Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 31/01/2010 @ 09:13:27, in casa, visitato 2738 volte)
Gazzetta di Mantova (leggi anche
QUI)
Guidizzolo non vuole un campo per i sinti. Il trasferimento delle famiglie
deciso dal comune di Brescia senza avvisare il sindaco. Il prossimo campo a
Gazzo di Bigarello.
Il terreno acquistato dal comune di Brescia
Il Comune di Brescia acquista un terreno a Birbesi di Guidizzolo per
trasferirvi alcune famiglie di sinti. Il tutto all'insaputa del sindaco. E della
popolazione. La quale ha reagito subito: questa mattina i residenti nella zona
di Birbesi hanno cominciato a erigere una palizzata al confine tra le loro
proprietà e quella delle famiglie sinte. Quasi a voler sottolienare che su quel
terreno sorgerà un campo nomadi, non particolarmente gradito.
La Lega Nord, che ha protestato con i suoi amministratori locali dicendo che
«non staranno a guardare», presenterà un'interpellanza parlamentare su ciò che
definisce «un tiro mancino» sferrato da un Comune, quello bresciano, di
centrodestra. Ma problemi legali non dovrebbero esistere: il terreno è stato
infatti regolarmente acquistato e nessuno può impedire che alcune famiglie vi si
trasferiscano. Anche se di etnia sinta. Un altro terreno per un'analoga
operazione del comune di Brescia è stato individuato a Gazzo di Bigarello. La
vicenda delle aree vendute ai nomadi sta scatenando nel Mantovano aspre
polemiche.
Il Comune di Brescia, tramite la società controllata Brixia Sviluppo, ha
acquistato un terreno a Birbesi di Guidizzolo su cui trasferire alcune famiglie
di nomadi sinti che attualmente occupano il campo di via Orzinuovi che presto
verrà smantellato. Della notizia nessuno era al corrente, né il Comune di
Guidizzolo, né gli abitanti della zona in cui si insedierà il nuovo campo che -
a detta dell'associazione di volontariato Sucar Drom di Mantova che gestisce il
progetto - sarà formato solo da 4 famiglie, 16 persone in tutto. Non ne sono
convinti però i residenti che, appena appresa la notizia, per tutelarsi hanno
già cominciato ad alzare una palizzata per dividere i confini.
(29 gennaio 2010)
Di Fabrizio (del 30/01/2010 @ 09:01:26, in Italia, visitato 2421 volte)
Scrive
Ermelinda Coccia
"Sono dei bastardi!" ci dice un Rom uscendo da un vecchio caravan. "Hanno
buttato giù la mia baracca e guardate come vivo!"
Ce ne restiamo zitti ad ascoltarlo, mentre continua a domandarci se ciò che
sta accadendo sia giusto. Ci racconta di essere solo.
Su un fianco della roulotte è poggiata una lamiera a mo' di tetto. Lì sotto,
riparato dalla pioggia, c'è un fornello che scalda un brodo. Fa freddo.
Viene da chiedersi se il Piano Nomadi prevede l'abbattimento delle baracche
ancor prima di trasferire la gente che ci vive. Se possa essere considerato
"piano" lasciare che un uomo racconti di se, con le lacrime agli occhi.
"Ci fanno pagare l'affitto nei campi attrezzati. E io dove li trovo 200 euro
al mese? Io faccio l'elemosina!"
Ancora, viene da domandarsi "perché?" quando una ruspa si ferma davanti ad un
furgone, lo fa a pezzi, poi fa inversione per andarsene.
Distruggere un mezzo di trasporto è previsto o è soltanto sinonimo di
"potere"?
Come dire: Devo fare piazza pulita, quello che c'è, c'è!
Il Casilino 900, dopo quaranta anni, sta scomparendo. Nel giro di pochi
giorni, le baracche colorate diventano legni secchi sotterrati dal fango.
Tanta gente è contenta del trasferimento, ma altrettanto arrabbiata per le
modalità che il Comune di Roma sta adoperando per lo sgombero del Campo.
