Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Ferdi Berisha, rom montenegrino, ha vinto la nona edizione del Grande
Fratello. L'evento ha avuto un fortissimo impatto mediatico. Ma perché sfonda
una notizia così? Perché in realtà non è solo una notizia ma la fine di una
storia e Ferdi l'eroe perfetto. Un commento
In tempi normali non sarebbe stata una notizia. Eppure la vittoria del Grande
Fratello 9 da parte di un giovane rom, di nome Ferdi Berisha, ha fatto il giro
dei telegiornali, della stampa e dei blog in pochissimo tempo. Tutti a
raccontare e commentare la “straordinaria” storia del rom venuto dai Balcani, e
precisamente dal Montenegro, tra mille difficoltà e peripezie, per poi trionfare
nell’arena più cruenta della tv. Un trionfo che ha spiazzato non solo i critici
della trasmissione, ma anche chi la snobbava. Infatti, la vittoria di Ferdi non
è una notizia qualsiasi. È una di quelle che oltre all’attenzione, esige per
forza la nostra partecipazione emotiva, che non è difficile scorgere tra le
righe giornalistiche o le immagini televisive.
Ma perché ci piace una notizia del genere? Perché in realtà non è una notizia,
ma la fine di una narrazione, cioè di una storia. E da che mondo è mondo le
storie, specie se raccontate con arte, piacciono al grande pubblico, che dalla
tv chiede soprattutto trame ed emozioni. Ecco, alla storia di Ferdi non mancava
niente per essere una gran bella storia. Gli ingredienti c’erano tutti: il
personaggio principale veniva da lontano (Montenegro), il viaggio era stato
avventuroso (gommone), aveva una vita travagliata (famiglia divisa), era diverso
(rom), era integrato (italiano perfetto) e così via. Bastava aggiungere una
love story all’interno della casa del GF, un paio di interviste commoventi
con familiari distanti, un duello impressionante con un altro contendente, e
sarebbe venuto fuori, così com’è stato, uno dei piatti più ghiotti della tv
italiana. Il trionfo finale, con tanto di musica, coriandoli, luci, ballo,
smoking e colori, ha trasformato Ferdi definitivamente in un eroe da favola.
La storia di Ferdi era vincente anche per la sua moderazione. Era sfigato ma non
troppo, era diverso ma non troppo, era simile ma non troppo, era ingenuo ma non
troppo. Inoltre, presentava una molteplice e articolata diversità; era immigrato
e rom insieme, straniero e italiano, vittima e superstite. Proprio per questo la
sua diversità non è stata percepita convenzionalmente, perché usciva dai canoni
consunti della diversità sbattuta sui media. A questa sua inedita e fresca
diversità va attribuita in gran parte la vittoria al GF 9. Infatti, si tratta di
una diversità accettabile ed accettata, perché in sostanza non stridente per il
senso comune.
E il sociale c’entra con tutta questa storia? C’entra, eccome, perché ogni
storia ha un suo contesto sociale. E non si può ignorare un contesto italiano
dove l’integrazione degli immigrati e la discriminazione dei rom sono tra i
primi temi imperativi di una società impaurita. Ma come vanno interpretati i
titoloni sul giovane rom che conquista l'Italia o sul suo riscatto sociale? Si
potrebbero vedere, secondo Aldo Grasso, come un alibi collettivo. Infatti, un
rom che stravince il GF cosa significherebbe per qualcuno se non l’inconsistenza
della discriminazione sociale in Italia? Effettivamente, la vittoria di Ferdi è
stata liberatoria un po’ per tutti. La sua esplosione di gioia potrebbe essere
vista come una chiara risposta alle accuse europee di discriminazione e alle
indagini televisive sui campi rom. In questo senso Ferdi è tutti noi, dato che
una favola si può realizzare solo in un contesto positivo, perbene, che permette
alla favola di diventare tale.
