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Di Fabrizio (del 18/07/2007 @ 09:09:39, in Italia, visitato 1802 volte)

Ricevo da Tommaso Vitale

''Acqua non potabile'': imbottigliata e distribuita per denunciare il degrado del campo rom di Castel Romano

E' quella del pozzo del campo dove vivono circa 1000 persone, l'unica disponibile per il migliaio di persone, molti i bambini. “Alcuni dei nostri bambini si sono già ammalati di epatite”

ROMA - "Acqua non potabile”. In confezioni da due litri, imbottigliata e distribuita a Castel Romano, al chilometro 20 della via Pontina, a Roma. L'acqua è delle più torbide e sul fondo della bottiglia precipita il terriccio in sospensione. L"etichetta raccomanda: "solo uso esterno e fanghi”. E più sotto specifica: “Acqua non potabile  distribuita un'ora al giorno a 1.500 persone”. E" l'acqua del pozzo del campo rom di Castel Romanoi. L'unica disponibile per il migliaio di persone, molti i bambini, ospitati nella struttura aperta nel settembre 2005. I rappresentanti della comunità Korahanè del campo, l'hanno imbottigliata e ne faranno omaggio alle autorità responsabili per denunciare la situazione di degrado del campo. “Alcuni dei nostri bambini si sono già ammalati di epatite, per aver bevuto quell'acqua”, dice Luigi, un trentenne residente nel campo, che aggiunge: “Come è possibile che, in Italia, mille persone siano tenute senza acqua potabile? Ho sempre lavorato, sono in Italia da vent'anni, come tanti altri. Eppure lo stato ci costringe ad essere nomadi”. I Korahanè di Castel Romano invitano quindi tutti i cittadini di Roma a visitare il campo della Pontina giovedì 19 luglio a partire dalle 19:00, e a passarvi la notte per “richiedere un intervento urgente da parte delle autorità teso al ripristino delle condizioni di vivibilità e sicurezza per le 1.000 persone che vi abitano”. (vedi lancio successivo) (gdg)

© Copyright Redattore Sociale

''Non siamo cani'': i rom si ribellano ai patti di sicurezza di Amato e Veltroni

Prevedono il trasferimento di migliaia di famiglie in 4 nuovi grandi campi attrezzati, che sorgeranno fuori dal raccordo anulare. Najo Adzovic: ''E' tempo di reagire". Dure critiche alle associazioni che gestiscono i campi

ROMA - Non siamo nomadi. Basta con i campi, vogliamo una casa. Le comunità rom di Roma si schierano contro i patti di sicurezza sottoscritti da Amato e Veltroni lo scorso maggio, e che prevedono il trasferimento in massa di migliaia di famiglie in 4 nuovi grandi campi attrezzati, che sorgeranno fuori dall'autostrada del raccordo anulare.
"E" tempo di reagire - dichiara Najo Adzovic (Campo Casilino 900) - non possono deportarci e recintarc come cani”. Dure le critiche alle associazioni e cooperative che gestiscono i campi "Basta lucrare sulle nostre spalle – dice Graziano Alilovic (Campo La Barbuta) –. Vogliamo case, non campi. Le associazioni ci dicano da che parte stanno”.

Quella del diritto alla casa è la prima delle richieste del coordinamento dei rom, riunitosi questa mattina all'università La Sapienza in un incontro con la stampa. “Chiediamo al sindaco case popolari”, dice Meo Hamidovic (Campo Castel Romano). Hamidovic vive al campo di Castel  Romano dal 14 settembre 2005. Allora venne sgomberato il campo di vicolo Savini, a Ponte Marconi. Mille persone trasferite a Castel Romano, in quello che si annuncia come prototipo dei villaggi della solidarietà proposti dai patti di sicurezza firmati a maggio, a Roma, dal sindaco Walter Veltroni, da Enrico Gasbarra, Piero Marrazzo e dal Prefetto Serra - oltre al ministro Amato. Undici milioni di euro in tre anni dalla Regione Lazio, quattro milioni dal Comune di Roma e un ulteriore contributo da parte della Provincia di Roma, per rivedere l'assetto dei campi rom. Seimila persone – dichiara il professor Marco Brazzoduro (La Sapienza) - rischiano la “deportazione” in località periferiche e isolate, che saranno definite entro il 23 luglio.

