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Di Fabrizio (del 21/05/2009 @ 01:35:40, in Italia, visitato 2310 volte)

Ricevo questa segnalazione da Agostino Rota Martir. Se ne era parlato anche QUI

Da PisaNotizie.it

Iniziati i "rimpatri volontari e assistiti" per i Rom rumeni. Per chi rimane, ruspe e sgomberi. I primi commenti delle forze politiche

Quaranta persone riaccompagnate in Romania, 21.500 euro di "contributo umanitario" erogato alle famiglie tornate al loro paese (da 500 a 1.500 euro per ciascuna, a seconda della consistenza del nucleo), 6.000 euro di "spese organizzative", due campi smantellati. Sono questi i numeri dell'operazione di "rimpatrio volontario e assistito", predisposto dal Comune di Pisa e dalla Società della Salute per i Rom rumeni.

Le cifre sono state presentate in una conferenza stampa, alla quale hanno partecipato il Sindaco Filippeschi, la neo-assessora alle politiche sociali Paola Ciccone e i tecnici della USL che hanno diretto le operazioni. Partiti con un pullman della Croce Rossa, i Rom sono arrivati a destinazione nel pomeriggio di ieri, attraversando la Slovenia e l'Ungheria. Nell'organizzazione del viaggio sono stati coinvolti anche il Consolato romeno di Milano (che ha fornito i documenti necessari al rimpatrio), la Prefettura, i diversi corpi di polizia (Carabinieri, Vigili Urbani e Questura), nonchè l'Interpol per coordinare l'attraversamento delle diverse frontiere.

Un'operazione che il Sindaco non esita a definire "positiva ed efficace". "E' un provvedimento che alleggerisce una presenza ormai divenuta sproporzionata nella nostra città", spiega il primo cittadino. Per Paola Ciccone, assessore alle politiche sociali, quella del rimpatrio è "un'operazione che coniuga gli inderogabili impegni di solidarietà e tolleranza con gli altrettanto fondamentali principi di legalità, di sostenibilità, di concertazione istituzionale". "Noi", spiega ancora l'assessore, "non accettiamo la filosofia del farsi la baracca o dell'accamparsi in modo abusivo. E i problemi della povertà non possono gravare su un unico Comune: per questo, abbiamo richiesto l'aiuto della Regione, che deve farsi carico di una più equa distribuzione dei problemi sul territorio".

Le ruspe nei campi

Intanto, in due campi - a Cisanello e sull'Aurelia - sono arrivate le ruspe del Comune, che hanno distrutto le baracche e i ripari delle famiglie rimaste a Pisa. "A coloro che restano garantiremo assistenza umanitaria", dice Giuseppe Cecchi, direttore della Società della Salute. "Tuttavia - aggiunge - c'è una differenza tra i Rom inseriti nel progetto Città Sottili, e quelli che ne sono esclusi. Per i primi abbiamo un impegno straordinario per l'inserimento abitativo. Per i secondi non è possibile un intervento del genere: le risorse sono limitate, e i servizi sociali non sono un'agenzia immobiliare. Chi non riesce a trovare casa deve andarsene".

Mentre si svolge la conferenza stampa, i Rom del Campo dell'Aurelia arrivano alla Società della Salute, portando con loro i pochi effetti personali sottratti alle ruspe. Uno ad uno, i capifamiglia si recano dagli assistenti sociali: i quali, come ci spiega Giuseppe Cecchi, "sono stati mobilitati in modo straordinario per l'emergenza di oggi".

I servizi offrono un piccolo contributo per l'acquisto dei pannolini per bambini, e dei buoni-spesa per mangiare. "Ma nessuno sa dirci dove dormiamo stasera", protesta un giovane Rom "e ci sentiamo presi in giro: abbiamo bisogno di buoni-tetto, non di buoni-pasto". I Rom si ingegnano a trovare soluzioni, e c'è chi ha individuato qualche terreno dove portare tende e materassi. "Gli assistenti sociali", dicono due capifamiglia, "rispondono che occupare i terreni è illegale: ma noi da qualche parte dovremo pur dormire". I volontari di Africa Insieme portano cibo, bevande, generi di conforto.

Nel tardo pomeriggio l'assessore Ciccone arriva in Via Saragat e incontra direttamente le famiglie Rom. Viene "concessa" una piccola "tregua", per la notte verrà concesso alle famiglie di dormire nel parcheggio della Società della Salute. Ma, dal giorno dopo (cioè da oggi) dovranno andarsene.

Dopo i rimpatri

L'alternativa posta dal Comune ai Rom è dunque questa: o tornare in Romania, accettando il "contributo umanitario", o comunque andarsene da Pisa per cercare fortuna altrove in Italia.

