24/02/2010 - Proprio un anno fa, il 23 febbraio 2009, Robert Csorba, 27 anni di
origine rom, e suo figlio di quasi 5 anni furono colpiti a morte mentre
scappavano dalla loro casa in fiamme a Tatárszentgyörgy [leggi
QUI ndr]. La sparatoria è avvenuta subito dopo mezzanotte. La famiglia
tentava di fuggire dalla sua casa in fiamme, ma nel mentre Robert Csorba e suo
figlio furono colpiti a morte dalle pallottole. La moglie di Robert e altri due
bambini furono seriamente feriti, oltre naturalmente a patire traumi emotivi.
Un anno dopo, quando Human Rights First visitò la famiglia, c'era una
sensazione che queste morti avrebbero potuto essere evitate. Senza dubbio ci
sono stati degli errori: l'ambulanza arrivò più tardi del previsto dopo che
il crimine fu commesso. La polizia ed il personale medico furono lenti nel
riconoscere il motivo dell'incidente che portò alla loro morte. In aggiunta, la
polizia concluse inizialmente che il fuoco era stato causato da un incidente
elettrico. Mancarono di indagare su importanti indizi che li avrebbero portati
rapidamente ai sospetti.
Questo doppio omicidio non è stato un incidente isolato. Violenze simili
hanno colpito la nazione nel 2009, colpendo la comunità rom ungherese di 600.000
membri. Sono stati registrati dozzine di gravi crimini razziali, comprendenti
l'uso di fucili, il lancio di molotov o di severi pestaggi.
Sono stati compiuti progressi nell'affrontare il circolo vizioso della
violenza e le autorità ungheresi hanno preso misure importanti. Quattro sospetti
coinvolti in quelli che vengono chiamati "omicidi seriali" sono stati arrestati
l'agosto scorso. Centinaia di investigatori sono stati mobilitati su questi
casi. Human Rights First spera che inizi presto il processo e che sia pubblico,
così da aiutare a portare un senso di giustizia tra le vittime. Un processo,
aperto e nazionale, porterebbe in primo piano al dibattito pubblico della
questione della violenza razziale contro i Rom. Le conversazioni potrebbero
partire dai politici, esperti sui diritti umani e comunità rom, allo scopo di
evitare violenze simili in futuro. I giornalisti potrebbero discutere su come
evitare di cadere nei soliti luoghi comuni, quando gli incidenti riportati
riguardano i Rom.
Paradossalmente, è incoraggiante il fatto che la polizia abbia recentemente
ammesso che siano stati fatti degli errori. Con questa constatazione, c'è più
possibilità che i responsabili siano disposti a discutere sulle riforme
necessarie alla polizia per evitare il ripetersi degli errori. Qualche
giorno fa - quasi un anno dopo gli omicidi - la polizia nazionale riconobbe che
c'era stata una cattiva condotta da parte sua, in risposta al doppio omicidio di
Tatárszentgyörgy. Come risultato, sono iniziate procedure interne disciplinari
verso due poliziotti per assicurare la responsabilità sulle loro mancanze. Ciò
va in qualche maniera nella direzione intrapresa dal governo, che chiede vengano
messi in atto meccanismi adeguati per rispondere agli abusi polizieschi.
Detto questo, rimane ancora molto da fare.
In primo luogo, l'addestramento della polizia è un punto centrale nel
prevenire violenze a sfondo razziale. Quando questa avviene, la polizia deve
usufruire di una buona formazione nel raccogliere le prove, così che l'indagine
possa definire correttamente la natura del crimine commesso. Effettivamente, se
l'indagine sulla scena del crimine è incompleta e viene ignorato il motivo
razziale, il sistema della giustizia non può assicurare la sua piena
responsabilità.
Quanti sinora si sono occupati degli assassini seriali sono investigatori di
esperienza. Ma la polizia locale è formata adeguatamente nel fare fronte agli
avvenimenti a livello base, agli episodi giornalieri di minacce e piccole
violenze, che non assumono a fama nazionale? La polizia ha bisogno di adattare i
meccanismi di risoluzione dei conflitti ai rispettivi contesti locali. Sarebbe
utile che potessero confrontarsi con le loro controparti di altri paesi per
arrivare a soluzioni creative. A tale proposito, gli Stati Uniti potrebbero
essere di grande aiuto. Allo stesso modo che gli investigatori dell'FBI volarono
a Budapest l'estate scorsa per dare assistenza alla polizia ungherese
nell'identificare gli assassini seriali, potrebbero radicarsi nel futuro anche
altre forme di cooperazione tecnica e di mutui progetti, col supporto del
Dipartimento USA alla Giustizia e del Dipartimento di Stato.
