Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

\\ Mahalla : VAI : Italia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 26/04/2009 @ 09:26:41, in Italia, visitato 2011 volte)

24 aprile 2009| Bruno Viani

Nell’album dei ricordi conservano ancora gelosamente le immagini della visita del cardinale Dionigi Tettamanzi, nel 1995. "Piccolo di statura, ma un grande uomo - raccontano - che ha saputo ascoltare i nostri problemi. Sì, quando è morto Giovanni Paolo II abbiamo pianto tutti, ma poi abbiamo fatto il tifo davanti alla televisione perché fosse Tettamanzi il nuovo pontefice. Sarebbe stato, davvero, il nostro Papa".

Eccolo, il conclave visto con gli occhi dei rom korakané di via Adamoli, che si apprestano ad accogliere l’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, in visita pastorale al vicariato dell’alta Valbisagno.

L’appuntamento è fissato per il primo pomeriggio di domani, intorno alle ore 15. E gli zingari musulmani si sono organizzati, con l’aiuto dei volontari di Sant’Egidio, per accogliere a braccia aperte l’arcivescovo che rappresenta la Chiesa cattolica.

"Non esiste un solo popolo degli zingari - racconta Ismet Cizmic, 41 anni, rom di Sarajevo - ci sono gli ortodossi cresciuti nella ex Jugoslavia, i sinti cattolici italiani, e ci siamo noi korakané, vuol dire “lettori del Corano”. Eppure, è come se fossero le dita di una mano: sono distinte, però formano un unico arto. E tutti crediamo in un unico Dio".

Cosa si aspettano i rom della Valbisagno dalla visita dell’arcivescovo? Soprattutto, sperano di trovare un uomo che li ascolti. E si sforzi di capire anche le diversità. "Quando io ero bambino, a Roma - riprende Ismet - l’accampamento si trasferiva quasi ogni notte, da un quartiere all’altro. I carabinieri ci sgomberavano e noi ci spostavamo un po’ più in là, ma il risultato era che nessuno dei nostri poteva frequentare le scuole. Vivevamo accampati senza riscaldamento e senza servizi igienici, senza acqua".

Altri ritmi, altre tradizioni. Un’altra vita. Ismet è nato nel 1967, per i nostri parametri è un uomo nel pieno dell’età. "Ho nove figli - racconta - e sono già nonno di una bambina di sei mesi".

Il decimo figlio è in arrivo, dice indicando con un sorriso il pancione della moglie Jasminka. Quando nascerà, l’ultimogenito di casa Cizmic sarà più giovane dei suoi nipoti.

E anche Jasminka racconta. Parla dei dolci bosniaci fatti con miele e noci, preparati tanti anni fa per il cardinale Tettamanzi ("Li rifarò uguali per il cardinale Bagnasco, ma non voglio rovinare la sorpresa"). E parla con semplicità dei dolori di un’esistenza difficile. "Qui i vecchi non esistono, è anziano chi ha cinquant’anni - dice - tanti inverni al gelo, senza igiene, lasciano il segno"

 
Di Fabrizio (del 26/04/2009 @ 09:11:16, in Italia, visitato 1845 volte)

Ho organizzato una mostra fotografica sul mondo Rom nella magnifica Genova.

Oltre ad immagini realizzate da professionisti, ci saranno anche più di 200 immagini scattate dai bambini khorakhanè e sinti di Genova. Abbaimo dato loro 12 macchinette fotografiche e li abbiamo lasciati liberi di fotografare tutto quel che volevano. Le foto sono venute molte bene e la vedute d'insieme che caratterizza l'installazione le abbellisce ulteriormente. Ci sono ritratti di fratelli, sorelle, immagini dei campi, qualche genitore, e tanti sorrisi (insieme a dita davanti all'obiettivo e ad incredibili immagini composte da striature rose e blu, quasi un quadri di Rothko). Ben lontane dalle classiche immagini che di solito tg e giornali pubblicano, bimbi abbandonati a loro stessi mentre vagano tra la rumenta. Troppo facile dare l'immagine di un popolo incivile, in questa maniera. Noi proviamo a rispondergli in questa maniera. Rispondiamo a chi voleva le impronte digitali dei bambini Rom, mettendoci addirittura le facce.

Ci saranno dei testi che accompagneranno le immagini, tentando di spiegare ai gagè cosa contraddistingue la cultura Rom, qual è la loro storia, quanti ce n'è, in Italia e nel mondo. Provando a fargli capire qualcosa in più sul vostro mondo. A cui mi sono avvicinato assai di recente, grazie ad un libro, quello di Pino Petruzzelli. Che qui a Genova ha anche aperto un corso di formazione teatrale per Rom e Sinti.

Sono un po' dispiaciuto per non essere riuscito a coinvolgerli di più in questo progetto, ma problemi logistici/temporali non mi hanno permesso di essere quotidianamente in contatto con loro. Anche se Sergio mi ha dato una grossa mano. Questo probabilmente l'aspetto negativo del progetto (e qui tralascio il fatto che la Provincia di Genova - finanziatrice dell'iniziativa - abbia preferito, diciamo così, "sorvolare" sulla denuncia delle discriminazioni che quotidianamente i Rom subiscono, puntando principalmente sull'aspetto culturale. Quello che volevo fare anche anche io, mettendoci un po' di palle in più. Ogni tanto penso che questa sia un'occasione sprecata per far sentire realmnte la vostra voce - anche se Ismet e Tito delle due comunità genovesi interverranno alla conferenza per l'inaugurazione, lunedì 27. D'altro canto, questa mostra vuole essere istruttiva, educativa, insegnare ai gagè qualche cosa in più sul mondo Rom, scopriranno ad esempio, che una bassissima percentuale è ancora nomade ed immagino la sorpresa sui loro volti. Non affrontare la questione politica potrebbe essere anche giusto, quindi. Reste il fatto che, se non avessi avuto vincoli monetari, sarebbe stata una mostra ancora più coraggiosa!)

