Rom e Sinti da tutto il mondo

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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

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Di Fabrizio (del 02/04/2009 @ 09:16:27, in lavoro, visitato 1683 volte)

Da Coopofficina

Riciclare il ferro è un'attività che si fa da tempo immemorabile: era un lavoro non nobile ma che aveva una sua dignità. Al tempo del fascismo "dare ferro alla patria" era diventato addirittura un dovere patriottico. Oggi, ci sembra di essere più ricchi di allora, ma riciclare il ferro è pur sempre un attività che rigenera delle preziose materie prime che altrimenti dovremmo importare dall'estero. Ed è materiale che altrimenti finirebbe in discarica o disperso ai bordi delle strade. Chi potrebbe mai dir male del recupero del ferro?

E invece, in Italia, ci ritroviamo con delle leggi che possono essere interpretate in modo da rendere illegale il recupero del ferro o di qualsiasi altro materiale. Non solo, ma abbiamo anche qualcuno che si è messo di buona volontà a interpretarle in questo modo e anche ad applicarle distruggendo un'attività che stava dando lavoro a decine di famiglie e facendo un'opera utile a tutti.

La storia comincia qualche anno fa, in Toscana dove, con il supporto delle istituzioni e della magistratura, sono nate tre cooperative sociali gestite principalmente dai Rom locali per il recupero del ferro di scarto. Era un lavoro duro e pesante, che però rendeva anche discretamente e permetteva ai membri delle cooperative di vivere in modo dignitoso.

Negli ultimi mesi, tuttavia, queste cooperative sono state soggette a una serie di ispezioni da parte dalla polizia del corpo forestale. Gli agenti si sono presentati all'improvviso, mitra in mano, requisendo i documenti e controllando tutto. Ma, nonostante le irruzioni spettacolari, non è stato possibile trovare niente di illegale o estraneo alle attività delle cooperative. Niente droga, niente refurtiva, niente del genere. La documentazione di rito era tutta a posto, con tutti i fogli e i moduli del caso: i "Fir" formulari di identificazione rifiuti, regolarmente compilati in quattro copie per ogni carico riciclato.

Poteva finire così? Assolutamente no! E, infatti, una delle norme fondamentali della burocrazia è che qualsiasi cosa fai, anche se ti ha detto di farla un funzionario, puoi sempre trovare un funzionario uguale e contrario al quale non va bene. Se questa norma si aggiunge all'altra che dice che comunque vada, devi sempre pagare, allora la burocrazia si trasforma in una trappola mortale dove qualsiasi cosa fai sei fregato.

Qui, i funzionari che hanno esaminato la documentazione delle cooperative hanno deciso di interpretare in senso restrittivo e letterale la norma detta della "tracciabilità dei rifiuti" che vuole che se ne debba sapere la strada percorsa fin dall'origine. La norma è sensata in termini generali ma, ovviamente, se la si applicasse alla lettera, non sarebbe possibile riciclare niente. Ogni tappo e ogni bottiglia avviate al riciclo dovrebbero essere accompagnate da un modulo fir in quattro copie con il nome, cognome, indirizzo e codice fiscale della persona che le ha buttate nel cassonetto.

Questo vale anche per il ferro raccolto dalle cooperative, che era ferro trovato agli angoli delle strade o recuperato presso cantieri e cose del genere. Nei moduli fir, come "origine del rifiuto" c'era la cooperativa. Questa è un'interpretazione valida della legge e, comunque, l'unica possibile se uno vuole riciclare quello che altrimenti resterebbe abbandonato in giro.

Ma chi ha inventato questa guerra contro il recupero del ferro ha trovato il modo di usare la norma per distruggere le cooperative. Stabilito che l'origine dichiarata dei carichi di ferro non era quella giusta, ne consegnue che ogni modulo era irregolare. Siccome la norma prevede una multa da 1000 euro in su per ogni irregolarità, il risultato finale è stato un totale di 19 milioni di euro di multa fatte alle tre cooperative (questo è un totale provvisorio, le multe continuano ad arrivare). Ovviamente, le cooperative non possono che chiudere in queste condizioni; fra le altre cose si sono visti anche sequestrati i furgoncini che usavano per lavorare.

