Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Sucar Drom (del 14/02/2013 @ 09:07:50, in blog, visitato 1260 volte)

Mantova, le borse di studio per studenti sinti e rom
L'Associazione Sucar Drom, organizzazione a tutela delle lingue sinte e rom e delle culture sinte e romanés, ha ottenuto un finanziamento dalla Fondazione Marcegaglia Onlus, dalla Fondazione Cariplo e dalla Caritas Diocesana di Mantova pe...

Auschwitz, Il Giorno della Memoria 2013
Muj sukko' kia' kalé vust surdé; kwit. Jilo' cindo' bi dox, bi lav nikt rubvé
Faccia incavata occhi oscurati labbra fredde; silenzio. Cuore strappato senza fiato, senza parole, nessun pianto.
Santino Spinelli poeta rom italiano...

Mantova, l'intervento sul Porrajmos di Ian Hancock
Il 27 gennaio 2013 era stato invitato a Mantova il prof. Ian Hancock dell'Università del Texas che doveva tenere la prolusione ufficiale sul Porrajmos durante il Consiglio comunale di Mantova e il Consiglio provinciale di Mantova al Teatro Bibiena. Purtroppo il prof. Hancock non è potuto essere con noi per un malore...

Ceija Stojka, scomparsa una delle ultime sopravvissute ad Auschwitz-Birkenau
E' venuta a mancare nella notte tra il 28 e il 29 gennaio Ceija Stojka, scrittrice e artista rom sopravvissuta al Porrajmos (BBC, Indipendent, Adnkronos)...

Mantova, consegnate le borse di studio ai migliori studenti di lingua sinta e romanés
Nove studenti di lingua sinta e romanès, alunni delle scuole elementari e medie della provincia di Mantova, hanno ricevuto venerdì scorso, nell'ambito del progetto Men sinti, altrettante borse di stud...

Togliamo la parola "razza" dalla Costituzione italiana
Hollande l'aveva promesso ai francesi in campagna elettorale e da qualche giorno la Francia ha iniziato il percorso costituzionale che porterà all'eliminazione della parola "razza"dalla Costituzione. Parlare di "razza" nel 2013 sembrerà strano...

ONU, messaggio del Segretario Generale in Occasione della Giornata di Commemorazione delle Vittime dell'Olocausto
Durante la Seconda Guerra Mondiale, milioni di persone che non corrispondevano all'ideale propugnato dall'ideologia perversa di Adolf Hitler sulla perfezione della razza ariana - ebrei, rom e sinti, omosessuali, comunisti, persone con malattie mentali e altri - furono sistematicamente...

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Di Marylise Veillon (del 13/02/2013 @ 09:05:16, in Europa, visitato 1489 volte)

Midi Libre La Roulotte, per creare dei legami con gli tzigani.
Sébastien Guerdner sa anche mostrare fermezza con gli tzigani. (D.R)

Sébastien Guerdner, proveniente da una famiglia di viaggianti, ha fondato sette mesi fa, l'associazione "La Roulotte della solidarietà tzigana", la quale è un legame tra viaggianti e amministrazioni, associazioni, assistenti sociali, imprese, agenzie di credito...

Già "casco blu" in Bosnia, e una fedina penale pulita, a 37 anni, Sébastien Guerdner non risponde all'immagine di "ladro di galline" incollata alla comunità tzigana. Eppure, suo cugino altro non è che un uomo abbattuto da un gendarme nel 2008, a Draguignan.

Sébastien Guerdner non nega la criminalità esistente tra gli tzigani. "E' il caso in tutte le comunità, soprattutto quando le condizioni di vita diventano difficili".

Vuole però fare arrivare alle collettività e alla popolazione, le parole di coloro i quali tentano di vivere, a modo loro, ma nella legalità e nel rispetto degli uomini e dei territori che attraversano.

A casa di Sébastien Guerdner, "nessun orgoglio malriposto dei Gitani"
Proveniente da viaggianti, da una famiglia rispettata, l'uomo suscita meno diffidenza nei campi. Maggiormente abituato ad avere a che fare con le amministrazioni, non si lascia trascinare dal "orgoglio mal riposto dei Gitani".
Sette mesi fa, ha quindi fondato a Béziers, l'associazione "La Roulotte della solidarietà tzigana", in uno spirito di mediazione e tolleranza. Perché "il timore è presente da tutti e due i lati", afferma Sébastien Guerdner.
Vuole essere un legame tra gli aiuti esistenti a traverso associazioni, assistenti sociali, creazione d'imprese, persino l'accesso al credito.
In effetti, i due mondi non si costeggiano. "Eppure, la Francia è il paese che offre maggiormente agli tzigani".

