Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 18/07/2007 @ 09:09:39, in Italia, visitato 1802 volte)
Ricevo da Tommaso Vitale
''Acqua non potabile'': imbottigliata e distribuita per denunciare il
degrado del campo rom di Castel Romano
E' quella del pozzo del campo dove vivono circa 1000 persone, l'unica
disponibile per il migliaio di persone, molti i bambini. “Alcuni dei nostri
bambini si sono già ammalati di epatite”
ROMA - "Acqua non potabile”. In confezioni da due litri, imbottigliata e
distribuita a Castel Romano, al chilometro 20 della via Pontina, a Roma. L'acqua
è delle più torbide e sul fondo della bottiglia precipita il terriccio in
sospensione. L"etichetta raccomanda: "solo uso esterno e fanghi”. E più sotto
specifica: “Acqua non potabile distribuita un'ora al giorno a 1.500
persone”. E" l'acqua del pozzo del campo rom di Castel Romanoi. L'unica
disponibile per il migliaio di persone, molti i bambini, ospitati nella
struttura aperta nel settembre 2005. I rappresentanti della comunità Korahanè
del campo, l'hanno imbottigliata e ne faranno omaggio alle autorità responsabili
per denunciare la situazione di degrado del campo. “Alcuni dei nostri bambini si
sono già ammalati di epatite, per aver bevuto quell'acqua”, dice Luigi, un
trentenne residente nel campo, che aggiunge: “Come è possibile che, in Italia,
mille persone siano tenute senza acqua potabile? Ho sempre lavorato, sono in
Italia da vent'anni, come tanti altri. Eppure lo stato ci costringe ad essere
nomadi”. I Korahanè di Castel Romano invitano quindi tutti i cittadini di Roma a
visitare il campo della Pontina giovedì 19 luglio a partire dalle 19:00, e a
passarvi la notte per “richiedere un intervento urgente da parte delle autorità
teso al ripristino delle condizioni di vivibilità e sicurezza per le 1.000
persone che vi abitano”. (vedi lancio successivo) (gdg)
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''Non siamo cani'': i rom si ribellano ai patti di sicurezza di Amato e
Veltroni
Prevedono il trasferimento di migliaia di famiglie in 4 nuovi grandi campi
attrezzati, che sorgeranno fuori dal raccordo anulare. Najo Adzovic: ''E' tempo
di reagire". Dure critiche alle associazioni che gestiscono i campi
ROMA - Non siamo nomadi. Basta con i campi, vogliamo una casa. Le comunità rom
di Roma si schierano contro i patti di sicurezza sottoscritti da Amato e
Veltroni lo scorso maggio, e che prevedono il trasferimento in massa di migliaia
di famiglie in 4 nuovi grandi campi attrezzati, che sorgeranno fuori
dall'autostrada del raccordo anulare.
"E" tempo di reagire - dichiara Najo Adzovic (Campo Casilino 900) - non possono
deportarci e recintarc come cani”. Dure le critiche alle associazioni e
cooperative che gestiscono i campi "Basta lucrare sulle nostre spalle – dice
Graziano Alilovic (Campo La Barbuta) –. Vogliamo case, non campi. Le
associazioni ci dicano da che parte stanno”.
Quella del diritto alla casa è la prima delle richieste del coordinamento dei
rom, riunitosi questa mattina all'università La Sapienza in un incontro con la
stampa. “Chiediamo al sindaco case popolari”, dice Meo Hamidovic (Campo Castel
Romano). Hamidovic vive al campo di Castel Romano dal 14 settembre 2005.
Allora venne sgomberato il
campo di vicolo Savini, a Ponte Marconi. Mille persone trasferite a Castel
Romano, in quello che si annuncia come prototipo dei villaggi della solidarietà
proposti dai patti di sicurezza firmati a maggio, a Roma, dal sindaco Walter
Veltroni, da Enrico Gasbarra, Piero Marrazzo e dal Prefetto Serra - oltre al
ministro Amato. Undici milioni di euro in tre anni dalla Regione Lazio, quattro
milioni dal Comune di Roma e un ulteriore contributo da parte della Provincia di
Roma, per rivedere l'assetto dei campi rom. Seimila persone – dichiara il
professor Marco Brazzoduro (La Sapienza) - rischiano la “deportazione” in
località periferiche e isolate, che saranno definite entro il 23 luglio.
