Intendo dire, evitando gestacci e scurrilità che magari verrebbero naturali.
Vediamo la performance di Dijana Pavlovic e Jovica Jovic in questa impresa quasi
impossibile.
Tratto da "L'almanacco del Gene Gnocco" del 20 febbraio 2011
Di Fabrizio (del 03/03/2011 @ 20:11:00, in Italia, visitato 2364 volte)
Stamattina presto, oltre un centinaio di poliziotti in tenuta antisommossa,
accompagnati da vigili del fuoco, ruspe, ambulanza e diversi camion, si sono
presentati al nostro campo, per sgomberare 4 nuclei familiari, ivi residenti da
quando è stato formato. Una delle famiglie sfrattate aveva anche presentato
ricorso amministrativo a settembre ed un successivo ricorso al TAR contro il
comune di Milano per un precedente avviso di sgombero [vedi
QUI]. A nessuno è stata consegnata notifica scritta per questo sgombero,
come invece previsto dalla legge.
Le roulottes e le case mobili degli sfollati sono state portate via dai vigili,
e quindi le famiglie non hanno dove andare. Prima hanno potuto portarsi via i
loro beni. Tutti erano accampati ai margini esterni del campo, perché la
piazzola loro assegnata era stata occupata in precedenza da abusivi. L'assurdo è
che queste famiglie abusive sono rimaste al loro posto.
Accompagnati da altri componenti del campo, gli sfrattati si sono presentati in
Casa della Carità (che ha la gestione del campo), ma non sono stati ricevuti per
assenza dell'incaricato. A tuttora nessuno di Casa della Carità è intervenuto
sul posto.
Inoltre una ruspa ha demolito la cabina elettrica che serviva tutto il campo, a
causa di alcuni allacciamenti non regolari; col risultato che ora tutto il campo
è senza elettricità (anche chi aveva un regolare contatore). In molte famiglie
manca anche la legna per scaldarsi. Nel frattempo piove su giusti e ingiusti.
I vigili hanno detto che torneranno lunedì prossimo per smantellare altre tre
case.
La brutalità degli innumerevoli sgomberi contro gli insediamenti abusivi, si sta
quindi trasferendo anche verso i campi sosta comunali, quelli che si vorrebbe
chiudere col famoso "Piano Nomadi", che in due anni non si è concretizzato,
nonostante le somme a disposizione (13 milioni di euro) per incapacità dello
stesso Comune. In mancanza di idee, il Comune maschera la sua incapacità
rendendo la vita impossibile ai Rom e ai Sinti cittadini e perseguendo una lenta
politica di logoramento.
Con l'occasione, smentiamo quanto affermato dal parlamentare europeo Borghezio
in un suo comunicato su
Agenzia Parlamentare: nonostante tutto, il campo di via Idro c'è ancora, a
fare da specchio alle contraddizioni sue, del suo partito e della maggioranza
che governa Milano.
Per informazioni: Fabrizio Casavola, 347-717.96.02
info@sivola.net
Antonio Braidic, 338-771.28.56
Di Sucar Drom (del 03/03/2011 @ 09:40:19, in Italia, visitato 2130 volte)
Assemblea del 2 marzo 2011, Brescia
La Federazione riunisce e coordina ventidue associazioni rom e sinte presenti in
tutta l’Italia. La federazione è riconosciuta dal Governo italiano e dalla
Presidenza della Repubblica. L’incontro di oggi è stato organizzato per
discutere e verificare il lavoro svolto nel 2010 e decidere le prossime
iniziative e i prossimi impegni della federazione.
I presidenti delle associazioni hanno plaudito al lavoro svolto nella
Campagna Dosta!, promossa dal Consiglio d’Europa e dal Dipartimento per le pari
Opportunità della Presidenza del Consiglio. La federazione ha realizzato
incontri, concerti, spettacoli teatrali, manifestazioni, dibattiti, mostre
fotografiche e tanto altro in diverse Città italiane, quali: Milano, Bolzano,
Mantova, Brescia, Prato, Rimini, Piacenza, Vicenza, Bari… A Venezia grazie al
lavoro della federazione nella Campagna Dosta! è stato costituito l’Osservatorio
sulle discriminazione con il supporto del Comune di Venezia e dell’UNAR,
l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale del Ministero delle Pari
Opportunità.
