L'inclusione dei Rom nella società potrebbe aumentare il PIL dell'11%
Bratislava, 27 ottobre (TASR) - Secondo lo studio "Perdite per l'esclusione
dei Rom", l'integrazione sociale dei Rom arricchirebbe la Slovacchia di oltre
l'11% del PIL nazionale, dicono gli autori Anton
Marcincin e Lubica Marcininova.
Secondo gli autori, non sarebbe il risultato del risparmio dei benefici
sociali, quanto un impiego della forza lavoro impiegata, che incrementerebbe il
PIL. Lo studio ipotizza che nel 2030 il10% della popolazione slovacca sarà
Rom, col 16% della popolazione in età lavorativa o scolastica.
"Se continuiamo ad ignorare i Rom - i loro problemi e sottosviluppo - e non
capiremo che tutte le nostre regioni sono del tutto dipendenti dalla forza
lavoro locale e dal suo impiego, lavoro, consumo - in molti casi anche dei Rom,
un giorno ne sconteremo le conseguenze," ha detto Marcinin.
Ha spiegato che la curva demografica dei Rom è differente da quella della
popolazione non-Rom, puntualizzando che se non useremo il loro talento e
capacità lavorative, la Slovacchia potrebbe risvegliarsi nel 2020 scoprendo che
in alcune regioni della Slovacchia orientale la maggioranza dei Rom è ancora
disoccupata. "E non c'è nessun modo di investire lì, perché non c'è niente o
nessuno su cui investire," ha aggiunto.
Secondo le stime attuali, almeno 430.000 Rom vivono oggi in Slovacchia
(popolazione 5,4 milioni), di cui i due terzi sono in età produttiva. Tra i
bambini in età scolare, un settimo appartiene alla minoranza rom. "Gran parte
della popolazione rom dipende dal sistema sociale. La cattiva istruzione e il
colore differente della pelle sono tra le ragione dei tassi bassissimi di
impiego tra i Rom (secondo le stime soltanto il 10% in età produttiva sta
lavorando)," elenca lo studio, aggiungendo che la povertà viene trasferita di
generazione in generazione.
Di Fabrizio (del 11/11/2009 @ 09:05:01, in scuola, visitato 1722 volte)
Da
British_Roma (i link presenti nell'articolo sono tutti in inglese)
Wired.co.ukDrom: il gioco di strada che esplora la vita di stradaBy Michael
Conroy
04/11/2009 - Se casa tua fosse una roulotte e tu vivessi a Londra, dove ti
sistemeresti per la notte? Ti sentiresti sicuro? E se dovessi contare solo sulla
bontà degli sconosciuti per trovare un posto per rimanere?
Questa è la premessa di
Drom, un
gioco pervasivo che esplora la precaria vita
dei Rom [...] la vecchia generazione del popolo nomade che una volta si muoveva
attraverso l'Inghilterra e le altri parti d'Europa, ma che oggi trovano il loro
modo di vita sempre più minacciato dall'espansione urbana e dal cambiamento
delle leggi consiliari.
Drom (che significa "strada") coincide con la tappa di tre settimane
di Shraddha
al Teatro di Soho, una storia d'amore tra una ragazza zingara e un giovane
immobiliarista, sullo sfondo del trasferimento dell'insediamento rom di Hackney
a Londra Est, perché quel terreno è interessato ai lavori per le Olimpiadi di
Londra.
I due viaggianti del gioco saranno trasportati attraverso le vie di Londra,
cercando un riparo notturno dove parcheggiare in sicurezza, guidati soltanto dai
consigli dei giocatori online, che possono inviare suggerimenti via email,
Twitter o SMS. I giocatori devono indicare una località ed una motivazione al
loro consiglio, ma d'altra parte i viaggianti possono decidere indipendentemente
dal capriccio dei giocatori.
Ogni venerdì e sabato durante la tappa di Shradda, i viaggianti
sceglieranno un sito raccomandato da un estraneo, piazzeranno il campo e
documenteranno i risultati. I progressi verranno tracciati in tempo reale via
GPS, e gli stessi viaggianti terranno un video blog sulle loro esperienze.
