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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 14/01/2006 @ 10:43:47, in Europa, visitato 2843 volte)

fonte: Slovak_Roma_News

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by Jozef Sivak

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foto dei disordini da derstandard.at

DOPO I SACCHEGGI

6 gennaio 2006

Due anni dopo i profondi disordini nei quartieri dei Rom più poveri in Slovacchia, si stanno verificando dei cambiamenti.

TREBISOV, Slovakia | Folle arrabbiate, negozi saccheggiati, polizia scatenata contro i rivoltosi: scene come queste due anni fa mostrarono la profonda frattura tra lamaggioranza della popolazione e le comunità Rom nella Slovacchia orientale.

L'attenzione alla rivolta dei media internazionali, che avevano l'occhio puntato sull'imminente ingresso della Slovacchia nell'Unione Europea, spinsero le autorità ad affrontare seriamente le condizioni di povertà estrema dei Rom nella regione e ad approntare strategie di integrazione.

A Trebisov, teatro delle proteste più drammatiche ed epicentro degli scontri, la comunità Rom si sta ancora leccando le ferite.

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foto di JAN GRARUP da http://www.poyi.org/ - PICTURE OF THE YEAR INTERNATIONAL

"Non avevo mai visto niente di simile a quello che è successo [a Trebisov] e nemmeno ci voglio più pensare" dice Jozef Badzo, 31 anni, che lavora nell'insediamento rom alla periferia di Trebisov. "Mi sono sentito come se fosse l'Iraq. E' stato terribile". Badzo era in visita ad un amico dell'insediamento, quando la polizia entrò in casa e li malmenò selvaggiamente. "Sono stato fortunato," ricorda "perché avevo un bambino in braccio che piangeva tra le mie braccia. Altrimenti i miei occhi si sarebbero riempiti di sangue."

UN ANNO CRITICO

L'anno 2004 è stato critico per i Rom slovacchi. Molti hanno visto il taglio o la cancellazione improvvisa dei benefici sociali, come risultato delle riforme imposte ad inizio anno. Alcuni attivisti hanno detto che i tagli erano discriminatori, perché colpivano soprattutto la loro comunità, che ha mediamente famiglie numerose ed estese. Una famiglia di cinque persone riceveva 10.000 corona (278 euro) che sono stati improvvisamente dimezzate o annullate.

Trebisov, città della Slovacchia sud orientale, vicino al confine con l'Ungheria e l'Ucraina, conta circa 40.000 abitanti. Di loro, circa 3.200 sono Rom, che vivono in appartamenti periferici, consistenti per la maggior parte in una stanza di 18 mq. senza servizi e acqua corrente.

A Trebisov e in tutta la Slovacchia orientale, la regione più povera del paese, chi presta denaro è un'importante figura in molti insediamenti rom, e richiede interessi molto alti alla gente che attende l'arrivo del prossimo assegno sociale. Gli squali del prestito ad usura divennero particolarmente attivi nel 2004 e alzarono i loro tassi di interesse, anche all 100%, secondo quanto oggi raccontano gli abitanti. Spesso, la gente si indebitò a vita, incapace di restituire il denaro che era stato loro offerto.

IL PUNTO DI ROTTURA

La notizia del taglio ai servizi sociali girò velocemente ed orientale e sfociò in proteste e disordini nei villaggi nella Slovacchia centrale. Gli eventi più drammatici ebbero luogo a Trebisov, dove circa 400 Rom il 23 e 24 febbraio saccheggiarono il Parican shopping center. Molti degli abitanti degli insediamenti dicono che furono gli stessi strozzini ad aizzare la folla.

La polizia di Trebisov e di Kosice, la seconda più grande città della Slovacchia, appena arrivati sulla scena inondarono i manifestanti con cannoni ad acqua. Il 24 febbraio i poliziotti si presentarono nei quartieri rom. I testimoni accusano che entravano nelle case a gruppi di 10, picchiando gli abitanti.

Nella fase più drammatica della rivolta, erano schierati nella Slovacchia centrale ed orientale, 2.000 tra poliziotti, esercito e corpi di sicurezza privati.

Sulla base delle voci e delle testimonianze l'European Roma Rights Center di Budapest e Amnesty International criticarono l'azione della polizia. Alan Anstead, consulente legale del Roma Rights Center, accusò la polizia di violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea sui Diritti Umani, che proibisce la tortura e i trattamenti inumani. Riconoscendo che la rivolta era contro la legge e i rivoltosi avevano violato le proprietà private, aggiungeva che la polizia aveva colpito senza distinzione passanti, manifestanti e rivoltosi.

Monika Kuhajdova, portavoce del Ministro degli Interni, disse che la polizia aveva usato cani e manganelli "per disperdere i resistenti e prevenire gli attacchi", senza specificare altro. Aggiunse che il ministero non aveva ricevuto lamentele sull'atteggiamento della polizia durante gli incidenti.

