Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

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Gli Zingari fanno ancora paura?

La redazione
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\\ Mahalla : VAI : Italia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 04/03/2011 @ 09:34:50, in Italia, visitato 1646 volte)

Link per chi legge da Facebook

Intendo dire, evitando gestacci e scurrilità che magari verrebbero naturali. Vediamo la performance di Dijana Pavlovic e Jovica Jovic in questa impresa quasi impossibile.

Tratto da "L'almanacco del Gene Gnocco" del 20 febbraio 2011

 
Di Fabrizio (del 03/03/2011 @ 20:11:00, in Italia, visitato 2364 volte)

Stamattina presto, oltre un centinaio di poliziotti in tenuta antisommossa, accompagnati da vigili del fuoco, ruspe, ambulanza e diversi camion, si sono presentati al nostro campo, per sgomberare 4 nuclei familiari, ivi residenti da quando è stato formato. Una delle famiglie sfrattate aveva anche presentato ricorso amministrativo a settembre ed un successivo ricorso al TAR contro il comune di Milano per un precedente avviso di sgombero [vedi QUI]. A nessuno è stata consegnata notifica scritta per questo sgombero, come invece previsto dalla legge.

Le roulottes e le case mobili degli sfollati sono state portate via dai vigili, e quindi le famiglie non hanno dove andare. Prima hanno potuto portarsi via i loro beni. Tutti erano accampati ai margini esterni del campo, perché la piazzola loro assegnata era stata occupata in precedenza da abusivi. L'assurdo è che queste famiglie abusive sono rimaste al loro posto.

Accompagnati da altri componenti del campo, gli sfrattati si sono presentati in Casa della Carità (che ha la gestione del campo), ma non sono stati ricevuti per assenza dell'incaricato. A tuttora nessuno di Casa della Carità è intervenuto sul posto.

Inoltre una ruspa ha demolito la cabina elettrica che serviva tutto il campo, a causa di alcuni allacciamenti non regolari; col risultato che ora tutto il campo è senza elettricità (anche chi aveva un regolare contatore). In molte famiglie manca anche la legna per scaldarsi. Nel frattempo piove su giusti e ingiusti.

I vigili hanno detto che torneranno lunedì prossimo per smantellare altre tre case.

La brutalità degli innumerevoli sgomberi contro gli insediamenti abusivi, si sta quindi trasferendo anche verso i campi sosta comunali, quelli che si vorrebbe chiudere col famoso "Piano Nomadi", che in due anni non si è concretizzato, nonostante le somme a disposizione (13 milioni di euro) per incapacità dello stesso Comune. In mancanza di idee, il Comune maschera la sua incapacità rendendo la vita impossibile ai Rom e ai Sinti cittadini e perseguendo una lenta politica di logoramento.

Con l'occasione, smentiamo quanto affermato dal parlamentare europeo Borghezio in un suo comunicato su Agenzia Parlamentare: nonostante tutto, il campo di via Idro c'è ancora, a fare da specchio alle contraddizioni sue, del suo partito e della maggioranza che governa Milano.

Per informazioni:
Fabrizio Casavola, 347-717.96.02 info@sivola.net
Antonio Braidic, 338-771.28.56

 
Di Sucar Drom (del 03/03/2011 @ 09:40:19, in Italia, visitato 2130 volte)

Assemblea del 2 marzo 2011, Brescia

La Federazione riunisce e coordina ventidue associazioni rom e sinte presenti in tutta l’Italia. La federazione è riconosciuta dal Governo italiano e dalla Presidenza della Repubblica. L’incontro di oggi è stato organizzato per discutere e verificare il lavoro svolto nel 2010 e decidere le prossime iniziative e i prossimi impegni della federazione.

I presidenti delle associazioni hanno plaudito al lavoro svolto nella Campagna Dosta!, promossa dal Consiglio d’Europa e dal Dipartimento per le pari Opportunità della Presidenza del Consiglio. La federazione ha realizzato incontri, concerti, spettacoli teatrali, manifestazioni, dibattiti, mostre fotografiche e tanto altro in diverse Città italiane, quali: Milano, Bolzano, Mantova, Brescia, Prato, Rimini, Piacenza, Vicenza, Bari… A Venezia grazie al lavoro della federazione nella Campagna Dosta! è stato costituito l’Osservatorio sulle discriminazione con il supporto del Comune di Venezia e dell’UNAR, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale del Ministero delle Pari Opportunità.