Nel campo rom di Castel Romano vivono mille persone, confinate in 220 container
al confine tra Roma e Pomezia, nel mezzo della riserva naturale di
Decima-Malafede. Il
luogo è talmente isolato che per spegnere un incendio divampato nel campo due
giorni fa, a nulla è servito la chiamata ai vigili del fuoco, che non sono
riusciti a raggiungere la zona con le autobotti. Il campo è gestito dall'Arci,
per una convenzione che ammonta a 750.000 euro annui. “Il villaggio non è
attrezzato, siamo senza acqua potabile, non c'è un solo posto all'ombra per i
nostri bambini”, si lamenta Hamidovic. L'unica distribuzione idrica, per due ore
al giorno, è realizzata con acqua di pozzo non potabile e inquinata. “Alcuni dei
nostri bambini si sono già ammalati di epatite, per aver bevuto quell'acqua”,
dice un trentenne residente al campo. Il primo centro abitato dista 8 km dai
container, e le scuole dove i bambini erano iscritti prima dello sgombero da
vicolo Savini, distano 20 km. Molti hanno abbandonato gli studi. Anche perché,
denuncia Hamidovic, le scuole del XII municipio rifiutano di accogliere i nostri
figli.
I rom criticano anche l'atteggiamento securitario con cui si sentono giudicati.
“La società dei gage (i non rom, ndr) porta all'annullamento dell'identità –
dice Bruno Morelli -. I problemi di microcriminalità esistono, ma sono legati
alle condizioni di miseria dei campi e non alla cultura”. Morelli si è quindi
appellato ai media, perché diano voce alle istanze di “una minoranza etnica e
linguistica mai riconosciuta in Italia” e sostengano la lotta dei rom contro i
campi, “rimasti soltanto in Italia”. Intanto l'amministrazione capitolina va in
direzione opposta. Lo scorso 8 luglio, sono infatti arrivati a Roma i cinque
funzionari prestati dalle forze dell'ordine romene. Rimarranno per tre mesi, per
favorire l'identificazione dei rom. (gdg)
© Copyright Redattore Sociale h 16.48 17/07/2007
Di Fabrizio (del 17/07/2007 @ 10:00:08, in Italia, visitato 1869 volte)
Da
Roma_Daily_News
Strasburgo, 11 luglio 2007 - L'European Roma and Travellers Forum (ERTF)
ha reagito alle notizie apparse sui media italiani, secondo i quali ci sono
attualmente circa 50.000 bambini mendicanti in Italia, la maggior parte dei
quali a Roma. L'ANSA, che per prima ha
riportato la notizia, afferma che il business è molto lucrativo, e riporta
quanto espresso dalla European Union Agency for Fundamental Rights (FRA).
L'agenzia stampa aggiunge che FRA ha appena lanciato una campagna europea contro
lo sfruttamento dei bambini mendicanti.
L'European Roma and Travellers Forum ha chiesto alla FRA notizie in
merito, ed è stato risposto che non era mai stato scritto un rapporto simile.
L'Agenzia ha svolto proprie ricerche, venendo a scoprire che la fonte della
campagna mediatica era un rapporto della parlamentare italiana Roberta Angelilli,
di Alleanza Nazionale, con un proprio rapporto presentato pochi giorni prima a
Roma (qui
in formato pdf).
La rappresentante di estrema destra, che è anche la coordinatrice
dell'Ufficio Nazionale per i Problemi dei Minori di Alleanza Nazionale, ha
comunque adoperato materiale fornito da FRA, riguardo all'allarmante situazione
di donne e bambini Romani, che li rende vittime naturali delle reti criminali.
Il rapporto, che è tempestato di immagini di donne e bambini mendicanti è parte
di una campagna contro l'accattonaggio per le strade che ultimamente bersaglia
Roma.
L'Italia è stata nuovamente al centro di una campagna razzista contro i Rom.
Non più di due mesi fa Roma, seguita da altre città, ha annunciato i piani per
rialloggiare i Rom fuori dalla città, nei cosiddetti "villaggi della
solidarietà" vigilati dalla polizia. Due settimane fa il sindaco Walter Veltroni
è volato a Bucarest per firmare un accordo con le autorità rumene per gli
stranieri illegali. Come parte di questo accordo i primi agenti rumeni sono
arrivati a Roma ed aiuteranno i loro colleghi sulle tematiche dei minori, della
prostituzione e dei campi rom (vedi il rapporto qui sotto).
