccupato.
"Tutti noi guardiamo la TV. Negli ultimi giorni i bambini sofferenti di Haiti
erano diventati la notizia principale. Tutti sanno di loro e della tragedia che
gli è capitata. Abbiamo saputo di quanti paesi avessero raccolto fondi per il
futuro di quei bambini. E per questo che noi ed i volontari abbiamo deciso di
intraprendere questa iniziativa e di cercare di aiutarli," dice Botselin.
Ha condiviso che loro non avevano grandi aspettative, perché molta gente è
senza soldi. Ma non ha nascosto di essersi mosso in virtù del fatto che per
compassione la gente avrebbe donato sino all'ultimo centesimo.
– by Ognyan Isaev
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 09:24:31, in Regole, visitato 1686 volte)
Segnalazione di
Stefania Cammarata
CRONACA
Fa ricorso per infortunio e ottiene un risarcimento di 400.000 euro. Ma
l'uomo, cittadino italiano, non può ricevere i soldi
Il Garante dei diritti dei detenuti: "Gli istituti di credito hanno fatto
intendere che si trattava di un cliente indesiderato"
ROMA - "Una vicenda kafkiana". E' con queste parole che Angiolo Marroni, Garante
dei diritti dei detenuti del Lazio, descrive questa storia. Il protagonista è un
giovane cittadino italiano di origine rom che, prima di essere arrestato per
reati contro il patrimonio, aveva vinto una causa per infortunio contro l'Ater,
le Aziende Territoriali per l'Edilizia Residenziale Pubblica. Circa otto anni
fa, infatti, l'uomo, affittuario di un appartamento di proprietà dell'Ater, era
caduto all'interno dell'abitazione. Poco dopo aveva fatto causa per i danni
fisici subiti. Al termine del procedimento, la sentenza del giudice: l'uomo ha
diritto a un risarcimento di oltre 400.000 euro da pagare con un bonifico
bancario.
Una cifra niente male, che l'interessato non è però riuscito a incassare.
Nonostante le ripetute richieste indirizzate dal suo legale a svariate filiali
di diverse banche, "nessun istituto di credito - spiega in una nota Marroni - ha
permesso che l'uomo aprisse un conto corrente dove far accreditare tali fondi".
Quello che è emerso chiaramente dalle risposte, messe anche per iscritto, è che
il cliente è stato giudicato "indesiderato". "Il sistema creditizio - continua
il garante - ha deciso che quest'uomo è un cittadino diverso dagli altri. Per
questi motivi ho chiesto ai miei uffici di acquisire la documentazione degli
istituti di credito che hanno rifiutato l'apertura del conto corrente per
segnalarle sia all'Abi che alla Banca d'Italia".
Il protagonista della vicenda è attualmente detenuto nel carcere di Viterbo dove
è stato da poco trasferito. La pena giungerà a termine entro la fine di
quest'anno.
(16 febbraio 2010)
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 08:55:49, in Italia, visitato 1671 volte)
Ricevo da
Davide Zaccheo
Stamattina verso le 11.00 un gruppo di rom di Tor de Cenci è stato invitato
dall'Assessora alle Politiche Sociali Sveva Belviso a una riunione riguardante
il prossimo spostamento che riguarderebbe proprio il campo di Tor de Cenci. Alla
riunione erano stati invitati solo i tre portavoce delle tre comunità del campo,
ma vista la tensione creatasi al in questi mesi riguardo lo sgombero, si sono
presentati all'invito almeno in venti, ognuno a fare da portavoce delle diverse
famiglie allargate, ognuna con un propria idea. La telefonata dell'assessora è
avvenuta esattamente il giorno dopo la mobilitazione dei rom di Tor de Cenci che
insieme a tutte le associazioni che operano al campo, insieme al Comitato di
Quartiere, agli scout, alla presenza di associazioni internazionali per la
Difesa dei Diritti Umani come Amnesty International e European Roma Right
Center, di politici e di liberi cittadini provenienti non solo da Spinaceto ma
da tutta la città, hanno detto chiaramente che vogliono rimanere in quel campo
rifiutando qualsiasi deportazione in un campo già affollato (Castel Romano). A
registrare questa manifestazione testate giornalistiche radiotelevisive e carta
stampata.