E qui si presenta il nodo del problema: i reality show rappresentano la
realtà sociale, e più in generale, la tv rappresenta la realtà? I temi sono
immensi, ma due cose in merito si possono dire. Intanto, laddove si parla di
show, sarebbe difficile parlare di realtà. Poi, laddove c’è una telecamera
c’è un punto di vista, dunque una dichiarata soggettività. Tuttavia, al pubblico
televisivo che si sintonizza sul GF non interessa tutto questo. Interessa il
fatto che sta vedendo e vivendo in diretta una storia emozionante. Che poi la TV
rappresenti il surrogato della realtà e non la realtà è un altro paio di
maniche. Spiegare la passione del pubblico con l’identificazione con i
protagonisti è azzardato stavolta. Con un rom dichiarato è difficile
identificarsi, anche perché ha una storia tutta particolare. Diciamo che il
pubblico si è identificato con se stesso, creando virtualmente un contesto
sociale che gli sarebbe piaciuto fosse vero. Una società in cui anche i rom ce
la fanno, senza problemi, senza discriminazioni.
Quindi quella specie di “zoo” televisivo volontario, le cui telecamere seguono
tutti i movimenti dietro le sbarre di vetro, finisce per diventare una realtà,
anzi una realtà politicamente corretta, dove coltivare sogni sociali.
L’integrazione? Anche questa diventa una questione catodica, anzi modernamente
plasmatica. Gli immigrati ce la possono fare in una realtà del genere, dura sì,
ma generosa alla fine. Il riscatto c’è stato: individuale (di Ferdi) e
collettivo (del pubblico televisivo). Ma c’è stato anche quello della
trasmissione, forse l’unico vero riscatto. Infatti, ci vuole arte per
trasformare una persona in personaggio e un personaggio in eroe. Il successo ha
perfino oltrepassato i confini. Un articolo di un giornale albanese, nel vortice
dell’esaltazione incoronante, ha tentato di impossessarsi dell’origine di Ferdi:
è albanese, dice, ma non l’ha mai dichiarato. Chissà che ne pensano i
montenegrini. Saranno arrabbiati? Allora è vero che i Balcani producono più
storia di quanta riescono a consumare… Comunque, risulta patetico, quando si
pensa, che solo poco tempo fa, quando i telegiornali davano una qualsiasi etnia
ai rom, ci si infuriava come bestie per questo equivoco imperdonabile.
La colpa, in verità, è della storia. È troppo bella per non impadronirsene. C’è
dentro tutto quello che vorremmo essere. Una società tollerante, bella, a lieto
fine, dove vince il migliore. Conta, ovviamente, anche il merito. E il merito
nella trasmissione si misura per mezzo delle sofferenze personali. La storia
personale di Ferdi è esemplare in questo senso. Operaio semplice, bravo ragazzo,
povero, con un’infanzia difficile, senza famiglia, solo, con tanti sogni nel
cassetto. Basta poco per stuzzicare l’onnipotenza del pubblico televisivo, che
decide di realizzare i sogni del rom balcanico in un batter di telecomando,
dandogli la vittoria e trasformandolo da sfigato televisivo in divo televisivo.
Al rom immigrato, basta una trasmissione per avere i soldi, il lavoro, l’amore,
la famiglia. La Cenerentola non ha nulla da invidiare. Tutto ciò è
comprensibile, umanamente e mediaticamente parlando. Rimangono però aperte le
questioni della realtà e della generalizzazione. È vero che i rom si sono
riscattati con questa vittoria? È vero che non esiste più la discriminazione? È
vero che l’integrazione è ormai riuscita? Oppure questa è un’altra storia?
I Rom sono in una quantità poco nota in Polonia. Gli stereotipi abbondano,
ma la comunità rom - stimata in 40.000 unità - si è in qualche modo integrata
nella società polacca. Quindi dove finiscono gli stereotipi ed inizia la verità?
Un rapporto pubblicato dall'Agenzia dell'Unione Europea per i Diritti
Fondamentali (FRA) valuta il modo in cui i membri della comunità rom sono
trattati nella regione CEE. Il rapporto fa luce sullo stato della
discriminazione contro la minoranza nella regione - una questione che pochi
vogliono affrontare attivamente.
La ricerca per il rapporto è stata condotta a maggio-luglio 2008. Circa il
60% dei Rom in Polonia ha risposto "sì" alla domanda "Hai subito discriminazioni
nei 12 mesi passati?" Le aree della vita quotidiana in cui si sentono
discriminati includono il posto di lavoro, "al caffè, al ristorante o al bar," e
"dal personale sanitario".
