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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 21/11/2010 @ 09:56:37, in Italia, visitato 1872 volte)

Famiglia Cristiana.it 19/11/2010 di Stefano Pasta

Ennesimo sgombero a Segrate. Per Cristina, la bimba nomade di dieci anni di cui una maestra ha parlato a "Vieni via con me", è lo sgombero numero diciassette.
 
Un momento dello sgombero del 18 novembre, a Segrate.

La mattina del 18 novembre, sotto una pioggia battente e implacabile, polizia e carabinieri hanno sgomberato gli 80 rom rumeni che abitavano in via Fermi, a Segrate, ricco comune alla periferia est di Milano. Qui, seguiti dalla Comunità di Sant’Egidio, 14 bambini andavano regolarmente a scuola, 15 uomini lavoravano con contratto regolare nell’edilizia e 4 adolescenti, dopo anni di dispersione scolastica, avevano intrapreso un percorso di avviamento professionale. Marius, a 17 anni, è passato dall’elemosina a un corso di idraulica e a un tirocinio per riparare le tubature di molte case milanesi. Ora l’ennesimo sgombero mette a rischio questi passi concreti verso l’integrazione.

Il 18 novembre non è solo la data dello sgombero di via Fermi: è anche il diciassettesimo sgombero subito da Cristina, 10 anni, in un solo anno. Quando nel settembre 2008 abitava al campo di via Rubattino, Cristina ha iniziato a frequentare la quarta elementare. Nell’ultimo anno, a causa degli sgomberi, ha perso molti giorni dell’anno scolastico e ha dovuto cambiare tre scuole. La sua famiglia è molto povera; per questo, e non certo per scelta, ha una baracchina al posto della casa. Quando uno sgombero rade al suolo anche quella, rimangono i cavalcavia o un telo di plastica fissato su dei legni. Ha provato a vivere anche sottoterra, sgomberata anche da lì. Cosa perde Cristina ad ogni sgombero? Giocattoli? No, non ne possiede. Vestiti? Ben pochi. Perde invece un riparo dal freddo e dalla pioggia, la bombola e il fornello che le consentono di mangiare qualcosa di caldo.

Ma perde anche le sue radici: il luogo dove tornare e che riconosce come "casa", gli amici rom, che si disperderanno, gli amici italiani, da ritrovare ogni giorno a scuola, le maestre che l'aspettano per accompagnarla a scuola, quella scuola che le consentirà un giorno di essere una cittadina al pari degli altri, di essere rispettata, di comprendere e difendersi. La maestra Flaviana Robbiati aveva letto l’elenco degli sgomberi subiti da Cristina durante la trasmissione Vieni via con me di Fazio e Saviano. Dice: “Don Lorenzo Milani sostiene che chi conosce mille parole è più libero di chi ne conosce cento. É forse per questo che oggi si sgombera Cristina? Per impedirle di essere domani libera e con una dignità riconosciuta e rivendicata? Intanto, ancora oggi, si è svegliata con i lampeggianti blu della polizia.”

I diciassette sgomberi subiti da Cristina in un anno danno un volto al caso zingari, all’emergenza nomadi. Il rifiuto degli zingari è diffuso negli ambienti più diversi, criminalizza un piccolo popolo sostanzialmente indifeso. In nome della preoccupazione per la sicurezza dei cittadini, lo zingaro diventa spesso la personificazione del male. Ma il caso zingari ci pone di fronte a una domanda decisiva, quella del modo in cui vogliamo vivere. Avere un nemico facilmente identificabile può perfino essere rassicurante, ma dobbiamo sapere che spesso ha il volto di Cristina.

Le famiglie di via Fermi sono una parte dei rom che da un anno, con costi enormi, sono alternativamente respinte dall’area di via Rubattino (Milano) e da Segrate. Si sceglie ripetutamente lo strumento dello sgombero, effettuato in assenza di reali proposte alternative, sgomberando per sgomberare, per poi lasciare rioccupare la medesima zona e ricorrere successivamente, con clamore mediatico, a un ulteriore allontanamento. Quando illusoriamente si parla dei luoghi sgomberati come “restituiti alla città” o “liberati”, si dimentica spesso che i rom sono uomini, donne, anziani, bambini, soprattutto bambini.

Elenco degli sgomberi subiti da Cristina, 10 anni, Rom

  1. 19 novembre 2009: sgomberata del campo di via Rubattino
  2. 20 novembre 2009: sgomberata da un edificio abbandonato a Segrate
  3. 21 novembre 2009: sgomberata da un capannone fatiscente sotto la tangenziale di Rubattino
  4. 2 febbraio 2010: sgomberata da via Siccoli
  5. 4 febbraio: sgomberata da Quarto Oggiaro, torna a Segrate in un capannone
  6. 24 febbraio: sgomberata da via Carlo Reale
  7. 25 febbraio: sgomberata da via Bovisasca
  8. 10 marzo: sgomberata dall'area di via Durando.
  9. 6 aprile: sgomberata da Segrate.
  10. 7 settembre 2010: sgomberata dell'area ex Innocenti di via Rubattino. È la stessa area da cui era stata sgomberata dieci mesi prima.
  11. 8 settembre 2010: sgomberata da via delle Regioni a Redecesio (Segrate).
  12. 9 settembre 2010: dorme per strada in zona Lambrate, ma al mattino è allontanata.
  13. 10 settembre 2010: allontanata dal ponte della tangenziale di Rubattino.
  14. 21 ottobre 2010: sgomberata del campo di via Umbria a Redecesio (Segrate).
  15. 22 ottobre 2010: allontanata da un parcheggio nelle vicinanze dell’ospedale Sacco.
  16. 23 ottobre 2010 – 27 ottobre 2010: Cristina e la sua famiglia dormono in vari punti della città (Bovisa, Lambrate, …) e sono allontanati tutti i giorni.
  17. 18 novembre 2010: sgomberata da via Fermi a Segrate.
 
