Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 13/09/2005 @ 15:36:29, in scuola, visitato 10475 volte)

CLANDESTINI A BORDO

Molto schematicamente: la multiculturalità a scuola dovrebbe contribuire a far conoscere vita e cultura di altri popoli e renderli più vicini a noi e meno misteriosi. Altro compito, che è diventato primario negli ultimi anni, quello di favorire l'interazione tra studenti di diverse origini. Infine, dovrebbe far apprezzare i diversi retroterra culturali e valorizzarli nell'ambito delle competenze di un gruppo.

Il gioco qui proposto apparentemente smonta le premesse sulla multiculturalità, mischiando alcune caratteristiche tipiche del gioco di ruolo all'improvvisazione teatrale. Lo scopo è ricreare la sensazione che provano (o provavano) molti immigrati catapultati in un ambiente estraneo, dove la loro cultura, il loro passato, gli affetti e i ricordi vengono azzerati

Il tabellone (ma il gioco può essere ricostruito anche disponendo dell'intera aula) riproduce una qualunque città italiana: le piazze, le strade, il parco, il mercato, la stazione ferroviaria, la fabbrica...un comunissimo panorama urbano.

Il viaggio è dentro la propria testa:

cosa succederebbe se una mattina ci svegliassimo senza la lingua, senza lavoro, senza casa, magari con la pelle di un colore diverso? I luoghi che ci sono famigliari diventerebbero ignoti, dove perdersi o nascondersi...per fare un paragone: una via di mezzo tra Blade Runner e Pack Man. Il gioco è una specie di labirinto, e come un labirinto che si rispetti presenta trappole, occasioni, punti di ritrovo con gli altri giocatori che lo percorrono. All'inizio sembrerà che ogni scelta avvenga in massima libertà, solo dopo un po' di tempo ci si accorge che ogni mossa determina quella successiva.

Nella sua schematicità il gioco offre alcuni punti di riflessione:

a cosa serve il permesso di soggiorno

come dormire, come lavorare

perché si diventa fuorilegge

cosa si prova a vivere da braccati...

Indipendentemente dalle scelte personali, il giocatore sviluppa un processo di "empatia" verso l'immigrato e le sue scelte, spinto anche dal confronto con gli altri partecipanti, tende a ragionare sulle scelte che ne determinano i comportamenti. Tutte le attività che abbiamo proposto sinora non vogliono fornire scenari rassicuranti o conosciuti, ma "costringono" a calarsi nei panni sconosciuti di un altro modo di vivere e pensare; nelle speranze e aspettative, ma anche nei momenti di sconforto e impotenza di chi vive a diecimila chilometri di distanza o nella nostra città. Riassunto in altri termini: PRIMA DI GIUDICARE, BISOGNEREBBE PROVARE.

E' anche per questo che CLANDESTINI A BORDO viene proposto come gioco conclusivo: chi ha seguito le attività proposte precedentemente ha simulato di viaggiare, di conoscere...e quando arriva nella città-labirinto quanto ha fatto prima è come se fosse azzerato. Esattamente come un clandestino potrà essere un universitario, un brigante, un esule o un raccomandato, ma non per questo avrà mezzi di sopravvivenza diversi dagli altri. Compito dell'insegnante o del MASTER è sottolineare i passaggi più importanti, invitando i giocatori a drammatizzare e recitare le situazioni, a chiedere consigli, senza fornire lui le soluzioni.

Un'obiezione potrebbe essere quella che la realtà è troppo cruda e complessa per essere rappresentata in "giochi per ragazzi". Ma i ragazzi sono "diversi" dagli adulti, hanno meccanismi culturali di difesa che sono quasi innati: anche loro sono potenziali emigrati dall'infanzia che tenderanno a integrarsi e cambiare la società dove approderanno. L'importante è trovare il MEDIA, cioè il gioco che renda possibile trasferire la loro diversità di età a diversità etnica.


Interviste dopo una partita (effettuata in una festa di piazza - giugno 2004)

Passavo sotto i portici come al mio solito, x trovarmi con gli amici. Ho visto 2 tavoli, uno vendeva pantaloni e sull'altro c'era un gioco che era una via di mezzo tra Monopoli e il gioco dell'oca. Non c'era molto da fare e allora Fabrizio ha chiesto se volevamo giocare.

Io e altri 3 abbiamo iniziato, un quarto s'è aggiunto poi.

Il gioco è durato un'ora, ma la durata la decide chi gioca. Facevamo finta di essere dei kossovari che arrivavano in Italia. Il primo problema era arrivare in Italia per conto proprio oppure con chi ti faceva attraversare la frontiera senza rischi.

Non c'era fine. In pratica giravi in questa specie di città finché non ti fermava la polizia.

Capitava di essere coinvolti in rapine, oppure cercare lavoro, oppure si girava tentando di capire cosa fare.

Mi hanno blindato 5/6 volte: non ho neanche capito il perché, quella che ricordo bene è quando ho picchiato uno spacciatore, perché voleva vendermi la roba. Mi ha denunciato, l'infame. Per mia sfortuna, avevo appena ottenuto una licenza di commercio e ho perso tutto. E' stato a quel punto che ho cominciato a comportarmi da vero malfattore. Non avevo + niente da perdere e nessuno mi avrebbe + dato un visto regolare. Potevo solo tornare in Kossovo a fare la guerra.

Ti intrippa, non so spiegare perché.

Pier

Io invece non sono mai finita in questura, e stavo attenta a non trovarmi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Il problema di arrivare in Italia senza lavoro, senza soldi e senza documenti: non sapevo quale era il mio scopo e tiravo a campare. Naturalmente nessuno mi diceva cosa dovevo fare e ho dovuto chiedere tante volte per capire che avrei dovuto andare alla casella della scuola e poi all'ufficio di collocamento. Così poi sono finita in fabbrica.

Eleonora


Note: giocare a scuola

"...GIOCHI PER L'APPRENDIMENTO?

Se nelle associazioni educative extra scolastiche le valenze formative del gioco sono fuori discussione, non si può negare che in Italia esso sia un elemento marginale nell'istituzione scolastica.

Valorizzato nella scuola dell'infanzia, già si riduce di molto nella scuola elementare, per scomparire poi definitivamente negli anni successivi. Pur riconoscendo al gioco un notevole ruolo nella strutturazione di abilità mentali necessarie a ogni successivo apprendimento, lo si circoscrive a un ambito predisciplinare, ritenendolo inutile per operazioni più complesse (...)

Certo non ha senso l'introduzione di giochi nella scuola quando si ha una concezione dell'insegnamento come mera e autoritaria trasmissione di nozioni. Molti insegnanti sono restii ad assumere una veste diversa dalla solita, come viene invece richiesto dai giochi di simulazione, temendo di avventurarsi su un sentiero dove essi non detengono più il possesso delle conoscenze da trasmettere.

Ma se si ritiene che l'apprendimento sia una e-ducazione, un tirar fuori insieme, piuttosto che un in-segnamento, dove solo uno (il docente) imprime un segno sugli altri allora anche nella scuola c'è posto per il gioco e per il sottile piacere della sfida intelligente che essa rappresenta.

Ma attenzione: si può imparare dal gioco solo se si è catturati nel "cerchio magico che si forma tra i partecipanti, coinvolti anche a livello emozionale. Tanto più si impara, quanto più si agisce, lasciandosi prendere dal meccanismo ludico. Bisognerà poi costringersi o essere stimolati da altri a riflettere su ciò che si è vissuto, per capire e assimilare profondamente le scoperte fatte. E questo sarà il compito dell'animatore del gioco, che dovrà essere capace di far emergere, nella discussione finale, tutte le domande utilizzabili ai fini della ricerca da svolgere successivamente con gli strumenti didattici più opportuni..."[Ferracin, Gioda, Loos, GIOCHI DI SIMULAZIONE per l'educazione allo sviluppo e alla mondialità - Editrice ELLE DI CI]

Alcune regole valgono tanto per la scuola che per il gioco: esistono momenti di apprendimento individuali ed altri collettivi. Nello studio tutti siamo portati a prediligere quelli individuali, per abitudine, perché è difficile rispondere a 20/30 teste, per tante ragioni.

Il gioco quindi, per forza di cose, si pone a metà tra qualcosa di sovversivo e una perdita di tempo, anche perché finisce sempre per cozzare con i programmi.

Parto quindi dalla vostra realtà di fatto: insegnanti di fronte a una o più classi, sempre in ritardo sulla programmazione. E vi invito a rovesciare il paradigma: se io fossi un consulente e dovessi illustrare una procedura complicata alle maestranze, come dovrei comportarmi per farmi ascoltare? Sospetto che la gran parte della tempo che si perde è dovuta alla scarsa collaborazione di chi ho di fronte: perché sono più vecchio, perché ho "l'autorità", perché adopero un codice linguistico diverso, perché c'è altro che distrae...

Ma se l'interlocutore collabora, non solo imparerà più in fretta, sarà invogliato a imparare. Se io prevedo spazi di simulazione nella didattica, non lo faccio per apparire "moderno", o per ingraziarmi un pubblico che non conosco: lo faccio con lo scopo di risparmiare tempo, e di aumentare la resa del mio tempo.

A maggior ragione il gioco entra a pieno titolo come media interculturale, perché è un linguaggio universale e perché, soprattutto tra i popoli Rom e Sinti, il bambino spesso utilizza il gioco per apprendere il mestiere di famiglia o il proprio ruolo nella famiglia allargata.


