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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 10/03/2009 @ 18:48:53, in Regole, visitato 1886 volte)

Riporta la cooperativa sociale Pralipe di Pescara

Care/i,
il ddl sicurezza prevede una norma, passata quasi inosservata, che impedisce la registrazione alla nascita dei figli di cittadini stranieri irregolari, in palese violazione della Costituzione e della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.

Le conseguenze di tale modifica normativa sarebbero gravissime: i bambini non registrati alla nascita resterebbero senza identità, completamente invisibili; vi è inoltre il forte rischio che i bambini nati in ospedale non vengano consegnati ai genitori privi di permesso di soggiorno e siano dichiarati in stato d'abbandono; per evitare questo, è probabile che molte donne in condizione irregolare decidano di non partorire in ospedale, con serissimi rischi per la salute della madre e del bambino.

Vi inviamo in allegato una lettera che intendiamo inviare (a firma di ASGI e di tutte le altre organizzazioni che vorranno aderire) alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera, alla Commissione Infanzia e ai capigruppo.

Preghiamo tutte le organizzazioni che volessero aderire, di inviare l'adesione all'indirizzo info@asgi.it entro martedì sera 10 marzo.
Ci scusiamo con il brevissimo tempo a disposizione, ma l'esame del ddl inizia martedì e dunque i tempi sono strettissimi.

Grazie e a presto,
Elena Rozzi


Alla cortese attenzione
dei membri della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati
Dei membri della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati
Dei membri della Commissione parlamentare per l’Infanzia
Dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati

9 marzo 2009

Oggetto: Conseguenze dell’art. 45, comma 1, lett. f) del ddl C. 2180 sul diritto del minore a essere registrato alla nascita

L’art. 45, comma 1, lett. f) del disegno di legge “Disposizioni in materia di sicurezza”, approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera (C. 2180), introduce l’obbligo per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno in sede di richiesta di provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile, tra i quali sono inclusi anche gli atti di nascita1.

L’ufficiale dello stato civile non potrà dunque ricevere la dichiarazione di nascita né di riconoscimento del figlio naturale da parte di genitori stranieri privi di permesso di soggiorno.

La norma che impedisce la registrazione della nascita si configura come una misura che oggettivamente scoraggia una protezione del minore e della maternità. Una simile norma appare dunque incostituzionale sotto diversi profili. In primo luogo comporta una palese violazione del dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (art. 31, comma 2 Cost.) e sfavorisce il diritto-dovere costituzionale dei genitori di mantenere i figli (art. 30, comma 1 Cost.). In secondo luogo viola il divieto costituzionale di privare della capacità giuridica e del nome una persona per motivi politici (art. 22 Cost.) ed è noto che la dottrina si riferisce alle privazioni per qualsiasi motivo di interesse politico dello Stato.

La norma è altresì incostituzionale per violazione del limite previsto dall'art. 117, comma 1 Cost. che impone alla legge di rispettare gli obblighi internazionali. Essa si pone infatti in palese contrasto con la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176 che agli articoli 7 e 8 riconosce a ogni minore, senza alcuna discriminazione (dunque indipendentemente dalla nazionalità e dalla regolarità del soggiorno del genitore), il diritto di essere “registrato immediatamente al momento della sua nascita”, il diritto “ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi”, nonché il diritto “a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni famigliari”. La disposizione in oggetto violerebbe inoltre l'art. 24, comma 2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, firmato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, che espressamente prevede che ogni bambino deve essere registrato immediatamente dopo la nascita ed avere un nome.

Le conseguenze di tale modifica normativa sui bambini che nascono in Italia da genitori irregolari sarebbero gravissime.