Non si stanno trasferendo dei rottami, delle cose, degli animali. Si stanno
trasferendo delle persone da un luogo ad un altro. Da un territorio nel quale
tanti sono nati e cresciuti.
Pertanto che sia giusto e doveroso eliminare i campi abusivi, per dare ai Rom
una sistemazione più dignitosa, è un concetto che passa in secondo piano, quando
i modi per farlo hanno ben poco di dignitoso.
Da
Roma_und_Sinti
23 gennaio 2010 - In occasione dell'inaugurazione del nuovo anno del partito
CDU (conservatore), Christian Schwarz-Schilling, che fu ministro delle poste e
telecomunicazioni nella coalizione CDU-FDP dell'ex cancelliere Helmut Kohl, ha
fortemente criticato il rimpatrio forzato dei Rom verso il Kosovo.
Secondo quanto riferito dai media, Schwarz-Schilling, il cui discorso
riguardava il periodo post-bellico, ha richiamato alle proprie responsabilità la
comunità internazionale nell'intervenire nelle catastrofi causate dall'uomo.
In questo contesto, ha giustificato l'intervento nella ex-Jugoslavia e detto che
le condizioni createsi in seguito avevano bisogno di ulteriore assistenza
post-bellica.
Riferendosi al passato storico della Germania, Schwarz-Schilling ha detto che
il rimpatrio forzato dei Rom in Kosovo è stato un grosso errore. Ha ricordato
che i Rom sono stati perseguitati come gli Ebrei sotto il nazionalsocialismo ed
ha detto che è stato inappropriato trattarli in questo modo. Ha anche ricordato
che molti emigranti dalla Germania avévano trovato una nuova casa all'estero.
Schwarz-Schilling ha ripetutamente criticato le autorità tedesche per la loro
scarsa attitudine verso i rifugiati. In un'intervista col programma TV Panorama,
Schwarz-Schilling ha detto che una politica consistente nel ricevere tante
persone e poi nel ricacciarle nuovamente, difficilmente può essere qualificata
come particolarmente umana. Come Alto Rappresentante del Segretario Generale in
Bosnia Erzegovina riconosce il diritto dei rifugiati al ritorno nelle loro case,
puntualizzando nel contempo che rimangono molti ostacoli nell'esercizio di
questo diritto.
Fonti (in tedesco):
,Die Verantwortung der Deutschen, Echo-online, 23 January 2010
Ex-Minister beurteilt die Lage, Main-Spitze, 23 January 2010
Null
Toleranz – Unionsländer schieben immer mehr Kinder ab, Panorama, Nr. 658, 25
August 2005
Chachipe a.s.b.l.
B.p. 97
L - 7201 Béreldange
e-mail: chachipe.info@gmail.com
www.romarights.wordpress.com
Di Fabrizio (del 29/01/2010 @ 09:18:24, in Italia, visitato 2032 volte)
Segnalazione di Maria Grazia Dicati
La reazione esasperata degli immigrati a Rosarno ad un gravissimo episodio di
razzismo e di mafia porta all’attenzione mediatica una vicenda che, aldilà degli
evidenti fini elettorali, ricorda molto da vicino, con le opportune distinzioni,
i gravi episodi di “razzismo elettorale ed affaristico” accaduti a Napoli, nel
2008, nei quartieri di Ponticelli e di Pianura.
Il dovere di non dimenticare e capire quello che accade, spesso sotto i nostri
occhi, deve aiutarci a comprendere le cose, osservandole da vicino, e forse
ricordare l’episodio più paradigmatico avvenuto negli ultimi due anni, può
aiutarci a trovare le giuste coordinate.
Molti non lo ricorderanno ma il “pacchetto sicurezza” fu presentato nella prima
seduta del consiglio dei ministri del governo Berlusconi a Napoli, il 23 maggio
2008 (nella stessa fu approvata anche la legge speciale per la militarizzazione
dei siti di stoccaggio dei rifiuti), ad appena una settimana dal Pogrom dei
“campi rom” di Ponticelli.