Interattività

Mi soffermo sulle caratteristiche dei giochi da tavolo, che chiaramente non sono gli unici giochi proponibili:

alcuni di loro... IL GIOCO DELL'OCA, ad esempio, nei secoli scorsi ha rappresentato il primo (forse l'unico) libro di geografia, quando la scuola obbligatoria e la televisione non esistevano e l'unica maniera per conoscere il mondo era andare emigranti oppure in guerra. Dal gioco dell'oca ne sono nati tanti altri, via via sempre più differenti, che hanno assolto alla funzione di far CONOSCERE e TRASPORTARE i giocatori in luoghi dove non sono mai stati e in periodi che non potranno vivere: dal FAR WEST alla conquista dello spazio. Hanno guadagnato anche nicchie nella didattica italiana: ad esempio i cosiddetti "business game" nelle scuole di manager (sarebbero mai esistiti senza il vecchio MONOPOLI?). Giochi di simulazione urbana, dove il meccanismo del GUERRIERO METROPOLITANO che vive in un ambiente totalmente alienato, viene rovesciato per far confrontare cittadini, studenti, amministratori e progettisti. "...le new towns intorno a Londra sono state realizzate utilizzando simulazioni in cui i cittadini erano chiamati a disegnare insieme agli amministratori la forma e le caratteristiche dei servizi necessari. Frequentemente la progettazione prevedeva condizioni realistiche, come un bilancio ridotto all'osso. Quindi obbligava a scelte dolorose, ma inevitabili..."[dalla stampa]

Fuori dall'ambiente scolastico, i WAR-GAMES hanno non solo raggiunto livelli di simulazione sempre più elaborati, ma hanno conquistato anche una fetta consolidata di mercato.

Giochi da tavolo, giochi di simulazione, come un VIAGGIO, come un insieme di regole da rispettare e di imprevisti da affrontare: una costrizione necessaria per passare da un mondo conosciuto e forse noioso, ad un altro tutto da esplorare, dove provare a sopravvivere e magari vincere.

Abbiamo già accennato al gioco come valido aiuto alla "strutturazione di abilità mentali", che presuppongono una maturazione, un coordinamento di occhi, cervello, mani. Un ragazzo, che ha imparato qualcosa di meccanica e di geometria anche giocando col Lego, arriva a prendere confidenza con l'elettronica e la fisica, anche coi VIDEO-GAMES. Nonostante la loro apparente freddezza, non solo i computer svolgono il ruolo di media tra gioco e vita reale (vita dei grandi), ma aprono nuovi spazi alla fantasia, alla rappresentazione simulata dei meccanismi eterni delle favole e dell'avventura. Con la fantasia il giocatore affronta situazioni irreali o pericolose: siano mostri, oppure pilotare macchine da corsa, un sogno ragionato dove il giocatore è protetto, non paga personalmente le conseguenze dei suoi comportamenti, anzi può ritrovare la stessa situazione e misurare una risposta diversa in tempi brevi.

I giochi che vogliamo proporre, rispetto ai video-games, danno l'opportunità di non doversi affidare all'istinto, di non dover obbedire alle scelte di una macchina per misurare i loro tempi di risposta - è possibile fornire scelte più ragionate. Inoltre i giochi al computer, come i cartoni animati visti alla televisione, si prestano a una fruizione assolutamente personale. Nei giochi da tavolo invece è basilare osservare il comportamento degli altri giocatori, confrontarsi con loro, intervenire e influenzare il loro gioco, vagliare come INTERAGIRE con persone in carne e ossa

- Cosa succede, cosa è successo durante il gioco?

- Esiste un rapporto tra il gioco e la realtà? familiare, scolastica, zonale, mondiale, (individuare precedentemente i livelli da affrontare)]

- Cosa è possibile fare?

- personalmente

- collettivamente

- da parte delle organizzazioni

- da parte delle autorità


Dossier settembre:

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Di Fabrizio (del 13/09/2005 @ 19:05:47, in Italia, visitato 2436 volte)