Di Fabrizio (del 19/11/2010 @ 09:52:21, in Italia, visitato 1882 volte)

Ricevo da Agostino Rota Martir

E' dura, ma non ci si può arrendere, perché è fondamentale per tutti, non solo per i Rom ma per tutti noi, riuscire a tenere alta la guardia, anche se sappiamo di essere in pochi a lottare contro una "macchina del fango" collaudata e che continua a vomitarlo sopratutto sui rom, con l'intento di manipolare e condizionare l'opinione pubblica, ma non solo questa...  e falsare deliberatamente la realtà dei fatti.

Ieri mattina (16 Novembre) sull'autobus di linea Livorno-Pisa una mamma rom di Coltano, viene aggredita verbalmente dai passeggeri presenti, la sua colpa è di essere Rom e del campo Rom di Coltano, ormai visto dall'opinione pubblica pisana come luogo infamante e di degrado culturale e umano.

Qualche settimana fa anche in un Centro Caritas vicino ad Ardenza (LI) che distribuisce abiti, si ripete più o meno la stessa scena, con un'altra donna Rom di Coltano.

Non vengono nemmeno risparmiati i bambini Rom a scuola, visti e indicati a dito dai loro compagni come gente pericolosa... bambini che tornano a casa piangendo e con la tristezza sui loro volti.

Trovare un idraulico disposto a fare dei lavori all'interno del Villaggio, è un'impresa non certo facile: prevale il timore, la paura di finire chissà come... oppure il rifiuto come principio.

Penso che la redazione di Il Tirreno di Pisa potrà gioiosamente brindare, per aver raggiunto lo scopo prefissato, e finalmente premiare la loro giornalista di punta, C. V. per essere riuscita a creare il clima giusto, di rivolta nei confronti della comunità Rom di Coltano. Ognuno fa le sue scelte: meglio avere una città feroce verso i Rom che sondare, confrontare per cercare di capire la verità dei fatti, come farebbe un serio cronista. Scelte redazionali: tutto in nome "dell'integrazione" ovviamente, "siamo una testata aperta, democratica e tollerante", che sa utilizzare, quando è necessario anche la giusta dose di persecuzione, pur di delegittimare il popolo Rom. Recentemente, alcuni studiosi e ricercatori non hanno esitato di usare il termine "genocidio", in nome della sicurezza portata avanti oggi, anche all'interno dei Tribunali minorili in Italia in materia Rom: "Dalla tutela al genocidio?" (ed. CISU, 2010)

Anche i servizi sociali del comune di Pisa sembrano allinearsi ed adattarsi perfettamente a questa campagna a senso unico. E' preoccupante il silenzio di quei operatori che conoscono a sufficienza la realtà dei fatti, e l'infondatezza delle gravi accuse. Hanno avuto modo di vedere la "bambina sposa", forse anche di parlarci insieme, di vederla serena e libera di muoversi all'interno del campo. Con gli stessi indagati, ancora in carcere hanno lavorato insieme, mangiato insieme, gli hanno aperto le porte di casa loro, hanno anche raccontato le loro difficoltà, a volte hanno pure litigato insieme. Sono quegli stessi operatori che non tanto tempo fa, di fronte ai tagli previsti dal comune riguardante il settore sociale, non hanno esitato a manifestare e protestare per far valere l'importanza di lavorare per "l'integrazione dei Rom", per non perdere il cammino fatto finora a fianco dei Rom di Coltano... allora manifestavano per non perdere un lavoro o una occupazione, che può essere sacrosanto! Perché ora non sanno (o non vogliono) esprimere un loro parere su questa vicenda? Il loro silenzio grida forte e lo si sente eccome tra le dimore dei Rom! Perché si dovrebbe riconoscere la loro professionalità solo quando il posto di lavoro è minacciato da possibili tagli?

Questa vicenda rivela anche la totale mancanza di autonomia da parte di tanti soggetti attivi nel sociale e pone degli interrogativi molto seri anche sulle finalità dichiarate di tanti Progetti Rom: migliorare la condizione sociale, culturale ed economica di rom!?

Al fango i rom, in genere sono abituati, quello dei campi e del nuovo villaggio... dobbiamo tutti temere invece il fango del pregiudizio, dell'intolleranza e del razzismo che sta montando senza alcun argine, che decima senza pietà delle intere famiglie Rom, e che non sa dare spazio al punto di vista diverso dal nostro, fino a negare il diritto di voce e la loro presunzione di innocenza. Quando la verità dei fatti sarà accertata sapremo riconoscere il fango nauseabondo che forse sta anche dentro di noi o abbiamo imparato troppo rapidamente a conviverci comodamente?