La federazione ha poi partecipato a diverse iniziative istituzionali, quale
la commemorazione del Giorno della Memoria al Quirinale su invito diretto del
Presidente Napolitano.
L’Agenzia europea contro il razzismo (FRA) ha scelto la federazione come suo
partner per l’Italia per realizzare in tutta l’Italia una ricerca sul livello di
razzismo percepito e vissuto da sinti e rom. Saranno effettuate, entro maggio
2011, mille interviste a rom e sinti in tutto il Paese.
Inoltre, il Dipartimento di Stato americano ha invitato la Vice Presidente
della federazione Dijana Pavlovic a Washington per discutere sul razzismo e
sulle discriminazioni vissute da sinti e rom in Italia.
La federazione ha fissato la propria assemblea elettiva del 2011 in cui verrà
eletto il nuovo consigli direttivo. I Consiglieri della Federazione hanno
discusso le motivazioni che hanno portato il Presidente Radames Gabrieli a
dimettersi. Dopo un confronto serrato tra tutti i Consiglieri e il Presidente
dimissionario, il Consiglio direttivo ha respinto all’unanimità le dimissioni.
La federazione è estremamente preoccupata per le notizie drammatiche che
giungono da tutta l’Italia. Ringraziamo il Presidente della Repubblica per le
parole espresse dopo la morte di quattro bambini rom a Roma. Chiediamo al
Governo italiano di dare una svolta alle politiche fin qui messe in atto,
uscendo dalla logica sicuritaria e affermando il riconoscimento dello status di
minoranze linguistiche a tutti i sinti e i rom e mettendo in campo serie
politiche per il lavoro e per la casa. Chiediamo al Ministero del Welfare di
fissare un incontro per studiare un piano nazionale.
La federazione ha discusso a lungo sulla grave situazione dei sinti e dei rom
a Brescia che si trascina da alcuni anni. Dopo la vicenda accaduta il 14
febbraio nel campo sinti di via Orzinuovi 108 di Brescia la federazione a deciso
di intervenire per contrastare il provvedimento del Comune di Brescia che
intende spostare tre famiglie sinte nel villaggio per l’emergenza abitativa.
Contrastiamo questa decisione per questi motivi:
1) Le famiglie che vivono oggi nel villaggio di Borgo Satollo sono in una
situazione di grave sovraffollamento che pregiudica la situazione igienico
sanitaria dello stesso villaggio, sarebbe quindi doveroso che le tre casette
siano assegnate alle famiglie numerose che già vivono nel villaggio;
2) Le famiglie sinte in questi anni hanno investito risorse importanti per
comprarsi autonomamente un’abitazione (case mobili) senza chiedere assistenza al
Comune;
3) Le famiglie sono pronte ad impegnarsi per sottoscrivere dei mutui per
l’acquisto di terreni dove ogni famiglia può vivere in pace, questo progetto si
è fermato dopo che il Comune Brescia non si è impegnato per risolvere il
contrasto politico amministrativo con il Comune di Guidizzolo (MN), lasciando
cadere la possibilità che quattro famiglie potessero trovare una soluzione seria
e soddisfacente.
L’azione del Comune di Brescia il 14 febbraio, togliere l’energia elettrica a
tutte le famiglie sinte, è stato un provvedimento barbaro e medioevale che ha
messo a repentaglio la vita di due bambini. Una gravissima forma di
discriminazione.
La federazione organizzerà una manifestazione a Brescia in cui presenterà
alla Città proposte serie per risolvere il problema abitativo vissuto dalle
famiglie sinte e rom. Chiediamo a tutte le associazioni, a tutte le
organizzazioni e a tutta la società civile di partecipare all’organizzazione
della manifestazione.