Ma sono contento lo stesso, ogni giorno di più, quando sento dalla bocca della gente fuoriuscire la parola Rom sorrido (per non piangere...) nel sentire quanto ignoranza c'è in giro. E mi sorprendo per essere riuscito ad uscire dalla melma ignobile che ricopre il nostro paese. Sto dalla parte dei Rom, questa mostra l'ho fatta per loro e dopo farò ancora di più. Li coinvolgerò direttamente (questa volta sul serio) nel realizzare un libro fotografico con le immagini dei bambini che saranno esposte; un progetto a lungo termine, da realizzare con un po' più di calma ma che, sono sicuro, riscuoterà grande successo anche tra di loro. Giovedì li ho incontrati e tutti mi sono parsi entusiasti di questa mostra, i ragazzi in particolare. Ne sono assai felice. Avendoli conosciuti direttamente, mi incazzo ancora di più quando sento i beceri stereotipi che, per una volta, uniscono politica, popolo e "informazione".

Mi sono dilungato troppo, credo.
Spero possa piacervi l'iniziativa che ho realizzato ma soprattutto, spero possiate venire a Genova ad ammirarla (le foto sono tutte magnifiche, da Roma, Milano, Siviglia, Balcani e Genova, naturalmente.

Buone giornate,
luca

ROM? ROM!
VIAGGIO NEI MONDI ROM

Quando si affronta il tema dei Rom, anche le persone piu' sensibili tendono inevitabilmente a ripiegarsi su loro stesse e ad accettare acriticamente i luoghi comuni, quasi sempre negativi, che da sempre accompagnano questo popolo.
La mostra fotografica che in questa sede proponiamo, con immagini scattate a Milano, Roma, Siviglia e Genova vuole essere quindi anche un tentativo di esplorare sia pur minimamente (vista l'ampiezza dell'argomento) un mondo - appunto quello dei Rom - così complesso e sfaccettato. Per l'occasione sono state distribuite a molti bambini dei campi genovesi delle macchine fotografiche usa e getta, con le quali essi hanno potuto scattare liberamente fotografie di momenti e/o situazioni, dal loro punto di vista, particolarmente importanti e significativi.
Una prospettiva di analisi quindi tutta interna alla loro sensibilita' e un ulteriore modo per tentare di alzare un velo su una realta' misconosciuta e molto spesso fraintesa per gli stereotipi che da sempre la circonda.


MOSTRA FOTOGRAFICA dal 27 aprile al 18 maggio 2009

Fotografie di:
Giorgio de Finis
Max Intrisano
Luana Monte
Alessandro Pangallo
Michele Palazzi

L'altro punto di vista - Visioni dal mondo Rom.
200 fotografie realizzate dai bambini delle comunità khorakhanè e sinti di Genova

Installazione dell'opera
"Margini di realta'"
a cura di Stefania Gessi, Lara Grillo, Silvia Cappuccio e Annalisa Rossi.

Sala polivalente - cinema Sivori,
Salita Santa Caterina, 12 Genova.

Aperta tutti i giorni dalle 15.30 alle 20
ingresso libero.


INAUGURAZIONE
Lunedì 27 aprile 2009, ore 10.00

Introduzione di Giorgio Devoto (Assessore alla Cultura della Provincia di Genova)
Interverranno gli autori delle fotografie ed i portavoce delle comunita' khorakhane' e sinti di Genova

A seguire:
proiezione del cortometraggio Savorengo Ker di Fabrizio Boni
e del documentario Porrajmos, di Paolo Poce e Francesco Scarpelli.

Sala polivalente - cinema Sivori,
Salita Santa Caterina, 12 Genova.

Per maggiori informazioni:
010 5499357 (Assessorato alla Cultura della Provincia di Genova) - romrom09@libero.it

 
Di Fabrizio (del 24/04/2009 @ 09:12:07, in Italia, visitato 1953 volte)

Da Kelebek

Chiedo scusa della mia assenza, che spero sia provvisoria... in questi giorni ci si sveglia più verso le tre che verso le quattro per lavorare. Comunque voglio dare più risalto a un commento fatto ieri sera da Maria su questo blog. Trattandosi di un commento, si tratta di un testo scritto di getto, senza riferimenti. Ma credo che sia importante pubblicarlo comunque. Tra parentesi, è interessante la differenza tra la pratica tradizionale dei Rom - altroché Family Day - in cui è normale che i membri meno sfortunati della grande familja allargata si prendano cura dei bambini dei più disastrati, e la visione di certi magistrati e operatori sociali. Ovviamente, chi ha tolto i bambini al padre/zio potrebbe avere ragione in termini strettamente legali: la persecuzione, più che nella loro azione, sta nella mancanza di reazione o di interesse di altri per la vicenda. Ti segnalo l'ennesima ignobile persecuzione contro una persona rom. Si tratta del bosniaco Zafir Hamidovic fermato con i suoi due figli perchè la bambina somigliava a Denise Pipitone, la piccola scomparsa alcuni anni fa. L'hanno accusato di essere il rapitore di Denise; il dna lo ha scagionato da questa accusa ma parzialmente in quanto soltanto il bambino è risultato essere suo figlio; la bambina è figlia di un cugino e Zafir l'ha in affido fin da piccola. Una cosa è accertata, la piccola NON è Denise Pipitone. Malgrado, però, le cose si siano parzialmente chiarite, o chiarite per l'accusa più infamante, i due bambini gli sono stati tolti e affidati a una casa famiglia. Sono passati 15 giorni, i piccoli sono traumatizzati sconvolti, la madre disperata come il padre ha detto piangendo. Ecco io mi domando, se zafir non fosse stato un rom bosniaco avrebbe dovuto subire questo terribile affronto, non ancora sanato, in quanto i bambini non gli sono stati restituiti? Adesso è indagato per due reati di cui uno riguarda l'aver mentito riguardo alla bambina, il non aver detto subito, voglio dire, che era figlia "adottiva". E nemmeno il bambino comunque, suo con certezza a prova di dna, non gli è stato ad oggi ridato. Se Zafir Hamidovic fosse stato un'italiano, un inglese, un americano, un francese, avrebbe avuto simile trattamento? Credo di no, quantomeno avrebbe subito gli inevitabili accertamenti in modo ben meno pesante . Ma zafir è un rom bosniaco e quindi non merita nessun rispetto o cautela, e i bambini nessuna misericordia. maria

