Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 20/12/2005 @ 14:55:15, in lavoro, visitato 4465 volte)
Un argomento già trattato in un vecchio post, che mischiava cantieri, campi di calcio e campi sosta. Vite da Cantiere.Nuovi schiavi e caporali a Milano e in Lombardia nel Millennio della globalizzazione.di Luigi Lusenti e Paolo PinardiContributi di don Luigi Ciotti, Franco De Alessandri, Guglielmo Epifani e Franco MartiniEdizioni Comedit 2000 - euro 13,00E’ la nuova pubblicazione di Comedit 2000, la piccola casa editrice milanese che fa dell’indagine sociale e della conoscenza del territorio il presupposto della propria militanza. Insieme agli amici dell’Arci e di Libera e della rivista il ponte della Lombardia, promotori della Carovana Antimafie, e ai sindacalisti della Fillea Cgil della Lombardia si è voluto approfondire e far conoscere all’intera città la realtà del cantiere edile, paradigma nel suo sfruttamento e nella sua precarizzazione del lavoro di oggi e della società globalizzata. In alcune piazze di Milano alle sei del mattino era possibile incrociare decine se non centinaia di ragazzi e adulti marocchini o egiziani, rumeni o albanesi, in attesa del caporale che dopo veloce contrattazione smistava il suo carico umano in uno dei tanti cantieri della nostra città e regione; ora, dopo diverse denunce e iniziative sopratutto dei sindacalisti e della Carovana Antimafie, il mercato delle braccia è diventato più sotterraneo, ma non meno efficace. Del resto questo dell’edilizia è uno dei pochi settori trainanti di questa economia in declino: grandi infrastrutture come la Tav o la nuova Fiera, il recupero delle aree dismesse come il Portello o l’Innocenti, i piccole e medi cantieri di una politica urbanistica milanese e lombarda a dir poco sfrenata per cui si costruisce dappertutto sotto (i box) e sopra (mansarde); l’importante è dar fiato alla bolla speculativa del mattone, poi si vedrà. E allora perchè stupirsi se delle persone, spesso senza permesso di soggiorno, vengono reclutati a 3 euro all’ora con il caporale che spesso ne trattiene più della metà, se nei nostri cantieri si raggiungono percentuali di lavoro nero pari al 40% e in alcuni casi oltre la metà; buona parte di questa città rischia di essere un cantiere precarizzato che oggi c’è e domani non si sa: i giovani dei call center, i lavoratori dei centri commerciali e di molti servizi o agenzie, le migliaia di co.co.co e dei nuovi rapporti di lavoro della legge 30 perfino tantissime partite Iva. Perchè stupirsi se dei ragazzi vengono sbattuti nei cantieri, senza formazione e senza nessuna misura di sicurezza: siamo il paese con la più alta percentuale di incidenti sul lavoro; situazioni assurde come il simulare incidenti stradali o risse tra marocchini, quando si verificano gravi e spesso mortali infortuni nei cantieri periferici, sono meno rari di quel che si pensa; in quelli più grandi e importanti si ha la fortuna di un immediato soccorso e di un commento sui giornali del giorno dopo. Queste vite da cantiere sono raccontate nel libro; il mercato delle braccia, l’infiltrazione delle varie mafie è documentato da semplici lavoratori, sindacalisti, magistrati e associazioni. Le classi dirigenti, i ceti politici di Milano e Lombardia nelle varie consultazioni elettorali, primarie comprese, farebbero bene ad interrogarsi del perchè siamo giunti a questo punto e se non è il caso di fermarsi e invertire la rotta. *************************************************************** Anzichè tenere i tuoi libri fermi e inutilizzati, falli circolare! rendili utili ! Abbiamo bisogno, soprattutto oggi, di tutte le sapienze e culture possibili Rivolgiti a noi, ilponte.it via delle leghe 5 - Milano MM1 Pasteur - tram 1 via Venini tel. 02.28.22.415 - fax 02.28.22.423
da Sucar Drom
Ritorniamo sul rapporto annuale dellEuropean Monitoring Centre on Racism and Xenophobia che indica le Minoranze Etniche Linguistiche dei Rom e dei Sinti le più esposte al razzismo in Europa. Ad una attenta lettura del rapporto si evince che i paesi dell'area mediterranea (Italia, Spagna, Grecia e Portogallo) vengono praticamente assolti. Ciò che inquieta sulla situazione italiana, sia noi sia lEuropean Monitoring Centre on Racism and Xenophobia, è il fatto che il nostro paese da due anni non invia nessun rapporto. Su questa questione ci eravamo già espressi: l'Italia sembra candida solo perchè non esiste un serio sistema di monitoraggio e denuncia delle discriminazioni in atto. In paesi come la Francia e l'Inghilterra questo sistema di monitoraggio esiste e per questa ragione risultano le maglie nere d'Europa. Speriamo che l'Ufficio Nazionale Anti Discriminazioni Razziali (UNAR) possa offrire le giuste risorse alle tante associazioni nazionali e locali che ogni giorno si battono per denunciare le continue e reiterate politiche di discriminazione e segregazione che avvengono in Italia contro le Minoranze Etniche Linguistiche dei sinti e dei Rom. Nel rapporto vengono comunque denunciate le leggi regionali del Veneto e della Lombardia che praticamente non sono finanziate da un decennio.