Saranno "spostati" dalle autorità o incontreranno altri fatti fatti spiacevoli,
il loro vagare verrà registrato da videocamere nascoste nelle roulotte. Col
passare delle settimane si sposteranno a spirale verso il Teatro di Soho, ed il
vincitore sarà chi troverà dove passare una notte il più vicino a quella sede.
Simon Johnson, co-fondatore di
Simon Games ed uno
dei designer di Drom, spiega che lo scopo del gioco è adoperare i mezzi del social networking
per creare empatia tra giocatori e viaggianti, e così far crescere la conoscenza
della storia e della cultura romanì:
"Abbiamo voluto Drom per evidenziare alcuni dei temi di Shradda, per
portarli fuori dal teatro e misurarci con loro attraverso il gioco," dice Evans,
che sarà uno dei viaggianti nella roulotte. "Ci siamo focalizzati soprattutto su
un aspetto - l'effetto distruttivo della chiusura dei siti sulla vita delle
comunità zingare e viaggianti. Vogliamo che la gente consideri cosa farebbe in
una simile situazione."
Di Fabrizio (del 12/11/2009 @ 09:11:13, in lavoro, visitato 1477 volte)
La Repubblica Genova.it Hanno tra i 23 e i 50 anni, e provengono da Molassana e Bolzaneto: "Vorremmo
creare una cooperativa". Boom di iscrizioni al corso della Provincia: "Così
cambiamo il nostro futuro"
di Domenica Canchano
Al corso professionale di sartoria aderiscono tredici donne di etnia rom e sinti.
Hanno tra i 23 e i 50 anni, provengono dai campi nomadi di via Adamoli a
Molassana, dove risiedono i rom di origine bosniaca, e di via Nostra Signora
della Guardia a Bolzaneto, dove i nomadi sono sinti, italiani, di origine
piemontese. Il corso è promosso dalla sezione genovese dall'Opera Nomadi in
collaborazione con la Provincia. L'appuntamento è presso la sede del Cna. Le
presentazioni sembrano un momento liberatorio: «Io mi chiamo Margherita», dice
una. «Mezza storta, mezza dritta», aggiunge con tono scherzoso la nipote Silvia,
di 26 anni. L'insegnante la riprende, scatenando l'ilarità dei presenti: «Eh no,
quando si ha una forbice in mano bisogna andare sempre dritta». Silvia racconta:
«Noi siamo italiani di origine piemontese che abitiamo in un campo. Anche per
noi è difficile trovare lavoro. Questo progetto ci offre l'opportunità di
specializzarci in un mestiere. Ho una bambina di sei anni e solo mio marito
lavora. Mia zia fa i panini per la nostra comunità nel campo di Bolzanet».
Zekija invece è una donna di 52 anni che proviene dalla Bosnia. E' in Italia da
18 anni, e a Genova sono nati i suoi figli. «La più piccola dei miei sei figli
ha 17 anni e fra poco potrà chiedere la cittadinanza italiana. Anche se ho molti
dubbi sui tempi di consegna. Due anni fa ho fatto domanda per ottenere la carta
di soggiorno e ad oggi non ho avuto risposta».
Fino a poco tempo fa lavorava come bidella, oggi si ritrova ad imparare un nuovo
mestiere per diventare economicamente indipendente. Quasi tutte stentano a
trovare un impiego e sebbene abbiano altre, Genova è la loro casa: i loro figli
e i loro nipoti sono i nuovi genovesi. Salmira, per esempio, ha 23 anni ed è
arrivata dalla Bosnia quando era appena una neonata. «Per la precisione avevo
poche settimane. Dico sempre che sono bosniaca, ma in realtà tutta la mia vita
l'ho vissuta qui». Serena Camedda dell'Opera Nomadi spiega: «Chi frequenta il
corso è perché intende proporsi al mondo del lavoro con una base di conoscenza
reale della sartoria. La speranza è quello di riuscire ad aprire una cooperativa
dove le donne possano svolgere questo lavoro. Sarebbe un ulteriore passaggio
all'autonomia». Quello che è certo è che alla fine del corso, previsto per la
prossima settimana, le "nuove" sarte otterranno un attestato di frequenza. «In
questi cinque mesi ho imparato a fare la gonna - racconta con un filo di
orgoglio Semsa, 42 anni - . Pulivo le scale dei palazzi, l'idea di fare la sarta
non mi dispiace. Anzi non vedo l'ora che le italiane indossino le mie gonne. La
gente onesta esiste, ed è anche fra di noi».