 
Di Fabrizio (del 23/04/2009 @ 01:28:24, in Italia, visitato 2905 volte)

Da RomSinti@Politica

La "Federazione rom e sinti insieme" promuove oggi, ad un anno dalla sua giuridica costituzione, il suo 1° congresso nazionale con il titolo "Rom e Sinti, protagonisti del nostro futuro. Sentire, percepire, pensare."

E’ doveroso ringraziare la presidente del Centro Servizi per il Volontariato del Lazio, Francesca Danese, per la comunicazione tra le reti, la preziosa collaborazione e la disponibilità per la promozione di questa iniziativa, l’UNICEF Italia per l’ospitalità, il presidente l’associazione Romà onlus, Graziano Halilovic e Paola Marotti per la gestione dell’accoglienza e segreteria organizzativa di questo congresso, gli amici di Radio radicale, le associazioni aderenti alla federazione, i graditi ospiti e tutti i partecipanti che saranno presenti oggi e domani.

Quello appena trascorso è stato un anno terribile per la popolazione Rom e Sinta, ma non è questa la sede per denunciare nei dettagli le diverse forme di illegalità, di violenze e di discriminazioni contro la nostra gente.

Questa relazione vuole formulare delle proposte politiche per Rom e Sinti e per meglio presentarle non posso evitare di mettere in evidenza scelte e comportamenti sbagliati del passato e che ancora oggi determinano un clima di odio e di rifiuto contro la popolazione rom e sinta.

Cosa sta accadendo alla politica ed alla società Italiana?

Motivare le reazioni della politica italiana agli atti di violenza degli ultimi tempi è il segnale di un profondo vuoto morale di una società che sta perdendo le coordinate culturali per convivere con "l’altro".

Il fenomeno dell’immigrazione ha trasformato l’Italia in un paese multiculturale, in una democrazia multiculturale, rideterminando il volto culturale dell’Italia e la politica è sollecitata a potenziare la sua responsabilità di garantire i diritti di tutti, dei cittadini "piccoli e grandi", "vecchi e nuovi", diritti essenziali per convivere in una società multietnica.

Va riconosciuto alla politica Italiana grandi meriti quando ha operato in osmosi con il contesto sociale e culturale, oggi deve seguire lo stesso metodo ed uscire dalla condizione di autorefenzialità in cui da anni si è rifugiata.

La politica deve prendere coscienza della necessità di un rapporto vivo con la società e non di plasmare i cittadini all’interno di contenitori, deve produrre cultura per far emergere un orientamento verso l'auto realizzazione, la partecipazione attiva, la consapevole applicazione dei diritti.

Penso che la crisi, di cui tanto si parla negli ultimi mesi, non sia solo una crisi economica, ma una crisi culturale che trova le sue radici nella perdita di valori fondamentali.

La crisi in atto troverà soluzione se la politica Italiana sarà capace di gestire il cambiamento culturale in atto trasformando una "statica" democrazia multiculturale in una "dinamica" democrazia interculturale, e per realizzare questo passaggio necessario un lavoro culturale che non deve interessare solo la ricerca di soluzioni, ma innescare percorsi di reazione positivi, che non siano la chiusura e il conflitto.

All’interno di questo contesto politico, sociale e culturale c’è la questione Rom e Sinta, con la sua specificità.

La realizzazione di questo evento è l’ennesima dimostrazione che la "Federazione Rom e Sinti insieme" non è una nuova associazione che si occupa di Rom e Sinti, ma un organismo politico che si propone con chiarezza, onestà e trasparenza di definire per Rom e Sinti un ruolo attivo e propositivo, per un dialogo diretto con il Governo, le Istituzioni e la società civile, collaborando alla programmazione di politiche di interazione con Rom e Sinti, per l’affermazione della cultura della legalità, il contrasto agli abusi di potere ed a ogni forma di discriminazione, la promozione di una società aperta e multiculturale.

Questo 1° congresso nazionale la federazione è stato promosso per coinvolgere Rom e Sinti e tutti coloro che direttamente o indirettamente in Italia sono impegnati nella questione Rom/Sinta per una riflessione, analisi e confronto sul processo di riconoscimento dei diritti di cittadinanza e di minoranza linguistica, per superare le divisioni e le frustrazioni del passato, per stimolare processi di formazione alla partecipazione (capacity building).

Questo non significa che la Federazione rom e sinti insieme non abbia la necessità di un ampio confronto interno per arricchire la proposta, la condivisione e la realizzazione del programma politico e della strategia organizzativa, discussione che realizzeremo dopo questo congresso, ma credo sia prioritario costruire un radicale cambiamento rispetto al passato, e se vogliamo migliorare le condizioni di vita della popolazione Rom e Sinta è necessario avviare un confronto ampio ed aperto con la politica, le istituzioni e la società civile.