Le immagini dei roghi dei campi rom fecero il giro del mondo, accompagnate dalla
narrazione giornalistica di una “ribellione popolare” causata dalla
esasperazione dei residenti “costretti” a convivere da anni con i “reati “dei
rom accampati nel quartiere, in realtà niente altro che dei miseri baraccamenti
dove dal 2003 vivevano in stato di totale abbandono circa 1500 rom rumeni
Quello che non tutti videro invece fu il vistoso protagonismo dei clan della
camorra che, utilizzando abilmente i media, riuscirono a coinvolgere parte della
popolazione del quartiere per attaccare e sgomberare i rom, non a caso proprio
quelli accampati a via Argine e via Malibran che insistevano su un’area
interessata da un progetto di risanamento urbanistico per decine di milioni di
euro, strumentalizzando una vicenda, il “tentativo di rapimento” di un bambino
da parte di una minorenne rumena che non faceva nemmeno parte dei campi rom.
Del totale di 10 campi rom abusivi di Ponticelli, ne furono incendiati solo due,
quelli che si trovavano nel posto sbagliato.
Emiliano Di Marco
www.emilianodimarco.splinder.com
Di Fabrizio (del 28/01/2010 @ 09:39:12, in Italia, visitato 1990 volte)
Ricevo da Claudio Graziano
L'ammistrazione alemanno fa le le prove per le elezioni regionali e ha fretta
di dare soddisfazione alle promesse fatte ai suoi elettori, partendo dalla
questione "Casilino 900", il campo emblema della presenza rom nella capitale.
Si tratta di 600 rom, che vivono lì da oltre 30 anni, provenienti dalle varie
regioni della ex Jugoslavia e dalla Romania, che secondo l'amministrazione
alemanno, verranno sgomberati entro i primi di Febbraio. In tre giorni sono già
state abbattute decine di baracche.
La tanto millantata collaborazione con la comunità rom non esiste (basta vedere
la reazione dei 128 legittimi assegnatari del campo di Salone, deportati al
centro per richienti asilo di Castel nuovo di Porto per far posto agli arrivi da
Casilino, .a cui era stato promesso di tornare al campo dopo l'espletamento
delle pratiche di permesso di asilo). E a quelle altrettanto preoccupate dei rom
di Casilino 900. I rom questo sgombero lo subiscono e basta.
L'80 per cento dei bambini del campo frequenta le scuole del territorio, una
percentuale molto alta indicatore di un livello altrettanto alto di inserimento
sociale della comunità.
Questi bambini saranno i primi a pagare i costi del trasferimento, perché
saranno costretti o a lunghissimi viaggi per tornare nelle loro scuole, o a
cambiare del tutto scuola, amici, insegnanti.
Eppure la memoria dovrebbe tracciarci il sentiero: l'esperienza di Castel Romano
ci insegna infatti le difficoltà di trasferire i bambini ad ore di distanza
dalle scuole che frequentano.
Il Piano punta a chiudere 80 campi abusivi sparsi sul territorio, e ne indica 13
tra tollerati e autorizzati. Non ci viene spiegato, però, in che condizioni
andranno a vivere i 7200 nomadi della capitale, di cui circa la metà bambini. A
via Candoni, Roma Sud, vivono circa 700 persone, molte lavorano.
L’amministrazione, senza coinvolgere il XV Municipio, ha fatto portare 24
container, che ospiteranno oltre 200 persone provenienti da Casilino. Il rischio
è che questo diventi un campo sovraffollato. Si rischia di interrompere il
prezioso lavoro di integrazione svolto, in questi anni, dalle associazioni
insieme ai rom. . Si chiudono i campi abusivi e si costruiscono delle mega
bidonville etniche, prodotto di un moderno progrom urbano (sull'esempio di
Castel Romano).
Secondo il Piano verrà consegnato un documento, il "Dast", che dovrebbe
permettere a chi lo possiede di sostare nei campi. Ad oggi, al di là
dell'accanimento di una serie di identificazioni continue, svolte in modo
ripetuto ed intimidatorio - anche 5 o 6 volte sulle stesse persone - a cui sono
stati sottoposti i rom della città, ben pochi hanno visto questo documento.
