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Cronaca semiseria di come il popolo Rom si è autoproclamato nazione
Di Fabrizio (del 17/09/2005 @ 23:16:51, in Regole, visitato 2205 volte)
Rispolvero una lettura domenicale dall'archivio di Pirori:

Nascita di una nazione
Pubblicato (in inglese) su Roma in the UK

Gary Younge
Monday July 31, 2000
The Guardian

L'interprete al Congresso dell'Unione Romani Internazionale che aveva luogo a Praga non ce la faceva più. Tradurre tutti quei dialetti Rom in inglese l'aveva lasciato esausto e aveva i lavori.
Così, quando un delegato di un paese dell'Est Europa è salito sul palco a proporre una nuova Costituzione nella sua parlata nativa, Charlie Smith, segretario del British Gypsy Council, era andato alla toilette. Josie Lee, presidente dei lavori, sedeva e osservava il dibattito senza capire di cosa si parlasse. Improvvisamente, con sua grande sorpresa, un ampio gruppo di Rom dalla repubblica Ceca, si era alzato in piedi applaudendo. Nel frattempo Charlie ritornava dalla toilette e la nuova Costituzione era stata approvata.
Era nata una nuova nazione. Charlie e Josie, che speravano di proporre alcuni loro emendamenti, ormai ne sono parte. "Nell'Europa dell'Est non c'è ancora il concetto di come lavora la democrazia", ha detto Charlie. "Hanno un'idea e la spingono. E' veramente frustrante".
Se il processo può sembrare oscuro, l'aspirazione è chiara. Al loro 5° Congresso, la maggior parte dei delegati rappresentante i 12 paesi europei, si sono dichiarati nazione "non-territoriale". Una "nazione" che vanta bandiera e inno, ma non ha né confini né esercito. Entità con un Parlamento nomade, che si riunisce ogni tre mesi e un "network" di ambasciate, definito non dal territorio ma dalla etnia. Una nazione senza stato.
in molti sono convinti che questa idea rifletta non solo l'interesse dei Rom, ma le domande e la direzione dell'europa del 21° secolo. "Lo stato nazione è diventato meno importante e i confini andranno perdendo di significato" afferma Paolo Pietrosanti, delegato dall'Italia. "Se uno è tedesco, può vivere in Amsterdam e votare tanto per il sindaco di Amsterdam che per il cancelliere tedesco. Non è indispensabile vivere in Germania per essere tedesco. Si è tedeschi e contemporaneamente cittadini europei che vivono all'estero. Lo stesso vale per un rom che viva a Londra o Parigi."
Sean Nazerali, uno degli organizzatori della conferenza, aggiunge che la nazione-Rom è ovunque: "Abbiamo un'identità collettiva a livello europeo e il nostro popolo vanta una rete di connessione attraverso l'intero continente."
E' una nozione intrigante che mutua la fluidità in identità nazionale europea, e le caratteristiche di un gruppo considerato svantaggiato in un vantaggio. Ma il tutto non è scevro di problemi. Ogni nazione per ottenere e mantenere credibilità internazionale, deve avere una legittimazione democratica. Per questo deve avere rappresentanti eletti, capaci di scegliere e legiferare. Le decisioni adottate devono essere attuabili. Tra le proposte emerse durante i lavori, una riguarda la costituzione di un tribunale contro il razzismo e la pressione verso quei governi che discrimino i Rom, il tutto finanziato attraverso una tassazione della comunità Rom stessa. ma chi potrebbe amministrare queste legittime e ragionevoli, senza polizia, giudici, agenti delle tasse e funzionari pubblici? E cosa formano queste figure, se non le basi di uno stato?
La storia delle nazioni che hanno l'etnia come punto focale, mostra che esistono problemi altrettanto gravi di quelle basate sul territorio. Liberia, Sud Africa, Israele o Irlanda del Nord, dove la cittadinanza è data dall'appartenenza all'identità religiosa o razziale, mostrano di avere problemi di instabilità politica, o di tensioni etniche o siano logisticamente inattuabili - quando non si tratta di tutti e tre insieme i casi.
L'inclusione per motivi di origine etnica richiede parimenti l'esclusione per motivi di origine etnica. occorre quindi stabilire chi appartenga ai Rom/Sinti/Kalò e chi no. Da quando i loro antenati lasciarono l'India circa un millennio fa, si sono sparsi per tutto il globo, portando con loro influenze e imprestiti i più diversi. Nella conferenza erano presenti invitati di pelle scura e altri "funzionalmente" bianchi. Alcuni reclamavano la crucialità dell'approccio a internet, altri suggerivano che la letteratura e le arti fossero più importanti. Mostravano un linguaggio comune, ma i dialetti si sono evoluti in maniera differente da richiedere l'impiego di un traduttore. Nell'Europa dell'est la situazione è talmente degenerata che non ha nessuna importanza essere chiamati Zingari o Rom. In Gran Bretagna il termine "Zingaro" viene rifiutato come dispregiativo, allo stesso modo che le parole "nero" o "frocio" hanno assunto per altre minoranze. E, come dimostra l'appunto di Smith, non esiste tra loro una tradizione alla politica.
Non è una critica, ma il riconoscimento delle caratteristiche di base portate da ogni diaspora. Ma se la loro identità può essere fratturata, sono maggiori le cose che li uniscono di quelle che li dividono.
Molti delegati di congresso sarebbero emersi dalle discussioni riscaldate nei corridoi per dire quanto meraviglioso fosse stato "essere uniti tra loro". Ma codificare quegli elementi che li uniscono come nazione è molto più problematico del individuare le necessarie formalità. Vi qualifichereste come membro della nazione Rom se uno dei vostri antenato fosse un Rom di prima generazione o se foste un Rom adottato? Si può discutere circa dove la linea è disegnata, ma non se non è disegnata affatto.
Se il percorso solleva dei dubbi, lo spirito guida rimane vitale. Questo popolo ha la possibilità di guadagnare una visibilità a livello internazionale. Sono la maggiore minoranza etnica e quella con il più alto tasso di natalità. La loro popolazione equivale la somma degli abitanti di Svizzera, Lussemburgo e Norvegia, e in alcuni stati, come in Romania e in Slovacchia, la percentuale sulla popolazione globale è simile a quella degli Afro-Americani nei confronti degli Statunitensi. Le loro condizioni di base sono simili a livello internazionale, non hanno voce a nessun tavolo internazionale e la discriminazione nei loro confronti è diffusa in scala, brutale nell'intensità e globale in natura.
Nella Repubblica Ceca il 62% dei bambini Rom frequenta scuole per ritardati mentali, nel Kossovo 10.000 di loro sono stati costretti ad abbandonare le loro case, in Slovacchia due villaggi hanno proibito il loro ingresso o passaggio per il paese. Quanti di loro chiedono rifugio in Gran Bretagna, si vedono trattati dalla stampa e dal Ministero per gli Interni come i "cosiddetti nomadi" , accattoni, ladri e vandali. Se il Canada ha accettato il 70% delle richieste di asilo, La Gran Bretagna ha adottato la politica di non accettarne nessuna.
E' in questo concreto contesto di oppressione, più che sull'astratta nozione di nazionalità, che l'IRU deve operare. La chiave per ottenere il riconoscimento a livello internazionale non è nel riconoscimento come nazione, ma su tutto ciò che può unire le disparate popolazioni Rom, rappresentarle e difenderle democraticamente. Per ottenere questo, ricordiamo che ancora nessuna struttura è stata approntata.