Secondariamente, le autorità ungheresi preposte alla legge dovrebbero
considerare di compiere sforzi concertati per includere più ungheresi di origine
rom nelle unità di polizia [leggi
QUI ndr], per rompere il sentimento cognitivo di "noi contro loro" che
alimenta le tensioni sociali.
Terzo, quando la polizia commette degli errori, le indagini devono essere
effettuate sistematicamente - come nelle deviazione avvenute nel caso degli
omicidi Csorba, cosicché ci sia un senso genuino di responsabilità per coloro
che ritengono che i loro diritti siano stati violati.
Anche più difficile, ma non una sfida meno importante, è trasformare gli
stereotipi anti-Rom profondamente radicati che sono tollerati a molti livelli
all'interno della società ungherese - sia nei circoli privati, sia nell'arena
politica che nei media. Istvan Serto-Radics, sindaco della città di Uszka
- largamente popolata da residenti rom, ha scritto assieme al professor John
Strong di Long Island USA una ricerca, in cui si paragona la difficile
situazione dei Rom nell'attuale Ungheria a quella degli Afroamericani nel
Mississippi della metà degli anni '60 e '70. Descrivendo i modelli psicologici
pregiudicati, dice: "Ci sono diverse ed importanti similarità tra i Rom e gli
Afroamericani... stereotipi simili sono frequentemente usati per descriverli.
Sono entrambi visti come pigri, proni al crimine, inferiori intellettualmente,
emozionalmente immaturi, anche se dotati nella musica". In aggiunta, i problemi
strutturali degli alti tassi di disoccupazione, le aree abitative ghettizzate,
la discriminazione nella sanità e nell'istruzione, come pure i rapporti tesi con
la polizia, sono tutti gli altri fattori che determinano le rassomiglianze
storiche. Malgrado ciò, ci sono differenze significative; per esempio la
comunità rom non ha mai lottato per acquisire il diritto di voto - partecipano
persino attivamente alle elezioni.
Come si inserisce questo turbolento contesto sociale nelle imminenti elezioni
nazionali che si terranno ad aprile? Il neofascista partito Jobbik è in buona
posizione per ottenere una generosa massa di voti. La sua agenda politica è
semplice: militaristica. A parte i crudi discorsi razzisti contro gli Ebrei,
chiama all'uso dell'esercito per agire contro i Rom per "restaurare l'ordine" e
combattere "il crimine zingaro". La "criminalità zingara" è una nozione
problematica filtrata tristemente nel discorso pubblico come concetto
tradizionale. Tuttavia, il pubblico sembra afferrarla intuitivamente, mentre il
capire l'effetto della violenza razzista è meno condiviso e non sempre
accettato. Invero è un problema di micro-criminalità che colpisce una corda
sensibile di molti Ungheresi. Tuttavia, l'oltraggio pubblico è ben più forte se
un Rom è beccato a rubare, piuttosto di quando viene colpito a morte. La
risposta della polizia può riflettere questo, mentre gli attacchi razzisti
contro i Rom possono essere benzina gettata sui crimini di cui sono gli
esecutori.
I membri della Guardia Ungherese, l'ala paramilitare di Jobbik, sfruttano le
legittime paure del crimine. Sono conosciuti per vagare intorno ai villaggi
popolati da Rom intimidendoli con violente minacce o aggredendoli. Infatti, Tatárszentgyörgy
è uno dei primi posti dove hanno cominciato sfilare dalla loro creazione
nell'agosto 2007.
Ecco allora un suggerimento a tutti i democratici in Ungheria che seriamente
combattono l'ascesa dell'estremismo nel loro paese mentre incombe la campagna
elettorale. Se i cittadini ungheresi si sentissero protetti ugualmente dallo
stato, ci sarebbe una migliore probabilità porre freno l'estremismo. Gli
elettori di Jobbik [...] stanno rivolgendosi ai bulli neonazisti in cerca di più
sicurezza. Nel contempo, i componenti della comunità rom hanno paura di essere
insultati, minacciati o assaltati per strada: è tempo che i politici
responsabili - e quanti formano l'opinione pubblica - parlino apertamente contro
il razzismo, così come lo fanno contro il crimine. E' tempo di essere sicuri che
non esiste crimine pari al rubare le vite di
Robert Csorba e del suo piccolo figlio.
