Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 13/09/2008 @ 09:01:06, in casa, visitato 1415 volte)
Da
Mundo_Gitano
EL PAIS
In piazza Numancia a Santander c'è un cartello molto curioso che annuncia la
vendita di un appartamento. Sin qui, tutto normale. La curiosità arriva quando
si comprova che l'immobile non è in vendita ai "payos",
come i gitani denominano le persone che non sono della loro etnia. L'annuncio è
posto da abbastanza tempo ed è molto commentato tra i vicini. Così, se sei "payo",
vai a comprare da un'altra parte.
Di Fabrizio (del 13/09/2008 @ 09:12:10, in blog, visitato 2107 volte)
Da
Steatrando
11 settembre 2008 -
Trovato uno scritto inedito di Lucio Mastronardi. Lo scrittore, in base a
ricerche storiche, ha scoperto che la famiglia di Eleonora Duse era di origini
gitane. Si propone la cancellazione o la rimozione di tutte le lapidi che
rievocano la ex-divina.
Lucio Mastronardi, il famoso "maestro di Vigevano", aveva iniziato la sua
carriera di scrittore inviando brevi racconti e articoli a un settimanale della
sua città. Tutti pubblicati, tranne uno. Il motivo è presto detto. Lo scrittore,
anticipando la vena sarcastica che poi rivelerà nei suoi romanzi, portava a
conoscenza dei suoi concittadini una verità che essi non volevano certo sentire,
cancellava senza alcun rispetto una delle glorie civiche. Riportiamo per intero
il breve articolo, nel quale la critica letteraria non mancherà di trovare in nuce alcuni tratti salienti del Mastronardi maggiore: lo spirito iconoclastico,
la satira pungente dei vezzi del provincialismo, la messa in ridicolo degli
eruditi di storia locale.
"Ogni borgo custodisce gelosamente il proprio ‘albo d’oro’: personaggi illustri
che hanno voluto scegliere quel determinato luogo per fissarvi i propri natali,
o anche solo per transitarvi durante il loro glorioso peregrinare sulla terra.
Vigevano si può vantare di aver ospitato due di questi personaggi superiori
della storia: il Leo e la Nora!
Tutti i miei concittadini avranno già capito a chi mi riferisco: al genio
Leonardo da Vinci e alla divina Eleonora Duse. Sul Leo tanto sappiamo sulla sua
permanenza in città. Secondo il Colombo è sua la regolazione delle acque alla
tenuta Sforzesca, come si evince, senza dubbio alcuno, dai disegni del ‘Codex
Pacificum’; e, secondo il Barni, suoi sono i dipinti in piazza ducale, i
medaglioni sopra le colonne, i motti, le allegorie. I due professori concordano
basandosi su fatti, date, circostanze storiche, anche in assenza di documenti
probanti. Ma tant’è. Il sole illumina ogni luogo.
Ben più preoccupante la vicenda della Duse. Com’è noto ella nacque a Vigevano,
al seguito della compagnia teatrale familiare. La madre partorì qui tra uno
spettacolo e l’altro. Non è per la casualità della nascita, senza mai più una
visita in città, che noi condanniamo la dedica di piazze, vie, scuole e della
famosa lapide affissa davanti all’edificio dell’ex-albergo del "Cannon d’Oro",
sede dell’augusto parto. Sono le origini della ex-divina, ormai dobbiamo
chiamarla così, che ci spingono, pur a malincuore a chiedere alle autorità la
cancellazione di ogni riferimento alla Nora nella nostra città.
Come alcuni sapranno la compagnia teatrale Duse era itinerante; peregrinava di
città in città, di teatro in teatro, per rappresentare i propri spettacoli.
Girovaghi, come sono stati e sono ancora oggi tutti gli attori, diranno i miei
cinque lettori. Sì ma debbono essi sapere che questo vagabondare non era dovuto
alle sole necessità professionali ed economiche, ma a un germe interiore che non
lasciava sostare i Duse in nessun luogo. Il nonno paterno della Nora, per primo
in famiglia, si era fermato in quel di Padova, dove aveva aperto un piccolo
teatro e fondato una compagnia stabile, ma già il figlio non aveva saputo
resistere al richiamo del mondo e aveva intrapreso quel giro di borghi e città
che avevano già percorso suoi avi, non tornando alla natia Padova neppure con la
moglie in avanzato stato di gravidanza.
Spirito irrequieto, animato dal fuoco sacro del teatro, magari in conflitto col
padre o di lui emulo geloso, diranno i miei, ormai quattro, lettori; ma forse
ben altro e più profondo, interiore, immutabile come una macchia indelebile,
come una tara ereditaria nel sangue.
Una mia recente visita nella città del Santo Antonio, mi ha permesso di
consultare vecchi documenti custoditi nell’Archivio Storico cittadino. Lo scopo
della mia ricerca, in verità, era scoprire il passaggio, anche nella città
patavina, del Leo, in modo da poter tracciare la mappa dei luoghi da lui toccati
(o meglio escludere i pochi da lui non percorsi). Ed ecco che un giorno mentre
mi cimentavo nella difficile impresa di trovare negli inventari qualsiasi carta
riguardasse il Vinci mi imbatto in un curioso documento che riporterò per
intero:
"Anno del Signore milleottocentesimo trentesimoterso, addì primo de martio,
città di Padova verso il mastro girovago Aloisio de’ Dusini, detto Duse della
Ruota. Visti i meriti et le allegrezze che detto saltimbanco et teatrante à
accumulato negli anni passati verso i patavini si concede a lui et alla sua
familia di prendere casa stabile nella città, alla condizione che et fino al
giorno che la sua condotta sarà quella di un bono et onesto christiano e abbia a
dismettere le carovane e il girovagare delli antenati suoi".
I miei tre lettori diranno, il nonno della Nora, da grande ed apprezzato artista
aveva avuto un riconoscimento dei suoi meriti dalla città di Padova, che gli
concedeva di prendere dimora fissa. Sì, ma perché un normale attore dovrebbe
ottenere il permesso per stabilirsi in qualunque luogo? La vecchia carta ci dice
molto di più. La famiglia dei Dusini o Duse non era solo girovaga per motivi di
lavoro, ma per etnia e condanna divina, era, ed è rimasta, se ha ancora
rappresentanti, zingara!
Lo rivelano senza possibilità di equivoco il riferimento alla ruota nel
soprannome, simbolo universalmente noto degli zingari ed emblema del loro
perpetuo viaggiare e anche il cognome: infatti ‘drusina’ è la parola gergale che
indica tra di loro la famiglia. Quindi i Duse, se pur stanziali per una
generazione, furono sempre vagabondi per scelta e nomadi per istinto.
Ai miei due lettori rimasti l’ardua sentenza: può una città menar vanto di aver
dato i natali a una zingara, seppur poi osannata e riverita in tutto il mondo? E
se mi è rimasto almeno un lettore gli chiederei di condurre con me la civica
battaglia perché tale infamia, seppur un tempo ritenuta gloria, sia cancellata
dagli onori di una sì grande città, sede vescovile e, ancor prima, della corte
degli Sforza. Può il Leo nella sua immortale fama essere accomunato con una
siffatta plebea, infima tra gli umili, e probabile fonte di contagio del colera
che in quel fatale anno imperversò nella innocente e fino ad allora
incontaminata Vigevano?
Può una miserabile ‘senza patria’ avere gli onori di una patria?"
Il Lucio, come al solito, in grande anticipo sui tempi si vide cestinare questa
vibrante denuncia, frutto di spirito civico e amor di patria. Ma ora che le
autorità comunali, provinciali, regionali e nazionali hanno ben altra coscienza
e maturità di quelle dei suoi tempi, si può chiedere una sana e doverosa
damnatio memoriae?
(Per firmare l’appello presentarsi con un documento d’identità presso tutte le
sedi locali di partito dell’attuale governo).
Da
Czech_Roma
Rokycany, Boemia Occidentale, 8 settembre (CTK) - Il Municipio di Rokycany
intende installare delle telecamere nei posti più problematici, come reazione
alle tensioni in città tra i Rom e gli estremisti di destra, lo ha detto lunedì
a CTK il sindaco Jan Baloun dopo un incontro con la polizia ed i rappresentanti
Romanì.
Il Comune ha anche chiesto ai Rom di frequentare le riunioni della
commissione per la prevenzione del crimine, che sono tenute dalla polizia una
volta al mese.