La federazione ha poi partecipato a diverse iniziative istituzionali, quale la commemorazione del Giorno della Memoria al Quirinale su invito diretto del Presidente Napolitano.

L’Agenzia europea contro il razzismo (FRA) ha scelto la federazione come suo partner per l’Italia per realizzare in tutta l’Italia una ricerca sul livello di razzismo percepito e vissuto da sinti e rom. Saranno effettuate, entro maggio 2011, mille interviste a rom e sinti in tutto il Paese.

Inoltre, il Dipartimento di Stato americano ha invitato la Vice Presidente della federazione Dijana Pavlovic a Washington per discutere sul razzismo e sulle discriminazioni vissute da sinti e rom in Italia.

La federazione ha fissato la propria assemblea elettiva del 2011 in cui verrà eletto il nuovo consigli direttivo. I Consiglieri della Federazione hanno discusso le motivazioni che hanno portato il Presidente Radames Gabrieli a dimettersi. Dopo un confronto serrato tra tutti i Consiglieri e il Presidente dimissionario, il Consiglio direttivo ha respinto all’unanimità le dimissioni.

La federazione è estremamente preoccupata per le notizie drammatiche che giungono da tutta l’Italia. Ringraziamo il Presidente della Repubblica per le parole espresse dopo la morte di quattro bambini rom a Roma. Chiediamo al Governo italiano di dare una svolta alle politiche fin qui messe in atto, uscendo dalla logica sicuritaria e affermando il riconoscimento dello status di minoranze linguistiche a tutti i sinti e i rom e mettendo in campo serie politiche per il lavoro e per la casa. Chiediamo al Ministero del Welfare di fissare un incontro per studiare un piano nazionale.

La federazione ha discusso a lungo sulla grave situazione dei sinti e dei rom a Brescia che si trascina da alcuni anni. Dopo la vicenda accaduta il 14 febbraio nel campo sinti di via Orzinuovi 108 di Brescia la federazione a deciso di intervenire per contrastare il provvedimento del Comune di Brescia che intende spostare tre famiglie sinte nel villaggio per l’emergenza abitativa.
Contrastiamo questa decisione per questi motivi:
1) Le famiglie che vivono oggi nel villaggio di Borgo Satollo sono in una situazione di grave sovraffollamento che pregiudica la situazione igienico sanitaria dello stesso villaggio, sarebbe quindi doveroso che le tre casette siano assegnate alle famiglie numerose che già vivono nel villaggio;
2) Le famiglie sinte in questi anni hanno investito risorse importanti per comprarsi autonomamente un’abitazione (case mobili) senza chiedere assistenza al Comune;
3) Le famiglie sono pronte ad impegnarsi per sottoscrivere dei mutui per l’acquisto di terreni dove ogni famiglia può vivere in pace, questo progetto si è fermato dopo che il Comune Brescia non si è impegnato per risolvere il contrasto politico amministrativo con il Comune di Guidizzolo (MN), lasciando cadere la possibilità che quattro famiglie potessero trovare una soluzione seria e soddisfacente.

L’azione del Comune di Brescia il 14 febbraio, togliere l’energia elettrica a tutte le famiglie sinte, è stato un provvedimento barbaro e medioevale che ha messo a repentaglio la vita di due bambini. Una gravissima forma di discriminazione.

La federazione organizzerà una manifestazione a Brescia in cui presenterà alla Città proposte serie per risolvere il problema abitativo vissuto dalle famiglie sinte e rom. Chiediamo a tutte le associazioni, a tutte le organizzazioni e a tutta la società civile di partecipare all’organizzazione della manifestazione.

 
Di Fabrizio (del 02/03/2011 @ 09:49:33, in Italia, visitato 1744 volte)

sabato 5 marzo dalle 14.30 alle 17.30
Provincia di Roma, Palazzo Valentini, sala della Pace - via Quattro Novembre, 119, Roma


Ne discutiamo insieme a:

Sen. Pietro Marcenaro, Pres Commissione per i diritti umani

Sen. Roberto Di Giovan Paolo

Paolo Ciani, comunita' S. Egidio

Nazzareno Guarnieri, Presidente Federazione Romanì,

Giogio De Acutis, Casa dei diritti sociali.