Associazione Culturale “ Gentes”
Progetto: ATOR PAL MONT – CALENDARIO 2005
Manifestazione internazionale dedicata alla migrazione
L’associazione culturale Gentes promuove per il 2005 a Grions del Torre (UD) la seconda edizione della manifestazione “Ator Pal Mont”. Grions vuole diventare luogo “ simbolo “ dove la manifestazione “Ator Pal Mont” dedicata alla migrazione lo renderà “ luogo della memoria “, dove le “ tracce “, con diversi modi e forme di rappresentazione, saranno fruibili da tutti consentendo di rileggere “ interpretando “ le vicende che resero epica la migrazione. In un unico centro si raccoglierà tutto ciò che su questa problematica è stato prodotto (libri, film, video etc..) operando in maniera programmatica negli anni facendo un lavoro di ricerca, catalogazione ed archiviazione di tutti i documenti reperibili (fotografie, lettere, cartoline, documenti etc..) ricostruendo le storie dei movimenti migratori e di vita di persone che abbiano vissuto nei diversi luoghi del mondo. Si costruirà così una circolarità di esperienze atte a disegnare la complessità della migrazioni. In questa circolarità vanno incluse quelle genti che per le più svariate motivazioni hanno vissuto, o vivono, la diaspora, come ebrei, popolo rom e sinto, armeni, ect.,. Esuli, profughi, rifugiati politici. Coloro che hanno abbandonato la loro terra perché costretti dalla pulizia etnica o per guerre, carestie, etc.; Si cercherà di evidenziare come queste persone e questi movimenti migratori raggiungendo i più remoti angoli della terra, abbiano a volte generato altri conflitti a volte stabilito relazioni tali da far superare la naturale diffidenza stimolando la curiosità e l’interesse per la diversità apportando conoscenza e sapere, ricchezza culturale necessaria per l’accettazione dell’altro, per una auspicabile convivenza fra le diverse culture, per promuovere e sviluppare la cultura dei diritti e della pace.
Per la stagione 2005, il progetto “Ator Pal Mont”, si articola come segue:
PREMIO: premio internazionale da conferire due personalità, che si sono distinte “sul campo” nell’assistenza diretta a quanti costretti alla diaspora, o impegnati nel campo della ricerca , nella divulgazione, nell’ impegno nella causa della convivenza pacifica tra popoli e la pace.
CONVEGNI: dedicati alla conoscenza di varie realtà migratorie;
MOSTRA:una mostra dedicata ad una famiglia di origine friulana o ad una famiglia stabilitasi in Friuli;
SPETTACOLI: spettacoli riconducibili alle tematiche della migrazione di cui uno in lingua friulana ed uno appartenente ad altra cultura.
FIABE, FAVOLE, LEGGENDE: giornata dedicata all’infanzia in cui i bambini siano i protagonisti di letture, spettacoli e animazioni di testi e favole da loro raccolti e interpretati.
SETTIMANA DI CULTURA dedicata culture minoritarie: comunità, etnie, popolazioni discriminate, perseguitate, costrette a vivere l’esilio o il nomadismo, dimenticate e senza visibilità.
Ad ogni popolazione a cui venga dedicata la SETTIMANA DI CULTURA verrà aperta una sezione del costituendo archivio con materiali cartacei e informatici, con continui aggiornamenti, in modo da renderla, ove ancora non esistesse, punto di riferimento privilegiato per le consultazioni o per qualsiasi informazione riferendosi quella specifica cultura.
Il 2005 prevede la “Settimana della cultura Romaní(24 sett-
1 ott)con una serie di eventi dedicati alla conoscenza delle culture dei Rom e Sinti denominati in maniera etnocentrica “zingari”. Tale iniziativa è motivata dall’esigenza della nostra associazione di investire su azioni o su tutto quanto contribuisca a superare diffidenze, pregiudizi, atteggiamenti di rifiuto per persone di una etnia minoritaria generalmente emarginata culturalmente e socialmente.
Il progetto comprende una serie di eventi fra i quali un'esposizione fotografica relativa alle varie etnie Romaní, allo sterminio nazifascista della popolazione rom e sinta con proiezione di video, documentari e diapositive. Collaterale alla mostra una tavola rotonda di esperti ed un convegno. Sono previsti inoltre: un concerto, una serata di teatro, spettacoli circensi, proiezioni di film, letture di fiabe e poesie.
La manifestazione “Ator pal mont” prenderà l’avvio con la settimana dedicata alla conoscenza dalla dimensione culturale relativa al popolo rom e sinto.
La nostra regione, il Friuli, è stata terra di passaggio delle loro carovane e di molti altri transiti, senza che si fosse stabilito alcun rapporto se non di reciproco sospetto e diffidenza che difficilmente si è cercato di superare. È necessario, in ogni occasione, creare le condizioni per valutare reciprocamente queste diverse realtà che per generazioni hanno condizionato i rapporti escludendosi ad ogni possibilità di capire ed accettare.
Tale evento culturale ha come obbiettivo favorire un approfondimento dei molteplici aspetti di una popolazione spesso identificata in unica categoria attraverso la denominazione etnocentrica “Zingari” ma che in realtà è un mosaico molto diversificato composto, dai Rom, dai Sinti, dai Kalé , dai Manouche e infine dai Romniæel: un universo spesso ignorato e pertanto sconosciuto che presenta una varietà abbastanza composita di persone con notevoli differenze culturali. La differenza, attraverso il confronto, diventa una risorsa per arricchire la propria cultura: rispecchiandosi nell’altro è possibile conoscere meglio le proprie caratteristiche, in questo sguardo però, troppe volte prevalgono i timori legati al disagio sociale sui possibili vantaggi culturali.
Evidenziare e valorizzare esperienze e saperi diversi possono essere ottimi antidoti verso pregiudizi e l’isolamento che da sempre circondano i Rom e Sinti.
Iniziare da qui è come esorcizzare un’antica paura, ma significa anche preparare un futuro nel quale si costruiranno ponti anziché muri.
Tempi e luoghi di realizzazione
La manifestazione “Ator Pal Mont”, edizione 2005, si svolgerà dal 23 settembre al 2 ottobre, a Grions del Torre, negli spazi della ex scuola comunale, nei locali del centro G. Caenazzo ed in uno Spazio-tenda appositamente montato
L’inaugurazione della “Settimana di cultura Romaní” del 24 settembre si terrà in Sala Ajace a Udine alle ore 15.00.
L’Ass. “Gentes” si avvalsa delle seguenti collaborazioni:
Collaborazioni.
Centro G. Caenazzo; Povoletto;Pro loco di Ravascletto, Salârs e Zovello, Centro Accoglienza E. Balducci,Zugliano, (UD); Circolo Menocchio, Montereale Valcellina (PN); Friuli nel Mondo; Istituto Alberti, (TS); RAI FVG; Regione FVG; Provincia di Udine e Gorizia;Comune di Udine, Comune di Povoletto; Assessorato Regionale alla Cultura del FVG, Istituto di Cultura Sinta di Mantova; Museo Carnico delle ArtiPopolari “M. Gortani” di Tolmezzo.
Collaboratori
Prof. Maria Paola Pagnini, Prof. Livio Sossi, Prof. Leonardo Piasere, Dott.ssa Eva Rizzin, Dott. Luca Nazzi, Gioia Meloni, Dott. Lorenzo Monasta, Dott. Luca Bravi, Dott. Zoran Lapov, Dott.ssa Antonella Nonino, Luigi Sferco, Carlo Berini, Angelo Batel, Walter Colle, Silvio De Grignis, Alessandra Giorgessi, Michaela Langner, Luca Melchior.
Patrocinio.
Regione FVG; Provincia di Udine; Provincia di Gorizia; Comune di Udine, Comune di Povoletto; Società Filologica Friulana; Friuli nel Mondo; Club UNESCO; Università degli Studi di Gorizia, Cattedra di Geografia Politica, Corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche, Università di Udine Cattedra di Storia e Letteratura per l’Infanzia.
Contributi.
Regione FVG; Provincia di Udine; Comune di Povoletto; Banca di Cividale; CrediFriuli.
Responsabili dei progetti.
La Settimana di Cultura Romaní
Responsabile:Prof. Maria Paola Pagnini.
Referente: Dott.ssa Eva Rizzin.
Mostra
Prof. Tullio Ceconi;
Referente: Dott. Luca Nazzi.
Premio
Don Pierlugi Di Piazza
Spettacoli
Franco Rossi
Fiabe, favole e leggende
Prof. Livio Sossi
Editoria
Dott.ssa Lisa Rossi
Comitato Scientifico
Prof. Maria Paola Pagnini
Prof. Livio Sossi
Prof. Leonardo Piasere
Prof. Javier Grossutti
Prof. Tullio Ceconi
Don Pierlugi Di Piazza
Sede: Via dell’Asilo, 2. 33040. Povoletto. UD. 0432/679838mail: gentesonlus@yahoo.it
Associazione Culturale “Gentes”
Progetto: ATOR PAL MONT* - stagione 2005
premio
convegno
spettacoli
mostra
fiabe
editoria
settimana della cultura
SETTIMANA DELLA CULTURA ROMANÍ: 24 settembre-1 ottobre
Responsabile del progetto: Prof. Maria Paola Pagnini, Cattedra di Geografia Politica, Corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche, Università degli Studi di Gorizia
Referente: Dott.ssa Eva Rizzin, dottorato di ricerca in Geopolitica e Geostrategia, Università degli Studi di Trieste
Il 2005 prevede la “Settimana della cultura Romaní”
Il progetto “Ator pal mont” prenderà avvio con la settimana dedicata alla conoscenza della dimensione culturale del popolo rom e sinto. La nostra regione, il Friuli, è stata terra di passaggio delle loro carovane e di molti altri transiti, senza che si fosse stabilito alcun rapporto se non di reciproco sospetto e diffidenza che difficilmente si è cercato di superare.
È necessario in ogni occasione creare le condizioni per valutare reciprocamente queste diverse realtà, che per generazioni hanno condizionato i rapporti escludendosi ad ogni possibilità di capire ed accettare.
Tale evento culturale ha come obbiettivo di favorire un approfondimento dei molteplici aspetti di una popolazione spesso identificata in unica categoria attraverso la denominazione etnocentrica “Zingari”, ma che in realtà è un mosaico molto diversificato, composto dai Rom, dai Sinti, dai Kalé, dai Manouche e infine dai Romniæel: un universo spesso ignorato e pertanto sconosciuto che presenta una varietà abbastanza composita di persone con notevoli differenze culturali. La differenza, attraverso il confronto, diventa una risorsa per arricchire la propria cultura: rispecchiandosi nell’altro è possibile conoscere meglio le proprie caratteristiche, in questo sguardo però, troppe volte prevalgono i timori legati al disagio sociale sui possibili vantaggi culturali.
Evidenziare e valorizzare esperienze e saperi diversi può essere un ottimo antidoto verso pregiudizi e l’isolamento che da sempre circondano i Rom e i Sinti.
Iniziare da qui è come esorcizzare un’antica paura, ma significa anche preparare un futuro nel quale si costruiranno ponti anziché muri.
*In lingua friulana “Ator Pal Mont” corrisponde all’italiano “andare per il mondo”.