Nel campo rom di Castel Romano vivono mille persone, confinate in 220 container al confine tra Roma e Pomezia, nel mezzo della riserva naturale di Decima-Malafede. Il luogo è talmente isolato che per spegnere un incendio divampato nel campo due giorni fa, a nulla è servito la chiamata ai vigili del fuoco, che non sono riusciti a raggiungere la zona con le autobotti. Il campo è gestito dall'Arci, per una convenzione che ammonta a 750.000 euro annui. “Il villaggio non è attrezzato, siamo senza acqua potabile, non c'è un solo posto all'ombra per i nostri bambini”, si lamenta Hamidovic. L'unica distribuzione idrica, per due ore al giorno, è realizzata con acqua di pozzo non potabile e inquinata. “Alcuni dei nostri bambini si sono già ammalati di epatite, per aver bevuto quell'acqua”, dice un trentenne residente al campo. Il primo centro abitato dista 8 km dai container, e le scuole dove i bambini erano iscritti prima dello sgombero da vicolo Savini, distano 20 km. Molti hanno abbandonato gli studi. Anche perché, denuncia Hamidovic, le scuole del XII municipio rifiutano di accogliere i nostri figli.

I rom criticano anche l'atteggiamento securitario con cui si sentono giudicati. “La società dei gage (i non rom, ndr) porta all'annullamento dell'identità – dice Bruno Morelli -. I problemi di microcriminalità esistono, ma sono legati alle condizioni di miseria dei campi e non alla cultura”. Morelli si è quindi appellato ai media, perché diano voce alle istanze di “una minoranza etnica e linguistica mai riconosciuta in Italia” e sostengano la lotta dei rom contro i campi, “rimasti soltanto in Italia”. Intanto l'amministrazione capitolina va in direzione opposta. Lo scorso 8 luglio, sono infatti arrivati a Roma i cinque funzionari prestati dalle forze dell'ordine romene. Rimarranno per tre mesi, per favorire l'identificazione dei rom. (gdg)

© Copyright Redattore Sociale h 16.48 17/07/2007

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Di Fabrizio (del 17/07/2007 @ 10:00:08, in Italia, visitato 1869 volte)

Da Roma_Daily_News

Strasburgo, 11 luglio 2007 - L'European Roma and Travellers Forum (ERTF) ha reagito alle notizie apparse sui media italiani, secondo i quali ci sono attualmente circa 50.000 bambini mendicanti in Italia, la maggior parte dei quali a Roma. L'ANSA, che per prima ha riportato la notizia, afferma che il business è molto lucrativo, e riporta quanto espresso dalla European Union Agency for Fundamental Rights (FRA). L'agenzia stampa aggiunge che FRA ha appena lanciato una campagna europea contro lo sfruttamento dei bambini mendicanti.

L'European Roma and Travellers Forum ha chiesto alla FRA notizie in merito, ed è stato risposto che non era mai stato scritto un rapporto simile. L'Agenzia ha svolto proprie ricerche, venendo a scoprire che la fonte della campagna mediatica era un rapporto della parlamentare italiana Roberta Angelilli, di Alleanza Nazionale, con un proprio rapporto presentato pochi giorni prima a Roma (qui in formato pdf).

La rappresentante di estrema destra, che è anche la coordinatrice dell'Ufficio Nazionale per i Problemi dei Minori di Alleanza Nazionale, ha comunque adoperato materiale fornito da FRA, riguardo all'allarmante situazione di donne e bambini Romani, che li rende vittime naturali delle reti criminali. Il rapporto, che è tempestato di immagini di donne e bambini mendicanti è parte di una campagna contro l'accattonaggio per le strade che ultimamente bersaglia Roma.

L'Italia è stata nuovamente al centro di una campagna razzista contro i Rom. Non più di due mesi fa Roma, seguita da altre città, ha annunciato i piani per rialloggiare i Rom fuori dalla città, nei cosiddetti "villaggi della solidarietà" vigilati dalla polizia. Due settimane fa il sindaco Walter Veltroni è volato a Bucarest per firmare un accordo con le autorità rumene per gli stranieri illegali. Come parte di questo accordo i primi agenti rumeni sono arrivati a Roma ed aiuteranno i loro colleghi sulle tematiche dei minori, della prostituzione e dei campi rom (vedi il rapporto qui sotto).