I minori che non saranno registrati alla nascita, infatti, resteranno privi di qualsiasi documento e totalmente sconosciuti alle istituzioni: bambini invisibili, senza identità, e dunque esposti a ogni violazione di quei diritti fondamentali che ai sensi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza devono essere riconosciuti a ogni minore. Ad esempio, in mancanza di un documento da cui risulti il rapporto di filiazione, molti di questi bambini non potranno acquisire la cittadinanza dei genitori e diventeranno dunque apolidi di fatto. Per tutta la vita incontreranno ostacoli nel rapportarsi con qualsiasi istituzione, inclusa la scuola. Proprio a causa della loro invisibilità, saranno assai più facilmente vittime di abusi, di sfruttamento e della tratta di esseri umani.

In secondo luogo, vi è il forte rischio che i bambini nati in ospedale non vengano consegnati ai genitori privi di permesso di soggiorno, essendo a quest’ultimi impedito il riconoscimento del figlio, e che in tali casi venga aperto un procedimento per la dichiarazione dello stato d’abbandono. Questi bambini, dunque, potranno essere separati dai loro genitori, in violazione del diritto fondamentale di ogni minore a crescere nella propria famiglia (ad eccezione dei casi in cui ciò sia contrario all’interesse del minore), sancito dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e dalla legislazione italiana.

E’ probabile, infine, che molte donne prive di permesso di soggiorno, temendo che il figlio venga loro tolto, decidano di non partorire in ospedale. Anche in considerazione delle condizioni estremamente precarie in cui vivono molti immigrati irregolari, sono evidenti gli elevatissimi rischi che questo comporterebbe per la salute sia del bambino che della madre, con un conseguente aumento delle morti di parto e delle morti alla nascita.

Per evitare queste gravissime violazioni dei diritti dei minori (oltre che dei loro genitori), rivolgiamo un appello ai Parlamentari affinché respingano la disposizione di cui all’art. 45, comma 1, lett. f) del disegno di legge “Disposizioni in materia di sicurezza” (C. 2180).

A.S.G.I.

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Di Fabrizio (del 11/03/2009 @ 09:06:23, in conflitti, visitato 2122 volte)

Da Hungarian_Roma

Da Karin Bachmann, corrispondente di WZ - 06/03/09
Ungheria: squadre della morte contro i Rom?
La polizia cerca gli assalitori seriali

Budapest - Nel caso dei due Rom uccisi vicino a Budapest, cresce l'evidenza che sia stato un atto di assassini seriali. Questo è quanto ha detto giovedì davanti ai giornalisti Tibor Draskovics, Ministro della Giustizia. Nella notte del 23 febbraio, bombe molotov vennero lanciate contro la casa della famiglia Csorba. Mentre scappavano furono sparati dei colpi, e così morirono Robert Csorba, 27 anni e suo figlio di quattro anni e mezzo. L'assassinio ha causato orrore in tutta la nazione, e il funerale di martedì ha riunito molta gente e solidarietà. Vi ha preso parte anche il pubblicista András Biró, vincitore del Premio Nobel Alternativo.

Quel crimine è parte di una serie di seri atti criminosi di violenze contro i Rom. Secondo Draskovics, tutte queste azioni sono successe in maniera simile. I crimini che accaddero prima, successero ad una distanza di due o tre minuti dall'autostrada M3. L'autostrada era sorvegliata, ragione per cui probabilmente gli autori dell'assassinio fecero la "scelta pragmatica" di attaccare un villaggio accanto all'autostrada M5. Non necessariamente il crimine deve avere un retroterra di destra, perché, diversamente da Tatárszentgyörgy, la paramilitare Magyar Garda non marciò da quelle parti. I media ungheresi hanno speculato su "squadre della morte" indipendenti, senza nessun collegamento con la scena dell'estrema destra ed ha seguaci in 4 delle 19 contee ungheresi.

Nel contempo, la Magyar Garda ha annunciato uno spiegamento a Szikszó vicino alla città industriale di Miskolc per il 14 marzo. Gli esperti temono che possano esserci scontri con i Rom in occasione con l'anniversario della Rivoluzione Ungherese.