Così, il risultato è che decine di famiglie hanno perso il lavoro, le cooperative hanno chiuso e riciclare il ferro è diventato un'attività illegale in Toscana. Adesso, i Rom che gestivano le cooperative non potranno fare altro che tornare a lavori saltuari e al nero - se non illegali - e ad essere un peso per la comunità. Un altro risultato è stato di fermare un'attività che poteva essere un esempio su come gestire quelle cose che chiamiamo "rifiuti" ma che non lo sono, ma sono invece materie seconde di cui abbiamo disperatamente bisogno per mandare avanti il "sistema Italia".

Non so cosa pensate voi di questo disastro. A me ricorda cose come il "cupio dissolvi" di cui parlava Paolo di Tarso, oppure l' "istinto di morte" di cui parlava Sigmund Freud. O forse la leggenda dei lemming che corrono come pazzi per buttarsi giù tutti insieme dal precipizio. Oppure, quelle belve in gabbia che finiscono per impazzire e per automutilarsi.

Per ogni volta in questo paese che qualcuno riesce a mettere su qualcosa di buono, viene sempre fuori qualcun altro che lo distrugge facendo del male anche a se stesso e a tutti quanti. Questa è l'essenza di questa guerra contro il recupero delle risorse: comunque vada, siamo tutti sconfitti. ( Ugo Bardi)

L'articolo di Repubblica sulla faccenda del 15 marzo 2009
LE COOPERATIVE sociali specializzate nella raccolta di rottami metallici sono in ginocchio. Nel giro di sei mesi il Corpo Forestale dello Stato ha elevato verbali di contravvenzione per quasi 19 milioni di euro nei confrontidelle cooperative La Bussola di Pistoia, I Ferraioli di Prato e L’Olmatello di Firenze e dei soci raccoglitori di ferraglie, per lo più rom e slavi. La loro colpa: aver trasportato «rifiuti speciali non pericolosi con formulari di identificazione rifiuto (Fir) recanti dati inesatti». Per molti dei soci, avviati al lavoro dalla magistratura e da enti che si occupano del recupero sociale di ex detenuti, è a rischio il percorso di riabilitazione.

Spiega l’avvocato Luca Mirco, che li assiste nei ricorsi alla Amministrazione Provinciale: «Questo sistema di cooperative è nato con il favore della politica. È un lavoro utile all’ambiente e contribuisce alla sicurezza sociale, perché allontana dalla illegalità soggetti svantaggiati. Ai soci vengono dati in comodato gratuito furgoncini sui quali caricano ferraglie raccolte nei cassonetti dei rifiuti o fra gli scarti dei cantieri edili, per portarle ai centri di raccolta autorizzati, come Toscana Rifiuti. Qui i rottami vengono pesati e i raccoglitori incassano subito il corrispettivo, che per l’80% va a loro e per il 20% alla cooperativa. In questo modo riescono a mantenere le famiglie».
Dopo i controlli del Corpo Forestale, però, molti di loro hanno ricevuto verbali di contravvenzioni per cifre spaventose. E i furgoncini sono stati sequestrati. «Si era creato un circolo virtuoso — sottolinea l’avvocato Mirco — era un modo per riabilitare molti soggetti. Ora però sono spaventati a morte».

La Forestale ha applicato le norme in materia ambientale, che prescrivono la tracciabilità dei rifiuti. I Fir (formulari di identificazione rifiuti) devono riportare nome e indirizzo del produttore e del detentore. Nei formulari controllati dalla Forestale, alla voce produttore o detentore risulta indicata la cooperativa di appartenenza dei raccoglitori. Ma nessuna delle tre coop produce o ha in deposito rifiuti. Di qui le contestazioni. Per ogni Fir inesatto la legge prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 1600 a 9300 euro. Poiché, secondo le accuse, tutti i Fir sono inesatti, le sanzioni hanno raggiunto cifre stratosferiche.