All'esigenza del lavoro, della casa, dei diritti, sembra venire contrapposta
l'ossessione della schedatura, della ghettizzazione, della "soluzione finale".
Intanto con la scusa dei cantieri, la giunta è riuscita a far passare un bando
per la sorveglianza: 3 milioni di euro per le vigilanza privata, mentre in poco
più di un anno, le risorse per progetti di mediazione culturali sono stati
tagliate del 20 per cento
Non un accenno nel piano nomadi ad una soluzione alternativa che non sia il
solito ammassamento dei rom in campi che è il primo motivo della loro
emarginazione. Non un accenno a modalità alternative di inserimento socio
abitativo - accesso alle case popolari o agevolazioni negli affitti.etc. -
Al contrario, le risorse stanziate, vengono in buona parte investite in proposte
securitarie inutili nel promuovere l'autonomia delle popolazioni rom ma, al
contrario, utilissime e spendibili per propaganda elettorale.
E' utile ricordare ai cittadini di questa città che le risorse
dell'amministrazione saranno investite un'altra volta per costruire ancora campi
rom, baraccopoli moderne utili solo, e per un breve periodo, in caso di gravi
disastri naurali.
Insomma, rom terremotati a vita, per la giunta Alemanno.
Quindi, carente su una politica abitativa che sia progettuale, ma anche rispetto
alle politiche di accoglienza, questa giunta, dietro il paravento di proposte di
ordine e di polizia, sta accentuando il disagio della popolazione romana:
pensiamo ai recenti sgomberi della fabbrica heineken e di Casilino 700, che
hanno determinato la dispersione di molti rom nei territori circostanti
aumentando i disagi anche per i residenti del territorio e dall'altra parte,
hanno sradicato i rom dalle reti sociali territoriali in cui erano inseriti.
L'ARCI afferma con forza la sua contrarietà al piano nomadi e a come si sta
attuando, agli sgomberi senza soluzioni alternative, alle operazioni
preelettorali, al taglio delle spese di integrazione.
Claudio Graziano
responsabile immigrazione
ARCI di Roma
tel 3356984279-06417347 12
www.arciroma.it
Di Fabrizio (del 28/01/2010 @ 09:25:15, in scuola, visitato 3749 volte)
Ricevo da Paolo Ciani
Lettera Istituto Comprensivo “via dell’Archeologia” Scuola frequentata dai
bambini Rom di Via di Salone portati al "Cara" di Castel Nuovo di Porto
AL SINDACO DI ROMA Gianni Alemanno
AL PREFETTO DI ROMA
AL V DIPARTIMENTO Politiche sociali
AL XV DIPARTIMENTO politiche educative
AL CAPO DEI VIGILI URBANI Di Maggio
p.c. Alla Comunità di S. Egidio
Alla Casa dei Diritti sociali
A Ermes
Agli organi di stampa
“ Portati via! ”
I diritti degli invisibili
I docenti dell’Istituto Comprensivo di via dell’Archeologia, in
considerazione degli esiti dell’attuazione del piano nomadi del comune di
Roma - che implica in particolare lo spostamento di famiglie di alunni
frequentanti l’Istituto dal campo di via di Salone al CARA di Castelnuovo di
Porto - si interrogano, nello specifico scolastico, sull’opportunità di una
azione che vanifica i risultati positivi conseguiti negli anni e gli sforzi
delle parti coinvolte nell’obiettivo di un progressivo miglioramento
dell’integrazione.