"Siamo estremamente preoccupati sulla perdurante campagna contro i Rom in
Italia" scrive in una lettera Rudko Kawczynski, Presidente di ERTF a Beate
Winkler, direttrice della Fundamental Rights Agency, puntualizzando i
collegamenti tra la campagna mediatica e le recenti iniziative contro i Rom.
Chiede a Ms. Winkler di adoperare il proprio diritto di correzione per impedire
che il nome di Fundamental Rights Agency non venga mal adoperato per
danneggiare ulteriormente le comunità Rom in Italia.
ERTF
Italy tells Romania: We don't want your Roma
Di Fabrizio (del 16/07/2007 @ 09:40:38, in casa, visitato 1691 volte)
Da
Repubblica
Il progetto arriva dal Nord Europa: recuperare e creare appartamenti
Giovani, immigrati e precari: lavorano nei giorni liberi e abbattono i costi
Anche in Italia le case costruite da soli
E il ministro promette una legge
di CARLOTTA MISMETTI CAPUA
I nostri bisnonni l'hanno sempre fatto. Si rimboccavano le maniche e si
costruivano la propria casa da soli. Allora si poteva fare, non c'erano troppi
permessi da chiedere, le pietre si trovavano nei campi dei vicini, la
speculazione edilizia non esisteva.
Oggi rinasce questa pratica, in chiave sociale. Arriva dal Nord Europa un
progetto semplice, innovativo: si chiama “auto-costruzione”, e nasce dal basso.
Ci si mette insieme con altri lavoratori, o amici, o immigrati, o vicini di
casa. Le amministrazioni offrono dei sussidi o pratiche burocratiche
semplificate. E la casa si costruisce collettivamente, lavorando il fine
settimana e nelle feste comandate. A costruirsi la casa da soli si abbattono i
costi del 40%, e si sfugge agli speculatori.
Il progetto sembra talmente innovativo che la Provincia di Napoli e il comune di
Padova stanno provando a replicarlo con i Rom. Altre comunità ci stanno
lavorando: i Sinti veneti stanno costruendo un intero villaggio. L'associazione
Alisei si occupa di auto-costruzione e ha cantieri aperti in Umbria, Emilia
Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana e nelle Marche. Totale: 400 alloggi in
auto-costruzione. La stessa Banca Etica ha finanziato cantieri a Ravenna e
Perugia con oltre 7 milioni di euro per 86 alloggi. In Lombardia la Regione ha
messo a disposizione un fondo per finanziare fino al 20% del costo del progetto,
da restituire dopo 10 anni dal termine lavori. Iniziative lungimiranti: in
Irlanda l'auto-realizzazione arriva a coprire il 25% dell'edilizia popolare, per
dire.
In Italia il ministro Ferrero sta pensando ad una legge nazionale. Finora tutte
le cooperative al lavoro sono tutte inter-etniche, e per questa ragione il
ministro le considera molto importante anche come strumento di coesione sociale.
In Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia stanno lavorando a progetti di legge
regionali: si pensa ad una agevolazione fiscale sull'Ici o a finanziamenti da
restituire in dieci anni. “Al momento abbiamo un tavolo informale, una sorta di
gruppo di lavoro. Stiamo cercando di capire come possiamo sostenere questa
pratica” dicono dal ministero. La legge nazionale ci sarà, forse con un fondo
per sostenere i programmi di auto-costruzione (per ora c'è un fondo di
inclusione per gli immigrati a disposizione). “Riteniamo che questa politica
debba uscire dalla sperimentazione, e diventare diffusa” dice il ministro
Ferrero. “E' una risposta concreta per chi cerca un abitazione e non ha un
grande reddito: ma è anche un modello di solidarietà, per imparare a fare le
cose insieme”.
LOS GITANOS EN BRASIL[1]
Por: CRISTINA DA COSTA[2]
Secondo dati della Unión Romaní Internacional, esistono
attualmente in America Latina circa un milione e mezzo di Gitani, dei quali
ottocento mila vivono in Brasile. A cominciare da questo considerevole numero,
la maggior parte di loro non ha risvegliato l'esigenza di affermarsi come
popolo. Molti nascondono la loro origine, altri preferiscono affermare in forma
romantica che "fintanto che nel cielo ci sarà una stella, ci saranno Gitani
nel mondo".