«Ma come si fa a indicare la provenienza di un cassonetto o una discarica?», obietta l’avvocato. Una via di uscita per non distruggere il lavoro dei ferraioli potrebbe esserci. La legge sui rifiuti esenta gli ambulanti dalla compilazione dei formulari. Ma chi rilascia la licenza di ambulante? La Camera di Commercio dice che deve farlo il Comune. Il Comune dice che con la legge Bersani la licenza non c’è più. E allora? È stato chiesto un parere all’Albo nazionale gestori ambientali. Ma nessuno ha risposto.

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Di Fabrizio (del 02/04/2009 @ 09:07:24, in scuola, visitato 2145 volte)

Segnalazione di Tom Welschen

LeLuminarie.it 30 Marzo 2009

Direzione Didattica “Alcide De Gasperi“
P.zza Papa Giovanni Paolo II, 24 – 90146 – Palermo - Tel 091 513992 – Fax 091 6702949
E-mail: paee013002@istruzione.it - elemdegasperi@libero.it

Questa mattina la zona compresa tra il campo Rom, Stadio e Piazza G. Paolo II (ex P.zza A. De Gasperi), è stata tappezzata da manifesti razzisti,firmati da Forza Nuova e da altre sigle, nei confronti dei Rom del campo nomadi della Favorita e degli immigrati in genere.
Il contenuto offende la nostra sensibilità di persone, cittadini ed educatori.
Di fronte a questa esplosione di manifesta intolleranza non possiamo rimanere a guardare in silenzio.
La nostra scuola, che accoglie da 15 anni i bambini Rom e di nazionalità non italiana, intende dare una risposta di accoglienza, serenità, umanità al tentativo di diffondere paura, terrore e conseguente avversione nei confronti della comunità Rom e di tutti gli immigrati.

VENERDI’ 3 APRILE ALLE ORE 18 INCONTRIAMOCI TUTTI NELLO SPAZIO VERDE ATTREZZATO DI VIALE DEL FANTE, TRA LO STADIO DELLE PALME E IL CAMPO ROM, PER UN SIT-IN DI PROTESTA CONTRO QUESTO TENTATIVO DI DISUMANIZZAZIONE DELLA SOCIETA’ E PER LA DIFESA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UOMO.
VI INVITIAMO A DIVULGARE L’INIZIATIVA E A PARTECIPARE NUMEROSI, COINVOLGENDO SCUOLE, STUDENTI, FAMIGLIE, CITTADINI

(In allegato uno dei manifesti di Forza Nuova)

M.Giovanna Granata (Dirigente Scolastico) e i Docenti

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Di Fabrizio (del 02/04/2009 @ 08:53:29, in Italia, visitato 1554 volte)

Da Roma_Italia

QUI il testo originale in inglese ed un minivideo in italiano. QUI invece l'appello di Amnesty International di due settimane fa

31 marzo 2009 - I Rom che vivevano sotto il cavalcavia Bacula nel nord di Milano [...] martedì sono stati sgomberati a forza dalle autorità locali. Secondo la stampa locale, 70 dei circa 150 Rom che vivevano lì sono stati dispersi senza una sistemazione alternativa.

Alcune famiglie sono già state rialloggiate in strutture private. Una famiglia ha accettato riparo temporaneo nel dormitorio cittadino.

Non risulta ci sia stata una consultazione con la comunità sullo sgombero proposto, ne tentativi consistenti di identificare con loro una qualsiasi alternativa fattibile allo sgombero. Appare che le autorità non hanno preparato nessun piano per un'adeguata sistemazione alternativa o discusso di questo con gli interessati.

La pratica del comune nelle precedenti occasioni è stata di offrire alcune forme di rifugio a breve termine (settimane o pochi mesi), e soltanto alle donne e ai bambini piccoli, nei dormitori cittadini per senza tetto. In alcuni casi, in questa occasione, sembra che non sia stata fatta nemmeno questa offerta.

Prima di essere sgomberata, la comunità viveva in tende e baracche sotto il cavalcavia Bacula, senza acqua corrente, fognature o elettricità. Senza sistemazione alternativa, le famiglie si sposteranno in un altro campo improvvisato o rischiano di essere completamente senza riparo.