L'articolo precedente
da Sucar Drom
Trento, 16 dicembre 2005 - notizia ADN Kronos
I Sinti, residenti in Provincia di Trento ormai da generazioni, non sono nomadi, ma trentini a tutti gli effetti, con lingua e cultura diverse. Per questo vanno riconosciuti come minoranza linguistica alla stregua di ladini, mocheni e cimbri e, conseguente, tutelati. E“ una delle idee emerse nel corso della riunione del Consiglio Scolastico Provinciale che ha riunito, dirigenti, operatori e professori, su appello della presidente Lucia Coppola, che ha affermato: ''Si parla di riconoscimento come minoranza dei nonesi; tanto piu' lo si dovrebbe fare per gli zingari''.
(Waf/Pe/Adnkronos)
Di Fabrizio (del 21/12/2005 @ 09:41:05, in casa, visitato 2086 volte)
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Lasciando Plemetina
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Ukė e Sabile Krasniqi, una coppia rom, entra nel nuovo appartamento di Malisheva, Kosovo, per la prima volta dopo sei anni passati in un campo per rifugiati interni. © UNHCR/S.Halili |
MALISHEVO, Kosovo, 13 dicembre (UNHCR) Ukė e Sabile Krasniqi hanno atteso sei lunghi anni l'arrivo di questo giorno. Questa coppia di Rom di mezza età hanno finalmente realizzato il loro sogno di una casa propria, dove riunire la loro famiglia di otto figli.
Il mese scorso hanno lasciato Plemetina, un campo organizzato nel 1999 per ovviare alla sistemazione d'emergenza di circa 1.300 dispersi delle minoranze del Kosovo, inclusi Serbi, Rom, Askali, "Egizi" ed altri.
La coppia ha camminato verso il blocco di appartamenti appena costruito a Malishevo (Malisheva in albanese) che sarebbe diventato la loro nuova casa, osservando con attenzione l'edificio e i dintorni. Lungo il percorso, hanno salutato i precedenti vicini, amici e conoscenti, molti dei quali non vedevano da tempo. Ricevute le chiavi dal presidente dell'assemblea cittadina, hanno varcato l'ingresso di un appartamento al primo piano con due camere da letto, cucina, bagno e un balcone.
L'intero appartamento misura solo 60 mq. Non molto per una così grande famiglia, che include l'anziana madre di Ukė. I Krasniqi, d'altra parte, non si lamentano. Quando gli è stato chiesto come si sentiva a ritornare nella sua città, Ukė ha potuto dire solo: "Adesso sono felice".
Sua moglie Sabile è stata più espansiva: "I miei figli cresceranno come gli altri, in condizioni normali. Qui continueranno ad andare a scuola, avranno un posto dove imparare," chiaramente eccitata.
A seguito delle restrizioni imposte dalle autorità serbe nel 1999, più di 900.000 persone di etnia albanese lasciarono forzatamente il Kossovo, per tornare qualche mese più tardi, con l'intervento della NATO. Iniziò immediatamente un esodo che coinvolse 200.000 persone delle minoranze serbe, rom, askali ed altri, che continuò per diversi mesi. Di loro, circa 14.000 hanno fatto ritorno alle loro case, e ci sono ancora più di 20.000 dispersi interni (IDP) in Kosovo. Sei anni dopo essere stato posto sotto amministrazione ONU, il mese scorso sono iniziati i colloqui sul futuro della regione, sotto la presidenza dell'ex presidente finlandese Martti Ahtisaari.
Fiduciosi nei futuri sviluppi le autorità kossovare - assistite tra gli altri dall'UNHCR - hanno iniziato i primi passi per trovare una soluzione abitativa per i restanti residenti del Campo Plemetina. Attualmente sono in costruzione quattro progetti abitativi, finanziati dall'Agenzia Europea per la Ricostruzione e dal Governo Greco.
I Krasniqi sono la prima famiglia del Campo Plemetina a beneficiare del progetto governativo di case sociali. Gli appartamenti sono destinati agli IDP che hanno perso la loro casa e vogliono tornare nelle loro aree di origine. Assieme ricevono buoni cibo per tre mesi, forniture per la casa, legna da ardere e altre facilitazioni dalla UNHCR. Quanti avevano proprietà loro sono aiutati a ripararle o ricostruirle.