Alla fine, in 195 vennero accusati di crimini, inclusi danni a proprietà rivate, rivolta, furti, saccheggio ed incitamento alla violenza. Kuhajdova stimò il costo dell'operazone speciale di sicurezza in circa 58, 7 milioni di corone (1,5 milioni di euro). Inoltre disse che la rivolta aveva causato danni per 1,1 milioni di corone.

SEGNI DI RIPRESA

Dopo quasi due anni, molti Rom di Trebisov concordano che la rivolta fu uno sbaglio. Ma i disordini hanno avuto almeno l'effetto positivo di risvegliare le autorità che, dopo la rivolta e timorose di pubblicità negativa, cominiciarono a prestare più attenzione ai problemi dei Rom.

"I saccheggi non sono stati giusti, ma sono stati il simbolo della protesta controle decisioni del governo" di tagliare i benefici sociali, dice Jozef Tancos - 50 anni e disoccupato, vive vicino all'insediamento rom - "Quell'esperienza non si ripeterà, non è servita a molto".

Immediatamente al termine dei disordini e dei saccheggi, il governo e gli stessi Rom iniziarono ad affrontare il problema dello strozzinaggio, e la polizia compì degli arresti contro gli usurai. Anche se, secondo fonti anonime, molti di loro usarono i lor contatti ad alti livelli per rimanere impuniti.

Gli sforzi della polizia sono frustrati dal fatto che spesso le vittime hanno paura e cambiano la loro versione, dice Kuhajdova. "Gli usurai sono particolarmente influenti tra i Rom" aggiunge. "Per incriminare qualcuno per usura, la polizia ha bisogno della dichiarazione della vittima".

Kuhajdova afferma che la polizia ha reagito "prontamente" alle accuse contro le bande di usurai: nel 2004 sono stati aperti 127 casi, il doppio dell'anno precedente. D'altra parte, risulta che le denunce riguardino solo un quarto del fenomeno, secondo un rapporto sui diritti umani del Dipartimento di Stato USA. L'accusa provata di usura comporta cinque anni di prigione.

Innescata o no dalle violenze, l'intervento dello stato nella Slovacchia orientale l'anno scorso è diventato più visibile. Il governo ha installato numerosi centri informativi e comunitari per i Rom. "Da un lato, la rivolta era sbagliata, ma d'altra parte è a causa sua che [il governo] ha iniziato ad interessarsi a noi", dice un residente dell'insediamento, che vuole qualificarsi solamente come Sandor.

I centri hanno lo scopo di informare la gente sui propri diritti, fornire aiuto a cercare lavoro, come affrontare i problemi legali o con le autorità. Scopo principale dei centri, però è educare. Insegnano nozioni pratiche sull'igiene personale e sulla sanità di base, informatica, lingua slovacca e straniere, arte e cultura romani. La priorità è nell'aiutare la gente a trovare lavoro o preparare alle scuole superiori. I centri sono finanziati dai programmi europei Phare per lo sviluppo regionale.

I centri affrontano pure il compito di risanamento ambientale e di migliorare le condizioni di vita negli insediamenti rom nell'area. A Trebisov, per esempio, il centro comunitario impiega 150 abitanti del posto. Lavorando sei ore al giorno, guadagnano 1.500 corone al mese. Il centro ha recentemente iniziato una campagna per il miglioramento delle condizioni di vita nell'insediamento, con la pulizia degli edifici e la rimozione della spazzatura dalle strade e dai parchi.

"Adesso è un po' meglio [del 2004] - facciamo servizio nella comunità e abbiamo un reddito," dice Jozef Badzo. "Non è molto, ma che possiamo fare? Per noi Rom qui non ci sono altri lavori."

Jozef Sivak è un giornalista che lavora a Trebisov. Modera un programma sulle tematiche rom per la televisione pubblica slovacca.

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Di Fabrizio (del 13/01/2006 @ 14:49:58, in Europa, visitato 1774 volte)
www.europa.eu.int/comm/roma

La Commissione Europea ha lanciato una propria pagina web dedicata ai Rom. Lo scopo è fornire informazioni sulle attività in EU a favore della comunità dei Rom e dei Viaggianti attraverso l'Europa.

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Il sito è rivolto a quanti siano interessati alle tematiche rom, dai singoli alle OnG o alle istanze dello stato. Gli utilizzatori potranno accedere alle informazioni sulle varie politiche, programmi ed iniziative della EU per promuovere l'inclusione sociale e combattere la discriminazione contro i Rom.

Fonte: Romano_Liloro
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Di Fabrizio (del 13/01/2006 @ 10:38:10, in Europa, visitato 2327 volte)
da Czech_Roma

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7/1/2006 L'obudsman Otakar Motejl ha richiesto nel suo rapporto finale sui casi di sterilizzazione forzata (vedi QUI ndr), che sia approvata la legge per l'indennizzo delle donne che hanno subito sterilizzazione senza consenso. La notizia è apparsa oggi su Romea.cz.