Campo Rom – Coltano 17 novembre 2010

 
Di Fabrizio (del 16/11/2010 @ 09:35:04, in Italia, visitato 2459 volte)

Antefatto: alla fine del mese scorso diversi giornali pubblicano la notizia di una ragazzina rapita in Kosovo per essere data in sposa a Rom che risiedono in Italia nel campo di Coltano (PI). Su Internet ho trovato la bellezza di 82 articoli, e neanche uno che abbia sentito il bisogno di ascoltare anche il parere dei diretti interessati. Non per avvallare aprioristicamente la loro versione, ma per quello che tuttora si chiama "diritto di cronaca". Grazie ad Agostino Rota Martir, ecco cos'hanno detto:

Questa sera c'è stata la conferenza stampa al campo Rom di Coltano (PI) sulla vicenda della "sposa-bambina", in seguito alla campagna discriminatoria e diffamante portata avanti con ferocia, sopratutto dal Tirreno di Pisa, non ancora finita (ovviamente il Tirreno non era presente, perché ha ritenuto inutile ascoltare la voce Rom).

E' stato un bel momento perché i Rom finalmente hanno potuto parlare, raccontare, far sentire la loro voce..una conferenza stampa voluta e gestita solo da loro, non dalle Associazioni presenti, ma in disparte!
Che ha sorpreso anche i pochi giornalisti presenti, increduli pure loro per la piega presa dell'intera vicenda, di come è stata presentata dalla stessa stampa di fronte alle prove inconfutabili di decine e decine di foto e del racconto stesso dei Rom.

Ciao Ago

Coltano, Pisa, 15 Novembre 2010

Noi come nomadi, nella nostra tradizione di rom, noi da 2000 anni sposiamo i nostri figli da giovani, di 14, 15, 16, 17 e 18 anni. Per prima cosa noi conosciamo i genitori della ragazza e dopo, se i ragazzi sono d'accordo, cominciano a vedersi oppure (se sono lontani) a conoscersi attraverso il computer, e dopo alcuni mesi facciamo il fidanzamento. Se i ragazzi non sono d'accordo, non è mai successo tra i nomadi che si sono fatti sposare con la forza. I ragazzi si sposano se si piacciono, se non si piacciono non succede nulla e le famiglie cercano un altro sposo e un'altra sposa.

Non siamo gente che prendiamo ragazze con la forza, perché come famiglia vogliamo che i ragazzi si vogliano bene e vogliamo rimanere in buoni rapporti con l'altra famiglia.

Quando una ragazza si sposa, la madre della ragazza sceglie una donna di sua fiducia, spesso la moglie del sacerdote musulmano, che deve rimanere accanto alla futura sposa, per stare con lei, prepararla al matrimonio, rassicurarla e assisterla, e anche testimoniare della sua verginità per i suoi genitori. Questa è nostra tradizione di matrimonio: è una tradizione di cui tutti i rom sono consapevoli, e che ogni persona rom accetta liberamente. La nuora entra nella nuova famiglia, e diventa una nuova figlia, da lei si avranno nipoti e pronipoti, le si vuole bene come una figlia. Le due famiglie diventano come parenti perché nascono i bambini e il sangue si mischia.

Le cose che abbiamo letto sui giornali non sono vere e ci hanno colpito. Non sappiamo perché la ragazza ha detto queste cose. Noi vogliamo bene a questa ragazza, abbiamo fiducia in lei e nella sua famiglia che siamo parenti da trenta anni, non crediamo a quello che abbiamo letto sui giornali, vogliamo che la ragazza possa dire la verità. Lo stesso giorno che è successa questa cosa è stata presa un'altra ragazza minorenne, sposata con un ragazzo del campo, e ora non sappiamo dove sia finita neppure lei.

Ora con queste cose che si sono lette sui giornali per noi è diventata una vergogna andare a giro, tutte le genti pensano male di noi rom. Già prima tante persone ci giudicavano male, adesso per noi è diventato difficile andare a scuola, andare a lavorare, andare a fare la spesa perché la gente ci giudica e ci guarda male. Questo succede perché la gente legge le cose che si dicono ma non conosce le nostre tradizioni. Proviamo vergogna anche rispetto ad altri rom.

Chiediamo all'Italia di avere coscienza che le nostre usanze non sono solo nostre. Se provano a ricordare, anni fa anche nelle famiglie di italiani c'erano queste usanze, cioè matrimoni tra persone giovani, matrimoni combinati tra famiglie, si considerava importante la verginità e tante altre cose simili.

I rom del villaggio di Coltano


Aggiornamento delle 17.30

 
Di Fabrizio (del 16/11/2010 @ 09:08:13, in Italia, visitato 1870 volte)

Segnalazione di Davide Castronovo

L'invito di Aldo Deragna dal campo di Chiesa Rossa

link da C6.tv per chi legge da Facebook

Milano. Continua il viaggio di c6.tv alla scoperta della vera realtà dei rom italiani, oltre gli sgomberi e i disagi. Oggi siamo stati ospiti di Aldo Deragna che con la sua famiglia vive da 10 anni nel campo di Chiesa Rossa. Un campo fatto di case mobili e in muratura, niente a che vedere con le immagini di sgomberi e disagio a cui siamo abituati. Lui e gl altri rappresentanti del campo hanno scritto una lettera al prefetto per invitarlo a toccare con mano ciò che amministra e che probabilmente non conosce. Attendono una risposta e nel frattempo, alle prossime comunali, Aldo dice che voterà Boeri. Servizio di Claudia Bellante

 
Di Fabrizio (del 13/11/2010 @ 09:04:27, in Italia, visitato 1685 volte)

sabato 20 novembre · 10.00 - 13.00
Piazza della Pilotta, 3 - ROMA

Siete curiosi di sapere come si vive davvero in un campo rom autorizzato, meglio noto come "villaggio attrezzato" del Comune di Roma?
Volete sapere se strutture del genere favoriscano effettivamente la sicurezza e l'integrazione dei rom, come sbandierato dalle autorità? Volete scoprire se i diritti fondamentali dei bambini siano pienamente garantiti e se le case, gli spazi e le condizioni igienico-sanitarie rispettano realmente i parametri di legge?
Allora non mancate all'appuntamento con la presentazione della ricerca: "Esclusi e ammassati: il Piano Nomadi a Roma e l'infanzia rom", a cura dell'Associazione 21 luglio, che si terrà sabato 20 novembre 2010 alle ore 10:30 nella cornice di Palazzo Frascara in piazza della Pilotta 3, nel pieno centro di Roma.