Fulvia Motta, responsabile Rom e Sinti, Caritas Roma,

Claudio Graziano, responsabile nazionale immigrazione, Arci

Daniele Ozzimo, consigliere comunale, Vice Presidente Commissione politiche sociali di Roma.

Questo seminario e' organizzato insieme al gruppo Pd della Provincia di Roma

 
Di Fabrizio (del 28/02/2011 @ 09:17:14, in Italia, visitato 2559 volte)

InchiostrOnline

Elvira, una bambina gentile e solare, gioca con la sorellina di 2 anni, gira per casa, anche se quella dove vive è difficile definirla casa. Una baracca di 20 metri quadrati dove vivono in otto, i genitori e sei figli. Fanno parte della comunità rom di Scampia e si sono costruiti un'abitazione di fortuna con lamiere e altri materiali trovati in strada. Entrando, però, l'atmosfera è sorprendentemente accogliente: ci sono mobili, un televisore al plasma, tappeti, un tavolo di legno e un divano in velluto. Le bambine ridono, si divertono. Quando vedono Viola, la volontaria dell'associazione 'Non uno di meno', le corrono incontro felici. Il rapporto che i volontari hanno instaurato con le famiglie rom è ottimo: loro sanno che grazie a Viola i bambini potranno andare a scuola e riuscire ad integrarsi con gli altri bambini italiani.

Circa 70 famiglie, giovani, anziani e molti bambini. Tra i campi Rom di Scampia, quello di viale della Resistenza, proprio di fronte alla scuola elementare Ilaria Alpi, è uno dei più a rischio. Dopo il tragico incidente verificatosi a Roma il 6 febbraio scorso, che ha visto la morte di 4 bambini a seguito di un incendio divampato in un campo nomadi, l'attenzione verso la problematica rom si sta facendo sentire in tutte le città italiane. E anche a Napoli la situazione non è delle più tranquille. A Scampia esiste una delle comunità nomadi più grandi del Paese. In tutto 400 famiglie. Il Comune ha messo a norma uno dei campi alla periferia nord della città, ma per molti altri le condizioni igieniche e di sicurezza restano davvero minime.

La scorsa settimana la Commissione d'Inchiesta Anticamorra, per la vigilanza e la difesa contro la criminalità organizzata, ha visitato il presidio sociale nel campo di Scampia, denunciando il forte degrado e sottolineando la necessità di "un potenziamento dei servizi per prevenire e contrastare le emergenze sociali". Ma la strada da fare è lunga e le scelte condizionate dalla politica.

Dai campi le famiglie lanciano il loro appello: "Abbiamo bisogno di case decenti in cui vivere e di un aiuto dallo Stato per cercare di integrarci nella comunità". Così uno degli uomini della baraccopoli di viale della Resistenza spiega che la difficoltà sta soprattutto nella mancanza del permesso di soggiorno. Molti di loro, infatti, non sono cittadini italiani e questo rende ancora più complicato la ricerca di un lavoro. La mancanza di denaro li spinge verso attività illecite, portandoli spesso a fare i conti con la giustizia e allontanando la speranza di un permesso di soggiorno. "Un circolo vizioso che lo stato dovrebbe interrompere", spiega il "capofamiglia", un uomo forte, in Italia dal 1980, ma ancora con passaporto macedone.

Annalisa Perla
[22.2.2011 - 13.06]

 
Di Fabrizio (del 27/02/2011 @ 09:49:11, in Italia, visitato 2217 volte)

È pomeriggio. Il campo rom è avvolto da fumo, fuliggine, odore nauseabondo di liquami. La spazzatura non viene ritirata da giorni. Pozzanghere di melma fuoriescono in tutta la zona abitata. Cani e bambini giocano nell'area se pur impraticabile. Le fogne della parte nuova del campo, consegnata da pochi mesi per il nuovo progetto, risultano non funzionanti. La pendenza della strada è stata sbagliata: i liquami dei 16 prefabbricati non finiscono nella prevista fogna a dispersione ma fuoriescono nelle case, attraverso i minuscoli bagni dei primi alloggi. I "lavori pubblici", pur investiti per giorni del problema, non intendono intervenire. Alcuni rom aprono un tombino alla fine della strada ed i liquami abbandonano le casette e si liberano nel campo. I rappresentanti del campo chiamano a loro spese autospurghi per tentare di trovare soluzioni da sé. Inutilmente perché il problema non è che risolvibile da un'impresa.

