Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 19/07/2008 @ 09:19:42, in Europa, visitato 1739 volte)
Da
Romano Them
11 luglio 2008 - In una
lettera al Ministro Rumeno degli Affari Esteri, Lazăr Comănescu, ed al
Ministro Serbo del Lavoro e delle Politiche Sociali, Rasim Ljajić,
Romano Them ha
fortemente criticato il programma di trasferire tra i due paesi esperti nel
campo della reintegrazione dei Rom rimpatriati a forza.
Romano Them ha ricordato che il diritto a lasciare il proprio paese è
incastonata nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che garantisce
anche il principio di uguaglianza di tutti i popoli. Secondo l'organizzazione,
il rimpatrio forzato dei Rom ricade nello stesso modello delle politiche di
contenimento sviluppate in Europa dalla fine del XV secolo e culminate col
genocidio dei Rom sotto il nazismo.
Riferendoci alla conclusione del
patto di riammissione tra la Serbia e l'UE che arriva in parallelo con i
negoziati sulle
facilitazioni del visto per i cittadini Serbi, Romano Them dice di
considerare inaccettabile che la Serbia,, che attualmente presiede il Decennio
dei Rom, decida di scambiare la libertà di movimento dei cittadini Serbi con il
rimpatrio forzato della propria minoranza Rom.
Romano Them afferma anche che la Romania farebbe meglio ad usare i
180.000 € stanziati per il programma di assistenza, per migliorare la situazione
della propria popolazione Rom, ricordando che i Rom Rumeni continuano ad
andarsene in cerca di un futuro migliore. Ritiene particolarmente vergognoso che
la Germania, con il suo passato di colpa, continui ad essere uno dei primi paesi
a deportare i Rom.
Romano Them conclude chiedendo di aumentare gli sforzi per migliorare
la situazione dei Rom nei paesi dove vivono, così da assicurare che la libertà
di movimento diventi una vera scelta e non un vincolo come è stato per secoli.
Romano Them (www.kosovoroma.wordpress.com)
è una piattaforma internet indipendente di difesa dei diritti umani dei Rom del
Kosovo e contro i rimpatri forzati.
Romano Them
Per ulteriori informazioni contattateci:
e-mail: kosovoroma@gmail.com
Inoltre:
România/Ministerul Afacerilor Externe:
România împartaseste expertiza în integrarea etnicilor romi, 03.07.2008
Divers:
Romania offers expertise for the integration of the ethnic Roma from Serbia,
July 2008
EHO: Violations
of rights of Roma returned to Serbia under Readmission agreements, April
2007
Possibly related posts: (automatically generated)
Repatriation Plans: Romano Them calls for the respect of Human Rights
Volunteering « Romano Them
Di Fabrizio (del 19/07/2008 @ 00:17:44, in scuola, visitato 1324 volte)
Di Sucar Drom (del 18/07/2008 @ 10:37:13, in blog, visitato 1340 volte)
Abbiamo bisogno dell'impronta del dialogo
Scrivo con profondo rammarico e con un senso di fastidio. Fastidio che nasce dal
mio essere prete, dal mio essere cittadino, ma prima di tutto uomo. Fastidio per
la proposta del Ministro Maroni di schedare dei bambini pur nell'intento...
Rom e Sinti, tutti a Roma ...
Ue, l'Italia discrimina i Sinti e i Rom
Il testo della risoluzione votata oggi dal Parlamento europeo sul “censimento
dei rom su base etnica in Italia”contiene innanzitutto una “esortazione”alle
autorità italiane “ad astenersi dal raccogliere le impronte digi...
Vogliamo dire: non solo i razzisti hanno la testa dura.
Non ho idea se vi siano precedenti al voto con cui oggi il parlamento europeo ha
definito la rilevazione delle impronte digitali ai bambini rom «un atto di
discriminazione diretta fondata sulla razza e l’origine etnica»...
Maroni è rattristato...
“Sono francamente indignato, rattristato e ferito per la strumentalizzazione
fatta da una parte del Parlamento europeo”. Questo il commento del ministro
dell'Interno Maroni, in una conferenza stampa alla sed...
Rom e Sinti, un'importante assemblea pubblica
Come da programma si è svolta il 10 luglio 2008 a Roma l'assemblea pubblica
della Federazione Rom e Sinti Insieme. Sono intervenuti i delegati di tutte le
associazioni aderenti e numerosi altri cittadini, sia Rom e Sinti che attivisti
e amici. Sono intervenuti anche rappresentanti Kal...