Il nascondersi, lo sappiamo bene, viene dai pregiudizi che si
sono avuti contro questo popolo nel corso della Storia nei più diversi
paesi.
Il Brasile non fu differente
Il primo Gitano che arrivò in Brasile fu Joao Torres, nel
1574, che era stato espulso dal Portogallo. Seguirono molti altri, tutti
accompagnati dallo stigma della persecuzione di cui erano stati oggetto in tutta
Europa. In Brasile si succedettero editti, leggi e decreti che cercavano di
controllare i Gitani: regolamentazioni professionali, sulla residenza,
proibizione dell'uso dei costumi tipici e dell'uso del romanó-kaló, la vecchia
proibizione di essere Gitani.
Durante i secoli XVI e XVII i Gitani andarono
espandendosi per tutto il Brasile, principalmente negli stati di Río de Janeiro,
Sao Paulo, Bahía, Minas Gerais e Pernambuco.
Dal 1808, con l'arrivo della famiglia reale portoghese, un
gran numero di Gitani nella corte di Joao VI a Rio de Janeiro esercitavano come
artisti per l'intrattenimento delle feste reali, dei signori e dei merinos
(officiali di giustizia). Inoltre, i Gitani furono i primi ufficiali di
giustizia nel paese, e molti del gruppo Kalón esercitarono questa professione
nel Forum della città di Río de Janeiro.
Risulta interessante che uno dei più famosi organizzatori di
feste di Corte era il Gitano Conde de Bofia, che oggi da il nome a una via di
questa città.
Sino allora arrivavano in Brasile Gitani provenienti dal
Portogallo e, più raramente, dalla Spagna (los Kalóns). A partire dal 1882, con
l'indipendenza del Brasile, arrivarono i Rom (non iberici).
Pluralità dei gruppi Gitani
La divisione per gruppi che meglio riflette la realtà della
presenza dei Gitani in Brasile, è la seguente:
1. Rom:
- Kalderash: E' il sottogruppo più prestigioso del Brasile. Sono calderai e
alcuni sono riusciti nell'ascesa economica e professionale.
- Khorakhane: Originari di Grecia e Turchia.
- Macwaia: Quelli che di più negano la loro origine Gitana..
- Rudari: Provenienti principalmente dalla Romania.
- Lovara: Si autodefiniscono come emigranti italiani.
2. Kaló:
- Gitani iberici. A Rio de Janeiro e San Paolo si
identificano come emigranti portoghesi e spagnoli e in maggioranza sono
commercianti, tassisti e, alcuni, universitari.
Struttura sociale
La situazione dei Gitani in Brasile è la stessa che in altri
paesi del mondo: pregiudizi dei gadye (payos), che comportano a volte perdite
successive delle proprie caratteristiche culturali. Il deceduto Juscelino
Kubitscheck de Olivera, uno dei maggiori presidenti del paese (1956-1960), mai
menzionò la propria origine gitana.
I nomadi sono una minoranza e si trovano abbastanza
emarginati. Sono quelli che soffrono i pregiudizi della popolazione locale dove
si accampano, in quanto le loro baracche, i cavalli e i vestiti li identificano
immediatamente come Gitani. Gli uomini vivono del commercio di cavalli e, a
volte, di automobili usate, della riparazione di utensili di cucina e
dell'artigianato del rame. Le donne praticano la chiromanzia: girano per le
strade offrendo la loro lettura delle linee della mano.
Quello brasiliano è un popolo estremamente mistico, dovuto
questo alla forte presenza nella struttura sociale di afrodiscendenti e
indigeni, entrambe popoli che coltivano queste pratiche millenarie. E'per questa
via che i Gitani incontrano con una certa facilità la forma per penetrare nella
società brasiliana.
Tra i nomadi, i matrimoni sono concertati previamente ed i
fidanzati si sposano ancora adolescenti (dodici anni anni per le ragazze e
quindici per i ragazzi). Oggi esistono matrimoni misti tra i nomadi.
In relazione ai loro morti, i nomadi hanno il costume di
versare del vino nella fossa dove depositano il defunto, così come di tornare
sempre nel luogo dove fu interrato.
Piace loro ballare e cantare, anche se la loro arte musicale
si è parecchio mescolata con i ritmi delle città dell'interno del Brasile.