Il rapporto è nato dall'esigenza di analizzare l'impatto che hanno avuto le politiche sociali del Piano Nomadi di Roma sui diritti dell'infanzia rom e, in particolare, prende in esame un "villaggio attrezzato" modello del Piano Nomadi messo a punto dall'amministrazione comunale della Capitale.
L'indagine si concentra su alcune caratteristiche fondamentali riscontrabili all'interno del campo, quali le dimensioni delle abitazioni, gli spazi dedicati alle attività sportive, la distanza tra il villaggio stesso e i servizi essenziali (ospedali, luoghi di socializzazione, trasporto pubblico), la sicurezza, l'istruzione dei minori e le condizioni igienico-sanitarie.
Attraverso queste analisi, l'Associazione 21 luglio ha voluto verificare di prima mano le possibili situazioni di esclusione, segregazione e privazione dei diritti sanciti dalle convenzioni internazionali che riguardano i minori rom nella città di Roma, facendo riferimento principalmente alla Convenzione sui diritti dell'Infanzia siglata a New York il 20 novembre 1989.

L'indagine, iniziata il 1 luglio 2010 e conclusa il 15 settembre 2010, è stata condotta con una ricerca sul campo, utilizzando alcuni strumenti dell'analisi qualitativa quali l'osservazione diretta e le interviste in profondità. L'equipe di ricerca è composta da un antropologo, un esperto di storia e cultura rom, una mediatrice culturale, un esperto di diritti umani, un avvocato, un ingegnere e una psicologa.

All'evento del 20 novembre, Giornata per i Diritti dell'Infanzia, che sarà condotto dal direttore di Current Tv Davide Salenghe, saranno presenti numerosi rappresentanti dell'associazionismo (tra cui non mancherà Amnesty International. Sarà proiettato, infine, il bellissimo film documentario "Me sem rom".

Per guardare la locandina di presentazione della giornata vai al sito http://www.21luglio.com/presentazione.htm

 
Di Franco Bonalumi (del 11/11/2010 @ 09:07:43, in Italia, visitato 1781 volte)

Dopo la nostra conferenza stampa di ieri, abbiamo letto i commenti che il vicesindaco De Corato ha dedicato alla denuncia che in quell'occasione abbiamo presentato. Notiamo per prima cosa che non c'è un punto, nelle sue dichiarazioni, che smentisca le fattispecie sollevate nella denuncia, ossia – lo ripetiamo – l'abuso d'ufficio (anche con l'utilizzo di ingenti soldi pubblici solo per gli sgomberi senza progetti di accompagnamento ed integrazione), i danneggiamenti a beni di proprietà (con l'intervento delle ruspe e la distruzione di ogni bene), l'interruzione di pubblico servizio (nello specifico, l'interruzione della frequenza scolastica).

Il vicesindaco dichiara che è sempre stata osservata la correttezza delle procedure; lo smentiamo, sulla scorta anche dei più recenti sgomberi. Lo dimostrano:
- le procedure ultimative: sgombero intimato solo a voce con rudezza e intimidazione all'alba o a tardo pomeriggio, nell'incombere dell'imbrunire, senza preavviso, in presenza di maltempo con pioggia o neve;
- l'assenza dei funzionari dei servizi sociali, negli ultimi episodi, malgrado il fatto che appunto i ripetuti censimenti e controlli effettuati sul microcampo Cavriana-Forlanini avessero rilevato la presenza di minori anche di pochi mesi;
- continuiamo a pensare che quella della frattura del nucleo familiare (madri e bambini da una parte e padri per strada) non sia la soluzione; in una Milano che celebra in questi giorni, in un apposito evento, la sacralità della famiglia, suonano stonati questi interventi che dal legame familiare prescindono.

Rifiutiamo con forza la designazione del nostro gruppo come facente parte di "associazioni pseudobuoniste" che "non hanno di meglio da fare" che indulgere al "can can mediatico".

Noi qualcosa di meglio lo abbiamo da fare, e sta nel nostro impegno quotidiano di cittadini e cittadine, nell'affiancamento a queste storie difficili ma ricche, nel tentativo arduo di forzare gli ostacoli che si oppongono a una piena socializzazione di questi soggetti, nell'esigere diritti e prestazioni pari a ogni altro cittadino di questa città (scuola, servizi, salute, casa), nella ricostituzione paziente di un ambiente vitale dopo che ogni effetto personale è stato regolarmente degradato a "spazzatura". Non c'è nulla di spettacolare in tutto ciò; si tratta invece di un laboratorio di cittadinanza sociale, che dovrebbe stare a cuore alle autorità.

Il "can can mediatico", invece, imperversa ai danni di queste fasce di popolazione come su altre (i migranti, ma non solo), identificate come "capri espiatori" di una crisi e di una sua gestione politica in senso autoritario.