La maggior parte dei Rom che vivevano nel campo di Bacula hanno alle spalle almeno uno sgombero forzato. Circa 110 di loro si ritiene siano stati sgomberati a forza, nell'aprile 2008, da un altro campo non autorizzato della città, in via Bovisasca.

Di questi 110, almeno 100 sono stati probabilmente sgomberati a forza, nell'ottobre 2007, dallo stesso campo di Bacula dove vivevano ora. Diversi dei precedenti sgomberi forzati hanno comportato la distruzione di proprietà, incluse baracche, vestiti, materassi ed in qualche caso, medicine e documenti.

© Amnesty International

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Di Fabrizio (del 01/04/2009 @ 09:38:54, in casa, visitato 2008 volte)

Da Roma_Daily_News

Sulukule per noi era Parigi, questa è una prigione: i Rom raccontano

ISTANBUL - Nel progetto per salvare Sulukule, l'Amministrazione per lo Sviluppo dell'Alloggio ha offerto case pubbliche per sistemare i Rom dal loro quartiere. Tuttavia, sino ad oggi soltanto 27 delle famiglie vivono nelle nuove case costruite a Taşoluk perché gli altri non potrebbero permetterselo.

La maggior parte delle 300 famiglie rom che sono state spostate da Sulukule a Taşoluk non sono state capaci di adattarsi al loro nuovo ambiente a causa di difficoltà finanziarie. Dopo sei mesi, restano solo 27 famiglie.

Le famiglie rilocate nelle nuove case, costruite dall'Amministrazione per lo Sviluppo dell'Alloggio (o TOKI), hanno di fronte un debito di 15 anni. Rate accumulate ed elettricità, gas ed acqua non pagate li hanno messi sulla strada degli uffici di riscossione del debito.

Le famiglie stanno trasferendo i loro diritti su case i cui prezzi variano da 3.000 a 35.000 lire turche e stanno andandosene. Ci sono solo 27 famiglie Rom rimaste a Taşoluk.

Vivendo alla soglia della fame

Normalmente, TOKI include nei suoi contratti standard una clausola che impedisce il trasferimento degli alloggi per un anno, ma i contratti stipulati con le famiglie rom non la contengono, aprendo la strada a trasferimenti a basso costo.

F. A., un Rom che ha vissuto alla soglia della fame prima di essere spostato a Sulukule, ha detto: "Ci hanno portato qui, dicendo che siamo poveri, ed ora ci stanno trattando come se fossimo ricchi. Non potremmo pagare i nostri debiti; vengono dall'ufficio riscossione. Così di giorno stiamo a Fatjh e non verranno a prendere la nostra roba."

Un'altra donna ha detto, "Sulukule per noi era Parigi. Questa è una prigione. Diventiamo nevrotici. Moriamo lentamente."

Gürkan Tokay, un altro residente, ha descritto la morte di suo padre.

"Qui non c'è un centro sanitario; è a 2 km. da qui. Mio padre si è ammalato pochi mesi fa. Penso fosse un attacco di cuore. Siamo corsi al centro sanitario, che era chiuso perché era notte. Così l'abbiamo portato ad Arnavutköy. Là c'è un ospedale, privato. Mio padre è morto prima che potessero intervenire. Hanno voluto 250 lire. Ci hanno chiesto dei soldi per il morto e non hanno rilasciato il corpo."

TOKI ha costruito le case per gente in difficoltà finanziarie nel 2008. Di 1.402 case, 450 sono state riservate ai Rom rilocati da Sulukule. E' stata organizzata una lotteria e sono state scelte 300 famiglie sono state scelte per vivere negli appartamenti da 280 a 425 lire al meseper 15 anni. Il comune di Fatih ha sistemato due autobus di linea per il trasporto: uno da Taşoluk a Fatih, che arriva alle 7 di mattina ed uno da Fatih a Taşoluk che arriva alle 8.