Lo stato riconoscerà il compenso alle donne la cui fertilità è stata interrotta dai medici senza loro regolare consenso, dal 1973 al 1991. Sono oltre 80, soprattutto donne Rom, che si sono rivolte all'ombudsman. Non sono ancora stati chiusi tutti i casi. Alla fine dell'anno scorso, dopo aver esaminato diversi casi controversi, Motejl disse che erano almeno 50 le donne sterilizzate nel passato in dispregio alle disposizioni di legge. Il problema è arrivato all'attenzione pubblica solo nell'autunno 2004, su segnalazione di European Roma Rights Centre (ERRC - confronta ndr). ERRC affermava che in alcuni casi mancava il consenso all'operazione e in altri il consenso era stato estorto con la minaccia di tagliare l'assistenza sociale. Motejl ricevette le prime testimonianze da alcune donne Rom della Moravia Settentrionale, nel settembre 2004. Nel 1972, la Cecoslovacchia aveva approvato una legge sulla sterilizzazione, per colmare il vuoto legislativo che c'era stato sino allora. Il rapporto afferma che dietro istruzione delle autorità, gli assistenti sociali convincevano le donne Rom a non avere più figli. Inoltre, sempre secondo il rapporto, venivano promessi ulteriori benefici sociali in cambio del consenso alla sterilizzazione. Sino al 1991, il consenso poteva valere sino a 10.000 corone (il salario medio di allora corrispondeva a circa 2.500 corone). Il pagamento di queste somme venne interrotto nel 1991. Lo stato non si è mai ritenuto parte in causa, scaricando la colpa sul personale medico. Il rapporto indica anche che aalle donne che hano denunciato questi trattamenti subiti in passato, è stato garantinto anonimato e sicurezza. La Svezia, dove in passato sono state svolte sterilizzazioni forzate, può essere di modello alla Repubblica Ceca, suggerisce il rapporto. In Svezia la legge riparatoria è passata e tra il 1999 e il 2002 lo stato ha riconosciuto 175.000 corone svedesi alle persone coinvolte.


Brno, Prague, Budapest, Ostrava, 11 gennaio 2006.

Le organizzazioni della società civile hanno accolto con favore il rapporto del Pubblico Difensore dei Diritti ("Ombudsman") sulle indagini in merito alle accuse di sterizizzazione forzata di donne Rom nella repubblica Ceca.

Il rapporto è il risultato di oltre un anno di indagini dell'Ombudsman e del suo staff, sulla base della denuncia portata da 87 donne. Nell'approfondimento dei casi, sono stati coinvolti European Roma Rights Centre (Budapest), League of Human Rights (Prague/Brno), Life Together (Ostrava) e Group of Women Harmed by Sterilisation (Ostrava). Il 23 dicembre questo gruppo di ricerca ha chiuso i lavori, che sono stati resi pubblici questa settimana.

L'Ombudsman rivolge tre richieste

  1. Cambiamento della legge, che si esprima con più chiarezza sul principio cel consenso responsabile;
  2. Misyre supplementari per un cambio culturale tra il personale medico sul consenso responsabile, d aapplicarsi universalmente;
  3. Un percorso preferenziale per le misure di indenizzo alle vittime, quando gli assistenti socili siano stati coinvolti in politiche di sterilizzazione forzata.

Le pagine da 25 a29 (circa 1/3 del rapporto completo) riguardano la "Sterilizzazione e la Comunità Rom", motivandola come discriminazione razziale. I casi esposti includono anche eventi come, ad esempio, quando dottori e assistenti sociali raccomandavano il parto cesareo, così da fabbricare "prove" per legittimare interventi di sterilizzazione.

Il testo icomprende anche un'analisi dettagliata delle politiche statali cecoslovacche verso i Rom negli anni '70 e '80, quando agli assistenti sociali veniva chiesto di controllare il tasso di natalità tra i Rom - giudicati troppo alti - e di creare un'ambiente di controllo invasivo sulle famiglie Rom, che perdura a tutt'oggi. In una sezione separata viene presentata la storia dell'eugenetica in Cecoslovacchia, come chiave evidente delle pratiche e delle politiche messe in atto.

Attualmente, il rapporto è disponibile slo in lingua ceca (formato .pdf), in seguito verrà stampata la versione in inglese. Ulteriori informazione sul sito ERRC.