Timori e sospetti di manovre
Il sospetto di un attacco strumentale è forte. E lo alimenta il modo plateale
col quale i socialisti europei hanno chiesto al francese Nicolas Sarkozy,
presidente di turno dell’Ue, di premere su Silvio Berlusconi. Ma le accuse di
razzismo ar...
Milano, i Sinti italiani ...
Gelmini e Maroni: quando l’orco cerca goffamente di travestirsi da agnello…
Dopo Maroni, ecco accodarsi la Gelmini: «Non voglio più lasciare soli questi
bambini che di fatto vivono in uno stato di abbandono. Sono almeno 23.000 i
minori rom che ogni giorno mancano all’appello delle maestre. Il 66% dei minori
rom non è mai andato in classe. Darò un’istr...
Impronte, ancora come cento anni fa...
Nel 1909 un’apposita conferenza dedicata "al problema zingaro" decide di
marchiare a caldo tutti i Rom e i Sinti tedeschi per una più facile
identificazione...
Rom e Sinti, Frattini vuole i Dna...
"Serve una banca dati europea con i nomi, con le impronte, con i segni del Dna"
dei minori che abitano i campi nomadi, e "se l'Europa non adotta questa
soluzione delle impronte e del Dna, che a me sembra l'unica possibile, noi
l'adotteremo comunque". Lo afferma il ministro degli Esteri Franco Frattini in
una lunga intervista al Messaggero...
Ecco, come e perché rom e sinti prendono parola
«Ci alitano sul collo, i media ci martellano, i politici ci accusano. Non è
giusto che per gli errori di uno l’intera comunità debba pagare», spiega un rom
ai giornalisti accaldati, assiepati tutti insieme sotto un tendone blu. Ci
troviamo al Villaggio globale, a Roma, sono le due del pomeriggio di giovedì 10
luglio e il caldo è asfissiante...
Bossi: “tutti i padani potrebbero far schedare figli”… ma non lo fanno
"Tutti i padani potrebbero far schedare i loro figli. Non sarebbe cosi'
drammatico". Lancia la sua ennesima provocazione, il leader della lega e
ministro delle riforme Umberto Bossi, intervenuto questa sera alla festa del
Carroccio a Treviglio...
Gelmini: gli insegnanti saranno mediatori culturali...
Il ministero dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha annunciato che da settembre
partirà un piano di scolarizzazione per i rom e ha sottolineato la necessità dei
fare i censimenti nei campi nomadi, come passo preliminare alle politiche di
integrazione, difendendo le impronte digitali:...
Berlusconi: la "schedatura" è un bene...
Anche Berlusconi si spende a favore della “schedatura” dei Sinti e dei Rom in
Italia. Sarebbe a fin di bene. La mette così Silvio Berlusconi la questione
delle impronte ai bambini rom: «Vogliamo favorire l'integrazione dei nomadi e
prendere le impronte ai bambini ha l'obiettivo...
"Zingari" e stranieri, rifiuti ad personam di un paese incivile
Se fossimo un paese civile, ma non è il caso di formulare ipotesi
fantascientifiche, potremmo ragionare su cosa ci stia succedendo e sul perché
siamo incapaci di reagire, partendo da tre piccoli fatti che sono più
sconvolgenti di tutte le leggi «ad personam» del premier e delle banali pratiche
sessuali che allietano la vita, anche parlamentare...
Rom e Sinti, il documento
La mimesi antropologica culturale Le minoranze Rom e Sinte non sono più
considerate un soggetto socio culturale, ma l'oggetto-fenomeno, la cavia di
laboratorio su cui scatenare la "libido scientifica e politica" per scomporre e
ricomporre l'individuo in piccole particelle fisiche. Tutta questa etnologia
accanita nei confro...
Meeting Antirazzista 2008, non solo impronte
Non solo impronte. I campi, la casa, l'inserimento dei bambini a scuola, il
monitoraggio dei fondi per gli interventi di inserimento. Al meeting
antirazzista annuale organizzato dall'Arci a Marina di Cecina, in provincia di
Livorno, irromp...