"Molti gitani vogliono votare, ma pensano che ciò è loro vietato"
Ultimamente, si è occupato di una signora anziana di 77 anni, in causa con il comune di Pia. Ha venduto la sua roulotte per pagare il suo avocato, allorché poteva accedere al gratuito patrocinio.
"Ex giostraia, è una vita intera di lavoro che ha perduto, perché non era in grado di mettere insieme una serie di documenti amministrativi". In poche parole, "molti zigani vogliono votare, ma spesso pensano che ciò è loro vietato", afferma Sébastien Guerdner.
"Andare dall'assistente sociale, non fa parte della mentalità. Non credono di averne diritto. E quando la famiglia ha fame, effettivamente, si farà di tutto per mettere del latte nel frigo. Quindi rubare …"
Per esempio, se numerosi viaggianti guidano senza patente - suo cugino è stato arrestato sette volte per questo motivo - è perché spesso, non sanno come passare l'esame.
Questo può essere dovuto a un problema economico o difficoltà a leggere e scrivere, il che non permette di avvicinarsi al codice della strada.

L'associazione incoraggia la scolarizzazione dei bambini
Queste lacune scolari preoccupano Sébastien Guerdner. Anche se lui preferisce che i bambini siano educati nelle scuole pubbliche "per imparare a conoscersi", l'associazione incoraggia la scolarizzazione permanente.
Perfino nei confronti della "tradizione del bambino re". Del resto, a Brignoles nel Var, con il "Soccorso popolare di Béziers", la Roulotte ha offerto un computer, libri e giochi per un campo d'accoglienza.
Hanno anche trovato dei professori volontari, i quali garantiranno delle lezioni ai 40 alunni, troppo numerosi per essere ammessi a scuola.
L'associazione si occupa anche di prevenzione. "La pillola contraccettiva, le malattie sessualmente trasmissibili o l'aiuto psicologico, sono tabù, quando sappiamo che, secondo la tradizione, perfino un medico non può toccare una donna". Del resto, è sua cugina che parla con le donne.
La Roulotte agisce anche con fermezza nei confronti dei tzigani. "Quando ci si impegna presso delle collettività o dei proprietari, bisogna che i viaggianti rispettino la parola data, i luoghi, e la gente".
Sébastien Guerdner porta avanti anche una lotta contro la discriminazione nei confronti dei viaggianti.
"Non bisogna stigmatizzare le differenze tra rom, rumeni o altri. Non si può pretendere di essere rispettati dalle persone all'esterno, se non ci rispettiamo innanzitutto tra noi".

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Di Martina Zuliani (del 12/02/2013 @ 09:04:47, in Europa, visitato 1448 volte)

Da Siol.net (con questa traduzione, Martina Zuliani inizia la collaborazione con Mahalla. BENVENUTA!)

Milena Tudija, presidentessa dell'associazione rom Romano Veseli

La cultura rom si perde in quella della popolazione maggioritaria
"Le romnia non cuciono e non indossano più gonne lunghe disegnate e grembiuli, caratteristiche in passato, ma preferiscono le tute."

Questo è quello che si è sentito durante la prima serata musicale e letteraria al Centro Culturale Janez Trdina, organizzata dall'associazione rom Romano Veseli, dalla bocca di Šarenka Hudorovac di Kerinov Grm, presidentessa dell'associazone rom Mosto e autrice di brevi documentari sui rom.

La vita di ogni giorno non è più rom
L'associazione rom Romano Veseli ha voluto avvertire, tramite le serate letterarie, che la cultura rom si sta perdendo sempre più dentro quella maggioritaria. La lingua romanes, secondo le parole della rappresentante rom di Novo Mesto Dušica Balažek, si sta perdendo. "Già da qualche anno stiamo notando che la cultura rom si impoverisce. I giovani d'oggi non vogliono più portare gli abiti che indossavano i rom di un tempo. Penso che sia l'effetto ritardato della socializzazione e dell'integrazione con la popolazione maggioritaria. Gli influssi sono più forti perché l'abbigliamento e il modo di vivere di ogni giorno non sono più rom come invece era anni fa. Vorrei che la lingua romanes si conservasse in qualche modo."

La signora Balažek ha già proposto che in uno dei villaggi rom locali si costruisca un paese rom organizzato che possa essere destinazione turistica dove mostrare la vita dei rom.

La presidentessa dell'associazione rom Romano Mosto Šarenka Hudorovac, la rappresentante rom di Novo Mesto Dušica Balažek, la presidentessa dell'associazione rom Romano veseli Milena Tudija, la professoressa in pensione Ana M. Kozlevčar

Per i rom l'istruzione è importante
La presidentessa dell'associazione rom Romano Veseli Milena Tudija ha dichiarato che la sua organizzazione ha redatto 18 articoli su questa tematica. Alla nostra domanda e se i rom rimanessero come quando fumavano molto, bevevano molto caffè e facevano molti figli, lei ha risposto che i tempi cambiano e che ora è importante che i rom frequentino la scuola.

Insegnante pensionata per lezioni bilingui
L'insegnante in pensione Ana Marija Kozlevčar, conosciuta per aver redatto un dizionario sloveno-romanes, ha detto che la cultura rom deve conservarsi e per far ciò si deve conservare la lingua romanes. Ha affermato: "Penso che sia raccomandabile che i bambini rom frequentino lezioni bilingui nei primi tre anni della scuola primaria oppure altre integrazioni scolastiche che non siano a carico degli insegnanti che non sanno il romanes."

La prima di cinque serate letterarie si è tenuta nel giorno internazionale della lingua romanes, il 5 novembre. I presenti hanno recitato soprattutto poesie del poeta rom Rajko Šajnovic e della poetessa rom Jelenka Kovačič.