Elvira, una bambina gentile e solare, gioca con la sorellina di 2 anni, gira
per casa, anche se quella dove vive è difficile definirla casa. Una baracca di
20 metri quadrati dove vivono in otto, i genitori e sei figli. Fanno parte della
comunità rom di Scampia e si sono costruiti un'abitazione di fortuna con lamiere
e altri materiali trovati in strada. Entrando, però, l'atmosfera è
sorprendentemente accogliente: ci sono mobili, un televisore al plasma, tappeti,
un tavolo di legno e un divano in velluto. Le bambine ridono, si divertono.
Quando vedono Viola, la volontaria dell'associazione 'Non uno di meno', le
corrono incontro felici. Il rapporto che i volontari hanno instaurato con le
famiglie rom è ottimo: loro sanno che grazie a Viola i bambini potranno andare a
scuola e riuscire ad integrarsi con gli altri bambini italiani.
Circa 70 famiglie, giovani, anziani e molti bambini. Tra i campi Rom di Scampia,
quello di viale della Resistenza, proprio di fronte alla scuola elementare
Ilaria Alpi, è uno dei più a rischio. Dopo il tragico incidente verificatosi a
Roma il 6 febbraio scorso, che ha visto la morte di 4 bambini a seguito di un
incendio divampato in un campo nomadi, l'attenzione verso la problematica rom si
sta facendo sentire in tutte le città italiane. E anche a Napoli la situazione
non è delle più tranquille. A Scampia esiste una delle comunità nomadi più
grandi del Paese. In tutto 400 famiglie. Il Comune ha messo a norma uno dei
campi alla periferia nord della città, ma per molti altri le condizioni
igieniche e di sicurezza restano davvero minime.
La scorsa settimana la Commissione d'Inchiesta Anticamorra, per la vigilanza e
la difesa contro la criminalità organizzata, ha visitato il presidio sociale nel
campo di Scampia, denunciando il forte degrado e sottolineando la necessità di
"un potenziamento dei servizi per prevenire e contrastare le emergenze sociali".
Ma la strada da fare è lunga e le scelte condizionate dalla politica.
Dai campi le famiglie lanciano il loro appello: "Abbiamo bisogno di case decenti
in cui vivere e di un aiuto dallo Stato per cercare di integrarci nella
comunità". Così uno degli uomini della baraccopoli di viale della Resistenza
spiega che la difficoltà sta soprattutto nella mancanza del permesso di
soggiorno. Molti di loro, infatti, non sono cittadini italiani e questo rende
ancora più complicato la ricerca di un lavoro. La mancanza di denaro li spinge
verso attività illecite, portandoli spesso a fare i conti con la giustizia e
allontanando la speranza di un permesso di soggiorno. "Un circolo vizioso che lo
stato dovrebbe interrompere", spiega il "capofamiglia", un uomo forte, in Italia
dal 1980, ma ancora con passaporto macedone.
Di Fabrizio (del 27/02/2011 @ 09:49:11, in Italia, visitato 2217 volte)
È pomeriggio. Il campo rom è avvolto da fumo, fuliggine, odore nauseabondo di
liquami. La spazzatura non viene ritirata da giorni. Pozzanghere di melma
fuoriescono in tutta la zona abitata. Cani e bambini giocano nell'area se pur
impraticabile. Le fogne della parte nuova del campo, consegnata da pochi mesi
per il nuovo progetto, risultano non funzionanti. La pendenza della strada è
stata sbagliata: i liquami dei 16 prefabbricati non finiscono nella prevista
fogna a dispersione ma fuoriescono nelle case, attraverso i minuscoli bagni dei
primi alloggi. I "lavori pubblici", pur investiti per giorni del problema, non
intendono intervenire. Alcuni rom aprono un tombino alla fine della strada ed i
liquami abbandonano le casette e si liberano nel campo. I rappresentanti del
campo chiamano a loro spese autospurghi per tentare di trovare soluzioni da sé.
Inutilmente perché il problema non è che risolvibile da un'impresa.
La parte vecchia del campo, quella delle baracche è in parte invivibile a
causa del descritto sovraccarico fognario ed a causa della rottura del vecchio
impianto idrico che non ha retto al tempo allagando parte delle baracche.
Bambini, adulti con gravi forme di disabilità (amputazione degli arti,
dialisi, ictus, epilessia), dormono nell'acqua e non ricevono alcuna assistenza.