I Rom locali si sono lamentati di essere esposti a minacce ed attacchi da
lungo tempo a Rokycany.
La città in precedenza aveva deciso di rinforzare le pattuglie di polizia
statale e municipale nelle strade.
Il Municipio ha organizzato incontri con i Rom e la polizia, in reazione alla
situazione in città, che era peggiorata due settimane fa quando un gruppo di
assaltatori aveva devastato un bar, frequentato da Rom, attaccando i camerieri e
diversi clienti.
La polizia, tuttavia, lunedì aveva annunciato che le donne Rom che
denunciavano di essere state ferite nell'incidente, avevano fabbricato la
storia.
Ha detto Josef Svoboda, capo della polizia locale, che non c'erano prove che
l'attacco avesse una motivazione razziale.
I Rom avevano reagito all'incidente nel bar con una dimostrazione che non era
stata annunciata ufficialmente con anticipo.
Sabato scorso alcuni skinhead avevano tentato di fare una
contro-manifestazione, ma la polizia l'aveva impedito.
Baloun ha anche detto che in città non ci sono problemi con i Rom locale,
eccettuato alcune famiglie.
D'altra parte, ha aggiunto, ci sono gli stranieri, che costituiscono il 10%
degli abitanti - circa 1.700, che hanno iniziato a creare problemi.
This story is from the Czech News Agency (CTK).
Di Fabrizio (del 14/09/2008 @ 09:08:57, in media, visitato 1686 volte)
Da
Romano_Liloro (il fatto a cui si riferisce è
questo)
Cari amici,
Settimana scorsa, il 31 agosto 2008, mentre filmavamo il nostro documentario
sulla situazione dei Rom in Italia, siamo stati fermati dalla polizia
italiana mentre stavamo lasciando il campo di Casilino 900 a Roma. La
pattuglia di polizia in servizio ci ha chiesto con aggressività i nostri
documenti identificativi e ha confiscato tutto il nostro materiale: due
telecamere ed il materiale sonoro, che comprendeva le testimonianze audiovisuali
sulla situazione a Casilino 900. La questione era, ed è tuttora,
sospesa in aria: se questo è il modo in cui la polizia tratta una troupe
televisiva, come tratteranno i Rom quando organizzano le loro regolari razzie
notturne nei campi? A cosa possono assomigliare questi controlli di identità?
Durante le nostre riprese in Italia, abbiamo trovato una grande quantità di
prove sulle violazioni dei diritti fondamentali dei Rom che lì vivono. Abbiamo
realizzato un cortometraggio di 8' sulle comunità Rom che abbiamo incontrato in
Italia e sulla situazione estremamente preoccupante dei diritti umani in questo
paese. Il film è disponibile sul nostro sito:
www.mundiromani.com
Da voi cerco suggerimenti su come:
- usare il nostro cortometraggio nel nostro lavoro di avvocatura e
sostegno legale?
- ricorrere contro l'approvazione della Commissione Europea sulle impronte
digitali in Italia?
- modellare con successo la nostra dichiarazione comune ai mezzi per
quanto riguarda questa materia?
Ho collegamenti con Radio Télévision Francophone Belge (RTBF – TV
pubblica belga), VBS IPTV LLC (TV commerciale tedesca) e direttamente con Duna
Television ungherese. [...]
Aspetto le vostre idee su come procedere.
Devlesa,
Katalin Bársony
Mundi Romani
00-36-30-532-84-21
Editor in chief, director
Duna TV
Romedia Foundation
E-mail: katalin.barsony@mundiromani.com
Di Fabrizio (del 14/09/2008 @ 09:34:55, in sport, visitato 6114 volte)
Rom Sinti @ Politica riprende un'intervista di Ricardo Quaresma alla
Gazzetta dello Sport (autore Andrea Elefante). Ne parla anche
Sucar Drom
[...]
Dove e quando nasce il Quaresma calciatore?
A 7 anni, giocavo con gli amici in giardino, per strada, dovunque. Quartiere
Casal Ventoso, poco raccomandabile: droga, delinquenza, violenza. Mi vede un
osservatore di un piccolo e povero club di Lisbona. Gioco lì meno di un anno,
poi lo Sporting Lisbona e il resto si conosce.
Non si sa bene quando e come nasce la trivela.
Subito. A 7-8 anni avevo i piedi storti verso l’interno, molto più di
adesso, e mi veniva da toccare il pallone sempre con l’esterno, destro, perché
per me il sinistro può pure restare a casa. L’allenatore non ne poteva più e un
giorno mi fa: "Se calci ancora così ti mando fuori". L’azione dopo ero nello
spogliatoio, tristissimo. Poi si è rassegnato, è un colpo naturale. Teoricamente
è più difficile, a me viene più facile fare tutto così.
Ispirato a qualcuno?
No, anche se ricordo lo facesse lo slavo del Porto, Drulovic. C’è un solo
giocatore che ho cercato di copiare: Luis Figo. Lo trovavo impressionante,
volevo diventare come lui e ora ci gioco insieme.
Magari il modo di giocare è simile, però c’è una differenza fondamentale: lui è
un fenomeno, io no. Lui gioca un calcio sereno, frutto di una esperienza
straordinaria, mentre io giocherei sempre uno contro uno per 90 minuti: il mio è
il calcio di un ragazzo che ha bisogno di dimostrare tante cose e vuole
migliorare ogni giorno.
L’Inter è la squadra migliore per diventare un fenomeno?
L’Inter è piena di buoni giocatori e può vincere campionato e Champions. Mi
viene da pensare a dove può arrivare l’Inter e non Quaresma.
In cosa pensa di dover migliorare?
Difficile dirne una soltanto. Tatticamente di sicuro e devo segnare di più:
posso farlo, anche se per me un assist è come un gol, davvero.
Un po' discontinuo forse?
Ci sono giorni in cui non ti riesce nulla, ma sono testardo: non abbasso la
testa, non mi scoraggio.
Fuori da campo si trova difetti? Dicono abbia un caratterino…
Non parlo molto, sono riservato. Ho un carattere forte, difficile abbia
paura, e mi succede anche in campo. Giocare davanti a 100, 1000, 100000 persone
per me è uguale.
Le origini incidono sul carattere?
Le cose più importanti per noi gitani sono il senso della famiglia (verranno
tutti a vivere con me a Como) e l’orgoglio. Se sei zingaro, sei orgoglioso di
essere zingaro.
A proposito di orgoglio: Dice cose simili Ibrahimovic. C’è feeling?
Praticamente non ci siamo ancora incrociati, ma come giocatore mi incanta.
Può essere un peso il prezzo del suo cartellino?
Preferisco pensare alla responsabilità di essere stato scelto dall’Inter.
E il fatto che Mourinho l’abbia voluta così tanto?
E’ un orgoglio: in Portogallo e non solo è considerato il miglior allenatore
del mondo. Spero non mi abbia voluto solo per il gol al Chelsea.
Giocare a San Siro: emozione o tensione?
Chiunque vorrebbe che fosse il suo stadio, non si può aver paura di giocare
in uno stadio fantastico. Mi ricordo la prima volta, nel 2002, con lo Sporting.
E due settimane prima a Lisbona: contro Zanetti fu dura.
A Locarno ha giocato come fosse all’Inter da più tempo: pensava fosse più
dura?
In una squadra così forte mi sono sentito subito bene, molto tranquillo. E
poi, dopo un mese e mezzo di allenamenti, avete idea di quanto volessi giocare?
Di Fabrizio (del 15/09/2008 @ 09:22:12, in Regole, visitato 1716 volte)
Da
Roma_Francais - (NDR il riccio è un piatto tradizionale tra i Rom e i Sinti,
attenzione se andate in Francia!)
BORDEAUX - Il tribunale correttivo di Bordeaux ha condannato lunedì due
uomini a pagare un totale di 6.000 €u. per aver catturato dieci ricci, specie
protetta in Francia dal 1976. Secondo la legge sono passibili di sei mesi di
prigione e di 9.000 €u. di multa.
I due uomini, membri della comunità della gens du voyage, sono
comparsi nel quadro di una procedura di riconoscimento preliminare di
colpevolezza. Sono stati accusati di delitto flagrante nel corso di una notte
del febbraio 2008, quando cacciavano con due cani addestrati, e di avere già
dieci ricci adulti in una gabbia.