Contacts:
Michaela Tomisova (legal representative of the victims): ++ 420 73 795 13 23
Kumar Vishwanathan, (Life Together): ++ 420 77 77 60 191
Jiri Kopal (League of Human Rights): ++ 420 60 87 19 535
Claude Cahn (ERRC): ++ 36 20 98 36 445

The European Roma Rights Centre (ERRC) is an international public interest law organization engaging in a range of activities aimed at combating anti-Romani racism and human rights abuse of Roma, in particular strategic litigation, international advocacy, research and policy development, and training of Romani activists. For more information about the European Roma Rights Centre, visit the ERRC website at http://www.errc.org.

European Roma Rights Centre
1386 Budapest 62
P.O. Box 906/93
Hungary
Tel.: ++ (36 1) 413 2200
Fax: ++ (36 1) 413 2201
E-mail: office@errc.org

The League of Human Rights is a non-governmental organisation providing free legal and psychological assistance to victims of gross human rights violations, in particular to members of the Roma minority, victims of domestic violence and children. Its mission is to create a future in which the Czech state actively protects the human rights of its citizenry and respects both the spirit and the letter of the international human rights conventions to which it is signatory.

League of Human Rights
Bratislavska 31
602 00 Brno
Czech Republic
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Di Daniele (del 13/01/2006 @ 10:37:08, in Kumpanija, visitato 1835 volte)
Fabrizio e Cicciosax, nonostante le promesse, quest'anno non sono passati dal GucaFestival...
Visto che la sezione foto in Mahalla è sguarnita, eccone una fatta da me in loco (le altre le trovate su Gustomania):
uno
è pieno di bimbi rom che vanno in giro come tutti a divertirsi... sono uno più bello di un'altro e simpaticissimi. ecco il motivo dello scatto. ne avevo altri tre o quattro del genere ma non li ritrovo più... anzi, adesso che ci ripenso, due di quelle che non ritrovo le regalai ad una mia amica che studia a roma...
e volendo c'è anche questa:
due
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Di Daniele (del 12/01/2006 @ 10:50:13, in Europa, visitato 2015 volte)
Hamdija superstar : - )

11.01.2006 Da Osijek, scrive Drago Hedl
E’ un Rom il vincitore del 'Grande Fratello' in Croazia. Hamdija Seferovic, 27 anni, è stato scelto dalla maggioranza degli spettatori del più popolare reality show televisivo, proprio mentre il caso Gotovina provocava un rigurgito di nazionalismo nel Paese. Ma la situazione dei Rom croati resta di grande emarginazione
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Di Fabrizio (del 12/01/2006 @ 02:35:28, in musica e parole, visitato 25516 volte)

Internet è una delle mie passioni, passo molto del mio tempo libero al computer. Cerco informazioni per me, faccio ricerche per il mio lavoro, su teatro e scrittori. Anche sui Rom, internet è uno dei pochi luoghi dove trovare notizie, senza doversi perdere nell'informazione pilotata o di parte. Detto così, sembra quasi ingenuo, ma sono convinta che internet e i blog siano ormai l'unica maniera per capire qualcosa e trovare le informazioni che altrimenti non passano ai telegiornali. Dove la trovi altrimenti la lista delle 50 persone condannate in via definitiva e sedute in Parlamento. Dove gli ultimi tagli del ministero alla scuola?

Il problema non è la troppa informazione, ma di trovare qualcosa che vada fuori dai soliti binari. Tutti vogliono subito una “verità pronta”, abbiamo poco tempo e invece il tempo serve se vuoi farti un'opinione. Meglio molta informazione che nessuna!
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Il curriculum di Dijana Pavlovic'

Così è iniziata una lunga chiacchierata con Dijana Pavlovic'. La prima domanda, rotto il ghiaccio, è stato di raccontare qualcosa di sé.

Sono nata nel 1976 a Vrnjacka Banja, un comune di 200.000 abitanti nel centro della Serbia, molto noto per le terme, a 200 km.da Belgrado. I miei genitori sono Rom, ma da generazioni vivevano con la comunità serba.

I miei nonni erano molto più legati alla cultura e alla lingua, mio nonno era maniscalco un'occupazione tradizionale tra i Rom. I miei genitori invece si erano affrancati dalla tradizione, erano andati a scuola: mia madre aveva studiato elettrotecnica, mio padre dirigeva un piccolo negozio.

Ho passato la mia prima infanzia con il comunismo, che verso i Rom era molto, come dire, “protettivo”: i principi erano quelli di fratellanza, uguaglianza, libertà, il razzismo non era tollerato, i libri erano passati dallo stato.

Io ero l'unica Romnì della scuola. Lì sono venuta a conoscenza della mia origine, quando a 7 anni una mia compagna di classe mi ha detto: “Oggi tu hai avuto il voto più alto, ma resti una zingara!”. Tornata a casa, ho quasi “torturato” i miei genitori perché mi spiegassero perché quella bambina mi avesse parlato così e mia madre mi disse: “C'è una cosa peggiore di esser zingari: essere maleducati!”