Le motivazioni sottese a quanto affermato sono le seguenti:
la distanza fra il CARA di Castelnuovo di Porto e l’istituto è tale da
costituire impedimento alla fruizione del diritto allo studio dei bambini;
il trasferimento in altra scuola interromperebbe la fruizione di un percorso
scolastico continuativo, predisposto ed attuato sin dalla scuola dell’infanzia,
e potrebbe dar luogo a regressioni nell’apprendimento e nella relazione;
la progettualità di continuità richiede un’azione costante e lungimirante che si
costruisce attraverso il confronto costante e la mediazione;
essere una comunità scolastica significa superare i limiti imposti dalle storie
personali, attenti alla crescita degli alunni, promuovere progettualità di
continuità, favorire una integrazione che lungi dall’essere omologazione sia
conoscenza ed arricchimento reciproco
I docenti possono affermare che gli alunni oggi “portati via” dalle loro
scuole hanno frequentato regolarmente, hanno maturato un atteggiamento positivo
e motivato nei confronti della scuola, instaurando sereni e proficui rapporti
con i compagni e con gli insegnanti; molti dei famigliari, inoltre, si sono
sempre interessati al loro andamento scolastico.
Negli anni sono stati attuati percorsi, rivolti a tutti gli alunni, che hanno
consentito, nel tempo l’instaurarsi di un clima di fiducia reciproca e
l’acquisizione di risultati significativi nella crescita globale della
personalità. Tutto ciò senza avvertire il bisogno, da parte dei docenti, di
attirare l’attenzione sugli ottimi risultati raggiunti perché questo è il lavoro
normale di una scuola che funziona.
I docenti notano con dispiacere che la scuola è chiamata in causa per ogni
problematica, ma non è stata neanche presa in considerazione come interlocutore
nell’attuazione del piano nomadi; è convinzione comune che interventi efficaci,
soprattutto nel sociale, si realizzino attraverso azioni coerenti e sinergiche
di più istituzioni. Perché allora la scuola non è stata consultata prima di
procedere con le azioni predisposte? Ovviamente nella parte che riguarda le
proprie competenze e cioè per valutare le possibili conseguenze e le ricadute di
uno spostamento che avviene a metà anno scolastico e a metà di un percorso di
vita per molti degli alunni iscritti.
I docenti chiedono che, nel tutelare i diritti umani di tutti, sia in
particolare garantito il diritto dei minori alla frequenza scolastica in una
situazione di continuità.
Ricordano che si parla di alunni, persone, esseri umani, non pratiche da
sbrigare, nomi da depennare semplicemente da un elenco: sono sentimenti,
emozioni, percorsi di una storia condivisa, che all’improvviso scompaiono. La
scuola con loro ha conosciuto la diversità di un differente stile di vita, le
difficoltà di inverni passati al freddo nei container, la dignità e lo sforzo
fatto ogni giorno per stare insieme, e l’uguaglianza come quella di essere
bambini come altri bambini, niente di più niente di meno.
Lungi dall’esprimere un giudizio politico o fare politica, i docenti vogliono
unicamente essere messi in condizione di fare bene il proprio lavoro.
E’ in fondo un’esigenza normale. Niente di più e, viene da dire, “non uno di
meno”.
Roma, 25 Gennaio 2010
Istituto Comprensivo
“via dell’Archeologia”
Roma
Cielo rosso di sangue,
di tutto il sangue dei Sinti
che a testa china e senza patria,
stracciati affamati scalzi,
venivano deportati,
perché amanti della pace e della libertà,
nei famigerati campi di sterminio.
Guerra che pesi
come vergogna eterna
sul cuore dei morti e dei vivi,
che tu sia maledetta.
"Spatzo" Vittorio Mayer Pasquale
Di Fabrizio (del 27/01/2010 @ 09:47:24, in scuola, visitato 2024 volte)
Ancora da
Reggio Emilia
La Gazzetta di Reggio di Linda Pigozzi
Sono circa 200 i bambini sinti che frequentano la scuola dell’obbligo negli
istituti reggiani. Molti di loro con frequenza regolare e risultati
soddisfacenti. Un passo importante, quello della scolarizzazione, nel percorso
d’inclusione.