Quello appena trascorso è stato un anno molto difficile per la popolazione rom e sinta per scelte e comportamenti sbagliati contraddistinte dalla fierezza dell’ignoranza e dall’arroganza.

Scelte sbagliate che hanno riversato i conflitti sulla quotidianità dei cittadini e legittimato la sospensione dei diritti di cittadinanza a rom e sinti e folclorizzato la cultura Rom/Sinta con pregiudizi e stereotipi.

In questo anno difficile, numerose sono state le manifestazioni di denuncia per la violazione di diritti fondamentali a Rom e Sinti, iniziative importanti, ma sono state più uno specchio che una finestra.

Malgrado l’impiego di energie e di risorse la condizione di Rom e Sinti diventa sempre più grave, questo è un dato indiscutibile e attribuire la responsabilità alla politica per il modo strutturale e recidivo con cui da troppo tempo realizza scelte tassativamente sbagliate per Rom e Sinti, oggi è diventato LIMITATO E NON RISOLUTIVO.

La denuncia, sacrosanta, non ha prodotto cambiamenti migliorativi alla popolazione rom e sinta.

Non possiamo continuare a piangerci addosso e rifugiarci nel "fatalismo persecutorio", oppure continuare ad ignorare, quasi sempre per un interesse personale, chi da troppo tempo soffia sul fuoco della nostra divisione per evitare a Rom e Sinti di essere protagonisti del nostro futuro, oppure ancora accettare passivamente le disastrose politiche "differenziate", assistenziali e segreganti, quasi che la normalità fosse estranea per Rom e Sinti, ed attribuire responsabilità ad "altri", perché la responsabilità è anche nostra, di Rom e Sinti.

Occorre analizzare ed elaborare i diversi livelli di responsabilità e adottare strategie in grado di migliorare le nostre condizioni culturali, sociali ed economiche, nella consapevolezza che oggi più ieri noi Rom e Sinti SIAMO "OSTAGGI" di alcuni OPPORTUNISTI e MASCALZONI senza scrupoli, presenti anche nella nostra popolazione.

Un radicale cambiamento di metodo rispetto al passato non è più rinviabile, iniziando dalla caduta delle falsificazioni sulla realtà Rom e Sinta che hanno avuto la finalità di far emergere SOLO l’aspetto sociale, l’emergenza e la negatività, limitando o folclorizzando gli aspetti culturali, ignorando la cultura Rom/Sinta ancora totalmente sconosciuta.

Infatti l’opinione pubblica, la politica, la società civile e i media leggono la realtà rom e sinta come limitata al campo nomadi, al disagio, alla devianza, alla illegalità, allo sfruttamento ed alla violenza, ecc. aspetti marginali e minoritari della popolazione rom e sinti, oltretutto estranei ai codici morali e culturali di questa minoranza, ma che attraverso un meccanismo politico/mediatico vergognoso schiaccia la positività e l’aspetto culturale della nostra popolazione.

Aspetti culturali e positività che non trovano spazi per emergere, per essere visibili a causa della negazione di prerequisiti essenziali: il riconoscimento alla popolazione rom e sinta quale entità culturale del territorio, la definizione di un ruolo attivo, propositivo e qualificato a Rom e Sinti.

Quanti sono cittadini Italiani appartenenti alla minoranza Rom e Sinta in Italia?

Perché la politica italiana nega il riconoscimento di minoranza linguistica a decina migliaia di Rom e Sinti Italiani, mentre riconosce minoranza linguistica poche centinaia di persone appartenenti ad altra minoranza?

Quanti Rom e Sinti, Italiani ed immigrati, vivono nelle case?
Quanti Rom e Sinti, Italiani e immigrati, svolgono un regolare lavoro dipendente o autonomo?
Tanti … tantissimi.
Perché queste persone Rom e Sinte sono ignorate?
Perché non rivendicano la loro identità Rom o Sinta?
Il problema è la discriminazione razziale generalizzata contro Rom e Sinti.

Queste persone rom e sinte per svolgere il loro lavoro generalmente sono obbligate a rinnegare la propria storia personale e familiare, la propria identità culturale, per evitare di essere pregiudizialmente discriminati per l’appartenenza etnica ed espulsi dal lavoro.

Per fortuna non è sempre così, ma nella grande maggioranza dei casi è proprio così.

Negli ultimi anni le richieste del cambio del cognome di persone Rom inoltrate alle Prefetture sono in aumento.

Che dire! …

Questo 1° congresso della Federazione è un’opportunità per elaborare un radicale cambiamento di metodo a tutti i livelli con il contributo di tutti per dare risposte adeguate alla realtà ed i bisogni sociali e culturali dei Rom e Sinti. Spero che da questo congresso emerga un contributo ampio sulla questione Rom e Sinta e che vada oltre le seguenti proposte:

- E’ urgente il riconoscimento di minoranza linguistica a Rom Sinti
- Diffondere e valorizzare la cultura Rom e Sinta
- Intervenire sulla normativa esistente in materia di discriminazione: ratificare integralmente la direttiva Europea 2000/43, rivedere, migliorare e rendere applicabile e celere la normativa vigente, indipendenza dal governo e poteri sanzionatori.
- Abbandonare la fallimentare politica dei campi nomadi SUBITO, rifiutando ogni forma di gestione, proponendo il superamento con l’autogestione di Rom e Sinti, utilizzare le risorse già disponibili per campi nomadi, ed altre nazionali e comunitarie, per avviare una politica abitativa pubblica per TUTTI I CITTADINI, Rom e Sinti compresi.
- Abbandonare ogni forma di politica differenziata per Rom e Sinti per abbandonare le politiche dell’assistenzialismo culturale.
- Definizione di un ruolo attivo e propositivo a Rom e Sinti.

