Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.
Di Fabrizio (del 01/10/2012 @ 09:18:32, in conflitti, visitato 2266 volte)
Realizzato con la collaborazione di Davide Zaccheo
L'ENNESIMO ATTO BARBARICO DI ALEMANNO E BELVISO NEI CONFRONTI DEI ROM
DI TOR DE CENCI di Davide Zaccheo
foto di Serena Masci durante le operazioni di sgombero
(cliccare sull'immagine per scaricarla a grandezza personale)
La mattina del 28 settembre 2012 un dispiegamento di forze della polizia
municipale di Roma Capitale affiancati da tre cellulari della polizia di stato,
due pullman da 50 posti cadauno adibiti al trasporto di persone, due camion con
sopra due ruspe per la demolizione, irrompevano senza preavviso nel campo nomadi
di Tor de Cenci a Roma e procedevano sotto gli occhi dei bambini che erano già
saliti sul pullman del comune di Roma che li avrebbe portati a scuola, alla
demolizione dei container rimasti e al trasferimento delle restanti 170 persone
del campo. Di fronte ad una azione cosi minacciosa tutti i bambini sono scesi
dal pullman per rimanere con le loro famiglie.
Tutto ciò all'indomani della sentenza di primo grado del Tar che annullava il
ricorso fatto da alcune famiglie rimaste al campo alla fine di luglio in seguito
alla consegna dell'ordinanza di sgombero da parte del sindaco Alemanno e dopo il
trasferimento nel nuovo campo nomadi della Barbuta della maggioranza dei rom
residenti.
La notte tra domenica 23 e lunedì 24 un'intera comunità di bosniaci che erano
stati trasferiti alla Barbuta un mese e mezzo prima, aveva fatto ritorno a Tor
de Cenci dopo aver denunciato pubblicamente le minacce dal gruppo storico
residente nel nuovo campo situato tra il Comune di Roma e quello di Ciampino.
Questo gruppo ha dormito per circa 5 giorni all'aperto sulle stesse piazzole
dove erano situati i container che il comune gli aveva demolito. I loro figli
non sono andati a scuola per circa una settimana a causa della mancanza di acqua
per lavarsi.
Le ruspe hanno abbattuto i container delle famiglie rimaste davanti agli occhi
inermi dei bambini del campo. Gli agenti della polizia municipale di Roma
Capitale non hanno usato nessun tipo di precauzione, il tutto è avvenuto
dall'inizio alla fine davanti ai bambini e alle donne che piangevano.
Monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas Diocesana di Roma, intervenuto
durante le demolizioni ha gridato "Barbari" a chi in quel momento dirigeva le
operazioni al fine di radere al suolo il campo. Un volontario della comunità di
Sant'Egidio e due operatori dell'Arci Solidarietà venivano fermati e
identificati dalla polizia municipale semplicemente perché stavano scattando
delle fotografie durante l'abbattimento dei container.
Oltre al danno anche la beffa. Ai rom rimasti senza container è stato comunicato
il trasferimento temporaneo in un centro di accoglienza del Comune di Roma dove
dovranno restare per circa 10 giorni in attesa che finiscano i lavori dell'area
di Castel Romano dove dovrebbero essere trasferiti definitivamente e dove già
vivono 900 rom.
Nel centro di accoglienza i rom sono stati sistemati in due stanzoni con brande
e materassi. Le condizioni di vita del centro sono ai limiti della decenza, con
bagni chimici e docce poste all'esterno dell'edifici. Tra loro ci sono donne
incinte, una anziana di 80 anni malata di cuore e una donna sempre anziana da
poco uscita dall'ospedale a causa di un ictus.
I Rom di Tor de Cenci trasferiti nel centro di accoglienza del comune di Roma
hanno deciso per Lunedì 1 ottobre 2012 uno sciopero della fame per protestare
contro le condizioni disumane i cui sono stati collocati, condizioni che
calpestano qualsiasi tipo di diritto umano fondamentale.
Pensavamo che fosse la solita giornata: ..... arrivi al campo e li trovi
l'autobus o comunque arriverà, sai che a breve all'orizzonte vedrai i primi
bambini che sorridendo gioiosi entusiasti ti corrono incontro, questa mattina il
rituale non è stato completato.