PROGRAMMA DETTAGLIATO DELLA SETTIMANA DI CULTURA ROMANÍ
24 sett. Inaugurazione della settimana di cultura romaní
Sala Ajace Udine
Tavola rotonda: LA DIMENSIONE ROMANÍ TRA PASSATO E PRESENTE: PROSPETTIVE DI RICERCA
Inaugurazione della mostra inerente alla cultura Romaní”.
Serata di musica romanì: Matcho Winterstein, “Jazz Manouche”
25 sett. Premio Internazonale “Ator Pal Mont 2005”.
28 sett. Serata di proiezione di film e video
29 sett. Giornata dedicata all’infanzia con spettacolo circense ed illustrazione di favole romanì. Serata di proiezione di film
30 sett. Spettacolo circense.
Serata di proiezione di film
01 ott. Convegno: NUOVE SVOLTE NELLE POLITICHE DELLA MINORANZA ROMANÍ: CONFRONTO TRA RAPPRESENTANTI ROM E SINTI E ISTITUZIONI
Teatro: Lettura scenica
PROGRAMMA DETTAGLIATO:
Sabato 24 settembre
Udine. Sala Ajace.
INAUGURAZIONE DELLA SETTIMANA DI CULTURA ROMANÍ.
Responsabile del progetto: Prof. Maria Paola Pagnini, Cattedra di Geografia Politica, Corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche, Università degli Studi di Gorizia
Referente: Dott.ssa Eva Rizzin, dottorato di ricerca in Geopolitica e Geostrategia, Università degli Studi di Trieste
15.00 Franco Rossi: Presidente dell’Associazione Culturale Gentes.
15.10 Dott.ssa Eva Rizzin:Università degli Studi di Trieste
INTRODUZIONE: PRESENTAZIONE SETTIMANA ROMANÍ
INTERVENGONO:
Dott. Roberto Antonaz: Assessore alla Cultura, Regione Friuli-Venezia Giulia
Dott. Fabrizio Cigolot: Assessore Attività Produttive e all’Assistenza sociale della Provincia Udine
Dott.ssa. Gianna Malisani: Assessore alla Cultura del Comune di Udine
Don Pierluigi di Piazza: Responsabile Centro di Accoglienza “E. Balducci” di Zugliano
Tavola rotonda: LA DIMENSIONE ROMANÍ TRA PASSATO E PRESENTE: PROSPETTIVE DI RICERCA
MODERATORE: Dott. Lorenzo Monasta, Università Autonoma del Guerrero, Messico, dottorato in Scienze Mediche.
RELATORI:
15.40 Prof. Pagnini Maria Paola: Università degli Studi di Gorizia, Cattedra di Geografia Politica, Corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche.
MINORANZA E MIGRAZIONE IN UN MONDO GLOBALIZZATO
15.50 Prof. Leonardo Piasere: Università degli Studi di Verona, Dipartimento di Antropologia e Psicologia culturale.
LA CULTURA ROMANÍ
16.00 Dott.ssa Giovanna Boursier: Giornalista e storica.
LO STERMINIO DEI ROM E SINTI
16.10 Dott. Luca Bravi: Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Scienze dell’Educazione e dei Processi Culturali e Formativi.
INTERNAMENTO DEI ROM E SINTI IN EUROPA TRA ASSIMILAZIONE FORZATA E STERMINIO
16.20 – 16.40 DIBATTITO
16.40 – 17.00 PAUSA CAFFÈ
17.00 Dott. Zoran Lapov: Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Scienze dell’Educazione e dei Processi Culturali e Formativi.
CULTURA E LINGUA ROMANÍ NELLA LOTTA DI AFFERMAZIONE
17.10 Dott. Nando Sigona: Oxford Brookes University, Development & Forced Migration Research Unit (DFM) Dept. Planning - School of the Built Environment
FORME E MODI DI DISCRIMINAZIONE DEI ROM E SINTI IN ITALIA
17.20 – 18.00 DIBATTITO
19.30 Inaugurazione della mostra:
Grions del Torre. Centro G. Caenazzo.
Mostra: La dimensione Romaní: Il progetto comprende un’esposizione sull’Arte, Storia e Cultura Romaní con foto, quadri.
"Saintes-Maries-de la- Mer, proiezione fotografica a cura di Carlo Innocenti
21.00 Serata di musica romanì: "Matcho Winterstein Trio”, Jazz Manouche
Grions del Torre. Centro G. Caenazzo.
Matcho Winterstein: chitarra solista
Francesco Federici: chitarra ritmica
Mirco Capecchi: contrabbasso
Matcho Winterstein, Manouche, star internazionale della chitarra acustica, si può considerare senza paragoni troppo impegnativi un erede di Django Reinhardt. Francese, nato a Nancy.
La sua musica appare caratterizzata da precisione, potenza e delicatezza del linguaggio, tutte componenti che si coniugano per rivelare un vero artista capace di adattarsi a qualsiasi situazione musicale con una spontaneità unica e con uno spirito votato soprattutto all’improvvisazione.Lo accompagnano Francesco Federici alla chitarra ritmica e Mirco Capecchi al contrabbasso, non nuovi a questa esperienza, avendo già inciso un disco con Matcho Winterstein, che dimostrano affidabilità e inventiva rare da ritrovarsi in questo stile.
Domenica 25 settembre
Grions del Torre. Centro G. Caenazzo.
18.30 Premio Internazonale “Ator Pal Mont 2005”.
Prof. Patrick Williams: Direttore di ricerca, membro del Laboratorio di Antropologia Urbana del CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique) di Parigi, ha dedicato i suoi studi alle modalità di organizzazione sociale e simbolica delle comunità Rom e Manuœ, dando ampio spazio allo studio della loro musica; in particolare ha analizzato il contributo di Django Reinhardt, Manuœ francese nell’ambito della storia del Jazz internazionale. È autore di decine di volumi e saggi sull’argomento.
È egli stesso membro della comunità dei Rom Kalderash di Parigi.
Dott. Aldo Forbice: Giornalista Radio Uno, Vice direttore del Giornale Radio Rai e conduttore del programma quotidiano del Gr1 "Zapping". È stato vicedirettore del Gr3, capo redattore del Tg1 e per diversi anni autore e coordinatore di programmi di Raidue. Per l'attività professionale e per il suo impegno nel campo della tutela dei diritti umani ha ricevuto molti premi, segnalazioni e riconoscimenti. Con la sua trasmissione "Zapping", Forbice si occupa sistematicamente di tutela dei diritti umani, promovendo campagne per sensibilizzare l'opinione pubblica.
Concerto di musica romanì: SINTI ESTREKARIJA
Mercoledì 28 settembre
Grions del Torre. Centro G. Caenazzo.
20.30 Proiezione del film SWING, regia di Tony Gatlif, 2002.
Giovedì 29 settembre
Grions del Torre. Centro G. Caenazzo.
Giornata dedicata all’infanzia.
Responsabile del progetto: Prof. Livio Sossi: Università di Udine, docente di Storia e Letteratura per l’Infanzia
10.00 La giornata dedicata all’infanzia ha inizio con uno spettacolo del Circo “MACCHERONI” di Livio Corrado e Davio Togni per tutti i ragazzi della scuola di Povoletto, prosegue la mattinata ed il pomerggio,con pausa pranzo, con incontri di laboratorio e di animazione condotti da Antonio Ferrara e da Paul Bakolo N’Goi, quest’ultimo proveniente dallo Zaire. Per l’occasione verrà presentato un libro di favole Rom, di cui una favola verrà illustrata in un incontro- laboratorio.
17.00 Tavola Rotonda:Andata e Ritorno: La letteratura per ragazzi migrante
RELATORI:
Prof. Livio Sossi: Università di Udine docente di Storia e Letteratura per l’Infanzia
Dott. Graziella Cormio Cresci: Associazione Culturale “Tolbà” di Matera
Dott. Antonio Ferrara: Autore ed illustratore di libri per ragazzi su tematiche multiculturali
20.30 Proiezione del film VENGO-DEMONE FLAMENCO, di Tony Gatlif, 2001
Venerdì 30 settembre
Grions del Torre. Centro G. Caenazzo.
Spettacolo circense. Circo “MACCHERONI” di Livio Corrado e Davio Togni
20.30 Proiezione del film GADJO DILO, di Tony Gatlif, 1998
Sabato 1 ottobre
Grions del Torre. Centro G. Caenazzo.
Convegno: NUOVE SVOLTE NELLE POLITICHE DELLA MINORANZA ROMANÍ: CONFRONTO TRA RAPPRESENTANTI ROM E SINTI E ISTITUZIONI
MODERATORE: Dott.ssa Antonella Nonino, Master in Studi Interculturali, Università degli Studi di Padova
INTERVENGONO: LIVIO TOGNI. Senatore. Sinto
RELATORI:
15.00 Dott.ssa Eva Rizzin: Università degli Studi di Trieste,dottorato di ricerca in Geopolitica e Geostrategia, Sinta Gaèkani Eftawagaria.
IL PERCORSO DI RICONOSCIMENTO DELLA MINORANZA ROM E SINTA IN EUROPA
15.10 Ministero delle Pari Opportunità: UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.
15.20 Rosario Ali Taikon: Presidente dell’Organizzazione Roma Right Sweden. Collaboratore al giornale Rom “E Romaní Glinda”, Rom Svedese.
ROMA RIGHT SWEDEN
15.30 Rag.Giorgio Bezzecchi: Segretario Nazionale dell’Opera Nomadi, Rom Harvato.
IL RUOLO DEI MEDIATORI CULTURALI NELLE ISTITUZIONI
15.40 – 16.20 DIBATTITO
16.20 – 16.40 PAUSA CAFFÈ
16.40 Yuri del Bar: Consigliere del Comune di Mantova, Sinto Lombardo.
L’ESPERIENZA DELL’ATTIVISMO SINTO NELLA REALTÀ MANTOVANA
16.50 Luigi Sferco:
LA REALTÀ LAVORATIVA DEI ROM E SINTI IN FRIULI VENEZIA GIULIA
17.00 Dott. Daniele Cortolezzis: Assessore ai Servizi sociali del Comune di Udine.
17.10 Nazzareno Guarnieri: Opera Nomadi Abruzzo, Rom Abruzzese.
RISPETTO DELL’ IDENTITÀ ROM
17.20 Michele Negro: Referente Immigrazione per Assessorato Regionale alla Cultura del Friuli- Venezia Giulia.
LA REGIONE E LA TUTELA DELLA CULTURA ROM E SINTA
RINFRESCO
21.00 Serata di teatro
La manifestazione, “Ator Pal Mont”, edizione 2005, dedicata alla migrazione e alla cultura Romanì, si svolgerà dal 23 settembre al 2 ottobre, a Grions del Torre, negli spazi della ex scuola, nel teatro G. Caenazzo ed in uno Spazio-tenda appositamente montato.
L’inaugurazione della “Settimana di cultura Romaní” del 24 settembre si terrà in Sala Ajace a Udine.
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Di Fabrizio (del 14/09/2005 @ 11:49:04, in Europa, visitato 1738 volte)

Il tema delle politiche immigratorie è diventato un "calderone" dove ogni tesi/antitesi cede alla contrapposizione ideologica, confondendo politiche del lavoro con religione, libertà religiosa, pubblica sicurezza...
E il rischio è che nei mesi che mancano alle elezioni, la confusione continuerà a crescere, perché parlare contro l'immigrazione PORTA VOTI.

Prima che finiscano nel dimenticatoio, segnalo un trittico di articoli che da un punto di vista moderato, provano a fornire un quadro europeo di riferimento e di controllo



  1. Vogliamo anche noi una politica selettiva dell'immigrazione? Le politiche dell'immigrazione degli stati dell'Unione Europea stanno diventando sempre più restrittive per i lavoratori poco qualificati, mentre i diversi paesi competono tra di loro nel cercare di attrarre dall'estero lavoratori più istruiti. Da noi, invece, prevale un atteggiamento restrittivo su tutti i fronti. E nel dibattito pre-elettorale si continua a pensare che si possa gestire la politica dell'immigrazione a livello nazionale, ignorando ciò che avviene altrove.

  2. Un indice di rigidità delle politiche di immigrazione Un indice di rigidità delle politiche dell’immigrazione permette di determinare il grado di chiusura di ciascuna legislazione e la sua evoluzione nel tempo. La tendenza prevalente nei paesi europei è quella di irrigidire le restrizioni verso la manodopera poco qualificata, favorendo l’immigrazione di persone con più alto livello di istruzione. Fa eccezione l'Italia.