L’Orchestra Sinfonica Abruzzese e l’Alexian Group di Alexian Santino
Spinelli eseguiranno due concerti di solidarietà per l’Abruzzo.
I concerti avranno luogo il 13 Novembre a Roma presso il Tempio
Valdese di Piazza Cavour alle ore 18,00 e a Lanciano (in
Abruzzo prov. Chieti) presso il Teatro Fedele Fenaroli il 14 Novembre
alle ore 21.
I concerti sono stati organizzati grazie al contributo delle seguenti
associazioni e istituzioni: Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia –FCEI
e Tavola Valdese, l’Associazione nazionale Thèm Romanò di Lanciano (Ch), la Ut
Orpheus Edizioni di Bologna, la Cooperativa ERMES di Roma, l’Arci Solidarietà di
Roma, la Fondazione Casa della Carità di Milano, l’Associazione Altrevie di
Roma, la Compagnia Nuove Indie di Roma, l’Associazione Piemonte-Grecia Santorre
di Santarosa di Torino, la Deputazione Fedele Fenaroli del Comune di Lanciano,
la Federazione Romanì di Roma, la rivista Confronti DIALOG-ARTI di Roma.
I due eventi sono stati inoltre promosse da decine di radio e dalle riviste
Focus di Milano e Intercity di Pescara.
I concerti avranno il titolo di "Romano Drom" La lunga strada dei Rom e
rappresentano un evento artistico unico e originale in cui sarà proposta musica
Rom con canti in lingua Romanì composti da Alexian Santino Spinelli, un Rom
Abruzzese profondamente legato alla sua terra. I Rom Abruzzesi, cittadini
italiani, sono presenti in Abruzzo da oltre sei secoli e sono vicine alle
famiglie Aquilane duramente colpite dal terremoto. I concerti saranno introdotti
da Roberto De Caro presidente della casa editrice musicale Ut Orpheus che ha
pubblicato le musiche che saranno eseguite.
Fin dal Rinascimento i Rom girando di piazza in piazza e di castello in castello
hanno influenzato i musicisti colti apportando novità ritmiche e musicali oltre
che strumentali. Ma è soprattutto in epoca Romantica, nel momento in cui si
affermano i concetti di nazione, radici culturali, folklore locale, libertà etc.
che i grandi compositori come Listz, Brahms, Schubert e più tardi Dvorak,
Mussoskj, Ravel, Debussy, Bartok, Stravinskj, oggi Goran Bregovic hanno attinto
a piene mani dalla tradizione musicale romanì, per la prima volta – in questo
evento con la Sinfonica Abruzzese - la musica romanì non sarà assorbita dalla
musica classica, ma al contrario l’orchestra sinfonica accompagnerà e si
integrerà nella musica romanì.
Il concerto è un viaggio artistico-culturale in cui vengono rievocate attraverso
i suoni, le parole e i colori, le radici profonde di un popolo millenario
caratterizzato dalle prismatiche sfumature e dalle intensissime emozioni.
Un viaggio nell’intimità della storia e della cultura di un popolo trasnazionale.
Le musiche proposte in cui si rintracciano gli echi del passato sono quelle
dell’ambito familiare che i Rom suonano per tramandarsi, per comunicare e per
restare uniti. I canti sono memorie mai scritte in cui si custodiscono valori
etici, filosofici e linguistici di un popolo dalle molteplici espressioni.
L’Europa, mosaico culturale, è anche un mosaico musicale e ogni popolo è custode
di ritmi e di stili che si sono rinnovati attraverso i secoli.
A questo ricco mosaico culturale europeo anche i Rom, originari dell’India del
Nord, hanno dato il loro apporto, con colori e forme distinti.