Uno dei principali problemi è che i membri della comunità rom sono
stereotipati come ladri o mendicanti. "Stereotipare è molto comune in tutte le
società. La verità è che non c'è stata nessuna adeguata compagnia governativa
per combattere questo modo di pensare in Polonia", ha raccontato Aleksandra Amal
El-Maaytah, di Amnesty International Polonia, a WBJ.pl
Circolo vizioso
Il fatto che Rom e non-Rom vivano in quartieri separati e frequentino
differenti istituzioni dell'istruzione, rende le cose più ingarbugliate. "La
segregazione avviene -naturalmente-, per così dire, ma porta ad ulteriori
problemi con la [mancanza di] integrazione con la comunità non-Rom. Molti
conoscono i Rom soltanto dalla musica e dai festival di danza o dalla strada,"
commenta Amal El-Maaytah.
Questo, dice l'esperta, porta alla discriminazione, specialmente verso le
generazioni più giovani. "Essendo discriminati nella scuola, molti Rom non
ricevono l'istruzione che meritano. Più avanti avranno [meno] possibilità di
ottenere un impiego. Essere senza impiego significa non avere accesso alla
sanità e alla casa, ecc. E' un circolo vizioso."
Nonostante tutto ciò, Roman Chojnacki, presidente dell'Associazione dei Rom
Polacchi a Szczecinek, ritiene che la comunità romanì in Polonia, che è stimata
in 40.000 membri, sia più apprezzata delle comunità di altri paesi, ma che "ciò
non significa che tutto sia OK".
In un rapporto dell'anno scorso per il Forum Europeo dei Rom e Viaggianti,
un'organizzazione internazionale rom, Chojnacki scrisse che infuria un
accalorato dibattito sulla chiusura delle cosiddette "classi romani" nel sistema
educativo polacco.
"Gli esperti e una gran parte della società romanì sono convinti che non c'è
utilità nell'impiego di classi separate," dice Chojnacki. Se queste classi
fossero rimosse, sia Rom che non-Rom sarebbero in grado di integrarsi meglio, e
si spera così che si ridurrebbe la discriminazione.
Soltanto criminali?
I membri della comunità rom lottano spesso con lo stereotipo di essere
coinvolti in attività criminali. "Nonostante i nostri sforzi, i mass media,
quando [riportano dei] crimini commessi, rivelano ancora la nazionalità degli
esecutori, cosa proibita dalla legge", dice Chojnacki. Aggiunge che questo
approccio costruisce un ulteriore pregiudizio verso il popolo rom.
Inoltre, quando sono loro vittime di un crimine, I Rom difficilmente cercano
aiuto dalla polizia. Secondo il rapporto FRA, circa il 33% degli intervistati ha
lamentato di essere stato vittima di crimini nei precedenti 12 mesi. La maggior
parte dei Rom - circa i tre quarti - che sono stati vittima di crimini come
minacce, assalti o "serie molestie" non li hanno denunciati alle autorità.
"Molti Rom ritengono che non c'è motivo di riportare atti di violenza alla
polizia," dice Amal El-Maaytah, "perché non affronterebbero il caso in maniera
adeguata. D'altra parte, senza portare a consocenza delle autorità i casi di
discriminazione, [le autorità] ... non possono fare molto."
Grande successo per la lezione concerto tenuta dagli allievi dell'Accademia
Europea d'Arte Romanì nell'ambito del corso di Lingua e Processi Interculturali,
Lingua e Cultura Romanì tenuto dal Dott. Prof. Santino Spinelli "Alexian".
L'evento si è svolto questa mattina (30 aprile) nell'Aula Magna della Facoltà di
Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Chieti. Ha aperto
l'evento il Dott. Prof. Gaetano Bonetta, Preside della Facoltà di Scienze
della Formazione.
L’accademia è un progetto di Alexian Santino Spinelli e nasce come risposta alla
grande richiesta di formazione specifica ed accurata sulla musica romanì che
tanto appassiona il pubblico e che spesso è relegata al rango di musica di
seconda classe.
L'Accademia è unica nel suo genere ed oggi hanno tenuto la lezione concerto
alcuni dei suoi migliori allievi tra cui ci sono Rom e non Rom, che attraverso
la musica abbattono le barriere dell'indifferenza e della diffidenza perché la
musica arriva al cuore prima che alla ragione.
E' possibile studiare lo stile flamenco e il jazz manouche. Infatti, non tutti
sanno che entrambi questi generi musicali, che hanno influenzato celeberrimi
compositori e la musica di intere nazioni, sono scaturiti dalla creatività della
popolazione romanì.