Radames Gabrielli, una nuova strada
Come Sinto di nazionalità italiana, mi sento stanco di parlare e commentare
sempre e solo ciò che di negativo accade, riguardo a noi Sinti e Rom. Mi
piacerebbe utilizzare il tempo che mi e stato concesso per discutere di ciò che
invece n...
Il Ministro Maroni dice bugie al Tg1?
“Non è la questione Rom, ma quella dei campi nomadi. Questa è una differenza
fondamentale. Parlare di rom come ha fatto il governo precedente significa fare
distinzioni su base etnica. Nei campi nomadi c'è di t...
Di Fabrizio (del 18/07/2008 @ 09:43:40, in media, visitato 1550 volte)
Ricevo da Union Romani
QUANDO I PRETESI INTELLETTUALI SI CONVERTONO IN AGENTI ATTIVI DELLA
REPRESSIONE RAZZISTA
Sappiamo che il nostro lamento odierno susciterà polemica. Sappiamo che altre
voci si leveranno per dirci che siamo contro gli intellettuali perché dicono
cose che non ci piacciono, inclusi quanti dall'alto della loro pretesa cattedra,
spacciando dottrina di gitanità perché grazie ai gitani hanno un nome e grazie
alla generosità dell'Amministrazione raccontano ai media per realizzare i loro
studi reiterati e tendenziosi, dirà che noi, i gitani, siamo contro la libertà
d'espressione o contro il sacro principio della libertà di cattedra. Non si
confondano. Non siamo contro la libertà d'espressione - senza cui non è
possibile la democrazia - ed al contrario apprezziamo gli intellettuali ed i
ricercatori che con vero spirito scientifico e generosità verso la nostra causa
dedicano tempi e sforzi, generalmente mal pagati, a lottare contro stereotipi e
dicerie che da sempre pesano su di noi.
Detto questo, dobbiamo manifestare la nostra ripulsa più forte
all'informazione divulgata dall'Università di Granada, estratta dallo studio
realizzato sotto la direzione di un gran gitanologo, autore di infiniti articoli
sul popolo gitano, direttore di numerosi studi sulla comunità gitana andalusa,
esperto nella conoscenza dei comportamenti sessuali delle donne gitane quando si
dispongono a contrarre matrimonio, e persona amata ed ammirata dalle donne
dirigenti dell'associazionismo gitano in Andalusia e specialmente a Granada.
Quello che è certo è che i mezzi di comunicazione di tutta la Spagna han
fatto da eco al più rilevante di questo studio. Davanti alla vista abbiamo
questi titoli:
- "OTTO DI OGNI DIECI STUDENTI VEDE I GITANI COME LADRI".
- "I BAMBINI CREDONO CHE I LORO COMPAGNI DI QUESTA ETNIA SIANO VIOLENTI O
BUGIARDI".
- "L'82% DEI BAMBINI CHE CONVIVONO CON I GITANI LI CONSIDERANO LADRI".
- "L'82,1% DEI BAMBINI TRA GLI 11 E I 14 ANNI CHE CONVIVONO CON LORO IN
CLASSE CONSIDERA CHE I GITANI SONO LADRI E MALFATTORI".
- "I BAMBINI CHE CONVIVONO CON I GITANI LI CONSIDERANO LADRI".
- IL 65,4 DEI BAMBINI CHE VIVONO NELLA CITTA' CONSIDERA I GITANI
COME MALVAGI"...
A partire da qui che ognuno tragga le sue conclusioni. Come hanno agito male
sinora i gitani e le gitane compromessi con la lotta per la difesa degli
interessi del nostro popolo! Per qualcuno, un risultato come questo, dopo 30
anni di vita democratica in Spagna, può solo dar credito alle idee di chi dice
che "i gitani non hanno rimedio, che siamo asociali e fa bene Berlusconi ad
identificare i bambini gitani perché nessuno abbia il minimo dubbio di dove
siano i piccoli ladri di oggi e potenziali delinquenti e assassini di domani".
Dov'è, ci chiediamo, il limite - se esiste - nella divulgazione di
informazioni simili, pretese scientifiche, avvallate dal nome di una università
che ha quasi 500 anni e che gode del prestigio di essere una delle università
più importanti d'Europa? Cosa ha guadagnato l'Università di Granada ottenendo
che il
DIARIO DE LEÓN, per citare uno dei più letti in Andalusia, titoli la propria
informazione dicendo che "I BIMBI CHE CONVIVONO CON I GITANI LI CONSIDERANO
LADRI"?