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08 febbraio 2013 - Presentato il rapporto "In the Sun": sono 800 secondo le cifre ufficiali, ma secondo lo studio sarebbero decine di migliaia.

Il numero degli apolidi in Italia è incerto e sottostimato. Secondo le statistiche ufficiali sarebbero appena 800, ma potrebbero essere in realtà decine di migliaia. E' quanto emerso in occasione della presentazione del rapporto finale del progetto In the Sun (Alla luce del sole), realizzato dal Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) con la collaborazione di Opera Nomadi e Federazione Rom e Sinti insieme e con il supporto di Open Society Foundations.

La ricerca è stata condotta su tre città campione: Roma, Napoli e Milano, attraverso un questionario somministrato in alcune comunità Rom. Su 239 intervistati, ben 139 sono risultati senza alcuna cittadinanza. Tra questi ultimi, 105 hanno intenzione di chiedere la cittadinanza, mentre solo 23 hanno dichiarato di voler intraprendere il procedimento per il riconoscimento dello status di apolide e solo 6 lo hanno effettivamente intrapreso.

Il gruppo maggiore di persone apolidi di origine Rom in Italia sembra essere costituito dalle comunità giunte negli anni Novanta a causa della guerra e della dissoluzione della ex Jugoslavia. Questi apolidi "di fatto", anche quando chiedono di ottenere la certificazione ufficiale dello status di apolidi, si trovano in una situazione paradossale. La via amministrativa, attraverso il Ministero dell'interno, è troppo "esigente", perché si chiedono documenti come la residenza che queste persone non possono avere, anche se vivono da generazioni in Italia. L'altra via è quella di ricorrere al giudice, ma in questo caso la normativa e i procedimenti sono incerti e quindi passano tanti anni prima di vedersi riconosciuto lo status di apolide.

(Red.)

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Di Fabrizio (del 10/02/2013 @ 09:04:36, in casa, visitato 1504 volte)

Dire, fare, baciare. Luoghi di sconfinamento Per gli zingari Sinti un moderno lager oltre la tangenziale - da Pavia, Giovanni Giovannetti

La Giunta cattoleghista Cattaneo vuole deportare i pavesi zingari Sinti in un campo oltre la tangenziale, contiguo al canile. L'attuale allocazione di piazzale Europa andrà "liberata" per consegnarla agli appetiti di faccendieri e immobiliaristi, ma sul fronte dell'opposizione comunale non aspettatevi barricate da parte del Partito democratico. E si capisce il motivo.