E' stata una cosa che ha deciso la mia vita. Da allora mi sono sempre imposta di essere “la più brava” in tutto. Ho poi frequentato il liceo scientifico, e mi sono diplomata che ero già iscritta all'Accademia di Arte Drammatica di Belgrado, unica Rom iscritta. Mi sono laureata.
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Come sei arrivata in Italia?

Nel frattempo, c'era stato il collasso del comunismo e il difficile passaggio alla democrazia, con la conseguente crisi economica, battaglie politiche, proteste degli studenti. Io vivevo da sola a Belgrado e la vita era sempre più difficile.

Durante un festival internazionale, ho conosciuto Claudio, il mio futuro marito, un italiano.

Era un periodo molto confuso, e nel 1999 sono venuta in Italia. Mi sono sposata qua.

Arrivata in Italia, parlavo serbo e inglese. Così l'italiano l'ho studiato qua.

Dopo 3 mesi che ero in Italia, sono iniziati i bombardamenti in Serbia. E' stato il periodo più brutto della mia vita: mio padre era al fronte e io sempre al telefono per avere notizie. Con difficoltà ho iniziato anche a lavorare in teatro.
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Come stanno i tuoi?

Tutti salvi, per fortuna. Ma il paese è distrutto, manca il lavoro. Inoltre, il razzismo che prima era sconosciuto, è esploso con violenza, soprattutto in Vojvodina, dove studia mio fratello. Lui è molto più scuro di me, e mi raccomando sempre che stia attento.
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Come sono stati i primi tempi in Italia?

Problemi: forse il fatto di essere Serba in Italia, proprio mentre la Serbia era accusata di crimini internazionali e io passavo il mio tempo al telefono con la preoccupazione per i miei sotto le bombe...

Sposando un attore, frequentando quell'ambiente, non ho mai avuto problemi di razzismo. Qualche difficoltà è subentrata dopo, continua anche adesso, quando dico che sono Rom.

Le mie radici avevo cominciato a riscoprirle in Serbia, come reazione ai miei che se ne erano dimenticati, rivendicavo l'orgoglio di essere Rom, le cose belle della mia origine.
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Regalane qualcuna ai lettori:

  • Il temperamento, l'anima, la personalità: improvvisare l'allegria anche nei momenti più tristi, questo mi aiuta molto nel lavoro (e anche nella vita);

  • vivere una situazione schizofrenica in un ambiente estraneo: integrazione totale e crisi di identità;

  • vivere le passioni: gli occidentali tendono a contenersi e a mantenere un atteggiamento di facciata. Ma anche il senso del sopravvivere, sono convinta che questo fa parte del patrimonio genetico di tutti, ma in occidente la gente è, come dire, “iperprotetta” e non ha più questo senso di sopravvivenza;

  • infine, mi piace il mio aspetto fisico, gli occhi...

Mantengo l'adattabilità classica del Rom, ma sono molto rigida nei miei principi. So di non confondere il recitare con la vita reale: a teatro usi una tecnica, hai un copione. Quando hai davanti una persona, non puoi nasconderti.
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Reciterai a Milano, con un pezzo impegnativo sulla Porrajmos.

E' un'idea che si è formata man mano, sino a coinvolgermi totalmente.

Nel 2000 ho fatto un progetto assieme a mio marito, Claudio Migliavacca: abbiamo portato in Italia una raccolta di poesie popolari e d'autore dei Rom serbi, che ho tradotto in italiano. Le abbiamo presentate nello spettacolo teatrale “Sentiero color cenere” (che poi sarebbe il colore dei Rom di Serbia). Li è cominciata anche la collaborazione col gruppo musicale dei Rhapsodija Trio.

Lo spettacolo trattava i temi fondamentali della cultura rom: i bambini, il rapporto con dio e la morte, i cavalli, il viaggio, la criminalità (perché no?), la magia...

Una volta, abbiamo invitato Maurizio Pagani e Giorgio Bezzecchi dell'Opera Nomadi di Milano, e poi ci siamo persi di vista. Ci siamo reincontrati nuovamente alla registrazione di una trasmissione televisiva. Lì, ha preso vita l'idea di “Porrajmos, voci di uno sterminio dimenticato”.

Lo scopo è raccontare la verità, farsi sentire, perché ancora nessuno ne sa niente, o addirittura c'è chi nega che sia successo. Mio marito e io abbiamo voluto correre il rischio di raccontare.

Sono due storie: quella di Barbara Richter, una bambina rom della Repubblica Ceca portata ad Auschwitz. Maurizio Pagani aveva trovato questa storia su Lacio Drom e mi aveva proposto di leggerla per vedere se andava bene.

La storia di Barbara Richter, viaggia accanto a quella di Mile, un bambino rom yugoslavo, sepolto come molti in quell'epoca, in una fossa comune. Mile l'ho incontrato e tradotto in italiano da un racconto di Miroslav Antic, che in quel periodo viveva accanto alla Mahala.