I bagni sono comuni e non adiacenti alle baracche. Poi un'ispezione.
Un'ingiunzione di abbattimento. Un tempo limitato per trovare soluzioni ad una
situazione che facile non è e che si trascina da anni. Troppi. Quasi venti.
Iniziata con un' infausta decisione amministrativa di far diventare campo e
comunità semplicemente alcune famiglie di concittadini che scappando dalla
guerra in Jugoslavia avevano cercato rifugio in città. Il ghetto negli anni si è
protratto, è cresciuto nell'incuria politica di tutti. Un'ignavia
politico-organizzativa generalizzata, intervallata da interventi estemporanei
dettati da una qualche situazione emergenziale. Pagamento delle utenze,
autospurgo, spazzatura. Alcuni container forniti con finanziamento provinciale,
un nuovo ultimo progetto abitativo ma mai interventi congiunti, organici, a
lungo periodo, mirati intanto al superamento del campo (perché il campo per
forza?) edal concreto inserimento sociale e lavorativo dei rom.
I bambini nati qui, cresciuti nelle scuole della città non hanno di fatto un
futuro diverso che vivere, crescere e morire nel campo. Da soli non ce la fanno
nemmeno ad affrontare la scuola media. non hanno ancora i libri! Stamane,
durante l'incontro avvenuto a Palazzo Carafa col Sindaco di Lecce ed altri
rappresentanti istituzionali, abbiamo appreso con sollievo la dichiarata volontà
politica dell'amministrazione comunale di non voler agire un indiscriminato
sgombero delle famiglie rom di campo Panareo ma la disponibilità anzi, ad un
tavolo di concertazione che possa mettere in campo progettualità possibili.
La convocazione dei piani di zona, inoltre, risulta un percorso
indispensabile, stante la disponibilità finanziaria derivante dalla misura PO
FESR 2007-2013, asse III, linea 3.4 azione 3.4.1., il cui bando - che sta per
scadere a brevissimo - è fruibile solo dai comuni ed è rivolto, fra i possibili
beneficiari anche ad "adulti in condizione di disagio, minoranze quali nomadi e
stranieri immigrati, altri soggetti marginali o a rischio di emarginazione
sociale, culturale, economica e lavorativa". È un finanziamento che non può
essere utilizzato per usi edilizi ma bensì per il pagamento di fitti, per
progetti di inserimento sociale e lavorativo e quant'altro si possa mettere in
atto per un ammontare massimo di 700mila euro. Con l'individuazione di strategie
possibili ed un minimo di coordinamento fra i differenti settori del Comune di
Lecce e fra questo e i Comuni del Salento, non diventerebbe più impossibile
mettere in campo dei canali di risoluzione delle problematiche sociali ed
abitative dei rom come di altri soggetti svantaggiati della città.
Ma se l'uso di fondi regionali già esistenti risulta proficuo per la
determinazione di servizi possibili utili sia al provvisorio arginamento
dell'emergenza abitativa sia alla collocazione ed al sostegno dei disabili
residenti al campo, rimane da risolvere e presto la gravissima situazione
igienico-ambientale in cui versano attualmente le famiglie rom.
È necessario un intervento straordinario ed urgente, possibile, con facilità,
solo con un impegno celere, sinergico e congiunto fra istituzioni. Qualcuno deve
intervenire e fondi straordinari ed immediati possono essere reperiti da
qualsiasi ente, intanto, ad esempio, da quello principe che è l'Ente Provincia.
L'invito finale rivolto ai soggetti istituzionali coinvolti ed a quelli
silenziosi è quello di recarsi di persona, almeno per una volta, al campo
Panareo, perché prima di decidere se intervenire o meno, come o come non farlo,
si ha il dovere etico, morale e politico di conoscere la realtà e di vedere la
situazione coi propri occhi.
Non sfuggirebbe lo stridio fra il degrado estremo del campo Panareo e la
forza, la dignità, lo sforzo di cura della famiglia e degli spazi, altrettanto
estreme e tenaci, che contraddistinguono gli abitanti, anche i più piccoli, e la
loro solitudine.