Assessori e dirigenti comunali pavesi in missione a Bruxelles. Obbiettivo: trovare i fondi necessari al piano di deportazione degli zingari Sinti pavesi verso Cura Carpignano, oltre la tangenziale, vista canile, nel villaggio "le corti": come riferisce l'assessore ai Servizi sociali Sandro Assanelli al quotidiano locale, "nel villaggio che abbiamo immaginato ogni famiglia avrà il proprio stallo, con servizi igienici, docce, allacciamento con l'energia elettrica e tutti i servizi necessari. Č previsto, poi, uno spazio comune che potrà essere utilizzato per vari scopi, come le funzioni religiose o momenti di aggregazione tra i bambini. Infine, vorremmo aggiungere degli orti a corona del villaggio, in modo che i residenti possano coltivarli". Insomma, un moderno campo di concentramento, purché i Sinti si tolgano da dove sono ora.
Attualmente, circa 450 zingari Sinti - cittadini pavesi e stanziali da più generazioni - bivaccano nel lager di via Bramante o più comodamente nel campo di piazzale Europa, ai margini del centro storico. Ora il sindaco amico degli amici - amici molto interessati all'area di piazzale Europa, urbanisticamente assai appetibile - e l'assessore ciellino hanno fretta di arrivare a soluzione: quella finale.
Come si ricorderà, sul pavese piazzale Europa si era già soffermato il milanese Dipartimento distrettuale antimafia nel corso dell'inchiesta Infinito, là dove Carlo Chiriaco - poi condannato in primo grado a 13 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa - fantasticava una cittadella tra l'idroscalo e il gasometro, con il conforto di 15-20 milioni in fondi europei ("tu prova a immaginare: il gasometro che diventa, sostanzialmente, un parcheggio a più piani. Recuperi la piscina per eventi che non sono solo sportivi ma mondani. [...] La spesa prevista sono 12-15 milioni di euro, che non cacceresti tu come Comune; li caccia la Comunità europea". Intercettato, Chiriaco racconta anche di "provvigioni" del 20 per cento da destinare all'assessore comunale al Commercio Pietro Trivi (Pdl) e al presidente della Commissione comunale Territorio, il calabrese Dante Labate (ex An) eletto, scrivono gli investigatori, "anche grazie ai voti portati da Pino Neri" (Neri è considerato il "reggente" della ‘Ndrangheta in Lombardia: una condanna a 9 anni per narcotraffico, nuovamente condannato in primo grado il 6 dicembre 2012 a 18 anni di carcere per associazione mafiosa). Nel 2003 Labate è stato socio dell'Immobiliare Vittoria, condivisa con Antonio Dieni (braccio "politico" di Neri) e Teresa e Graziella Aloi, rispettivamente cognata e moglie di Pino Neri.
E allora si deportino i Sinti oltre la tangenziale. Sempre meglio, ironizzano a destra, della soluzione avanzata il 28 agosto 2009 sulla "Provincia Pavese" dal cattolicissimo ex consigliere comunale di centrosinistra Enrico Beltramelli: un grande campo sotto le carceri di San Gallo, così le guardie potranno tenerli d'occhio, in quella zona "sufficientemente distante da agglomerati abitati da cittadini" (cittadini? I Sinti pavesi cosa sono se non cittadini pavesi?) Insomma, un capiente campo di concentramento in grado di ospitare "gruppi di etnie diverse in zone separate con ingressi separati che limitino i contatti tra chi a contatto non vuole stare". Manca solo la scritta all'ingresso: la scelta potrebbe cadere su "Arbeit macht frei".
Dunque, non aspettiamoci le barricate in Consiglio comunale da parte del Partito democratico (al governo cittadino per 14 anni senza mai sfiorare la questione, scarsamente "popolare"), poiché a Pavia il razzismo "di sinistra" è un po' come la mafia: non esiste.
E si capisce. A Pavia nel 2007 (e non a Berlino nel 1934) un sindaco donna e di sinistra (e non della Lega nord), di professione dirigente scolastico e futuro membro della Commissione etica del Partito democratico (e non del Ku Klux Klan) ha impedito l'accesso alla scuola a decine di bambini rumeni di etnia Rom precariamente dimorati all'ex Snia poiché sarebbe stato "un incentivo per le famiglie a radicarsi sul territorio",(da una Relazione del Comitato Fuoriluogo, 28 febbraio 2007) disdegnando così la Costituzione, i diritti universali dei minori e il buon senso. E ancora, parlando di sé in terza persona: "Fosse per il sindaco di Pavia, i Rom li avrebbe messi sopra un treno e mandati via". Anche per questo sindaco un popolo di troppo si stava aggirando per l'Europa. Anche a sinistra c'è stato chi sconsideratamente ha alluso a "deportazioni" finali per gli "scarti umani", radicando in questi immigrati la convinzione che la crescita sociale da noi si ottiene solamente con la pratica dell'arbitrio e della violenza.
Il sindaco Capitelli di centrosinistra era sostenuto politicamente da buona parte della sua stessa maggioranza: dal vicesindaco Ettore Filippi ("I Rom non esistono") all'assessore ai Servizi sociali Francesco Brendolise ("l'esperienza dimostra che prima delle ruspe spariscono tutti"). Proseguendo nel sommario elenco di sinistre citazioni: 29 novembre 2006. Lettera del dirigente del settore socio assistenziale Carla Galessi a Marisa Camola (Ufficio integrazione sociale): …"In relazione alla situazione delle famiglie rumene situate presso l'Area ex Snia si comunica che a far tempo dalla data odierna la S.V. Non è autorizzata ad avere contatti diretti con le famiglie presenti presso tale struttura"
Dal verbale della Commissione consiliare Servizi sociali, 28 febbraio 2007: "…La dott.ssa Galessi dichiara di aver disposto nell'autunno 2006 agli assistenti sociali e al personale dell'assessorato di non recarsi più alla Snia".
Da una informativa dei volontari di "Fuoriluogo" alla Commissione consiliare Servizi sociali (28 febbraio 2007): "Riteniamo che sarebbe sufficiente, nell'immediato, ritirare l'improvvido e sbagliatissimo provvedimento di divieto alle assistenti sociali di occuparsi del problema Snia nella speranza di ritornare, a breve, ad una situazione in cui un livello minimo di decenza e legalità erano garantiti […] a proposito di collaborazione ci permettiamo anche di mettervi a conoscenza del fatto che anche di recente il personale dei Servizi sociali, che doveva convocare una ragazza, madre di due bambini, per discutere di un suo eventuale inserimento in comunità protetta, si è visto costretto a chiedere a noi di contattarla stante il divieto assoluto per loro di recarsi alla Snia (luogo dove è tornata ad abitare con i due figli piccoli dopo essere stata allontanata da Fossarmato) […] Dalla stessa istituzione, seppur da persone diverse, ci viene prima l'invito a non recarsi più alla Snia, poi ad andarci per contattare una persona che altimenti il comune non saprebbe come individuare…".
Ancora dall'informativa dei volontari di "Fuoriluogo" alla Commissione consiliare Servizi sociali (28 febbraio 2007): "… Il sindaco ha detto che nessuno di questi bambini verrà prossimamente inserito nelle scuole per il timore che questo costituisca "un incentivo per le famiglie a radicarsi sul territorio".
Ancora dal Verbale della Commissione consiliare Servizi sociali: "La dott.ssa Galessi informa che se l'amministrazione interviene sui bambini ci saranno nuovi arrivi".