Il percorso viene costantemente monitorato da operatori socio-educativi che a
frequenza regolare si recano nei campi e si occupano di tenere i contatti
con gli insegnanti. Per facilitare l’a ccesso scolastico, poi, il Comune mette a
disposizione i libri di testo e, in alcuni campi, anche un servizio di trasporto
verso la scuola.
Solo un esempio, quello relativo alla scolarizzazione di bambini e ragazzi
sinti, di un progetto organico sul quale l’amministrazione comunale sta puntando
ormai da tempo. E che punta al superamento della logica del confino che per
decenni si è concretizzata con il «campo nomadi». Lo sforzo del Comune non
riguarda soltanto bambini e ragazzi. In corso sono infatti progetti di
formazione dei giovani e d’inserimento lavorativo per gli adulti. In tutto sono
circa 800 i sinti che risiedono nel reggiano.
«Abbiamo adottato importanti politiche d’inclusione - sottolinea Matteo
Sassi, assessore alle politiche sociali -. Il Comune porta quotidianamente
avanti progetti e iniziative tramite operatori che ogni giorno si confrontano
con questa realtà cercando di comprendere quali siano i bisogni reali e le
strade più opportune da percorrere. Il percorso d’eccellenza è quello del
superamento della logica del campo. Il nostro progetto della microarea è stato
una scelta precisa in tal senso, che non siamo stati gli unici in Italia ad aver
adottato. Microaree sono state allestite, ad esempio, nei comuni di Mantova,
Venezia, Modena. Lo scopo è quello di superare un’anomalia tutta italiana e cioé
quella del campo nomadi che non è presente in nessun altro paese europeo. Ora, a
distanza di tempo dall’allestimento della prima campina, possiamo affermare come
il bilancio sia positivo. Ci teniamo particolarmente a confrontarci con la
cittadinanza, visto come era stata accolto il progetto della campina in un primo
momento. Nella fase iniziale, infatti, si speculò molto e non dimentichiamo che
ancora oggi c’è una parte politica che dice che i campi vanno superati e poi fa
di tutto per mantenerli, per tenere in piedi un’assurda paura delle zingaro».
Il bilancio sulla microarea di via Felesino verrà steso nel corso del convegno
organizzato per martedì 26 allo spazio Gerra di piazza XXV aprile dal
significativo titolo «Percorrere strade nuove», proprio per indicare che
esistono «percorsi nuovi e modalità di relazione fra la città e i sinti».
La campina è stata assegnata a una famiglia allargata che in precedenza era
sistemata in un campo affollato. L’esperienza di questa famiglia, che in
collaborazione con gli operatori del Comune ha colto la possibilità di
modificare la propria condizione abitativa e sociale, è stata documentata
attraverso immagini e parole nel libro «Dal campo alla città» che sarà
presentato nel corso del convegno. Una seconda pubblicazione dal titolo
«Percorrere strade nuove» dà invece voce a sinti e operatori coinvolti nei
progetti di mediazione culturale promossi dal Comune negli ultimi 5 anni.
(24 gennaio 2010)
Di Fabrizio (del 26/01/2010 @ 09:43:51, in Europa, visitato 2133 volte)
Da
Roma_Benelux
Ginevra potrebbe forzare i bambini rom ad andare a scuola - Christian Lecomte
L'associazione di difesa dei Rom teme una messa sotto tutela
Ormai i bambini rom dovranno passare le loro giornate sui banchi di scuola
invece che mendicare davanti ai grandi magazzini? Questa sembra la volontà delle
autorità ginevrine. Scandalizzato dal rischio di vedere dei bambini morire di
freddo per le strade di Ginevra, il consigliere amministrativo (socialista)
Manuel Tornare in un primo tempo si era felicitato che i suoi servizi avessero
aperto un rifugio notturno per questi bambini e le loro madri. Misura di
protezione salutare che però ha avuto il dono di irritare una parte della classe
politica - destra e sinistra insieme - , che teme che tutto si limiti ad "una
bolla d'aria".
Sotto lo sguardo di James Fazy (nota
ndr)
Manuel Tornare ora va oltre, volendo aprire loro le scuole ginevrine. "Nel
paese di James Fazy, si deve assolutamente difendere il principio
dell'istruzione, che è il mezzo migliore per uscire dalla miseria", dichiara.