Hanno spiegato davanti al tribunale che si tratta di un costume zigano. "Si
fa così una volta all'anno, e non sapevamo affatto che fosse una specie
protetta. Non è scritto sul permesso di caccia. Ora che lo sappiamo, non lo
faremo più", ha perorato uno dei due davanti al tribunale.
Quattro associazioni di difesa degli animali erano parte civile:
l'associazione
Stéphane Lamart, la Società nazionale di difesa degli animali, la SPA ed il
Santuario dei ricci. Hanno ottenuto ciascuna 500 €u. di danni e 500 di spese per
la giustizia. I due uomini sono stati inoltre condannati a 1.000 €u. di ammenda
ciascuno.
"E' caro un chilo di riccio! Questi ricci non sono stati uccisi o maltrattati
e sono stati rilasciati. Non si contesta la condanna giudiziaria, ma l'importo
dei danni e interessi alle parti civili, dato che i miei due clienti hanno
scarse entrate", si è rammaricata il loro avvocato, Sandrine Joineau-Dumail.
Per Patrice Grillon, avvocato dell'associazione Stéphane Lamart e della SNDA,
"è una decisione molto educativa, Si possono avere dei costumi, ma la legge dev'essere
applicata dappertutto. Adesso, tutti sapranno che i ricci sono animali protetti,
come gli scoiattoli, gli orsi o i lupi".
Leggo, sempre su
Roma_Francais
Il Santuario dei Rrom chiede che i Rrom siano dichiarati specie protetta.
Che non li si insulti
Che si lascino andare i loro bambini a scuola
Che gli si dia lavoro
Che non si mettano sistematicamente i Viaggianti in siti disgustosi, inquinati o
radioattivi
Che non si prendano le loro impronte come nei campi di concentramento
E soprattutto che non si lancino bombe molotov o milizie armate come in Italia
Di Sucar Drom (del 15/09/2008 @ 17:21:23, in blog, visitato 2212 volte)
Ovada (AL), a Najo Adzovic il Premio Speciale "Rachel Corrie"
Sarà idealmente dedicata a Napoli la serata di premiazione della terza edizione
del Premio Testimone di Pace. Una Napoli diversa da quella che abitualmente ci
consegnano i media, una città che non si arrende e che rappresenta, con le sue
migliori esperienze di lotta, un osservatorio e un laboratorio straordinario di
“resistenza” alla criminalità e alla violenza...
Milano, minore fermato 47 volte, dov'erano i servizi?
In questi giorni alcuni quotidiani nazionali si occupano di un ragazzo di dodici
anni e mezzo che sarebbe stato fermato dalla Forze dell’Ordine, negli ultimi due
anni, per aver commesso dei reati, in prevalenza furti. Sui quotidiani si
afferma che il ragazzino, non imputabile perché minore di 14 anni, era stato
fermato la prima volta a Roma nel 2006 per un furto ai danni di una turista:
aveva dieci anni. Da all...
Bussolengo (VR), inizia a rompersi il silenzio
Il racconto di Christian e di Giorgio, cittadini italiani di origine rom,
rispettivamente di 38 e 17 anni, picchiati, sequestrati e torturati insieme
ai loro familiari nella caserma dei carabinieri di Bussolengo [Verona] venerdì 6
settembre – racconto pubblicato ieri da Carta – comincia a rompere il muro del
silenzio...
Bussolengo (VR), presentata un'interrogazione al Consiglio Regionale del Veneto
I consiglieri regionali veneti Pettenò, Atalmi e Bettin oggi hanno presentano
un'interrogazione al Consiglio Regionale del Veneto sui fatti di Bussolengo.
Chiedono alla giunta regionale veneta di intervenire perché sia aperta
un'inchiesta. Di seguito il testo pubblicato da Car...
Bussolengo (VR), visita al carcere di Verona del consigliere regionale Pettenò
Dopo i fatti gravissimi avvenuti a Bussolengo in provincia di Verona, il 5
settembre 2008, nei quali le famiglie Campos, Rossetto e Hudorovich, di etnia
rom, sono state aggredite e ripetutamente picchiate ed offese da alcuni
carabinieri, oggi pomeriggio, come Gruppo Consiliare...
Grecia, bimba assomiglia a Denise Pipitone
Tutti i media nazionali hanno puntato la loro attenzione sul caso di Denise
Pipitone, la bambina di Mazara del Vallo (Trapani) scomparsa l’1 settembre del
2004. Da due giorni, ogni ora, ci sono nuovi lanci di agenzia. Del caso se ne
sono occupati da ieri anche i principali telegiornali nazionali...
Rom e Sinti in Italia
Emergenza “nomadi” gonfiata dal Governo italiano, oppure una popolazione rom
molto più esigua del previsto, per la fuga in massa verso altri paesi
considerati più ospitali dell'Italia. Sono le due ipotesi che si affacciano in
un reportage dall'Italia pubblicato oggi dal quotidiano spagnolo 'El Pais'.
Secondo il gior...
Bussolengo (VR), l'incontro in carcere
Piero Pettenò, consigliere regionale veneto del Prc, ha incontrato nel carcere
di Verona i rom italiani picchiati dai carabinieri di Bussolengo. Ed emergono
nuovi particolari di una giornata da incubo. «Vogliamo un'indagine accurata»,
dice Pettenò...
Ricardo Quaresma, orgogliosamente gitano
Ricardo Quaresma, 24 anni, è da oggi a tutti gli effetti un giocatore
dell’Inter. Adora i gioielli, soprattutto orecchini e anelli di brillanti, e ne
ha per tutti i gusti. Colleziona orologi di marchi esclusivi, è pazzo per le
macchine di grande cilindrata: Mercedes, Audi, B...
Scusate ci eravamo sbagliati... oppure no?
“La valutazione della Commissione europea, di integrale apprezzamento per le
misure adottate dal Governo italiano sui campi nomadi, non ha bisogno di
commenti: è chiara ed esplicita. Mancano ancora, invece, le scuse pubbliche di
tutti quegli italiani che, all'opposizione dentro e fuori il Parlamento, non
hanno esitato...
Il garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza sanzionerà lo Stato
italiano?
“Il tema delle pari opportunità è dibattuto a livello mondiale ed è senz'altro
importante, ma non può esser ridotto alle differenze di orientamento sessuale
tra etero e omosessuali. Le pari opportunità sono anche e soprattutto altre.
Quelle che deve avere un bambino di Cosenza di trovare un asilo...
Le ville dei Sinti nelle metropoli per principianti
Il 18 agosto scorso abbiamo saputo dal Tg5 che il Vice Sindaco De Corato ha
istituito un ufficio apposito per espropriare le piccole proprietà (terreni di
circa 1000 mq) dove vivono alcune famiglie sinte e rom italiane da decine di
anni...
Sulla libertà e sulla carità... pelosa
Interessante sproloquio di un’anonima deputata del Partito delle Libertà,
pubblicato dal quotidiano Il Tempo. Quando mai nome di partito fu mai così
paradossale. Ma si, negli Anni Trenta. Il socialismo dei fascisti e dei nazisti.
Bene, oggi in Italia abbiamo chi si erge a difesa della libertà, come fu chi si
er...
Bussolengo (VR), questa sera sit-in in Prefettura
Oggi lunedì 15 settembre 2008, a partire dalle ore 18.30 e fino alle 20.30, si
svolgerà un sit-in vicino alla Prefettura, in Piazza dei Signori, per chiedere
l'immediata scarcerazione delle persone Rom, incarcerate dopo i gravissimi fatti
avvenuti nella caserma dei carabinieri di Bussolengo (Verona). Una delegazione
chiederà di potere incontrare il P...