Di nuovo dal verbale della Commissione consiliare Servizi sociali: secondo l'assessore ai Servizi sociali Francesco Brendolise l'area Snia "presenta problemi particolari, in quanto circondata da criminalità, con smercio di droga" e "persone che lavorano in nero, Rom già pregiudicati per reati vari, anche verso minori, è inoltre visibile il fenomeno della prostituzione". Secondo la Questura, solo 8 di loro hanno precedenti penali per reati contro il patrimonio, il 7 per cento del totale. In Comune 2 assessori dell'epoca su 11 sono stati ospiti delle patrie galere: il 18 per cento.
Tra i pretoriani del sindaco Capitelli riscontriamo il consigliere Fabio Castagna. Diventato capogruppo, il 31 gennaio scorso, sei anni dopo (e non sei giorni dopo), tornando sull'emergenza all'ex Snia il consigliere del Partito democratico così scrive in "Politica a Pavia": "lo rifarei", e prosegue: "faccio presente che nel quartiere di Pavia Est ci siamo dovuti pure sorbire una manifestazione di Forza Nuova che stava facendo proseliti tra cittadini". Per contrastare il presunto espansionismo di Forza Nuova nel quartiere hanno così pensato di emularli, rivendicando - e sdoganando - "da sinistra" il razzismo e la xenofobia. Come era prevedibile, quelli di Forza Nuova hanno inoltrato le loro congratulazioni, poiché i Democratici di sinistra "finalmente hanno preso le nostre posizioni" (agosto 2007).
Per derubricare l'altro a nemico servono uno sguardo deumanizzante (così da negare i tratti costitutivi dell'umano, direbbe Chiara Volpato) e la creazione del "falso conflitto": noi-loro (o noi o loro), ovvero la menzogna della conflittualità che vede l'altro relegato a non-umano alieno e inanimato, tanto da legittimare il peggiore arbitrio: ieri con zingari, omosessuali e soprattutto ebrei. Oggi con ebrei, omosessuali e soprattutto zingari.
Tornando all'ex Snia, abbiamo visto che gli stessi pubblici amministratori - o criminalizzatori - "di sinistra" intenti a invocare l'ordine e la sicurezza in realtà volevano coprire i privatissimi interessi di un immobiliarista d'area. Uno scopo odioso, così come la strumentalizzazione della paura del diverso, fiancheggiata da mesi di irresponsabile tambureggiamento mediatico: un'emergenza umanitaria spacciata per un problema di ordine pubblico (secondo il sindaco di centrosinistra, "nell'area non esiste un'emergenza igienico-sanitaria, ma solo un problema di sicurezza"), la via intrapresa per far digerire all'opinione pubblica l'illecita distruzione di una fabbrica monumentale.
Dopo il cambio di latitudine politica, a Pavia la musica non è cambiata: nel settembre 2009 il nuovo sindaco di centrodestra - da poco eletto con il contributo di Pino Neri, il capo della'Ndrangheta lombarda - sgombera "al buio" 17 Rom rumeni dall'area Necchi. "Al buio", cioè senza prevedere alcuna successiva sistemazione d'emergenza: undici adulti e sei bambini hanno così dovuto bivaccare sotto un ponte. Motivo: "S'impone il ripristino della legalità". I minori fino al giorno prima ogni mattina andavano a scuola. Il padre poteva esibire un regolare contratto di lavoro, al quale ha dovuto rinunciare per stare vicino alla sua famiglia in mezzo a una strada. Lui - che pure sarebbe stato in grado di pagare un affitto - dai locatori pavesi si era sentito rispondere: "Albanesi e marocchini sì, rumeni no"; e somiglia tanto a quel sinistro "vietato l'ingresso ai cani e agli italiani" o all'analogo "non si affitta ai meridionali" di cui si parla nei libri di storia, quando i rumeni eravamo noi.
Sempre in tema di "regole" e di "legalità", l'11 maggio 2010 il Tribunale di Pavia ha accolto il ricorso di Radu Romeo, cittadino rumeno accusato dal sindaco di non essere "immune da precedenti penali e di polizia", di condurre "un tenore di vita non idoneo alla sua situazione" e di non essere "integrato nella società italiana"; dunque, recita un'informativa comunale, "si sospetta che il suddetto possa trarre il proprio sostentamento da attività illecite". Nelle motivazioni del Giudice di pace si legge l'esatto contrario: che Romeo è un "lavoratore autonomo integrato nel tessuto socio economico del Paese, dispone per se stesso e per i propri famigliari di risorse economiche sufficienti per la conduzione di un'esistenza dignitosa, non è un onere a carico dell'assistenza sociale [...] e non rappresenta un pericolo per la società". Sono motivi sufficienti per annullare il provvedimento prefettizio, emesso il 12 novembre 2009, dodici giorni prima che Radu - in forza di quella cartastraccia - venisse cacciato per ordine comunale da un centro di accoglienza insieme a moglie e figli.
Non era la prima volta. Il quotidiano "La Provincia Pavese" di venerdì 11 settembre 2009, in prima pagina aveva dato risalto alla notizia di casi di pedofilia tra i minori di etnia Rom ospiti della struttura comunale di via San Carlo. Testualmente, il sindaco ha riferito di "informative dalle quali risultano casi di prostituzione minorile e altri episodi illeciti" esercitati all'interno della struttura comunale.
Si riveleranno tutte bugie, costruite ad arte dal sindaco menzognero per legittimare lo sgombero, il 24 novembre 2009, di otto famiglie, di nuovo "al buio": uomini donne e undici bambini (c'erano anziani, una donna al sesto mese di gravidanza, un neonato; c'era anche la famiglia di Radu Romeo) cacciati dai centri comunali di San Carlo e Fossarmato; e tra loro anche persone mai raggiunte dall'ordinanza prefettizia, eppure allontanate: "Motivi di ordine pubblico" (ordine mai formalizzato dal sindaco) e in "accordo con la prefettura" (falso: il numero delle famiglie sgomberate fu circa il doppio di quello dei decreti di allontanamento prefettizi).
Buttati in mezzo a una strada nel gelido inverno con la conseguente, e se possibile ancor più terribile, interruzione del percorso scolastico dei figli minori. Poveri da nascondere, spazzatura da spostare sotto qualche altro tappeto, specie quando si tratta di stranieri, quelli ancora più miserabili e digiuni dei diritti come, per l'appunto i Rom rumeni.
Quanto agli zingari Sinti pavesi - agli zingari in generale - permangono marginalizzati nel segno di politiche demagogiche e violente, basate sul paternalismo, sull'assistenzialismo e a volte sulla repressione. Un cane che si morde la coda: la segregazione e la perdita dell'identità culturale aprono alla deriva delinquenziale, al giustizialismo, al rifiuto. Un costo sociale ed economico elevatissimo, ben superiore a quello delle politiche d'inclusione, scolarizzazione e inserimento lavorativo.
Andrebbe superata la cultura dei campi favorendo il progressivo inserimento di queste famiglie nel tessuto sociale cittadino, evitando l'acquartieramento su basi etniche. Invece…
Le istituzioni locali miopi li preferiscono culturalmente portati a vivere in roulotte o in baracche: non è così. Tra i Sinti c'è la richiesta diffusa di casette più stabili, di micro-aree in cui costruire piccoli villaggi in cui sperimentare forme di autogestione responsabile del territorio. Tutto il contrario della de-responsabilizzazione a cui sono portati dagli interventi assistenziali, o dai "privilegi", come il mancato pagamento delle utenze pubbliche.