Essendo la questione di competenza cantonale, Charles Beer, consigliere di stato
in carico al Dipartimento dell'istruzione pubblica (DIP), proporrà una
comunicazione in questo senso mercoledì mattina al Consiglio di Stato.
Il capo del DIP, che venerdì scorso si è già intrattenuto a questo proposito
con Isabel Rochat, consigliera di stato in carico al Dipartimento della
sicurezza, della polizia e dello sviluppo, cosicché i servizi ai minori
obblighino i minori ad andare a scuola.
I metodi ed i mezzi al momento non sono ancora conosciuti. Ma garantiamo che
sarà arduo convincere le famiglie rom che mendicano per strada a "lasciare" i
loro piccoli. "Si deve ai minori la protezione di un'istruzione," sostiene
Charles Beer. Ed idealmente, "se sono presenti in maniera stabile a Ginevra,
questi bambini devono essere scolarizzati. Ma so che, statisticamente, sarà
difficile trovarne anche uno solo, perché i loro genitori non vogliono."
D'altra parte, il consigliere di stato che evoca possibili casi di
maltrattamenti, vedendo questi bambini che vivono per strada in pieno inverno,
parla di attivare la clausola di pericolo che può condurre al sequestro del
bambino, "che sia rom o di qualsiasi altra origine".
Una minaccia giudicata "grave" dall'avvocato Dina Bazarbachi,
dell'associazione Mesemrom, che difende i Rom a Ginevra. "Tutto ciò non serve a
niente," dice. "Questa gente è qui solo di passaggio, non vivono qui. Se c'è una
soluzione, è da trattare a livello rumeno ed in scala europea. E questi bambini
non sono maltrattati, non sono in pericolo. La notte, sono al riparo, e
strutture diarie possono accoglierli. Agitare il tema del pericolo, significa
abbassare la guardia ed imporre una misura tutelare, cosa che è inaccettabile."
"Strumenti di mendicità"
L'eletto liberale al Gran Consiglio, Olivier Jornot, che è all'origine della
legge cantonale contro la mendicità, da parte sua si felicita che ci sia una
riflessione generale sui Rom perché, afferma, "questo inverno il loro numero sta
crescendo. La clausola di pericolo, che permette l'intervento dei servizi
sociali, è una buona cosa, perché questi bambini utilizzati come strumenti di
mendicità non abbiano da noi posto sulla strada" .
Riguardo la loro scolarizzazione, il deputato ci tiene a porre un limite:
"C'è una situazione paradossale: questi non sono immigranti, non sono installati
da noi. Scolarizzarli, significherebbe incatenarli a Ginevra e questo non ha
alcun senso per queste popolazioni. Il rischio è anche di vedere questi bambini
confrontati ad un altro modo di vita ed essere rifiutati dalla loro stessa
comunità."
Allegato: da
Roma_Francais
ASSOCIATION MESEMROM
4, rue Micheli-du-Crest,
1205 Genève
contact@mesemrom.org
Lettera aperta al Consiglio di Stato della Repubblica e al Cantone di Ginevra
Ginevra, 21 gennaio 2010
Signor Presidente del Consiglio di Stato, Signore e Signori Consiglieri di
Stato,
La presente fa seguito alla pubblicazione del vostro comunicato stampa di
ieri, annunciante che il Consiglio di Stato incarica la polizia di interrogare e
trattenere i mendicanti accompagnati da bambini o i mendicanti minori, di
segnalare questi casi al Servizio di Protezione dei minori (SPMi), di condurre i
minori con o senza i loro genitori in seno a questo servizio, che potrà
pronunciarsi su una clausola di pericolo, cioè il ritiro immediato della patria
potestà da parte dei loro genitori e l'adozione del minore da parte del
servizio.
L'associazione MESEMROM intende denunciare vivamente queste misure incisive
ed ingiuste prese contro i Rom di passaggio a Ginevra con i loro bambini.