"In questo modo non si risolve nulla", ci dicono gli stessi capifamiglia Rom, "perchè noi non ce ne andiamo: qui lavoriamo e almeno guadagniamo qualcosa per vivere. In Romania il lavoro non c'è, nelle altre città italiane dovremmo ricominciare tutto da capo". Secondo i diretti interessati, insomma, il Comune non riuscirà ad allontanare davvero gli insediamenti e persino i "rimpatriati" - a loro parere - sono destinati a ritornare presto in Italia. Del resto, le normative europee prevedono, per i cittadini comunitari, la libertà di circolazione e di soggiorno in tutti i paesi UE. Nulla, dunque, impedirebbe a una famiglia di rientrare in Italia.

"E' vero, in teoria potrebbero tornare", riconosce l'assessore Ciccone, "ma noi abbiamo stipulato un patto d'onore con i capifamiglia. Era necessario per impedire il proliferare dei campi abusivi. Ed è stato, da parte nostra, un segno di rispetto e di riconoscimento nei confronti dei Rom".

Sergio Bontempelli

Leggi anche:
- Sgomberi e rimpatri, i primi commenti delle forze politiche
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Di Fabrizio (del 20/05/2009 @ 09:43:47, in Europa, visitato 2327 volte)

Da Roma_Daily_News

The Prague Post
La destra è tornata in Europa Centrale, ora con moderne tecniche di pubbliche relazioni
14 maggio 2009 | By Jaroslaw Adamowski, For the Post

Courtesy Photo

Mentre i mezzi d'informazione cechi sempre più riportano di incidenti a sfondo nazionalista o razziale, anche gli osservatori più passivi iniziano a chiedersi: E' cambiato qualcosa nella società ceca? Col crescere dell'intolleranza verso la minoranza rom, manifestazioni neonaziste e leader stranieri di organizzazioni suprematiste bianche invitati a tenere letture alle università, sono soltanto tentativi di gruppi marginali per ottenere attenzione, o c'è qualcos'altro? La società ceca è l'unica a confrontarsi con questi problemi?

L'aumentata attività dei movimenti di estrema destra è parte di una tendenza nell'intera regione. In quasi tutti i paesi dell'Europa centrale - Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia - politici nazionalisti e di estrema destra stanno preparando un grande ritorno. Stavolta, hanno imparato la lezione dalle sconfitte precedenti e, come risultato, hanno ammorbidito la loro immagine. Ora, la questione è: Perché e come sono tornati?

Non è una coincidenza che, come l'economia globale ha smesso di scendere e la recessione ha colpito duro l'Europa centrale, i partiti di estrema destra si sono rafforzati. Quando i politici, di destra o sinistra, offrono poche soluzioni dirette per superare la crisi, c'è sempre il rischio che la gente voti di getto per qualcuno che offre soluzioni semplici a problemi complicati.

Ungheria

In Ungheria, ad esempio, Jobbik, il Movimento per un'Ungheria Migliore, è un partito di estrema destra con un'agenda che include la reintroduzione della pena di morte, "l'indipendenza economica", e di mandare tutti i cittadini di origine rom fuori dal paese. Potrebbero entrare nel Parlamento Europeo con le elezioni di giugno. Il partito si nutre con le paure della società ungherese: un'economia nazionale in arretramento che ha sofferto della stagnazione molto prima del tracollo globale, la crescita della disoccupazione, del crimine ed una minoranza rom che rimane non integrata. Jobbik ha approfittato dell'incapacità della classe politica dirigente o della mancanza di volontà di affrontare quelle paure. I sondaggi dicono che Jobbik potrebbe avere un base tra il 4 e il 5%, che è abbastanza per passare la soglia per ottenere seggi in Parlamento.

Formatosi nel 2002 come organizzazione giovanile del partito di di destra Fidesz - la più grande opposizione parlamentare e probabile vincitore delle prossime elezioni - Jobbik si è trasformato in un partito autonomo un anno dopo e da allora si è ritagliato una posizione propria con discorsi d'odio e violenza contro i Rom, gli Ebrei e le "elite liberali e di sinistra". Nell'agosto 2007, un gruppo di 56 indossando uniformi bianche e nere ed i distintivi cappelli Bocksai del periodo tra le due guerre, si sono riuniti a Budapest presso la famosa Budai Var, la Collina del Castello, accanto al Palazzo Presidenziale. Il leader di Jobbik, il trentunenne Gabor Vola, prestò giuramento di lottare per "una nazione, una religione e una patria". Politici del Fidesz ed il primo ministro della difesa del post comunismo, Lajos Fur, parteciparono alla cerimonia. Il numero degli aderenti alla Magyar Garda - un gruppo paramilitare associato a Jobbik, è cresciuto a circa 2.000. Sono stati senza successo i tentativi giudiziari di mettere fuorilegge il gruppo, registrato da Jobbik come "associazione culturale". La forza del gruppo, secondo Vona, è di "proteggere la nazione ungherese".