Ardian Gjini, Ministro per lo Sviluppo e la Pianificazione, ha rimarcato durante l'inaugurazione degli appartamenti a Malishevo: "I beneficiari del progetto di case sociali sono persone in stato di bisogno, e mi congratulo con le autorità locali per l'iniziativa."
Anche se il problema della sicurezza e della libertà di movimento per i Rom sta migliorando, esistono ancora aree del Kossovo dove i Rom e le altre minoranze non sono benvenute. La famiglia di Ukė, assieme ad altre del villaggio di Bajė, vivranno assieme a famiglie albanesi nello stesso stabile, ma la protezione di tutte le minoranze rimane una grande preoccupazione in tutto il Kossovo.
Ci sono altre difficoltà di fronte ai popoli del Kosovo - una delle più serie sono le limitate opportunità d'impiego. Prima della guerra, Ukė lavorava come fabbro a Malishevo e coltivava viti, ma non aveva più nessun lavoro quando era nel Campo Plemetina. Lui e sua madre ricevevano un sussidio minimo ogni mese, insufficiente a coprire le spese familiari, e dipendevano totalmente dall'assistenza UNHCR - tramite le Società Madre Teresa - in forma di farina, fagioli, stufa e stoviglie durante l'inverno.
Con la partenza delle famiglie come i Krasniqi, si avvicina il giorno della chiusura del Campo Plemetina. Grazie al progredire del progetto di alloggi sociali, e al supporto e alla collaborazione dei donatori, anche i rimanenti residenti nel campo intendono stabilirsi nei nuovi alloggi - come Ukė e la sua famiglia - con una nuova stima di sé e il piacere che deriva dall'avere uno spazio proprio.
By Myrna Brewer Flood and Shpend Halili In Malishevo, Kosovo
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Il gruppo gypsy-punk di cui ho scritto l'11 dicembre, è arrivato sul sito della BBC
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Gipsy Punk dall'Ucraina al palcoscenico mondiale |
By Kateryna Khinkulova BBC Ukrainian Service |
I britannici amanti della musica hanno l'occasione di assaggiare un nuovo genere - il tour dei gypsy punk Gogol Bordello, una band con sede a New York, che sabato raggiungerà Londra.
Questo gruppo è già conosciuto dai patiti del cinema - per aver recitato in Ogni Cosa è Illuminata (Everything Is Illuminated), un film basato sul best-seller di Jonathan Safran Foer.
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Il protagonista Eugene Hutz (d) assieme a Elijah Wood in Ogni Cosa è Illuminata
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Il leader dei Gogol Bordello, Eugene Hutz, che ne è anche il fondatore e capo spirituale, nel film è opposto all'attore del Signore degli Anelli, Elijah Wood.
Inizialmente chiamato a comporre la colonna sonora del film, ad Eugene, la cui esuberante personalità sfocia in uno stile personalissimo, fu chiesto di interpretare il ruolo di Alex.
"Si stava parlando di musica, e mi chiesero se avessi potuto, in caso, anche recitare... Per me è stato naturale, dato che la mia carriera musicale è comunque un misto tra musica e recitazione"
Originario di Kiev, Ucraina, con radici familiari nella Transcarpazia, Eugene Hutz ha vissuto a New York dal 1998.
Cosmopolitani
La sua banda, che ha iniziato a suonare nei bar bulgari di New York, è diventata parte integrale del panorama artistico e dell'intrattenimento cittadino da diversi anni, ma resta relativamente sconosciuta a un pubblico più vasto.
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Con l'uscita di Ogni Cosa è Illuminata, la popolarità dei Gogol Bordello è in ascesa: Eugene non si sorprende. Cita Lenin, che diceva che il cinema è il mezzo per raggiungere la platea più vasta. |
"Sono Ucraino, ma ho anche sangue rom e voglio fare qualcosa per questa gente"
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Nel contempo, Eugene Hutz è convinto che il successo della banda, giunta al terzo album, non è un fuco di paglia.
"Abbiamo lavorato duro... Ma quel che mi piace, è che faccio quello che sento: suono la musica che voglio con chi mi piace dove scelgo io. Questa è la cosa più importante."
Gogol Bordello è una banda dove il concetto di cosmopolitano è interpretato all'estremo - Lo zingaro ucraino Eugene viene raggiunto sul palco dai suoi colleghi israeliani, thailandesi, americani e cino-scozzesi .
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Gypsy punk, un termine inventato dallo stesso Eugene, è il risultato di di diverse radici familiari: da bambino ha passato molto tempo nella Transcarpazia, dove le influenze ucraine, ungheresi, slovacche e rom si mescolano in un'unica tradizione culturale.