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Di Fabrizio (del 11/03/2009 @ 09:09:15, in Italia, visitato 1395 volte)

Da Avvisatore.it

Parla l'ex assessore alle Politiche sociali di Roma: 'Nel 2000 gli insediamenti abusivi erano passati da 51 a 16, avevamo realizzato 5 villaggi attrezzati e il Casilino 700 era completamente sgomberato' da Redattore Sociale

ROMA - Niente di nuovo sotto il sole. Il regolamento per la gestione dei campi rom della Capitale ricorda molto un'ordinanza emanata dall"allora sindaco Francesco Rutelli alla fine del 1996. Amedeo Piva, che in quel periodo era assessore comunale alle Politiche sociali, racconta le scelte di quella stagione politica e spiega cosa a suo parere andrebbe fatto per rendere le politiche sui rom realmente efficaci. Lo abbiamo intervistato.

Dottor Piva cosa accadeva ai tempi della prima giunta Rutelli?
A Roma, secondo un censimento molto capillare e puntuale fatto nel '95, c'erano 51 campi nomadi abusivi e 5.467 persone che vi vivevano dentro, più un altro migliaio tra rom e sinti fondamentalmente italiani che abitavano in appartamento. Su questa base il 26 gennaio 1996 è stata emanata un'ordinanza sindacale che dettava le regole per la permanenza dei rom nella città, censiva gli insediamenti esistenti e subordinava la permanenza nei campi a un permesso speciale che doveva essere assegnato dall'Ufficio immigrazione. Quindi il regolamento dei campi è una cosa già vista e già fatta.

Ha funzionato quel regolamento?
Alla fine del periodo in cui Rutelli è stato sindaco, quindi nel 2000, gli insediamenti abusivi erano passati da 51 a 16. Avevamo portato avanti una serie di interventi e avevamo realizzato 5 villaggi attrezzati con moduli abitativi, 3 campi attrezzati e 3 semi-attrezzati. Inoltre il Casilino 700 era stato completamente sgomberato e su quell'area era nato un parco. Quindi il percorso era già tutto tracciato e ben definito, e vedo che adesso le stesse regole vengono rilanciate dal prefetto per cercare di normalizzare queste presenze. Ciò non può che farmi piacere, ma non basta: i problemi dei rom sono i problemi degli italiani soltanto portati all'esasperazione.

Cosa fare allora?
L'intervento necessario è la scolarizzazione che però da sola non è sufficiente. Gli adolescenti che non trovano uno sbocco lavorativo corrono un rischio di devianza 100 volte superiore a quello dei giovani italiani. Quindi bisogna avere il coraggio di fare strategie a lungo termine. Occorre, infatti, un controllo sul territorio per far sì che i rom non aumentino a dismisura, ma se coloro che vogliono uscire dalle dipendenze causate dall'ambiente non hanno alcuna possibilità di successo alla fine perdono il coraggio di farlo. Voglio dire che se un giovane non vede che qualcuno più grande di lui è riuscito a inserirsi con soddisfazione nel mondo del lavoro fallisce tutto il processo di scolarizzazione, perché alla fine si chiederà: "ma a cosa serve tutto questo?".

Una scommessa ambiziosa.
Certo, non è che si risolva tutto dall'oggi al domani: c'è bisogno di un percorso chiaro e puntuale con dei seri investimenti che non devono limitarsi però alle sole attività di controllo, ma devono guardare anche all'integrazione dei giovani. Mi riferisco fondamentalmente al fatto di fare sempre politiche pensate sul breve termine e non sul lungo termine. Perché le politiche di inserimento devono puntare sulle nuove generazioni, e non su un processo dall'oggi al domani. Insomma, io vedo che si sta ricominciando da capo, e vorrei dire al sindaco che è bene che ci sia il regolamento, ma il vero investimento è sul medio-lungo periodo. (ap)

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Di Fabrizio (del 11/03/2009 @ 09:18:42, in Italia, visitato 1533 volte)

Ricevo da Maria Cristina Di Canio

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Di Fabrizio (del 11/03/2009 @ 12:54:39, in Italia, visitato 1468 volte)