Anche se le inclinazioni di destra per le uniformi e per l'arte militare non sono cambiate dagli anni '30, questi gruppi hanno provato a modificare la loro immagine negli anni. I moderni nazionalisti non hanno niente dei loro predecessori negli anni '90, che sembravano vivere soprattutto nel passato. Vestito con abiti di buon taglio e sorridente, Vona assomiglia ad un uomo d'affari, piuttosto che ad un leader dell'auto proclamato "partito cristiano patriottico radicale". Laureato in storia e psicologia ed ex insegnante, Vona pesa le sue parole quando risponde alle domande dei giornalisti. Al posto di invocare slogan razzisti, parla della "situazione irrisolta della sempre crescente popolazione zingara". Al posto della retorica anti UE, dice che il suo partito "appoggia la cooperazione europea, ma non l'attuale alleanza burocratica tra stati".

Il giovane leader di Jobbik sa che, per accogliere un più ampio spettro di votanti, deve comunicare contenuti estremi con una confezione moderata. E' per questo che il partito ha scelto Krisztina Morvai, professoressa dell'Università di Budapest, come capolista alle elezioni europee. La sua eloquenza, stile e curriculum, che include il lavoro per le Nazioni Unite, fanno di lei un perfetto candidato per Jobbik che sta tentando di migliorare la propria immagine. I nuovi nazionalisti sanno che un altoparlante ed un gruppo di militanti violenti non basta per ottenere un seggio al Parlamento. Stanno provando ad espandere la loro influenza oltre i tradizionali steccati politici entrando nei media o convincendo imprenditori stranieri a sponsorizzare le loro attività, come nel caso della Polonia, dove l'estrema destra si è infiltrata nei media pubblici.

Polonia

Anche se i due maggiori partiti nazionalisti - LPR, o Lega delle Famiglie Polacche, e Samoobrona, o Auto-Difesa - dal 2007 non hanno seggi in Parlamento, i loro aderenti hanno mantenuto i posti in vari corpi influenti, come il tavolo di supervisione della televisione pubblica. Nel dicembre 2008, Piotr Farfal, ex membro della LPR e neonazista in gioventù, divenne il presidente delle trasmissioni della televisione pubblica.

Dopo la sconfitta elettorale della LPR nel 2007, Farfal e i suoi seguaci di estrema destra cominciarono ad organizzare la branca polacca del movimento pan-europeo Libertas, fondato dal multimilionario irlandese Declan Ganley, sperando che un nuovo marchio straniero con un ricco investitore - come nel commercio ordinario - possa sostenere le loro probabilità nelle elezioni europee. Anche se Ganley assicura che il suo partito è de facto pro-europeo, i candidati di Libertas in Polonio offrono un'impressione differente. Tutte le figure chiavi erano precedentemente associate a movimenti anti-UE, fondamentalisti cristiani e nazionalisti, che spingevano per radicalizzare la legislazione polacca contro l'aborto (che è già una delle più severe in Europa), proibire la prostituzione, reintrodurre la pena di morte e rendere economicamente la Polonia del tutto autosufficiente. Ironicamente, la stessa globalizzazione che loro così disprezzano, ha permesso ai nazionalisti polacchi di ricevere supporto finanziario da un milionario irlandese.

Mentre Farfal non si è unito al nuovo partito, le sue simpatie politiche si fanno sempre più evidenti con l'avvicinarsi delle elezioni del 7 giugno. Ad una prima occhiata, i contenuti televisivi non sembrano essere cambiati significativamente, ma sono i dettagli che importano. Quando Ganley ha visitato la Polonia il 20 marzo, la televisione pubblica ha interrotto la normale programmazione per trasmettere la sua conferenza stampa. Il giorno stesso, un'intervista speciale con Ganley è andata in onda subito dopo un popolare programma di informazione, un conduttore che originariamente doveva condurre l'intervista ma rifiutò di farlo venne sospeso poche settimane dopo. Dato che la manipolazione politica è sempre stata un tema caldo nella televisione pubblica polacca, "adattare" i suoi programmi ai bisogni di un partito valutato meno dell'1% nei sondaggi pre-elezione, ha causato abbastanza agitazione. Un certo numero di importanti figure pubbliche ha protestato contro i colleghi nazionalisti di Farfal, assumendo la direzione delle trasmissioni pubbliche e rimpiazzando i manager ed i giornalisti con altri provenienti dai loro ranghi.