Quanti si sono invece già sedentarizzati, anche da diverse
generazioni, mantengono alcune tradizioni degli antenati europei.
Svariate professioni
I Gitani dello stesso gruppo tendono a concentrarsi nello
stesso quartiere, in case vicine o nel medesimo edificio. Per la strada
camminano assieme e si incontrano a gruppi per le piazze delle città. Tra loro
ci sono avvocati,medici, commercianti di tappeti ed automobili, circensi,
industriali, professori, musici o cartomanti, cioè esercitano le più varie
professioni. Il loro comportamento è uguale a quello di qualsiasi altri
cittadino, escluso il fatto di che nelle loro case sono tutti Gitani.
I matrimoni vengono sempre concertati in anticipo -
rarissimamente avvengono al di fuori della loro razza - e durano tre giorni. Il
secondo giorno, una volta la verginità della sposa, i padri dei ragazzi portano
la vestaglia nel mezza di canti e balli, mentre la famiglia della sposa impugna
orgogliosamente la vestaglia insanguinata in segno di giubilo.
La musica dei sedentari, compreso il gruppo del gruppo dei
Rom - a base di violino - che del gruppo Kalón - su abse di viola accompagnata
dal battito delle mani del flamenco - non differisce molto da quella dei Gitani
europei. I Gitani brasiliani sedentarizzati hanno convertito in una questione di
onore il fatto di mantenere la propria tradizione musicale.
La
pomana, il rito funebre, si svolge in Brasile tre giorni dopo la morte e si
ripete dopo quarantun giorni, sei mesi e un anno, quando ha luogo il termine
delle celebrazioni. Le cerimonie avvengono sempre di sabato e raccolgono parenti
ed amici del morto venute da tutte le parti del paese.
Feste religiose
I Gitani hanno feste religiose proprie, basate sulla santa
protettrice di determinate famiglie. In questo senso si svolge la slava,
cerimonia in cui omaggiano una santa e servono un banchetto. Amici e parenti
ballano attorno alla tavola. Questa festa deve aver luogo sempre prima della
morte del patriarca della famiglia; dopo la sua morte, il figlio più giovane
sarà obbligato a continuare la festa sino a che non abbia un figlio.
Quanto alla religione, ci sono Gitani cattolici, protestanti,
ortodossi e frequentano le chiese più diverse. Inoltre, mantengono nelle loro
case, pratiche mistiche come la chiromanzia, la cartomanzia o la lettura della
fortuna col gioco delle monete.
Perla sua somiglianza a santa Sara, accomunata dal colore
della pelle, i Gitani brasiliani onorano, tra le altre, Nuestra Señora Aparecida,
che si festeggia il 12 ottobre. Anche san Giorgio, san Nicola o santa
Barbara. Anche se non si può parlare di una religione gitana, si può affermare
che i Gitani hanno un sentimento di religiosità molto forte.
Le questioni economiche, le separazioni e altre situazioni
sono risolte dal padre di famiglia, dal leader del gruppo o, in casi estremi,
dalla Kriss Romaní o Consiglio di Giustizia Parallelo, composto dai Gitani più
anziani e rispettati.
La maggioranza dei Gitani non permette ai figli di
frequentare la scuola per molto tempo. In questo senso, in relazione ai nomadi,
la Pastorale dei Nomadi del Brasile ha realizzato un eccellente lavoro, guidato
dal padre italiano Renato Rosso, che battezza, alfabetizza e sposa le persone
del gruppo che lo desiderino. Per quanto riguarda i sedentari, molti ritengono
che l'insegnamento dei gadye non ha niente a che vedere con la visione del mondo
dei Gitani e che così si allontanano i giovani dalla tradizione. Credono che sia
necessario il solo apprendere a leggere, scrivere e avere alcune nozioni di
matematica "per non essere ingannati dai gadye (payos)".
Una minoranza all'Università
Una minoranza, senza dubbio, ha acceduto già all'università e
vedono gli studi e il miglioramento intellettuale come l'unica uscita del popolo
Gitano per la sopravvivenza nella società maggioritaria.
Folclore a parte, il Gitano alla fine del secolo XX cercano
di mantenere le loro tradizioni, altrimenti, in pochi anni, sarà un popolo
ricordato appena dalla letteratura, dal cinema, la musica o la memoria delle
persone.