Non è lasciata nessuna solidarietà

Sükrü Pendük, presidente della Fondazione per lo Sviluppo della Cultura di Sulukule, ha detto: "La mia gente è stata bandita dalle proprie case, dove vivevano assieme al vicinato, per questi edifici di cemento. Avevamo una cultura di quartiere con solidarietà sociale che teneva in piedi le famiglie."

C'è una sola drogheria a Taşoluk, che non vende a credito. L'unico posto dove socializzare è la casa del tea condotta da Göksel Küçükatasayan, che ne aveva una anche a Sulukule. Ma è vuota anche nei fine settimana.

"Non posso fare affari, sono in debito," ha detto Küçükatasayan."Ce ne andremo da qui. E' fuori dalle nostre mani."

Non ci sono scuole superiori. I bambini che hanno iniziato la scuola primaria con due mesi di ritardo, stanno avendo problemi di adattamento. Alcuni di loro non sono stati accettati a scuola con la giustificazione che erano sotto programma.

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Di Fabrizio (del 01/04/2009 @ 09:24:39, in Kumpanija, visitato 1605 volte)

Ricevo da Agostino Rota Martir

Proprio così, vale la proprio la pena di pensarci un pochino sopra e... diffonderlo.
Ciao Ago

"Non molesterai il forestiero né lo opprimerai perché voi siete stati forestieri in terra di Egitto" (Esodo, 22,20)

Noi missionari/e sentiamo il dovere di reagire e protestare contro la strage in atto nel Mediterraneo e le leggi razziste contro gli immigrati che arrivano sulle nostre coste. È una tragedia questa, che non ci può lasciare indifferenti: migliaia e migliaia di africani che tentano di attraversare il Mare nostrum per arrivare nell’agognato "Eden". Un viaggio che spesso si conclude tragicamente. Dal 2002 al 2008 sono morti, in maggioranza scomparsi in mare, 42 mila persone, secondo la ricerca condotta a Lampedusa da Giampaolo Visetti, giornalista di La Repubblica. Trecento persone al giorno! Il più grande massacro europeo dopo la II Guerra Mondiale che si consuma sotto i nostri occhi.

E qual è la risposta del governo? Chiudere le frontiere e bloccare questa "invasione". E per questo il "nostro" governo ha stipulato accordi con la Libia e la Tunisia. Il 5 gennaio 2009 infatti il Senato ha approvato il Trattato con il governo libico di Gheddafi per impedire che le cosiddette carrette del mare arrivino a Lampedusa. Com’è possibile firmare un trattato con un paese come la Libia che tratta in maniera così vergognosa gli immigrati in casa propria?

Il 27 gennaio 2009 il ministro Maroni si è incontrato con il ministro degli Interni tunisino per la stessa ragione. Il regime di Ben Ali in Tunisia non è meno dittatoriale di quello libico. Questi tentativi italiani per bloccare l’immigrazione clandestina, sono sostenuti dal Frontex, l’Agenzia Europea per la difesa dei confini, che ha ricevuto oltre 22 milioni di euro per tali operazioni.

Ci dimentichiamo però che questa pressione migratoria è dovuta alla tormentata situazione africana, in particolare dell’Africa Centrale e Orientale. Le situazioni di miseria e oppressione, le guerre troppo spesso dimenticate dell’Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Ciad sospingono migliaia di persone a fuggire attraverso il deserto per arrivare in Tunisia e Libia dove sono trattate come schiavi: lunghi anni di lavoro in nero per ottenere i soldi per la grande traversata (soldi che andranno alle mafie). E se riusciranno (pagando 3-4000 euro) ad attraversare il Mediterraneo ed arrivare a Lampedusa, verranno rinchiusi in un vero e proprio campo di concentramento, il Centro di "accoglienza" trasformato il 24 gennaio in Cie (Centro di identificazione ed espulsione): un vero lager che può ospitare 900 persone ed invece ne contiene 1900! Di qui le drammatiche rivolte di questi giorni con i tentati suicidi di parecchi tunisini che non vogliono essere rimpatriati perché sanno quello che li attende.