Slovacchia

In Slovacchia, gli estremisti hanno similarmente appreso a valutare più il pragmatismo dell'idealismo. L'SNS di estrema destra, o Partito Nazionale Slovacco, è parte della bizzarra coalizione socialdemocratica e nazional-populista del Primo Ministro Robert Fico, che ha governato dal 2006. L'SNS accusa i giornali slovacchi di favorire l'opposizione, ma non esita a sua volta nell'usarli strumentalmente. Il suo talento nel manipolare i media si è mostrato pienamente lo scorso 5 aprile, quando il presidente Ivan Gašparovič si assicurò il suo secondo termine di governo con l'approvazione della coalizione in carica. Il suo principale oppositore, la liberale Iveta Radičová, doveva la sconfitta soprattutto alla campagna negativa lanciata dall'SNS. Mentre si avvicinava il giorno delle elezioni, i nazionalisti slovacchi pagarono una pagina intera di pubblicità con false accuse a Radičová di promettere l'autonomia alla minoranza ungherese. In un paese dove la disoccupazione supera l'11% ed il governo offre poche soluzioni alla crisi finanziaria, la tentazione di incolpare Ungheresi e Rom durante la campagna è cresciuta e ha trovato un elettorato attento.

Le moderne tecniche di pubbliche relazioni hanno fornito utili attrezzi all'estrema destra. Sfortunatamente, questo va crescendo e non è l'eccezione. I politici estremisti ne stanno diventando adepti e si auto dipingono come alternative ragionevoli; questo è forse più preoccupante dei messaggi stessi.

- The author is is a Polish freelance writer who divides his time between Warsaw and Istanbul. He writes about Central Europe for the Journal of Turkish Weekly.

Jaroslaw Adamowski can be reached at features@praguepost.com
 

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Di Fabrizio (del 20/05/2009 @ 09:30:46, in Europa, visitato 1580 volte)

Da Roma_Francais (sui villaggi d'inserimento, era stato già pubblicato un parere critico. Diamo voce anche all'altra campana con una testimonianza che sembra positiva)

domenica 17.05.2009, 04:48 - La Voix du Nord

Discreti al punto di suscitare paradossalmente l'interesse dei vicini, le due famiglie rom installate a Halluin vivono una "esperienza positiva" secondo l'associazione di inserimento che assicura il loro seguimento...

"L'esperienza è per il momento positiva, il progetto va bene..." E' Karim Louzani ad affermarlo. Lui che dirige l'AFEJI, un'associazione d'inserimento, deve assicurare il seguimento di due famiglie rom installate a Halluin. Uno degli indicatori più positivi è la riuscita scolarizzazione dei cinque bambini. "Tutti nel pubblico e con una buona partecipazione dei genitori che vegliano sulla loro assiduità", rincara Louzani. Perché la volontà di queste due famiglie è di fondersi nel decoro di Halluin sembra reale. "I genitori sono iscritti nel dispositivo di insegnamento della lingua... E le relazioni col vicinato vanno bene grazie all'intervento degli assistenti sociali". Al punto che questi "ritorni positivi" permettono oggi di pensare che la malfidenza dei primi giorni ceda il passo ad un sentimento più sfumato.

Anche se, sul posto, paradossalmente nessuno si stupisce della loro relativa discrezione. "Ormai non sperano che una cosa, poter lavorare [...]", prosegue il direttore dell'AFEJI. E qui è evidente che le cose si complicano. "Tutto resta legato alle domande di regolarizzazione, all'avviso dalla prefettura. Dobbiamo rispondere a degli imperativi legali, ma abbiamo buone speranza. I documenti sono in corso di regolarizzazione..." Seguite dalle CCAS (Cassa Centrale delle Attività Sociali ndr), beneficiarie di Restos du coer, le due famiglie rom non prevedono che una cosa, secondo Karim Louzani: "Lavorare per pagare l'affitto".

PATRICK SEGHI

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Di Fabrizio (del 19/05/2009 @ 09:26:53, in blog, visitato 1627 volte)

Da Mundo_Gitano

Sar mai san:

Cordialmente stiamo invitandovi a visitare ed addentrarvi nell'accampamento virtuale che il ciberspazio ha riservato al Proceso Organizativo del Pueblo Rrom de Colombia --PRORROM--, per mostrare parte di quanto abbiamo realizzato in oltre dieci anni di lavoro per la visibilità ed il riconoscimento dei diritti collettivi e del patrimonio culturale del popolo Rrom di Colombia.

http://www.gitanosdecolombia.org/

L'accampamento virtuale, non poteva essere altro in questo pellegrinaggio permanente, si è appena alzato e si sta preparando, cosicché critiche, commenti, suggerimenti, osservazioni, riflessioni... saranno sempre benvenute.

Te ashen Devlesa.

YOSKA BIMBAY
PRORROM
Proceso Organizativo del Pueblo Rrom (Gitano) de Colombia
Correo-e: prorrom@gmail.com

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Di Fabrizio (del 19/05/2009 @ 09:18:59, in lavoro, visitato 1532 volte)

Sezione di Milano Onlus - Via De Pretis n. 13 - 20142 Milano - C.F. 97056140151 - operanomadimilano@tiscali.it

SARTORIA ROMANI’
I LAVORI ARTIGIANALI DELLE DONNE ROM
Attività laboratoriali di inserimento lavorativo e partecipazione sociale rivolte alle donne rom e alle donne abitanti a Q.to Oggiaro

Il progetto è promosso dall’Associazione Opera Nomadi Milano ed è sostenuto dalla Regione Lombardia, Assessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale, per il recupero e lo sviluppo di nuove professioni e capacità creative imprenditoriali autonome rivolte alle donne rom provenienti dagli insediamenti di Via Monte Bisbino, V.le Sarca, Rho.