Il primo fotogramma: tre cellulari della polizia, e un silenzio spezzato dalle
sirene prima in lontananza e poi sempre più assordanti, all'improvviso sul volto
dei bambini espressioni attonite e di smarrimento, per loro quella doveva essere
una mattina uguale a tante altre, si sale sull'autobus e si va a scuola; ma cosi
non è stato. Lo spettacolo ignobile che è stato allestito davanti ai loro occhi
si è aperto con l'arrivo di un mezzo pesante che dotato di braccio meccanico si
è accanito sulle loro "case" e le ha ridotte in macerie senza dare il tempo
sufficiente per portare fuori tutta la loro vita e ad ogni "casa" che veniva
giù, le espressioni sui visi dei bambini sempre più marcate attonite spaurite, e
spaventate e il pianto che via via aumentava.
Nessuno si è soffermato a spiegare loro cosa stava succedendo e perché con tanto
accanimento stavano abbattendo le loro case, tutto è avvenuto nella più totale
indifferenza. Nessuno si è fermato a prestare la doverosa e appropriata
attenzione a quei bambini, la stessa attenzione che si presta a qualsiasi altro
bambino che vive però al di la del cancello che delimita il confine tra degno di
tutela e indegno di esserlo. Nessun gesto di rassicurazione di sostegno di
supporto per attenuare il pesante carico di un avvenimento che loro non riescono
a comprendere a pieno perché si percepiscono dei bambini come tanti altri; e chi
e con quale coraggio riuscirebbe a guardargli negli occhi e dirgli visto che sei
uno zingarello/a non puoi abitare troppo vicino a noi, mai dalle labbra di
nessuno uscirebbero tali parole, ma quello che è avvenuto davanti ai loro occhi
anche se non è stato detto e stato fatto, sempre nella più totale
imperturbabilità.
Quello che chi non era li non vedrà mai e a cui nessun blog darà mai rilievo
saranno gli occhio colmi di lacrime di quei bambini, la giovane madre costretta
a cambiare il pannolino di suo figlio sul parabrezza di una macchina, le lacrime
che scendono sul volto delle giovani donne che sotto gli occhi impauriti dei
loro figli preparano velocemente un enorme fagotto, l'espressione attonita della
giovane madre che stinge tra le braccia la sua secondogenita nata solamente una
settima addietro, che con lo sguardo inquieto cerca il marito per trovare
rassicurazioni dopo che gli viene detto che deve abbandonare la sua casa,
l'anziana donna che non parla una parola di italiano che con il viso affranto si
porta le mani alle tempie e ripete da prima a voce alta quattro o cinque parole
fino a quando il fiato non gli si strozza in gola; e quando tutto è concluso
enormi fagotti sparsi in diversi punti, e intere famiglie sedute accanto che si
guardano intorno e attendono di essere deportate al centro di accoglienza.
Queste sono immagini che pesano, e pesano ancor di più visto che l'istituzione
che doveva garantire e tutelare questi bambini con assoluta impassibilità ha
predisposto una azione fredda e rapida e senza preavviso, incuranti delle
ripercussioni sui bambini dovuti alla privazione di punti di riferimento e dei
luoghi in cui sono nati e cresciuti e di cui si sentono ormai parte.
Sotto il cumulo di lamiere non ci sono solo utensili vestiti giochi ma anche i
diritti fondamentali e inviolabili dei bambini e adulti a cui per l'ennesima
volta non viene data voce, e che per l'ennesima volta vengono calpestati sempre
nella più completa indifferenza.
E' stato tanti anni fa, ero ancora bambino (un bravo bambino, allora). Sotto
casa mia il cantiere della metropolitana in costruzione, poco più in là una
fabbrica che stava per essere demolita. Io, tre anni, passavo i pomeriggi
incantato a guardare i camion e le ruspe al lavoro.
Oggi, 50 anni dopo, la ruspa è tornata a trovare un bambino di 3 anni, a Tor de
Cenci. Poi se n'è andata, forse a cercare qualche altro bambino.
A Tor de Cenci, i piccoli vagano tra le macerie, cercando qualcosa da salvare.