Tutto questo grazie alla solerzia del nostro ministro Maroni che ha detto che bisogna essere "cattivi" con gli immigrati. E il suo Pacchetto Sicurezza è la "cattiveria trasformata in legge", come afferma il settimanale Famiglia Cristiana. Infatti nel Pacchetto Sicurezza il clandestino è dichiarato criminale. Una legislazione questa che ha trovato un terreno fertile, preparato da un crescente razzismo della società italiana (così ben espresso dalla Lega!) e da una legislazione che va dalla Turco-Napolitano (l’idea dei Centri di permanenza temporanea) all’immorale e non-costituzionale Bossi-Fini, che non riconosce l’immigrato come soggetto di diritto, ma come forza lavoro pagata a basso prezzo, da rispedire al mittente quando non ci serve più.

La legge infatti prevede, fra le altre cose, la possibilità che i medici denuncino i clandestini ammalati, la tassa sul permesso di soggiorno (dagli 80 ai 200 euro!), le "ronde", il permesso di soggiorno a punti, norme restrittive sui ricongiungimenti familiari e i matrimoni misti, il carcere fino a 4 anni per gli irregolari che non rispettano l’ordine di espulsione. Maroni ha pure deciso di costruire una decina di Centri di identificazione e di espulsione, ove saranno rinchiusi fino a 6 mesi i clandestini. Questa è una legislazione da apartheid: il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che ha messo alla gogna lavavetri, ambulanti, Rom e mendicanti. È una cultura xenofoba e razzista che ci sta portando nel baratro dell’esclusione e dell’apartheid. Tutto questo immemori di essere stati noi "forestieri in terra di Egitto" quando così tanti italiani oltre al doloroso distacco dalla propria terra, hanno sperimentato l’emarginazione, il disprezzo e l’oppressione.

Per questo noi chiediamo:

ai missionari/e, religiosi/e, laici/che impegnati con il Sud del mondo:

  • di schierarsi dalla parte degli immigrati contro una "politica miope e xenofoba" e che fa "precipitare l’Italia, unico paese occidentale, verso il baratro di leggi razziali", come afferma Famiglia Cristiana.
  • di organizzare una processione penitenziale, per chiedere perdono a Dio e ai fratelli migranti per il razzismo, la xenofobia, la caccia al musulmano che, come forza diabolica, sono entrate nel corpo politico di questa Italia.

alla Conferenza Episcopale Italiana:

  • di chiedere la disobbedienza civile a queste leggi razziste. È quanto ha fatto nel 2006, in situazioni analoghe, il cardinale R. Mahoney di Los Angeles, California, che ha chiesto nell’omelia del mercoledì delle Ceneri a tutti i cattolici americani di servire tutti gli immigrati, anche quelli clandestini.

alla Chiesa cattolica in Italia e alle altre Chiese:

  • di riprendere l’antica pratica biblica, accolta e praticata anche dalle comunità cristiane di fare del tempio il luogo di rifugio per avere salva la vita, come indicato nel libro dei Numeri 35,10-12. Su questa base biblica negli anni ’80, negli USA, nacque il Sanctuary Movement che oggi viene rilanciato.

Come missionari/e facciamo nostro l’appello degli antropologi italiani: "Quell’antropologia impegnata dalla promessa di ampliare gli orizzonti di ciò che dobbiamo considerare umano deve denunciare il ripiegamento autoritario, razzista, irrazionale e liberticida che sta minando le basi della coesistenza civile nel nostro paese, e che rischia di svuotare dall’interno le garanzie costituzionali erette 60 anni fa, contro il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle leggi razziali. Forse anche allora, in molti pensarono che no si sarebbe osato tanto: oggi abbiamo il dovere di non ripetere quell’errore".

Viviamo un tempo difficile, ma carico di speranza nella misura in cui siamo capaci di mettere in gioco la nostra vita per la Vita.