Una volta la settimana, il Giovedì mattina, dalle ore 9,30 alle ore 12,30, 6 donne rom accompagnate da una Formatrice dell’Opera Nomadi, esperta di produzioni sartoriali artistiche, si ritroveranno nello spazio nato dal “Progetto Coesione Sociale”, con sede in via F. De Roberto, per progettare e realizzare modelli e prodotti artigianali che verranno commercializzati nei negozi dei mercati solidali e nei mercati comunali.

L’iniziativa è aperta alle donne del Quartiere che desiderassero unirsi alle attività e a tutti i cittadini e volontari che intendessero dare il proprio attivo contributo.

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Di Sucar Drom (del 18/05/2009 @ 10:29:21, in blog, visitato 1844 volte)

Antirazzismo, Maroni non mantiene le promesse
Il ministro Maroni non si è costituito parte civile nel processo, a carico del conduttore del programma di Radio Padania, 'Filo diretto', Leopoldo Siegel per alcune affermazioni fatte il 27 settembre 2007 a proposito di una puntata dell'Infedele condotta da Gad Lerner su La7...

Un anno fa i progrom contro i Rom
A Napoli un anno fa, il 13 maggio 2008, una folla di “bravi cittadini” assaltava gli insediamenti di famiglie rom in via Argine a Ponticelli. Una serie continuata di pogrom a colpi di molotov e spranghe di ferro contro le “case” di famiglie, presenti da tanti anni. A Napoli le associazioni hanno scritto:...

Approvato il ddl sicurezza
Via libera della Camera ai tre maxiemendamento del Governo - con le norme sull'immigrazione - che ha posto la fiducia sul ddl sicurezza. Nel primo sono stati 316 i voti a favore, 258 quelli contrari. Nel secondo dei tre maxiemendamenti dell'esecutivo al ddl sicurezza i voti a favore sono stati 315, 247 quelli contrari. Nella terza fiducia d...

Napolitano: stop alla retorica xenofoba
Anche in Italia si è diffusa "una retorica pubblica che non esita ad incorporare accenti di intolleranza o xenofobia". Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo intervento all'assemblea annuale delle Fondazioni Europee, sottolineando che questa retori...

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Ancora una volta il Commissario ai Diritti Umani del Consiglio d’Europa è finito sotto attacco da parte di alcuni esponenti del governo italiano, tra i quali il ministro Ronchi, per avere detto la verità sugli abusi commessi dall’Italia ai danni dei Rom e dei migranti, e soprattutto sulle reiterate inadempienze rispetto a decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che il nostro paese ha...

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Di Fabrizio (del 18/05/2009 @ 09:34:12, in Italia, visitato 1738 volte)

Dopo la presentazione di UPRE ROMA,  un contributo di Dijana Pavlovic sui rapporti tra Rom/Sinti e società maggioritaria

In cosa consiste la cultura di un popolo? Nelle sue espressioni artistiche e intellettuali? Nella sua storia? La cultura Rom non può essere paragonata a quella di un popolo che ha una propria nazione. E' fortemente condizionata dal fatto di non avere e di non pretendere una terra (ed è per questo che il popolo Rom non ha mai fatto una guerra), anche se questo ha provocato nomadismo forzato e costanti persecuzioni. Tuttavia, pur non avendo le caratteristiche di una nazione, il popolo Rom ha mantenuto attraverso i secoli elementi che lo identificano, in primo luogo la lingua.

Ma c'è da porsi una questione che è la chiave di lettura per affrontare questo tema: oggi, vale la pena di parlare della cultura Rom senza tenere conto e occuparsi anche del disagio sociale delle comunità, della loro discriminazione e ghettizzazione, delle conseguenze che queste producono sui comportamenti, sulla cultura? Se i bambini vivono la propria identità culturale e etnica con imbarazzo e con senso di colpa, come una cosa da nascondere davanti ai gage e da vivere solo intimamente, dentro la comunità, il futuro non può essere che di separazione e di chiusura in tutti sensi. Dall'altro lato i cittadini "normali" con i loro comportamenti, la politica con le sue scelte, i media con l'immagine che formano sono qualcosa che ci può lasciare indifferenti, chiusi nel nostro ghetto, oppure questo ci riguarda direttamente?