In molti paesi la cultura romanì è entrata a far parte del folklore locale,
spesso il folklore di quei paesi si identifica con la cultura o l’arte romanì:
il flamenco in Spagna, i violinisti ungheresi, i cymbalisti romeni, la musica in
Russia e nei Paesi della ex Jugoslavia. Alcuni generi musicali derivano dai Rom
come la Czardas e Verbunkos, ma anche tanta musica balcanica oltre che il jazz
manouches, che è il vero jazz europeo, il cui precursore è stato il leggendario
manouche Django Reinhardt.
Di Fabrizio (del 13/11/2009 @ 09:35:29, in casa, visitato 1947 volte)
Stop agli sgomberi forzati!
Le autorità cittadine, a Roma, hanno sgomberato forzatamente una comunità di
circa 400 persone rom. La maggior parte di queste persone, che costituiscono
circa 100 famiglie, hanno occupato uno stabilimento abbandonato nelle vicinanze.
Se sgomberate da questo stabilimento, le famiglie dovrebbero vivere in dure
condizioni in un altro campo improvvisato, o potrebbero essere costrette a
vivere all'aperto.
Secondo le Ong locali e i mezzi di comunicazione, all'alba dell'11 novembre,
circa 150 ufficiali di polizia hanno sgomberato le famiglie dal campo di via
Centocelle, nella parte est della città. Tutti gli accampamenti della comunità
sono stati distrutti e circa 20 uomini rom sono stati arrestati, nonostante non
si sappia di cosa siano accusati. Le Ong locali affermano che la comunità non ha
ricevuto nessuna notifica dello sgombero forzato ne è stata consultata, e che il
Comune di Roma abbia offerto rifugi per brevi peridi solo ad alcune donne e ai
bambini piccoli, nei dormitori dei senza tetto della città. In base alla legge
italiana, le autorità dovrebbero notificare lo sgombero a tutte le persone, o
pubblicare un ordine pubblico o un preavviso. In ogni caso, non essendo l'ordine
formalizzato in questo modo, la comunità non potrà adire la corte, e fermare o
posporre lo sgombero.
Lo stabilimento dove si trovano adesso le famiglie è una proprietà privata, e
quindi potrebbero essere sposati in qualunque momento. Nella comunità ci sono
circa 140 bambini, di cui 40 frequentano una scuola nelle vicinanze. Lo sgombero
minaccia di interrompere la loro scolarizzazione e sconvolgere seriamente la
loro educazione.
La maggior parte di coloro che vivono nel campo di Centocelle hanno già vissuto
in precedenza uno sgombero forzato. Gli sgomberi forzati precedenti hanno
comportato la distruzione di accampamenti, vestiti, materassi, e qualche volta,
di medicine e documenti. Si ritiene che tutti questi sgomberi siano stati
eseguiti senza le salvaguardie procedurali richieste dagli standard regionali ed
internazionali dei diritti umani.
In merito allo sgombero dell’occupazione rom di Via Gordiani, a Roma, Claudio
Graziano, responsabile ARCI Immigrazione Roma e Lazio, dichiara che “gli
sgomberi polizieschi sono atti scellerati, aumentano i problemi dei Rom e del
territorio intero. In questo caso, sono stati sgomberate 200 persone, presenti
in modo provvisorio nel Municipio VII da più di un anno, dove il processo di
integrazione aveva già dato ottimi risultati. Lo dimostra la presenza delle
insegnanti e la direttrice della scuola “Iqbal Masih”, che per tutta la mattina
hanno cercato i genitori dei bambini e delle bambine regolarmente presenti in
classe, anche oggi. Inoltre, denunciamo che non è stato permesso l’ingresso
all’occupazione alle associazioni di tutela, i mediatori culturali, gli
interpreti, gli avvocati, gli insegnanti, oltre che ai giornalisti. Questa
operazione di sgombero dimostra la continua violazione in Italia e dei diritti
umani nei confronti dei migranti e dei Rom; siamo ancora sconvolti dallo
sgombero disumano dell’insediamento di S. Nicola Varco a Eboli.