Di Fabrizio (del 28/02/2010 @ 08:09:34, in Italia, visitato 2047 volte)
Internazionale Mihai Mircea Butcovan è uno scrittore romeno. Vive in Italia dal 1991.
Questa storia comincia così, con due euro. Ma sono più di due le ragioni per cui
i nomi dei protagonisti è meglio tenerli nascosti. È la storia di un uomo e una
donna. Lui era rimasto archiviato nella mia memoria come l’Olandese volante.
Lo incontravo a Milano alle presentazioni di libri, alle letture di poesie e ai
dibattiti sull’immigrazione. Arrivava, zaino in spalla, da turni di lavori
saltuari e precari come la sua condizione. Alzava la mano, si scusava per il
ritardo e interveniva nel dibattito con domande pertinenti e stimolanti. Quasi
sempre doveva scappare prima di mezzanotte, in tempo per l’ultima corsa dei
mezzi pubblici. Poi è scomparso.
L’ho incontrato di recente in metropolitana. Negli ultimi mesi all’Olandese
volante sono capitate molte cose, tra cui una donna. Allora mi ha invitato a
casa sua per prendere un caffè e per farmela conoscere.
Lungo i navigli Ora sono qui, con una fetta di torta e una tazza di caffè, davanti a due persone
che mi raccontano la loro storia. A cominciare dai due euro. Alcuni mesi fa lui
passeggiava in bicicletta lungo uno dei navigli di Milano. Andava a studiare,
all’ombra degli alberi, per il corso di operatore sociosanitario. Passava
davanti a un campo rom quando lei lo ha fermato chiedendogli due euro.
“Dammi un po’ di fortuna in cambio”, ha detto lui. Ma qualcosa era già successo
in quell’incontro di sguardi e di storie. Lui, curioso e avido di sapere, si è
fermato altre volte a fare domande: su di lei, sulla sua vita nel campo, sulla
sua storia, raccontandole nel frattempo la propria. È nata così la storia
d’amore tra un Olandese volante meneghino e una rom albanese.
Lui ha vissuto per un paio di mesi nel campo rom, ma le abitudini e le
condizioni di vita del posto erano insostenibili. Le leggi non scritte che
regolano la vita nel campo non facevano per lui, e nemmeno più per lei. La
famiglia d’adozione della ragazza era impegnata in attività che sconfinavano
nell’illegalità, lei era stata minacciata ed era diventata oggetto di tentativi
di compravendita.
Per andare a vivere insieme ed emanciparsi da quella situazione, hanno chiesto
aiuto ai loro conoscenti. Così si è attivata una piccola rete di solidarietà che
ha permesso alla nuova coppia di prendere in affitto un appartamentino. Secondo
lui ci sono ancora alcuni lavori da fare. Lei sogna una cucina nuova. Ma le
torte che prepara in quella vecchia sono comunque squisite.
Una storia europea Lui parla cinque lingue: neerlandese, tedesco, francese, italiano e inglese.
Vorrebbe imparare anche il romanès. Ha una laurea in sociologia e un dottorato
in lettere, ottenuto nei Paesi Bassi. Lei non sa né leggere né scrivere. Ma
parla il romanès, il greco, l’albanese e l’italiano. È nata in Albania e ha
vissuto tra la Grecia e il Kosovo.
Lui ha scritto un libro, pubblicato nei Paesi Bassi, sui partiti e i movimenti
politici italiani dal 1970 al 1990. Quando gli chiedo di parlarmene, lo fa quasi
con imbarazzo. “Il mio studio”, dice, “giunge alla conclusione che negli ultimi
decenni i partiti politici italiani hanno cancellato ogni capacità di rinnovarsi
e di rinnovare il sistema della democrazia parlamentare”.
Gli chiedo perché non cerca un editore italiano. “Il libro tratta della storia
italiana recente che è, per forza, anche una storia europea”, dice lui, evitando
di rispondermi.
“Come la nostra storia”, interviene lei.
“Oggi la nostra priorità è sistemare casa e trovare un po’ di serenità
economica. Ci siamo accorti di poterci ancora innamorare, nonostante esperienze
di vita non esattamente stimolanti”, aggiunge lui, al momento dei saluti.