La chiusura da parte della società italiana si concentra e si esprime in due stereotipi: da una parte c'è lo stereotipo di origine romantica legato all'idea di libertà, alla musica, al ballo e alle zingare bellissime e letali come la Carmen di Merimée o la Zamfira di Puskin. Dall'altra parte c'è lo stereotipo negativo, ultimamente sfruttato con irresponsabilità e cattiveria, quello dello zingaro mendicante e ladro, che vive nell'immondizia, ladro di bambini e fannullone. Questo è uno stereotipo antico che ci è costato migliaia di morti nelle persecuzioni in tutta Europa e nei campi di concentramento tedeschi e italiani.

E' ovvio che l'identità culturale di un popolo così complesso come quello Rom e Sinto non corrisponde a nessuno di questi due stereotipi, ma tuttavia entrambi contengono elementi di verità. E' vero che una componente della nostra cultura è legata al senso del muoversi pacificamente in un mondo considerato senza confini, legata a una libertà, non effettiva ma del tutto soggettiva, come un piccolo riflesso dentro un essere umano che ha bisogno di poco, forse un po' di musica per sentirsi felice e libero dentro, come dire: posso essere povero, disprezzato, potete guardarmi con diffidenza e odio, ma la mia anima non la potete avere, appartiene a me. E non si può neanche negare che le condizioni di vita precarie e la ghettizzazione forzata in moderni campi di concentramento producono fenomeni di microcriminalità, così come nomadismo e forme di sopravvivenza legate al "mangel" (la questua) sono tra loro legate. Ma non ci si può soffermare solo su questo.

Tuttavia entrambi gli stereotipi producono un medesimo effetto: rendono il Rom "lo zingaro", "l'uomo nero" che provoca inquietudine e paura per il suo modo di vita.

Questo non è solo il portato di campagne all'insegna di una insicurezza costruita gridando a un lupo senza denti, ma è il riflesso della paura di una società che scarica sul più debole il proprio malessere, che non affronta un disagio sociale e morale profondo, grande responsabilità del quale tocca a una politica che rinuncia al compito di educazione civile per seguire gli istinti peggiori in un perverso circuito vizioso: la politica, con il coro condiscendente dei media, alimenta la paura dei cittadini che premiano con il voto questa politica.

Questa nuova Italia, l'Italia della violenza contro gli ultimi, del pregiudizio elevato a verità (gli zingari rubano i bambini), della criminalizzazione della povertà, della giustizia fai da te dovrebbe invece far riflettere questa stessa politica e i suoi corifei mediatici sul lungo decorso della malattia della nostra società e sulle preoccupanti prospettive del suo futuro. Non si può non legare i Maso, le Eriche e gli Omar, che uccidono i genitori per denaro, ai ragazzini che violentano e uccidono una coetanea, al branco che uccide un diverso da loro a Verona, al bullismo nelle scuole, alla violenza praticata nelle famiglie.

L'angoscia di fronte a questo scenario e al clima che riporta all'ancora recente passato della nascita, della vita e della morte apparente dei regimi fascista e nazista è dovuta anche al silenzio di chi sottovaluta questi processi e rinuncia a una battaglia prima di tutto culturale contro il luogo comune, lo stereotipo, la criminalizzazione generalizzata. Pesa soprattutto vedere il volto vile di un paese malato. Coloro che aizzano i cani, lanciano molotov e sassi, percorrono in ronde minacciose le città, i sindaci che annunciano nei cartelloni luminosi dei loro borghi che "i clandestini possono stuprare i tuoi figli" sono il volto vigliacco di chi non è capace di guardare al male che porta dentro di sé.

In questa situazione tante e complesse sono le domande che ci si pongono.

Come è possibile superare i reciproci recinti: quello della paura dei Rom nei confronti di una società che li criminalizza e li ghettizza senza riconoscere loro il diritto all'autorganizzazione, a rappresentare direttamente i propri interessi; e il recinto costruito dalla società italiana che li rifiuta e li accetta solo come icona di uno stereotipo irreale. E poi come è cambiata e come cambia la cultura Rom in Italia rispetto agli altri paese Europei. Cos'è adesso nel mondo globalizzato. La televisione per esempio, non lascia indifferenti le comunità e soprattutto i giovani. Quanti ragazzini sono vestiti "all'americana" seguono wrestling, Dragonballs, Amici di Maria De Filippi e quante ragazzine sognano di diventare veline.

Allora viene da pensare ai bambini e alle bambine che si possono incontrare nei campi regolari e irregolari di questo Paese e all'allegria che si legge nei loro occhi, ai loro destini stroncati e alla ricchezza sprecata per inseguire lo stereotipo negativo dello zingaro sporco e ladro che porta voti ala destra. Come possono riuscire a fare quello che i loro genitori non sono stati in grado di fare: non delegare a nessuno il proprio destino, ma esprimere l'orgoglio di sé, della propria storia, della propria cultura nella capacità di organizzarsi, di pretendere il diritto a rappresentare se stessi e i propri interessi come tutti gli altri cittadini.