"Siamo estremamente preoccupati sulla perdurante campagna contro i Rom in Italia" scrive in una lettera Rudko Kawczynski, Presidente di ERTF a Beate Winkler, direttrice della Fundamental Rights Agency, puntualizzando i collegamenti tra la campagna mediatica e le recenti iniziative contro i Rom. Chiede a Ms. Winkler di adoperare il proprio diritto di correzione per impedire che il nome di Fundamental Rights Agency non venga mal adoperato per danneggiare ulteriormente le comunità Rom in Italia.

ERTF

Italy tells Romania: We don't want your Roma

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Di Fabrizio (del 16/07/2007 @ 09:40:38, in casa, visitato 1691 volte)

Da Repubblica

Il progetto arriva dal Nord Europa: recuperare e creare appartamenti
Giovani, immigrati e precari: lavorano nei giorni liberi e abbattono i costi

Anche in Italia le case costruite da soli
E il ministro promette una legge

di CARLOTTA MISMETTI CAPUA

I nostri bisnonni l'hanno sempre fatto. Si rimboccavano le maniche e si costruivano la propria casa da soli. Allora si poteva fare, non c'erano troppi permessi da chiedere, le pietre si trovavano nei campi dei vicini, la speculazione edilizia non esisteva.

Oggi rinasce questa pratica, in chiave sociale. Arriva dal Nord Europa un progetto semplice, innovativo: si chiama “auto-costruzione”, e nasce dal basso. Ci si mette insieme con altri lavoratori, o amici, o immigrati, o vicini di casa. Le amministrazioni offrono dei sussidi o pratiche burocratiche semplificate. E la casa si costruisce collettivamente, lavorando il fine settimana e nelle feste comandate. A costruirsi la casa da soli si abbattono i costi del 40%, e si sfugge agli speculatori.

Il progetto sembra talmente innovativo che la Provincia di Napoli e il comune di Padova stanno provando a replicarlo con i Rom. Altre comunità ci stanno lavorando: i Sinti veneti stanno costruendo un intero villaggio. L'associazione Alisei si occupa di auto-costruzione e ha cantieri aperti in Umbria, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana e nelle Marche. Totale: 400 alloggi in auto-costruzione. La stessa Banca Etica ha finanziato cantieri a Ravenna e Perugia con oltre 7 milioni di euro per 86 alloggi. In Lombardia la Regione ha messo a disposizione un fondo per finanziare fino al 20% del costo del progetto, da restituire dopo 10 anni dal termine lavori. Iniziative lungimiranti: in Irlanda l'auto-realizzazione arriva a coprire il 25% dell'edilizia popolare, per dire.

In Italia il ministro Ferrero sta pensando ad una legge nazionale. Finora tutte le cooperative al lavoro sono tutte inter-etniche, e per questa ragione il ministro le considera molto importante anche come strumento di coesione sociale. In Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia stanno lavorando a progetti di legge regionali: si pensa ad una agevolazione fiscale sull'Ici o a finanziamenti da restituire in dieci anni. “Al momento abbiamo un tavolo informale, una sorta di gruppo di lavoro. Stiamo cercando di capire come possiamo sostenere questa pratica” dicono dal ministero. La legge nazionale ci sarà, forse con un fondo per sostenere i programmi di auto-costruzione (per ora c'è un fondo di inclusione per gli immigrati a disposizione). “Riteniamo che questa politica debba uscire dalla sperimentazione, e diventare diffusa” dice il ministro Ferrero. “E' una risposta concreta per chi cerca un abitazione e non ha un grande reddito: ma è anche un modello di solidarietà, per imparare a fare le cose insieme”.

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Di Fabrizio (del 15/07/2007 @ 09:24:21, in Kumpanija, visitato 2808 volte)

LOS GITANOS EN BRASIL[1]

Por: CRISTINA DA COSTA[2]

Secondo dati della Unión Romaní Internacional, esistono attualmente in America Latina circa un milione e mezzo di Gitani, dei quali ottocento mila vivono in Brasile. A cominciare da questo considerevole numero, la maggior parte di loro non ha risvegliato l'esigenza di affermarsi come popolo. Molti nascondono la loro origine, altri preferiscono affermare in forma romantica che "fintanto che nel cielo ci sarà una stella, ci saranno Gitani nel mondo".