Ed è proprio dalla carta stampata che abbiamo capito il giorno dopo che la
mobilitazione qualche suo effetto ce lo aveva avuto. L'Assessora come si dice:
“ha alzato il tiro”. Su un intervista rilasciata dalla stessa, alla fine
dell'articolo dichiarava che Tor de Cenci è il campo rom con il più alto tasso
di criminalità di Roma con traffico di armi e spaccio di droga. Ora, o la
Belviso ci mostra qualche denuncia per traffico di armi, oppure ci dice da dove
e come ha ricevuto certe informazioni. Al campo è possibile che ci siano degli
spacciatori, ma la stragrande maggioranza degli abitanti del campo sono anni che
aspetta che arrivi qualcuno e li arresti. Sappiamo tutti che il problema del
traffico di droga non è solo del campo ma dell'intero quartiere di Tor de Cenci,
e se si analizzasse il Tevere, il tasso di sostanze stupefacenti sarebbe
sbalorditivo, e se poi si facesse una capatina a Montecitorio……….
L’incontro è stato aperto dall’Assessora cercando di convincere i rom della
“bontà” delle sue decisioni a fronte del “buon” esito del trasferimento di
Casilino, subito contestato dai rom presenti che hanno accolto un’anziana
montenegrina che non aveva trovato posti adeguati e dalle lamentele dei
“trasferiti” a Candoni che attendevano il lavoro promesso, e dei parenti
macedoni che stazionano al Cara in attesa della promessa destinazione alla
“Barbuta”, e il sovraffollamento indecente di Salone. Alla decisa e ferma
posizione di tutti i rom presenti Assessora e entourage, Di Maggio, Scozzafava,
Lattarulo, rappres. Prefetto, con in più Najo di casilino che verbalizzava (?) ,
hanno chiesto 2 giorni di riflessione prima di accettare la lettera dei rom
firmata da tutti gli abitanti del campo che chiede la rimessa in sicurezza del
campo di tor de cenci, conveniente anche economicamente, e il ripristino della
legalità allontanando le persone arrestate per spaccio, e non per andare a
Castel Romano.
Ritornati a casa i capifamiglia hanno riportato in assemblea gli esiti, avendo
la netta impressione che se si rimane uniti e compatti, resistendo anche a
velate offerte stile piatto di lenticchie, per pochi , d’ora in poi alla
trattative ci si và in 12, per sicurezza anticoncussione, e che pure un avvocato
poteva aiutare.
Ma la cosa più sconcertante sono le dichiarazioni dell' Assessora apparse oggi
sul
quotidiano Il Tempo. La Belviso sospetta che la protesta del 15 sia stata
aizzata e pilotata dalle cooperative che temono di perdere la sopravvivenza con
lo sgombero del campo. Con questa dichiarazione la Belviso è convinta che i Rom
siano persone talmente stupide da poter essere strumentalizzate e soprattutto
aizzate da associazioni e cooperative che non hanno nessun interesse se non
quello etico e umanitario. I rom, se uniti, hanno forti capacità di decisione,
soprattutto se la decisione riguarda la loro vita e quella dei loro figli. La
manifestazione del 15 ne è stata la prova. Inoltre, l'Assessora è convinta che i
rom siano doppiamente stupidi da poter accettare un trasferimento in cambio
promesse di lavoro (come è stato fatto a Casilino) e fondi stanziati in favore
di due o tre cooperative rom. Un trasferimento in un altra area dove vivono già
centinaia di rom, dove non c'è acqua potabile, e soprattutto circondata da prati
e boschi dove tutto si può fare tranne inclusione sociale.
Comunque a breve ci sarà un seminario transnazionale che si svolge sempre a Roma
il 25 e 26 febbraio "Structural Funds: Investing in Roma inclusion at the local
and regional level" promosso dalla Commissione Europea, che illustra il modo
migliore con cui possono essere utilizzati i Fondi Strutturali per promuovere
l'inclusione sociale: ci pensi bene!!!
A questi due eventi saremo felici di partecipare insieme ai rom di Tor de Cenci
o almeno a quelli che vorranno venire.
Davide e Paolo Operatori Arci solidarietà Onlus
Di Fabrizio (del 17/02/2010 @ 09:30:39, in Italia, visitato 1618 volte)
Gazzetta di Mantova
Guerra della Lega ai nomadi "Cacciamoli dai nostri Comuni"
Si acuisce lo scontro sugli accampamenti nel Mantovano. L'Opera Nomadi si
rivolgerà ai giudici.
Sindaci leghisti sul piede di guerra contro gli accampamenti di famiglie
nomadi. Le sei amministrazioni comunali guidate dal Carroccio in provincia
faranno scattare un'ordinanza per vietare pernottamento e campeggio di camper,
case mobili e simili sul territorio comunale. Nel mirino dei sindaci lumbard non
ci sono i turisti a quattro ruote ma i nomadi, sinti o rom che siano. In tre
paesi il provvedimento è già stato emanato, per gli altri è solo questione di
giorni. La campagna è stata lanciata nel quartier generale della Lega.
A innescare la miccia la vicenda del trasferimento di famiglie sinte dal
Bresciano verso Birbesi di Guidizzolo e Gazzo di Bigarello, con le polemiche che
ne sono seguite, è stata la miccia che ha innescato l'iniziativa leghista.
D'altra parte la questione dei campi nomadi è uno dei capisaldi della politica
leghista fin dai suoi esordi.
«L'integrazione non è una bella cosa perché confonde le matrici culturali. Noi
facciamo la raccolta differenziata, loro lasciano l'immondizia per strada», è il
cappello politico dell'iniziativa dei sindaci leghisti spiegato da Vincenzo
Chizzini, segretario della circoscrizione leghista città-medio mantovano. Che ha
così riassunto la ratio dell'ordinanza anti-nomadi già in vigore a Guidizzolo,
Ceresara e Bozzolo e che sarà presto promossa a San Giovanni del Dosso,
Castelbelforte e Pomponesco. Ideatore della delibera è il sindaco guidizzolese
Graziano Pellizzaro.
Nel suo territorio, a Birbesi, il comune di Brescia ha acquistato attraverso la
società Brixia Sviluppo, un terreno per l'insediamento di tre famiglie sinte.
«L'ordinanza - ha spiegato Pellizzaro - rimedia a una carenza normativa. Come
spesso capita, c'è stato bisogno di incappare nel problema prima di
ufficializzare la regola». Pelizzaro, tuttavia, sostiene che non si tratta di
una ordinanza anti-nomadi. «Vogliamo che chiunque viva a Gudizzolo lo faccia in
maniera decorosa - dice - mai avuto problemi abitativi».
Di più. Secondo il primo cittadino guidizzolese, l'ordinanza non sarebbe altro
che l'adeguamento del regolamento comunale alla legge 12 della Regione. «Niente
razzismo, solo buon senso», dicono un po' tutti i presenti. «Il nostro esempio -
dice il sindaco di Ceresara, Enzo Fozzato - deve essere Treviso e il nostro
obiettivo la vivibilità del comune». Controllo del territorio e ordinanze ad hoc
per risolvere questioni che potenzialmente potrebbero creare problemi nei
territori guidati da esponenti del Carroccio. «Il controllo del territorio -
continua Fozzato - è uno dei compiti più importanti dell'amministrazione. Un
sindaco interviene per risolvere i problemi dei cittadini. Da noi, ad esempio,
non possono essere introdotti volantini pubblicitari nella cassette della
posta».
Ma la questione nomadi (termine che in realtà è il più delle volte inappropriato
perché riferito a comunità stanziali) non è certo paragonabile ad un ordinario
problema di paese. Basti pensare che la decisione del comune di Brescia di
smantellare il campo nomadi e di trasferire una parte delle famiglie sinte che
vi abitano a Birbesi e a Gazzo (dove l'amministrazione di centrosinistra sta
meditando di prendere iniziative simili nella sostanza a quelle di Guidizzolo)
ha provocato un incidente diplomatico non solo tra gli enti coinvolti, ma anche
tra lumbard e Pdl. A guidare la giunta bresciana c'è il pidiellino doc Adriano
Paroli, già commissario provinciale di Forza Italia a Mantova. (v.c.)
(15 febbraio 2010)
Di Fabrizio (del 17/02/2010 @ 09:09:06, in Italia, visitato 2071 volte)
Da
NO(b)LOGO
Nel XII municipio di Roma risiedono da almeno 10 anni, ed in alcuni casi da
più di 20, circa 350 persone ospitate in uno spazio attrezzato e recintato con
container e servizi.
Uso il termine "risiedono" perché hanno tutti la residenza anagrafica
nel quartiere e se il cartello stradale sulla SS Pontina indica "Campo
Nomadi", non sono e non si sentono nomadi, anzi auspicano ad una
stabilizzazione che favorisca processi di integrazione.
I 150 e più bambini frequentano le scuole nel quartiere, pochi (ma
qualcuno c'è) frequentano anche le superiori. Le donne fanno la spesa
nel quartiere, gli uomini si occupano di raccolta di materiale ferroso. Il
campo usufruisce dei progetti di scolarizzazione e le attività vengono
gestite dai mediatori dell'ARCI.
Quanto all'origine sono in prevalenza di provenienza bosniaca, con un nucleo
più piccolo di origine Macedone, sono in italia da almeno 20 anni venuti a
seguito della dissoluzione della Jugoslavia e prevale la situazione di
apolidia di fatto caratteristica della non gestione trentennale della
situazione di questi profughi.
Parecchi della seconda generazione però sono riusciti a superare la giungla
burocratica e sono diventati cittadini Italiani.
Ovviamente non sono tutte rose e fiori, ed è ineluttabile che, in una
situazione di emarginazione e di estrema difficoltà di accesso al lavoro,
parte della popolazione poi finisca a cadere in situazioni di illegalità e
di micro criminalità.
Questa comunità è il prossimo bersaglio del Piano Nomadi di Alemanno e del
Prefetto Pecoraro.
Qui le ragioni dello sgombero minacciato sono completamente diverse da quelle
del Casilino 900.
L'insediamento è solo per motivi burocratici "non ufficiale", in quanto
gli arrivi, fino all'ultimo derivante da uno sgombero del 2001 di un
insediamento al Casilino 700 sono sempre stati concordati con
l'amministrazione.
La situazione abitativa non è diversa da quella dei campi "ufficiali" di
Castel Romano e Salone. Container con servizi e recinti. Il livello di
degrado, non diverso da quello di Castel Romano. Anzi a Castel Romano
l'acqua non è potabile mentre Tor de' Cenci è allacciato all'acquedotto
romano.
La situazione di degrado, non drammatica, del campo deriva dal fatto che i
container sono ormai vetusti e che non è disponibile un'area per le attività
del riciclo del rottame e quindi gli scarti restano sul piazzale di ingresso
(problema identico c'è a Castel Romano).
Il campo ha però l'"anomalia" di essere in prossimità del quartiere di
Spinaceto/Tor de' Cenci e quindi i residenti "non rom" e rom nei
negozi, nelle scuole, al mercato vengono a contatto.
Sulla "sgradevolezza" di questo contatto e sulle pulsioni razziste
del quartiere si è costruita la carriera politica l'assessore alle politiche
sociali Sveva Belviso
eletta nella circoscrizione proprio cavalcando l'ostilità dei residenti nelle
case contro i residenti nei container.
Suona quindi come voler pagare "un debito elettorale" la pressione
dell'assessore sulla comunità di Tor de' Cenci.
I residenti del campo hanno lanciato un appello per spiegare le loro ragioni.
Roma, lettera aperta dei Rom del villaggio attrezzato di Tor de Cenci
Siamo persone Rom, bosniaci, macedoni e montenegrini, e alcuni dei
nostri figli hanno ottenuto la cittadinanza italiana.
Abitiamo dal 1995 nel villaggio di Tor de Cenci, da quando il sindaco
Rutelli ci trasferì assegnandoci un container a famiglia.
Non abbiamo mai avuto problemi di alcun tipo con i cittadini di Tor de Cenci
e Spinaceto, anzi, la nostra integrazione è dimostrata dalla partecipazione
nel locale comitato di quartiere e dalle frequenze regolari nelle numerose
scuole dove i nostri figli sono iscritti.
Dopo anni di abbandono da parte delle istituzioni cittadine preposte
l'attuale sindaco Alemanno ci impone di trasferirci nel grande campo, che
già ospita 800 nostri fratelli, di Castel Romano.
Perchè?
Sappiamo che l'assessora Belviso aveva promesso in campagna elettorale ai
cittadini italiani il nostro trasferimento, ottenendo qualche voto in più.
Sappiamo che su di noi si giocano interessi politici che fanno leva su
pregiudizi e stereotipi alimentando paure e razzismi vergognosi.
Siamo uomini e donne alla ricerca di dignità e rispetto come tutti voi.
Come mai, con le note difficoltà di sistemarci in aree attrezzate difficili
da trovare, si vuole smantellare Tor de Cenci, che a differenza di Casilino
900, è un campo attrezzato costato ai cittadini italiani milioni di euro,
per aggravare la situazione trasferendoci in un campo già grande e disagiato
al di fuori di qualsiasi contesto urbano? A chi conviene?
Chiediamo alle autorità preposte di ripensarci.
Nel 2009 abbiamo subito quattro censimenti da parte di polizia (in foto),
carabinieri, croce rossa e vigili urbani, ora il prefetto vuole ripetere un
altro censimento per scegliere chi è buono e chi cattivo. Siamo stanchi di
subire, ci opporremo con tutte le forze che abbiamo a fianco di chiunque
voglia
DIFENDERE LA DIGNITA' DEI ROM PER DIFENDERE UN PO' DELLA PROPRIA.
NO ALLA DEPORTAZIONE DEI ROM
la Comunità Rom di Tor de Cenci
Ieri, appoggiati dall'ARCI, da Amnesty, dall'AGESCI, da associazioni
cattoliche hanno atteso invano il prefetto e le autorità cittadine e municipali
per spiegare le loro ragioni ed hanno organizzato una conferenza stampa. Erano
presenti numerosi giornalisti, qualche blogger. Era presente il prof. Brazzoduro
che è un eminente antropologo e profondo conoscitore della realtà sociale e
della cultura Rom e Sinti.
Le autorità invece non si sono viste, Il sindaco e l'assesore Belviso erano al
Casilino 900 per la cerimonia di chiusura, ma forse spaventati dal confronto con
associazioni come Amnesty International, non si sono visti neanche gli
amministratori del municipio.
A distanza l'Assessore Belviso ha parlato di Tor de' Cenci:
'Siamo consapevoli - continua Belviso- che per ogni cambiamento ci vuole tempo e
concertazione fra le parti, ma siamo convinti che, come si e' verificato per
Casilino 900, anche per Tor de Cenci, attraverso il dialogo e il coinvolgimento
delle stesse comunita' rom, supereremo le diffidenze e i timori presenti oggi.
Ma soprattutto - conclude Belviso- riusciremo a restituire al territorio la
legalita' e il decoro che merita e a dare dignita'' a quelle persone che
vogliono condividere con l'Amministrazione un percorso di inclusione e rispetto
delle regole''.
ROMA: BELVISO, CON CHIUSURA TOR DE CENCI 'FINE' A SIMBOLO DEL DEGRADO
Era invece presente Daniele Ozzimo del Partito Democratico che nel consiglio
Comunale è Vice Presidente della Commissione Politiche Sociali.
Si spera che le dichiarazioni fatte alla stampa, che qui riporto, non siano solo
chiacchiere pre-elettorali ad uso del bacino di voti dell'associazionismo,
ma siano invece una presa di posizione per il PD che spesso anche nei circoli di
Spinaceto e Tor de' Cenci non è stato benevolo (eufemismo) nei confronti dei
residenti rom del quartiere.
“Esempio emblematico della strumentalizzazione elettorale su cui è tarato il
piano nomadi, è l’annunciato sgombero del campo di Tor de Cenci che, a
differenza di Casilino 900, è un campo attrezzato nel quale ad oggi sono ospite
350 persone di cui 108 minori scolarizzati che frequentano gli istituti
scolastici limitrofi al campo”. E’ quanto dichiara il consigliere del Pd Daniele Ozzimo, vicepresidente della
Commissione Politiche Sociali.
“Non si comprende - se non per fini puramente elettorali - qual è l’urgenza che
giustifica l’intervento di sgombero, visto che a Roma esistono realtà ben più
difficili come ad esempio il campo di Lamartora, ingranditosi a dismisura a
causa degli sgomberi volutamente non pianificati, in termini di accoglienza
alternativa, come ad esempio quello del Casilino 700”.
“Smantellare un campo come Tor de Cenci, che richiederebbe in realtà solo
interventi di manutenzione ordinaria, per farlo confluire in un contesto, come
quello di Castel Romano che già ospita 800 persone, è - conclude il consigliere
Ozzimo - una follia tutta elettorale che peraltro provocherebbe l’incremento di
costi a carico dell’Amministrazione, anche per garantire la scolarizzazione dei
minori”.
SGOMBERO NOMADI A TOR DE CENCI. DANIELE OZZIMO (PD): "SGOMBERO URGENTE PER FINI
ELETTORALI"
Di Fabrizio (del 16/02/2010 @ 12:19:33, in Italia, visitato 2436 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
Redattore Sociale Milano, lettera delle maestre prima dello sgombero: "La vostra voce siamo
noi"
"Vi insegneremo centomila parole perché nessuno possa annientare chi come voi
non ha voce". I bambini della scuola elementare di via Pini vivono in una
baraccopoli a Segrate, ultima tappa di una serie di sgomberi. Domani forse un
nuovo trasferimento
MILANO - Le maestre della scuola elementare di via Pini a Milano scrivono ai
loro alunni rom, che domani potrebbero di nuovo essere sgomberati. "Vi
insegneremo mille parole, centomila parole perché nessuno possa più cercare di
annientare chi come voi non ha voce". Oggi questi bambini vivono in una
baraccopoli sorta a Segrate, ma Il 19 novembre 2009 erano stati mandati via
dall'ex edificio Enel di via Rubattino, nel quartiere della scuola di via Pini.
Segrate è l'ultima tappa dei continui sgomberi che hanno subìto da allora.
Anche domani, probabilmente, vedranno la loro baracca rasa al suolo dalle ruspe.
Nonostante tutto, i bambini hanno continuato ad andare a scuola. Spesso sono le
maestre ad andarli a prendere nelle loro baracche, costruite di volta in volta
in zone diverse di Milano. Questa la lettera che le maestre di via Pini hanno
inviato a Redattore Sociale.
"Ciao Marius, ciao Cristina, Ana, ciao a voi tutti bambini del campo di Segrate
-scrivono le maestre-. Voi non leggerete il nostro saluto sul giornale, perché i
vostri genitori non sanno leggere e il giornale non lo comperano. È proprio per
questo che vi hanno iscritti a scuola e che hanno continuato a mandarvi
nonostante la loro vita sia difficilissima, perché sognano di vedervi integrati
in questa società, perché sognano un futuro in cui voi siate rispettati e
possiate veder riconosciute le vostre capacità e la vostra dignità. Vi fanno
studiare perché sognano che almeno voi possiate avere un lavoro, una casa e la
fiducia degli altri".