La parte vecchia del campo, quella delle baracche è in parte invivibile a causa del descritto sovraccarico fognario ed a causa della rottura del vecchio impianto idrico che non ha retto al tempo allagando parte delle baracche.

Bambini, adulti con gravi forme di disabilità (amputazione degli arti, dialisi, ictus, epilessia), dormono nell'acqua e non ricevono alcuna assistenza. I bagni sono comuni e non adiacenti alle baracche. Poi un'ispezione. Un'ingiunzione di abbattimento. Un tempo limitato per trovare soluzioni ad una situazione che facile non è e che si trascina da anni. Troppi. Quasi venti. Iniziata con un' infausta decisione amministrativa di far diventare campo e comunità semplicemente alcune famiglie di concittadini che scappando dalla guerra in Jugoslavia avevano cercato rifugio in città. Il ghetto negli anni si è protratto, è cresciuto nell'incuria politica di tutti. Un'ignavia politico-organizzativa generalizzata, intervallata da interventi estemporanei dettati da una qualche situazione emergenziale. Pagamento delle utenze, autospurgo, spazzatura. Alcuni container forniti con finanziamento provinciale, un nuovo ultimo progetto abitativo ma mai interventi congiunti, organici, a lungo periodo, mirati intanto al superamento del campo (perché il campo per forza?) edal concreto inserimento sociale e lavorativo dei rom.

I bambini nati qui, cresciuti nelle scuole della città non hanno di fatto un futuro diverso che vivere, crescere e morire nel campo. Da soli non ce la fanno nemmeno ad affrontare la scuola media. non hanno ancora i libri! Stamane, durante l'incontro avvenuto a Palazzo Carafa col Sindaco di Lecce ed altri rappresentanti istituzionali, abbiamo appreso con sollievo la dichiarata volontà politica dell'amministrazione comunale di non voler agire un indiscriminato sgombero delle famiglie rom di campo Panareo ma la disponibilità anzi, ad un tavolo di concertazione che possa mettere in campo progettualità possibili.

La convocazione dei piani di zona, inoltre, risulta un percorso indispensabile, stante la disponibilità finanziaria derivante dalla misura PO FESR 2007-2013, asse III, linea 3.4 azione 3.4.1., il cui bando - che sta per scadere a brevissimo - è fruibile solo dai comuni ed è rivolto, fra i possibili beneficiari anche ad "adulti in condizione di disagio, minoranze quali nomadi e stranieri immigrati, altri soggetti marginali o a rischio di emarginazione sociale, culturale, economica e lavorativa". È un finanziamento che non può essere utilizzato per usi edilizi ma bensì per il pagamento di fitti, per progetti di inserimento sociale e lavorativo e quant'altro si possa mettere in atto per un ammontare massimo di 700mila euro. Con l'individuazione di strategie possibili ed un minimo di coordinamento fra i differenti settori del Comune di Lecce e fra questo e i Comuni del Salento, non diventerebbe più impossibile mettere in campo dei canali di risoluzione delle problematiche sociali ed abitative dei rom come di altri soggetti svantaggiati della città.

Ma se l'uso di fondi regionali già esistenti risulta proficuo per la determinazione di servizi possibili utili sia al provvisorio arginamento dell'emergenza abitativa sia alla collocazione ed al sostegno dei disabili residenti al campo, rimane da risolvere e presto la gravissima situazione igienico-ambientale in cui versano attualmente le famiglie rom.

È necessario un intervento straordinario ed urgente, possibile, con facilità, solo con un impegno celere, sinergico e congiunto fra istituzioni. Qualcuno deve intervenire e fondi straordinari ed immediati possono essere reperiti da qualsiasi ente, intanto, ad esempio, da quello principe che è l'Ente Provincia.