La sfida era: come affrontare un testo così difficile e pesante? Cercando di restituire anche il sentire di un bambino rom ad Auschwitz: si fissavano su alcuni giochi per evadere con la fantasia. E' stata la strada per parlare della mia cultura, della poesia: Barbara che con un mucchio di fango costruisce un pupazzo, e il pupazzo diventerà uno zingaro, che sarà un grande musicista conosciuto in tutto il mondo. Il musicista immaginario che l'aiuterà nei momenti più brutti, un pupazzo di fango nella tasca della sua divisa e le racconterà di centauri e cavalli...

Ultima cosa: E' una lettura spettacolo, dove oltre che le due storie c'è anche la parte legata alla Storia, si percorre il momento storico, anno per anno, (un po' come un documentario). Le due recite sono accompagnate da diapositive e musiche dal vivo. E non dimenticate che Giorgio Bezzecchi leggerà le poesie in lingua romanès ; - )

Dura un'ora, all'origine molto di più, ma è stato necessario procedere a molti tagli, anche dolorosi.

L'idea era di arrivare dai campi di sterminio ai campi nomadi di oggi. Vedremo se ce l'abbiamo fatta.
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La II guerra mondiale ha toccato anche la tua famiglia?

Sai che tra di noi, soprattutto tra i più anziani, c'è ancora reticenza e vergogna a parlarne (vedi gennaio 2005 ndr.). Mio nonno non ha mai voluto farlo.

So che dove vivevano allora i miei, i tedeschi giravano la notte a fucilare i Rom. C'era un dottore di un paese vicino al mio. Ancora oggi ogni anno tutti i Rom gli portano i fiori sulla tomba, perché in periodo di guerra, proprio all'ingresso della Mahala, lui scrisse un cartello in tedesco: “ATTENZIONE, C'E' LA PESTE”, salvando la vita agli abitanti
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Sei anche mediatrice culturale.

E' capitato durante le prove di teatro. C'era l'opportunità di lavorare nella scuola.

Sto con i bambini in classe, anche se il ruolo non mi è ancora del tutto chiaro. Devo coinvolgere tutti, sia nello studio che nella ricreazione. Mi piacerebbe fare un laboratorio teatrale, ma è prematuro, incombono le esigenze primarie: studiare e la frequenza.
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Ti è mai capitato di trasmettere quel tuo sentimento di quando eri bambina: dimostrare sempre che eri più capace e più determinata?

Vedi, già allora me lo ero imposto, e non lo rinnego. Ma questa scelta mi ha comportato anche un prezzo alto da pagare, e oggi non mi sento di dare la stessa responsabilità ai bambini che si trovano in quella situazione.

La situazione in Italia è terribile per loro e c'è bisogno di investire, sui bambini e sull'istruzione. Una via bisogna trovarla: Rom, Italiani, chi può.
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Per finire, lo spettacolo sulla Porrajmos sarà presentato anche in altre città?

Questo, bisognerà chiederlo a Pagani. Io voglio “portarlo” al 24 gennaio come si deve. E non è facile, perché l'ho vissuta molto questa recita, come una parte di me, che va oltre il momento storico.
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Martedì 24 gennaio 2006 - ore 21.00

SALA DI VITTORIO – CAMERA DEL LAVORO di MILANO – corso di Porta Vittoria 43

PORRAJMOS
lettura spettacolo
voci da uno sterminio dimenticato
Rom e Sinti nell'Europa della 2° guerra mondiale

Con
Dijana Pavlovic' e Claudio V. Migliavacca


MUSICHE ESEGUITE DAL VIVO DA
RAHPSODIJA TRIO
Muarizio Deho', violino
Luigi Maione, chitarra
Giampietro Marrazza, fisarmonica


Con la partecipazione di Giorgio Bezzecchi, Naum Jovanovic e Daniela Di Rocco

Un progetto di MaurizioPagani

Elaborazione video
Itsos “Albe Steiner” sezione cine tv:
Simone Ferrari, Luca Lossani, Desiré Ieva

Luci e tecnica – Lele Cascione

Testi & Regia: Dijana Pavlovic' – Claudio V. Migliavacca

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Di Fabrizio (del 12/01/2006 @ 00:57:48, in Italia, visitato 2294 volte)
Da: Agenzia SIR

9 GENNAIO 2006, 18:03 - ZINGARI: PARTITO DA LECCE IL TRENO DELLA MEMORIA, PER NON DIMENTICARE IL MASSACRO NAZISTA DEI ROM

 
 