Tra cocci di vetro e pezzi di plastica, una scarpa, un quaderno strappato, un
orsacchiotto di peluche con un occhio solo, il cuscino del nonno, quello
straccio con attaccate due perle forse era il vestito da sposa della sorella più
grande. Accendini, l'altoparlante della radio, una busta con dentro i
documenti... la lunga fatica per essere normali che anche stavolta si muta in
fumo.
Fabrizio Casavola
Nel frattempo in Francia, a
Marsiglia, i soliti BRAVI CITTADINI davano
alle fiamme un insediamento rom. La foto è tratta da
TeleFrance1, e tutto sembra legarsi, qualcosa di già visto, già sentito, già odorato, dimenticato
troppo in
fretta.
Il Musée de la Musique (Paris 19e) sta preparando un'importante mostra
dedicata al chitarrista Django Reinhardt (1910-1953) e alla sua epoca. La mostra
intitolata "Django Reinhardt, Swing de Paris" si terrà dal 6 ottobre 2012 al 20
gennaio 2013.
Il progetto Django Reinhardt fa parte di un ciclo di esposizioni presentate e
prodotte al Musée de la Musique, dedicate ai grandi musicisti popolari del XX
secolo, come Jimi Hendrix, John Lennon, e più recentemente Miles
Davis, Georges Brassens, e Bob Dylan.
Un'opera giudicata essenziale per questa esposizione, è conservata nelle
collezioni del Polo Fisarmoniche a Tulle. Si tratta di una fisarmonica cromatica
modello Chroma 348, marca Maugein Frères, fabbricata nel 1928, di colore verde
marmorizzato. Queste le sue caratteristiche tecniche:
destra: 3 file, 34 bottoni, 3 voci
sinistra: 4 file, 48 bassi, 4 voci.
Dunque, questa fisarmonica da Tulle andrà in esilio per alcuni mesi nella
capitale, per arricchire ed illustrare la mostra del Musée de la Musique.
Di Fabrizio (del 29/09/2012 @ 09:16:39, in Italia, visitato 2497 volte)
Il terzo appuntamento del ciclo autunnale di Passeggiate d'Autore,
manifestazione organizzata dall'associazione Pluriversi - ci porta in un luogo
"classico" ma solitamente inesplorato della geografia urbana, in quel margine
dove la città la città e la campagna si confondono. Tenteremo di trasformare un
lembo di periferia da non-luogo a territorio popolato da abitanti e segnato da
ville storiche, corsi d'acqua, storie e vicende storiche.. E soprattutto,
entreremo in un luogo precario ed indefinito per antonomasia: il campo Rom di
via Idro, con le sue piccole installazioni (storiche o meno), punti nevralgici,
attività ricreative e lavorative: un villaggio inaspettato e risparmiato dalla
speculazione edilizia, pieno di bambini, spazi verdi e cavalli alle porte di
Milano.
La guida sarà Fabrizio Casavola, che frequenta la comunità Rom locale da oltre
20 anni, autore del libro "Vicini Distanti" (Edizioni Ligera). Sarà anche
un'occasione per parlare direttamente con alcuni degli abitanti e conoscere la
loro vita, alcune delle tradizioni sopravvissute ai tempi e alle trasformazioni
sociali, i cambiamenti che ha vissuto la comunità nella sua permanenza milanese
e le loro aspirazioni. Attorno al campo di via Idro, negli ultimi anni si è
creata una collaborazione forte con associazioni e volontari, già impegnati in
tematiche del quartiere, perché questa piccola comunità possa continuare a
vivere in equilibrio tra la vicina città ed il costituendo Parco della Media
Valle del Lambro.
La Passeggiata si concluderà con un pranzo presso il
Marina Social Rom, il
nucleo abitativo presso cui viene offerta l'accoglienza e il ristoro nel corso
delle iniziative organizzate presso il campo.
L'iniziativa riceve il patrocinio dell'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni
Razziali.
Questa mattina Vigili urbani e polizia di Stato sono arrivati in gran numero
presso il "campo nomadi" di Tor de Cenci per realizzare lo sgombero di persone e
cose. Senza avvertire preventivamente, senza chiudere l'area, senza allontanare
le persone che vi abitavano, hanno iniziato a distruggere i
container che fungevano da oltre 15 anni da abitazioni per i rom.