Di Fabrizio (del 26/02/2011 @ 09:10:33, in Italia, visitato 2153 volte)
mercoledì 2 marzo dalle 10.00 alle 17.00
a
Brescia in
Via Orzinuovi n. 108
L'incontro è aperto a tutte le associazioni aderenti alla Federazione, a tutte
le associazioni sinte e rom e a tutti i singoli sinti e rom che vogliono
impegnarsi per il riconoscimento dei diritti di minoranze linguistiche.
Ordine del Giorno: 1) Stati generali della federazione;
2) Azioni dei Presidenti delle associazioni aderenti nei diversi territori;
3) Analisi della situazione di Roma e Milano e preparazione di un comunicato
stampa.
Di Fabrizio (del 24/02/2011 @ 09:36:24, in Italia, visitato 1634 volte)
RepubblicaIl Comune ha trasferito i rom un anno fa, ma rimane il degrado
- di CECILIA GENTILE
Degrado e rifiuti dopo lo sgombero del campo nomadi
Sedie di plastica, materassi, scarpe, rami secchi, bottiglie, cibo per gatti. Un
water, tante carrozzine, tavolacci, schermi di vecchi computer, calcinacci,
carcasse di auto. C'è di tutto nelle montagne di rifiuti davanti all'ingresso di
quello che fino ad un anno fa era il Casilino 900, il campo rom più grande
d'Europa.
Il sindaco Gianni Alemanno celebrò lo sgombero del febbraio 2010 come l'inizio
di una nuova era. La rimozione di quella indecente baraccopoli avrebbe
consentito la realizzazione del parco di Centocelle ed inaugurato la progressiva
scomparsa degli insediamenti abusivi. "Vogliamo che entro quest'anno non
esistano più campi nomadi abusivi e tollerati e tra qualche anno neanche gli
altri", diceva Alemanno durante il lavoro delle ruspe. E ancora prima, quando
nel giugno 2009 il Comune installò gli allacci della luce nell'insediamento, il
sindaco dichiarava: "I lavori portati a termine a Casilino 900 resteranno a
disposizione dei cittadini che, una volta completata la chiusura del campo
prevista per fine anno, avranno un parco pubblico attrezzato dotato di
illuminazione".
Ma un anno dopo, il parco di Centocelle non esiste e i 700 rom sgomberati dal
Casilino 900 vivono appiccicati ai nomadi dei villaggi attrezzati esistenti,
contendendosi spazi e servizi in condizioni di estremo degrado. Nella gigantesca
area un tempo occupata dalle case di fortuna di bosniaci, montenegrini e serbi,
adesso ci sono un'altissima foresta di erba secca, siringhe vecchie e nuove
sparpagliate tra campi e sentieri, cumuli di rifiuti. Un altro monumento al
degrado e all'abbandono, che rischia di essere rioccupato da un momento
all'altro dai nomadi sgomberati e furiosi. Qualcuno che ci vive dentro c'è già.
Ad appena pochi passi dall'ingresso principale malamente chiuso con un muretto
basso di cemento e una cancellata arrugginita che è stata forzata, c'è una
costruzione in mattoni con un'entrata ad arco, dove sono accumulati materassi e
coperte. Tutt'intorno, i resti evidenti di toilette improvvisate.
"Ormai abbiamo capito che sindaco e giunta non hanno alcun interesse a
realizzare il parco di Centocelle - dichiara il presidente del VII municipio
Roberto Mastrantonio - Il 19 dicembre 2010 una delibera del consiglio comunale
ha rimodulato i fondi per Roma Capitale definanziando il secondo stralcio di 18
ettari del parco, per il quale erano stati stanziati quattro milioni e 200 mila
euro. Una gran parte di quei fondi, pari a tre milioni, sono stati utilizzati
per realizzare la Prenestina bis, che era una promessa elettorale di Alemanno".