Dalla metà circa degli anni '80 esiste il Centro di Studi
Gitani del Brasile (CEC), che vuole mostrare la realtà del popolo Gitano in
questo paese, tramite conferenze, video, interviste a periodici e stazioni radio
e televisive, pubblicazioni di libri e presentazioni musicali. Si intende cosi
rafforzare l'identità culturale gitana, nella condivisione con la realtà che li
circonda. Il CEC è presieduto dal Gitano Mio Vacite, violinista di professione.
Nel maggio 1989, il CEC ha conseguito che il prefetto di Itaguaí (municipio dello
stato di Río de Janeiro), cedesse un terreno ai nomadi che passano
frequentemente da lì e che altrimenti incontravano difficoltà ad accamparsi.
Speriamo che altri prefetti ne seguano l'esempio.
C'è molto da fare, posto che il CEC non è affiliato a nessuna
entità governativa e [...] tenendo conto che siamo in un paese del sud.
Quello che si spera è che più Gitani brasiliani prendano
coscienza della necessità di questo movimento per la sopravvivenza come popolo
in Brasile.
Note di pie di página
[1] Tomado de: I Tchatchipen. No. 13. Enero–Marzo–Diciembre .
1996. Barcelona.
[2] Escritora brasileña.
Bibliografía
CRISINA DA COSTA. Povo Cigano. Río de Janeiro. Edición de Autor. 1986.
CRISINA DA COSTA. Os Ciganos continuam na estrada. Río de Janeiro. Edición de
Autor. 1989.
MELO MORALES FILHO. Os Ciganos no Brasil. Sao Paulo. VSP. 1981.
ATICO VILAS-BOAS DA MOTA. Os Ciganos do Brasil. Río de Janeiro. FGV. 1984. En:
El Correo de la UNESCO.
PRORROM
PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA / PROTSESO
ORGANIZATSIAKO LE RROMANE NARODOSKO KOLOMBIAKO
Di Fabrizio (del 14/07/2007 @ 10:18:26, in Italia, visitato 2249 volte)
conferenza stampa martedì 17 luglio, ore 11
‘LA SAPIENZA’ UNIVERSITA’
Facoltà di Scienze Statistiche, aula 3, III piano
piazzale Aldo Moro 5
I rappresentanti delle Comunità Rom di Roma parleranno in una conferenza stampa
delle gravi condizioni abitative in cui versano da decenni. Stileranno una
piattaforma comune per opporsi ai
Patti per la Sicurezza e ai Villaggi della Solidarietà
Intervengono:
i Rappresentanti delle Comunità Rom di Roma:
Meo Hamidovic - Campo di Castel Romano
Mirko Grga - Campo Salviati 1
Najo Adzovic - Campo Casilino 900
Graziano Halilovic - Campo La Barbuta
Zoran Maximovic - Campo Via di Gordiani
Aldo Hudorovich - Campo Saxa Rubra
Decebal - Campo Quintiliani
Sevla Sejdic - ex Campo Vicolo Savini
Hasko - Campo Tor de’ Cenci
Dumitru Miclescu - campo Candoni
Najdan Iovanovic - Campo Via Dameta
Nazareno Guarnieri - Pescara
Partecipa il Coordinamento per Roma Democratica e Solidale
Modera Prof. Marco Brazzoduro
presentazione
SLEEP OUT #2
Campo Rom di Castel Romano
19 luglio 2007 dalle ore 19
promosso da stalker/osservatorionomade
stalker/osservatorionomade e la comunità Korahanè di Castel Romano invitano a
visitare e passare la notte al campo rom “attrezzato”.
Per l’occasione sarà imbottigliata l’Acqua della Fonte della Solidarietà, acqua
non potabile, distribuita una sola volta al giorno a mille e cinquecento
persone. Solo uso esterno e fanghi.
La serata prevede musiche e poesie delle culture rom di Roma
Di Fabrizio (del 13/07/2007 @ 09:19:13, in Italia, visitato 2205 volte)
In occasione del Meeting Antirazzista che si terrà a Cecina dal 21 al 28
luglio è in programma una giornata incentrata sul popolo Rom, all'interno del
tema più generale del meeting: Città aperte o chiuse?
Il tema della giornata è: “Immaginare il futuro tra memoria e presente”
Al mattino dalle ore 10 alle 13 si riunirà l'assemblea plenaria del Comitato Rom
e Sinti Insieme.