Non siamo affezionati al fatto che, come afferma il vicesindaco, chi vive in questo come in altri campi scorrazzi "tra amianto, topi e quintali di rifiuti"; a parte il fatto che questo richiama lo stato di tante aree dimesse, lasciate a marcire in attesa d'interventi speculativi, non possiamo accettare che le autorità pensino che chi ci vive abbia piacere di condurre la sua esistenza in questi ambienti.

Il vicesindaco sa bene - avendolo ascoltato di persona dalla viva voce di due donne abitanti di questo campo, in un'assemblea in piazza Ovidio, dell'aprile del 2009, che hanno preso la parola e non sono rimaste nascoste - quanto sia avvilente per un essere umano e il suo ambito di affetti vivere in non-luoghi degradati; quelle due donne ebbero il coraggio di venirlo a dire davanti a una platea che le ascoltò muta e attenta, e che si sentì dire che la "sicurezza" di cui tanto si ciancia parte per prima cosa dalla dignità del proprio vivere e lavorare in una società e in un ambiente non ostile, se non solidale.

Insostenibile è poi l'affermazione secondo cui agli insediamenti di nomadi si correlino immediatamente e immancabilmente "la criminalità predatoria e il degrado"; in due anni di affiancamento continuo non abbiamo mai avuto segnali anche lontani di criminalità, né sono dimostrabili in nessun modo. In queste affermazioni categoriche risuona un pregiudizio razzista che è quello che abbiamo ravvisato in molti comportamenti posti in essere dai decisori politici di questa città e che abbiamo esposto nella nostra denuncia.

Milano, 10 novembre 2010
Gruppo Sostegno Forlanini e genitori di Rubattino firmatari della denuncia

 
Di Fabrizio (del 05/11/2010 @ 09:12:21, in Italia, visitato 2888 volte)

COMUNICATO STAMPA
DENUNCIA NEI CONFRONTI DEL SINDACO E DEL VICESINDACO PROTAGONISTI DEI RIPETUTI SGOMBERI DEI CAMPI ROM A MILANO

[...]

CONFERENZA STAMPA
MARTEDI' 9 NOVEMBRE 2010 ALLE ORE 11,00
SALA STAMPA DEL TRIBUNALE DI MILANO (atrio centrale piano 3°)

Del testo della denuncia daremo copia in quell'occasione

Interverranno alcuni sottoscrittori della denuncia ed i legali che li hanno assistiti, oltre ad alcuni Rom che abitavano i campi ripetutamente sgomberati .

In allegato:
§ Breve presentazione del campo Rom Forlanini/Cavriana e del Gruppo di Sostegno Forlanini;

Milano, 3 novembre 2010

IL CAMPO ROM FORLANINI-CAVRIANA E IL GRUPPO DI SOSTEGNO

Chi percorre il viale Forlanini in direzione aeroporto, alla periferia est di Milano, a un certo punto, sulla sinistra, vede un muro; è l'ultimo rimasuglio di una caserma in disarmo. Alcuni anni fa, ospitava circa 150 profughi del Corno d'Africa (erano i reduci da via Lecco, e poi si sono dispersi, tra Bruzzano, piazza Oberdan e altri luoghi più o meno nascosti di questa metropoli inospitale).

Il nostro Gruppo di sostegno Forlanini nacque allora, andando lì a conoscere le storie tremende di uomini e donne in fuga dalla guerra, dalla repressione e dalla fame, prodigandosi per le elementari necessità di quegli "ospiti", per la maggioranza in possesso del permesso temporaneo perché rifugiati, ma come sempre disperati, discriminati, obbligati a star nascosti e a non rivendicare alcunché.

Con un grande e diffuso sforzo di solidarietà, garantito da alcune associazioni e soprattutto da "cittadini e cittadine attive", riuscimmo a garantire un'esistenza un po' meno penosa a quegli uomini e donne, ma sempre nella latitanza delle istituzioni. E arrivò lo sgombero, preavviso della svolta sempre più militare impressa dalle autorità alla questione immigrazione, tanto che la caserma fu abbattuta. Adesso, appunto, restano solo il muro frontale e due corpi di guardia in muratura, nel frattempo resi inagibili dall'accanimento dei successivi sgomberi.

E' in quest'ambiente, tra le radure e la campagna retrostante, tra il fango e le sterpaglie, che si sono poi venuti a insediare alcuni piccoli nuclei di rom, composti da coppie di anziani, famigliole più o meno allargate con bimbi piccoli, ragazzi soli, reduci da altri sgomberi, oppure in fuga da una Romania che ci viene raccontata come tremenda, ma forse a suo modo non tanto diversa dalla Milano ringhiosa di questi anni.

Ed è ricominciata, da circa due anni una catena di solidarietà ancora più larga. Ora il Gruppo svolge la sua attività umanitaria all'interno del campo Rom in collaborazione con altre Associazioni di volontariato sociale milanesi; ha una quarantina di componenti, che acquistano generi di prima necessità, fanno accompagnamento sociale verso il pronto soccorso o gli ambulatori medici (per una salute di grandi e piccini che è sempre più minata dalle pessime condizioni ambientali), aiutano nelle minute pratiche burocratiche, tentano l'approccio alla scuola, garantiscono la fornitura di tende, coperte, vestiti, nella quotidianità come nelle punte più acute degli sgomberi, quando viene distrutto tutto, dalle baracche agli affetti personali o ai beni di proprietà - come per esempio un prezioso generatore -, ma soprattutto si insulta la dignità. Con il nostro operato siamo riusciti ad avviare un contatto fiduciario, con soggetti che da tempo hanno perso ogni riferimento con la cittadinanza, le istituzioni, il potere.