Il parco archeologico di Centocelle venne deciso dalla prima giunta Rutelli nel
1993. Il consiglio comunale ne ha adottato il piano particolareggiato con le
controdeduzioni il 31 gennaio 2005. La regione Lazio lo ha approvato il 20
ottobre 2006. Ma fino ad ora, dei complessivi 110 ettari, ne sono stati aperti
al pubblico soltanto 33, all'epoca del sindaco Veltroni. "Il secondo stralcio
definanziato - racconta il presidente Mastrantonio - interessa la cosiddetta
area del "Canalone", dove un tempo c'era l'insediamento del Casilino 700, anche
quello sgomberato, e prevedeva anche un'area servizi con un teatro, piste di
pattinaggio e un gazebo per la guardiania. Ma adesso siamo di nuovo all'anno
zero".
Di Fabrizio (del 23/02/2011 @ 09:39:24, in Italia, visitato 1793 volte)
Leggere anche
QUI (17 ottobre 2010),
QUI (27 gennaio 2011) e
QUI (6 febbraio 2011)
Oggetto:incontro comitato intersettoriale venerdì 18 febbraio pv.
Egregio Sig. Sindaco,
in riferimento all'invito pervenutoci telefonicamente per il tramite
dell'assistente sociale in servizio presso l'istituzione dei Servizi Sociali del
Comune di Lecce, Le comunico che non presenzieremo all'incontro.
La proposta di contributo comunale dell'ammontare di Euro 500 non ci permette di
risolvere il problema abitativo in quanto non è una cifra sufficiente ad
acquistare delle roulotte ignifughe a norma di legge.
Questa cifra è stata sufficiente in passato perché coloro che hanno occupato i
16 prefabbricati hanno venduto per 500 euro al comune alcune roulotte ancora in
buone condizioni.
Consci che il comitato intersettoriale non ha poteri decisionali all'interno
dell'amministrazione comunale ma che si tratta di un organismo puramente
consultivo e di razionalizzazione dell'agire amministrativo, rimaniamo in attesa
di essere ricevuti in delegazione dalla S.V. ed insieme ad una rappresentanza di
associazioni che in questi anni hanno seguito le vicende del campo rom panareo.
Sono trascorsi più di quindici anni dal nostro arrivo nella città. Non siamo
nomadi, non lo siamo mai stati. Non possiamo ritornare a vivere nelle roulotte e
nel degrado nel quale il campo si trova.
Stante la disponibilità di altri enti e di associazioni di sostegno ad
individuare delle strategie di superamento della condizione di estrema
emarginazione sociale ed urbana nella quale viviamo, chiediamo di poter essere
ascoltati e di poter trovare insieme una speranza di soluzione.
Siamo consci che le diverse problematiche non sono risolvibili nell'immediato,
siamo consci altresì che il Comune di Lecce non può farlo da solo, perciò
chiediamo di allargare a quei soggetti che si sono resi disponibili.
Tamponare oggi un'emergenza più che annunciata, non risolve i problemi sanitari
e abitativi del campo e soprattutto quanto durerà?
Altri quindici anni?
Non possiamo non dare un futuro più dignitoso ai nostri figli, nati e cresciuti
qui a Lecce.
Segnaliamo, infine, che l'aria del campo è fortemente malsana, irrespirabile a
causa del continuo fluire delle fogne e della mancata raccolta della spazzatura.
Constatiamo con dispiacere che di fronte ai diversi problemi strutturali e
sociali che presenta il campo, più volte da noi denunciati in tutti questi anni,
non ci si è attrezzati politicamente per ricercare soluzioni capaci di garantire
un'effettiva inclusione sociale. Le Istituzioni si sono mosse solo sulla scia
delle infinite emergenze che la stessa situazione di vita in un campo
ripropone sistematicamente. Questo modo di operare si è rivelato, di fatto,
infruttuoso, visto che l'unico
risultato è stato quello di spostare le "risoluzioni" a qualche anno più avanti,
senza di fatto mai iniziare alcun processo di emancipazione.
Per questi motivi rimaniamo in attesa di un cortese confronto con la S.V. per
avviare un dialogo, che ci auguriamo sia costruttivo e proficuo, capace di
affrontare con una prospettiva politica di medio e lungo termine la questione
dell'inclusione sociale. Auspichiamo che esista la volontà politica di avviare
un percorso concertato in grado di superare definitivamente l'approccio
emergenziale con cui sino ad oggi ci si è mossi rispetto al campo.