Le ruspe hanno distrutto uno dopo l'altro i circa 50 container collocati lì
dalle precedenti amministrazioni e pagati con soldi pubblici. Le ruspe hanno
distrutto tutto davanti agli occhi dei bambini che in quelle "case" avevano
dormito fino ad un ora prima, esterrefatti, arrabbiati, atterriti, piangenti.
Stamattina si erano preparati per andare a scuola - il pulmino li attendeva - ma
la storia è andata in altra direzione. Il pianto di quei bambini è un macigno
sulla coscienza di chi ha voluto e realizzato lo sgombero in questo modo indegno
di una città considerata per secoli communis patria.
I responsabili delle operazioni hanno detto ai rom che saranno trasferiti per
una settimana in un centro di accoglienza allestito in modo provvisorio e
successivamente nel campo di Castel Romano, sulla via Pontina, dove vivono già
oltre 900 Rom.
Sono mesi che si discute del piano nomadi, che ci si confronta su alternative,
arrivando anche a ricorsi legali. Posizioni che, su alcuni punti, vedono
l'amministrazione capitolina molto distante dalla sensibilità delle
organizzazioni che lavorano per l'integrazione dei rom. Quello che ci preme oggi
non è tornare su questi argomenti, ma denunciare il modo violento e incivile con
cui è stato urlato agli abitanti del campo di andare via e la fretta con cui si
è dato seguito allo sgombero senza programmare pronte alternative dignitose. Ciò
che colpisce è il trattamento riservato ai minori, di fronte ai quali è stato
inscenato uno spettacolo non degno di un'amministrazione di un Paese civile,
capitale di uno stato fondatore dell'UE e patria del diritto.
Ciò a cui hanno assistito stamane in prima persona il Direttore della Caritas di
Roma, monsignor Enrico Feroci, e i volontari della Comunità di Sant'Egidio
presenti al campo è qualcosa che non appartiene alla nostra cultura e al
rispetto dei diritti umani e del fanciullo, che vorremmo non appartenesse alla
nostra amata città di Roma.
Abbiamo un'amara certezza: se ci fossero stati altri bambini in quel campo
invece dei bambini Rom le modalità, le attenzioni, il linguaggio, sarebbero
stati altri.
Non possiamo non ricordare in questa triste circostanza le parole di don Bruno
Nicolini, scomparso il 17 agosto scorso dopo una vita spesa al fianco dei rom:
"Chi mai pensa che un nomade sia una persona da prendere sul serio? Chi pensa
che il nomade possa essere un santo? Chi pensa che possa essere una persona con
cui discuto dell'educazione comune dei nostri figli? Lo zingaro è soltanto un
tipo a cui dare qualcosa con molto sospetto, la società lo ha già giudicato. Ma
cosa sappiamo di lui? Di quando viene svegliato nel cuore della notte per essere
sgomberato. Di quando le loro mogli non vengono accettate negli ospedali per
partorire. Come possono crescere i bambini vedendo i rappresentanti dello Stato
solo per essere mandati via dalle città?"
Di Sucar Drom (del 28/09/2012 @ 09:16:25, in blog, visitato 1615 volte)
Sucar Drom: si al Piano d'azione nazionale contro il razzismo
L'associazione Sucar Drom ha inviato oggi all'Ufficio Nazionale
Antidiscriminazioni Razziale ed Etnica (UNAR) presso il Dipartimento per le Pari
Opportunità sotto la Presidenza del Consiglio il documento...
Verona, la Giunta comunale vuole discriminare i sinti italiani
La Giunta comunale di Verona, guidata dal Sindaco Flavio Tosi, sembra che abbia
deliberato una proposta di modifica al regolamento per l’area per sinti italiani
di Forte Azzano a Verona, da portare a breve in Consiglio comunale per
l'approvazione definitiva...
Giuliano (Napoli), Alex Zanotelli: mi ribello a un altro sgombero!
In questa torrida estate, oltre al calore, è stato lo spettacolo osceno dei rom
di Giugliano, trattati peggio delle bestie, a farmi ribollire il sangue. E’
inconcepibile per me che in un paese che si proclama civil...
Amnesty International: le comunità rom ancora segregate e senza prospettive
In occasione della presentazione di un nuovo documento, intitolato "Ai margini:
sgomberi forzati e segregazione dei rom in Italia", Amnesty International ha
sollecitato oggi l'urgente modifica delle leggi, delle politiche e delle prassi
discriminatorie che e...