L'invito finale rivolto ai soggetti istituzionali coinvolti ed a quelli silenziosi è quello di recarsi di persona, almeno per una volta, al campo Panareo, perché prima di decidere se intervenire o meno, come o come non farlo, si ha il dovere etico, morale e politico di conoscere la realtà e di vedere la situazione coi propri occhi.

Non sfuggirebbe lo stridio fra il degrado estremo del campo Panareo e la forza, la dignità, lo sforzo di cura della famiglia e degli spazi, altrettanto estreme e tenaci, che contraddistinguono gli abitanti, anche i più piccoli, e la loro solitudine.

Katia Lotteria,
Rete Antirazzista Salento

 
Di Fabrizio (del 26/02/2011 @ 09:10:33, in Italia, visitato 2153 volte)



mercoledì 2 marzo dalle 10.00 alle 17.00
a Brescia in Via Orzinuovi n. 108

L'incontro è aperto a tutte le associazioni aderenti alla Federazione, a tutte le associazioni sinte e rom e a tutti i singoli sinti e rom che vogliono impegnarsi per il riconoscimento dei diritti di minoranze linguistiche.

Ordine del Giorno:
1) Stati generali della federazione;
2) Azioni dei Presidenti delle associazioni aderenti nei diversi territori;
3) Analisi della situazione di Roma e Milano e preparazione di un comunicato stampa.

Per informazioni
Presidenza
Pastore Davide Casadio, casadio1970@libero.it
Dijana Pavlovic, dijana.pavlovic@fastwebnet.it

Logistica
Consigliere, Pastore Renato Henich (sneco)
mobile 3398569507

L'evento su Facebook

 
Di Fabrizio (del 24/02/2011 @ 09:36:24, in Italia, visitato 1634 volte)

Repubblica Il Comune ha trasferito i rom un anno fa, ma rimane il degrado - di CECILIA GENTILE

Degrado e rifiuti dopo lo sgombero del campo nomadi

Sedie di plastica, materassi, scarpe, rami secchi, bottiglie, cibo per gatti. Un water, tante carrozzine, tavolacci, schermi di vecchi computer, calcinacci, carcasse di auto. C'è di tutto nelle montagne di rifiuti davanti all'ingresso di quello che fino ad un anno fa era il Casilino 900, il campo rom più grande d'Europa.
Il sindaco Gianni Alemanno celebrò lo sgombero del febbraio 2010 come l'inizio di una nuova era. La rimozione di quella indecente baraccopoli avrebbe consentito la realizzazione del parco di Centocelle ed inaugurato la progressiva scomparsa degli insediamenti abusivi. "Vogliamo che entro quest'anno non esistano più campi nomadi abusivi e tollerati e tra qualche anno neanche gli altri", diceva Alemanno durante il lavoro delle ruspe. E ancora prima, quando nel giugno 2009 il Comune installò gli allacci della luce nell'insediamento, il sindaco dichiarava: "I lavori portati a termine a Casilino 900 resteranno a disposizione dei cittadini che, una volta completata la chiusura del campo prevista per fine anno, avranno un parco pubblico attrezzato dotato di illuminazione".

Ma un anno dopo, il parco di Centocelle non esiste e i 700 rom sgomberati dal Casilino 900 vivono appiccicati ai nomadi dei villaggi attrezzati esistenti, contendendosi spazi e servizi in condizioni di estremo degrado. Nella gigantesca area un tempo occupata dalle case di fortuna di bosniaci, montenegrini e serbi, adesso ci sono un'altissima foresta di erba secca, siringhe vecchie e nuove sparpagliate tra campi e sentieri, cumuli di rifiuti. Un altro monumento al degrado e all'abbandono, che rischia di essere rioccupato da un momento all'altro dai nomadi sgomberati e furiosi. Qualcuno che ci vive dentro c'è già. Ad appena pochi passi dall'ingresso principale malamente chiuso con un muretto basso di cemento e una cancellata arrugginita che è stata forzata, c'è una costruzione in mattoni con un'entrata ad arco, dove sono accumulati materassi e coperte. Tutt'intorno, i resti evidenti di toilette improvvisate.