Sono attivati anche corsi per acquisire la conoscenza di strumenti, quali: il
cimbalom, la darabuka, il cajon, il bouzuki ma anche apprendere e/o perfezionare
strumenti come la fisarmonica, la chitarra, il violino, le tastiere ed il
contrabbasso in stile romanò.
Ci sono corsi di canto in lingua romanés, corsi di teatro e per chi volesse
approfondire la conoscenza della cultura romanì ci saranno anche corsi di Lingua
e Letteratura Romanì.
Per chi volesse saperne di più:
dal 01 Settembre al 30 giugno organizza, in collaborazione con docenti di fama
internazionale, i seguenti corsi teorico-pratici individuali e collettivi per
ogni età ed esigenza:
- Corso di Cymbalom
- Corso di Buzouki
- Corso di Canto e Lingua Romanì
- Corso di Percussioni (darabuka, cajon)
- Corso di Flamenco (chitarra, danza)
- Corso di Danze Rom (balcaniche)
- Corso di Jazz Manouche
- Corso di Lingua e Letteratura Romanì
- Corso di Teatro (anche in lingua romanì)
- Corso di Musica Romanì per gruppi musicali e musica d’assieme.
- Corsi di Fisarmonica, Contrabasso e Violino in stile Rom
Al termine dei corsi saranno rilasciati diplomi e attestati di frequenza, al
termine del corso avanzato rilascio di diploma
Direttore: Dott. Prof. Santino Spinelli “Alexian”
In sede:
- consultazioni per tesi di laurea,
- biblioteca romanì
-centro di documentazine romanès.
L'Accademia Europea di Arte Romanì è anche Casa delle Culture e organizza stages,
Seminari, Cene etniche, Eventi culturali e artistici riservati ai soli soci e
iscritti
Di Fabrizio (del 02/05/2009 @ 09:09:11, in Italia, visitato 1711 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Torino, 30 aprile 2009. Il Gruppo EveryOne riceve segnalazioni sempre più
frequenti di intimidazioni, violenze, abusi istituzionali contro gli ultimi Rom
romeni rimasti in Italia. Sgomberate dai loro miseri insediamenti di fortuna, le
famiglie che sono "nomadi" solo a causa di una persecuzione atroce, vagano da
una città all'altra, in condizioni di salute e igiene sempre più disperate.
Quando scorgono agenti delle forze dell'ordine, si buttano oltre le strade, nei
fossi, dietro cespugli e mura oppure si danno alla fuga colte dal panico.
Ormai sanno che le autorità esercitano violenze di ogni genere senza temere di
pagarne le conseguenze e - anzi - prendendosi la crudele soddisfazione di
denunciare le loro vittime per i reati di resistenza od oltraggio a pubblico
ufficiale. E' sufficiente che un Rom si lamenti di fronte a botte e insulti o
cerchi di proteggersi con le mani perché scatti la ritorsione. Per evitare tali
maltrattamenti, il Gruppo EveryOne ha fornito alcune famiglie di lettere di
tutela, sottoscritte dai leader dell'organizzazione, in cui si illustrano alle
forze dell'ordine le leggi dell'Unione europea che proteggono il popolo Rom, con
l'indicazione di un numero di telefono a cui risponde sempre un attivista. La
lettera è un efficace deterrente contro gli abusi e a volte viene fotocopiata e
distribuita ad altre famiglie in difficoltà, ma ne dispone solo una piccola
parte dei Rom romeni in giro per l'Italia. E' uno strumento di protezione dei
Rom perseguitati che irrita profondamente sindaci e assessori-sceriffi, questori
e prefetti, i quali sentono limitato il proprio potere di vita e di morte sui
poveri e gli emarginati, che la cultura xenofoba ha trasformato - ai loro occhi
- in "nemici pubblici". Non è raro che i Rom braccati dalle forze dell'ordine si
feriscano anche in modo grave, cercando di sottrarsi alla loro persecuzione e
non è raro, purtroppo, che le donne incinte perdano i bambini, nel tentativo di
sfuggire ai loro aguzzini. Oggi, 30 aprile 2009, si è tenuta una preghiera
collettiva, cui hanno partecipato alcune famiglie Rom, insieme agli attivisti
del Gruppo EveryOne e del Collettivo Sa Phrala, per ricordare Luca Iankovic, 26