Il nascondersi, lo sappiamo bene, viene dai pregiudizi che si sono avuti contro questo popolo nel corso della Storia nei più diversi paesi.

Il Brasile non fu differente

Il primo Gitano che arrivò in Brasile fu Joao Torres, nel 1574, che era stato espulso dal Portogallo. Seguirono molti altri, tutti accompagnati dallo stigma della persecuzione di cui erano stati oggetto in tutta Europa. In Brasile si succedettero editti, leggi e decreti che cercavano di controllare i Gitani: regolamentazioni professionali, sulla residenza, proibizione dell'uso dei costumi tipici e dell'uso del romanó-kaló, la vecchia proibizione di essere Gitani.

Durante i secoli  XVI e XVII i Gitani andarono espandendosi per tutto il Brasile, principalmente negli stati di Río de Janeiro, Sao Paulo, Bahía, Minas Gerais e Pernambuco.

Dal 1808, con l'arrivo della famiglia reale portoghese, un gran numero di Gitani nella corte di Joao VI a Rio de Janeiro esercitavano come artisti per l'intrattenimento delle feste reali, dei signori e dei merinos (officiali di giustizia). Inoltre, i Gitani furono i primi ufficiali di giustizia nel paese, e molti del gruppo Kalón esercitarono questa professione nel Forum della città di Río de Janeiro.

Risulta interessante che uno dei più famosi organizzatori di feste di Corte era il Gitano Conde de Bofia, che oggi da il nome a una via di questa città.

Sino allora arrivavano in Brasile Gitani provenienti dal Portogallo e, più raramente, dalla Spagna (los Kalóns). A partire dal 1882, con l'indipendenza del Brasile, arrivarono i Rom (non iberici).

Pluralità dei gruppi Gitani

La divisione per gruppi che meglio riflette la realtà della presenza dei Gitani in Brasile, è la seguente:

1. Rom:

- Kalderash: E' il sottogruppo più prestigioso del Brasile. Sono calderai e alcuni sono riusciti nell'ascesa economica e professionale.

- Khorakhane: Originari di Grecia e Turchia.

- Macwaia: Quelli che di più negano la loro origine Gitana..

- Rudari: Provenienti principalmente dalla Romania.

- Lovara: Si autodefiniscono come emigranti italiani.

2. Kaló:

- Gitani iberici. A Rio de Janeiro e San Paolo si identificano come emigranti portoghesi e spagnoli e in maggioranza sono commercianti, tassisti e, alcuni, universitari.

Struttura sociale

La situazione dei Gitani in Brasile è la stessa che in altri paesi del mondo: pregiudizi dei gadye (payos), che comportano a volte perdite successive delle proprie caratteristiche culturali. Il deceduto Juscelino Kubitscheck de Olivera, uno dei maggiori presidenti del paese (1956-1960), mai menzionò la propria origine gitana.

I nomadi sono una minoranza e si trovano abbastanza emarginati. Sono quelli che soffrono i pregiudizi della popolazione locale dove si accampano, in quanto le loro baracche, i cavalli e i vestiti li identificano immediatamente come Gitani. Gli uomini vivono del commercio di cavalli e, a volte, di automobili usate, della riparazione di utensili di cucina e dell'artigianato del rame. Le donne praticano la chiromanzia: girano per le strade offrendo la loro lettura delle linee della mano.

Quello brasiliano è un popolo estremamente mistico, dovuto questo alla forte presenza nella struttura sociale di afrodiscendenti e indigeni, entrambe popoli che coltivano queste pratiche millenarie. E'per questa via che i Gitani incontrano con una certa facilità la forma per penetrare nella società brasiliana.

Tra i nomadi, i matrimoni sono concertati previamente ed i fidanzati si sposano ancora adolescenti (dodici anni anni per le ragazze e quindici per i ragazzi). Oggi esistono matrimoni misti tra i nomadi.

In relazione ai loro morti, i nomadi hanno il costume di versare del vino nella fossa dove depositano il defunto, così come di tornare sempre nel luogo dove fu interrato.

Piace loro ballare e cantare, anche se la loro arte musicale si è parecchio mescolata con i ritmi delle città dell'interno del Brasile.

Quanti si sono invece già sedentarizzati, anche da diverse generazioni, mantengono alcune tradizioni degli antenati europei.