"Ormai abbiamo capito che sindaco e giunta non hanno alcun interesse a realizzare il parco di Centocelle - dichiara il presidente del VII municipio Roberto Mastrantonio - Il 19 dicembre 2010 una delibera del consiglio comunale ha rimodulato i fondi per Roma Capitale definanziando il secondo stralcio di 18 ettari del parco, per il quale erano stati stanziati quattro milioni e 200 mila euro. Una gran parte di quei fondi, pari a tre milioni, sono stati utilizzati per realizzare la Prenestina bis, che era una promessa elettorale di Alemanno".

Il parco archeologico di Centocelle venne deciso dalla prima giunta Rutelli nel 1993. Il consiglio comunale ne ha adottato il piano particolareggiato con le controdeduzioni il 31 gennaio 2005. La regione Lazio lo ha approvato il 20 ottobre 2006. Ma fino ad ora, dei complessivi 110 ettari, ne sono stati aperti al pubblico soltanto 33, all'epoca del sindaco Veltroni. "Il secondo stralcio definanziato - racconta il presidente Mastrantonio - interessa la cosiddetta area del "Canalone", dove un tempo c'era l'insediamento del Casilino 700, anche quello sgomberato, e prevedeva anche un'area servizi con un teatro, piste di pattinaggio e un gazebo per la guardiania. Ma adesso siamo di nuovo all'anno zero".

(20 febbraio 2011)

 
Di Fabrizio (del 23/02/2011 @ 09:39:24, in Italia, visitato 1793 volte)

Leggere anche QUI (17 ottobre 2010), QUI (27 gennaio 2011) e QUI (6 febbraio 2011)

Oggetto: incontro comitato intersettoriale venerdì 18 febbraio pv.

Egregio Sig. Sindaco,
in riferimento all'invito pervenutoci telefonicamente per il tramite dell'assistente sociale in servizio presso l'istituzione dei Servizi Sociali del Comune di Lecce, Le comunico che non presenzieremo all'incontro.
La proposta di contributo comunale dell'ammontare di Euro 500 non ci permette di risolvere il problema abitativo in quanto non è una cifra sufficiente ad acquistare delle roulotte ignifughe a norma di legge.
Questa cifra è stata sufficiente in passato perché coloro che hanno occupato i 16 prefabbricati hanno venduto per 500 euro al comune alcune roulotte ancora in buone condizioni.

Consci che il comitato intersettoriale non ha poteri decisionali all'interno dell'amministrazione comunale ma che si tratta di un organismo puramente consultivo e di razionalizzazione dell'agire amministrativo, rimaniamo in attesa di essere ricevuti in delegazione dalla S.V. ed insieme ad una rappresentanza di associazioni che in questi anni hanno seguito le vicende del campo rom panareo.

Sono trascorsi più di quindici anni dal nostro arrivo nella città. Non siamo nomadi, non lo siamo mai stati. Non possiamo ritornare a vivere nelle roulotte e nel degrado nel quale il campo si trova.
Stante la disponibilità di altri enti e di associazioni di sostegno ad individuare delle strategie di superamento della condizione di estrema emarginazione sociale ed urbana nella quale viviamo, chiediamo di poter essere ascoltati e di poter trovare insieme una speranza di soluzione.

Siamo consci che le diverse problematiche non sono risolvibili nell'immediato, siamo consci altresì che il Comune di Lecce non può farlo da solo, perciò chiediamo di allargare a quei soggetti che si sono resi disponibili.

Tamponare oggi un'emergenza più che annunciata, non risolve i problemi sanitari e abitativi del campo e soprattutto quanto durerà?
Altri quindici anni?
Non possiamo non dare un futuro più dignitoso ai nostri figli, nati e cresciuti qui a Lecce.

Segnaliamo, infine, che l'aria del campo è fortemente malsana, irrespirabile a causa del continuo fluire delle fogne e della mancata raccolta della spazzatura.

Constatiamo con dispiacere che di fronte ai diversi problemi strutturali e sociali che presenta il campo, più volte da noi denunciati in tutti questi anni, non ci si è attrezzati politicamente per ricercare soluzioni capaci di garantire un'effettiva inclusione sociale. Le Istituzioni si sono mosse solo sulla scia delle infinite emergenze che la stessa situazione di vita in un campo ripropone sistematicamente. Questo modo di operare si è rivelato, di fatto, infruttuoso, visto che l'unico
risultato è stato quello di spostare le "risoluzioni" a qualche anno più avanti, senza di fatto mai iniziare alcun processo di emancipazione.