  3. La via inglese all'immigrazione L'ingresso di lavoratori extracomunitari nel mercato del lavoro italiano è guidato dal criterio della priorità cronologica delle domande presentate dai potenziali datori di lavoro. La legge è sostanzialmente indifferente alle competenze degli immigrati. Non richiede requisiti di alfabetizzazione né riconosce priorità legate al possesso di specifici titoli di studio o professionali. Nel Regno Unito, invece, la legge prevede un sistema di valutazione a punti delle competenze e introduce un meccanismo privilegiato di ingresso per gli "highly skilled migrant".

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Di Fabrizio (del 15/09/2005 @ 18:49:55, in Europa, visitato 1779 volte)

ERRC (European Roma Right Centre) lo scorso 13 settembre ha presentato un proprio rapporto ombra sulla condizione dei bambini Rom in Ungheria, congiuntamente al Comitato ONU sui Diritti dell'Infanzia. Il rapporto ombra si focalizza su:
- difficoltà nell'ottenere dati etnici;
- rimozione dei bambini Rom dal loro ambiente;
- tematiche dell'adozione e dell'identità;
- mancanza di seri professionisti nella protezione dell'infanzia, specialmente preparati sui modelli rom;
- segregazione razziale nelle scuole;
-accesso ai servizi sanitari e alle politiche dell'alloggio;
- problemi pratici e teorici sulla protezione e recupero dei bambini che abbiano subito abusi.
Il testo completo in formato MSWord è scaricabile QUI
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Di Fabrizio (del 16/09/2005 @ 15:53:39, in Europa, visitato 2413 volte)
Segnalo un articolo in inglese di Valeriu Nicolae (purtroppo adesso non ho il tempo per tradurlo).

Noto spesso anche negli ambienti antirazzisti, piuttosto che da parte degli interessati stessi, una sorta di doppia morale, per cui il razzismo è male, ma quelle stesse affermazioni che ci danno fastidio riferite (ad esempio) a Ebrei, Musulmani... o qualsiasi altro popolo, religione o minoranza, diventano giustificate se fatte su Rom, Sinti, Gitani nel loro complesso.
Cominciando dalla definizione stessa di "nomadi", mentre per la grande maggioranza sono da definire "sfollati", per arrivare a un lungo elenco di stereotipi, che vanno dal lavoro, alla famiglia, ad una supposta attitudine criminale.
Oggi la differenza tra razzismo e antiziganismo viene discusse nelle elite intellettuali rom, ma l'antiziganismo, come l'antiebraismo, è stata anche la prima forma di razzismo endogeno che si è sviluppata in Europa, sin dal formarsi degli stati nazionali. Di fronte alle difficoltà di definire in termini plurinazionali l'Unione Europea e agli episodi che hanno caratterizzato la storia recente dell'Europa Orientale, il tema secondo me è d'interesse comune.


PS: per chi fosse interessato, ci sono parecchi annunci nuovi nella sezione PIAZZA AFFARI
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Di Fabrizio (del 17/09/2005 @ 23:16:51, in Regole, visitato 2217 volte)
Rispolvero una lettura domenicale dall'archivio di Pirori:

Nascita di una nazione
Pubblicato (in inglese) su Roma in the UK

Gary Younge
Monday July 31, 2000
The Guardian

L'interprete al Congresso dell'Unione Romani Internazionale che aveva luogo a Praga non ce la faceva più. Tradurre tutti quei dialetti Rom in inglese l'aveva lasciato esausto e aveva i lavori.
Così, quando un delegato di un paese dell'Est Europa è salito sul palco a proporre una nuova Costituzione nella sua parlata nativa, Charlie Smith, segretario del British Gypsy Council, era andato alla toilette. Josie Lee, presidente dei lavori, sedeva e osservava il dibattito senza capire di cosa si parlasse. Improvvisamente, con sua grande sorpresa, un ampio gruppo di Rom dalla repubblica Ceca, si era alzato in piedi applaudendo. Nel frattempo Charlie ritornava dalla toilette e la nuova Costituzione era stata approvata.
Era nata una nuova nazione. Charlie e Josie, che speravano di proporre alcuni loro emendamenti, ormai ne sono parte. "Nell'Europa dell'Est non c'è ancora il concetto di come lavora la democrazia", ha detto Charlie. "Hanno un'idea e la spingono. E' veramente frustrante".
Se il processo può sembrare oscuro, l'aspirazione è chiara. Al loro 5° Congresso, la maggior parte dei delegati rappresentante i 12 paesi europei, si sono dichiarati nazione "non-territoriale". Una "nazione" che vanta bandiera e inno, ma non ha né confini né esercito. Entità con un Parlamento nomade, che si riunisce ogni tre mesi e un "network" di ambasciate, definito non dal territorio ma dalla etnia. Una nazione senza stato.
in molti sono convinti che questa idea rifletta non solo l'interesse dei Rom, ma le domande e la direzione dell'europa del 21° secolo. "Lo stato nazione è diventato meno importante e i confini andranno perdendo di significato" afferma Paolo Pietrosanti, delegato dall'Italia. "Se uno è tedesco, può vivere in Amsterdam e votare tanto per il sindaco di Amsterdam che per il cancelliere tedesco. Non è indispensabile vivere in Germania per essere tedesco. Si è tedeschi e contemporaneamente cittadini europei che vivono all'estero. Lo stesso vale per un rom che viva a Londra o Parigi."
Sean Nazerali, uno degli organizzatori della conferenza, aggiunge che la nazione-Rom è ovunque: "Abbiamo un'identità collettiva a livello europeo e il nostro popolo vanta una rete di connessione attraverso l'intero continente."
E' una nozione intrigante che mutua la fluidità in identità nazionale europea, e le caratteristiche di un gruppo considerato svantaggiato in un vantaggio. Ma il tutto non è scevro di problemi. Ogni nazione per ottenere e mantenere credibilità internazionale, deve avere una legittimazione democratica. Per questo deve avere rappresentanti eletti, capaci di scegliere e legiferare. Le decisioni adottate devono essere attuabili. Tra le proposte emerse durante i lavori, una riguarda la costituzione di un tribunale contro il razzismo e la pressione verso quei governi che discrimino i Rom, il tutto finanziato attraverso una tassazione della comunità Rom stessa. ma chi potrebbe amministrare queste legittime e ragionevoli, senza polizia, giudici, agenti delle tasse e funzionari pubblici? E cosa formano queste figure, se non le basi di uno stato?
La storia delle nazioni che hanno l'etnia come punto focale, mostra che esistono problemi altrettanto gravi di quelle basate sul territorio. Liberia, Sud Africa, Israele o Irlanda del Nord, dove la cittadinanza è data dall'appartenenza all'identità religiosa o razziale, mostrano di avere problemi di instabilità politica, o di tensioni etniche o siano logisticamente inattuabili - quando non si tratta di tutti e tre insieme i casi.
L'inclusione per motivi di origine etnica richiede parimenti l'esclusione per motivi di origine etnica. occorre quindi stabilire chi appartenga ai Rom/Sinti/Kalò e chi no. Da quando i loro antenati lasciarono l'India circa un millennio fa, si sono sparsi per tutto il globo, portando con loro influenze e imprestiti i più diversi. Nella conferenza erano presenti invitati di pelle scura e altri "funzionalmente" bianchi. Alcuni reclamavano la crucialità dell'approccio a internet, altri suggerivano che la letteratura e le arti fossero più importanti. Mostravano un linguaggio comune, ma i dialetti si sono evoluti in maniera differente da richiedere l'impiego di un traduttore. Nell'Europa dell'est la situazione è talmente degenerata che non ha nessuna importanza essere chiamati Zingari o Rom. In Gran Bretagna il termine "Zingaro" viene rifiutato come dispregiativo, allo stesso modo che le parole "nero" o "frocio" hanno assunto per altre minoranze. E, come dimostra l'appunto di Smith, non esiste tra loro una tradizione alla politica.
Non è una critica, ma il riconoscimento delle caratteristiche di base portate da ogni diaspora. Ma se la loro identità può essere fratturata, sono maggiori le cose che li uniscono di quelle che li dividono.
Molti delegati di congresso sarebbero emersi dalle discussioni riscaldate nei corridoi per dire quanto meraviglioso fosse stato "essere uniti tra loro". Ma codificare quegli elementi che li uniscono come nazione è molto più problematico del individuare le necessarie formalità. Vi qualifichereste come membro della nazione Rom se uno dei vostri antenato fosse un Rom di prima generazione o se foste un Rom adottato? Si può discutere circa dove la linea è disegnata, ma non se non è disegnata affatto.
Se il percorso solleva dei dubbi, lo spirito guida rimane vitale. Questo popolo ha la possibilità di guadagnare una visibilità a livello internazionale. Sono la maggiore minoranza etnica e quella con il più alto tasso di natalità. La loro popolazione equivale la somma degli abitanti di Svizzera, Lussemburgo e Norvegia, e in alcuni stati, come in Romania e in Slovacchia, la percentuale sulla popolazione globale è simile a quella degli Afro-Americani nei confronti degli Statunitensi. Le loro condizioni di base sono simili a livello internazionale, non hanno voce a nessun tavolo internazionale e la discriminazione nei loro confronti è diffusa in scala, brutale nell'intensità e globale in natura.
Nella Repubblica Ceca il 62% dei bambini Rom frequenta scuole per ritardati mentali, nel Kossovo 10.000 di loro sono stati costretti ad abbandonare le loro case, in Slovacchia due villaggi hanno proibito il loro ingresso o passaggio per il paese. Quanti di loro chiedono rifugio in Gran Bretagna, si vedono trattati dalla stampa e dal Ministero per gli Interni come i "cosiddetti nomadi" , accattoni, ladri e vandali. Se il Canada ha accettato il 70% delle richieste di asilo, La Gran Bretagna ha adottato la politica di non accettarne nessuna.
E' in questo concreto contesto di oppressione, più che sull'astratta nozione di nazionalità, che l'IRU deve operare. La chiave per ottenere il riconoscimento a livello internazionale non è nel riconoscimento come nazione, ma su tutto ciò che può unire le disparate popolazioni Rom, rappresentarle e difenderle democraticamente. Per ottenere questo, ricordiamo che ancora nessuna struttura è stata approntata.
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Di Fabrizio (del 18/09/2005 @ 23:48:21, in conflitti, visitato 2748 volte)

La giornalista e ricercatrice Karin Waringo è tornata da un viaggio in Kossovo e Macedonia, per documentare la condizione dei Rom nei due paesi.