anni, Rom di origine croata che ha perso la vita esattamente tre mesi fa,
cadendo nel fiume Dora in località Collegno (Torino), per sottrarsi
all'inseguimento da parte di carabinieri armati, che hanno esploso, durante
l'azione, alcuni colpi di pistola. Il corpo di Luca, ormai saponificato e quasi
irriconoscibile, è stato trovato solo il 25 marzo scorso. Il giovane viveva
insieme alla moglie e a cinque figli in una baracca del campo di strada
dell'Aeroporto. Vi sono particolari inquietanti, riguardo alla sua morte, a
partire proprio dal ritrovamento tardivo del cadavere, mentre le sue scarpe e la
giacca di pelle erano state ritrovate subito dopo la scomparsa. "Quella sera
doveva andare a cenare in trattoria in compagnia di amici," spiega la moglie fra
le lacrime, "ma non è più tornato a casa. Voglio sapere chi l'ha ammazzato,
perché di certo non è annegato. Voglio sapere chi ha forzato la macchina di mio
marito e buttato all’aria tutto all’interno, quella sera. Non mi convince la
spiegazione che possa essere caduto nel fiume, perché quella sera i carabinieri
hanno sparato almeno due colpi di pistola contro di lui. Perché nessuno mi
comunica gli esiti dell'autopsia? Perché non si vuole fare chiarezza sulla sua
morte?". Dopo un giorno riservato al dolore e alla preghiera, è necessario
incalzare le autorità affinché siano sgomberate le ombre che circondano la
tragedia, se ne identifichino gli eventuali responsabili e sia finalmente fatta
giustizia.
Pisa per qualche tempo era diventata un punto di riferimento per il rispetto
di alcuni diritti fondamentali che aveva dimostrato nei confronti delle comunità
Rom. Ha disgraziatamente invertito la rotta e sta commettendo l'errore
vergognoso della Giunta Capitelli: dare soldi ai capifamiglia per andarsene.
Hanno fatto così anche a Pavia, tra il 31 agosto e il 3 settembre 2007. Molti
apparentemente avevano accettato: caricati su pullmini erano stati lasciati
nell'hinterland milanese. Sono tornati quasi tutti. Solo la cecità poteva
non avvedersi che per indigenti totali una cifra tra i 150 euro e 300 poteva
essere allettante lì per lì, ma non poteva essere risolutiva di alcun destino.
Come si può pagare un cittadino europeo per andarsene da un paese europeo? Com'è
possibile che di fronte alle comunità Rom anche le aree del paese più avvedute
rispetto ai diritti di cittadinanza sbrachino a tal punto da non saper prevedere
alcun sbocco politico alla convivenza? In alcuni dei comuni consorziati per la
"buona uscita" ai Rom ci ho vissuto e a lungo. Mi sono portata con me ricordi
struggenti di umanità e accoglienza. Che tristezza.
Irene Campari
L’iniziativa di un consorzio di nove comuni dell’area, tra cui il capoluogo.
Tra qualche giorno parte il primo pullman Cinquecento-mille euro per l’impegno a non tornare. «Niente furbi, scegliamo
persone affidabili»
PISA - Il rimpatrio con buonuscita è già stato accettato dai primi dodici
rom, quattro famiglie in tutto. Tra qualche giorno saliranno su un pullman
per raggiungere i luoghi di origine, in Romania. Viaggio spesato e bonus in
denaro: dai cinquecento ai mille euro a nucleo familiare da erogare solo a
destinazione raggiunta. Soldi pubblici, messi a disposizione dalla Società della
salute, un consorzio di nove comuni (tra i quali Pisa, Cascina, San Giuliano
Terme, Vecchiano, Calci, Fauglia) dell’area pisana e l’Asl. L’accordo, con tanto
di firme e controfirme, prevede il consenziente allontanamento dei rom, e in un
imminente futuro sarà esteso anche ai cittadini extracomunitari, sempre che
siano d’accordo. E che impegna, chi accetta «a non rientrare in Italia almeno
per un anno» e a rinunciare ad «accamparsi o a erigere baracche in zona in
luoghi pubblici o privati che non siano destinati allo scopo».