Ai fini, inoltre, dell'incontro previsto venerdi p.v., ci scusiamo e chiediamo
cortesemente di voler far mettere a verbale la presente lettera.
In attesa di cortese riscontro, porgiamo cordiali saluti.
Lecce, 17.02.2011.
Benfik Toska
(Rappresentante Campo Sosta Panareo - Lecce)
Tel. 328.9447057
Al Sindaco del Comune di Lecce Paolo PERRONE
Al Direttore dell'Istituzione per i servizi Sociali del Comune di Lecce Antonio CARPENTIERI
Ai Componenti Commissione Intersettoriale dell'Amministrazione Comunale di
Gestione dell'Area Sosta Attrezzata per Comunità Rom
Dirigente del Settore Servizi Sociali, Dirigente del Settore Educazione,
Formazione e Lavoro,Dirigente del Settore Lavori Pubblici, Dirigente del Settore
Igiene, Dirigente del Settore Randagismo, Dirigente del Settore Urbanistica,
Dirigente del Settore Polizia Municipale, Equipe socio-assistenziale referente
dell'area di sosta
Componenti la V^ Commissione
Sevizi sociali, pari opportunità, emarginazione ed emigrazione, politiche della
casa, problematiche giovanili, associazioni, problematiche del lavoro, emergenza
abitativa. Roberto MARTELLA, Corrado DE RINALDIS, Carlo BENINCASA, Marcello CANNONE,
Antonio LAMOSA, Massimo LANZILAO, Francesca MARIANO, Antonio PELLEGRINO, Stefano
PORCARI, Paola POVERO
Di Fabrizio (del 22/02/2011 @ 09:56:38, in Italia, visitato 1583 volte)
Dei rom e dei sinti (non chiamiamoli zingari) abbiamo da sempre due opinioni,
entrambe sbagliate: tutti straccioni, oppure intrisi di colore romantico.
Pensate al rossiniano "stuol di zingarelle" del Turco in Italia. Un
compiacimento che affiora ancora di tanto in tanto. Prevale, però, la visione
degli zingari "brutti, sporchi e cattivi" che a Pino Petruzzelli, attore e
regista, direttore del centro teatro Ipotesi di Genova, non piace. Petruzzelli
ha così deciso, diversi anni fa, di mettersi sulla strada dei rom per capirli.
Per anni ha visitato i loro campi, ha stretto loro la mano, e ne ha raccolto le
storie. Tutto è finito in Non chiamarmi zingaro, edito da Chiarelettere
(pagine 228, euro 12,60), che è il taccuino vivido e appassionato di questo
singolare viaggio.
Cosa l'ha spinto a questo nomadismo culturale? "Mi sembrava interessante capire come mai di questo popolo si conosca soltanto
una sfaccettatura negativa: i furti, il nomadismo... Ho voluto comprendere
cosa c'è dietro, partendo da una frase di Eduardo De Filippo. Diceva: 'Un uomo
vivo non ruba per morire, ma ruba per vivere'. Me ne sono occupato per circa
cinque anni, girando l'Italia e l'Europa, per conoscere questo mondo così
sconosciuto. In libreria c'era e c'è ancora poco, se non qualcosa per gli
addetti ai lavori. E girando ho scoperto tante cose".
Chi sono, allora, gli zingari? "Un popolo né migliore né peggiore di tutti gli altri popoli che colorano questo
nostro mondo. Hanno problemi con cui devono confrontarsi quotidianamente.
Vivere in un campo, per i sinti o per i rom italiani, non è semplice. Non è un
campeggio, vivere venti anni in situazioni così estreme è drammatico. In
Italia c'è il grande equivoco che i rom siano nomadi geneticamente, e infatti
siamo l'unica nazione al mondo che ha messo in piedi i campi nomadi. In tutto il
resto del mondo vivono in appartamenti, e solo se sono estremamente poveri
finiscono in una baracca, come finiscono così anche i non rom poveri delle
periferie delle grandi metropoli. Forse anche in buona fede si è pensato così.