In sintesi posso dire che si tratta di passare dalla mediazione alla partecipazione attiva per abbandonare le politiche dell’assistenzialismo e dell’esclusione e passare all’auto rappresentatività per il riconoscimento dei diritti di cittadinanza e di minoranza linguistica, per fare questo è necessario

Questo passaggio è possibile farlo subito perché molto dipende dalla nostra volontà, consapevole che si tratta di un passaggio delicato per il rischio di strumentalizzare la partecipazione attiva di Rom e Sinti e per evitare questo pericolo è necessario definire la partecipazione attiva di Rom e Sinti.

Una partecipazione attiva di Rom e Sinti "come un fine" che investe processi di trasformazione culturale e sociale di portata collettiva, "un processo sociale di azioni attraverso le quali gli individui, le comunità e le organizzazioni guadagnano padronanza sulle loro vite nel contesto di cambiare il loro ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita."

Si tratta di definirne le strategie per realizzare la partecipazione attiva di Rom e Sinti.

Nazzareno Guarnieri – presidente Federazione rom e sinti insieme

 
Di Fabrizio (del 21/04/2009 @ 09:36:59, in Italia, visitato 1776 volte)

Ricevo da Roberto Malini

Momenti drammatici nella mattina del 25 febbraio.


Pesaro, 19 aprile 2009. Maria L. di Pesaro scrive al Gruppo EveryOne: "Come prima cosa, complimenti per il vostro impegno contro l'intolleranza, che è un grande problema qui nelle Marche, come in molte altre regioni d'Italia. Ho letto le notizie riguardanti le famiglie romene di etnia Rom che si erano rifugiate in città e la terribile mattina del 25 febbraio, quando le forze dell'ordine hanno compiuto un'azione che mi fa orrore. Dove serviva accoglienza, è stata usata discriminazione. Dove serviva tutelare l'unione delle famiglie, si è cercato di dividere. Dove occorreva un supporto sociale e sanitario, è stata usata intolleranza. Confesso che ho pianto, quando ho saputo che due bambini sono morti, prima ancora di vedere la luce, proprio qui a Pesaro, dove invece io, italiana, ho avuto la fortuna di mettere al mondo tre bambini. Com'è ingiusto e crudele il razzismo. Mi consola sapere che almeno la Scavolini Spar, che è la gloria sportiva della mia città, si è recata a trovare le famiglie Rom con i suoi meravigliosi atleti e i suoi sensibili dirigenti. Non credevo che, dopo la visita della squadra ai bambini, alle donne e agli uomini rifugiatisi in città, le autorità avrebbero avuto il coraggio di mandarli via. Vorrei avere notizie sulle famiglie costrette a fuggire da Pesaro: dove vivono, adesso? Stanno bene? Possibile che non si possa chiedere al comune almeno un risarcimento per le cose orribili che sono accadute?".