E' grave il ridimensionamento di UNAR
Dopo l'analogo appello lanciato in luglio da numerose sigle dell'associazionismo
italiano, tra cui la FISH (Federazione Italiana per il Superamento
dell'Handicap), tutte impegnate nell'affermazione dei diritti e della dignità
delle persone e co...
La notizia che circola da ieri, dell'arresto di una presunta banda di
SCHIAVISTI (chiamiamo le cose col loro nome), ovviamente è circolata rapida come
un fuoco di fascina. Non è da escludere che, come in altri casi gli arresti
siano avvenuti in tempi diversi, e per la riservatezza delle indagini tutta
l'operazione sia stata svelata a fatti compiuti. Lo dico, perché in passato mi è
capitato di seguire casi simili.
Chi si è autonominato difensore "a prescindere" dei Rom e dell'umanità
offesa, già ieri diceva che non si trattava di un'indagine contro LA RIDUZIONE
IN SCHIAVITU', bensì della solita politica anti-rom, che mira a fare dello
"zingaro" il nemico pubblico. Non intendo entrare in questa polemica dai toni
scontati; lascio anche perdere il peso che una notizia simile ha tra le cronache
di questi giorni.
Mi limito a farvi notare alcuni particolari, che probabilmente stanno sfuggendo
sull'emozione del momento:
in effetti i titoli di giornali parlano di "una
banda di rom sfruttatori", quindi se da un lato c'è l'etnicizzazione
(scusate il termine) del crimine, e questo dovrebbe essere
proibito, dall'altro non si scrive e non si lascia intendere che
tutti i Rom lo siano, anzi, i fatti raccontati svelano
esattamente l'opposto;
come lettori siamo portati a pensare che azioni simili siano
quasi sempre estemporanee e magari dettate da opportunità
politiche, io invece sono convinto che in diversi settori le
varie politiche repressive (perché di REPRESSIONE si tratta,
buona o cattiva che sia) vadano coordinandosi a livello europeo;
faccio un esempio: il fatto che contemporaneamente un'operazione
simile sia
avvenuta in Francia, dobbiamo leggerlo come una coincidenza
o no?
Dopo oltre una ventina d'anni che, fortunatamente per ragioni indipendenti
dalla mia professione, frequento anche l'ambiente dei mendicanti, posso dire:
da un lato, c'è chi lo fa, o continua a farlo, per la sua
condizione di miseria, di volta in volta considerandolo come un
lavoro o come una semplice necessità. Senza essere costretto a
farlo da bande organizzate di criminali, ma solo dalla
propria condizione personale. Se il paragone non appare
azzardato, è un discorso simile a quello (altrettanto datato)
della prostituzione, anche se immagino che le tariffe siano
diverse;
dall'altro lato, in tutti questi anni, via via ho sentito
parlare di traffico di persone dalla Bosnia (anni '90), dal
Kosovo (anni 2000) e sempre più spesso dalla
Romania. Ma 20 anni fa mi ricordo di cronache simili che
accompagnavano l'arrivo delle ondate di immigrati dal nord
Africa, dove i Rom non c'entrano. Quindi l'idea che mi son fatto
non è di una TARA CRIMINALE presente in questo o in quel popolo,
ma di un business che sia alimento della miseria.
Business che esiste (è sempre esistito, anche quando toccava agli Italiani
partire per TERRE LUNTANE), non lo nego. E non nego che siano indagini delicate,
soprattutto per la condizione delle vittime, di cui dopo nessuno si interessa
più. Ma, visto il ripetersi decennale di cronache simili, col tempo mi si è
formata in testa una domanda, a cui non riesco a dare risposta:
è immaginabile l'esistenza di un'organizzazione straniera
che in tutti questi anni si amputa e si riforma in est Europa,
Africa, America del sud (una specie di SPECTRE dei poveri)? E'
possibile che operino da così tanto tempo in Italia senza avere
basi, accordi, coperture con ITALIANI? E perché tra i periodici
arresti non ci sono Italiani? Chi li copre?