Svariate professioni

I Gitani dello stesso gruppo tendono a concentrarsi nello stesso quartiere, in case vicine o nel medesimo edificio. Per la strada camminano assieme e si incontrano a gruppi per le piazze delle città. Tra loro ci sono avvocati,medici, commercianti di tappeti ed automobili, circensi, industriali, professori, musici o cartomanti, cioè esercitano le più varie professioni. Il  loro comportamento è uguale a quello di qualsiasi altri cittadino, escluso il fatto di che nelle loro case sono tutti Gitani.

I matrimoni vengono sempre concertati in anticipo - rarissimamente avvengono al di fuori della loro razza - e durano tre giorni. Il secondo giorno, una volta la verginità della sposa, i padri dei ragazzi portano la vestaglia nel mezza di canti e balli, mentre la famiglia della sposa impugna orgogliosamente la vestaglia insanguinata in segno di giubilo.

La musica dei sedentari, compreso il gruppo del gruppo dei Rom - a base di violino - che del gruppo Kalón - su abse di viola accompagnata dal battito delle mani del flamenco - non differisce molto da quella dei Gitani europei. I Gitani brasiliani sedentarizzati hanno convertito in una questione di onore il fatto di mantenere la propria tradizione musicale.

La pomana, il rito funebre, si svolge in Brasile tre giorni dopo la morte e si ripete dopo quarantun giorni, sei mesi e un anno, quando ha luogo il termine delle celebrazioni. Le cerimonie avvengono sempre di sabato e raccolgono parenti ed amici del morto venute da tutte le parti del paese.

Feste religiose

I Gitani hanno feste religiose proprie, basate sulla santa protettrice di determinate famiglie. In questo senso si svolge la slava, cerimonia in cui omaggiano una santa e servono un banchetto. Amici e parenti ballano attorno alla tavola. Questa festa deve aver luogo sempre prima della morte del patriarca della famiglia; dopo la sua morte, il figlio più giovane sarà obbligato a continuare la festa sino a che non abbia un figlio.

Quanto alla religione, ci sono Gitani cattolici, protestanti, ortodossi e frequentano le chiese più diverse. Inoltre, mantengono nelle loro case, pratiche mistiche come la chiromanzia, la cartomanzia o la lettura della fortuna col gioco delle monete.

Perla sua somiglianza a santa Sara, accomunata dal colore della pelle, i Gitani brasiliani onorano, tra le altre, Nuestra Señora Aparecida,  che si festeggia il 12 ottobre. Anche san Giorgio, san Nicola o santa Barbara. Anche se non si può parlare di una religione gitana, si può affermare che i Gitani hanno un sentimento di religiosità molto forte.

Le questioni economiche, le separazioni e altre situazioni sono risolte dal padre di famiglia, dal leader del gruppo o, in casi estremi, dalla Kriss Romaní o Consiglio di Giustizia Parallelo, composto dai Gitani più anziani e rispettati.

La maggioranza dei Gitani non permette ai figli di frequentare la scuola per molto tempo. In questo senso, in relazione ai nomadi, la Pastorale dei Nomadi del Brasile ha realizzato un eccellente lavoro, guidato dal padre italiano Renato Rosso, che battezza, alfabetizza e sposa le persone del gruppo che lo desiderino. Per quanto riguarda i sedentari, molti ritengono che l'insegnamento dei gadye non ha niente a che vedere con la visione del mondo dei Gitani e che così si allontanano i giovani dalla tradizione. Credono che sia necessario il solo apprendere a leggere, scrivere e avere alcune nozioni di matematica "per non essere ingannati dai gadye (payos)".

Una minoranza all'Università

Una minoranza, senza dubbio, ha acceduto già all'università e vedono gli studi e il miglioramento intellettuale come l'unica uscita del popolo Gitano per la sopravvivenza nella società maggioritaria.

Folclore a parte, il Gitano alla fine del secolo XX cercano di mantenere le loro tradizioni, altrimenti, in pochi anni, sarà un popolo ricordato appena dalla letteratura, dal cinema, la musica o la memoria delle persone.