I rappresentanti discuteranno tre documenti che verranno presentati nel seguito
della giornata. Il primo sulle problematiche legate all'immigrazione, il secondo
sulla legge per il riconoscimento delle minoranze linguistiche in particolare
dei rom e sinti ed il terzo per la costruzione della rappresentanza politica e
la cittadinanza. L'assemblea sarà aperta a tutti gli interessati.
Alcuni partecipanti: Yuri Del Bar, Nazzareno Guarnieri, Radames Gabrielli, Eva
Rizzin, Dijana Pavlovic, prof. Santino Spinelli,Demir Mustafa, Davide Casadio,
Elvis Ferrari, Graziano Halilovic, Bruno Morelli, Loris Levak, Bajram Osmani,
Torre Vladimiro.
Contributi esterni: Roberto Ermanni, Zoran Lapov, Nando Sigona, Carlo Berini.
Dalle ore 15:30 alle ore 17:30
Nel primo pomeriggio è prevista, alla presenza della sottosegretaria Cristina De
Luca, di alcuni parlamentari italiani e di molti amministratori locali di
Regioni e Comuni, la presentazione di buone prassi politiche e progettuali con
interventi di Arci, Osservazione e Fondazione Michelucci. Inoltre ci sarà la
restituzione dei documenti discussi la mattina dal Comitato Rom e Sinti Insieme.
Contestualmente avrà luogo la presentazione della pubblicazione con Dvd “Immaginare
il Futuro tra Memoria e Presente” prodotta da Arci Toscana che documenta
l'esperienza del Progetto Rom Toscana, metodologie e proposte per il futuro.
Dalle ore 17:30 alle ore 19:30
Tavola Rotonda: il superamento dei “campi nomadi”
La discussione approfondirà i temi dell'accoglienza, della discriminazione e
dell'illusione securitaria. Saranno presenti, con vari interventi,
amministratori e funzionari locali.
Interverranno: Gianni Salvadori (assessore Regione Toscana); Lucia De Siervo (assessora
Comune di Firenze; e altri assessori e funzionari delle delle Regioni e Comuni
italiani (Sicilia; Lazio, Puglia; Campania, Toscana, Veneto, Lombardia,
Trentino)
Alle ore 21 Spazio Cinema
proiezione del cortometraggio “Kher” prodotto da Arci Toscana sul tema Progetto
Rom Toscana e il superamento dei Campi Nomadi.
Ore 21:30 concerto
Esma Redzepova (da confermare)
Info: meeting.toscana@arci.it
tel. +39 0586.684929
http://meeting.accoglienzatoscana.it
Di Fabrizio (del 12/07/2007 @ 11:19:13, in sport, visitato 2204 volte)
Per "frasi razziste" nei confronti di altri pugili
Da
Rai Sport
11 luglio 2007 - Il consiglio della federazione pugilistica italiana ha
deferito il campione europeo dei pesi massimi leggeri, Vincenzo Cantatore.
L'accusa mossa a Cantatore e' quella di aver rilasciato dichiarazioni 'razziste'
nei confronti di altri pugili tesserati in Italia. "Portano sul ring ex
criminali e zingari": e' questa la frase incriminata, rilasciata da
Cantatore. A questo punto tocchera' al giudice sportivo valutare gli estremi
disciplinari da applicare per questo tipo di dichiarazioni.
Di Fabrizio (del 12/07/2007 @ 09:30:23, in media, visitato 1695 volte)
Immagini di Rom al di là dei soliti stereotipi (cliccare sull'immagine per
accedere al portfolio).
Un'intervista
(in inglese) ad Andrew Miksys, autore delle foto.
Di Daniele (del 11/07/2007 @ 09:29:13, in Italia, visitato 2076 volte)
di Federica Santoro - Megachip
In questi giorni di polemiche attorno al “Patto per la sicurezza” voluto dal
sindaco di Roma Veltroni, è opportuno forse ripercorrere brevemente la storia
del “Popolo del vento”, in nome di quella integrazione che stenta nei fatti. Il
Patto prevede lo spostamento dei campi rom al di fuori del Grande raccordo
anulare con la costruzione di quattro mega villaggi da mille posti l'uno.
