Come sapranno i lettori più vecchi, in Mahalla ci piacciono
le favole, Eccovi una bella segnalazione di
Alberto Maria Melis
Corriere del Veneto La storia . Ha comprato la roulotte e paga le bollette:
«Visto che posso, faccio qualcosa»
Tonin, 100 dipendenti, da 1o anni ospita quattro famiglie nomadi affianco
al suo capannone: vivevo in una baracca
Il mobiliere Gianni Tonin, imprenditore di San Giorgio in Bosco (Padova), con
una delle quattro famiglie rom che ha ospitato all’interno del recinto della sua
fabbrica (Gobbi)
SAN GIORGIO IN BOSCO (Padova) - L'imprenditore «zingaro». E cacciatore di
storie. Da dieci anni ospita quattro famiglie di rom all'esterno del suo
capannone: ha comprato le roulotte e ha dato loro la residenza, così i bambini
possono andare a scuola. Ma c'è molto di più da raccontare. E' una storia che
comincia nel Veneto contadino, quando al posto dei capannoni c'era solo terra. E
di un camion in cui si cucinavano gli spaghetti in corsa pur di arrivare in
tempo all'apertura dei mercati. Oltre il muro di Berlino, a Est. Nel
palazzo-capannone, sede dell'azienda con le pareti vetrate, si apre un porta nel
corridoio e senza filtri si entra nel laboratorio delle decorazioni. C'è un
mobile bianco in legno massiccio, placcato con fogli dorati: «Questo va in
Russia».
La roulotte comprata da Tonin accanto al capannone (Gobbi)
Incontriamo Gianni Tonin nel cuore del suo impero a San Giorgio in Bosco dove il
mobilificio sforna mobili di design da quando ha inventato il marchio di
famiglia. Un suo tavolo, per dire, è finito in una delle edizioni del Grande
fratello. Lui, nell'impeccabile gessato, entra in fabbrica e prende un caffè con
gli operai dalla macchinetta. Intasca un numero di telefono ricevuto da una
decoratrice romena, che gli chiede: «Gianni chiami tu?». All'esterno, oltre i
capannoni hi-tech ultimati quattro anni fa, lasciati i suv aziendali nel
piazzale, c'è un altro capannone dove risiedono - regolarmente iscritte
all'anagrafe - quattro famiglie rom. Sono originari della Romania e sono
diventati negli anni italiani a tutti gli effetti. Vivono in un camper e altre
roulotte: ci sono dei servizi igienici, la corrente e l'antenna Tv. Hanno scelto
di restare erranti per tutta la vita. Il riscaldamento lo forniscono le bombole
del gas e il conto lo salda «Toni ».
E' il soprannome dell'imprenditore diventato re degli zingari in casa propria.
Ed è lì nell'accampamento con il falò ai piedi dei capannoni, che c'è il cuore
del suo regno. Si siede nel camper a bere un caffè e ad ascoltare le storie
accendendosi l'ennesima sigaretta. Accade in un Veneto dove in quasi tutti i
comuni vige il divieto di stazionamento e ci sono sbarre nei parcheggi. Con un
ghigno, Gianni Tonin ricorda quando ha pagato tutte le multe e ospitato nel
piazzale le quattro famiglie: «Così imparano a mandarli via». «Ogni giorno c'era
un polverone di denunce e io sono un maestro dei "disastri" - racconta con
ironica schiettezza -Ho fatto prendere a tutti e sei la residenza, così ho
risolto il problema e i bambini possono andare a scuola: ogni settimana ciascuno
riceve ottanta euro, hanno la corrente il bagno esterno e il riscaldamento». E
perché lo fa? «Se lo domandano in molti: io voglio sentire le storie del mondo.
E visto che posso, faccio qualcosa». Dà un'altra possibilità. E' nella carovana,
oltre la soglia del suo ufficio, che ricorda come è nato tutto. Risale a quando
c'erano solo i campi dove adesso sorge la zona industriale. Tonin all'epoca, non
era «nemmeno un contadino». «Con i miei genitori vivevamo in una baracca
"abusiva", perché chiamarla casa… Era in mezzo alle terre dei contadini, rubavo
le uova e le galline per mangiare. L'acqua la bollivamo per berla, la
prendevamoa valle dopo che era passata dai maiali: perché non ci volevano dare
niente nelle fattorie».
Il re del mobile si stiracchia sulla poltrona di design, distende le gambe e si
scioglie un poco a ritrovarsi bambino. «Io e i miei ridevamo e cantavamo sempre,
avevamo la fede: poveri i ricchi!». Racconta e arriva fino all'incidente che lo
ha fatto diventare imprenditore quando, a vent'anni, faceva il camionista. In un
viaggio gli capitò di restare intrappolato sotto la motrice del camion mentre si
scapicollava per le strade della Polonia, Cecoslovacchia (allora) e Romania. Ai
tempi del muro di Berlino. «Ero specializzato nel cucinare gli spaghetti in
camion mentre correvamo: il ritardo al mercato ci sarebbe costato una penale -
dice sorridendo - Passavamo le frontiere dell'Urss in silenzio tra carri armati
e mitra, i militari guardavano sotto il camion con gli specchi: avevamo sempre
un po' di burro di contrabbando». E via con le discese in folle per lanciare il
camion oltre i cento all'ora. Una di quelle volte, il suo amico si scontrò
vicino a un ponte. Lui dormiva in cuccetta: «Mi sono ritrovato con il letto
incastrato sotto la motrice che sprofondava nel fango, l'olio del motore mi
bruciava il petto e il peso mi stritolava: mi hanno salvato dei camionisti di
passaggio che erano di Tombolo (Padova)».
Dopo essere tornato dalla Romania in treno con sette vertebre fuori posto, ha
iniziato a vendere scarpiere a domicilio. Da qui nasce l'impero Tonin. Prima ne
ha assunto uno, poi due fino ad oggi con oltre cento di dipendenti: italiani,
turchi, romeni, brasiliani. Il capomastro è il primo romeno che Tonin ha aiutato
e ce ne sono stati molti altri. Ancora, perché? «Mi ricordo la fame dei popoli
che ho incontrato nei miei viaggi - racconta - Una ventina di anni fa sono
tornato in Romania e in un bar di notte - va a nozze con le periferie - a Baia
Mare ho conosciuto Beni, uno di lì, che parla italiano e con lui ho ricostruito
un villaggio di zingari». É fatto così. Un giorno poco prima di Natale gli hanno
raccontato di romeni che vivevano in un bosco, fuori San Giorgio, nel suo paese.
Non poteva lasciarsi sfuggire quel mistero. «Sono arrivato in Bmw con cappello e
cappotto nero: pensavano fossi un poliziotto invece li ho invitati tutti a casa
per il pranzo di Natale - ride senza prendere fiato - E’ stato il più bel pranzo
di Natale che ricordi ». Gianni Tonin ha molte altre storie da raccontare.
Storie. Dell'imprenditore che sogna di tornare zingaro almeno per una volta,
ancora a bordo della sua carovana.
Martino Galliolo - 25 febbraio 2010