Dalla metà circa degli anni '80 esiste il Centro di Studi Gitani del Brasile (CEC), che vuole mostrare la realtà del popolo Gitano in questo paese, tramite conferenze, video, interviste a periodici e stazioni radio e televisive, pubblicazioni di libri e presentazioni musicali. Si intende cosi rafforzare l'identità culturale gitana, nella condivisione con la realtà che li circonda. Il CEC è presieduto dal Gitano Mio Vacite, violinista di professione.

Nel maggio 1989, il CEC ha conseguito che il prefetto di Itaguaí (municipio dello stato di Río de Janeiro), cedesse un terreno ai nomadi che passano frequentemente da lì e che altrimenti incontravano difficoltà ad accamparsi. Speriamo che altri prefetti ne seguano l'esempio.

C'è molto da fare, posto che il CEC non è affiliato a nessuna entità governativa e [...] tenendo conto che siamo in un paese del sud.

Quello che si spera è che più Gitani brasiliani prendano coscienza della necessità di questo movimento per la sopravvivenza come popolo in Brasile.

Note di pie di página
[1] Tomado de: I Tchatchipen. No. 13. Enero–Marzo–Diciembre . 1996. Barcelona.
[2] Escritora brasileña.

Bibliografía
CRISINA DA COSTA. Povo Cigano. Río de Janeiro. Edición de Autor. 1986.
CRISINA DA COSTA. Os Ciganos continuam na estrada. Río de Janeiro. Edición de Autor. 1989.
MELO MORALES FILHO. Os Ciganos no Brasil. Sao Paulo. VSP. 1981.
ATICO VILAS-BOAS DA MOTA. Os Ciganos do Brasil. Río de Janeiro. FGV. 1984. En: El Correo de la UNESCO.

PRORROM

PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA / PROTSESO ORGANIZATSIAKO LE RROMANE NARODOSKO KOLOMBIAKO

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Di Fabrizio (del 14/07/2007 @ 10:18:26, in Italia, visitato 2249 volte)

conferenza stampa martedì 17 luglio, ore 11

‘LA SAPIENZA’ UNIVERSITA’

Facoltà di Scienze Statistiche, aula 3, III piano

piazzale Aldo Moro 5

I rappresentanti delle Comunità Rom di Roma parleranno in una conferenza stampa delle gravi condizioni abitative in cui versano da decenni. Stileranno una piattaforma comune per opporsi ai

Patti per la Sicurezza e ai Villaggi della Solidarietà

Intervengono:

i Rappresentanti delle Comunità Rom di Roma:

Meo Hamidovic - Campo di Castel Romano

Mirko Grga - Campo Salviati 1

Najo Adzovic - Campo Casilino 900

Graziano Halilovic - Campo La Barbuta

Zoran Maximovic - Campo Via di Gordiani

Aldo Hudorovich - Campo Saxa Rubra

Decebal - Campo Quintiliani

Sevla Sejdic - ex Campo Vicolo Savini

Hasko - Campo Tor de’ Cenci

Dumitru Miclescu - campo Candoni

Najdan Iovanovic - Campo Via Dameta

Nazareno Guarnieri - Pescara

Partecipa il Coordinamento per Roma Democratica e Solidale

Modera Prof. Marco Brazzoduro

presentazione

SLEEP OUT #2

Campo Rom di Castel Romano

19 luglio 2007 dalle ore 19

promosso da stalker/osservatorionomade

stalker/osservatorionomade e la comunità Korahanè di Castel Romano invitano a visitare e passare la notte al campo rom “attrezzato”.

Per l’occasione sarà imbottigliata l’Acqua della Fonte della Solidarietà, acqua non potabile, distribuita una sola volta al giorno a mille e cinquecento persone. Solo uso esterno e fanghi.

La serata prevede musiche e poesie delle culture rom di Roma

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Di Fabrizio (del 13/07/2007 @ 09:19:13, in Italia, visitato 2205 volte)

In occasione del Meeting Antirazzista che si terrà a Cecina dal 21 al 28 luglio è in programma una giornata incentrata sul popolo Rom, all'interno del tema più generale del meeting: Città aperte o chiuse?