Il Sindaco Alemanno si fa forte con i deboli, non affronta i problemi delle
persone ma preferisce cacciare i poveri. Queste azioni violente non risolvono la
situazione dei campi Rom presenti sul territorio romano, ma aumentano la
confusione ed il disagio. C’è la totale assenza di una programmazione concreta,
mentre le dichiarazioni verbali dell’amministrazione comunale rivendicano un
impegno inesistente.
Come ARCI e con tutte le associazioni romane, ci chiediamo che tipo di città
vuole amministrare questa giunta, se quella delle squadracce che irrompono nelle
occupazioni operaie, se quella degli sgomberi dei cittadini poveri, se quella
dei pestaggi agli omosessuali e ai migranti. Vorremmo sapere se Roma è ancora la
città dell’accoglienza, oppure se quello a cui assistiamo quasi quotidianamente
è il nuovo modello di convivenza civile che vuole imporci la giunta comunale.
Non sappiamo dove siano le persone sgomberate oggi, deportate con un pullman
chissà dove. L’ARCI pensa che si debba dare una risposta civile a queste
situazioni, che si debba arrivare ad un superamento pacifico dei campi rom,
dovrebbe esserci accordo tra amministrazione comunale, cittadinanza ed i Rom
stessi.
Claudio Graziano resposabile immigrazione ARCI di Roma tel
3356984279-0641734712
www.arciroma.it
In centinaia vengono cacciati dalla ex fabbrica della
Heineken in via dei Gordiani. 150 persone, molte donne e bambini. Dalle 8 del
mattino circondati dalle forze di pubblica sicurezza e caricati sui camion per
tornare in Romania. Anche questo è il "piano nomadi" dell'amministrazione
Alemanno. Interferenze Rom è tutta dedicata a quanto accaduto. Dirette,
interviste e il dibattito fra gli ascoltatori.
La comunità rom beinaschese è una piccola comunità composta da una trentina
di persone. Oggi vivono in una nuova area, inserita, vista la vicinanza al fiume
Sangone, nelle aree protette della fascia del Po.
Lasciato il vecchio campo, situato dietro il cimitero, oggetto di esproprio da
parte della Provincia di Torino, la comunità ha occupato il nuovo campo situato
nel Parco del Sangone, in prossimità della rotonda dei Dragoni, dove nascerà la
nuova circonvallazione, nei pressi degli orti urbani.
La nuova sistemazione della comunità è su un terreno di proprietà comunale di
1300 metri quadrati, opportunamente attrezzato e suddiviso in sei sotto aree.
Una per ognuna delle sei famiglie rom. Vi si sono trasferiti nell’aprile 2009.
In quattro giorni fecero il trasloco dal vecchio campo, situato su un terreno di
loro proprietà, al nuovo campo comunale. Sono inseriti in un progetto culturale
e sociale che fa capo al Cidis e che coinvolge anche i comuni di Rivalta e
Orbassano. A fare da mediazione la cooperativa San Donato di Torino che, oltre a
seguire l’intero progetto, ogni due mesi relaziona al comune.
Gabriella Scaperotta è la mediatrice culturale che segue il progetto e il campo
beinaschese. «Il trasferimento non è stato facile per loro – dice - Nel vecchio
campo si sentivano a casa loro, questa è proprietà del Comune. Devono rispettare
le regole che fanno parte del progetto. Inoltre il 21 ottobre dell’anno scorso è
morto Hamia Suleymanovic, il loro capo clan. Oggi le famiglie sono un po’
spaesate, manca loro una figura di riferimento».
C’è un vero e proprio programma di inserimento scolastico. Tutti i bambini vanno
a scuola regolarmente: tre bambini frequentano la materna, sei le elementari,
due le scuole medie, gli altri sono tutti piccolissimi. Gabriella Scaperotta è
entusiasta. «Siamo fieri, tutti i bambini vanno a scuola e sono ben inseriti.