Durante la seduta del Consiglio di Zona 4 del 11 febbraio 2010 abbiamo letto un comunicato con il quale chiedevamo di fermare gli sgomberi e denunciavamo le continue violazioni degli elementari diritti umani, contemporaneamente abbiamo dichiarato pubblicamente "dopo ogni sgombero continueremo a garantirei beni essenziali, quelle poche cose a cui ogni volta questi dannati della terra devono rinunciare; torneremo a portare tende, coperte, farmaci e cibo e quant'altro possa servire".

Le famiglie che risiedono in questo campo hanno trovato nel nostro gruppo sostegno concreto: generi alimentari, abbigliamento, medicine, coperte, tende, oltre all'accompagnamento verso le strutture pubbliche (ospedali e pronto soccorso, per la cura delle malattie, e consultori familiari e pediatrici, per quanto concerne le vaccinazioni dei bimbi e la maternità delle donne). Infatti, molti abitanti del campo soffrono di varie patologie (respiratorie, reumatiche, traumatologiche) proprio per le cattive condizioni di vita in questa situazione, nel totale disinteresse degli organi preposti alla tutela della salute anche di questi cittadini/e.

Grazie al lavoro di due anni in questo campo, siamo riusciti ad avere un rapporto di totale fiducia ma, soprattutto, ad essere un riferimento certo, nell'assenza totale di ogni contatto positivo con le istituzioni di questa città. Ci stiamo adoperando per il loro inserimento lavorativo, ostacolato da molte rigidità, e per l'inserimento scolastico, da settembre scorso infatti un bambino ha iniziato a frequentare una scuola elementare in zona dove sta sperimentando nelle maestre e nei compagni finalmente dei soggetti che lo riconoscono e collaborano positivamente con lui.

In data 20 ottobre 2010 si è svolto l'ultimo sgombero: dalle 7,00 di mattina gli abitanti del campo hanno atteso l'arrivo della Polizia locale insieme a una decina di componenti del Gruppo di sostegno Forlanini. Nonostante la presenza di minori (due bambine di 15 e 19 mesi e un maschio di 7 anni, tutti peraltro nati in Italia) e di anziani con seri problemi sanitari – presenze già verificate da precedenti accertamenti e in ultimo dal sopralluogo svolto dalla Polizia la sera precedente - la procedura di sgombero è stata avviata comunque e con la totale assenza dei servizi sociali. Il Gruppo di sostegno ha preteso, ma inutilmente, l'esibizione di un titolo scritto per lo sgombero, oltretutto in assenza di una chiara individuazione del proprietario del fondo.

Gli abitanti del campo sono stati allontanati e denunciati per occupazione abusiva; successivamente sono entrate in funzione le ruspe per distruggere le baracche, le tende e tutti quei beni che gli abitanti del campo non sono riusciti a portarsi dietro nel loro ennesimo esodo.

Ora gli abitanti del campo vagano di nuovo nel quartiere e nella città, in una città in cui non vengono riconosciuti a questa categoria "speciale" i diritti di base: la casa, la salute, l'assistenza sociale e sanitaria, l'istruzione, un lavoro.

Siamo ormai al quattordicesimo sgombero di questa realtà, che non ha mai impensierito realmente gli abitanti del quartiere, cui basta il traffico frenetico del viale e quel muro per non vedere quel luogo di perdizione. Eppure gli "ospiti" di quel campo non si vogliono nascondere: ad aprile 2009, poco prima del primo sgombero, a un'assemblea in piazza Ovidio con De Corato, indetta sulla sicurezza, convincemmo due di quelle donne a intervenire pubblicamente; davanti a una platea prima tumultuante e poi raggelata nell'ascolto, parlarono della loro vita grama, della loro insicurezza, del degrado in cui non volontariamente vivevano, dimostrando quanto erano "normali" gli "alieni" da cui ci sentiamo "minacciati".

Ora il nostro gruppo intende intensificare la lotta a questa politica degli sgomberi continui senza alcuna reale alternativa abitativa, contro questa politica disumana ed illegittima; saremo presenti agli interventi che lì si preannunciano, abbiamo già raccolto materiale per altri sgomberi, in modo da non lasciare sguarnite le dotazioni; e intendiamo denunciare questi comportamenti inumani nelle sedi ufficiali, alla stampa e agli organi nazionali e internazionali a ciò preposti. Perché i "loro" diritti sono i "nostri" diritti.

Gruppo di Sostegno Forlanini - scendiamoincampo@gmail.com

Milano, 3 novembre 2010

 
Di Fabrizio (del 04/11/2010 @ 09:55:38, in Italia, visitato 1643 volte)

Tra reticenze e mezze verità, continua lo scaricabarile mentre si avvicina la scadenza del 31 dicembre (e fa pure freddo, a questo non ci pensa nessuno?)

Lo Stato e il Viminale, attraverso il Prefetto, "hanno fatto la loro parte" sull"'emergenza rom" a Milano, "ora il Comune, che sin qui ha fatto moltissimo, dovra' continuare a fare la sua. Nel rispetto dei propri diritti, ma anche di quelli dei rom. Perché ci sono situazioni, e quella cui mi riferisco e' tale, che non sono risolvibili con uno sgombero".