Contatti: upre.roma@sivola.net

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Di Fabrizio (del 18/05/2009 @ 09:17:01, in Italia, visitato 1801 volte)

Da Roma_Italia

SABATO 23 MAGGIO 2009, ORE 9.30 -13.00 / 14 -17.30
UNIVERSITÀ CATTOLICA DI MILANO
VIA CARDUCCI 28/30, MILANO (MM 2 VERDE SANT'AMBROGIO)

FIDARSI O NON FIDARSI? DILEMMI DELL'AZIONE PUBBLICA NEGLI INTERVENTI LOCALI A FAVORE DI ROM E SINTI
A cura di Tommaso Vitale, Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale, Università degli Studi Milano Bicocca.

Al seminario interverranno anche:
Mattia Civico, Consigliere provinciale Provincia Autonoma di Trento
Osvaldo Filosi, Stefano Petrolini ed Elena Poli, cooperativa Kaleidoscopio, Trento
Radames Gabrielli, Mirco Gabrieli, Alessandro Held, Agostino Pasquale, Sinti di Bolzano e Trento

Il seminario si concentrerà sui dilemmi dell'azione pubblica a fronte delle tensioni aperte da gruppi rom e sinti. Nei confronti di questi gruppi, un'amministrazione comunale si trova a che fare non solo con le problematiche (e potenzialità) più tipiche dei gruppi zigani, ma anche con i temi e problemi tipici dell'accoglienza di persone con un progetto migratorio. Il laboratorio è volto ad approfondire le diverse modalità con cui le amministrazioni pubbliche, a livello locale, affrontano le contraddizioni che si aprono in proposito, a livello progettuale e a livello di comunicazione pubblica. La presenza di pregiudizi duri e invalidanti nei confronti di questi gruppi, nonché le situazioni di conflitto esplicito chiedono sempre più alle amministrazioni di esercitare funzioni delicate di mediazione. Per gli operatori sociali ed educativi che lavorano nell'amministrazione pubblica o nel terzo settore su mandato di un Ente locale, si aprono molte scelte dilemmatiche e l'assenza di setting specialistici mette a dura prova le professionalità.

L'osservazione di diversi casi studio ci mostra a proposito la necessità di tematizzare la dimensione politica degli interventi promozionali sui singoli e sui gruppi così come degli interventi di sviluppo di comunità. Il laboratorio, perciò, ruoterà intorno ai dilemmi della programmazione sociale quando si confronta con i problemi di consenso e di mediazione legati alla costruzione e implementazione di interventi sociali in situazioni critiche. Due le principali finalità, ciascuna delle quali sarà sviluppata in un'apposita sessione di lavoro:

-discutere dei principali problemi di mediazione e costruzione incrementale del consenso negli interventi sociali, educativi e abitativi con gruppi rom e sinti;
-valutare se, e a quali condizioni, la comunicazione pubblica (e i relativi criteri di trasparenza, informazione e coinvolgimento) sia utile o controproducente per realizzare interventi promozionali effettivi ed efficaci.

Al seminario parteciperanno anche Osvaldo Filosi, Stefano Petrolini e Elena Poli della cooperativa Kaleidoscopio di Trento, Mattia Civico, consigliere provinciale Provincia Autonoma di Trento e Radames Gabrielli, Mirco Gabrieli, Alessandro Held, Agostino Pasquale, Sinti di Bolzano e Trento.

Il Laboratorio infatti, considererà anche -come caso di analisi -la realtà del campo Sinti di Trento dove la cooperativa Kaleidoscopio, su mandato del Comune di Trento, conduce da anni un intervento di carattere socio-educativo. Anche nella realtà trentina il rapporto con le amministrazioni degli Enti Locali è rilevante a fronte di questioni critiche sul piano interculturale; la presenza di Mattia Civico, consigliere provinciale della Provincia Autonoma di Trento, offrirà elementi ulteriori di approfondimento, in particolare in riferimento ad una recente iniziativa di sensibilizzazione sulle tematiche dei Sinti che Civico ha pubblicamente realizzato.

La partecipazione al seminario è gratuita, ma è necessario confermare la presenza inviando una mail all'indirizzo di posta elettronica: elisabetta.dodi@unicatt.it

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Di Fabrizio (del 17/05/2009 @ 09:41:15, in Italia, visitato 2024 volte)

Napoli - dal 15 maggio al 14 settembre 2009
Santiago Sierra - Ponticelli

MADRE - MUSEO D'ARTE DONNA REGINA vai alla scheda di questa sede
Via Luigi Settembrini 79 (80139)
+39 08119313016
www.museomadre.it 

Nuovo progetto di Santiago Sierra pensato e realizzato dall’artista a Napoli, e per la prima volta esposto al Madre, che affronta la questione dei Rom e, in particolare i recenti fatti della comunità Rom di Ponticelli, prendendola a simbolo della nuova ondata xenofoba e di intolleranza verso gli immigrati che attraversa il paese e, più in generale il mondo occidentale a seguito della crisi economica mondiale.