Di Fabrizio (del 16/09/2008 @ 00:12:49, in Europa, visitato 1824 volte)
Del vertice europeo di oggi ne hanno parlato ultimamente anche Sucar Drom e Rom Sinti @ Politica, se ne è accennato brevemente anche qua. Il comunicato che segue non è stato ancora riportato:
CS122-2008: 15/09/2008 Alla vigilia del primo Summit sui rom organizzato dall'Unione europea (Ue), in programma domani a Brussels, la EU Roma Policy Coalition (Erpc)* ha sollecitato le istituzioni europee a sviluppare una strategia di lungo periodo per rispettare e proteggere i diritti fondamentali dei rom. L'Erpc ha chiesto al Summit di vincolarsi a standard e obiettivi comuni che favoriscano il raggiungimento di progressi concreti, tali da preparare il terreno per piani d'azione nazionali, che dovrebbero essere sviluppati con l'attiva partecipazione delle comunità rom. L'Erpc ha infine chiesto all'attuale presidenza dell'Ue di fare proprio questo impegno politico al Consiglio europeo di dicembre. Secondo l'Erpc, "è importante fare riunioni e discussioni su politiche che funzionino, ma ciò che serve è anche un impegno attivo dell'Ue per tradurre queste discussioni in passi concreti per l'azione. È trascorso tempo sufficiente perché ci sia bisogno di un quadro di riferimento di obiettivi e scadenze". L'Erpc rimane preoccupata per la recente risposta della Commissione europea in relazione al "censimento" dei rom in Italia, risposta che è stata ampiamente percepita come un "via libera" nei confronti delle politiche discriminatorie del governo italiano verso i rom. Il fatto che i principali documenti rilevanti non siano stati resi pubblici ha creato ulteriore ambiguità. In questo contesto di segnali contraddittori, è ancora più importante che il Summit di domani assuma l'impegno forte e chiaro impegno di dimostrare che l'Ue intende agire, e non solo discutere, per promuovere efficacemente i diritti fondamentali e l'inclusione dei rom in Europa. Le istituzioni e gli Stati membri dell'Ue dovrebbero, in occasione del Summit, garantire che il contrasto alla discriminazione dei rom sarà basato su politiche di inclusione sociale e non sulla repressione e sulle misure di sicurezza. FINE DEL COMUNICATO Brussels, 15 settembre 2008 Fanno parte dell'EU Roma Policy Coalition (Erpc): Amnesty International, European Roma Rights Centre, European Roma Information Office, European Network Against Racism, Open Society Institute, Spolu International Foundation, Minority Rights Group International, European Roma Grassroots Organisation, Roma Education Fund e Fundación Secretariado Gitano. Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste: Amnesty International Italia - Ufficio stampa Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it
Di Fabrizio (del 16/09/2008 @ 09:09:43, in casa, visitato 1599 volte)
Da
Mundo_Gitano
Da:
El Observatodo. El Diario Ciudadano de La Cuarta Región
I gitani di oggigiorno vogliono essere abitanti di La Serena, e perciò si
sono incontrati per organizzare le gestioni e avere la propria casa. Nonostante
ciò, devono lottare ogni giorno con la discriminazione Scritto da
Cristián Pizarro Rojas
Dallo scorso 8 aprile, giorno in cui si commemora a livello mondiale il
popolo Romanì, la comunità gitana residente a La Serena vuole dare una svolta
alle proprie vite, senza dimenticare le sue storiche tradizioni. Da quella data,
con l'appoggio del Governo e del municipio, stanno organizzandosi per realizzare
il sogno di tutti i cileni. La casa propria.
In precedenza, hanno lavorato in maniera progressiva. Prima hanno lavorato
sulla salute e per far uscire la comunità dalla sua condizione vulnerabile.
Attualmente, stanno organizzandosi perché al più presto possano possedere una
casa nel settore di Las Compañías, il quartiere che per anni li ha accolti e
dove sono abituati a vivere.
Isaac Aristich è il presidente del comitato casa della comunità Romanì, ha
ringraziato per l'appoggio ricevuto dalle istituzioni del Governo e municipali,
perché il sogno di una casa propria è prossimo a farsi realtà. "Speriamo che
tutto vada bene e che in qualsiasi momento ci sia la fumata bianca" ha detto
Isaac.
Francisco Villalón, per il Governo, ha detto che in Cile risiedono circa
8.000 gitani, e che del comitato casa La Serena fanno parte 15 famiglie, che
anelano vivere assieme nella stessa strada del citato quartiere.
Perché La Serena? Nel caso di Isaac, arrivò in città per fermarsi un paio di
giorni. Le piacque così tanto, che tornò a Santiago per prendere la sua
famiglia. Comprò un veicolo ed ora dice che non vuole andarsene dalla capitale
regionale. "Non penso di partire, voglio radicarmi qui perché la vita sia ad un
altro livello, niente più nomadismo e tutto per lo studio dei miei figli".
Da questo lato sono graditi, però si lamentano che nonostante le buone
intenzioni esistenti da parte dei distinti organismi, che i gitani debbano
ancora convivere con la discriminazione che impedisce loro di avere un lavoro,
sino a cose semplici come salire sui mezzi di locomozione collettiva ed andare
al ristorante.
"Abbiamo dato il nostro parere sul tema della discriminazione. Molte volte,
ai gitani che vanno per le strade non si permette di salire sui mezzi o entrare
nei ristoranti. Si tratta di discriminazioni che accadono spesso e che non ci
vanno".
"Siamo discriminati in tutti gli ambiti. Nella sanità, nei trasporti.
Vogliamo che la gente ci conosca per ragionare e decidere su noi. Che ci sia un
tempo per conoscerci e che ci sia più spazio per noi nella società. Se ci
sono discriminazioni ovunque, noi gitani siamo i discriminati", ha detto il
gitano Aristich.
Per tutto questo e dati i piani dei gitani di trasformarsi in serenensi, che
sollecitano la comunità a potersi integrare nella nostra cultura, negli stessi
mestieri, con uno stipendio, con il diritto alla salute, all'alloggio e alla
dignità.
Non è stato facile avanzare su questa linea, ancora meno quando questa
cultura è generalmente stigmatizzata per essere "ladri". Davanti a questa
realtà, Isaac argomenta (...) "Non tutti siamo uguali. Anche tra noi ci sono
classi sociali, gitani poveri, altri in buona condizione, non si può mettere
tutti nello stesso sacco. Quando vivevo in una tenda,in due o tre tipi mi
aggredirono e mi portarono via quel poco che avevo, e non per questo devo aver
paura della gente senza parlargli. Non deve esistere che si tratti male una
persona perché è di un'altra cultura, e noi viviamo con questo giorno per
giorno. Stiamo provando a lottare per questo finisca".
Anche se non è stato facile, è più forte la voglia di cambiare e per questo i
gitani serenensi vanno cercando differenti fonti di lavoro, approfittando del
loro talento, col proposito di vivere con dignità e rispetto.
Di Fabrizio (del 16/09/2008 @ 12:45:35, in Italia, visitato 2004 volte)
Tom Welschen mi segnala questo "quasi rapporto" da
Melting
Pot. Data la lunghezza, consiglio di scaricarlo e leggerlo con calma offline
di Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo
1. Malgrado le rassicurazioni fornite dal governo italiano al commissario
europeo Barrot, le operazioni di censimento e di schedatura dei rom assumono
sempre più il carattere di veri e propri rastrellamenti, come da ultimo al
Casilino 900 a Roma, con lo scopo evidente di acquisire "elementi di prova" che
possano poi fornire altri alibi alle operazioni di sgombero forzato già
annunciate dal governo per ottobre, con particolare "attenzione" nei confronti
di quanti potrebbero denunciare gli abusi compiuti dalle forze dell'ordine (adesso anche, in virtù dei poteri assegnati ai sindaci, dai vigili urbani).
La distruzione o il sequestro dei beni di proprietà dei rom, come se si
trattasse sempre e soltanto di proventi di attività delittuose, le violenze
fisiche e psicologiche perpetrate anche ai danni di donne e bambini,
appartengono ormai alla cronaca quotidiana, una cronaca che smentisce giorno
dopo giorno il frettoloso (ma provvisorio) riconoscimento, da parte della
Commissione Europea, della legittimità del comportamento delle autorità italiane
nei confronti dei rom. Sulla base della documentazione raccolta dalle
associazioni antirazziste la condanna politica e storica del razzismo
istituzionale e della xenofobia aizzata dalle decisioni del governo italiano,
prima o poi, arriverà senza appello e resterà per sempre a macchiare i nomi dei
responsabili della sicurezza e dell'ordine pubblico che hanno reso possibile
questa "pulizia etnica" strisciante, anche se si va diffondendo, dai più alti
livelli di governo a scendere, la tendenza di minacciare querele contro chiunque
denunci gli abusi, quando non funziona il ricatto diretto sulle vittime,
consigliate a non presentare (o a ritrattare) denunce, per evitare guai
peggiori.