Tutto ciò, parlando della nuda cronaca nera. Dietro, mettiamoci qualche arida
cifra:
ad esempio, in Romania lo stipendio di un dottore si aggira
sui 500 euro, quello di un operaio sui 200 (quando c'è il
lavoro, s'intende). Per arrivare in Italia non devi affrontare
il Mediterraneo in barcone, o viaggiare nascosto sotto gli
assali di un TIR, bastano invece 24 ore di pullman e 100 euro.
Se le condizioni economiche sono queste, il razzismo diviene un
elemento secondario e continueranno ad arrivare; non ci sono
leggi, polizia o documenti che potranno fermarli. Nel contempo,
chi arriva impara presto che anche soltanto chiedendo l'elemosina o
finendo nei piani bassi della malavita da strada, si possono
guadagnare con poco sforzo e senza documenti cifre equivalenti o
superiori ad uno stipendio medio rumeno; di questo c'è qualcuno
che ne ha fatto un business. Si tratta di una massa di arrivi a
getto continuo che non ha alcun interesse a politiche di
integrazione, piuttosto adopera la strategia del mordi e fuggi.
Lo stesso discorso vale per
Spagna e Francia.
Per terminare, casi simili hanno comunque conseguenze su noi stanziali, sulle
vittime di questi traffici, su chi è Rom e non solo non c'entra con queste
storiacce, ma vive anche nel terrore (giudicate voi se esistenziale o reale) che
i propri figli cadano preda dei trafficanti o piuttosto degli assistenti
sociali. Paura sottopelle e diffusa, che può coniugarsi tanto nel foraggiare il
meccanismo politico-industriale della sicurezza, che nel nostro timore di
fare la carità di fronte ad una mano tesa.
Di Fabrizio (del 27/09/2012 @ 09:14:58, in Regole, visitato 1885 volte)
Scritto da Angela Iannone – gio 13 set 2012
Un provvedimento paradossale, che suona un po' come il famoso Comma 22 di Joseph
Heller, è stato adottato dal sindaco leghista di Mortara, in Lomellina,
Marco Facchinotti. L'ordinanza disposta dal Comune prevede infatti una
multa dai 25 ai
500 euro per chiunque venga sorpreso a rovistare nella spazzatura.
Molti cittadini l'hanno definita assurda oltreché ingiusta: non si capisce
infatti come possa un senzatetto o un anziano indigente, ridotto per
sopravvivere a raccattare rifiuti, pagare una multa da 500 euro. Una sorta di
accanimento nei confronti dei più poveri, che mentre imperversa la crisi, con
tutte le nuove povertà che essa genera, è risultato ai più decisamente
incomprensibile.
Ma a quanto pare l'ordinanza Mortara non è nuova a drastiche soluzioni, visto
che qualche anno un’ordinanza simile, che si rifaceva all’articolo 650 del
codice penale, disponeva il carcere fino a 3 mesi per gli eventuali
trasgressori. L'assessore alla polizia locale, Elio Pecchenino, ha giustificato
l'iniziativa come una misura necessaria in quella che definisce una "guerra agli
sporcaccioni", volta a punire sostanzialmente chi commette azioni pericolose, al
pari di quelli che lasciano rifiuti ingombranti per strada. Ma molti suoi
concittadini evidentemente non la trovano convincente.
E' una questione che ha riguardato più volte le amministrazioni leghiste. Anche
il sindaco di Terno d'Isola, Corrado Centurelli, un paio di mesi fa era finito
al centro di polemiche simili, per aver fatto rimuovere due
panchine dal suolo
pubblico. Per favorire la viabilità in un passaggio piuttosto stretto, sosteneva
il sindaco, per impedire agli immigrati di usarle, accusava l'opposizione,
riportando le parole delle stesse guardie padane incaricate della rimozione.
Due anni fa invece il sindaco di Adro, a due passi da Brescia, aveva suscitato
l'indignazione generale per la scelta di negare la mensa ai bambini i cui
genitori non potevano permettersi di pagare la retta. Diverse poi le ordinanze
anti-kebab adottate in più comuni, non solo targati Lega, che vietano di fatto
l'apertura di negozi agli immigrati in nome di un'azione di garanzia dei
prodotti locali. Fra questi amministratori il sindaco di Lucca, Mauro Favilla,
che nel 2009 ha addirittura vietato espressamente "l’attivazione di esercizi di
somministrazione la cui attività sia riconducibile a etnie diverse", ricevendo
il plauso dell'allora ministro dell'agricoltura Luca Zaia.