Napoli, 9 marzo 2009

Comunità Comboniana - Rione Sanita (Napoli)
Alex Zanotelli e Domenico Guarino
Missionari Comboniani-Castelvolturno (Caserta)
Casa Rut – Suore Orsoline, Caserta
Casa Zaccheo – Padri Sacramentini, Caserta
Missionarie Comboniane – Torre Annunziata (Napoli)

Per adesioni cliccare su http://www.nigrizia.it/doc.asp?id=11879&.IDCategoria=108 

Aderiscono: padre Fernando Zolli (comboniano), Giovani impegno missionario Campania, Nigrizia,

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Di Franco Bonalumi (del 01/04/2009 @ 09:03:41, in conflitti, visitato 1405 volte)

Da Roma_Francais

Nel 1939, cercando di sfuggire alla guerra civile seguita al colpo di stato fascista del generale Franco, un milione di rifugiati varca il confine francese con la Spagna.

Fra di essi vi sono anche molte famiglie rom, che giunte in territorio francese finiscono nelle mani delle autorità locali e vengono rinchiuse in campi di concentramento lungo le spiagge del Mar Mediterraneo, in luoghi oggi divenuti meta di villeggiatura per i francesi. Da questi campi, tra il 1940 ed il 1944, gli uomini vengono trasferiti dalle autorità francesi verso i campi nazisti. Molti di essi riescono però a fuggire e a dare vita ad un movimento di resistenza contro il fascismo, del quale pochi anni dopo i soli francesi, alla vigilia della Liberazione, prenderanno tutto il merito.

Le donne ed i bambini rimangono a soffrire la fame, il freddo, le malattie e la furia del mare, che regolarmente ne inghiotte a centinaia fra le sue onde. Nel 1944, dovendosi infine sbarazzare dei campi di concentramento, le autorità francesi li rispediscono in Spagna dentro a carri bestiame.

Oggi, un produttore cinematografico catalano, Felip Solé, ha deciso di ricreare gli eventi di questa "storia infame" in una pellicola con un budget limitato. Ha chiesto ai figli, alle figlie e ai nipoti di quei rifugiati di partecipare alla produzione di tale documento.

Molti di essi hanno risposto positivamente all'appello, e tra questi vi è mia sorella a rappresentare la nostra famiglia.

Al telefono mi ha solo detto che: "... è stata un'esperienza tremenda, avvolti dal freddo e dalla neve durante le riprese, alla fine nessuno di noi riusciva a parlare; rom o no, ci gettavamo tutti nelle braccia gli uni degli altri, e piangevamo...".

Lolo Del Carders

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Di Fabrizio (del 01/04/2009 @ 08:51:32, in media, visitato 2133 volte)

Da Roma_Francais (Ne avevo scritto sul mio vecchio blog Pirori quattro anni fa - i link del test sottostante sono in francese)

mercoledì 25 marzo per Gregory Salomonovitch

Yves Calvi è comparso ultimamente davanti al TGI (Tribunal de grande instance ndr) per "incitamento all'odio razziale" riguardo la trasmissione "C dans l'air" sulla delinquenza ed i rom diffusa l'11 febbraio 2005

Con due dei suoi invitati presenti quel giorno in studio, Xavier Raufer e Yves-Marie Laulan, l'animatore-produttore di France 5 è accusato di aver proferito propositi "a carattere apertamente razzista". Era stata depositata una querela da alcune associazioni rom - tra cui La Voix des Roms che ha dedicato un sito a questa vicenda - la LICRA, la LDH e il MRAP.

I querelanti accusano una "confusione costante" tra rom, Rumeni, zigani e gens du voyage durante la trasmissione. I "ladri di polli" come lo riassume Yves Calvi. Ma anche un "amalgama" tra i Rom e gli atti di delinquenza: furto, mendicità, prossenitismo e prostituzione. Sollevano anche la mancanza di un contraddittorio: in studio non era presente nessun rappresentante dei rom. Fatto ugualmente denunciato da CSA e dal Consiglio d'Europa.

E' soprattutto il titolo della trasmissione che sarà discusso a lungo in Tribunale: "Delinquenza: la via dei Rom". Questo titolo, esposto durante tutta la trasmissione, era un gioco di parole, s'è difeso Calvi: "Non un solo istante si è voluto fare allusione a niente". Se la parola "Rom" appariva nel titolo è "perché due terzi della trasmissione sono stati consacrati ai rom", spiega "non si voleva fare sembrare questo come una componente della trasmissione". Avrebbero anche potuto titolare: "Delinquenza: tutte le piste portano ai Rom"...