Buona fortuna, Olandese volante. Mihai Mircea Butcovan
Di Fabrizio (del 27/02/2010 @ 23:03:52, in Italia, visitato 2252 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
MARTEDI' 2 MARZO ORE 14.30 - 16.30 Aula Magna del Liceo Sc. M., Malpighi
Via Silvestri 301, Roma
Culture Rom Sinti
tra storia e contemporaneità
Interventi di :
● Luca Bravi, storico, Università di Firenze
“L'internamento in Italia e il Porrajmos”
con presentazione di interviste e materiali video
● Graziano Halilovic, Federazione Romanì, Associazione di Promozione
Sociale Roma' Onlus
“Situazione attuale e nuove strategie verso la rappresentatività”
Di Fabrizio (del 27/02/2010 @ 09:50:56, in Italia, visitato 2356 volte)
Come sapranno i lettori più vecchi, in Mahalla ci piacciono
le favole, Eccovi una bella segnalazione di
Alberto Maria Melis
Corriere del Veneto La storia . Ha comprato la roulotte e paga le bollette:
«Visto che posso, faccio qualcosa» Tonin, 100 dipendenti, da 1o anni ospita quattro famiglie nomadi affianco
al suo capannone: vivevo in una baracca
Il mobiliere Gianni Tonin, imprenditore di San Giorgio in Bosco (Padova), con
una delle quattro famiglie rom che ha ospitato all’interno del recinto della sua
fabbrica (Gobbi)
SAN GIORGIO IN BOSCO (Padova) - L'imprenditore «zingaro». E cacciatore di
storie. Da dieci anni ospita quattro famiglie di rom all'esterno del suo
capannone: ha comprato le roulotte e ha dato loro la residenza, così i bambini
possono andare a scuola. Ma c'è molto di più da raccontare. E' una storia che
comincia nel Veneto contadino, quando al posto dei capannoni c'era solo terra. E
di un camion in cui si cucinavano gli spaghetti in corsa pur di arrivare in
tempo all'apertura dei mercati. Oltre il muro di Berlino, a Est. Nel
palazzo-capannone, sede dell'azienda con le pareti vetrate, si apre un porta nel
corridoio e senza filtri si entra nel laboratorio delle decorazioni. C'è un
mobile bianco in legno massiccio, placcato con fogli dorati: «Questo va in
Russia».
La roulotte comprata da Tonin accanto al capannone (Gobbi)
Incontriamo Gianni Tonin nel cuore del suo impero a San Giorgio in Bosco dove il
mobilificio sforna mobili di design da quando ha inventato il marchio di
famiglia. Un suo tavolo, per dire, è finito in una delle edizioni del Grande
fratello. Lui, nell'impeccabile gessato, entra in fabbrica e prende un caffè con
gli operai dalla macchinetta. Intasca un numero di telefono ricevuto da una
decoratrice romena, che gli chiede: «Gianni chiami tu?». All'esterno, oltre i
capannoni hi-tech ultimati quattro anni fa, lasciati i suv aziendali nel
piazzale, c'è un altro capannone dove risiedono - regolarmente iscritte
all'anagrafe - quattro famiglie rom. Sono originari della Romania e sono
diventati negli anni italiani a tutti gli effetti. Vivono in un camper e altre
roulotte: ci sono dei servizi igienici, la corrente e l'antenna Tv. Hanno scelto
di restare erranti per tutta la vita. Il riscaldamento lo forniscono le bombole
del gas e il conto lo salda «Toni ».
E' il soprannome dell'imprenditore diventato re degli zingari in casa propria.
Ed è lì nell'accampamento con il falò ai piedi dei capannoni, che c'è il cuore
del suo regno. Si siede nel camper a bere un caffè e ad ascoltare le storie
accendendosi l'ennesima sigaretta. Accade in un Veneto dove in quasi tutti i
comuni vige il divieto di stazionamento e ci sono sbarre nei parcheggi. Con un
ghigno, Gianni Tonin ricorda quando ha pagato tutte le multe e ospitato nel
piazzale le quattro famiglie: «Così imparano a mandarli via». «Ogni giorno c'era
un polverone di denunce e io sono un maestro dei "disastri" - racconta con
ironica schiettezza -Ho fatto prendere a tutti e sei la residenza, così ho
risolto il problema e i bambini possono andare a scuola: ogni settimana ciascuno
riceve ottanta euro, hanno la corrente il bagno esterno e il riscaldamento». E
perché lo fa? «Se lo domandano in molti: io voglio sentire le storie del mondo.