Provo ad elencare alcune possibili alternative residenziali al modello del "campo nomadi", da progettare in modo partecipativo - Piccole unità abitative. Gruppi famigliari allargati acquistano un terreno o ne ricevono uno dalla pubblica autorità (contratto di enfiteusi) sul quale costruire una casa - La casa popolare. Può rappresentare una soluzione quando i legami sono monofamiliari. Ma vivere nei campi comporta punteggi molto bassi - L'affitto di una casa sul mercato privato (modello bolognese: in questo modo sono stati chiusi tre campi, con un risparmio dei 3/4 di quanto il Comune spendeva nella gestione dei "campi nomadi"). All'occorrenza il Comune può affittare gli appartamenti e poi subaffittarli ai destinatari, garantendo così i proprietari. Sono politiche con un orizzonte di almeno 8 anni. Le condizioni potranno variare ogni 4 anni - L'acquisto di una casa (modello torinese): anche in questo caso si rendono necessari dei garanti per l'accesso al credito. In alternativa, il Comune svolge la funzione di mediatore con le banche per l'accesso ai mutui. In tutti questi casi vanno previste forme di accompagnamento, anche da parte di operatori provenienti dalle comunità Sinte. Non andrebbero dimenticate una o più micro-aree riservate alla sosta temporanea dei gruppi in transito. Gli zingari lombardi hanno ormai perso le abitudini itineranti, ma alcuni sono ancora dediti al piccolo commercio, ad attività artigianali, all'attività di giostrai, ecc. Le aree di sosta implicano un coordinamento con gli altri siti a disposizione in altre province. Al riguardo, è ottimo il modello francese.