Risponde EveryOne. Grazie delle tue parole. Il Gruppo EveryOne ha cercato con tutte le proprie forze di evitare la tragedia che si è verificata a Pesaro. Abbiamo incontrato le principali autorità, abbiamo consegnato loro dossier riguardanti la condizione delle famiglie Rom rifugiatesi in città e i testi delle leggi internazionali che prevedono assistenza e procedure di inclusione, in casi come quello presentatosi a Pesaro. Nonostante il muro di intolleranza che il sindaco e i suoi assessori ci hanno posto davanti, siamo riusciti addirittura a metterli allo stesso tavolo con due rappresentanti della comunità Rom. Abbiamo inviato a tutte le personalità politiche di Pesaro e provincia lettere chiuse (protocollate dall'apposito ufficio) e lettere aperte. Abbiamo contattato ripetutamente prefettura, questura, comando della polizia locale e dei carabinieri, difensore civico, procura della repubblica. Ci siamo scontrati con le strutture sanitarie locali, affinché i pazienti Rom ricevessero lo stesso trattamento degli altri cittadini, intraprendendo vie giudiziali e giungendo a una condivisione di ideali umanitari con l'ospedale San Salvatore. L'odio razziale, così forte e presente presso le Istituzioni locali, ha reso impossibile, però, l'attuazione di un programma di integrazione, nonostante vi fossero malati gravi e portatori di handicap, donne incinte e minori, nella comunità Rom romena di Pesaro. Si è giunti così, dopo innumerevoli episodi di razzismo, brutalità e indifferenza, al drammatico mattino del 25 febbraio, al tentativo a parte di 20 agenti di sottrarre i bambini ai genitori, alla fuga disperata delle mamme, ai decessi dei due nascituri e alla diaspora della comunità. La foto di una giovane donna incinta caduta al suolo, senza che nessuno dei 20 agenti si premurasse di assisterla, minacciando - al contrario - gli attivisti di essere denunciati per "oltraggio", sintetizza in un'immagine terribile quelle ore di persecuzione e orrore, dolore e morte, crudeltà e ingiustizia. Noi c'eravamo e non dimenticheremo. Le famiglie che hanno vissuto quella violazione totale dei propri diritti fondamentali hanno denunciato alle Istituzioni internazionali la tragedia in cui sono passate e noi abbiamo testimoniato quanto visto e ascoltato. Ci auguriamo che sia fatta giustizia, perché gli eventi che si sono verificati a Pesaro sono un segno chiaro e incontrovertibile di una disumanità che sembra provenire dagli anni dell'Olocausto e non dalla nostra epoca, in cui l'Unione europea e le Nazioni Unite tentano di risalire la china dei Diritti Umani e di preparare per le generazioni venture una società multietnica, tollerante e accogliente. Riguardo alla Scavolini Spar, purtroppo la società sportiva, dopo aver invitato alcuni rappresentanti della comunità Rom locale sugli spalti, non ha tenuto fede successivamente alle promesse, nonostante avessimo tentato in diverse occasioni di far leva sulla sensibilità mostrata in occasione della cosiddetta "partita dell'antirazzismo" e nonostante il Parlamento europeo avesse proposto la società per un encomio ufficiale. La verità è che nessun dirigente, nessun atleta si è mai recato presso i due edifici dismessi in cui vivevano fra mille privazioni le famiglie Rom provenienti dalla Romania. E' triste e doloroso per noi scrivere queste parole, perché mantenere in vita un "mito" come quello della Scavolini amica del popolo Rom potrebbe servire da esempio per altre realtà, per altre società. Ma quando abbiamo deciso di dedicare le nostre vite ai Diritti Umani, abbiamo scelto, contemporaneamente, di servire la verità. L'impegno della società di pallacanestro si è limitato a quella partita, in cui lo speaker annunciò al pubblico la presenza della comunità Rom di Pesaro e a un pugno di biglietti per una partita successiva. E' evidente, cara amica, che se gli atleti della Scavolini fossero andati a trovare le famiglie Rom e se le foto della loro visita fossero apparse sui giornali locali e nazionali, come era nei progetti del nostro gruppo, nessuno avrebbe avuto il coraggio di vessare ancora una volta quell'umanità già straziata da intolleranza e violenza. Il fatto è che i Rom di Pesaro sono stati abbandonati da tutti, a Pesaro, salvo pochi meravigliosi esseri umani che li hanno aiutati con impegno, coraggio e compiendo immensi sacrifici personali: Mariateresa e Lia su tutti. E' a loro che va l'encomio ed è grazie a loro che un terribile dramma umanitario non ha avuto conseguenze ancora più funeste. Rispondendo alle tue ultime domande, alcune delle famiglie fuggite da Pesaro si trovano ora in Romania. Fra di loro vi sono pazienti oncologici e cardiopatici dell'ospedale San Salvatore: hanno perso tutto, anche la possibilità di curarsi. Però sono uniti ai loro cari e ai loro bambini. Altre famiglie si sono rifugiate in Grecia, dove soffrono emarginazione e povertà, ma non la persecuzione patita in Italia. Un'altra coppia con due bambini si trova nel nord Italia. Dopo la fuga da Pesaro, la madre ha trascorso alcune notti dormendo all'aperto ed essendo una donna molto malata, ha rischiato di perdere la vita. Con grande fatica e agendo in condizioni di grave pericolo, abbiamo procurato un riparo alla famiglia, che per ora è fuori pericolo. Una famiglia è ancora a Pesaro. E' la famiglia in condizioni di salute più gravi. Le autorità hanno fermato più volte i suoi componenti, dopo il 25 febbraio. La madre, che soffre di un tumore al seno in metastasi, è in cura presso il San Salvatore, ma la pressione insopportabile delle autorità ha già indotto la famiglia a lasciare la città, verso un futuro che lascia poche speranze. La gran parte delle famiglie ha rilasciato testimonianza di quanto patito a Pesaro, chiedendo giustizia alle autorità preposte in àmbito internazionale.

info@everyonegroup.com
www.everyonegroup.com

 
Di Fabrizio (del 20/04/2009 @ 09:08:30, in Italia, visitato 1497 volte)

(ASCA) - Roma, 18 apr - ''La politica deve dare una risposta alle esigenze di tanti immigrati colpiti dal terremoto, con un permesso di soggiorno in scadenza o la pratica per un ricongiungimento familiare aperta''. A lanciare l'appello e' il responsabile dell'ufficio immigrati della Caritas aquilana, Gioacchino Masciovecchio, che affronta il problema dello ''status'' degli stranieri che, a causa delle scosse, hanno perso casa e lavoro, condizioni imprescindibili - secondo la legislazione vigente - per restare in Italia.

E' la prima volta che nel nostro Paese si verifica una catastrofe da quanto la presenza degli immigrati e' diventata cosi' consistente. Il rischio, denuncia Masciovecchio, e' che ''un gran numero di persone che vivono qui da anni in maniera regolare si trovi all'improvviso nella clandestinita'''. Per questo, l'invito che lancia alle istituzioni e' una moratoria nelle scadenze dei permessi di soggiorno, cosi' come sta avvenendo per utenze e mutui, ''dando modo alle persone di riprendersi''. Mentre, per quanto riguarda i ricongiungimenti, andrebbe permesso agli immigrati di riallacciare i contatti con la rete parentale, ''magari consentendo loro di tornare nei Paesi d'origine, pero' con la garanzia che cosi' facendo non perdono il diritto a stare in Italia''.

Un'altra 'tragedia' dimenticata, nell'emergenza terremoto, e' quella delle molte famiglie migranti e Rom disperse o che hanno perso anche gli alloggi di fortuna in cui vivevano.

Alcune famiglie romene e kossovare, fuggite dai centri colpiti dalle scosse, si sono rifugiate in edifici pericolanti. Altre, invece, - secondo la denuncia del Gruppo EveryOne, dell'associazione Them Romano e della Federazione Rom e Sinti - sono state allontanate dai ricoveri allestiti presso case di accoglienza e hotel perche' ritenute ''sciacalli che cercano di approfittarsi della tragedia per passare qualche notte gratis in albergo''.

asp/mar/ss

 
Di Fabrizio (del 16/04/2009 @ 09:51:58, in Italia, visitato 1619 volte)

Segnalazione di Tom Welschen

Tor Sapienza, "No allo sgombero etnico"

Un gruppo di cittadini di Tor Sapienza sta protestando contro lo sgombero di un piccolo insediamento di rom rumeni in via Massimo Campigli nel VII municipio. I cittadini, in tutto una decina, per la maggior parte donne e operai del quartiere, sono fermi davanti al piccolo insediamento con cartelli che dicono "No allo sgombero etnico".