E visto che posso, faccio qualcosa». Dà un'altra possibilità. E' nella carovana,
oltre la soglia del suo ufficio, che ricorda come è nato tutto. Risale a quando
c'erano solo i campi dove adesso sorge la zona industriale. Tonin all'epoca, non
era «nemmeno un contadino». «Con i miei genitori vivevamo in una baracca
"abusiva", perché chiamarla casa… Era in mezzo alle terre dei contadini, rubavo
le uova e le galline per mangiare. L'acqua la bollivamo per berla, la
prendevamoa valle dopo che era passata dai maiali: perché non ci volevano dare
niente nelle fattorie».
Il re del mobile si stiracchia sulla poltrona di design, distende le gambe e si
scioglie un poco a ritrovarsi bambino. «Io e i miei ridevamo e cantavamo sempre,
avevamo la fede: poveri i ricchi!». Racconta e arriva fino all'incidente che lo
ha fatto diventare imprenditore quando, a vent'anni, faceva il camionista. In un
viaggio gli capitò di restare intrappolato sotto la motrice del camion mentre si
scapicollava per le strade della Polonia, Cecoslovacchia (allora) e Romania. Ai
tempi del muro di Berlino. «Ero specializzato nel cucinare gli spaghetti in
camion mentre correvamo: il ritardo al mercato ci sarebbe costato una penale -
dice sorridendo - Passavamo le frontiere dell'Urss in silenzio tra carri armati
e mitra, i militari guardavano sotto il camion con gli specchi: avevamo sempre
un po' di burro di contrabbando». E via con le discese in folle per lanciare il
camion oltre i cento all'ora. Una di quelle volte, il suo amico si scontrò
vicino a un ponte. Lui dormiva in cuccetta: «Mi sono ritrovato con il letto
incastrato sotto la motrice che sprofondava nel fango, l'olio del motore mi
bruciava il petto e il peso mi stritolava: mi hanno salvato dei camionisti di
passaggio che erano di Tombolo (Padova)».
Dopo essere tornato dalla Romania in treno con sette vertebre fuori posto, ha
iniziato a vendere scarpiere a domicilio. Da qui nasce l'impero Tonin. Prima ne
ha assunto uno, poi due fino ad oggi con oltre cento di dipendenti: italiani,
turchi, romeni, brasiliani. Il capomastro è il primo romeno che Tonin ha aiutato
e ce ne sono stati molti altri. Ancora, perché? «Mi ricordo la fame dei popoli
che ho incontrato nei miei viaggi - racconta - Una ventina di anni fa sono
tornato in Romania e in un bar di notte - va a nozze con le periferie - a Baia
Mare ho conosciuto Beni, uno di lì, che parla italiano e con lui ho ricostruito
un villaggio di zingari». É fatto così. Un giorno poco prima di Natale gli hanno
raccontato di romeni che vivevano in un bosco, fuori San Giorgio, nel suo paese.
Non poteva lasciarsi sfuggire quel mistero. «Sono arrivato in Bmw con cappello e
cappotto nero: pensavano fossi un poliziotto invece li ho invitati tutti a casa
per il pranzo di Natale - ride senza prendere fiato - E’ stato il più bel pranzo
di Natale che ricordi ». Gianni Tonin ha molte altre storie da raccontare.
Storie. Dell'imprenditore che sogna di tornare zingaro almeno per una volta,
ancora a bordo della sua carovana.
Di Sucar Drom (del 26/02/2010 @ 09:09:41, in blog, visitato 2062 volte)
Mantova, Sucar Drom: "Noi ci impegniamo..."
Siamo rimasti esterrefatti da quanto affermato dalla Lega Nord, durante la
conferenza stampa di domenica scorsa. Le affermazioni e i toni non sono solo
razzisti ma istigano al razzismo e alle discriminazioni contro le persone,
appartenenti alle minoranze sinte e rom. Rispondiamo all...
Mantova, mengro labatarpe: presentazione del progetto alla stampa
Venerdì 19 febbraio alle ore 11.00 presso la sala Bonaffini del Comune di
Mantova, in Via Roma 39, si terrà la conferenza stampa di presentazione del
progetto: Mengro Labatarpe (il nostro lavoro), valore lavoro – percorsi di
inserime...
Pesaro, condannati senza processo due attivisti del Gruppo EveryOne
Roberto Malini e Dario Picciau (in foto), co-presidenti con Matteo Pegoraro del
Gruppo EveryOne, organizzazione internazionale per i diritti umani, hanno
ricevuto in data 12 febbraio 2010 una notifica di decreto penale di condanna,
con pena detentiva...