Il tema della giornata è: “Immaginare il futuro tra memoria e presente

Al mattino dalle ore 10 alle 13 si riunirà l'assemblea plenaria del Comitato Rom e Sinti Insieme.
I rappresentanti discuteranno tre documenti che verranno presentati nel seguito della giornata. Il primo sulle problematiche legate all'immigrazione, il secondo sulla legge per il riconoscimento delle minoranze linguistiche in particolare dei rom e sinti ed il terzo per la costruzione della rappresentanza politica e la cittadinanza. L'assemblea sarà aperta a tutti gli interessati.
Alcuni partecipanti: Yuri Del Bar, Nazzareno Guarnieri, Radames Gabrielli, Eva Rizzin, Dijana Pavlovic, prof. Santino Spinelli,Demir Mustafa, Davide Casadio, Elvis Ferrari, Graziano Halilovic, Bruno Morelli, Loris Levak, Bajram Osmani, Torre Vladimiro.
Contributi esterni: Roberto Ermanni, Zoran Lapov, Nando Sigona, Carlo Berini.

Dalle ore 15:30 alle ore 17:30
Nel primo pomeriggio è prevista, alla presenza della sottosegretaria Cristina De Luca, di alcuni parlamentari italiani e di molti amministratori locali di Regioni e Comuni, la presentazione di buone prassi politiche e progettuali con interventi di Arci, Osservazione e Fondazione Michelucci. Inoltre ci sarà la restituzione dei documenti discussi la mattina dal Comitato Rom e Sinti Insieme.

Contestualmente avrà luogo la presentazione della pubblicazione con Dvd “Immaginare il Futuro tra Memoria e Presente” prodotta da Arci Toscana che documenta l'esperienza del Progetto Rom Toscana, metodologie e proposte per il futuro.

Dalle ore 17:30 alle ore 19:30
Tavola Rotonda: il superamento dei “campi nomadi”
La discussione approfondirà i temi dell'accoglienza, della discriminazione e dell'illusione securitaria. Saranno presenti, con vari interventi, amministratori e funzionari locali.
Interverranno: Gianni Salvadori (assessore Regione Toscana); Lucia De Siervo (assessora Comune di Firenze; e altri assessori e funzionari delle delle Regioni e Comuni italiani (Sicilia; Lazio, Puglia; Campania, Toscana, Veneto, Lombardia, Trentino)

Alle ore 21 Spazio Cinema
proiezione del cortometraggio “Kher” prodotto da Arci Toscana sul tema Progetto Rom Toscana e il superamento dei Campi Nomadi.

Ore 21:30 concerto
Esma Redzepova (da confermare)

Info: meeting.toscana@arci.it
tel. +39 0586.684929
http://meeting.accoglienzatoscana.it

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Di Fabrizio (del 12/07/2007 @ 11:19:13, in sport, visitato 2204 volte)

Per "frasi razziste" nei confronti di altri pugili

Da Rai Sport

11 luglio 2007 - Il consiglio della federazione pugilistica italiana ha deferito il campione europeo dei pesi massimi leggeri, Vincenzo Cantatore. L'accusa mossa a Cantatore e' quella di aver rilasciato dichiarazioni 'razziste' nei confronti di altri pugili tesserati in Italia. "Portano sul ring ex criminali e zingari": e' questa la frase incriminata, rilasciata da Cantatore. A questo punto tocchera' al giudice sportivo valutare gli estremi disciplinari da applicare per questo tipo di dichiarazioni.

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Di Fabrizio (del 12/07/2007 @ 09:30:23, in media, visitato 1695 volte)

Immagini di Rom al di là dei soliti stereotipi (cliccare sull'immagine per accedere al portfolio).

Un'intervista (in inglese) ad Andrew Miksys, autore delle foto.

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Di Fabrizio (del 11/07/2007 @ 10:18:20, in musica e parole, visitato 1907 volte)

... i Gogol Bordello con Madonna?

Guarda il video di Live earth a Londra, su YouTube.

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Di Daniele (del 11/07/2007 @ 09:29:13, in Italia, visitato 2076 volte)

di Federica Santoro - Megachip

In questi giorni di polemiche attorno al “Patto per la sicurezza” voluto dal sindaco di Roma Veltroni, è opportuno forse ripercorrere brevemente la storia del “Popolo del vento”, in nome di quella integrazione che stenta nei fatti. Il Patto prevede lo spostamento dei campi rom al di fuori del Grande raccordo anulare con la costruzione di quattro mega villaggi da mille posti l'uno.