"I Rom e tutta la cultura zingara è parte di ciò che sono e che amo," dice Eugene.
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Gogol Bordello traggono ispirazione da un mix di culture
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D'altra parte, non può essere compreso senza l'influenza della moderna musica occidentale - dice di avere ascoltato dalla nascita i giganti del rock americano e britannico.
"Ho sempre cercato ciò che volevo esprimere con la mia musica, ma adesso, con l'uscita del terzo album, è tutto più chiaro, si è cristallizzato - questo mix tra la mia eredità culturale ed esperienza personale."
Mission
Una delle canzoni dei Gogol Bordello's più vecchie e conosciute è "Start Wearing Purple".
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"E' una delle poche canzoni che ho scritto per una ragazza. Mi ero trasferito con la mia girlfriend a New York. Avevamo una vicina: un'anziana signora sempre vestita di viola dalla testa ai piedi. Era chiaramente flippata. Così, tutte le volete che si litigava, e lei cominciava a gridare,le dicevo: ecco, ora puoi cominciare a vestirti di viola." |
"
Start wearing purple, wearing purple Start wearing purple for me now All your sanity and wits, they will all vanish It's just the matter of time
"
Lyrics from Start wearing purple
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Eugene Hutz dice che la musica e comporre canzoni rimarranno il suo obiettivo, non intende continuare la carriera di attore.
Nella nativa Kiev è ancora ricordato dalla scena musicale e da DJ come "Zheka" che lo affiancò in diverse serate alla fine degli anni '90. Dice che non gli spiacerebbe tornare a casa con un tour, ma di avere anche una missione: girare un documentario sui Rom ucraini e far conoscere al mondo le loro condizioni di vita.
"Certo, sono Ucraino, ma ho anche sangue rom e voglio fare qualcosa per questa gente"
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Di Fabrizio (del 21/12/2005 @ 16:00:06, in Europa, visitato 2046 volte)
di Silvia Tomasi
Dopo l’ Anno europeo della mobilità professionale – 2006 e quello delle Pari opportunità per tutti– 2007, lo scorso 5 ottobre la Commissione europea ha presentato una proposta di Decisione per designare il 2008 quale "Anno europeo del dialogo tra le culture".
Istruzione, cultura, gioventù e cittadinanza costituiscono gli ambiti maggiormente interessati da questa iniziativa che intende divenire strumento fondamentale di sensibilizzazione dei cittadini, e soprattutto dei giovani, sui temi del confronto e del ravvicinamento dei popoli dell’Europa. In particolare, l’ Anno europeo si propone di: - promuovere il dialogo interculturale in quanto fattore in grado di aiutare i cittadini europei e quanti vivono nell'UE ad acquisire le conoscenze, le competenze e le attitudini che permetteranno loro di adattarsi ad una società sempre più aperta e complessa e di gestirne le difficoltà, per trarre vantaggio dalle occasioni da essa offerte sia in Europa che altrove; - sensibilizzare i cittadini europei e quanti vivono nell'UE sull'importanza di sviluppare, attraverso il dialogo interculturale, una cittadinanza europea attiva e aperta sul mondo, rispettosa della diversità culturale e fondata sui valori comuni dell’Unione europea. L’ Anno del dialogo interculturale potrà contribuire, inoltre, alla realizzazione di alcune priorità strategiche dell'Unione, in particolare al raggiungimento degli obiettivi della rinnovata Strategia di Lisbona, per la quale l'economia della conoscenza necessita di persone capaci di adattarsi ai cambiamenti e di sfruttare tutte le fonti d'innovazione esistenti per accrescere la prosperità, e al consolidamento dell'impegno dell'Unione a favore della solidarietà, della giustizia sociale e di una maggiore coesione.
In base alla proposta della Commissione, l' Anno europeo sarà dotato di uno stanziamento pari a 10 milioni di euro destinati a sostenere tre tipi di azioni: • Azioni su scala comunitaria: realizzazione di una campagna informativa (compreso il suo adattamento alle peculiarità nazionali), per diffondere i messaggi chiave dell'Anno europeo; indagini e studi su scala comunitaria, al fine di valutare la preparazione, l'efficacia, l'impatto e gli sviluppi a lungo termine dell'iniziativa. Queste azioni verrano, di norma, realizzate a seguito del lancio di bandi di gara d'appalto. • Cofinanziamento di azioni su scala comunitaria: realizzazione di un numero limitato di manifestazioni ed iniziative emblematiche di portata europea miranti alla sensibilizzazione, in particolare dei giovani, in merito agli obiettivi dell'Anno; queste azioni, realizzate a seguito di inviti a presentare proposte di progetto, potranno fruire di un contributo comunitario fino all' 80% del loro costo complessivo. • Cofinanziamento di azioni su scala nazionale: realizzazione di manifestazioni ed iniziative a livello nazionale con una forte dimensione europea dirette a promuovere gli obiettivi dell’Anno europeo. Si prevede di finanziare un'iniziativa per Stato membro, di grande portata, capace di suscitare la mobilitazione della società civile. Il contributo comunitario per i progetti relativi a queste azioni potrà coprire fino al 50% dei loro costi complessivi.
L'Anno europeo del dialogo intercultirale sarà operativo per il periodo 2007-2008; la proposta della Commissione dovrebbe essere presentata al Parlamento europeo e al Consiglio per la sua definitiva adozione entro la fine del 2006.
Scheda di riferimento: 2008 - AE per il dialogo interculturale
Di Fabrizio (del 22/12/2005 @ 09:15:38, in Italia, visitato 2254 volte)
::Fashion |
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ROMEO GIGLI ALTA MODA ROMA |
Per l'Alta Moda Roma Romeo Gigli rilegge la cultura e l’estetica dei Rom |
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Classe 1949, un passato tra i libri antichi dei genitori antiquari, un viaggio di 4 mesi in India negli anni caldi all’insegna di “Love & Peace”. E poi ancora un lunga esperienza a Londra, prima e a New York poi, dove Gigli si fa “le ossa” prima di fondare nel 1983 la griffe che porta il suo nome con cui sfilerà a Milano Collezioni Donna e a Parigi pret-à-porter scandendo ad ogni sfilata standing ovation e facendo versare fiumi di inchiostro sulle riviste specializzate di tutto il mondo. Oggi Romeo Gigli torna a far parlare di sé grazie alla sua personalissima rivisitazione della moda (e della cultura) Rom presentata durante l’ultima Roma Alta Moda. “Non una sfilata, ma una vera pièce teatrale”, ci tiene a sottolineare lo stilista.
Dove vuole approdare? “C’è un unico continente che non conosco bene: l’Africa. Perché mio padre adorava l’Africa l’aveva vista in lungo e in largo quindi quando abbiamo iniziato a viaggiare tutti insieme in famiglia, abbiamo toccato diversi paesi ma mai l’Africa. E’ un viaggio che mi riprometto di fare…2
Come si concilia il gusto per l’antico che ha ereditato da suo padre, libraio antiquario, con la voglia di nuovo? “Mio padre ma anche mio nonno e il mio bisnonno erano librai antiquari e quella sarebbe dovuta essere la mia strada. Poi è successo che la vita ha modificato i questi piani. A 18 anni mi sono ritrovato a inventare da zero la mia vita. Nel ’67, dopo la maturità, andai per quattro mesi in India e da quel momento decisi di incontrare altre culture. Ero intriso della nostra, e volevo conoscere e leggere meglio gli altri Paesi.” Quindi non si è trattato di una fuga dalle proprie radici… “L’India mi ha arricchito tantissimo e la curiosità per altre culture si è scatenata. Da allora decisi he sarei stato viaggiatore.” Cosa è la sensualità? Non certo, forse, una scollatura o una trasparenza… “La sensualità è un modo di essere, di guardare, un gesto…” Parliamo di queste sfilata… “Rileggo la cultura e l’estetica dei Rom. Io ho ripercorso quello che è il loro Grande Viaggio che nasce in India e dilaga attraverso la Persia, l’Africa del Nord, raggiunge poi i Paesi dell’Est Europeo poi l’Italia, la Francia, la Spagna. I Rom, portandosi appresso questo bagaglio culturale hanno contaminato tutte le culture. Io non mi sono affidato solo a quello che i campi Rom romani raccontano ma ho voluto analizzare tutto questo loro lungo viaggio dalle origini…” E come si traduce questo nella moda? “Questa non è moda. Ma un racconto del loro viaggio estetico. Nella sfilata si ritrovano elementi che ricordano l’India, la Persia, l’Est, la Spagna. Ti racconto come ho viaggiato: sono entrato nei campi Rom e ho chiesto a loro di darmi alcuni dei loro costumi tradizionali che oggi sono sempre più rari perché i giovani oggi rifiutano i loro costumi perché si vogliono integrare nella metropoli. Per cui sono riuscito a trovare solo pochissimi pezzi. Ho usato 5-6 gonne di forme diverse che loro avevano e ho cercato di capire come le donne e gli uomini Rom scelgono e assemblano le loro materie. E ho scoperto che le Rom hanno un loro capo distintivo, la gonnellona che tutti conosciamo, e poi si impossessano di tutto ciò che incontrano. Il sopra non è mai loro, è qualcosa di cui si sono appropriate. Ho quindi iniziato a rileggere le loro gonne reinventandoli con altri materiali e stili, esattamente come fanno loro. Cioè cercando nei mercatini, mischiando tra loro stili materiali e colori. E ho poi aggiunto capi che ho raccolto nel mondo, d’archivio, di vintage, ricreando le varie estetiche. Cioè ogni donna è UNA donna. Ogni donna ha una abito ed è quella donna, calata nel personaggio così tanto da diventarlo. Tutto ciò non ha niente a che fare con la distribuzione. I capi della sfilata non saranno prodotti.” Il fine? “Supportare la loro cultura. Dare nuova energia a queste popolazioni, ai campi. Le donne sanno cucire, possono così riproporre la loro cultura. Al pubblico magari sono piaciute tre gonne, perché allora non permettere alle sartine Rom di riprodurle e venderle? Inoltre a Roma le sartine gitane non hanno una sede vera e propria e cuciono dove possono, su un albero, in mezzo alla piazza. Sarebbe importante costruire qualcosa per loro, dare loro uno spazio dove possano raccontare la loro storia.” Gli zingari italiani, conservano oggi la loro tradizione o pensa stia scomparendo? “Loro sanno perfettamente fare ciò che fa parte del loro costume. Basta solo chiederlo, basta ridare loro lo stimolo, il desiderio di ripossedere le loro tradizioni.” Come affronta lo stress da pre sfilata? Ho letto che fuma tantissimo…” “Fumo abbastanza, non troppo. Mi serve per la concentrazione. E preparare la sfilata non è stressante anche se molto faticoso. Dopo tre settimane di preparativi arrivo stremato. E’ stato un buon lavoro costruire in sole tre settimane un lavoro dal nulla. Ma è stato meraviglioso incontrare queste persone.” Ci racconta un episodio che le è rimasto impresso? “Non c’è donna Rom che non mi voglia leggere la mano… E mi leggono delle cose bellissime.” (ride) Da un lato oggi nella moda si va verso la globalizzazione, esiste modo di reinventare qualcosa di nuovo e superare l’empasse? “E’ un grande empasse, costretto in qualche modo dalle aziende e in qualche modo anche dalla comunicazione. Esistono degli stereotipi in cui non tutti si riconoscono. La tv ci racconta che le donne devono essere con le cosce fuori, col seno che esplode. Non credo che tutte le donne si riconoscano in questo. Forse un 15-20%. Esiste ancora un vincolo in questo momento dal quale non si riesce a uscire, a parte pochissimi creativi sempre più rari, dove la moda è un riciclo continuo di quello che è già stato. La moda del passato è irriproponibile perché si è persa l’energia che c’era in quel dato momento storico. Ma nel momento in cui lo rileggi in modo filologico, non c’è più energia. E’ consumata. Ed è quello il dramma.” Dove trova oggi l’ispirazione? “L’ispirazione si può trovare ovunque. E’ importantissimo però cercare di mantenere libera la propria identità. Nel momento in cui costringi il tuo pensiero a qualcosa hai perso ogni libertà per cui il racconto diventa difficile. Il compito di un creativo è di intuire il desiderio prossimo e farlo diventare progetto. Nel momento in cui la costrizione porta a non poter più leggere un possibile desiderio prossimo venturo, non ci più essere progetto contemporaneo.” |
:Fashion |
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BACKSTAGE CAMPI ROM E SFILATA |
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Backstage, 29 gennaio – Prove generali per la sfilata “Il grande viaggio” – Com’è nata l’idea “Lo stile Rom” – Romeo Gigli: Creativo e viaggiatori |
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BACKSTAGE – ore 19, sabato 29 Gennaio I preparativi della sfilata vanno avanti ormai da tre settimane. Tra le modelle Romeo Gigli ha chiamato alcune ragazze Rom. Star d’eccezione: Benedetta Barzini nel ruolo della sciamana.
PROVE GENERALI – il grande viaggio Una striscia di sabbia tra muri ocra di una città inesistente è la passerella. La musica tradizionale riempie la scena. “Rileggo la cultura e l’estetica dei Rom” afferma Romeo Gigli. “Ho ripercorso il loro grande viaggio dall’India alla Persia, fino al Nord d’Africa e ai paesi dell’Est Europa e poi l’Italia, la Francia, la Spagna”.
COME E’ NATA L’IDEA – lo stile Rom La moda lascia spazio al racconto. “Sono entrato nei campi Rom” racconta lo stilista “e ho chiesto alcuni costumi tradizionali. Ho usato cinque gonne di forme diverse, le gonnellone che tutti conosciamo. Ho cercato di capire come i Rom scelgono e assemblano le loro materie. E ho scoperto che le Rom hanno un loro capo distintivo, la gonna, e poi si impossessano di tutto ciò che incontrano. Il sopra non è mai loro. Ho reinventato le loro gonne, cercando nei mercatini tessuti, mischiando tra loro materiali e colori. Sul tutto ho aggiunto capi che ho raccolto nel mondo, pezzi d’archivio e vintage. Ogni donna Rom è UNA donna. Ogni donna ha un abito ed è quella donna, calata nel suo personaggio”.