Da Peacelink

10 marzo 2009 - Sergio Paronetto

Molti non lo sanno. Chi le pronuncia forse non lo sa ma è bene rendersene conto. Tante frasi dure e aggressive ripetute a sostegno di ordinanze, di provvedimenti o di proposte legislative a favore dei padani doc, assomigliano a quelle che hanno preparato il clima politico e culturale delle leggi razziali in Germania (1935) e in Italia (1938). Senza abbondare in citazioni (la bibliografia al riguardo è immensa), mi limito a ricordare il programma del Partito nazionalsocialista, redatto da Hitler nel 1920, dove si afferma (dal n. 4 al n. 8) la famigerata teoria della “comunità di popolo” basata su concetto di Volksgenosse che significa “membro della comunità popolare”, di “razza tedesca”, l’unico a godere dei diritti di cittadinanza. Tutti gli altri sono “ospiti” sottomessi a una “legislazione per stranieri”. È questo che si vuole?

Chi ritiene esagerato il giudizio di imminente o diluito nazifascismo può almeno riflettere sulla logica tribale in cui stiamo cadendo. Vari esponenti politici di governo (nazionale e locale) sembrano pensare solo all’ indiano padano perennemente assediato o minacciato. Vogliamo vivere come tribù separate o parallele? Tribù significa sia gruppo etnico che organismo sociale determinato e omogeneo che occupa una regione sulla quale afferma diritti tradizionali.
Moltissimi rom, sinti o islamici sono italiani-padani da anni, eppure si cercano impronte e foto, si invoca la difesa della “comunità di popolo”, si moltiplicano controlli esasperati del tutto controproducenti, mai pensati, ad esempio, per i sospettati di criminalità mafiosa o di finanza nera (analizzata dal Financial Crimes Enforcement Network), per gli autori (in gran parte familiari o conoscenti) di violenza contro donne, bambini e bambine o per i responsabili di grandi evasioni fiscali o di vittime del lavoro.

Giorni fa, un gruppo di antropologi ha diffuso un appello dal titolo “La civiltà violata. Contro il ripiegamento autoritario e razzista che mina le basi della coesistenza”. Le loro argomentazioni assomigliano a quelle di molte organizzazioni sostenitrici della campagna “siamo medici non spie” o ai firmatari della recente lettera aperta riguardante l’inutile odiosa schedatura di persone (italiane e veronesi), avvenuta il 5 marzo scorso presso le piazzole di sosta di strada La Rizza, presso Verona.

Gli imprenditori delle paure aprono ferite e alimentano divisioni. La cultura del nemico ci rende tutti più infelici e insicuri. Il linguaggio volgare e violento che spesso ci avvolge tende a produrre inevitabilmente azioni volgari e violente. La vera sicurezza può essere solo costruita assieme come un bene comune.

Ultima osservazione. I sostenitori del binomio “sangue-suolo” sono pronti a brandire la croce come simbolo di un “cristianesimo senza Cristo” che mi sembra simile a quello propugnato dall’“Action francaise”, il movimento di Charles Maurras sostenitore di un “cattolicesimo anticristiano”, condannato da Pio X (1914) e da Pio XI (1926). Ogni progetto autoritario o totalitario ha bisogno di una religione civile settaria o guerriera.

Non è questa la cultura veronese in cui sono cresciuto.

Non è questa la fede cristiana espressa dal recente Sinodo diocesano.

Esiste una Verona ricca di risorse democratiche e di esperienze libere e solidali che forse si è assopita ma può risvegliare la sua identità relazionale e cosmopolita.

Qualcosa si muove. Per qualche mese alcuni autobus porteranno per Verona la scritta “Nella mia città nessuno è straniero”.