Il popolo web e di Fb è xenofobo e razzista: lo dice una ricerca
Web e social network nuove frontiere anche per il razzismo. Sono oltre un
migliaio i gruppi su Facebook che dichiarano o si manifestano razzisti e
xenofobi. È quanto emerge dalla ricerca «Io e gli altri. I giovani nel vortice
dei cambiamenti», promossa dalla Conferenza dei presidenti dei consigli
regionali, presentata oggi alla Camera e realizzata da Swg. Pur s...
Napoli, una fisarmonica per ricordare Petru Birlandeanu
Petru Birlandeanu fu ucciso nella stazione della Cumana di Montesanto a Napoli
il 26 maggio dello scorso anno. Nello stesso punto, dove si accasciò durante una
sparatoria tra clan di camorra contrapposti, sotto gli occhi di sua moglie
Mirella, oggi c'è una t...
Napoli, Armandino e il Madre
Sono cominciate da alcuni giorni a Napoli le riprese di Armandino e il Madre, il
cortometraggio che vede l’attrice Valeria Golino per la prima volta dietro la
macchina da presa. Con lei l’inseparabile compagno, l’attore Ri...
Razzismo, il 45% dei giovani chiuso o xenofobo
Dai ragazzi inclusivi a quelli improntati al razzismo: il 40% dei giovani
italiani si ritrova su posizioni più aperte, mentre il 45% sposa atteggiamenti
di chiusura. Questa la fotografia scattata da ''Io e gli altri. I giovani
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Elezioni regionali: in Lombardia è candidata Dijana Pavlovic
Tutti i partiti stanno definendo le ultime caselle di liste e listini, a un mese
e mezzo dalle Regionali. I nomi però sono già in circolazione. Ufficiali o meno.
Alcune delle novità più «ghiotte» emergono ...
Insulti ai rom, Radio Padania condannata
Condannato. E’ arrivata la sentenza del giudice monocratico dell’ottava sezione
penale del Tribunale di Milano chiamata a decidere se condannare o meno Leopoldo
Siegel (in foto), il conduttore di Radio Padania, accusato di diffamazione a
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Guidizzolo (MN), un augurio alle famiglie sinte
Diversamente da quanto si crede, i Rom e i Sinti non irridono né osteggiano la
legalità; ne danno una definizione precisa e coincidente a quella dei gagi (o
“non sinti”), come rispetto delle regole in uno Stato di diritto...
Padova, dal "campo nomadi alla città"
Martedì 2 febbraio 2010 è stato inaugurato in Corso Australia il Villaggio
Speranza, realizzato attraverso il progetto sperimentale di autocostruzione del
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Verona, Stella: «Gli antirazzisti finora sono stati troppo timidi»
Metti assieme un giornalista e un poliziotto a confronto sul tema del razzismo.
Ne esce il ritratto impietoso di un italiano medio impreparato a tenere il passo
con i tempi. Troppi luoghi comuni, troppi «campanili», tanta paura dell'altro e
soprattutto ignoranza...
Guidizzolo (MN), terra di confine
Dopo ventisette anni passati a svolgere servizio alla comunità in ambito
sanitario, sono infermiere, mi sento, dolorosamente, costretto a spendere due
parole sulla questione dei Sinti, che, con grande travaglio, sono alla ricerca
di una casa, tra la provinci...
Milano, presentazione del libro di Luca Bravi "tra inclusione ed esclusione"
Sarà presentato il prossimo 18 marzo 2010 il libro “tra inclusione ed
esclusione, una storia sociale dell’educazione dei Rom e dei Sinti in Italia”
dello storico Luca Bravi. L’evento si terrà presso Università di Milano
Bicocca,Via Bicocca degli Arcimboldi n. 8 ...
Prato, Rom e Sinti: cambiamo musica ai luoghi comuni
Rom e Sinti pratesi chiedono di essere ascoltati nelle stanze che contano.
Chiedono partecipazione. E l’istituzione di una tavola rotonda dove poter
discutere i loro problemi. “Rom e Sinti: cambiamo musica ai luoghi comuni”.
Questo il titolo de...
Di Fabrizio (del 26/02/2010 @ 09:06:03, in Europa, visitato 1813 volte)
Segnalazione di Eugenio Viceconte
L'EspressoBrutta figura dell'Italia all'inaugurazione dell'Anno
dell'Unione europea contro la povertà e le discriminazioni sociali. Nessun
rappresentante del governo ha replicato alle accuse del rappresentante della
comunità Rom sul razzismo degli italiani
Un'operazione di censimento di nomadi
Madrid, 21 gennaio: inaugurazione dell'Anno dell'Unione europea contro la
povertà e le discriminazioni sociali. Presenti il premier spagnolo Zapatero, il
presidente della Commissione europea Barroso e molti giornalisti. A una tavola
rotonda parla Mirko Grga, rappresentante italiano della comunità rom.