All’inizio, nel 2007, qualche problema c’è stato. Il risultato raggiunto è
ottimo. Avere due ragazze che frequentano le scuole medie, regolarmente,
recandosi da sole a scuola, arrivando tutti i giorni puntuali, è per noi un
successo inaspettato. Una ragazza ha quindici anni. Per i rom quindici anni è
l’età in cui ci si sposa, non in cui si va ancora a scuola. Poi certo a scuola
l’integrazione non è totale. Alle feste di compleanno a casa i bambini rom non
vengono invitati, ma loro non ci fanno caso. A parte questo Beinasco è
sicuramente un comune all’avanguardia, da cui prendere esempio. Qui, su questo
tema, siamo avanti, molto avanti». C’è un progetto in cui Beinasco è addirittura
comune pilota in Italia: il Coi, progetto sulla salute orale nei campi nomadi.
Il rapporto con l’autorità, rappresentata dalla polizia municipale beinaschese,
è ottimo. Kemal, venticinque anni, padre di tre bambini, è sposato con
Elisabetta: «Ah sì, Sergio, lui viene spesso a trovarci. E’ bravo». Gabriella Scaperotta: «Sergio è
Sergio Florio, comandante della polizia municipale. E’ per
loro una figura molto importante è una persona che sa ben rappresentare la legge
ma mettendoci un forte lato umano. Loro lo rispettano ma lo considerano un
amico. Quando viene qui sgrida i ragazzini che combinano guai e loro lo
ascoltano. E’ importante, molto importante».
Il campo ha delle regole precise da seguire. «Una specie di regolamento
condominiale. Se seguono le regole bene, altrimenti fuori » aveva affermato
perentoriamente Bruno Guarnieri, vicesindaco e assessore al sociale della
vecchia amministrazione. La pulizia del campo, l’inserimento scolastico dei
bambini, il non arrecare disturbo alla popolazione locale, l’obbligo di
vaccinazioni, un progetto di consultorio familiare. Il campo è ben organizzato e
pulito. Le sei famiglie che vi vivono, complessivamente trenta persone, di cui
una ventina di minori e dieci adulti, hanno ognuna il loro spazio delimitato da
una blanda recinzione, la propria roulotte, il proprio punto acqua. Esistono poi
gli spazi collettivi: un lavatoio per le stoviglie, un rubinetto d’acqua per
lavare i panni, due bagni chimici, cinque bidoni per la raccolta di rifiuti, un
generatore di corrente per illuminare il campo la sera.
I panni puliti stesi ai fili della recinzione, i piatti insaponati sul lavatoio,
addirittura il tavolino all’esterno della roulotte con il vassoio e le tazzine
con il caffè.
Kemal è uno dei capofamiglia: «Abbiamo girato tanti posti ma a Beinasco ci
troviamo bene, ci sentiamo accolti, ben integrati. Io voglio vivere sempre qui
nel campo, meglio qui che sulla strada. Ci sentiamo più sicuri. Non voglio una
casa. Per noi rom il campo è la libertà. La gente qui è abbastanza gentile.
Qualcuno si spaventa quando ci vede. Li capiamo, siamo abituati. Ma hanno
accolto bene i nostri bambini, questo per noi è molto importante. Non voglio
andare via. Quello che ci manca di più sono le docce e la luce, la sera qui è
tutto buio. Il generatore funziona per due o tre ore poi siamo immersi nel buio
totale del bosco».
Gli fa eco una bella ragazza giovane, vestita in maniera moderna: gonna di
jeans, maglietta viola, Patrizia è una ragazza decisa, guarda avanti. E’ una
delle poche ad avere la cittadinanza italiana. E’ seduta al suo tavolino, fuori
dalla roulotte, dove prende il caffè: «Per me è importante la cittadinanza. Io
voglio essere cittadina italiana. Ho combattuto per averla per me e per le mie
figlie. Non abbiamo precedenti. E’ importante avere i nostri diritti. Le mie
figlie vanno a scuola. Il mio sogno? Una casa. Un giorno forse riuscirò ad
esaudirlo. Non voglio vivere per sempre qui».
Arifa è la donna più anziana che vive nel campo. Oggi è vedova, suo marito è
morto quattro anni fa. E’ la mamma di quattro figli maschi che vivono tutti nel
campo. Kemal è uno di loro. Ha una bella casa-roulotte che tutti le invidiano.