Negli anni '70 si diceva: sono nomadi, quindi, facciamo un campo per loro... ".
È la condizione di disagio in cui vivono che crea la diversità... "Sicuramente. I rom hanno una storia molto simile a quella del popolo ebraico,
ma nessuno si sognerebbe di dire che un ebreo è un nomade. Invece, nel caso
degli zingari, una storia di continue persecuzioni ha creato il nomadismo, a
iniziare dal Cinquecento quando – mi riferisco alla Serenissima – si poteva
uccidere uno zingaro senza scontare alcuna pena".
I rom entrano nella storia, ma quella degli altri. Sembra un popolo senza
storia: non ha avuto la possibilità di scriverla? "Hanno una storia tramandata in maniera orale. La nostra è una cultura che ha
scritto, così sappiamo soltanto quello che noi abbiamo scritto di loro. Oggi
sarebbe importante conoscere meglio questa loro storia e la loro cultura per
provare a vivere insieme nel rispetto di regole reciproche. Su questo dovremmo
lavorare tutti, e naturalmente anche i rom".
Lei non è zingaro. Usando una loro espressione è un gagé. Non crede che la
parola sia discriminante almeno quanto la parola zingaro? C'è anche da parte
loro una forma di discriminazione?
"Gagé è l'equivalente del nostro zingaro. Effettivamente racchiude tutto ciò
che non va bene, in un'accezione abbastanza negativa".
Da dove nasce il solco tra noi e loro, o, se preferisce, tra loro e noi gagé? "Le radici sono nel Cinquecento. Il fatto che si spostassero ha creato grossi
problemi. La nostra società invece si fa sedentaria, sicché loro, con i
continui spostamenti, rappresentano un problema. Le persecuzioni iniziano
proprio in questo periodo. Vivono in un continuo terrore verso il mondo gagé.
Nutrono la stessa paura nei nostri confronti. E hanno anche buone ragioni per
temerci. Guardando indietro nella storia, gliene abbiamo fatte di tutti i
colori: da ultimo i campi di sterminio nazisti in cui sono morti a migliaia".
Prenda De André: "Con le vene celesti dei polsi anche oggi si va a caritare".
È il verso di una sua bella canzone. Non crede però che continui ad offrire
un'immagine romantica del mondo rom? Caritare rientra nella cultura?
"No, certo, ma caritare è ben diverso da rubare. Anche il furto va capito. Chi
pensa che sia facile per un giovane rom trovare un lavoro anche da cameriere in
un bar sbaglia. Diventa difficile venir fuori da una situazione complicata, come
un campo rom. Ciò non giustifica il furto, è solo un voler capire cosa c'è
dietro".
Lei, nel suo nomadismo culturale, ha incontrato tanta gente che si è integrata.
Come è possibile l'integrazione? "In Italia ci sono tantissimi rom e sinti che ci sono riusciti, nascondendo
però la loro origine, per non essere discriminati. L'integrazione comincia con
i bambini, e nelle scuole i bambini rom e gagé giocano tra loro. Scuola però non
significa entrare in un campo e imporla. Va capito un meccanismo: agli occhi di
una società in cui il padre rappresenta la massima autorità, l'imposizione
della scuola va a minare questo suo prestigio. Un approccio sbagliato ha
soltanto un risultato: quel bambino non dovrà andare a scuola. Non si può da
elefanti entrare in una vetreria. In molti, comunque, frequentano la nostra
scuola. In tanti la lasceranno dopo le medie, ma questo avviene anche tra i
ragazzi... gagé".
Lei, da autore di teatro, ha preso qualcosa dai rom? "Il mio lavoro è nomade: stare qui e domani là, oppure prendere da questo o da
quell'autore. Ho imparato che il bello di tutti i lavori sta nel farli.
Nell'arte conta più la persona, l'autore dell'opera, che il risultato finale.
Questo a me piace: è un rispetto dell'essere umano, perché non tutti i
musicisti e i commediografi diventeranno Mozart o Shakespeare. Però hanno
vissuto come se lo fossero. Gli zingari la pensano così".
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