L'arma più diffusa per "regolare i conti" con le comunità rom presenti nei campi
italiani, 150- 180.000 persone, di cui la grande maggioranza donne e bambini, in
un paese di sessanta milioni di abitanti con quattro milioni ed oltre di
immigrati, rimane lo strumento delle espulsioni, dell'internamento nei centri di
detenzione amministrativa e nell'allontanamento forzato verso i paesi di
origine. Non sempre si può prevedere quali, perché si tratta di entità statali
diverse rispetto agli stati dai quali i rom sono partiti negli anni ‘90, luoghi
nei quali non hanno più casa ed occasioni di vita dignitosa. Il riconoscimento
della "protezione internazionale" alla quale molti rom avrebbero diritto diventa
sempre più un miraggio per l'atteggiamento pregiudiziale di molte commissioni
territoriali. I soggetti più deboli, ed i minori, sono le principali vittime di
queste pratiche che smembrano le famiglie, ne annullano le già modeste
possibilità di sopravvivenza , distruggono percorsi di integrazione e di
reinserimento sociale per i quali si erano spesi anni di lavoro da parte delle
associazioni e degli operatori istituzionali più sensibili.
In questo quadro, che si complica ogni giorno di più, appare particolarmente
critica la situazione dei giovani rom che hanno raggiunto i diciotto anni,
completato un ciclo di formazione, e magari avrebbero già trovato un posto di
lavoro o un tirocinio, ma non possono regolarizzare la loro posizione perché al
compimento del diciottesimo anno di età, se i genitori non hanno un permesso di
soggiorno, la condizione di irregolarità (e di espellibilità) si estende anche
ai figli. Anche se la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ampliato la
possibilità di ottenere un permesso di soggiorno, la pratica quotidiana degli
uffici stranieri delle questure continua a negare qualunque possibilità di
legalizzazione. Ma non basta. Anche giovani rom, figli di persone in possesso di
un titolo di soggiorno, si sono visti recapitare, come "regalo" per il
compimento del diciottesimo anno, un provvedimento di espulsione firmato dal
questore.
L'accattonaggio ed il riciclaggio di materiali usati, raccolti presso le
discariche accanto le quali sono ubicati i "campi nomadi" italiani, tradizionali
strumenti i sopravvivenza delle comunità rom, vengono colpiti come un reato e
non si offrono ai capifamiglia prospettive alternative per sfamare i propri
figli. Con il rischio crescente che lo stato di bisogno sospinga verso la
devianza anche le persone che maggiormente hanno creduto nelle possibilità di
integrazione.
Tutto questo diventa sempre più grave alla luce delle nuove sanzioni penali
introdotte dal governo Berlusconi contro gli immigrati irregolari, spesso
irregolari perché nelle scelte discrezionali da parte degli uffici stranieri
delle Questure si è sempre scelta la soluzione più restrittiva, in qualche caso
anche violando il dettato della legge, come è provato dalle decine di sentenze
che hanno sanzionato atti illegittimi e comportamenti omissivi posti in essere
da diversi uffici stranieri ai danni dei rom in questi ultimi anni.
Il ministro Maroni, da parte sua, attacca da mesi l'autonomia della magistratura
quando non si esprime in linea con l'orientamento del governo. A luglio il
ministro ha criticato duramente il giudice delle indagini preliminari del
tribunale di Verona "colpevole" di avere rimesso in libertà quattro rom, che
avrebbe così vanificato un' operazione di polizia».non convalidando il fermo dei
"nomadi" accusati di sfruttamento di minori. L'operato della polizia va sempre
difeso, anche senza leggere le carte. : «Non ho letto l' ordinanza – ha
affermato il ministro - ma sono rammaricato perché è stata vanificata un'
operazione di polizia. Metterli in libertà è stato un errore". La presunzione di
innocenza per i rom è stata cancellata dalla Costituzione. Ma è noto quanto il
governo Berlusconi tenga in conto la nostra Costituzione. La falsa "sicurezza"
dei cittadini è una buona merce dai contrabbandare per nascondere i loro
interessi economici ed i loro giochi di potere.
Il messaggio dell'esecutivo sembra intanto arrivare a destinazione. Nelle strade
si uccide con le spranghe o si dà fuoco con le molotov, si applica insomma la
giustizia "fai da te". Nelle caserme dei carabinieri si applicano trattamenti
disumani e degradanti che sarebbero vietati anche dall'art.13 della
Costituzione, secondo il quale "è punita ogni violenza fisica e morale sulle
persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà". Nelle sentenze più
recenti si affermano pregiudizi veri e propri, anche da parte di organi
giudicanti che si conformano pedissequamente alle linee dettate dai vertici
giudiziari e dal governo di turno, come se fosse una "colpa" dei rom essere
ancora privi dei documenti di soggiorno, abitare nei campi"infestati dai topi",
nei quali sono stati confinati per forza e lì abbandonati per anni dalle
istituzioni, o non trovare un lavoro per il loro sostentamento. Si giunge
persino a negare l'evidenza, che i padri convivano con i figli minori (così un
giudice nella convalida di un trattenimento nel CIE di Caltanissetta), magari
perché l'ultimo certificato di famiglia risale alla data dell'ultimo permesso di
soggiorno poi scaduto, perché c‘è un provvedimento di espulsione da eseguire, e
si creano così le condizioni legali per creare " minori i stato di abbandono",
costringendo i genitori all'allontanamento forzato ed alla clandestinità. Tanti
aspetti, alcuni illegali e violenti, altri apparentemente legali e pacifici,
della stessa considerazione degli immigrati, e dei rom in particolare, come
esseri umani di rango inferiore.
Sembrerebbe che, venendo meno al doveroso controllo giurisdizionale sulla
discrezionalità di polizia, alcuni giudici diano un rilievo assoluto alle
indicazioni di "tolleranza zero" che giungono dal governo, ed oggi alle
estemporanee esternazioni del ministro Maroni, secondo il quale tutte le
operazioni di "censimento" sarebbero finalizzate alla "tutela" dei minori,
perché molti piccoli rom sarebbero nella condizione di "minori non
accompagnati". Secondo il ministro dell'interno diversi minori rom presenti nei
campi sarebbero addirittura coinvolti nel traffico della prostituzione, senza
neppure distinguere tra rom romeni (per i quali il problema esiste, ma non può
essere certo affrontato con misure repressive applicate sugli individui isolati
senza colpire il racket) e rom della ex Jugoslavia (che vivono all'interno di
nuclei familiari assai strutturati residenti da anni nei cd. "campi
nomadi"). Dopo queste anticipazioni di Maroni attendiamo senza troppa curiosità i
risultati finali del censimento dei campi voluto dal governo Berlusconi, un
censimento che le associazioni di tutela avevano già effettuato da tempo, per
fini ben diversi, un censimento, quello realizzato nelle ultime settimane, che
adesso costituirà soltanto la premessa per operazioni di sgombero forzato,
rastrellamenti ed espulsioni.
Si fa tutto il possibile, da parte delle istituzioni di governo, per mettere in
risalto i casi di illegalità riscontrati (o presunti) nei "campi nomadi", per
mettere a tacere le accuse di razzismo e per legittimare la prossima campagna di
ottobre, lo sgombero forzato dei campi e la deportazione di massa che Maroni
annuncia per ottobre, alla vigilia della visita della delegazione del Parlamento
Europeo che dovrà indagare sulla situazione dei rom in Italia.
Ma tutto questo non sarebbe possibile senza una svolta della magistratura che in
precedenza aveva svolto una funzione di garanzia rispetto agli abusi delle forze
di polizia, contribuendo alla difesa dei percorsi di legalizzazione che le
associazioni antirazziste erano riuscite ad intraprendere con successo
all'interno dei campi rom. Anche nel perseguire gli atti di discriminazione
razziale le sentenze sono sempre più rare, e persino la legge Mancino n.205 del
1993, che sanziona penalmente i comportamenti caratterizzati da odio razziale
sembra caduta in desuetudine.