Verona 10.03.09

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Di Fabrizio (del 12/03/2009 @ 09:02:33, in Italia, visitato 1433 volte)

Oggi l'avvocatessa Federica Panizzo ha depositato presso la Procura della Repubblica l'esposto-denuncia, relativo al brutale blit della polizia del 5 marzo, quando in diverse città del Veneto sono stati schedati centinaia di rom e sinti. Con quella denuncia don Francesco Cipriani [anche lui tra gli «schedati»] e altri cittadini residenti in Strada La Rizza chiedono alla magistratura «di valutare se l'intera operazione si connoti, per le modalità con le quali è stata condotta e per aver coinvolto una intera categoria di persone, anche minori di età, cittadine e cittadini italiani individuate esclusivamente in base all'appartenenza a una minoranza etnica, per essere discriminatoria per motivi di appartenenza etnica, razziale, religiosa e lesiva, quindi, del principio della pari dignità sociale».
Pubblichiamo di seguito una lettera aperta alle autorità civili e religiose veronesi e alla stampa locale firmata da centinaia di persone [tra i primi firmatari Mao Valpiana, direttore di Azione nonviolenta; per informazioni e adesioni tel. 348 2863190, www.nonviolenti.org].

«Lettera aperta alle autorità civili e religiose veronesi e alla stampa locale»
Cosa accadrebbe se domani in un qualsiasi condominio di Borgo Roma, Borgo Trento o Borgo Venezia arrivassero funzionari di Polizia in divisa, svegliando all'alba tutti i membri delle nostre famiglie, per fotografarci di fronte e di profilo, con un cartello identificativo in mano, dicendoci che si tratta di un'operazione di controllo? come reagiremmo? Certamente lo riterremmo intollerabile e gravemente lesivo della nostra dignita'.

Noi sottoscritti, cittadine e cittadini veronesi, abbiamo saputo che, all'alba del 5 marzo 2009, agenti di Polizia della Questura di Verona hanno videofilmato e fotografato, di fronte e di profilo, le persone residenti o domiciliate presso le piazzole di sosta di Strada La Rizza, Forte Azzano, famiglie residenti in Verona da decenni; si tratta di nostri concittadini italiani che si riconoscono come appartenenti alla minoranza etnico-linguistica Rom.

Apprendiamo da un quotidiano locale che questi concittadini sarebbero stati fotografati da personale di Polizia con un cartello in mano indicante cognome, nome e data di nascita e numero progressivo, nonostante il possesso da parte loro delle carte di identita' e la loro regolare iscrizione ai registri anagrafici; sarebbero stati sottoposti a tale procedura anche alcuni minorenni.

In qualita' di semplici cittadini e cittadine, riteniamo che il possesso di carta di identita' e la regolare iscrizione nei registri anagrafici locali, dovrebbero preservarci, a prescindere dalla nostra appartenenza linguistica, religiosa, etnica o dalle provenienze culturali o geografiche di ciascuno di noi, dal subire metodi di identificazione che, al di fuori dei casi tassativamente previsti dal nostro ordinamento, riteniamo lesivi della dignita' personale.

Se, poi, come risulta da talune agenzie Ansa, tale procedura fosse stata effettivamente programmata unicamente con riferimento a persone residenti nei “campi nomadi” veneti, la nostra preoccupazione non potrebbe che aumentare: riservare un trattamento deteriore ad un'intera categoria di persone a causa della loro appartenenza ad una minoranza etnica, costituisce certamente offesa intollerabile ai piu' basilari principi giuridici su cui si fonda la nostra comunita'.

Dove non c'e' democrazia e dove non c'e' pace per i Sinti, i Rom, gli “zingari”, non ci sara' pace e democrazia neppure per tutti gli altri, perche' tutti siamo parte di questa citta': ci attiviamo dunque per noi stessi, per la nostra comunita' civile, per i nostri figli, perche' la citta' e la societa' in cui con responsabilita' ed onesta consapevolezza vogliamo vivere nasca dal rispetto del diritto e della vita di ognuno.

Non vogliamo limitarci ad una mera testimonianza di solidarieta', ma anche attivarci perche' tutti, ma proprio tutti, possano da una parte diventare titolari di diritti civili, economici, sociali, politici e culturali, e dall'altra assumersi la responsabilita' di doveri per una inclusione sociale che non comporti annullamento della propria specificita' e non generi e alimenti conflittualità».