"Queste persone, in tutto 13-14 persone con bambini piccoli, non ci hanno mai dato fastidio - dice Irma Vari una delle cittadine scese in piazza contro lo sgombero - non è possibile che vengano sgomberati senza una soluzione alternativa".

Il piccolo campo doveva essere sgomberato il 7 aprile scorso ma, spiegano i manifestanti, sono state raccolte una ventina di firme nel quartiere ("comprese quelle della farmacia e del tabaccaio", specifica la signora Vari) e una lettera è stata inviata al sindaco Alemanno contro il provvedimento.

"Sabato scorso sono venute le forze dell'ordine e i militari con i cani per lo sgombero - continua la donna - ci siamo opposti perché non è giusto. Gli abitanti del campo sono brave persone, mai un furto subito dal quartiere, né fuochi anzi, loro mandano i loro bambini a scuola e qui nessuno subisce fastidi da loro".

Questa mattina doveva avvenire lo sgombero ma ancora non si è visto nessuno, dicono i manifestanti. Tra gli abitanti dell'insediamento c'è anche un anziano italiano che riceve la "minima" di pensione
(15 aprile 2009)

 
Di Fabrizio (del 14/04/2009 @ 09:21:42, in Italia, visitato 1637 volte)

Segnalazione di Eugenio Viceconte: La cooperativa ROM Artezan, di Japigia, Bari, partecipa alla colonna di soccorsi dalla Puglia.

dal nostro inviato GIANLUIGI DE VITO

CAMARDA (L’AQUILA) - Michele, 35 anni, è barese di Putignano. Prima del lunedì della grande scossa erano in servizio come ogni giorno nella stazione di Tivoli. Dopo la tragedia hanno preso la licenza e sono tra i guardiani tuttofare del campo di Paganica. Massimo è al cellulare e direziona lo sguardo verso di noi: "Ragazzi, quel furgone va scaricato da un’altra parte, c’è gente che non ha ancora le tende e la roba, ma bisogna andare nei paesi qui attorno". Certo, la disperazione è altrove. Paganica è la somma di tre tendopoli bene allestite ormai. Tre campi che hanno come cinta una lunga fila di container pieni. Ma non di tutto quel che serve. Alle 10 di sera nelle due tensostrutture finiscono di cenare i soccorritori. Sono cotti più delle patate e del tacchino servito nel piatto. Fuori c’è il cartello che la dice lunga sul bisogno urgente di ritorno alla normalità: "Partita di calcio Scapoli-Paganica".

La seconda squadra è corretta dal prefisso "ex". Già ex Paganica. I bambini continuano a prendere a calci a un pallone sotto i riflettori alimentati dal gruppo elettrogeno. Gli anziani sono ancora fuori anche se il freddo non ha allentato la morsa. Si tira fino a tardi fuori dalla tenda. Perché dentro c’è poco, c’è l’indispensabile; fuori c’è un un via-vai da ipermercato all’aperto, che almeno spegne la paura e fa sentire tutti meno soli. Una donna sull’ottantina s’avvicina e bisbiglia: "Avete qualche paio di mutande?". Certo che sì. Un altro anziano, più giovane d’età ma costretto al bastone per le ferite durante la fuga dopo una scossa ammicca di continuo le palpebre umide di lacrime e parla a voce alta: "Adesso state qui, ma tra un mese? Non potete lasciarci soli. Come staremo tra un mese?". Massimo sale su uno dei furgoni dei volontari baresi arrivati per la quinta volta da Bari. Direzione Camarda. Più su, si snodano serpentoni di curve che ti fanno perdere la conta dei chilometri. Ma non sono tanti. Sulla strada principale è parcheggiato un autobus di linea, vecchiotto. Ci dormono in una ventina: sono quelli che hanno la casa in piedi, ma la stessa paura di morte del lunedì nefasto. E nel campo, poco più sotto, non ci sono ancora tende per tutti. Lo psicologo milanese Salvatore Cascone parla con Massimo e gli svela che ha chiamato rinforzi da un comune lombardo: "Arrivano nelle prossime ore squadre di volontari che sono in grado di fare una disinfestazione, essenziale per allargare il campo lì ai bordi del fiume". Bordi ancora al buio perché non c’è luce per tutto. Anche Roberta Tondo giunta da Trevi (Lazio) dopo aver lasciato il figlio 15enne alla madre, si sfoga col carabiniere leccese: "Ho un anziano disabile che non può più dormire in auto, ho dovuto litigare per avere una tenda".

Una dozzina di chilometri più avanti, passando da una Onna ridotta a briciole ma che è illuminata a giorno almeno lì dove i carrozzoni dei media hanno stanziato i camper e le parabole, s’arriva a Filetto. Non sembra la frazione di Aquila.
Eliana Spagnola, delle Misericordie, dormiva nell’auto. È lei che ha le chiavi del magazzino. La richiesta è la stessa. "Intimo uomo donna e coperte". Non bastano mai. "Siamo 300 in tutto, 180 sono nelle tende, altri 180 sono fuori", motiva la richiesta Eliana. Il ritorno a Paganica serve per fare il punto con i soccorritori della Croce Rossa: medici e militari esperti nella logistica. Arrivano richieste da Picenze di Barisciano, Poggio Picenze, Fontecchio e Ocre. Servono, aceto, intimo, bacinelle, scarpe, stoviglie di plastica, pettini, spazzolini, saponette. Difficile capire.