Occorre dunque ricostruire la trama di diritti che può essere ancora
riconosciuta agli appartenenti alla "minoranza" rom in Europa ed in Italia in
particolare, composta in maggior parte proprio da donne e minori, utilizzando
nel senso più ampio le possibilità di legalizzazione offerte dalla legislazione
vigente. Se non si riconoscono i diritti fondamentali delle persone, con
particolare attenzione alla condizione dei minori, parlare di doveri rimane solo
vuoto moralismo, o diventa demagogia interessata. Occorre restituire storia,
diritti, dignità alle persone alle quali lo stato ed i suoi apparati la negano
tutti i giorni. Dopo le violazioni più eclatanti dei diritti delle persone vanno
costruite occasioni di mobilitazione, per rendere più efficace la difesa in
giudizio, semplicemente per fare conoscere, e rendere pubblici gli elementi sui
quali in futuro si potrà fondare la condanna morale, e forse anche giudiziaria,
di tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito ad alimentare questa
spirale xenofoba e discriminatoria che avvelena la convivenza sociale in Italia.
2. L'allontanamento repentino dei genitori rom privi di un regolare permesso di
soggiorno, il loro internamento nei centri di identificazione d espulsione,
sulla base di provvedimenti adottati discrezionalmente dai Questori e applicati
dagli organi di Polizia, senza verificare la presenza delle cause di inespellibilità previste dall'art. 19 del testo unico n.286 del 1998, sta
comportando una grave destabilizzazione di situazioni familiari, già assai
precarie e gravemente pregiudicate dal disagio economico, dalla condizione
sanitaria e dalle situazioni abitative nelle quali i rom sono stati costretti da
decenni. Le condizioni di inespellibilità possono valere anche in presenza di
lievi precedenti penali, quando non si riscontri più una pericolosità sociale
attuale.
Spesso le misure di internamento e di allontanamento forzato sono fondate su
provvedimenti di espulsione risalenti nel tempo, in qualche caso collegati a
precedenti penali per reati di lieve entità, sui quali anni prima si è avuto un
patteggiamento della pena, reati per i quali dovrebbe valere la riabilitazione
automatica , anche a fronte del decorso di tempo e del percorso di reinserimento
nella legalità che molte famiglie rom hanno sperimentato con successo. Sul punto
il Consiglio di Stato con una recente sentenza dell'8 agosto di quest'anno ha
affermato: " di condividere l'orientamento secondo il quale alla riabilitazione
possa equipararsi l'automatica estinzione della condanna inflitta in sede di "patteggiamento", ai sensi dell'art. 445 cod.proc.pen. Sul punto v'è piena
concordanza di opinioni tra la giurisprudenza penalistica e quella
amministrativa, essendosi in passato affermato che "attesa la sostanziale
analogia fra gli effetti della riabilitazione, quali previsti dall'art. 178
codice.penale, e quelli del positivo decorso del termine previsto dall'art. 445
comma 2 c.p.p., con riguardo alla sentenza di applicazione della pena su
richiesta, deve escludersi che, una volta realizzatasi detta seconda condizione,
vi sia ancora interesse giuridicamente apprezzabile ad ottenere la
riabilitazione, tenendo anche presente che, ai sensi dell'art. 689 comma 2 lett.
a) n. 5 e lett. b) c.p.p., le sentenze di applicazione della pena su richiesta
sono comunque destinate a non comparire sui certificati del casellario
rilasciati a richiesta dell'interessato, indipendentemente da qualsivoglia
statuizione del giudice al riguardo." (Cassazione penale , sez. IV, 19 febbraio
1999, n. 534, ma si veda anche, nel medesimo senso, Sezione Sorveglianza Napoli,
23 gennaio 2003, T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 12 febbraio 2007, n. 212)".
Le esigenze di allontanamento forzato non possono prevalere sugli obblighi di
protezione di rilevanza internazionale ai quali si è sottoposta l'Italia
sottoscrivendo diverse Convenzioni a salvaguardia dei diritti della persona e a
tutela della condizione dei minori in particolare.
Una particolare attenzione va dedicata ad una questione che riguarda non solo i
rom ma tutti i migranti in condizione irregolare, ma che sulle famiglie rom sta
producendo effetti devastanti. Ci riferiamo all'uso generalizzato dei
procedimenti per direttissima, con condanna immediata e relativa
scarcerazione/espulsione della persona sottoposta a giudizio, senza una
effettiva possibilità di difesa e di appello, anche per i limiti della difesa di
ufficio e per i tempi ristrettissimi delle procedure che impediscono un sia pur
minimo esercizio dei diritti di difesa garantiti dall'art. 24 della
Costituzione. Chi ha commesso un reato, anche se legato soltanto alla presenza
irregolare, o chi è in regime di carcerazione preventiva può e deve fare valere
i diritti di difesa e ad un equo processo, esattamente come tutti i cittadini
italiani. Le espulsioni, anche quando vengono effettivamente eseguite, se sono
effettuate in sostituzione del processo che può condurre all'accertamento delle
responsabilità penali, rischiano di favorire i colpevoli e di danneggiare
soltanto gli innocenti. Nel caso dei colpevoli, l'espulsione come misura
sostitutiva della pena, o del processo, diventa un comodo lasciapassare, un
viaggio (con relative scorte di polizia) pagato dai contribuenti italiani verso
il paese di origine, per poi rientrare clandestinamente in Italia, non appena lo
si voglia. E in questo modo si vorrebbe propagandare una maggiore sicurezza per
i cittadini.
Si dimentica poi che una buona parte dei rom proviene da zone nelle quali, se
fossero ricondotti forzatamente nei paesi di provenienza, rischierebbero ancora
esclusione e persecuzioni. Molti di loro hanno avuto in passato un permesso di
soggiorno per motivi umanitari o per motivi di salute, se non per lavoro,un
permesso che non è stato possibile rinnovare per l'inasprimento delle norme
relative al rilascio dei permessi di soggiorno e per i comportamenti dilatori,
se non apertamente discriminatori, da parte degli uffici stranieri di molte
questure italiane. Tanti, anche rom, che erano riusciti a regolarizzare la loro
posizione con le sanatorie degli anni passati, hanno perduto il permesso di
soggiorno perché non hanno più trovato chi stipulava un regolare contratto di
lavoro, diventato oggetto di ogni genere di mercanteggiamento, la legge
Bossi-Fini prevede che dopo sei mesi di disoccupazione si perde il diritto a
permanere nel nostro paese. Anche se si è nati in Italia, e se in Italia sono
sepolti i propri genitori.
Nel caso delle famiglie rom provenienti dal Kosovo, stato ormai autonomo, la
eventuale espulsione degli adulti privi di permesso di soggiorno e dei figli
minori a seguito del padre non è neppure ipotizzabile, alla luce del divieto
sancito dall'art. 19 del T.U. sull'immigrazione che -oltre a vietare
l'espulsione dei minori - vieta qualunque espulsione verso paesi nei quali si
possa essere oggetto di persecuzione, come appunto potrebbe verificarsi ancora
domani in Kosovo, soprattutto dopo gli ultimi eventi di politica internazionale
che hanno riproposto i drammi del nazionalismo e la pulizia etnica a danno delle
minoranze. Né gli stessi minori potrebbero fare rientro in Kosovo, in quanto in
quella nuova "entità statale", autoproclamatasi "repubblica indipendente" ma
ancora dall'incerto riconoscimento internazionale, si verificano gravi problemi
di sicurezza per gli appartenenti all'etnia rom mentre è provata la sistematica
discriminazione nell'accesso all'abitazione, alle cure sanitarie, ed
all'istruzione, tanto in Serbia quanto in Kosovo, secondo quanto rilevato ancora
nel 2008 da Amnesty International e dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite
per i rifugiati. Basta consultare su internet i rapporti di queste
organizzazioni per comprendere i pericoli ai quali sarebbero esposti coloro che
dopo decenni di presenza in Italia hanno ormai perduto ogni legame con i paesi
di origine, o addirittura sono nati in Italia.
Né in Serbia, né tantomeno in Kosovo, sussisterebbero peraltro idonee condizioni
abitative, economiche e sanitarie per garantire la crescita e lo sviluppo
psicofisico dei minori, anche alla luce dello sradicamento sociale del padre
assente da oltre venti anni dal paese di origine. Sono peraltro riferite da
fonti attendibili, come Amnesty International, gravi fatti di discriminazione
che si sono verificati ai danni di rom costretti dopo una espulsione a ritornare
in quel paese che ormai costituisce una entità statale diversa da quella di cui
sono originari.. I recentissimi sviluppi della crisi nelle regioni del Caucaso
non potranno che inasprire i già difficili rapporti tra la Serbia e la
autoproclamatasi Repubblica del Kosovo, governata da politici filo-allbanesi che
in passato, come componenti dell'UCK (definito come "esercito di liberazione
del Kosovo"), hanno attivamente contribuito, secondo quanto rilevato da Amnesty
e dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, alla persecuzione
della popolazione rom originaria del Kosovo, perché ritenuta filo serba, con
particolare accanimento nella provincia di Kosovska Mitrovica.