Già, perché anche qui c’è chi ha la casa più grande e più bella e chi non ha
neanche la porta nella roulotte.
Se la questione nomadi inizialmente è nata per il discorso sicurezza oggi si è
estesa al discorso spese. Il campo ha avuto dei costi per la sua creazione, ci
sono dei costi annuali. A seguito della stipula dell’accordo di programma tra i
comuni di Beinasco, Rivalta, Orbassano, il Cidis e la cooperativa Sociale San
Donato hanno richiesto dei finanziamenti regionali.
Sono stati finanziati: il progetto “Tante Culture” (tavolo di lavoro per azioni
di integrazione sociale e culturale della popolazione rom) dal settembre 2007 al
giugno 2008 per un contributo totale di 25mila euro; il progetto “In-Legale”
(interventi per l’integrazione culturale e lavorativa dei soggetti rom) per 12
mila euro; il progetto “Rom in Comune” (interventi a favore delle popolazioni
zingare quali tutela minori, sostegno alla genitorialità e prevenzione della
devianza minorile). Il Comune ha inoltre approvato un progetto autonomo per
“Accompagnamento sociale all’abitare rivolto ai nuclei familiari Rom” redatto
dalla cooperativa San Donato con uno stanziamento presunto di 12.700 euro. I
costi del progetto previsti sono di 205 mila euro, di cui il 77% sarebbe stato
finanziato dal ministero e il 23%, pari a 47mila euro, dai comuni. I costi per
interventi strutturali sono stati invece pari a 20.900 euro per la prima
sistemazione, e 53.350 per la seconda sistemazione.
L’interrogazione consiliare presentata dall’opposizione è proprio sui contributi
al campo nomadi. In particolare sul noleggio dei wc chimici. Proprio per questo
si sta valutando la possibilità di realizzare un blocco di servizi che
comporterebbe una spesa di 15 mila euro.
Rosalba La Fauci: «Dalle cifre fornite dagli uffici del Comune emergono
contributi regionali e provinciali (60 mila euro circa) già impegnati per
interventi a progetto.
Risultano ulteriori 107.850 euro spesi da questa amministrazione. Rapportato
alle trenta persone che occupano il campo sono una cifra pro-capite non
indifferente. Se poi raffrontiamo questa spesa all’impegno finanziario che
questa amministrazione dimostra alle famiglie che stentano ad arrivare a fine
mese, alle associazioni di volontariato e ai Centri di ascolto che operano sul
nostro territorio, vediamo che non corrisponde neanche ad un terzo per tutta
Beinasco. Ricordiamo che questo è accaduto grazie a una sconsiderata politica
integrativa che allo sgombero ha preferito sanare una situazione inaccettabile,
che grava oggi sulle tasche dei cittadini e che ancora oggi, dopo anni, non
risulta essere regolata in maniera da garantire il rispetto dei diritti e dei
doveri così come richiesto a tutti gli altri abitanti di Beinasco».
Replica il sindaco Maurizio Piazza: «Tralasciando la demagogia, il Governo
centrale ha messo milioni di euro in finanziamenti non per abbattere i campi
nomadi ma per regolamentarli. Noi seguiamo delle direttive centrali. Le linee
sono di regolamentare anche a fini igienico-sanitari. Il presidente del
consiglio in una sua ordinanza nomina i prefetti commissari in questa materia.
Ecco perché la maggior parte delle spese sostenute sono finanziate. Oltretutto
noi siamo convinti di quello che facciamo ed evitiamo strumentalizzazioni.
Stiamo anche predisponendo un vero e proprio regolamento. Dire che spendiamo più
per i rom che per le famiglie di Beinasco vuol dire vivere su un altro pianeta,
non conoscere la realtà della città, dire un mare di bugie. Non stiamo togliendo
nulla alle famiglie beinaschesi, stiamo integrando una comunità che fa parte di
una minoranza etnica. E siamo orgogliosi dei risultati raggiunti a livello di
inserimento. Tutto il resto sono bugie, le solite bugie. Beinasco è il primo
comune in assoluto per quel che riguarda le borse lavoro. Ma dove vivono?».
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