Clausole che però hanno provocato in città polemiche e ironia. I rom sono quasi
tutti cittadini romeni, dunque comunitari e come membri dell’Ue hanno il
diritto di entrare in qualsiasi Paese membro senza restrizioni. Anche se sono
stati pagati con assegno per non tornare un anno intero. «Il rimpatrio
consenziente è un’idea che ci è venuta durante un monitoraggio dei campi abusivi
- spiega Maria Paola Ciccone, assessore alle politiche sociali del comune di
Pisa e da lunedì nuovo presidente della Società della salute -. Sono stati
alcuni rom a chiederci di aiutarli a tornare a casa e dunque con i servizi
sociali abbiamo deciso questa sperimentazione in collaborazione con la Regione
Toscana ». Sulla possibilità di «furberie », l’assessore ammette qualche
rischio: «La nostra è una scommessa. Il servizio non è rivolto a tutti ma solo a
quelle persone meritevoli di fiducia». In città il provvedimento sta creando
polemiche e malumore. Amanuel Sikera, vicepresidente della Consulta provinciale
degli stranieri, in una lettera aperta a Tirreno e Nazione, non ha lesinato
critiche agli enti locali. «Sono rimasto sconcertato dalla ricetta proposta per
il loro rimpatrio - ha scritto Sikera -. Attuare un siffatto provvedimento
significa ammettere un totale fallimento delle politiche di integrazione».
12/4/2009 - Venerdì il Tribunale Cittadino di Praga ha rigettato il reclamo del
Rom ceco Jaroslav Suchy, che aveva chiesto 500.000 corone al Ministero
dell'Istruzione, accusando la repubblica di averlo deprivato di un'istruzione
adeguata. Suchy, 31 anni, dichiara di essere stato spedito in una scuola
elementare per bambini con difficoltà di apprendimento nel 1985, soltanto a
causa della sua origine etnica e sociale. Il tribunale ha concluso che Suchy non
ha provato la sua accusa. D'altra parte, Suchy può appellarsi al verdetto. Il
ministero ha puntualizzato che le performance di Suchy nella scuola per
bambini "lenti" mostrano che non sarebbe stato in grado di studiare in una
scuola standard.
Ma Suchy ha obiettato che lo staff del pensionato infantile dove è cresciuto
gli dava dei sedativi, aggiungendo che a quel tempo era una pratica
istituzionale usuale per calmare i bambini iperattivi. Gli alunni delle
cosiddette "scuole speciali" erano generalmente considerati ritardati mentali ed
era molto difficile per loro ricevere istruzione secondaria.
Scrive Pravo che nel 1999, Suchy passò un corso per completare le elementari
e nel 2005 fece gli esami per la scuola superiore alla scuola secondaria romanì
di Kolin, nella Boemia centrale. Suchy dice di aver deciso di compilare un
reclamo dopo che la Corte Europea dei Diritti Umani a Strasburgo, nel 2007,
parteggiò per 18 Rom cechi che avevano fatto causa per essere stati mandati in
una scuola elementare per alunni con difficoltà di apprendimento ad Ostrava,
nord della Moravia.
30/04/2009, 20:43 - Delle immagini in bianco e nero, che provengono
dal passato: un accampamento di Rom colto in alcuni momenti tipici della sua
quotidianità: le donne accudiscono i bambini, gli uomini battono il rame….. su
queste immagini di repertorio la voce off di un'anziana rom kalderasha, Emilia,
racconta degli spostamenti continui, del montaggio e smontaggio delle tende nei
diversi paesi toccati dal loro incessante cammino di zingari, sempre alla
rincorsa delle sagre e delle feste patronali.....
... Il volto di Emilia oggi, segnato dal tempo e dalla vita, che prosegue il
suo racconto all’interno della piccola roulotte in cui vive, nell’accampamento
nel cortile dell’ex foro boario di Testaccio, a Roma…..
... Rasema ha venti anni meno di Emilia, ma non si direbbe: il suo volto di
sessantenne è segnato da rughe profonde, anche se la sua espressione mantiene un
che di infantile, specialmente quando sorride. Ci racconta del suo arrivo in
Italia dalla Bosnia, nel lontano 1969, con il marito e un bambino piccolo in
braccio.
Oggi vive nel piccolo campo all’Arco di Travertino, circondata dall’affetto e
dal rispetto dei figli e degli innumerevoli nipoti. E il suo modo di vedere la
vita, tradizionale, “all'antica”, dissolve.....