Un treno per non dimenticare gli zingari. E’ partito ieri sera dalla stazione ferroviaria di Lecce, quello che può essere definito, “il treno della memoria”, promosso dall’Associazione comunità straniere in Italia e dalla regione Puglia che vogliono così ricordare la deportazione e lo sterminio del popolo Rom durante il nazismo ed anche in epoche più recenti. Il treno che nelle prossime settimane toccherà le stazioni di Brindisi, Taranto, Bari e Foggia, ha al suo interno una mostra fotografica che ripercorre le fasi della deportazione degli ebrei e degli zingari, quest’ultimi nei Zigeunerlager (campo degli zingari). “Non vogliamo dimenticare – dice al Sir il presidente dell’associazione comunità straniere in Italia, il tunisino Habib  Sghaier - che a fianco di milioni di ebrei furono eliminati anche migliaia di zingari colpevoli solo della loro diversità e di non voler uniformarsi ai valori dominanti. La deportazione nei campi di concentramento nazisti e le eliminazioni di massa nelle camere a gas sono il culmine di una storia secolare persecuzioni, espulsioni ed internamenti che hanno accompagnato il popolo Rom dal suo arrivo in Europa, agli inizi del ‘400”. “In Italia – spiega ancora Sghaier - esistevano due campi di concentramento per gli zingari: a Agnone e a Bojano. Si trattava prevalentemente di zingari slavi, che erano fuggiti in Italia nel 1941 per salvarsi dai nazisti che avevano occupato la Croazia. A Bojano gli zingari furono internati nei capannoni dell'ex-tabacchificio. Ad Agnone, nel Convento di San Bernardino, furono internati circa 150 zingari slavi. Molti di loro riuscirono a scappare: alcuni di loro si unirono alle bande partigiane. Ancora oggi, purtroppo, la situazione è molto grave. La questione zingari – conclude - è sempre affrontata come questione sociale, prima che questione etnica. La negazione dell'identità del popolo Rom porta con sé la degradazione della cultura zingara a sottocultura marginale a cui viene negata ogni dignità, la riduzione della lingua, il Romanès, a gergo, la lettura delle strutture sociali, educative, economiche come prodotti dell'emarginazione e del disagio”.
 
 
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Di Fabrizio (del 11/01/2006 @ 18:07:38, in musica e parole, visitato 1922 volte)

Il cuore rallenta la testa cammina
in quel pozzo di piscio e cemento
a quel campo strappato dal vento
a forza di essere vento

porto il nome di tutti i battesimi
ogni nome il sigillo di un lasciapassare
per un guado una terra una nuvola un canto
un diamante nascosto nel pane

per un solo dolcissimo umore del sangue
per la stessa ragione del viaggio viaggiare
Il cuore rallenta e la testa cammina
in un buio di giostre in disuso

qualche rom si è fermato italiano
come un rame a imbrunire su un muro
saper leggere il libro del mondo
con parole cangianti e nessuna scrittura

nei sentieri costretti in un palmo di mano
i segreti che fanno paura
finchè un uomo ti incontra e non si riconosce
e ogni terra si accende e si arrende la pace

i figli cadevano dal calendario
Yugoslavia Polonia Ungheria
i soldati prendevano tutti
e tutti buttavano via

e poi Mirka a San Giorgio di maggio
tra le fiamme dei fiori a ridere a bere
e un sollievo di lacrime a invadere gli occhi
e dagli occhi cadere

ora alzatevi spose bambine
che è venuto il tempo di andare
con le vene celesti dei polsi
anche oggi si va a caritare

e se questo vuol dire rubare
questo filo di pane tra miseria e sfortuna
allo specchio di questa kampina
ai miei occhi limpidi come un addio

lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca
il punto di vista di Dio

Cvava sero po tute
i kerava
jek sano ot mori
i taha jek jak kon kasta
               Poserò la testa sulla tua spalla
                   e farò
                   un sogno di mare
                   e domani un fuoco di legna

vasu ti baro nebo
avi ker
kon ovla so mutavia
kon ovla
               perché l'aria azzurra
                   diventi casa
                   chi sarà a raccontare
                   chi sarà

ovla kon ascovi
me gava palan ladi
me gava
palan bura ot croiuti
               sarà chi rimane
                  io seguirò questo migrare
                  seguirò
                  questa corrente di ali
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Di Daniele (del 11/01/2006 @ 16:25:34, in conflitti, visitato 2104 volte)
9 gennaio 2006