Per questi motivi rimaniamo in attesa di un cortese confronto con la S.V. per avviare un dialogo, che ci auguriamo sia costruttivo e proficuo, capace di affrontare con una prospettiva politica di medio e lungo termine la questione dell'inclusione sociale. Auspichiamo che esista la volontà politica di avviare un percorso concertato in grado di superare definitivamente l'approccio emergenziale con cui sino ad oggi ci si è mossi rispetto al campo.

Ai fini, inoltre, dell'incontro previsto venerdi p.v., ci scusiamo e chiediamo cortesemente di voler far mettere a verbale la presente lettera.

In attesa di cortese riscontro, porgiamo cordiali saluti.

Lecce, 17.02.2011.

Benfik Toska
(Rappresentante Campo Sosta Panareo - Lecce)
Tel. 328.9447057

Al Sindaco del Comune di Lecce
Paolo PERRONE

Al Direttore dell'Istituzione per i servizi Sociali del Comune di Lecce
Antonio CARPENTIERI

Ai Componenti Commissione Intersettoriale dell'Amministrazione Comunale di Gestione dell'Area Sosta Attrezzata per Comunità Rom
Dirigente del Settore Servizi Sociali, Dirigente del Settore Educazione, Formazione e Lavoro,Dirigente del Settore Lavori Pubblici, Dirigente del Settore Igiene, Dirigente del Settore Randagismo, Dirigente del Settore Urbanistica, Dirigente del Settore Polizia Municipale, Equipe socio-assistenziale referente dell'area di sosta

Componenti la V^ Commissione
Sevizi sociali, pari opportunità, emarginazione ed emigrazione, politiche della casa, problematiche giovanili, associazioni, problematiche del lavoro, emergenza abitativa.
Roberto MARTELLA, Corrado DE RINALDIS, Carlo BENINCASA, Marcello CANNONE, Antonio LAMOSA, Massimo LANZILAO, Francesca MARIANO, Antonio PELLEGRINO, Stefano PORCARI, Paola POVERO

 
Di Fabrizio (del 22/02/2011 @ 09:56:38, in Italia, visitato 1583 volte)

Dei rom e dei sinti (non chiamiamoli zingari) abbiamo da sempre due opinioni, entrambe sbagliate: tutti straccioni, oppure intrisi di colore romantico. Pensate al rossiniano "stuol di zingarelle" del Turco in Italia. Un compiacimento che affiora ancora di tanto in tanto. Prevale, però, la visione degli zingari "brutti, sporchi e cattivi" che a Pino Petruzzelli, attore e regista, direttore del centro tea­tro Ipotesi di Genova, non piace. Petruzzelli ha così deciso, diversi anni fa, di mettersi sulla strada dei rom per capirli. Per anni ha visitato i loro campi, ha stretto loro la mano, e ne ha raccolto le storie. Tutto è finito in Non chiamarmi zingaro, edito da Chiarelettere (pagine 228, euro 12,60), che è il taccuino vivido e appassionato di questo singolare viaggio.

Cosa l'ha spinto a questo nomadismo culturale?
"Mi sembrava interessante capire come mai di questo popolo si conosca soltanto una sfaccettatura negativa: i furti, il nomadismo... Ho voluto comprendere cosa c'è dietro, partendo da una frase di Eduardo De Filippo. Diceva: 'Un uomo vivo non ruba per morire, ma ruba per vivere'. Me ne sono occupato per circa cinque anni, girando l'Italia e l'Europa, per conoscere questo mondo così sconosciuto. In libreria c'era e c'è ancora poco, se non qualcosa per gli addetti ai lavori. E girando ho scoperto tante cose".

Chi sono, allora, gli zingari?
"Un popolo né migliore né peggiore di tutti gli altri popoli che colorano questo nostro mondo. Hanno problemi con cui devono confrontarsi quotidianamente. Vivere in un campo, per i sinti o per i rom italiani, non è semplice. Non è un campeggio, vivere venti anni in situazioni così estreme è drammatico. In Italia c'è il grande equivoco che i rom siano nomadi geneticamente, e infatti siamo l'unica nazione al mondo che ha messo in piedi i campi nomadi. In tutto il resto del mondo vivono in appartamenti, e solo se sono estremamente poveri finiscono in una baracca, come finiscono così anche i non rom poveri delle periferie delle grandi metropoli. Forse anche in buona fede si è pensato così. Negli anni '70 si diceva: sono nomadi, quindi, facciamo un campo per loro... ".