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Di Fabrizio (del 12/03/2009 @ 09:36:44, in media, visitato 2375 volte)

Da Roma_Daily_News

Romedia Foundation, un'organizzazione civile di Budapest (www.mundiromani.com), e Amnesty International (www.amnesty.hu) hanno promosso una campagna video sulle donne rom col supporto di Duna Television (www.dunatv.hu) e del Decennio dell'Inclusione Rom (www.romadecade.org).

 (in ungherese ed inglese)

Lo spot di 4', prodotto per il Giorno Internazionale della Donna 2009, presenta flash della storia personale di cinque attiviste rom per i diritti umani di tutta Europa, assieme a filmati degli insediamenti rom nel continente. In questi periodi di crisi, dove la coesione sociale è gravemente messa in pericolo dalla moltiplicazione di atti di estrema violenza contro i Rom in Ungheria e altrove, la campagna esorta il pubblico a rispettare i Rom in tutta la loro complessità.

Una versione ungherese di 30" dello spot [è stata] trasmessa dal 6 all'11 marzo 2009 su centinaia di schermi pubblici in Ungheria.

Directed by Csaba Farkas and Katalin Bársony
Music by Babos Project Romani
Lyrics by Ágnes Daróczi

Contact:
Katalin Bársony – Romedia Foundation
+36 30 532 84 21
katalin.barsony@mundiromani.com

Marion Kurucz – Romedia Foundation
+36 30 906 68 67
marion.kurucz@mundiromani.com

www.mundiromani.com

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Di Fabrizio (del 12/03/2009 @ 09:39:11, in Europa, visitato 1564 volte)

Da Bulgarian_Roma

05.03.2009 - Olga Yoncheva

La municipalità di Lom è stata premiata col 3° premio della campagna DOSTA del Congresso delle autorità locali e regionali del Consiglio d'Europa. Citata da BNR, l'ha annunciato l'amministrazione municipale di Lom.

Il premio è elargito per gli sforzi della municipalità per integrare il popolo rom e per la tolleranza etnica. Il premio è stato consegnato a Penka Penkova, sindaco di Lom, in una cerimonia al Congresso per le autorità regionali a Strasburgo.

Il premio DOSTA (che significa "basta" in romanes) è stato stabilito nel 2007. Viene passato ai comuni europei che conducono politiche di successo nell'integrazione del popolo rom.

Il primo premio della campagna ha premiato le municipalità di Mostar e Pridjedor in Bosnia Erzegovina, il secondo - il comune greco di Valos, ed il terzo al comune di Lom.

Il comitato, presieduto da Yavuz Mildon, presidente del Congresso per le autorità regionali, ha esaminato 26 nomination di comuni dell'Europa centrale ed orientale.

In una dichiarazione ai media, il sindaco Penka Penkova ha sostenuto che accetta il premio come riconoscimento per gli sforzi del governo locale e delle OnG a Lom per migliorare la vita dei Rom nella più povera regione della UE.

Nel comune di Lom, Bulgari e Rom, abbiamo capito che su questa terra c'è pane per tutti, e non abbiamo qualcosa che ci divide, ha detto Penka Penkova dopo aver ricevuto il premio. Da anni viviamo in pace e armonia, ci rispettiamo e abbiamo fiducia l'un l'altro, ha anche sostenuto il sindaco di Lom.

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Di Sucar Drom (del 12/03/2009 @ 11:14:37, in blog, visitato 1505 volte)

Roma, un gran pasticcio le indagini sullo stupro della Caffarella
Ci sono gli identikit tracciati dagli uomini della Mobile su indicazione dei fidanzatini aggrediti alla Caffarella, che non corrispondono per nulla ai volti di Karol Racz e Alexandru Loyos Isztoika. Il ve...

Vicenza, blitz nei campi sinti, no alle leggi razziali
Ieri 05 marzo 2009, le forze dell’ordine hanno eseguito un blitz anche nei campi sinti di Vicenza e Costabissara, hanno tentato, senza mandato, di entrare anche nel villaggio privato di Montecchio Maggiore...