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Di Fabrizio (del 09/02/2013 @ 09:04:54, in lavoro, visitato 1629 volte)

RTV SLO Maribor, il primo ristorante Rom in Europa di K. S. (Ndr: mi risulta che in Ungheria ce ne siano già due, uno è questo)
Projekt Romska gostilna - Romani kafenava
21. januar 2013 ob 17:56 - Maribor - MMC RTV SLO

La capitale della Stiria presto diventerà più ricca per la locanda, unica non solo in Slovenia ma per l'intera Europa. Infatti entro la fine dell'anno ci sarà a Maribor il primo ristorante rom.

Štefan Simončič, rappresentante dell'associazione EPeKa di Maribor e capo del progetto, ha detto che lo scopo è la conservazione e la presentazione della cultura rom, assieme all'eliminazione dei pregiudizi della maggioranza della popolazione. Il progetto di 300.000 euro è finanziato all'80% dall'Unione Europea, mentre il 20% dal Ministero del Lavoro e della Famiglia.

Simončič ha sottolineato a RTV Slovenija è possibile mangiare in una vasta gamma di ristoranti etnici tranne quelli rom, che pure vivono in Europa dove sono circa 12 milioni.

In Slovenia la maggior parte dei Rom vive a Maribor, circa 2.000.

Com'è scritto sul sito ufficiale, l'Inn Rom - Romani kafana opera sul principio dell'imprenditoria sociale per persone appartenenti a gruppi vulnerabili, se il ristorante risultasse redditizio, si accumulerà per la creazione di nuovi ristoranti, dove far lavorare altri Rom e Romnià.

clicca per il video (in sloveno)

Piatti tipici nell'ambiente rom
Quali saranno le specialità proposte? Si può anticipare burek e torte, minestre e zuppe tradizionali. Non mancheranno la grappa ed il caffè tipici, i cui fondi verranno letti agli ospiti.

Camerieri e cuochi saranno vestiti nei costumi tradizionali romanì, e tale sarà l'atmosfera e la musica d'accompagnamento. [...]

Tra gli obiettivi dei responsabili del progetto: la conservazione della cultura romanì, la loro motivazione ed inclusione in materia di occupazione, la formazione al lavoro per lavorare in un ristorante, l'aumento della fiducia in se stessi, la promozione di stili di vita sani tra i Rom ed il resto della popolazione, per ridurre pregiudizi e stereotipi.

Sulla posizione del ristorante non si sa ancora molto, ma dovrebbe essere verso il centro città.

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Di Sucar Drom (del 08/02/2013 @ 09:08:41, in Italia, visitato 1456 volte)
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Di Fabrizio (del 07/02/2013 @ 09:08:09, in Europa, visitato 1386 volte)

Da Roma_und_Sinti

Klaus-Michael Bogdal © Suhrkamp Verlag - Stadt Leipzig (09.01.2013)

Il premio libro di Lipsia per la comprensione europea 2013 verrà assegnato allo studioso tedesco Klaus-Michael Bogdal per il libro "L'Europa ha inventato gli zingari. Una storia di fascino e disprezzo", edito da Suhrkamp nel 2011.

La giuria internazionale così ha motivato il proprio giudizio:

Parlando di una storia di fascino e disprezzo, vengono rivisti sei secoli di persecuzione ed esclusione dei popoli rom in Europa. Così Bogdal analizza la presenza di "Zigeuner", "Gipsies", "Bohémiens" e "Gitanos" nella letteratura e nell'arte dal tardo medioevo ad oggi, in un contesto globale europeo, descrivendo insieme la graduale realizzazione di un pregiudizio storico contro un collettivo immaginario, cioè la mancanza di una letteratura in materia di Rom, sono state prese per buone le interpretazioni, attribuzioni e proiezioni provenienti da altrove, senza alcuna critica o dubbio. Bogdal mostra come l'Europa faccia saldamente propria la sofisticazione della semplificazione dei Rom in tensione tra odio, autodifesa e folklore romanzato. Soprattutto alla luce di una nuova impennata dell'antiziganismo in Europa, Bogdals presenta uno studio epico attuale e polemico.

La consegna del premio segnerà il 13 marzo 2013 l'inaugurazione della fiera di Lipsia. Il premio sussiste dal 1994 e vale 15.000 euro, ed è tra i maggiori riconoscimenti letterari in Germania. La fondazione è costituita dal Libero Stato di Sassonia, la città di Lipsia, l'associazione degli editori tedeschi, l'associazione dei venditori librari e la Fiera di Lipsia.

Biografia

Klaus-Michael Bogdal, e nato nel 1948 a Gelsenkirchen, ha studiato germanistica, slavistica e filosofia alla Ruhr-Universität di Bochum, dove si è laureato nel 1976. E' stato poi professore di liceo e dal 1992 direttore tecnico a Dortmund. Dal 1996 al 2002, Bogdal ha insegnato letteratura alla Gerhard-Mercator-Universität di Duisburg, poi è stato professore di germanistica , specializzato in nuova letteratura, presso l'università di Bielefeld.

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Di Fabrizio (del 06/02/2013 @ 09:00:41, in blog, visitato 1389 volte)

immagine da Sora24.it

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Di Fabrizio (del 05/02/2013 @ 09:09:33, in musica e parole, visitato 1597 volte)

l'Arena.it SERGIO PRETTO

Sergio Pretto con la sposa a un matrimonio Rom

Un mondo che intravediamo appena, che non vogliamo vedere, che magari ci fa paura. Sergio Pretto, romano, 73 anni, giornalista prima della carta stampata poi alla Rai, racconta gli zingari attraverso un secolo di storia in Novecento Rom (Cartacanta, 400 pagine, 18 euro). Narra la storia di una famiglia, dagli anni Trenta al 2010, tessendo un arazzo di rapporti intrecciati. Se ne esce incantati da una scrittura a immagini, frammentata, a volte straniata, che si avvicina alla poesia.