3. L'allontanamento forzato di un genitore, per effetto di un invito a
presentarsi in Questura " per chiarire la propria posizione in ordine alle
condizioni di soggiorno", o a seguito di una vera e propria retata di massa,
come quelle che Maroni annuncia adesso per ottobre, rappresenta già un grave,
ulteriore, momento di "crisi" del residuo nucleo familiare, che incide
negativamente sul percorso di crescita e sullo sviluppo psico-fisico dei figli
minori. A fronte delle particolari situazioni di disagio abitativo ed economico
nelle quali si trovano le famiglie Rom, alloggiate all'interno del "campo
nomadi", istituiti di fatto o tollerati per anni dagli enti locali, ma
abbandonati ad una condizione di degrado e di irregolarità, la prolungata
assenza del genitore, unico titolare della potestà genitoriale, produce
conseguenze assai gravi per quanto concerne il sostentamento, la salute e
l'accesso alle cure mediche dei figli minori, oltre che risultare
pregiudizievole per la loro futura frequenza scolastica (ancora obbligatoria,
almeno fino a quando il ministro Gelmini vieterà ai minori irregolari la
possibilità di frequentare persino la scuola dell'obbligo).
E' noto che, secondo il più recente orientamento restrittivo della Corte di
Cassazione, l'autorizzazione alla permanenza nel territorio ex art. 31 c.3 del
T.U. sull'immigrazione n.286 del 1998 non si ricolleghi meramente a situazioni
familiari caratterizzate dalla "normalità e dalla tendenziale stabilità" ma vada
correlata a "circostanze contingenti ed eccezionali, che pongano in grave
pericolo lo sviluppo normale della personalità del minore, tanto da richiedere
la presenza del genitore nel territorio dello Stato per fronteggiarle" (Cass.
747/2007 e 4197/2008). Si osserva tuttavia che la previsione dell'art. 31, comma
3°, decreto.legislativo n. 286/1998, non può essere ristretta ai casi di "eventuali patologie" di un minore, considerato che lo sviluppo psicofisico e la
salute del minore che si trova nel territorio italiano dipendono soprattutto
dalla sua relazione con le figure primarie di assistenza morale e materiale e
dal soddisfacimento del suo bisogno di avere i genitori con sé;
D'altra parte la stessa Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza del
28.9.2006 n. 22216, aveva precisato che l'art. 31 del T.U. sull'immigrazione
n.286 del 1998, come modificato dalla legge n.189 del 2002, " prevede una
duplice fattispecie, e cioè quella della autorizzazione all'ingresso e quella
della autorizzazione alla permanenza del familiare sul territorio nazionale in
deroga alle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e nel
concorso di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, tenuto
conto della sua età e delle sue condizioni di salute; che la presenza di gravi
motivi richiede l'accertamento di situazioni di emergenza di natura eccezionale
e contingente, di situazioni cioè, che non siano quelle normali e stabilmente
ricorrenti nella crescita di un minore secondo il ricorrente orientamento
interpretativo della giurisprudenza di legittimità (…) la presenza dei gravi
motivi deve essere puntualmente dedotta dal ricorrente ed accertata dal
tribunale per i minorenni come emergenza attuale solo nell'ipotesi di richiesta
di autorizzazione all'ingresso del familiare nel territorio nazionale in deroga
alla disciplina generale dell'immigrazione; ciò non vale sempre, invece,
nell'ipotesi in cui – come nella specie -, venga richiesta l'autorizzazione del
familiare che diversamente dovrebbe essere espulso, poiché la situazione
eccezionale nella quale vanno ravvisati i gravi motivi può essere attuale, ma
può anche essere dedotta quale conseguenza dell'allontanamento improvviso del
familiare sin allora presente e cioè di una situazione futura ed eventuale
rimessa all'accertamento del giudice minorile".
E' altresì riconosciuto che i "gravi motivi" possono consistere "anche in
evenienze diverse da quelle terapeutiche "-sia di ordine fisico sia di ordine
psichico" (Cass. 396/2006). Né una lettura restrittiva dell'art. 31 comma.3
potrebbe argomentarsi alla stregua del regolamento n.334/2004 che all'art. 11
prevede nei casi di cui all'art. 31, c.3 la possibilità del rilascio di un
permesso di soggiorno per cure mediche, in quanto tale norma regolamentare non
potrebbe incidere sulla possibilità consentita al tribunale per i minorenni di "autorizzare" comunque la permanenza del familiare nello stato nel superiore
interesse del minore, applicando lo stesso art. 31, comma.3 anche in deroga
alle altre disposizioni del d.lgs. 286/98 e quindi a maggior ragione della
normativa regolamentare di applicazione. In base all'art. 3 della Convenzione
sui diritti del fanciullo, comunque, in tutte le decisioni relative ai minori "l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente".
Peraltro la stessa Corte di Cassazione riconosce che i gravi motivi per il
rilascio dell'autorizzazione ex art. 31 c.3, debbano corrispondere " alla
necessità di non deprivare traumaticamente il fanciullo della fruizione di
diritti fondamentali riconosciuti dalla legge, a prescindere dalla sua
condizione di straniero" e quindi nell'ambito di tali diritti non rientra solo
il diritto alla salute psico-fisica ma anche il diritto all'unità della
famiglia. Una diversa lettura della norma la svuoterebbe praticamente di
operatività che va invece riaffermata non in astratto ma in modo circostanziato
per ogni singola fattispecie concreta, tenendo conto delle complessive esigenze
del minore.
Si devono inoltre ricordare consolidati principi del diritto convenzionale che
devono orientare tanto il legislatore quanto l'applicazione al caso concreto
della norma di cui all'art. 31, comma 3°, d.lvo n. 286/1998. Si richiamano in
particolare:
- l'art. 9, comma 1°, della Convenzione sui diritti del fanciullo prevede che un
fanciullo possa essere separato dai suoi genitori contro la loro volontà solo
quando questa separazione è necessaria nell'interesse del fanciullo, come quando
i genitori maltrattano o trascurano il fanciullo;
- l'art. 10 della Convenzione sui diritti del fanciullo prevede che
"ogni
domanda di ricongiungimento familiare deve esser considerata con uno spirito
positivo, con umanità e diligenza", e perciò a maggiore ragione con le stesse
attitudini va considerata ogni questione che comporti, attraverso la negazione
dell'autorizzazione alla permanenza del genitore in Italia, l'allontanamento
(come contrario del ricongiungimento) del genitore dai figli;
- l'art. 3, comma 2°, della Convenzione sui diritti del fanciullo dispone che
"in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza … dei tribunali …
l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente".
Il recente orientamento della Corte di cassazione (sentenza n. 4197 del 19
febbraio 2008) che sembra chiudere quasi del tutto, in modo assai più esplicito
che in passato, la possibilità di legalizzazione dei genitori in applicazione
dell'art. 31 del testo Unico sull'immigrazione non va applicato in modo
automatico ma richiede comunque un accertamento rigoroso delle condizioni di
fatto, sui quali la stessa Corte di cassazione non può essere chiamata ad
esprimersi. Secondo quei giudici " i gravi motivi connessi con lo sviluppo
psicofisico del minore straniero presente nel territorio italiano che, ai sensi
dell'art. 31, terzo comma, del decreto legislativo 25 Luglio 1998, n. 286,
consentono il rilascio, da parte del Tribunale per i minorenni,
dell'autorizzazione all'ingresso o alla permanenza in Italia per un periodo di
tempo determinato ai familiari del minore, anche se colpiti da provvedimento di
espulsione, vanno correlati alla sussistenza di condizioni di emergenza,
contingenti - e cioè transeunti - ed eccezionali, che pongano in grave pericolo
l'evoluzione normale della personalità del minore, tanto da richiedere il
sostegno del genitore. Si deve quindi trattare di un danno non altrimenti
evitabile ed ulteriore rispetto a quello sempre riconoscibile alla separazione
dal proprio padre, che è evento, di per sé, connaturalmente traumatico".
Secondo la prima sezione civile della Corte di cassazione "esula, dunque, dalla
previsione di legge invocata, che rappresenta una deroga eccezionale alle stesse
esigenze pubbliche che sono alla base del decreto di espulsione, la mera
presenza di circostanze ordinarie, quali il bisogno di completare il ciclo
scolastico del minore o l'opportunità, anch'essa innegabile in linea di
principio, che questi non sia costretto a sottrarsi al tessuto sociale in cui è
integrato, per raggiungere il genitore nel paese di origine, pur se
caratterizzato da condizioni di vita meno progredite. Diversamente opinando, si
produrrebbe il risultato di uno stabile radicamento nel territorio italiano del
nucleo familiare, dando adito a modalità anomale di regolarizzazione
dell'inserimento di famiglie di stranieri illegalmente presenti nel territorio
nazionale, mediante una forma di strumentalizzazione, e non già di tutela,
dell'infanzia (Cass., sez. I, 2 Maggio 2007, n. 10135; Cass. civile, sez. I, 15
Gennaio 2007, n. 747; Cass. civile, sez. I, 11 Gennaio 2006, n. 396; Cass., sez.
I, 14 Novembre 2003, n. 17194).
Alla luce di questi orientamenti sembrano restare sullo sfondo le Convenzioni
internazionali e le norme interne che attribuiscono rilievo, anche in caso di
genitori privi di permesso di soggiorno, al "superiore interesse del minore"
come una ragione che da sola può giustificare provvedimenti amministrativi di
segno opposto rispetto all'espulsione. Come hanno riconosciuto e continuano a
riconoscere alcuni tribunali per i minorenni in diverse regioni italiane. E la
stessa possibilità è riconosciuta, sia pure in modo contrastato, dalla
giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo con riguardo all'art. 8
della Convenzione che afferma il principio dell'unita familiare, con una
previsione che può essere estesa anche ai migranti irregolari
Una parte della giurisprudenza italiana tenta comunque di resistere agli
orientamenti più restrittivi della prima sezione civile della Corte di
Cassazione riaffermando la necessità di riconoscere il "superiore interesse al
benessere psico-fisico dei minori". Così ad esempio con due provvedimenti del
24 e 31 maggio 2007 il Tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle
d'Aosta (in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 2007, IV, p.169) richiama la
necessità di interpretare l'art. 31 del testo unico sull'immigrazione alla luce
dell'attuazione in Italia della direttiva comunitaria sul ricongiungimento
familiare, avvenuta con decreto legislativo n.5 del 2007, ed afferma che non
costituisce fattore ostativo al rilascio della autorizzazione ex art. 31 comma 3
del T.U., una pregressa condanna penale del genitore, quando la presenza del
genitore sia necessaria per il benessere psicofisico dei minori e lo stesso
genitore non dimostri una pericolosità sociale attuale. Occorre in sostanza
tenere conto non solo delle condizioni di salute del minore (come sembrerebbe
sostenere la Cassazione), ma " della natura e della effettività dei vincoli
familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il
suo paese di origine, nonché, per lo straniero già presente nel territorio
nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio
nazionale".
I Tribunali per i minorenni dovrebbero quindi deliberare su questa delicata
materia anche alla luce dei principi affermati dalle Convenzioni internazionali
e dalle Direttive comunitarie, senza cedere ad atteggiamenti meramente tecnici
ed astratti, o risultare condizionati dalla dilagante xenofobia che sulla scia
della propaganda politica tende a diventare senso comune. I provvedimenti resi
da questi giudici, ai sensi dell'art. 31 comma 3 del testo Unico
sull'immigrazione, dovranno motivare invece con grande rigore la decisione
adottata ed indicare specificamente quali conseguenze per la complessiva salute
psicofisica del figlio minore potrebbero derivare dall'attuazione
dell'espulsione di uno dei genitori irregolarmente soggiornate in Italia,
solitamente il padre.
Gli autori ed i mandanti dei censimenti/rastrellamenti di questi giorni, e di
quelli ancora più massicci che si annunciano per ottobre, dovrebbero ben sapere
che molti ragazzi rom, non solo minori, ma sempre più spesso giovani adulti,
sono nati e cresciuti in Italia, hanno frequentato le nostre scuole, e in
qualche caso hanno anche perduto i genitori nel nostro paese, perché l'età media
dei rom in Italia non supera i 45 anni. L'autorizzazione alla permanenza nel
territorio dello stato rimane una occasione importante, spesso l'unica, per
legalizzare nuclei familiari che hanno già dimostrato una capacità di
inserimento e di integrazione nella legalità. In assenza di un autorizzazione a
permanere nel territorio italiano ex art. 31 c.3 del T.U. n.286 del 1998, i
genitori rom che siano destinatari di un provvedimento di espulsione e
trattenuto in un centro di identificazione ed espulsione (CIE), rischiano
concretamente di essere espulsi, non è chiaro se verso la Serbia o verso il
Kosovo, o di restare a vita sospesi in una condizione di illegalità che ogni
giorno viene sanzionata con pene sempre più gravi.. E la condizione dei
irregolarità dei genitori rischia di pregiudicare concretamente il futuro dei
figli. Come è noto i figli minori, che altrimenti non sarebbero espellibili,
possono seguire i genitori (o il genitore) in caso di espulsione. Dunque anche
i figli minori rischierebbero di essere costretti a seguire il padre, una volta
che questo venga accompagnato coattivamente in frontiera, o dovrebbero
affrontare da soli la vita nel nostro paese, come"minori non accompagnati", non
accompagnati perché lo stato ha contribuito a creare questa condizione. Magari
per finire affidati ad una casa famiglia, oggetto di probabili violenze e di
profitto da parte degli enti privati gestori, e poi probabilmente ancora in
fuga, una fuga che potrebbe concludersi con la caduta nella illegalità. In ogni
caso separati per sempre dalla famiglia di origine, dagli affetti più cari, da
quegli operatori che stano contribuendo al loro inserimento.
Occorre altresì osservare che la Convenzione dei diritti del fanciullo del 1989,
ratificata e resa esecutiva con la legge n. 176 del 1991 sancisce all'art. 9 che
"gli stati vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori
contro la sua volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto
riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura
applicabili, che questa separazione è necessaria nell'interesse preminente del
fanciullo". Come si concilia questa disposizione di una convenzione
internazionale sottoscritta anche con l'Italia, con l'esecuzione di misure di
allontanamento forzato che smembrano i nuclei familiari e separano i figli dai
padri?
Non basta replicare semplicisticamente, in astratto, che occorre "un necessario
temperamento" tra le esigenze pubbliche legate al provvedimento di espulsione di
un cittadino straniero privo di un permesso di soggiorno ed il "superiore
interesse del fanciullo" affermato dalle Convenzioni internazionali ratificate
dall'Italia e richiamato nella normativa sull'immigrazione. Tale "bilanciamento"
non può prescindere da una valutazione analitica delle condizioni personali dei
minori e delle loro prospettive di vita. Nel caso dei rom della Ex Jugoslavia
che sono presenti in Italia da anni e qui vi hanno avuto figli, per quanto sopra
rilevato, la situazione nei paesi di provenienza rimane assai confusa e si
possono riscontrare quelle circostanze che richiedono la presenza del genitore
nel territorio dello stato per continuare a seguire la crescita e lo sviluppo
psico-fisico dei figli in una condizione di particolare difficoltà abitativa ed
ambientale.
Ove il genitore non fosse autorizzato a permanere nel territorio italiano in
base all'art. 31 del testo Unico e venisse accompagnato in frontiera, appare
certo un grave pregiudizio per il "superiore interesse dei minori" e per le
possibilità di un sano sviluppo psico-fisico a causa della separazione,
probabilmente irreversibile, nei confronti del genitore, a carico del quale
scatterebbe peraltro anche il divieto di reingresso nel territorio italiano per
dieci anni (misura accessoria al provvedimento di espulsione amministrativa).
Di fatto si verificherebbe una separazione probabilmente definitiva, tra il
genitore ed i figli minori per effetto della esecuzione della misura di
allontanamento forzato, e si costringerebbe l'intero nucleo familiare a subire
una condizione permanente di irregolarità, se non di clandestinità.
[lunedì 15 settembre 2008]
|