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Di Fabrizio (del 22/12/2005 @ 10:53:06, in Europa, visitato 1712 volte)
Una notizia dal Neue Zürcher Zeitung:17. Dicembre 2005 - Secondo la Società per i Popoli Minacciati gli uffici svizzeri per la cooperazione di Pristina (Kosovo) non impiegano appartenenti alla minoranza rom. Il parlamentare verde Josef Lang intende discutere questo caso nella sessione invernale del parlamento federale. Allo stesso link, un articolo sulle politiche sociali verso i Rom nella Repubblica Ceca (ma non ho il tempo materiale per tradurlo dal tedesco, forse settimana prossima) PS: qualcuno che ha studiato il tedesco in tempi più recenti dai miei???
Carissimi Avrei alcune questioni per i Leaders delle Comunità Rom in Europa e nel Nuovo Mondo (USA & Canada ecc.) 1- Perché ignorino i loro Fratelli e Sorelle nel Medio Oriente? 2- Perché non ho trovato niente sulla condizione dei Dom-Rom in nessuna conferenza internazionale su i Rom? O solo pochissime righe? (alcune informazioni QUI ndr)3- Perché i Rom d'Europa e del Nuovo Mondo (come USA & Canada) non fanno tentativi di contattare i Dom-Rom del Medio Oriente e trasferire le loro esperienze? So che i Dom-Rom nel Medio Oriente non sono organizzati, solo un paio di loro potrebbero realmente cooperare, ma questo perché nessumno li prende per mano e mostra loro come si fa. I Rom-Dom in diversi anni hanno accumulato grandi esperienze e hanno il Dovere di aiutare i loro fratelli, come fecero gli Ebrei d'Occidente con quelli d'Oriente. I Rom-Dom di Europa e del Nuovo Mondo devono mobilitarsi il più in fretta possibile per aiutare i Dom-Rom del Medio Oriente, perché soffrono delle medesime persecuzioni [...] con la differenza che per loro la soluzione per sfuggirne è assimilarsi alle tradizioni arabe, cose che hanno fatto per generazioni. Credetemi, in Egitto c'è stato un Primo Ministro di origine Dom-Rom, e per quanto fosse stato anche un leader della lotta d'indipendenza contro la Gran Bretagna, lui, come del resto altri Dom-Rom intellettuali ed agiati, tra cui proprietari terrieri, scrittori e giudici, hanno sempre fatto di tutto per nascondere o misconoscere la loro origine. Quindi il problema in Medio Oriente differisce da quello euuropeo: qui le migliori generazioni vengono totalmente assimilate e perdono la loro identità, diventano Arabi di successo; soltanto quelli più poveri e meno istruiti rivendicano la loro appartenenza ai Dom-Rom. Ultimamente, anche quelli di noi meno istruiti si qualificano come "Alti-Egiziani", perché il loro aspetto e la loro parlata differisce sostanzialmente dagli Egiziani del nord. Oppure si identificano come discendenti degli antichi Egizi, per spiegare come mai differiscano nei costumi e nei volti dagli Arabi. Mi aspetto che vi adoperiate realmente per salvare l'identità dei vostri fratelli Dom-Rom, proma che il loro patrimonio culturale si dissolva nell'arabità e perda ogni importanza.
Ahmed Almezayenhuman right activist, and jurnalist. Bucuresti - Romania.
Quando nella lettera precedente ho scritto sui Dom-Rom del Medio Oriente, non l'ho fatto perché volevo aiuto personale e neanche perché cercassi informazioni, dato che io arrivo da lì e conosco bene la mia comunità. Volevo spingervi all'azione, perché anche noi avessimo una voce, come in Europa. Voglio che ii Dom-Rom abbiano illoro posto nelle nostre organizzazioni internazionali. Questo il mio scopo e la mia speranza, per questo vi scrivo.
In Efgitto non esiste un'associazione Dom-Rom guidata da uno di loro, soltanto poche associazioni caritatevoli che dipendono da qualche chiesa: nessuna organizzazione culturale, o dei Diritti Umani o Unione presieduta da Dom-Rom, c'è una grande differenza dall'essere condotti da un Arabo o da un bianco.