... Nel racconto delle esperienze di Umiza, romnì bosniaca che ha da poco
superato la trentina e che è arrivata in Italia da Mostar quando aveva solo
pochi mesi. Oggi vive in un container del villaggio attrezzato di via Cesare
Lombroso, accanto ai suoi anziani genitori e ai fratelli.
Un marito perennemente in galera, la fatica di portare avanti la famiglia e
far crescere i suoi due figli da sola..... la vita non è affatto semplice per
Umiza, che si arrangia recuperando materiali di ogni genere nei cassonetti della
spazzatura, per poi rivenderli nel mercatino aperto vicino al campo…..
... La stessa forza di Umiza anima le attività di Sevla, romnì quarantenne
che è riuscita ad uscire dal campo di vicolo Savini e a garantire un tetto ai
suoi otto figli occupando una casa abbandonata. Sevla è un'ottima ballerina di
danze balcaniche e una donna forte, espansiva e solare. Ha messo a frutto le sue
capacità creative con determinazione e passione, insegnando le danze
tradizionali rom e avviando un'attività di piccolo artigianato. Tutta la vita di
Sevla risente della presenza del ricordo del fratello morto oramai quasi
vent'anni fa, il celebre poeta zingaro Rasim Sejdic, come dimostra anche
l'educazione che ha scelto di dare ai suoi figli, così orientata verso
l'espressione artistica,.....
... E la passione per la danza, che pratica con impressionante bravura,
Daniela l’ha ereditata proprio dalla madre. A diciannove anni Daniela ha
rifiutato con serena determinazione lo stile di vita tradizionale della sua
comunità che le proponeva un matrimonio precoce e il ruolo di madre e moglie
sottomessa al marito. Il suo principale obiettivo è invece quello di cambiare le
sue condizioni di vita: chiudere definitivamente con la vita del campo nomadi,
trovare un lavoro che le permetta di rendersi autonoma, ma senza rinunciare a
divertirsi, come è nei desideri di qualsiasi ragazza della sua età.....
... E una voglia quasi sfrenata di vivere pienamente la sua giovinezza
caratterizza lo stile di vita di Mirela, ventenne che vive nel villaggio
attrezzato di via dei Gordiani. Mirela è una forza della natura: volitiva,
travolgente, sensuale, con un modo tutto suo, sincero e diretto, di esprimersi.
Non veste “alla zingara”, rifiuta anzi di indossare le tradizionali lunghe gonne
a fiori e frequenta comitive di ragazzi italiani, rifuggendo la compagnia degli
altri Rom. Questo suo comportamento la mette in cattiva luce dentro la comunità:
non sono in pochi, e non solo gli adulti o gli anziani ma anche le sue coetanee,
a considerarla una “poco di buono”.....
... Charlotte, invece, è una diciottenne che è riuscita a gestire
armoniosamente e con consapevolezza il rapporto difficile tra il mondo dei Rom e
il mondo dei “Gagé”: ha conseguito la licenza media, si è iscritta al corso per
volontaria del servizio civile e ha iniziato a fare le prime esperienze come
mediatrice culturale nella scuola elementare vicina al campo di Testaccio, dove
vive con la sua famiglia. Ma la dolcezza del suo volto è contraddetta dal guizzo
ribelle dello sguardo, quando ricorda con orgoglio di essere sempre riuscita a
ribellarsi agli aspetti più arretrati della sua cultura di origine.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
riprodurre liberamente tutto quanto pubblicato, in forma integrale e aggiungendo
il link: www.sivola.net/dblog.
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicita'. Non puo' pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. In caso di utilizzo commerciale, contattare l'autore e richiedere l'autorizzazione. Ulteriori informazioni sono disponibili QUI
La redazione e gli autori non sono responsabili per quanto
pubblicato dai lettori nei commenti ai post.
Molte foto riportate sono state prese da Internet, quindi valutate di pubblico
dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla
pubblicazione, non hanno che da segnalarlo, scrivendo a info@sivola.net
Filo diretto sivola59 per Messenger Yahoo, Hotmail e Skype
Outsourcing Questo e' un blog sgarruppato e provvisorio, di chi non ha troppo tempo da dedicarci e molte cose da comunicare. Alcune risorse sono disponibili per i lettori piu' esigenti: