Da
Steatrando
11 settembre 2008 -
Trovato uno scritto inedito di Lucio Mastronardi. Lo scrittore, in base a
ricerche storiche, ha scoperto che la famiglia di Eleonora Duse era di origini
gitane. Si propone la cancellazione o la rimozione di tutte le lapidi che
rievocano la ex-divina.
Lucio Mastronardi, il famoso "maestro di Vigevano", aveva iniziato la sua
carriera di scrittore inviando brevi racconti e articoli a un settimanale della
sua città. Tutti pubblicati, tranne uno. Il motivo è presto detto. Lo scrittore,
anticipando la vena sarcastica che poi rivelerà nei suoi romanzi, portava a
conoscenza dei suoi concittadini una verità che essi non volevano certo sentire,
cancellava senza alcun rispetto una delle glorie civiche. Riportiamo per intero
il breve articolo, nel quale la critica letteraria non mancherà di trovare in nuce alcuni tratti salienti del Mastronardi maggiore: lo spirito iconoclastico,
la satira pungente dei vezzi del provincialismo, la messa in ridicolo degli
eruditi di storia locale.
"Ogni borgo custodisce gelosamente il proprio ‘albo d’oro’: personaggi illustri
che hanno voluto scegliere quel determinato luogo per fissarvi i propri natali,
o anche solo per transitarvi durante il loro glorioso peregrinare sulla terra.
Vigevano si può vantare di aver ospitato due di questi personaggi superiori
della storia: il Leo e la Nora!
Tutti i miei concittadini avranno già capito a chi mi riferisco: al genio
Leonardo da Vinci e alla divina Eleonora Duse. Sul Leo tanto sappiamo sulla sua
permanenza in città. Secondo il Colombo è sua la regolazione delle acque alla
tenuta Sforzesca, come si evince, senza dubbio alcuno, dai disegni del ‘Codex
Pacificum’; e, secondo il Barni, suoi sono i dipinti in piazza ducale, i
medaglioni sopra le colonne, i motti, le allegorie. I due professori concordano
basandosi su fatti, date, circostanze storiche, anche in assenza di documenti
probanti. Ma tant’è. Il sole illumina ogni luogo.
Ben più preoccupante la vicenda della Duse. Com’è noto ella nacque a Vigevano,
al seguito della compagnia teatrale familiare. La madre partorì qui tra uno
spettacolo e l’altro. Non è per la casualità della nascita, senza mai più una
visita in città, che noi condanniamo la dedica di piazze, vie, scuole e della
famosa lapide affissa davanti all’edificio dell’ex-albergo del "Cannon d’Oro",
sede dell’augusto parto. Sono le origini della ex-divina, ormai dobbiamo
chiamarla così, che ci spingono, pur a malincuore a chiedere alle autorità la
cancellazione di ogni riferimento alla Nora nella nostra città.
Come alcuni sapranno la compagnia teatrale Duse era itinerante; peregrinava di
città in città, di teatro in teatro, per rappresentare i propri spettacoli.
Girovaghi, come sono stati e sono ancora oggi tutti gli attori, diranno i miei
cinque lettori. Sì ma debbono essi sapere che questo vagabondare non era dovuto
alle sole necessità professionali ed economiche, ma a un germe interiore che non
lasciava sostare i Duse in nessun luogo. Il nonno paterno della Nora, per primo
in famiglia, si era fermato in quel di Padova, dove aveva aperto un piccolo
teatro e fondato una compagnia stabile, ma già il figlio non aveva saputo
resistere al richiamo del mondo e aveva intrapreso quel giro di borghi e città
che avevano già percorso suoi avi, non tornando alla natia Padova neppure con la
moglie in avanzato stato di gravidanza.
Spirito irrequieto, animato dal fuoco sacro del teatro, magari in conflitto col
padre o di lui emulo geloso, diranno i miei, ormai quattro, lettori; ma forse
ben altro e più profondo, interiore, immutabile come una macchia indelebile,
come una tara ereditaria nel sangue.
Una mia recente visita nella città del Santo Antonio, mi ha permesso di
consultare vecchi documenti custoditi nell’Archivio Storico cittadino. Lo scopo
della mia ricerca, in verità, era scoprire il passaggio, anche nella città
patavina, del Leo, in modo da poter tracciare la mappa dei luoghi da lui toccati
(o meglio escludere i pochi da lui non percorsi). Ed ecco che un giorno mentre
mi cimentavo nella difficile impresa di trovare negli inventari qualsiasi carta
riguardasse il Vinci mi imbatto in un curioso documento che riporterò per
intero:
"Anno del Signore milleottocentesimo trentesimoterso, addì primo de martio,
città di Padova verso il mastro girovago Aloisio de’ Dusini, detto Duse della
Ruota. Visti i meriti et le allegrezze che detto saltimbanco et teatrante à
accumulato negli anni passati verso i patavini si concede a lui et alla sua
familia di prendere casa stabile nella città, alla condizione che et fino al
giorno che la sua condotta sarà quella di un bono et onesto christiano e abbia a
dismettere le carovane e il girovagare delli antenati suoi".
I miei tre lettori diranno, il nonno della Nora, da grande ed apprezzato artista
aveva avuto un riconoscimento dei suoi meriti dalla città di Padova, che gli
concedeva di prendere dimora fissa. Sì, ma perché un normale attore dovrebbe
ottenere il permesso per stabilirsi in qualunque luogo? La vecchia carta ci dice
molto di più. La famiglia dei Dusini o Duse non era solo girovaga per motivi di
lavoro, ma per etnia e condanna divina, era, ed è rimasta, se ha ancora
rappresentanti, zingara!
Lo rivelano senza possibilità di equivoco il riferimento alla ruota nel
soprannome, simbolo universalmente noto degli zingari ed emblema del loro
perpetuo viaggiare e anche il cognome: infatti ‘drusina’ è la parola gergale che
indica tra di loro la famiglia. Quindi i Duse, se pur stanziali per una
generazione, furono sempre vagabondi per scelta e nomadi per istinto.
Ai miei due lettori rimasti l’ardua sentenza: può una città menar vanto di aver
dato i natali a una zingara, seppur poi osannata e riverita in tutto il mondo? E
se mi è rimasto almeno un lettore gli chiederei di condurre con me la civica
battaglia perché tale infamia, seppur un tempo ritenuta gloria, sia cancellata
dagli onori di una sì grande città, sede vescovile e, ancor prima, della corte
degli Sforza. Può il Leo nella sua immortale fama essere accomunato con una
siffatta plebea, infima tra gli umili, e probabile fonte di contagio del colera
che in quel fatale anno imperversò nella innocente e fino ad allora
incontaminata Vigevano?
Può una miserabile ‘senza patria’ avere gli onori di una patria?"
Il Lucio, come al solito, in grande anticipo sui tempi si vide cestinare questa
vibrante denuncia, frutto di spirito civico e amor di patria. Ma ora che le
autorità comunali, provinciali, regionali e nazionali hanno ben altra coscienza
e maturità di quelle dei suoi tempi, si può chiedere una sana e doverosa
damnatio memoriae?
(Per firmare l’appello presentarsi con un documento d’identità presso tutte le
sedi locali di partito dell’attuale governo).