Grga va giù duro: l'Italia è un paese razzista, il governo sforna provvedimenti
discriminatori come il censimento nei campi rom.
Imbarazzo in sala, la moderatrice invita due volte un qualsiasi rappresentante
italiano a replicare alle accuse di Grga: il nostro paese era stato l'unico
oggetto di critiche nella placida mattinata istituzionale. Non si alza nessuno,
perché nessuno rappresenta l'Italia. Anche se un delegato ci sarebbe: Raffaele
Tangorra, direttore generale per l'inclusione e i diritti sociali del ministero
per la Solidarietà sociale. Invitato a Madrid per l'inaugurazione dell'Anno,
Tangorra ha usato la tattica della scimmietta: non vedo, non sento, non parlo.
Interpellato sul perché ha detto: "Non c'era tempo per una replica".
Falso, secondo la moderatrice: "Gli avrei lasciato tutto il tempo necessario".
Visto il silenzio, in difesa dell'Italia è intervenuto il commissario europeo
Vladimir Spidla. Non una gran figura.
22/02/2010 - Una conferenza a Bucarest sulle condizioni dei Rom presieduta
dal presidente Traian Basescu è terminata oggi (lunedì) in proteste.
Cinque membri dell'Alleanza Civica Rom (ACR) di Romania sono stati
allontanati fuori dalla conferenza dalle guardie della sicurezza, dopo che
avevano protestato contro la mancanza di impegno nel proteggere il gruppo
etnico.
La conferenza, tenutasi nel Palazzo del Parlamento, ha visto il lancio di un
rapporto sulla strategia per migliorare la situazione dei Rom.
Dopo aver ascoltato il discorso del presidente Basescu, i membri di ACR hanno
iniziato a protestare contro il disinteresse delle autorità verso i Rom.
Hanno esibito sciarpe col messaggio "dieci anni di strategie, zero risultati"
ed accusato il governo e le altre autorità di insufficiente coinvolgimento nel
proteggere i Rom.
Gli attivisti di ARC hanno ricordato anche il "puzzolenti zingari" usato dal
presidente in una conversazione privata qualche anno fa.
Hanno anche citato una recente dichiarazione del Ministero degli Esteri Teodor Baconschi,
che aveva detto che c'erano "certi problemi fisiologici e di natura criminale
nel cuore di alcune comunità rumene, specialmente nelle comunità di etnia rom."
I contestatori sono stati allontanati dalla sala dagli incaricati del
Servizio di Protezione e Sicurezza (la guardia del presidente), anche se il
presidente diceva loro che erano liberi di esprimersi.
"Lei non ci permetterà di parlare," hanno detto i contestatori. Ha replicato
il presidente Basescu: "Parlate allora, chi ve lo impedisce?", mentre erano
scortati all'esterno dagli incaricati alla sicurezza.
Basescu ha detto che la minoranza nazionale dei Rom non è stata esclusa dalla
società e che molti Rumeni apprezzano le tradizioni e la musica di questo gruppo
etnico.
Però, ha puntualizzato Basescu, perché la situazione dei Rom migliori, la
loro comunità deve prendere coscienza delle sue responsabilità.
In mancanza di ciò, ha detto Basescu, tutti i programmi europei e governativi
sono destinati a fallire, e non ci saranno progressi indipendentemente dalle
somme investite.
Di Fabrizio (del 25/02/2010 @ 09:00:23, in scuola, visitato 2982 volte)
Ricevo da Tommaso Vitale
Milano, 24 febbraio 2010 - Sono un’insegnante di scuola elementare, lavoro
nel quartiere Bovisa, nella prima periferia milanese. Il quartiere è vivace e
multietnico e la mia classe, una prima, ne rispecchia le caratteristiche. A
gennaio si è aggiunto a noi un nuovo bambino, Romeo.
Romeo è un bambino Rom, nei suoi sei anni di vita ha vissuto varie volte
l’esperienza dello sgombero. È giunto nella nostra scuola dopo essere stato
allontanato dal Rubattino ed aver interrotto la sua frequenza scolastica alle
elementari di via Feltre. Avvisata del suo arrivo ho contattato la sua maestra,
che conosco personalmente per aver lavorato tre anni in quella scuola. Ho
recuperato i suoi libri e i suoi quaderni e glieli ho fatti trovare sul
banco quando è arrivato nella sua nuova classe, in via Guicciardi. Per due
settimane ha frequentato la scuola, arrivando sempre puntuale e motivato. In
pochi giorni ha conquistato tutti noi con la sua allegria ed il suo affetto,
anche la famiglia è sempre stata disponibile e rispettosa.