Chi crede che la diaspora delle carovane sia sinonimo di assenza di radici, resterà sorpreso. Chi sono i Rom? Da dove vengono? Hanno mai provato ad integrarsi? A differenza di quanto si possa pensare il popolo dei Rom non nasce come un popolo nomade. Il lungo cammino delle carovane proviene da terre e tempi lontani. È circa attorno all'anno mille che gli antenati degli attuali Rom, Sinti, Kalè, Manush e Romnichals, vengono costretti ad abbandonare le loro regioni natie nell'India settentrionale. I Rom discendono infatti da un'antichissima popolazione indo-ariana e non da Balcanici o Rumeni come confusamente si crede, fatto che dipende dalla loro lunga permanenza in quei luoghi. A testimonianza di questo passato remoto, la loro lingua che deriverebbe da alcuni idiomi del Pakistan, a cui i Rom hanno affidato la loro memoria nel corso dei secoli fino alla metà del XIX, quando la tradizione da orale diventa scritta, e non solo: molte sono le testimonianze nella letteratura classica indiana di un popolo chiamato Domba legato agli attuali Rom. Ammaestratori di cavalli, musicisti, giocolieri, saltimbanchi e allevatori, queste le attività che accomunano i due popoli. Inizialmente, quindi la scelta di spostarsi fu dettata dall'organizzazione, dalla necessità di trovare mercati in cui vendere gli animali e pubblico sempre nuovo per gli spettacoli; sarà dall'anno mille che i Rom inizieranno a muoversi per costrizione, in piccoli gruppi. Tra il 1001 e il 1027, sotto la dominazione di Mahmud Al Gazni inizia la vera diaspora del popolo Romanò. Dal nome di questo violento conquistatore deriva il termine “gagè” col quale i Rom definiscono tutti coloro che non appartengono alla loro comunità. A Bisanzio giungono nel XVI sec., associati alla setta eretica Athsingani “intoccabili”, vengono creduti stregoni e perciò perseguitati e isolati. Da qui nasce il pregiudizio che ha accompagnato per secoli il popolo Rom, retaggio di antiche proibizioni vigenti nelle caste indiane. La loro presenza nei Balcani e in Romania sarà segnata da secoli di schiavitù, così come nel resto d'Europa. In Italia trovano un potente protettore: il Pontefice. Dalle ricostruzioni storiche sembrerebbe che sia stato Martino V a rilasciare loro una sorta di lasciapassare che li dichiara “pellegrini penitenti alla ricerca di protezione”. Purtroppo il continente europeo è stato anche luogo di scellerati massacri e violenze. Le comunità migranti hanno sperimentato le peggiori persecuzioni con l'Olocausto della seconda guerra mondiale. È del 1938 la prima legge del Reich contro i Rom, dal nome “Lotta alla piaga zingara”, editto dal tragico epilogo: anche per loro si prospetta la soluzione finale. Il mondo Romanò è oggi vastamente diffuso su tutti i continenti. “Tanti secoli di repressioni, lutti, paure e dolori hanno portati le vari gruppi di Romanò, meglio conosciuti come Rom a sviluppare uno spiccato senso di individualismo e di autoprotezione” scrive il professore di origine Rom Santino Spinelli. Dopo secoli di permanenza nella nostra penisola i Rom sono passati negli ultimi 50 anni dal nomadismo alla sedentarietà e in alcune regioni dell'Italia centro-meridionale come l'Abruzzo, ad un grado di integrazione notevole in seguito al loro riconoscimento dall'opinione pubblica della loro identità di giostrai e circensi. Altro discorso è per gli ultimi gruppi arrivati assieme ai profughi dopo le persecuzioni recenti subite nei Balcani. La loro condizione è ancora disagevole e causa di luoghi comuni che li vogliono relegati nei campi, in condizioni disumane, lontani dalla società civile di cui temono la “contaminazione”. A fare spesa dell'emarginazione soprattutto i bambini che cadono vittime di autentiche rappresaglie razziali, a scuola e per strada. Secondo Spinelli, i Rom “auspicherebbero la creazione di strutture flessibili adattabili alla situazione e che evitino l'emarginazione”. Una notevole componente della comunità romanò, è oggi fornita di cittadinanza tanto da non essere distinguibile dalla popolazione gagè. Dato importante se si pensa che il futuro dei Rom è legato a doppio filo al loro riconoscimento in quanto popolo senza territorio.

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