Noi, dall'Unión Romaní di Andalusia, abbiamo dati che differiscono
radicalmente da quelli offerti in questo studio. Noi, che abbiamo fatto uno
studio ad Atarfe, Chauchina, Fuente Vaqueros, Granada, Guadix, Loja e Pinos
Puente, diciamo che il rifiuto di cui soffrono i bimbi gitani nella scuola è
solo dell'11,36% in questi centri e del 12,30% nel totale dell'Andalusia.
Tutti gli studiosi seri sono d'accordo nell'affermare che "La verità nella
scienza non solo non è assoluta, ma non è nemmeno (né può essere) permanente".
Però questo non vale, per ciò che si vede, per gli autori dello studio. Occorre
seguire mantenendo gli stereotipi, anche quando li si addolcisce dicendo - come
no! - che il 20% dei bambini intervistati considerano che i gitani "siano
allegri". Anche i nazisti la pensavano così. Una delle prime cose che fece il
professor Josef Mengele, medico e assassino che fece esperimenti con i bambini
gitani incarcerati nel campo di sterminio di Auschwitz, fu creare un'orchestra
gitana. Chiaro, noi gitani siamo tanto allegri...!
Noi, gitani e gitane impegnati a cambiare le relazioni di confronto che
durante tanti anni hanno marcato "payos" e gitani, reclamiamo l'imperativo
dell'etica anche nel campo della scienza. Sappiamo che "l'etica dello scienziato
non è differente dall'etica del politico o del giornalista, non è ne più
colpevole ne più innocente di tutti gli altri, - dicono con successo alcuni
teorici - perché la sua etica non dipende dalla sua attività professionale ma
dalla sua partecipazione alla vita della società come qualsiasi altro essere
umano".
Dalla prestigiosa Università di Granada qualcuno ha voluto renderci le cose
più difficili. Non sappiamo realmente a favore di quale ideologia o progetto
remi. Il governo italiano pagherebbe molto di più un'inchiesta come questa di
quanto abbiano potuto fare le autorità accademiche o politiche andaluse.
A noi, gitani e gitane di Andalusia, di Spagna e del mondo solo resta da
lamentarci, una volta di più, assieme ad un altro scienziato, questo sì di
maggior peso, che mai avrebbe pubblicato i dati di questo studio: E' più
difficile disintegrare un atomo che un pregiudizio. (Albert Einstein)
Di Fabrizio (del 18/07/2008 @ 08:55:24, in Italia, visitato 3677 volte)
Da
Mundo_Gitano
INTERNACIONAL
RAPPORTO: L'Italia non è per i gitani
"Cara Europa..."
La bambina rumena
Rebecca Covaciu resiste ad una vita di persecuzione e miseria.
Un viaggio di tristezza da Arad a Milano, Ávila, Napoli ed ora Potenza
MIGUEL MORA - Potenza - 13/07/2008
Tutta la famiglia Covaciu, con Rebecca - CARLES RIBAS
Con i suoi 12 anni, Rebecca Covaciu - occhi grandi, denti bianchi, sorriso
splendido - ha vissuto e visto così tante cose, che potrebbe scrivere, se
scrivesse, un buon libro di memorie. Rebecca è rumena di etnia romaní, ed ha
passato metà della sua vita per strada. Ha dormito in un furgone, in una
capanna, per terra. Alcuni giorni ha mendicato con i suoi genitori in Spagna ed
Italia. Altri giorni ha visto distruggere la sua baracca, è stata aggredita
dalla polizia italiana, ha ascoltato sotto una coperta quando suo padre era
picchiato per difenderla, ha visto bambini morire perché non avevano medicine,
ha conosciuto la paura dei gitani che fuggivano da Ponticelli (Napoli) quando
l'accampamento fu incendiato. Però Rebecca ha resistito. Ed ha commosso l'Italia
con la sua storia. Una lettera in cui riassume il suo sogno: andare al collegio
e che i suoi genitori abbiano un lavoro.