Nello stesso anno, a Varallo Sesia, in Piemonte, il sindaco Gianluca Bonanno ha
ordinato l'installazione di cartelli comunali, scritti in italiano e in arabo,
in cui si avvertiva la cittadinanza che in tutte le aree pubbliche della città
era vietato indossare burqa, burqini e niqab. Anche in quel caso ci si divise
sui motivi reali, ispirati da una visione razzista secondo l'opposizione,
destinati secondo la giunta unicamente a favorire l'identificazione delle
persone, secondo criteri di pubblica sicurezza.
Domenica 30 settembre 2012, h. 20.00
PALAZZO DUCALE Piazza Matteotti 9 - Genova - info tel. 010 5574064 / 65
www.palazzoducale.genova.it Una notte di musica, poesia, pittura e cinema Rom.
Allegria, forza espressiva, festa per la vita, sono le caratteristiche
principali dell'arte romanì.
Una serata per affacciarsi su un mondo sconosciuto: la musica,
la letteratura, la poesia, il cinema e le arti figurative dei rom e dei
sinti. L'universo artistico romanì muove dalla quotidianità interna
alla famiglia di appartenenza, ma attraverso una sorprendente
vivacità espressiva riesce a diventare coinvolgentelinguaggio universale.
La musica è l'arte più nota dei rom e dei sinti: "Sublime canto mistico"
come sosteneva Franz Liszt, ma di notevole interesse è
anche la giovane letteratura con le sue aspirazioni a una visione
libera, pura e naturale della vita.
Una serata per vedere e parlare anche di cinema e arti figurative
che attraverso un linguaggio a volte onirico, a volte autoironico,
ma sempre permeato di voglia di andare avanti, ci raccontano
l'uomo, le sue meraviglie e le sue miserie.
con
Seo Cizmic
Pino Petruzzelli
Paola Piacentini
Claudio Pozzani
Claudia Priano
e le musiche tradizionali e il jazz manouche
di Django Reinhardt con il gruppo sinto
The Gipsyes Vàganes.
I sinto altoatesini The Gipsyes Vàganes fino a poco tempo fa si chiamavano
U Sinto ed erano un gruppo musicale composto da zii e nipoti della
famiglia Gabrielli. I nipoti con un nome nuovo che in italiano significa "i
sinti antichi", proseguono, rileggendola, la tradizione dei loro avi.
Di Fabrizio (del 25/09/2012 @ 09:13:00, in scuola, visitato 1451 volte)
di Lucio Bontempelli
Stamattina bussa in presidenza una bambina e mi chiede seria: "vorrei
iscrivermi in prima media". Io trasecolo: è da sola? E i genitori? La faccio
accomodare. Una storia interessante: di famiglia povera, i genitori lavorano
tutto il giorno per sbarcare il lunario, trasferiti da poco in città non
possono più accompagnare a scuola la bambina nel paese dove l'avevano iscritta.
Non sembra abbandonata a se stessa, ma è certo temprata dalle difficoltà, è
autonoma e capace di dare una mano alla sua famiglia, prendendosi responsabilità
un poco più grandi di lei. Parla benissimo l'italiano e il rumeno, e mi dice di
conoscere anche un po' di inglese: mi diverto a farci due chiacchiere in
inglese, ma ben presto smetto perché farei una figuraccia: lo sa molto meglio di
me! Purtroppo le mie prime medie sono piene, le chiedo dove abita per capire
dove la posso indirizzare, ma lei si orienta poco a Pisa. Le dico di tornare con
un genitore quando vuole. Dopo due ore torna con la zia. Spiego anche a lei la
situazione, poi individuo due istituti comprensivi abbastanza vicini a casa loro
e mi metto a telefonare. Finalmente le trovo un posto. Spiego, al telefono, che
probabilmente non sarà un inserimento difficile: la bimba sa benissimo
l'italiano, sembra molto educata e responsabile, probabilmente è anche brava
(scolasticamente parlando). "Sarà mica ROM?", mi viene chiesto. Cavolo: mi sono
dimenticato di chiederle l'etnia! E se fosse addirittura EBREA?
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