Veneto, ieri è scattata la schedatura
Nella giornata di ieri è scattata in tutta la Regione Veneto la schedatura dei Sinti e dei Rom che vivono nei “campi nomadi” comunali e nelle proprietà private (terreni privati). Le modalità di schedatura sono state diverse...

Rom e Sinti nella letteratura/3 - IL LIBRO DEI VAGABONDI
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La "caduta" di Fini su media e violenze sulle donne
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Ddl sicurezza, appello alle istituzioni molisane
In qualità di ex-dirigente dell’Ufficio Anagrafe di un Comune capoluogo, mi rivolgo alla S.V. per segnalare lo spaventoso rischio che sia approvata una norma del “pacchetto sicurezza” che ...

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Il vice presidente del Senato, Vannino Chiti ha ricevuto ieri mattina il Pastore della Missione Evangelica Zigana e presidente dell'Associazione nazionale dei Sinti italiani, Davide Casadio...

Verona, firma anche la lettera contro la schedatura
A Verona oltre duecento cittadini e cittadine veronesi (e molto altri se ne stanno aggiungendo) hanno firmato una lettera aperta, rivolta alle autorità civili e religiose...

Ue, approvata risoluzione
Il Parlamento europeo ha lanciato un forte appello agli Stati membri dell'Ue affinché si astengano dall'adottare "misure eccessive" nei confronti dei rom, che finirebbero per "peggiorare", anziché migliorare...

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Di Fabrizio (del 13/03/2009 @ 08:51:24, in Europa, visitato 1819 volte)

Da Roma_Francais

FEDELE MENDICINO 05.03.2009 - L’associazione Mesemrom chiede conto alla polizia ginevrina. Secondo Dina Bazarbachi, presidente del movimento d'appoggio ai mendicanti rumeni di Ginevra, le forze dell'ordine hanno esagerato la notte tra il 17 e il 18 febbraio scorso nel corso di un intervento a Vernier. "Due poliziotti hanno lanciato due lacrimogeni in un edificio abbandonato verso Renfile, per sloggiare dei Rom che lì dormivano. Tra loro, due ragazzi di 11 e 12 anni". Interpellata dall'avvocato di Mesemrom, il capo della polizia, Monica Bonfanti, ha fin d'ora affidato un'indagine all'Ispettorato Generale dei Servizi (IGS) al fine di fare luce su questo caso.

"Queste accuse non stanno in piedi"

L'accusa indirizzata alla polizia è particolarmente precisa. Luogo, ora, nome dei poliziotti, numero di targa dei veicoli intervenuti.

Secondo Bazarbachi, "Due persone spaventate sono saltate fuori dall'edificio dal primo piano e si sono ferite. Questi fatti si sono svolti sotto lo sguardo divertito dei due poliziotti."

Contattato ieri, Jean-Philippe Brandt, portavoce della polizia, stima che "Se è vero, è molto grave, se è falso pure..." Fatto curioso [...] non si ritrova traccia dell'intervento in quel giorno. Si trattava d'una operazione della polizia giudiziaria? Di falsi poliziotti? Un'invenzione dei Rom, che si sentono perseguitati dalle forze dell'ordine? Sia quel che sia, l'IGS mette le mani nel piatto: "Queste accuse non stanno in piedi," ritiene un poliziotto coperto dall'anonimato. "Non si lanciano mai dei lacrimogeni in un edificio chiuso. All'interno, se è il caso, si utilizza uno spray al pepe."

Unica certezza, gi interventi dei poliziotti si moltiplicano nei luoghi abbandonati occupati dai Rom o dai sans-papiers.

"Prima, i mendicanti dormivano sotto i ponti," prosegue Jean-Philippe Brandt. "Gli agenti della sicurezza municipale ce li segnalano ed i Rom si sono allontanati in questi luoghi. Risultato: cercano rifugio in siti come quello di Vernier, dove si trovano depositi vuoti destinati a scomparire. E' lì che l'Ikea conta d'installarsi nel cantone."

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