La Protezione Civile e la Prefettura dell’Aquila continuano a invitare tutti a evitare il "turismo solidale", perché "è tutto sotto controllo". Ma dai contatti e dai faccia faccia si capisce che ci sono tendopoli di "serie A" e di "serie B". E, soprattutto si capisce che la macchina degli aiuti sarà pure perfetta, ma solo mediaticamente. Le fessure lasciate vuote, a sei giorni dal sisma, ci sono eccome. Epperò la babele dei soccorsi è altrettanto dannosa. E allora la colonna di aiuti partita da Bari stamani ha una destinazione diversa: Bazzano. Due furgoni e un pick-up della Polizia Provinciale. E un furgone è guidato dai rom della cooperativa di Japigia, "Artezian" che ha raccolto in giro per la provincia assieme all’associazione "Osservatorio Sud", il carico di aiuti organizzato da più enti e associazioni. Da Cassano la quota più consistente grazie ai volontari della "Fratres" che hanno messo in moto un vorticoso passaparola che ha fruttato più di mille euro utilizzati per l’acquisto dei materiali richiesti.

13 aprile 2009

 
Di Fabrizio (del 13/04/2009 @ 09:44:02, in Italia, visitato 1358 volte)

Da Nebrodi e Dintorni

Messina, 9 aprile 2009 - Nei giorni di venerdì 17 e sabato 18 aprile, a Messina si terranno tre incontri dal titolo "ZINGARI E CITTÀ: diritti, solidarietà, accoglienza", organizzati dalla Caritas e dall’Ufficio Migrantes, organismi pastorali dell’Arcidiocesi di Messina Lipari Santa Lucia del Mela, in collaborazione con la Comunità delle Suore Francescane dei Poveri di Messina:

• Venerdì 17 aprile, dalle ore 10.00 alle ore 13.00, presso l’Aula Magna della Presidenza della Facoltà di Scienze Politiche (Piazza XX Settembre): incontro con l’Università di Messina;
• Venerdì 17 aprile, dalle ore 17.00 alle ore 20.00, presso il Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca: incontro con la città;
• Sabato 18 aprile, dalle ore 9.00 alle ore 13.00, presso il salone delle Bandiere di Palazzo Zanca: incontro con le scuole.

Interverranno mons. Piero GABELLA, Presidente del C.C.I.T. - Comitè Catholique Internazional Tzigane, la dott.ssa Carlotta SALETTI SALZA, dell’Università di Torino e la dott.ssa Sabrina TOSI CAMBINI, dell’Università di Firenze, autrici della ricerca su Rom e Sinti, commissionata dalla Fondazione Migrantes.

Mons. GABELLA, che da anni vive in un campo nomadi, approfondirà il tema degli incontri "ZINGARI E CITTÀ: diritti, solidarietà, accoglienza", offrendo l’opportunità ai partecipanti di ascoltare la voce di una Chiesa che vive "dentro" il popolo degli zingari, un punto di vista, dunque, privilegiato, perché derivante da un’esperienza vissuta.

A seguire, la dott.ssa SALETTI SALZA e la dott.ssa TOSI CAMBINI illustreranno i risultati della ricerca, commissionata al Dipartimento di Psicologia e Antropologia culturale dell’Università di Verona ed articolata in due diversi studi: il primo, volto a verificare quanti bambini figli di rom o sinti siano stati dati in affidamento e/o adozione a famiglie gagé (così i romanì chiamano i non romanì); il secondo, già edito con il titolo "La zingara rapitrice. Racconti, denunce, sentenze (1986-2007)", incentrato sui presunti casi di tentata sottrazione di minori gagé da parte di rom.

I risultati illustrati sorprenderanno molti e dimostreranno come purtroppo spesso una società crea dei miti che rappresentano il contrario di quanto avviene nella realtà.

Per informazioni:
sr. Gabriella D’AGOSTINO cell. 347.1217590; fax 090.6684224; e-mail: sfpmessina@tin.it
diac. Santino TORNESI cell. 338.2017995; fax 090.6684318; e-mail: migrantes.me@tiscali.it

 
Di Fabrizio (del 12/04/2009 @ 09:26:15, in Italia, visitato 2650 volte)

Ricevo da Tommaso Vitale

Care e cari,

il giorno 30 aprile 2009, presso l'università di Bergamo si terrà una giornata di studio dal titolo "Il paradosso rom. La questione di una cittadinanza imperfetta", che si concluderà con una cena e uno spettacolo presso lo Spazio Polaresco di Bergamo. Siete tutti invitati.
Alla pagina web (attiva per quanto ancora in allestimento) www.unibg.it/cittadinanzarom troverete ulteriori informazioni.

Cari saluti

Gli organizzatori: Giuseppe Aricò; Paolo Barcella; Davide Biffi; Francesca Forno; Nausicaa Guerinoni; Greta Persico.

Il 30 aprile, in concomitanza con la giornata di studio "Il paradosso rom. La questione di una cittadinanza imperfetta" e l’inaugurazione della mostra "Impronte. Volti e parole dal mondo rom", le cooperative "IL SEME E RUAH" hanno organizzato una cena presso lo Spazio Agorà del Polaresco.

La cena sarà a base di cous cous, antipasti e dolci vari.

Il cous cous sarà preparato dalla cooperativa Agorà del Polaresco che fornirà anche il vino, mentre gli antipasti e i dolci saranno preparati insieme alle donne immigrate della cooperativa Ruah con prodotti dell’equo solidale.

La cooperativa Ruah metterà inoltre a disposizione piatti in mater bi e bicchieri e posate, per evitare ogni spreco di plastica.

Il costo della cena sarà di 13 euro. Chi vuole aderire deve comunicarlo entro il 17 aprile mandando un e-mail a Daniela Pedrali danielapedrali@virgilio.it

 

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