Ho appena terminato di tradurre in italiano il suo racconto di viaggio dal Kossovo, che pubblicherò quando saranno disponibili le versioni nelle altre lingue. Nell'area documenti è intanto disponibile il rapporto (in inglese, formato .doc) sulla situazione in Macedonia.

Come molti di voi già sapranno, c'è preoccupazione per gli accordi intercorsi tra l'UNMIK in Kossovo e alcuni stati europei per il rimpatrio forzati dei richiedenti asilo dal Kossovo. La Macedonia ha iniziato i rimpatri "obbligati" già da tempo, per diversi motivi:

  • la Macedonia non ha mai firmato alcun accordo sui rifugiati da paesi esteri;
  • coinvolta nel 2001 in azioni militari dalla guerriglia albanese, ha dovuto ovviare da sola anche ai propri rifugiati interni; le prime notizie su questo conflitto dimenticato mi arrivarono da un Rom, Asmet Elezovsky, che praticamente mi scriveva con i colpi di mortaio che lambivano il Centro Culturale Rom di Kumanovo (alcune foto)
  • fu il primo punto d'arrivo dei profughi dal Kossovo, già nel 1999, e in seguito la Comunità Europea promise il suo sostegno economico, promesse rinnovate al tempo della crisi di due anni fa. Nessun sostegno a favore dei rifugiati interni o esteri è mai arrivato, anzi la stessa Comunità ha invece iniziato a rimpatriare forzatamente i rifugiati (QUI l'ultimo aggiornamento)

Insomma, dal punto di vista formale, la posizione della Macedonia è limpida. Il paese ha ospitato sino a 22.000 sfollati, spesso in condizione di deprivazione estrema. Poco più di 1.000 Rom hanno ottenuto un permesso di soggiorno che permettesse loro di rimanere in Macedonia e circa lo stesso numero sta aspettando che venga vagliata la loro richiesta.

Nel 2003 ci fu un altro punto di crisi: la situazione nei campi profughi era spaventosa e d'improvviso intervennero le forze di polizia a sgomberarli di forza. I Rom manifestarono per le vie della capitale, chiesero solidarietà all'Europa che invece continuava a chiudere loro le porte in faccia e alla fine, presi dalla disperazione, con furgoni e pullmini si incamminarono verso il confine greco. Dove in pieno luglio rimasero bloccati in una pietraia in montagna, alle spalle i corpi speciali della polizia macedone e di fronte i carri armati greci. In quel periodo, durato un mese e mezzo, Asmet Elezovsky rimase ferito negli scontri di piazza, lui che con i rifugiati non c'entrava se non per la solidarietà che mostrava loro. Tramite lui e un primo tentativo di network informativo, continuavano ad arrivarmi notizie, mentre imparavo quanto fosse difficile raccontare un conflitto in diretta alle porte di casa. L'indifferenza dei media nostrani, stese per la seconda volta il velo su quei Rom, di cui si perse notizia ai bordi della pietraia sul confine. Forse, qualcuno riuscì a scappare in Grecia, più probabilmente ora sono in qualche campo profughi in Kossovo o in Serbia.

Qualcuno ha riacquistato la libertà, e non è stato facile. Mi ricordo che nel 2003 avevo pubblicato la prima parte di quella storia in un sito che oggi non c'è più e dopo due anni di silenzio sapere che quella persona è in salvo, rende quel pugno di speranza per continuare a scrivere storie simili.

Asmet Elezovsky è vivo, l'anno scorso ho anche trovato in rete una foto di questo corrispondente che è per me in questo tempo è diventato una presenza forte quanto virtuale. Cittadino macedone, non è stato espulso e a questo punto, condivido con chi mi ha letto sin qui l'ultima mail ricevuta.

Ma prima, vi chiedo nuovamente attenzione all'appello di cui lui, con Karin Waringo e tanti altri (ci sono anch'io, a questo punto è ovvio!) vi chiediamo di fare tutto il possibile (e anche di meno, basta aderire alla petizione) perché l'Europa interrompa il rimpatrio forzato dei richiedenti asilo dal Kossovo. Ancora una volta, con la COLPEVOLE disattenzione di noi italiani, ci sono più adesioni dal Lussemburgo che dall'Italia!

Cari amici,

Mi rivolgo a voi, perché ho bisogno delle vostre opinioni, documenti, foto...
Sinora ho ricevuto risposte dalla Danimarca, Kossovo, Bosnia, Olanda...
Dopo parecchio tempo che mi occupo di questo argomento, ho bisogno di coordinare gli sforzi sulla situazione dei profughi dal Kossovo.

Assistiamo a meetings, conferenze, seminari... Ma ora è più importante, alla scadenza dello status di richiedenti asilo e sulla definizione della regione del Kossovo, di diventare anche noi parte del processo decisionale: sinora i nostri sforzi sono stati minimi, così come Rom non abbiamo voce in capitolo.

Siamo sicuramente in ritardo, ma dobbiamo provare lo stesso, a congiungere il nostro sforzo a quanti si sono già mobilitati: TERF, IRU, ODIHR, COE...

Ho bisogno di conoscere il nome dei campi, il numero dei rifugiati, i profughi interni e altre informazioni.
Potete contattarmi via email, nel frattempo raccoglierò tutto il vostro materiale, in vista della prossima Conferenza di Varsavia. Spero nel vostro aiuto, perché senza le vostre risposte dovrò abbandonare questo compito.

[...]

Asmet Elezovski
elezovski.asmet@drom.org.mk
aelezovski@hotmail.com

Tel/fax: +389 31 427 558


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Di Fabrizio (del 19/09/2005 @ 21:05:56, in scuola, visitato 2085 volte)

The Rroma

segnala Janette Grönfors la recente pubblicizzazione di:

The Rroma, di Lev Tcherenkov e Stéphane Laederich
2004. 2 Bände mit zusammen 1100 Seiten. 24 teilweise farbige Abbildungen und Karten, 44 Tabellen. Englisch. Broschiert.

Fr. 98.- / EUR 68.50 
ISBN 3-7965-2090-1 -che può essere acquistato online su http://www.schwabe.ch

Il libro prova a fornire un panorama unitario dei vari gruppi Rrom, della loro storia e cultura. Il libro fa ampio uso del Rromanès nelle sue diverse variazioni, e spazia dalle origine indiane ai giorni nostri.


GUIDA PER ATTIVISTI ROM 

CLUJ-NAPOCA - Il dipartimento risorse per le comunità Rom, con sede a Budapest ha recentemente presentato la traduzione in lingua rumena della guida "Cum sa iti cunosti drepturile si sa lupti pentru ele" (Come conoscere i tuoi diritti e lottare per loro).

La guida è uno strumento per quanti siano coinvolti nelle tematiche rom e nelle sfide quotidiane per ottenere pari diritti.

La prima parte è intitolata "Cum sa intelegem drepturile omului" (Capire i diritti umani) e presenta alcune nozioni base attraverso esempi ed esercizi. La seconda "Exercitarea si protejarea drepturilor" (Come esercitare e proteggere i diritti umani) si focalizza sulle capacità di attivisti e organizzazioni nello sviluppare la loro attività.

Centrul de Resurse pentru Comunitatile de Romi
400305 Cluj Napoca, Romania
str. Tebei, nr.21
tel. +(40) 264 420474
fax. +(40) 264 420470
web: www.romacenter.ro
email: info@romacenter.osf.ro


Altre segnalazioni librarie, nella Piazza Affari della Mahalla, orario continuato e niente code

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Di Fabrizio (del 20/09/2005 @ 11:57:26, in conflitti, visitato 2631 volte)
Ritorno al futuro

di Karin Waringo

Nel dibattito sul futuro del Kossovo, il passato gioca un ruolo preminente

La chiesa del Cristo Salvatore nel centro di Pristina sembra una rimanescenza del passato. Costruita in uno stile che ricorda le chiese bizantine del Medio Evo, domina una vasta distesa, che d'altra parte è occupata solo dall'università. Il portone della chiesa è cintato da filo spinato, che gira tutta intorno all'edificio. La barriera è arrugginita dal tempo e non sarebbe di nessuna protezione se qualcuno volesse attaccare.Le finestre non hanno più vetri e anche le pietre che le contenevano sono sparse attorno. Nel corso degli anni la chiesa, che non è mai stata completata dopo la fuga dei Serbi da Pristina, è stato il bersaglio di ricorrenti attacchi e vandalismi. E' così diventato un simbolo delle relazioni tra la maggioranza Albanese, che ora determina il futuro nella provincia, e la minoranza Serba.