Mi sono documentato sugli sforzi di Amoun Sleem a Gerusalemme (lei è Dom-Rom come me), purtroppo anche se (secondo alcune stime) in Egitto ci sarebbero più di un milione di Dom-Rom, la più estesa comunità del Medio Oriente, non abbiamo nessuna organizzazione.
Io spero di sentire in futuro la loro voce, e che siano fieri di ciò che sono, aiutarli a mantenerte la loro cultura e battersi per i loro diritti, senza dissolversi nella comunità araba. E non voglio che ci sia chi parla a nome loro, sia questo Europeo, Americano o Arabo.
[...]
Questo al momento sarà possibile solo con l'impegno dei leaders, delle organizzazioni e delle comunità Rom nel mondo, che espandano il loro ombrello anche a noi.
Grazie Ahmed
Di Fabrizio (del 22/12/2005 @ 17:00:27, in media, visitato 2565 volte)
Da Romani_Cinema:
" ...Conosciamo il razzismo. Conosciamo la discriminazione. Ma nel nuovo documentario "Faces of Change" lo vediamo svilupparsi ovunque - pervasivamente e universalmente, con gli stessi devastanti effetti, come succede al signor Ivan Ivanov. La lotta per superare la vergogna, come il razzismo - pervade questo film. Sono cinque storie arrotolate assieme a fornire un'istantanea sul razzismo, girate da cinque giovani cineamatori che sono anche attivisti dei diritti umani negli angoli più nascosti del globo. Mettono in gioco le proprie vite e combattono in queste riprese grezze, personale, sovente ispirate."
"Faces" : Prejudices on a Persona Level
THE WASHINGTON POST
"FACES OF CHANGE" è un film di successo sui diritti umani. In 80 minuti mette a fuoco la vita di cinque attivisti di cinque diversi continenti. Ivan Ivanov, il rappresentante dell'Europa, è un Rom bulgaro, attivista dei diritti umani, avvocato e direttore esecutivo dell'organizzazione internazionale ERIO - con sede a Bruxelles (homepage di ERIO - su Ivan Ivanov qui un precedente articolo ndr.). Anche se in possesso di una laurea in legge e una in medicina, non sfugge ai pregiudizi sui Rom. Dal Nord America Eloida Blanco, che risiede nella comunità di Agriculture Str. a New Orleans e la cui sorella ha sviluppato un tumore da quando aveva 12 anni. Mohamed Borbosse dall'Africa è un ex-schiavo della Mauritania e rischia quotidianamente la propria vita a causa dei suoi comizi contro la schiavitù. |
da: silverdocs.com
Ivan Ivanov, [...], ha lottato contro la povertà e il razzismo per diventare dottore. Ma quando un paziente rifiuta di sottoporsi alle cure di un Rom dottore, Ivanov capisce di doversi impegnare per un'altro lavoro. Ritorna all'università per diventare avvocato specializzato in diritti umani e combattere i pregiudizi contro i Rom in Bulgaria.
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Kathir Raj rappresenta l'Asia ed è Dalit (intoccabile ndr.) la sua famiglia da generazioni è destinata a suonare le percussioni ai funerali delle caste più nobili. Nara dos Anjos, brasiliana di pelle nera, rimase incinta quand'era ragazzina e ora cerca di evitare lo stesso destino alle altre ragazze.
Attraverso il video i cinque attivisti trasmettono dispacci dai rispettivi angoli del mondo, raccontando storie e mostrando immagini che nessun pubblico conosce fuori dai rispettivi confini. Gli interpreti recitano le loro stesse vite, esperienze e presentano come li vede la società e come la vedono loro. Sono storie ricche di passione e stupore, umorismo, paura e impregno per cambiare. Attraverso le interviste il film documenta la scoperta da parte degli interpreti delle ideologie razziste nel proprio paese e la scoperta dei tratti in comune, dopo la loro partecipazione alla conferenza ONU contro il razzismo di Durban in Sud Africa. Accompagnati da storie e musiche, gli interpreti ci accompagnano ad aprire assieme una finestra sulle connessioni che esistono tra le diverse realtà.
L'8 dicembre si è tenuta l'anteprima di "Faces of Change", a New York presso lo Schomburg Center di Harlem. Il film, appena entrato nel circuito commerciale ha già ottenuto diversi riconoscimenti, come l'Humanitarian Award al Fort Lauderdale International Film Festival.
FACES OF CHANGE ha ottenuto anche il premio del SILVERDOCS Documentary Film Festivalin the U.S.A nel giugno 2005.
E' anche stato selezionato ai:
- Locarno International Film Festival, Switserland ad agosto 2005,
- Rio International Film Festival ad ottobrer 2005 e
- Fort Lauderdale International Film Festival.
Inoltre è stato invitato a:
- Bergen International Film Festival in Norway, e
- One World FIlm Festival in the Chech Republic di marzo 2006
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