orario: dal lunedì al venerdì ore 10.00 – 21.00 sabato e domenica ore 10.00 – 24.00 Giorno di chiusura: martedì (possono variare, verificare sempre via telefono)
biglietti: Intero: € 7.00 Ridotto: € 3.50 Gratuito tutti i lunedì Audioguide € 4.00
vernissage: 15 maggio 2009. ore 12
ufficio stampa: ELECTA NAPOLI
curatori: Bartolomeo Pietromarchi
autori: Santiago Sierra
note: La mostra è realizzata in collaborazione con la Prometeo Gallery di Ida Pisani. parte (integrante) del nuovo progetto di Santiago Sierra è già in mostra per le vie di Napoli in diversi spazi urbani normalmente dedicati alla pubblicità
genere: arte contemporanea, personale

Comunicato stampa
PONTICELLI è il nuovo progetto di Santiago Sierra pensato e realizzato dall’artista a Napoli, e per la prima volta esposto al MADRE, che affronta la questione dei Rom e, in particolare i recenti fatti della comunità Rom di Ponticelli, prendendola a simbolo della nuova ondata xenofoba e di intolleranza verso gli immigrati che attraversa il paese e, più in generale il mondo occidentale a seguito della crisi economica mondiale. Il progetto si compone di tre opere in mostra al museo e di un imponente progetto pubblico che per tutto un mese (da metà maggio a metà giugno) occuperà numerosi spazi urbani normalmente dedicati alla pubblicità con una serie di immagini realizzate dall’artista.

Le immagini rappresentano dentature digrignanti di due famiglie Rom, ultime rimaste prima dello sgombero definitivo del campo di via Ponticelli, che si sono prestate per realizzare l’opera. Un segno forte nella città, segno di rabbia e di disperazione, urlo contro l’intolleranza di tutti i generi, sensibilizzazione verso un silenzio impotente di fronte al montare di odio e paura. Un’opera che con grande impegno riflette sulla questione del diverso, della tolleranza e della convivenza in momenti di crisi quando la questione si fa più sensibile e attuale.

In mostra al MADRE oltre alle due opere che ne hanno preparato la realizzazione QUEMA DE VIVIENDAS (ESCENA ENCONTRADA) e ESTUDIO FOTOGRÁFICO DE PONTICELLI anche la serie completa delle immagini del progetto pubblico DIENTES DE LOS ÚLTIMOS GITANOS DE PONTICELLI, oltre ad un programma di proiezioni di video di recenti progetti dell’artista compreso il controverso LOS PENETRADOS recentemente realizzato a Madrid sul tema del genere, il sesso e la razza.

In occasione della mostra sarà realizzata una giornata di studio e di approfondimento sulla questione dei Rom, in particolare, e su quella dell’integrazione del diverso e dello straniero più in generale. All’incontro saranno invitati il collettivo Stalker, Nando Sigona uno dei fondatori di OsservAzione - Centro di ricerca e azione contro la discriminazione Rom e Sinti - e docente di Refugee Studies presso la Oxford Brookes University e City University (London), e rappresentanti delle associazioni e degli attivisti che si occupano dell’argomento, oltre all’Associazione Nazionale Opera Sinti e Rom.

Santiago Sierra è nato in Madrid e si è trasferito nel 1995 a Città del Messico. Artista di fama mondiale Sierra è conosciuto per le sue opere provocatorie realizzate dentro e fuori gli spazi dedicati all’arte. Santiago Sierra si e’ progressivamente distinto negli ultimi anni grazie ad un lavoro in bilico tra la scultura minimalista, la fotografia concettuale e la performance, mettendo costantemente in discussione i limiti e le costrizioni imposti dalla società contemporanea. Tra le ultime prove dell’artista ricordiamo il Padiglione Spagnolo alla 50° Biennale di Venezia, a cui si poteva accedere solo se in possesso di un passaporto iberico; ”The first verse of the Marseillaise played uninterruptedly for one hour” al Centre d’art contemporain de Bretigny, dove un’intera orchestra ha suonato il primo verso dell’inno francese per un’ora, e ”300 Tonnen” alla Kunsthaus di Bregenz, una possente installazione in cemento del peso di trecento tonnellate che ha spinto agli estremi le capacità strutturali del museo austriaco, al punto da poter accogliere solo quaranta visitatori alla volta.
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Di Fabrizio (del 17/05/2009 @ 09:24:37, in media, visitato 1789 volte)

Su Facebook, Mauro Sabbadini e Laura Di Martino indicano queste foto di Le Monde sul progressivo sgombero di Sulukule, mentre Davide Zaccheo consiglia quest'album di Nigel Dickinson sui Rom in Italia.

A mia volta, vi consiglio queste storie fotografiche di Eugenio Viceconte

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