Tra razzismo ordinario e incompetenza

Il tribunale è in presenza di propositi xenofobi? Numerosi passaggi della trasmissione sono incriminati, come anche il tono con cui sono stati proferiti. Yves-Marie Laulan, assente all'udienza, è accusato di essere quello che si è spinto più oltre: "Non li si può integrare in una società come la nostra, si possono integrare i bambini [...] nel lungo termine, a condizione di donare loro un'istruzione corretta e di portarli fuori dall'ambiente familiare", aveva detto. Portare via i bambini ai loro genitori, questo vi ricorda niente?

Quando Xavier Raufer, "criminologo", già membro di movimenti di estrema destra, prende la parola a sua volta, è per denunciare il "massacro" delle sue parole nella trasmissione ed una "denigrazione", "al limite del tentativo d'intimidazione". Fa ugualmente allusione alle tecniche utilizzate da alcune reti mafiose per attaccare legalmente quanti li combattono sotto la copertura di una associazione. Un'insinuazione che ha provocato l'indignazione delle parti civili.

Rom e mezzi d'informazione

L'avvocato Braun, per le associazioni, fustiga da parte sua presentazioni dei Rom fatte nei media: "smettetela, smettetela di stigmatizzare!" grida in destinazione del banco - quasi vuoto - dei giornalisti. Denuncia ugualmente il cameratismo che ha avuto luogo in "C dans l'air" ed aggiunge in direzione degli accusati: "sono nulli ed incompetenti, è incontestabile!" Questo provocherà i fulmini dell'avvocato del criminologo, che fa il gesto di alzarsi e di uscire dalla sala dell'udienza urlando: "è insopportabile!". Al limite del ridicolo.

Viene di seguito il turno dei querelanti, e qui, il dibattito si allarga: "quello che domandiamo è il rispetto". I rom sono "sistematicamente ignorati in maniera costante e voluta dai media e dagli osservatori", "si è già sottolineato abbastanza come abbiano una cattiva immagine!", "perché non fare una trasmissione sui loro aspetti migliori?", stimano gli uni e gli altri.

Per l'avvocato della Lega dei Diritti dell'Uomo, se c'è stato uno scivolamento da una "trasmissione di carattere pedagogico verso un'ora di pregiudizi razzisti", è perché "il titolo è diventato il soggetto"."Voi siete un eccellente giornalista, signor Calvi, ma questa volta avete sbandato" aggiungerà l'avvocato della Lega Internazionale Contro il Razzismo e l'Antisemitismo. Il magistrato ha richiesto la condanna dell'animatore e dei due invitati, come quella di Marc Tessier, direttore all'epoca di France Télévisions, e di Laurent Souloumiac, responsabile del sito internet di France 5. Tuttavia non è stata specificata alcuna pena precisa.

"L'onore" di Yves Calvi

Calvi, alla barra come nel suo studio, tenta di condurre il dibattimento, con un filo di nervosismo. Giustifica le opinioni presentando il principio stesso di "C dans l'air": "noi trattiamo dei soggetti d'attualità". Il tema era: "la delinquenza è legata alle settori rumeni", un soggetto "mediatico" all'epoca. Di seguito precisa la "scelta irreprensibile" degli intervenuti e spiega che "è la questione delle vittime che è al cuore della nostra trasmissione". Il suo "onore di giornalista" sarebbe in gioco, inoltre, questo non è niente! Per tutta la durata del processo, con una grande attenzione ha in ogni caso ascoltato gli argomenti degli uni e degli altri. "Non comprendo bene cosa mi è successo" ammette, "accetto le osservazioni ma non di essere complice d'incitamento all'odio razziale".

Questa udienza è stata anche una maniera di mobilitare l'opinione pubblica sulla discriminazione subita dai rom e dalle associazioni. Bakchich è l'unico media ad aver assistito all'intero processo, quando sono stati per questo inviati 800 comunicati stampa.

Il Tribunale rimetterà il suo giudizio il prossimo 7 maggio.


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