"Sappiamo quanto siano stati difficili per voi questi mesi: il freddo,
tantissimo, gli sgomberi continui che vi hanno costretti ogni volta a perdere
tutto e a dormire all’aperto in attesa che i vostri papà ricostruissero una
baracchina, sapendo che le ruspe di lì a poco l’avrebbero di nuovo distrutta
insieme a tutto ciò che avete. Le vostre cartelle le abbiamo volute tenere a
scuola perché sappiate che vi aspettiamo sempre, e anche perché non volevamo che
le ruspe che tra pochi giorni raderanno al suolo le vostre casette facessero
scempio del vostro lavoro, pieno di entusiasmo e di fatica. Saremo a scuola ad
aspettarvi, verremo a prendervi se non potrete venire, non vi lasceremo soli, né
voi né i vostri genitori che abbiamo imparato a stimare e ad apprezzare".
"Grazie per essere nostri scolari, per averci insegnato quanta tenacia possa
esserci nel voler studiare, grazie ai vostri genitori che vi hanno sempre messi
al primo posto e che si sono fidati di noi. I vostri compagni ci chiederanno di
voi, molti sapranno già perché ad accompagnarvi non sarà stata la vostra mamma
ma la maestra. Che spiegazioni potremo dare loro? E quali potremo dare a voi,
che condividete con le vostre classi le regole, l’affetto, la giustizia, la
solidarietà: come vi spiegheremo gli sgomberi? Non sappiamo cosa vi spiegheremo,
ma di sicuro continueremo ad insegnarvi tante, tante cose, più cose che
possiamo, perché domani voi siate in grado di difendervi dall’ingiustizia,
perché i vostri figli siano trattati come bambini, non come bambini rom,
colpevoli prima ancora di essere nati".
"Vi insegneremo mille parole, centomila parole perché nessuno possa più cercare
di annientare chi come voi non ha voce. Ora la vostra voce siamo noi, insieme a
tantissimi altri maestri, professori, genitori dei vostri compagni, insieme ai
volontari che sono con voi da anni e a tanti amici e abitanti della nostra zona.
A presto bambini, a scuola.
Le vostre maestre: Irene Gasparini, Flaviana Robbiati, Stefania Faggi,
Ornella Salina, Maria Sciorio, Monica Faccioli".
Sgombero a Segrate: un nuovo solito caso. La denuncia del Naga
Milano, 16/02/2010
Stamani all’alba è iniziato l’ennesimo sgombero. E’ stato il turno del campo rom
di Segrate dove vivevano più di 130 persone e dove, anche in questo caso, erano
in atto processi positivi d’integrazione.
Anche in questo caso, i bambini residenti nel campo frequentavano le scuole
locali e anche in questo caso le maestre, stamani, erano in prima fila per dare
sostegno alle persone sgomberate e per cercare di portare i bambini a scuola.
Anche in questo caso, non sono state trovate soluzioni abitative alternative e
condivise. Anche in questo caso, l’unica proposta è stata quella di separare le
donne e i bambini dai mariti.
Anche in questo caso, vengono calpestati diritti e libertà fondamentali di
uomini, donne e bambini che, da mesi,vengono rincorsi e stanati dove tentano di
trovare rifugio.
Anche in questo caso, non sono servite le mobilitazioni: l’accanimento prosegue
imperterrito e insensato.
Anche in questo caso, abbiamo incontrato famiglie che erano state sgomberate
prima dal campo rom di Rubattino, poi dalla zona di Bacula, poi da Bovisasca,
poi ancora da Rubattino e, stamani, da Segrate.
Anche in questo caso, per un giorno, staranno accesi deboli riflettori
sull’ennesimo sgombero e poi tutto tornerà come prima.
Anche in questo caso, la città è assuefatta.
Il Naga continuerà a portare assistenza nelle aree dismesse della città, nei
campi rom e ovunque ce ne sia bisogno e continueremo a denunciare ogni
violazione dei diritti di chicchessia.
Per maggiori informazioni
NAGA 02 58 10 25 99 - 349 16 033 05 – naga@naga.it
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