È la condizione di disagio in cui vi­vono che crea la diversità...
"Sicuramente. I rom hanno una storia molto simile a quella del popolo ebraico, ma nessuno si sognerebbe di dire che un ebreo è un nomade. Invece, nel caso degli zingari, una storia di continue persecuzioni ha creato il nomadismo, a iniziare dal Cinquecento quando – mi riferisco alla Serenissima – si poteva uccidere uno zingaro senza scontare alcuna pena".

I rom entrano nella storia, ma quella degli altri. Sembra un popolo senza storia: non ha avuto la possibilità di scriverla?
"Hanno una storia tramandata in maniera orale. La nostra è una cultura che ha scritto, così sappiamo soltanto quello che noi abbiamo scritto di loro. Oggi sarebbe importante conoscere meglio questa loro storia e la loro cultura per provare a vivere insieme nel rispetto di regole reciproche. Su questo dovremmo lavorare tutti, e naturalmente anche i rom".

Lei non è zingaro. Usando una loro espressione è un gagé. Non crede che la parola sia discriminante almeno quanto la parola zingaro? C'è anche da parte loro una forma di discriminazione?
"Gagé è l'equivalente del nostro zingaro. Effettivamente racchiude tutto ciò che non va bene, in un'accezione abbastanza negativa".

Da dove nasce il solco tra noi e loro, o, se preferisce, tra loro e noi gagé?
"Le radici sono nel Cinquecento. Il fatto che si spostassero ha creato grossi problemi. La nostra società invece si fa sedentaria, sicché loro, con i continui spostamenti, rappresenta­no un problema. Le persecuzioni iniziano proprio in questo periodo. Vivono in un continuo terrore verso il mondo gagé. Nutrono la stessa pau­ra nei nostri confronti. E hanno an­che buone ragioni per temerci. Guardando indietro nella storia, gliene abbiamo fatte di tutti i colori: da ultimo i campi di sterminio nazisti in cui sono morti a migliaia".

Prenda De André: "Con le vene celesti dei polsi anche oggi si va a caritare". È il verso di una sua bella canzone. Non crede però che continui ad offrire un'immagine romantica del mondo rom? Caritare rientra nella cultura?
"No, certo, ma caritare è ben diverso da rubare. Anche il furto va capito. Chi pensa che sia facile per un giovane rom trovare un lavoro anche da cameriere in un bar sbaglia. Diventa difficile venir fuori da una situazione complicata, come un campo rom. Ciò non giustifica il furto, è solo un voler capire cosa c'è dietro".

Lei, nel suo nomadismo culturale, ha incontrato tanta gente che si è integrata. Come è possibile l'integrazione?
"In Italia ci sono tantissimi rom e sinti che ci sono riusciti, nascondendo però la loro origine, per non essere discriminati. L'integrazione comincia con i bambini, e nelle scuole i bambini rom e gagé giocano tra loro. Scuola però non significa entrare in un campo e imporla. Va capito un meccanismo: agli occhi di una società in cui il padre rappresenta la massima autorità, l'imposizione della scuola va a minare questo suo prestigio. Un approccio sbagliato ha soltanto un risultato: quel bambino non dovrà andare a scuola. Non si può da elefanti entrare in una vetreria. In molti, comunque, frequentano la nostra scuola. In tanti la lasceranno dopo le medie, ma questo avviene anche tra i ragazzi... gagé".

Lei, da autore di teatro, ha preso qualcosa dai rom?
"Il mio lavoro è nomade: stare qui e domani là, oppure prendere da questo o da quell'autore. Ho imparato che il bello di tutti i lavori sta nel farli. Nell'arte conta più la persona, l'autore dell'opera, che il risultato finale. Questo a me piace: è un rispetto dell'essere umano, perché non tutti i musicisti e i commediografi diventeranno Mozart o Shakespeare. Però hanno vissuto come se lo fossero. Gli zingari la pensano così".

Giovanni Ruggiero

 

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