Raramente si sente la lingua serba a Pristina. A volte sono un paio di vecchi che lo parlano al riparo delle mura di un albergo, a volta un gruppetto per strada, come se stesse cospirando. Quasi nessuno più lo capisce, una volta era insegnato a scuola ma oggi per le strade di Pristina è una lingua tabù. I Serbi che fanno parte di organizzazioni internazionali, tra loro parlano in inglese. I giovani Rom vogliono passare per Inglesi o Americani, persino "Zingari Americani", tutto tranne ciò che sono realmente, abitanti da secoli di questa regione martoriata dalla guerra.

La capitale del Kossovo è stracolma di simboli, che ricordano l'eroica battaglia "dell'Armata di Liberazione del Kossovo", l'UÇK, contro "l'occupante Serbo". Nel centro della città, di fronte al Grand Hotel, si staglia la statua di un combattente albanese per la libertà, morto nel 1999. Sulla facciata semidistrutta del Palazzo della Gioventù e dello Sport, c'è la fotografia di un altro eroe di guerra, bardato in uniforme da battaglia. Ha un aspetto abbastanza irreale, come se emergesse da una fiction. Anche lui è morto nella guerra contro i Serbi.

Inoltrandosi nel centro, quasi accanto alla sede della delegazione EU, il monumento a Skenderbeg, anche lui un eroe, ma di tempi più remoti: Fermò l'invasione dei Turchi in Albania, ed è considerato un popolare eroe albanese. Più modesta, nella stessa strada che ne porta il nome, il ritratto di un'altra albanese, Nëna Terezë, fondatrice di un ordine religioso, che appare dappertutto nei poster in città.

Un giornalista occidentale afferma che il Kossovo si dividerà nei prossimi anni, con la sua parte settentrionale che cadrà sotto la Serbia e quella meridionale sotto l'Albania. Oggi i Serbi del Kossovo vivono quasi esclusivamente nelle enclavi, qualche migliaia in quelle più piccole come Gnjilane e Gorazdovac, qualche altro migliaio nella cosiddetta mezzaluna attorno a Pristina e forse 70.000 a nord del fiume Ibar, un'area prossima al confine con la Serbia.

Ci sono innumerevoli leggende attorno al Kossovo: i Serbi considerano il Kossovo la culla della cultura e della civilizzazione serba. Nel 1389 il principe serbo Lazar Hrebeljanovic patì in questa terra una tremenda sconfitta contro i Turchi, e questo divenne negli anni un importante elemento della coscienza nazionale serba. Fu a Kosovo Polje in serbo o Fushë Kosovë in albanese dove, nell'aprile 1987, l'allora presidente serbo Slobodan Milosevic fece il suo storico discorso, che avrebbe sancito la fine dell'ex Yugoslavia: "Nessuno sconfiggerà ancora questo popolo".

"Se vuoi capire questo odio, devi comprendere la Storia" mi spiega l'interlocutore albanese. Lo incontro la prima volta sulla terrazza di un caffè di Pec/Pejë, dove mi ero trovata con un amico. Quando ci sente discorrere in inglese, vuole unirsi all'argomento. Era coordinatore delle lezioni in francese, parla sei lingue, tra cui spagnolo e italiano. Quando lo incontro nuovamente il giorno seguente a Pristina, non posso rifiutare oltre il suo invito.

Pieno di orgoglio, passa dall'inglese al francese e poi al tedesco e insiste che dovremmo parlare anche in spagnolo. Ma a causa della Storia, rifiuta di parlare serbo, l'ultimo linguaggio che abbiamo in comune. Per lui la Storia inizia al principio del XX secolo. Nel 1918 il Kossovo fu incorporato nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. "Dopo la guerra eravamo un povero popolo di confine, con pochi di noi che si erano laureati", mi dice.

Tutto ciò sarebbe cambiato rapidamente negli anni a venire. Nel 1968 il Kossovo ricevette la sua prima università. "L'Università di Pristina era la terza in Yugoslavia", mi dice Muzaref orgogliosamente. Con la nuova Costituzione yugoslava al Kossovo fu garantito lo status di provincia autonoma e questo fu l'inizio dell'epoca d'oro che terminerà nel 1989. "Naturalmente i Serbi possono fare ritorno. A seguito degli inviti di popolare la regione, molti di loro nella seconda metà degli anni '80 si costruirono la casa. Questi Serbi possono tornare." - "E le altre minoranze, ad esempio i Rom?", gli chiedo. "Nobody likes the Gypsies.", mi risponde Muzafer con un largo sorriso. E con questo, l'argomento è chiuso.

"Jonegociata. Vetevendosje.", "Nessun negoziato. Indipendenza". Fine di agosto, è lo slogan che appare sui muri di Pristina. Si dice che dietro ci sia un giovane studente albanese. Durante i mesi estivi l'inviato speciale del Segretario dell'ONU Kofi Anan, Kai Eide, è stato in Kossovo e a Belgrado, per fare il punto della situazione. Le prime dichiarazioni di Kai Eide indicano che il suo rapporto, che sarà sottoposto al giudizio del Consiglio di Sicurezza dell'ONU a ottobre, sarà meno ottimista di quelli trimestrali del Rappresentante Speciale dell'ONU in Kossovo, Soren Jessen Petersen. Kai Eide è preoccupato particolarmente per la situazione delle minoranze e le condizioni per il loro ritorno.

Mi spiega un incaricato di un'organizzazione internazionale in Kossovo, che Eide ha viaggiato più in Europa che in questa regione. Lo scopo della sua visita era non solo di avere un'idea delle differenti posizioni, ma se possibile di cercare di mediare tra le diverse opinioni. Quando il rapporto verrà vagliato dal Consiglio di Sicurezza, la decisione su come procedere in futuro sarà già ampiamente determinata. Per esempio, un'indipendenza condizionata, dove alle istituzioni locali spettano la maggior parte delle competenze di uno stato indipendente, ma che rimanga sotto il controllo di un mandatario internazionale, sembra oggi l'ipotesi più gradita.

Nella comunità internazionale la posizione da assumere sulle minoranze è il punto di rottura. L'argomento venne affrontato soltanto due anni fa, in occasione della proclamazione del piano di sviluppo del Kossovo, che avrebbe dovuto stabilire le condizioni concrete per la fine del mandato ONU. Gli stessi rappresentanti della comunità internazionale rimproverano all'UNMIK, l'amministrazione civile dell'ONU, di essere corresponsabile dell'attuale situazione. Si accusa l'UNMIK di avere rapporti troppo stretti con l'Auto Governo Provvisorio. Mancano indicazioni esplicite se il futuro del Kossovo appartenga a tutti gli abitanti o esclusivamente alla minoranza albanese.

La notte tra il 27 e il 28 agosto è stato aperto il fuoco contro quattro giovani Serbi che stavano lasciando l'enclave di Strpce sulla loro auto. Due di loro sono morti sul colpo. I giorni seguenti la notizia è circolata nell'enclave come un incendio. Probabilmente per questo alle festività di Gracanica c'erano così poche persone. Prima della guerra, quello che è uno dei più vecchi monasteri serbi della regione attraeva decine di migliaia di Rom e Serbi. Oggi sono soprattutto Rom musulmani provenienti da Gracanica.

"Perché partecipate, se siete Musulmani?" chiedo a Safet, un Rom del Kossovo. "Dio è uno", mi risponde con un ghigno maligno. Sua suocera offre una spiegazione più prosaica: "Dopo la fine della guerra, è l'unica cosa che ci permettono di fare." Un'opportunità per incontrare parenti ed amici e scambiarsi informazioni. I venditori di strada che vendono giocattoli di plastica a buon mercato, non sembrano fare grandi affari. Giusto i soldi per ripagarsi il vitto e le spese.

Il rappresentante con cui ho parlato, che insiste per rimanere anonimo, chiame le enclavi "comunità di affamati". Su oltre 200.000 appartenenti alle minoranze etniche, cacciati dal Kossovo nel giugno 1999, solo qualche migliaio ha fatto ritorno. Sono soprattutto anziani senza ulteriori possibilità.

Attacchi come quelli del marzo 2004, quando più di 4.000 Serbi, Rom ed Askali sono stati cacciati dalle loro case e proprietà, portano a successive ondate migratorie verso le enclave più grandi e la Kosovska Mitrovica. Ovunque, ci sono rovine bruciate, ma soprattutto case saccheggiate, accanto alle nuove costruzioni.

Nelle enclavi c'è paura di nuovi attacchi durante questa rincorsa ai negoziati sullo status futuro del Kossovo. Alla fine di luglio Adem Demachi, presidente dell'Associazione degli Scrittori Kossovari, ha affermato al giornale belgradese "Blic" che rimandare l'indipendenza potrebbe sfociare in nuove azioni peggiori di quelle del marzo dell'anno scorso.