Ci indigniamo che il Consiglio di Stato non abbia appreso le lezioni della
storia, tornando sui passi della Pro Juventute, più precisamente quelli dell'Oeuvre des enfants de la grande route
che ha imperversato dal 1926 al 1973.
Bisogna ricordare che sotto la copertura d' una motivazione sociale,
centinaia di bambini zigani sono stati, all'epoca, strappati alla loro famiglia
e messi in famiglie di accoglienza. Le attività dell'Oeuvre des enfants de la grande route
sono state unanimemente qualificate in seguito come un genocidio culturale.
Deploriamo anche che questa decisione del Consiglio di Stato sia stata presa
dall'alto senza alcuna concertazione con gli attori della società civile vicini
alla popolazione interessata.
Partendo senza dubbio da buoni sentimenti, urta tuttavia il senso comune
nella misura in cui si torna ad una nuova misura discriminatoria ed arbitraria
che colpisce una popolazione che vive, in mancanza di interventi nazionali ed
internazionali efficaci, in condizioni di precarietà e di miseria estreme.
Ricordiamo che i Rom mendicanti a Ginevra non soggiornano nella nostra città
che per una durata molto limitata. Se vivono senza casa e lavoro, non è certo
per una scelta deliberata. L'emigrazione, accompagnata dalla mendicità,
costituisce un atto di sopravvivenza in risposta alle discriminazioni (tra cui
l'accesso al mercato del lavoro) di cui sono vittime i Rom, soprattutto in
Romania.
E' nel contesto delle istruzioni che voi avete data che questa mattina, alle
6.30, dei poliziotti del posto di polizia della Sevette sono all'intervenuti
all'Armée
du Salute ed hanno portato via tre bambini di 9, 6 e 3 anni, mentre stavano
dormendo e si trovavano al sicuro con la loro madre.
Malgrado i nostri interventi nel corso della giornata, non abbiamo potuto
sapere cos'era accaduto a quella madre e ai suoi bambini, mentre il loro padre è
alla disperazione e non possiamo rispondere alle sue legittime domande.
In maniera più generale e forte di una visione pragmatica, chiediamo alle
autorità ginevrine di precisare l'obiettivo reale - che non può essere un nuovo
mezzo per tentare di escluderli dalla nostra città - e di esporre il seguito
delle misure che si propongono, queste non che si possono riassumere a
trattenere/detenere bambini o genitori.
Se le nostre autorità sperano, con un certo candore, di assicurare condizioni
di vita ed un'educazione appropriata a questi bambini, converrà accordare loro
il diritto ad un soggiorno a lungo termine, assieme ai loro genitori, cosa che
presuppone anche alloggi e possibilità di lavoro.
Una volta di più, chiediamo l'attenzione delle autorità sul fatto che misure
coercitive, come le sanzioni penali, non porteranno in nessun caso una soluzione
ad una problematica legata alla miseria, che non può essere risolta che con la
collaborazione attiva e positiva, sul posto, delle autorità dei paesi d'origine
dei Rom che si trovano a Ginevra.
Solo con interventi politici efficaci, e appoggi finanziari, sul posto,
mirati allo sradicamento delle ingiustizie sociali e delle discriminazioni in
questo paese, che le autorità ginevrine contribuiranno perché questi bambini rom
possano, a breve, essere scolarizzati e beneficiare dei frutti dell'istruzione.
Formuliamo infine il desiderio che la storia oscura della Svizzera non si
ripeta con questa ultima presa di posizione che dispiega effetti di una
ingiustizia inaccettabile e i cui aspetti pratici ed il seguito a lungo termine
ci lasciano allibiti.
Vi ringraziamo per l'attenzione che porterete alla presente, vi preghiamo di
credere, Signor Presidente del Consiglio di Stato, Signore e Signori Consiglieri di
Stato, all'assicurazione della nostra alta considerazione.
Pour MESEMROM
Doris Leuenberger, Membre du comité
Dina Bazarbachi, Présidente
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