Chi crede che la diaspora delle carovane sia sinonimo di assenza di radici,
resterà sorpreso. Chi sono i Rom? Da dove vengono? Hanno mai provato ad
integrarsi? A differenza di quanto si possa pensare il popolo dei Rom non
nasce come un popolo nomade. Il lungo cammino delle carovane proviene da terre e
tempi lontani. È circa attorno all'anno mille che gli antenati degli attuali
Rom, Sinti, Kalè, Manush e Romnichals, vengono costretti ad abbandonare le loro
regioni natie nell'India settentrionale. I Rom discendono infatti da
un'antichissima popolazione indo-ariana e non da Balcanici o Rumeni come
confusamente si crede, fatto che dipende dalla loro lunga permanenza in quei
luoghi. A testimonianza di questo passato remoto, la loro lingua che deriverebbe
da alcuni idiomi del Pakistan, a cui i Rom hanno affidato la loro memoria nel
corso dei secoli fino alla metà del XIX, quando la tradizione da orale diventa
scritta, e non solo: molte sono le testimonianze nella letteratura classica
indiana di un popolo chiamato Domba legato agli attuali Rom. Ammaestratori di
cavalli, musicisti, giocolieri, saltimbanchi e allevatori, queste le attività
che accomunano i due popoli. Inizialmente, quindi la scelta di spostarsi fu
dettata dall'organizzazione, dalla necessità di trovare mercati in cui vendere
gli animali e pubblico sempre nuovo per gli spettacoli; sarà dall'anno mille che
i Rom inizieranno a muoversi per costrizione, in piccoli gruppi. Tra il 1001 e
il 1027, sotto la dominazione di Mahmud Al Gazni inizia la vera diaspora del
popolo Romanò. Dal nome di questo violento conquistatore deriva il termine
“gagè” col quale i Rom definiscono tutti coloro che non appartengono alla loro
comunità. A Bisanzio giungono nel XVI sec., associati alla setta eretica
Athsingani “intoccabili”, vengono creduti stregoni e perciò perseguitati e
isolati. Da qui nasce il pregiudizio che ha accompagnato per secoli il popolo
Rom, retaggio di antiche proibizioni vigenti nelle caste indiane. La loro
presenza nei Balcani e in Romania sarà segnata da secoli di schiavitù, così come
nel resto d'Europa. In Italia trovano un potente protettore: il Pontefice. Dalle
ricostruzioni storiche sembrerebbe che sia stato Martino V a rilasciare loro una
sorta di lasciapassare che li dichiara “pellegrini penitenti alla ricerca di
protezione”. Purtroppo il continente europeo è stato anche luogo di scellerati
massacri e violenze. Le comunità migranti hanno sperimentato le peggiori
persecuzioni con l'Olocausto della seconda guerra mondiale. È del 1938 la prima
legge del Reich contro i Rom, dal nome “Lotta alla piaga zingara”, editto dal
tragico epilogo: anche per loro si prospetta la soluzione finale. Il mondo
Romanò è oggi vastamente diffuso su tutti i continenti. “Tanti secoli di
repressioni, lutti, paure e dolori hanno portati le vari gruppi di Romanò,
meglio conosciuti come Rom a sviluppare uno spiccato senso di individualismo e
di autoprotezione” scrive il professore di origine Rom Santino Spinelli. Dopo
secoli di permanenza nella nostra penisola i Rom sono passati negli ultimi 50
anni dal nomadismo alla sedentarietà e in alcune regioni dell'Italia
centro-meridionale come l'Abruzzo, ad un grado di integrazione notevole in
seguito al loro riconoscimento dall'opinione pubblica della loro identità di
giostrai e circensi. Altro discorso è per gli ultimi gruppi arrivati assieme ai
profughi dopo le persecuzioni recenti subite nei Balcani. La loro condizione è
ancora disagevole e causa di luoghi comuni che li vogliono relegati nei campi,
in condizioni disumane, lontani dalla società civile di cui temono la
“contaminazione”. A fare spesa dell'emarginazione soprattutto i bambini che
cadono vittime di autentiche rappresaglie razziali, a scuola e per strada.
Secondo Spinelli, i Rom “auspicherebbero la creazione di strutture flessibili
adattabili alla situazione e che evitino l'emarginazione”. Una notevole
componente della comunità romanò, è oggi fornita di cittadinanza tanto da non
essere distinguibile dalla popolazione gagè. Dato importante se si pensa che il
futuro dei Rom è legato a doppio filo al loro riconoscimento in quanto popolo
senza territorio.
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