Un giovedì mattina, appena entrata in aula, sono stata letteralmente trascinata
in corridoio da Romeo che, parecchio preoccupato, continuava a ripetermi
“polizia, sgombero”. Speravo che si trattasse di un fraintendimento e invece era
tutto vero: il lunedì successivo lui, un’altra bambina che frequentava la quarta
e le loro famiglie sono stati sgomberati dal capannone in cui vivevano. Ho avuto
notizie di loro tramite gli operatori che da anni li seguono: per qualche notte
sono stati ospitati in un centro di accoglienza, si è parlato di un possibile
rientro a scuola… invece ho saputo che saranno a breve sgomberati dal luogo in
cui hanno trovato riparo, in fondo a via Bovisasca. E tutto questo a distanza di
poche settimane dal precedente sgombero.
Non ho parole. Non posso continuare a sentir parlare di ‘emergenza Rom’ se non
pensando che l’emergenza è il degrado in cui costringiamo a vivere queste
famiglie. Per me la vera emergenza ha il volto di un bambino di sei anni che –
me l’hanno raccontato pochi giorni fa – non vede l’ora di tornare a scuola e non
può farlo. È facile continuare a vendere la storiella dei Rom che non rispettano
le regole e non vogliono integrarsi, limitandosi a ragionare per stereotipi.
Nemmeno io mi sento immune dai pregiudizi, ma posso semplicemente raccontare
quello che ho visto: una famiglia continuamente cacciata nonostante la sua
evidente volontà di iniziare un percorso nuovo, un bambino a cui sono negati dei
diritti fondamentali (la casa, l’istruzione), un percorso scolastico e affettivo
continuamente interrotto. E dietro la storia di una singola famiglia intravedo
quella di troppe altre, colpite da un accanimento che odora di persecuzione. La
roboante retorica securitaria potrà nascondere ancora a lungo il totale
fallimento di queste scelte politiche nonché l’immane spreco di denaro pubblico
che ne deriva? Possibile che le cifre spese per sgomberare in continuazione le
solite famiglie non possano essere investite per seri progetti di integrazione
sociale? Possibile che la volontà di una famiglia di mandare con costanza il
proprio figlio a scuola sia un dato da non prendere minimamente in
considerazione in sede istituzionale? Leggo sui giornali di volontari,
insegnanti e famiglie che si attivano per aiutare, protestare, informare: in
città le voci di dissenso si stanno allargando a macchia d’olio, ora è il
momento che anche dal Comune di Milano arrivino segnali forti di un cambiamento
di rotta.
Romeo, quaderni e pennarelli sono sotto il tuo banco e la foto del tuo primo
giorno nella nuova scuola è ancora sulla porta dell’aula. Ti aspettiamo, torna
presto a imparare, giocare, fare amicizia con i tuoi compagni. A sei anni ci
sono parole più belle da ripetere di ‘sgombero’.
Cosa succederebbe se i migranti di tutta Europa incrociassero le braccia
per un giorno?
E se tutte le donne e gli uomini che rifiutano il razzismo in ogni sua forma
decidessero di appoggiarli?
Venerdì 26 febbraio sarà la “Notte
Gialla” di Milano, una serata contro la violenza e la discriminazione
alla quale aderiranno diverse associazioni e circoli Arci milanesi. 11 metri ed
Arci Bitte partecipano all’iniziativa, che rientra nel ciclo di incontri che
precedono la giornata mondiale di sciopero degli immigrati, in programma lunedì
1 marzo. Per l’occasione abbiamo scelto di utilizzare uno dei più efficaci
strumenti di integrazione: la musica.
Durante la serata si alterneranno sul palco:
I Muzikanti di Balval
Noy
dj set Miss In Red
dalle 20.30: cena (si consiglia la prenotazione)
a seguire musica e danze!
Tessera ARCI obbligatoria. Per i nuovi soci è necessario compilare la richiesta
di tesseramento sul sito www.bittemilano.com almeno 24h prima di usufruire di
servizi offerti.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
riprodurre liberamente tutto quanto pubblicato, in forma integrale e aggiungendo
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