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Campi rom a Scampia. A rischio 400 famiglie
Di Fabrizio (del 28/02/2011 @ 09:17:14, in Italia, visitato 2562 volte)

InchiostrOnline

Elvira, una bambina gentile e solare, gioca con la sorellina di 2 anni, gira per casa, anche se quella dove vive è difficile definirla casa. Una baracca di 20 metri quadrati dove vivono in otto, i genitori e sei figli. Fanno parte della comunità rom di Scampia e si sono costruiti un'abitazione di fortuna con lamiere e altri materiali trovati in strada. Entrando, però, l'atmosfera è sorprendentemente accogliente: ci sono mobili, un televisore al plasma, tappeti, un tavolo di legno e un divano in velluto. Le bambine ridono, si divertono. Quando vedono Viola, la volontaria dell'associazione 'Non uno di meno', le corrono incontro felici. Il rapporto che i volontari hanno instaurato con le famiglie rom è ottimo: loro sanno che grazie a Viola i bambini potranno andare a scuola e riuscire ad integrarsi con gli altri bambini italiani.

Circa 70 famiglie, giovani, anziani e molti bambini. Tra i campi Rom di Scampia, quello di viale della Resistenza, proprio di fronte alla scuola elementare Ilaria Alpi, è uno dei più a rischio. Dopo il tragico incidente verificatosi a Roma il 6 febbraio scorso, che ha visto la morte di 4 bambini a seguito di un incendio divampato in un campo nomadi, l'attenzione verso la problematica rom si sta facendo sentire in tutte le città italiane. E anche a Napoli la situazione non è delle più tranquille. A Scampia esiste una delle comunità nomadi più grandi del Paese. In tutto 400 famiglie. Il Comune ha messo a norma uno dei campi alla periferia nord della città, ma per molti altri le condizioni igieniche e di sicurezza restano davvero minime.

La scorsa settimana la Commissione d'Inchiesta Anticamorra, per la vigilanza e la difesa contro la criminalità organizzata, ha visitato il presidio sociale nel campo di Scampia, denunciando il forte degrado e sottolineando la necessità di "un potenziamento dei servizi per prevenire e contrastare le emergenze sociali". Ma la strada da fare è lunga e le scelte condizionate dalla politica.

Dai campi le famiglie lanciano il loro appello: "Abbiamo bisogno di case decenti in cui vivere e di un aiuto dallo Stato per cercare di integrarci nella comunità". Così uno degli uomini della baraccopoli di viale della Resistenza spiega che la difficoltà sta soprattutto nella mancanza del permesso di soggiorno. Molti di loro, infatti, non sono cittadini italiani e questo rende ancora più complicato la ricerca di un lavoro. La mancanza di denaro li spinge verso attività illecite, portandoli spesso a fare i conti con la giustizia e allontanando la speranza di un permesso di soggiorno. "Un circolo vizioso che lo stato dovrebbe interrompere", spiega il "capofamiglia", un uomo forte, in Italia dal 1980, ma ancora con passaporto macedone.

Annalisa Perla
[22.2.2011 - 13.06]