Aggiornamenti sulla vicenda del campo Rom contaminato in Kosovo-Metohija (Serbia e Montenegro), arrivano da Reuters AlertNet e dal Times di Londra.
Le circa 125 famiglie Rom rifiutano di lasciare il campo contaminato da piombo dove vivono da sei anni. Secondo Skender Gushani, un rappresentante della comunità, il sito dove dovrebbero collocarsi temporaneamente, prima della ricostruzione delle loro case, è a soli trenta metri da dove vivono. Bensì , loro vorrebbero tornare nelle loro case a Pristina e a Kosovska Mitrovica, dove vivevano sei anni fa, quando i terroristi albanesi kosovari hanno raso al suolo le loro case.
I rappresentanti delle comunità Rom dicono che accettando un'altra soluzione temporanea, significherebbe solo altri ulteriori ritardi per il ritorno alle loro case originarie."Ci siamo mossi abbastanza da un campo all'altro", dice Elizabeta Bajrami, "le Nazioni Unite dicono che rimarremo lì solo per sei mesi, ma noi non ci crediamo".
Nel Kosovo-Metohija, dall'entrata delle Nazioni Unite (giugno 1999), i terroristi albanesi kosovari hanno distrutto più di 7000 abitazioni di famiglie Rom, additandoli come collaboratori dei Serbi.La burocrazia e la generale inerzia delle Nazioni Unite e dell' O.N.U. nel Kosovo, hanno rallentato il piano di ricostruzione, ora appena iniziato.
Purtroppo le trattative rimangono sospese.
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Di Fabrizio (del 11/01/2006 @ 15:43:02, in Italia, visitato 1673 volte)

Cambia l'Italia, cambia anche l'approccio tra le comunità

stati


Conferenza stampa di presentazione


Mercoledì 11 gennaio 2006 alle ore 11, presso la Sala Parlamentino della camera del Commercio di Milano, Otto Bitjoka, in qualità di presidente della fondazione Ethnoland, [ha presentato] gli Stati Generali degli immigrati, un progetto volto a rendere visibile il concetto di immigrato come risorsa sociale e come vantaggio per l'intera comunità cittadina.

Alcuni concetti dalla presentazione di Otto Bitjoka: Ci siamo e non siamo gli unici. Per l'Italia di oggi, valgono quelle poche parole di De Gaulle agli immigrati di allora: “Vi ho capiti”.

Per noi è arrivato il momento di non chiedere cosa può fare l'Italia per noi, ma viceversa cosa faremo noi per l'Italia. Come immigrati che i valori cittadini li hanno assimilati e condivisi. C'è una considerazione che abbiamo in comune, noi immigrati e i cittadini italiani, come si dice nel mio paese: “Se non sai dove vai, devi sapere da dove vieni”.

Perché una considerazione comune? Sono in Italia da 30 anni, e ho vissuto i cambiamenti di questa città: c'erano le tute blu, le tute rosse dell'Alfa, questa è la Milano di quando sono arrivato e che molti ricordano. Ma oggi è una città diversa: le industrie hanno iniziato a scomparire negli anni '80, e con gli anni '90 anche la New Economy si è fermata. Come proseguire, se non sapendo ALMENO da dove veniamo.

Dicevo, siamo in Italia da 30 anni. Non possiamo permettere ancora che qualcuno parli per conto nostro. Non dobbiamo dimostrare altrimenti di essere parte di questa città, dove siamo alla seconda, terza generazione. Sono i dati che lo dimostrano:

il 14% della popolazione è immigrata

ma nelle superiori il 19% degli studenti sono immigrati o figli di immigrati.

E Milano, l'Italia hanno bisogno di noi, per non finire come l'impero romano. Tutti dobbiamo passare attraverso la contaminazione.

L'integrazione avviene nei fatti e nel quotidiano. 20.000 imprese gestite da immigrati ne sono il risultato.


Il blog degli Stati Generali


Alcuni concetti dalla presentazione di Piero Bassetti: Già negli anni '50 e '60 a Milano c'era un assessorato all'immigrazione. Il problema dell'immigrazione di allora non era la pelle, ma la cultura. Non c'era la “via di fuga” della diversità. Anche gli immigrati votavamo e per lo stato tutti erano uguali, con tutto ciò di buono o cattivo che questo concetto comportava.

Le soluzioni nacquero qui, piuttosto che in altre città. Il problema, anche allora, non si limitava all'accettazione, ma prefigurava l'integrazione, a tutti i livelli, compreso quello della classe dirigente.. Un esercizio pieno della cittadinanza.

Oggi i problemi non sono uguali, ma simili. E la crisi che si vive in città, ha echi dovunque. E' andato in crisi il concetto di multiculturalismo, di Melting Pot all'americana. Per resuscitarli, dovremmo avere tutti il coraggio di dichiarare la volontà, come avevano i pionieri americani, di costruire una società nuova. E di andare contro tutte quelle realtà che per forza di cose si pongono per la conservazione, anche tra gli immigrati stessi.

Non neghiamolo: a Milano l'integrazione degli immigrati meridionali fu mediazione, avvenne perché c'erano i partiti di massa, e oggi non ci sono più. E non vedo chi possa prenderne il posto.

I media, avrebbero questa possibilità, ma lavorano contro l'emigrazione: non solo per il razzismo visibile e percepibile, ma anche non contribuendo al dibattito, non offrendo copertura alcuna a realtà come queste, che non esprimono solo problemi e disperazione – ma proposte e voglia di contribuire – e che sono maggioritarie.

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