Lo afferma Gian Valerio Lombardi, prefetto di Milano, in un'intervista al Corriere della Sera. Lombardi, nella veste di commissario straordinario per l'emergenza rom, si riferisce in particolare all'area di via Triboniano, periferia nordovest di Milano. "Oggi ospita oltre 500 persone, ma ora l'area serve per l'Expo 2015 – spiega -. Solo che l'istituzione di quel campo era stata disposta e regolamentata dal Comune stesso: la maggior parte di coloro che vi risiedono ha tuttora diritto di starci e la condizione per chiuderlo e' che si trovi una soluzione per loro.

Per questo il Comune la scorsa estate aveva individuato 25 alloggi dell'Aler, l'istituto milanese delle case popolari, con le caratteristiche di cui sopra: da destinare ai rom, ma senza sottrarli ad alcuna graduatoria". Tuttavia "una parte politica della maggioranza del Comune di Milano, preoccupata di un possibile messaggio negativo per i cittadini milanesi, ha deciso di rivedere gli impegni gia' presi". Lombardi spiega allora di aver trovato "soluzioni alternative" interpellando "i privati".

Ora, prosegue, "risulta decisivo il ruolo del Comune: queste case andranno usate per il fine cui sono state destinate, e il compito di gestire i passaggi successivi spetta appunto al Comune". Lo sgombero del Triboniano non sara' comunque "automatico": "e' un campo regolare, e nessuno potra' presentarsi qui a chiedermi semplicemente di sgomberarlo. Il Comune dovra' fare un decreto e motivarlo. Presentare anche agli abusivi un regolare provvedimento di allontanamento. E farsi carico di trovare una sistemazione provvisoria per i ‘regolari' ancora eventualmente presenti".

30 ottobre 2010 | 16:56

 
Di Fabrizio (del 02/11/2010 @ 09:06:38, in Italia, visitato 1945 volte)

IL MATTINO di Padova

Giuseppe Cancelli, 57 anni, ha vissuto dall'infanzia all'età adulta in carovana

Popolo misterioso quello degli zingari. Misterioso e irriducibile al vivere stanziale. E per questo motivo percepito come pericoloso. "Troppo facile fare di tutta l'erba un fascio", risponde Giuseppe Cancelli che ha trascorso dall'infanzia alla vita adulta in carovana, per le strade del mondo. Cinquantasette anni, ben piantato, lo sguardo indagatore ed il sorriso ironico sotto i baffi spruzzati di bianco, Cancelli si racconta seduto su un divano del soggiorno arredato in giallo. Mentre sua moglie Iside, sinta di Ferrara riservata e gentile, serve il caffè agli ospiti in tazze di porcellana a fiori.

Cancelli: un cognome italiano...

E' quello di mia madre, una sinta italiana con sangue tedesco nelle vene. Sono nato a Pisa, ho studiato in scuole italiane, ho fatto il servizio militare a Pordenone, nella divisione corazzata Ariete, caserma Fiore. Lavoro in Italia, ho documenti italiani, voto in questo paese, i miei figli sono italiani.

Al tempo stesso lei è fiero di far parte del Romané Chavé, del popolo rom.

Non c'è contraddizione, se si risale indietro nei secoli. Con una precisazione: da quando l'Europa ha aperto le frontiere dell'Est, molti pensano che rom sia l'abbreviazione di rumeno. Invece nella nostra lingua di origine indiana, il Romanès, rom significa uomo.

Siete diversi all'origine?

No, casomai per paesi di destinazione. Immagini due rette parallele originate entrambe, a partire dall'VIII secolo d.C. per successive migrazioni dovute a carestie e conflitti, dalla medesima regione del Pakistan chiamata Sindh giunte poi in Grecia dalla Mesopotamia con le legioni romane d'Oriente. Da allora il nostro cammino non si è più fermato: stiamo in un paese trenta, quaranta, anche cent'anni, se ci lasciano vivere tranquilli; per andarcene quando veniamo perseguitati. Noi, Rom e Sinti, parliamo un'unica lingua con inflessioni dialettali legate ai paesi di permanenza; di cui abbiamo adottato i costumi senza offuscare la nostra identità.

In Italia il popolo nomade ha sempre conosciuto persecuzioni?

No. Conserviamo dei salvacondotti papali del 1200, che ci permettevano di muoverci senza essere carcerati. Le vessazioni partono dal '400 con bandi del ducato di Milano, della Repubblica di Venezia, in cui viene quantificato il valore dello zingaro catturato vivo e di quello ucciso. I galeoni, che solcavano l'oceano verso l'America, erano pieni di zingari ai remi, imprigionati e deportati. Oggi si trovano rom ai quattro angoli del pianeta.

Facendo un salto di secoli: avete conosciuto le persecuzioni naziste?

I nonni paterni e mio padre durante il fascismo sono stati internati a Berra, nel ferrarese, altri del gruppo in quella di Campobasso. Non ci è stato riservato l'atroce destino dei lager nazisti, ma molti rom sono deceduti lì dentro per fame, freddo, malattie: eravamo gli ultimi ad essere considerati. Dicono che nell'Olocausto sono morti 500.000 zingari, almeno il doppio secondo la nostra stima.

Come campavate, quando giravate con i carri?

Il mio gruppo di appartenenza è quello dei Rom Kalderash, emigrato in Moldavia e Valacchia e lì rimasto schiavo cinque secoli; per giungere poi in Montenegro, paese dei miei bisnonni e nonni. Come dice il nome stesso, i Kalderash sono sempre stati bravi calderai e ramai. Anche mio padre lo era e da lui ho imparato a girare per i paesi in cerca di caldaie in rame ed acciaio da stagnare; di ristoratori, pasticceri, grandi alberghi. D'inverno ci fermavamo e vivevamo dei guadagni dell'estate, come le formiche.