Cosa c'è dietro questa strategia? Il compimento di un'operazione, iniziata nel giugno 1999 sotto gli occhi della comunità internazionale, che consegnerà il Kossovo alla maggioranza albanese? Gli abitanti dell'enclave attorno Gracanica accusano gli Shiptare, il nome che danno agli Albanesi, di nutrire ambizioni territoriali su Laplje Selo, che fa parte della "mezzaluna" a sud di Pristina. Laplje Selo lambisce la strada principale che unisce Pristina a Skopje. Lungo quel percorso sono spuntati come funghi distributori di benzina. Un diplomatico straniero sottolinea che la strada ha importanza strategica, come via di comunicazione verso Pec, o Pejë in albanese. Averne il controllo renderebbe possibile dividere l'enclave e togliere l'ossigeno ai suoi abitanti.

"Slobodnost kretenje", libertà di movimento in lingua serba. Una parola usata e ri-usata dai non-Albanesi, per rimarcare che per loro la libertà di movimento non esiste. Al momento di attraversare il ponte sul fiume Ibar, per raggiungere la sponda sud, uno dei miei accompagnatori mi rammenta di smettere di parlare in serbo. Immediatamente i nostri discorsi si spengono, per tramutarsi poi in un bisbiglio irrequieto e sospettoso.

I divieti valgono anche sull'altra sponda: il Nord Kossovo sotto il controllo di Belgrado. Stiamo parlando delle cosiddette strutture parallele o dell'ostruzionismo dei Serbi kossovari. Solo recentemente i rappresentanti serbi hanno definitivamente deciso di lasciare i loro seggi nel parlamento del Kossovo. I Serbi del Kossovo hanno boicottato le ultime elezioni, col risultato che le altre minoranze, come i Rom che vivono nelle stesse enclave, non hanno votato e sono tagliati fuori dai processi politici.

Dal 29 agosto Kosovoska Mitrovica è sotto stadio di assedio. Tutti i punti nevralgici sono presidiati dal mezzi della KFOR. L'edificio dell'OSCE (Organization for Security and Co-operation in Europe) nella parte settentrionale della città, appare come una fortezza. Invece i soldati che compongono la Forza Internazionale di Pace sembrano più annoiati che sotto tensione. La manifestazione dei Serbi sul ponte sull'Ibar si è mantenuta pacifica e si è sciolta alle due verso la parte settentrionale della città.

La sostituzione delle targhette numerate che sul ponte indicano il punto dove fermarsi o dei bollini che attestano la nazionalità della vettura e il suo diritto ad accedere a un parcheggio riservato, è pratica quotidiana. Gli scambi commerciali avvengono in dinari. La musica, che risuona dappertutto, è serba. Mitrovica si presenta come un baluardo contro gli Albanesi a sud.

Nel centro di Mitrovica "giace" la Mahala dei Rom, che era uno dei più estesi e più antichi insediamenti dei Rom nell'Europa del Sud-Est. Oggi i suoi abitanti sono dispersi in ogni direzione, qualcuno in Serbia e Montenegro, altri nei paesi EU. Della Mahala rimangono scheletrici i muri delle case, che si stagliano all'orizzonte. La Fabricka Mahala è andata distrutta e saccheggiata, i suoi abitanti cacciati il 16 giugno 1999, sotto gli occhi di un inattivo contingente francese della KFOR. Lo scorso aprile, l'UNMIK e l'amministrazione comunale hanno siglato un accordo per la ricostruzione della Mahala. Celebrato come una vittoria e un passo verso la normalizzazione dei relazioni interetniche, l'accordo sta rivelandosi un regalo a due facce.

L'ultimo episodio di quella che appare un infinito intrigo politico, è la richiesta che una ONG internazionale ha fatto a Kofi Anan di sospendere l'immunità diplomatica per quegli ufficiali NATO responsabili della sistemazione e della sicurezza degli ex abitanti della Mahala. 700 di loro vivono nei campi per IDP (rifugiati interni) nel Kossovo settentrionale. In tre di questi campi sono stati registrati livelli di avvelenamento del sangue dei rifugiati, svariate volte superiori a qualsiasi standard internazionale. Un giornalista americano ha attribuito 27 morti avvenute in questi campi, molti bambini tra questi, agli effetti dell'inquinamento del suolo e dell'ambiente. I campi sono posti nelle immediate vicinanze delle miniere di Trepca, chiuse dall'amministrazione NATO nel 2000, a causa del pericolo costituito per le persone e l'ambiente.

Il caso ha sollevato l'attenzione dei media internazionali e i visitatori spuntano ogni giorno. Il leader del campo ha attaccato al muro dell'ufficio i biglietti da visita dei giornalisti e dei visitatori che sono passati di lì. Dietro al computer sulla scrivania, assomiglia ad un manager. Nello stesso giorno in cui sono andata lì, l'ufficiale dell'UNMIK gli sta promettendo una luna a cui non crede più: "All'inizio, ho dato fede a tutti, ma adesso non credo più a nessuno."

C'è chi ritiene sia sintomatica l'attenzione sviluppatasi attorno ai casi di avvelenamento del sangue, a pochi mesi dall'inizio dei negoziati sulla possibile indipendenza del Kossovo. Con la dimostrazione che l'amministrazione civile internazionale non è in grado di salvaguardare gli interessi degli abitanti non Albanesi del Kossovo.

La Mahala stessa è sulla linea del fronte. Collocata una volta nel centrodi Mitrovica, oggi si trova proprio sul confine tra l'area serba e quella albanese, ma nel territorio di quest'ultima, a sud dell'Ibar. Questo può spiegare perché i capi non siano particolarmente impazienti di tornare nel luogo d'origine dei loro antenati: se il Kossovo finisse per essere diviso, i Rom, tradizionalmente più vicini ai Serbi, si ritroverebbero improvvisamente dal lato sbagliato. Inoltre, il ritorno nella Mahala significherebbe la fine di un sogno accarezzato a lungo: la possibilità di chiedere la risistemazione in una nazione terza, che a molti appare l'unica salvezza da una storia di povertà e persecuzione.

"Non si parla più di Kossovo multietnico", dice un rappresentante di un'organizzazione internazionale che opera qui, "ma soltanto di coesistenza pacifica". "Se verranno risolti i problemi economici, lo saranno anche quelli politici", dice il mio poliglotta compagno di discussione. Considera un dovere patriottico per gli Albanesi della diaspora kossovara investire nel futuro del paese.

Chiedo al portiere del Grand Hotel cosa si aspetti dall'indipendenza. "Non lo so" è la sua risposta. Il suo collega dell'hotel Illiaria ha preoccupazioni differenti: I due alberghi, che appartengono allo stesso gruppo, saranno privatizzati. Oggi impiegano 700 persone, che dopo la privatizzazione di sicuro non saranno più di 250, così lui ritiene. Potrebbe significare la fine di una carriera durata 31 anni.

All'aeroporto di Slatina incontro degli Albanesi con passaporti tedeschi, ma soprattutto americani. I bambini parlano tra loro in inglese e quando si rivolgono agli anziani, usano l'albanese. Sulla valigia leggo l'etichetta Bronx, New York. Qui in Kossovo sono considerati a pieno titolo tra i pochi fortunati, quanti hanno avuto la possibilità di andarsene.

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Di Fabrizio (del 20/09/2005 @ 16:59:38, in media, visitato 2205 volte)

ERRCNuova azione legale promossa da European Roma Rights Centre (ERRC), assieme al Moscow Helsinki Group (MHG).

Il 16 settembre hanno chiesto al Procuratore Generale, di procedere per incitamento al razzismo nei confronti della stazione televisiva nazionale (NTV). La rete televisiva aveva mandato in onda il 10 febbraio 2004 un documentario sui "Rom trafficanti" nella città di Kimry (regione di Tver - circa 150 km. NE da Mosca ndr). Durante la trasmissione, tale padre Andrey Lazarev, un prete ortodosso molto noto nella comunità locale, aveva più volte incitato a bruciare le case dei Rom, in quanto colpevoli di aver reso la città uno dei nodi principali del traffico di droga. Un tossicodipendente, identificato soltanto col nome di "Sasha" ha aggiunto che "il problema con i trafficanti Rom, si risolve solo col napalm".


DZENO

L' Unione dei Concili per gli Ebrei Russi (UCSJ) riporta che la notte del 25 agosto scorso un gruppo di giovani ha attaccato la casa abitata di una famiglia Rom, a Belgorod, nella Russia sud- occidentale. La ricostruzione degli avvenimenti fatta dalla UCSJ è stata pubblicata il 13 settembre sul quotidiano Meridian.

Armati di coltelli e tubi di metallo, un gruppo di 12 uomini mascherati aveva anche piazzato sentinelle agli angoli della strada, per evitare che qualche automobilista potesse interferire coi loro piani. Al grido di "Picchiamoli!" il gruppo ha iniziato a lanciare fumogeni e molotov contro le finestre della casa della famiglia Nikolaenko. 

Ivan Nikolaenko è stato il primo ad uscire dalla casa in fiamme. Fortunatamente, nell'appartamento c'erano anche degli ospiti. Quando anche loro sono usciti, il gruppo di assalitori, che non si aspettava così tanti potenziali difensori, ha preferito scappare. Eccetto uno, che è stato raggiunto e, quando gli è stata tolta la maschera, si è rivelato un giovane del posto. La signora Nikolaenko ha avuto il braccio rotto in più punti dalle bastonate, ed è stata ricoverata in ospedale. La polizia ha arrestato diversi sospetti. (Dzeno Association)

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