Nella quarta di copertina si legge che lei è stato avviato alla scrittura da Pier Paolo Pasolini. Come?
Pasolini l'ho conosciuto da ragazzo su un campetto di calcio. Era un uomo che, a prima vista, intimoriva, dai tratti spigolosi, e che poi, invece, scoprii umanissimo. Diede una gran pallonata, che colpì il "palo" della nostra "porta", fatto da libri e quaderni di scuola legati con l'elastico, come si usava allora. Si scusò moltissimo, ma si soffermò sui quaderni. Soprattutto sul mio, quello dei temi e lì, subito, a darmi consigli, a dirmi di infrangere le regole, di esplorare le cose e insieme di aggredirle. E io cambiai il mio modo di scrivere. Lo cambiai più volte, dopo, anche sotto l'influsso del surrealismo di Calvino e del realismo magico di Màrquez, scrittori che riportano, anche se a prima vista non sembra, allo scavo nel torbido di PPP.

Perché si è interessato ai Rom?
Č stato proprio Pasolini a insegnarmi a guardare agli ultimi. Il primo contatto l'ho avuto attraverso un'assistente sociale: cercavo informazioni per un altro libro, che stavo scrivendo. Abbiamo incontrato un giovane Rom, quello che nel romanzo io chiamo Decebal. Non è stato facile né da parte mia, né da parte sua. Ci dividevano mille pregiudizi. Ma mi sono reso conto che quello che noi vediamo - la sporcizia, il furto... - è la punta di un iceberg. Sotto c'è una cultura straordinaria, musicale, umanitaria, una solidarietà che non possiamo percepire. Siamo fermi agli stereotipi. E invece ci sono zingari docenti universitari, sportivi di fama (Andrea Pirlo, il calciatore), avvocati, pugili... C'è un'orchestra sinfonica di violinisti, tutti zingari, che sta girando l'Europa riscuotendo enorme successo. Una zingara di vent' anni, Laura Halinovic, ha vinto il Festival audiovisivo di Montecarlo con il documentario Io, la mia famiglia Rom e Woody Allen.

Come ha fatto a documentarsi?
Ho passato mesi tra i Rom. Decebal, una volta che siamo riusciti ad intenderci, mi ha detto che qui in Italia sono tutti giovani: per ascoltare la loro storia dovevo andare a Craiova, in Romania. Ho fatto partire il mio romanzo-verità da laggiù, quando Simplon, il padre di Decebal, decide di raccontare ai suoi figli la tragedia del Porrajmos, come gli zingari chiamano il genocidio pianificato dai nazisti: nei lager morirono 600mila Rom e Sinti. Simplon è depositario di testimonianze dirette, dal padre Ofiter e dalla madre Limpiana. Racconta come dei gitani si siano salvati nelle "marce della morte" verso i campi di sterminio. Quando seppellivano le vittime, alcuni si gettavano vivi nelle fosse: poi una coperta, quindi i morti, poi badilate di terra. L'ultimo della fila batteva sul tumulo cinque colpi: il segnale che la colonna si allontanava, così i sepolti vivi potevano uscire dalle fosse. Questo stratagemma l'avevano escogitato grazie alla loro antica tradizione di seppellire i morti durante il cammino. Non esistono cimiteri Rom o Sinti fino ai primi del Novecento: nomadi, gli zingari seppellivano i loro morti lungo la strada.

Rimangono impresse le figura femminili del libro. Ce ne vuol parlare?
Grifina era una giovane zingara dalla bellezza fiera e singolare. L'ufficiale medico del lager la notò e se la prese come infermiera e amante. Lei sopravvisse alle sevizie, accudendo una bambina che aveva trovato nel campo, sperduta, e con la certezza che un giorno si sarebbe vendicata. Alla fine, lo fece: uccise con il bisturi l'ufficiale medico. La giovane Jonela è invece l'esempio del contrasto tra gli anziani e i giovani. I ragazzi vedono i lati positivi della nostra società, quella di noi gagé, come ci chiamano i Rom. Jonela, cresciuta il Romania sotto il regime di Ceausescu, preferiva i jeans alle gonne a fiori e non voleva più camminare sempre un passo dietro al suo uomo...

I Rom sono così maschilisti?
Questo è un argomento, forse il primo, su cui ci siamo trovati a discutere. Ho parlato ai Rom di grandi donne di cui non conoscevano l'esistenza: le americane che nel 1908 scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare e morirono nell'incendio scoppiato l'8 marzo. Madame Curie, Rita Levi Montalcini... Le donne, che prima si ritraevano, hanno cominciato a sorridermi, ad invitarmi a mangiare. Gli uomini a considerare le loro compagne in una nuova dimensione. Non ci siamo messi d'accordo, invece, sulla scuola. "L'istruzione", mi hanno detto, "dovrebbe portare alla felicità. Perché noi dovremmo accettare, senza discutere, la vostra?"

Apertesi le frontiere dell'Europa orientale, la famiglia di Decebal ha lasciato la Romania per Francoforte, quindi Roma: nel campo al Casalino, che poi è stato spazzato via, e infine al Tiburtino. La storia è chiusa?
Spero in un finale aperto. Finché noi li ghettizziamo, saranno sempre pronti a ripagarci con il peggio perché a questo porta la disperazione. Ci chiedono di lavorare, anche lavori umilissimi - li ho visti io stesso farli, insieme agli immigrati - e ci chiedono di non dover rinunciare all'essenza della loro cultura. Sono il popolo meno sanguinario del mondo, che non ha mai combattuto una guerra, anche perché non ha confini da difendere.

Alessandra Milanese

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