Da quanto risiedete a Padova?

La mia famiglia da 37 anni, io sono stanziale da 18. Ho figli e nipoti nati, chi a Monselice, chi ad Abano, chi a Camposampiero. Nei primi anni '90 abbiamo comprato la terra ed incominciato a farci la casa. Ma i tempi cambiano e per dare un futuro ai figli ho iniziato a fare l'ambulante: abbiamo dei chioschetti, con cui giriamo per fiere, sagre e mercati vendendo bibite, panini, salsicce. E' tutto in regola: partita Iva, richieste, licenze, pagamenti Tosap, conservo tutto, ecco qua. Ai Comuni non chiedo aiuti né soldi, solo il permesso di lavorare: voglio integrarmi del tutto nella società, in cui vivo.

I suoi figli hanno studiato?

Con l'aiuto dell'Aizo sezione di Padova, presieduta dall'infaticabile Elisa Bertazzo, i nostri ragazzi arrivano alla terza media. I Sinti spesso frequentano le superiori, sono ben integrati, trovano poi impiego come cassiere, magazzinieri, saldatori, muratori, imbianchini.

Professa una religione?

Sono cattolico battezzato, come i miei figli. Con una parte della famiglia ci stiamo orientando verso gli evangelici-cristiani, di cui mio genero è pastore. Ci raduniamo spesso qui a meditare sulla Bibbia.

Perché la titubanza di certi suoi sguardi, certi silenzi?

Ci portiamo dentro una diffidenza atavica. Crede sia facile per i miei figli non essere salutati dagli ex compagni di scuola? Per me dai loro genitori, con cui ci siamo visti per anni? Siamo contenti di vivere qui, vogliamo essere cittadini come gli altri, ci impegniamo a rispettare le leggi di questo paese, a studiare, a non delinquere. Coscienti che nei nostri confronti vien fatta di tutta l'erba un fascio e che non cambierà mai.

31 ottobre 2010

 
Di Fabrizio (del 31/10/2010 @ 09:35:01, in Italia, visitato 1875 volte)

Ciao a tutti, sperando di fare cosa gradita vi invio la posizione unitaria di cgil cisl uil di Monza-Brianza in risposta a un odg razzista e spietato della lega contro i rom.
ciao
Marta Pepe

CGIL CISL UIL Monza e Brianza, venuti a conoscenza degli ordini del giorni sui Rom in discussione al Consiglio Provinciale di oggi, esprimono le seguenti valutazioni.

Riteniamo che sia un fatto grave innanzitutto parlare di "espulsione su base etnica" dei Rom dalla Provincia di Monza e Brianza perché questo termine, in contrasto con le normative europee e nazionali vigenti, prefigura reato di discriminazione razziale.

Sosteniamo che tutti i cittadini hanno diritto all'ordine e alla sicurezza così come diciamo che la responsabilità penale è personale e che vanno perseguiti tutti i reati da chiunque commessi. E' però preoccupante, a nostro avviso, utilizzare stereotipi per incriminare una intera etnia, basandosi su pregiudizi e non su dati concreti. Sosteniamo che ritenere una comunità collettivamente responsabile di reati e contrastare la legislazione europea sulla libera circolazione delle persone si configura come una palese manifestazione di razzismo e intolleranza.

Ricordiamo infatti che oltre alle recenti posizioni espresse dal Papa e dal Parlamento europeo, uno specifico articolo del Trattato di Lisbona vieta la discriminazione basata su sesso, razza od origine etnica, religione o credo, disabilità, età e orientamento sessuale e conferisce al Consiglio dell'UE un chiaro mandato a svolgere le azioni necessarie per combattere queste discriminazioni.

Parlare di degrado ambientale, di aumento di furti nelle abitazioni di Pescara, Palermo e Alassio e di incendi di baracche e roulottes nei campi nomadi; pensare di risolvere tutto chiedendo fondi al Ministero per attuare le stesse politiche per cui il Governo francese è appena stato censurato dalla Commissione Europea non serve a nessuno, così come non serve una visione esclusivamente repressiva nei confronti della presenza delle popolazioni Rom e Sinti che vivono nel nostro Territorio, prescindendo da ogni considerazione circa il loro stato personale e giuridico.

Non riteniamo affatto che la politica degli sgomberi e dei rimpatri forzati (sull'esempio francese) sia la risposta che un territorio come la Brianza, noto per la sua storia di accoglienza, possa mettere in campo. Ci pare che risponda invece solo a costruire un clima di insicurezza e paura finalizzato a distogliere l'attenzione dai problemi urgenti da affrontare per risolvere la situazione difficile del Paese.

Siamo favorevoli, invece, all'implementazione di tutte le azioni che possano costruire reali processi di integrazione, come condizione per superare gli aspetti critici della convivenza e garantire migliori condizioni di vita a tutte le persone che vivono nella nostra Provincia.

Riteniamo perciò che la strada debba essere quella della cooperazione nel territorio tra tutti i soggetti Istituzionali, sociali e sindacali per realizzare quelle politiche di integrazione che ovunque si sono dimostrate la vera arma per affermare i diritti dei cittadini, da quello della sicurezza e cittadinanza, a quello della legalità contro la clandestinità.

Auspichiamo che il Consiglio Provinciale deliberando su un tema tanto delicato, tenga in considerazione queste nostre osservazioni.

 

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