Con la su semplice lettera, intitolata "Cara Europa", ed una serie di
disegni, I ratti e le stelle, innocenti e precari, però speciali come
lei, ha dimostrato il suo talento. Rebecca, al posto di deprimersi con questa
"vita di tristezza", ha gridato al mondo la sua storia dickensiana in prima
persona, convertendola in un appello di giustizia e speranza. Ai suoi sogni
privati di andare al collegio e che i suoi genitori abbiano un lavoro "per no
chiedere l'elemosina", ne aggiunge un altro più grande: "che l'Europa aiuti i
bambini che vivono per strada".
Ora , Rebecca è contenta. Da alcuni giorni vive, sogna e disegna in una
piccola casa in campagna, situata vicino ad un paese della Basilicata, una
regione montagnosa ed agricola, a 250 km. a sud di Napoli.
Cade la sera e la luce dell'antica Lucana romana è uno spettacolo. Rebecca e
suo padre, Stelian, ricevono sorridenti sulla porta, sua madre Georgina prepara
un caffè turco ed un dolce, e poi la bambina trae i disegni dalla sua cartella e
li mostra. Lentamente, con orgoglio ma senza presunzione: "Degli alberi di
colore, un angelo, una spiaggia italiana, dei bambini che fanno il bagno, un
principe ed una principessa, una coppia di sposi (pure italiani), due farfalle,
un mazzo di fiori, un collier di Versace, frutta, ancora frutta..."
Rebecca Covaciu, una bambina rumena di 12 anni ed etnia romaní -
CARLES RIBAS
Rebecca partì dalla sua città, Siria jud Arad, vicino a Timisoara, circa
cinque anni fa, ora parla rumeno, romaní, italiano ed un poco di spagnolo. "Lo
imparai ad Ávila quando vivevamo in Spagna, spiega in italiano: "Non avevamo
casa e dormivamo nel furgone. Lì feci la terza elementare, mi ricordo molto
dell'insegnante. Mi voleva molto bene, le piacevano i miei disegni".
La bambina è il capo della famiglia. E gran parte del suo futuro. A parte il
suo talento per la pittura, riconosciuto il maggio scorso dall'Unicef quando
ricevette a Genova il Premio Arte ed Intercultura Café Shakerato, Rebecca è
dolce, educata e giudiziosa. Mentre parla a ruota libera, come un libro aperto,
i suoi genitori, Stelian, di 43 anni, ex contadino e pastore evangelico, e
Georgina, 37 anni, i suoi fratelli Samuel (17), Manuel (14) y Abel (9), e la
moglie di Samuel, Lazania, incinta di 16 anni, la mirano con un misto di
sorpresa e riverenza, come se fosse un'estranea. In un certo modo lo è.
I Covaciu arrivarono qui di notte. Venivano in treno, un lungo viaggio da
Milano. Giorni prima, alcuni poliziotti
avevano colpito Stelian con dei bastoni. "Mi minacciarono di tornare se li
denunciavo", ricorda. Lo fece, e dovette fuggire.
Ora, mentre prova a superare il panico ed il dolore dei colpi, Stelian, un
uomo che quando parla sembra sul punto di piangere, si dichiara "felice, grazie
a Dio e a questi signori italiani tanto generosi che ci hanno lasciato la loro
casa".
Si riferisce a G. e A., una coppia di media età che risiede a Potenza, il
capoluogo di provincia. "Conosciamo la storia di Rebecca da Internet, e dalla
notte al giorno abbiamo deciso di offrirle rifugio in questa casa che non
usiamo", spiegano. In cambio , una firma di un contratto di affitto gratuito per
un anno. G. e A. preferiscono non essere identificati. "Non vogliamo convertirci
in un prototipo mediatico della famiglia italiana solidale". Però il loro
altruismo ha restituito il sorriso alla prole di Stelian.
La famiglia da cinque anni non dormiva sotto un tetto vero. "A Siria jud Arad
avevamo casa, ma non avevamo pane", spiega Rebecca, "e mangiavamo con
l'elemosina dei vicini. Invece, a Milano i miei genitori non trovavano lavoro",
continua senza drammi, "ed anche lì dovevamo chiedere. Non potevamo andare a
scuola perché non avevamo casa. Però ora mi han detto che potremo andarci".
Per poter accedere alla scuola, i Covaciu devono dimostrare un domicilio
fisso ed essere registrati nel censimento municipale. Precisamente questa è una
delle ragioni che ha invocato il Governo italiano per elaborare il polemico
censimento della comunità romaní. Dei 140.000 gitani che vivono nel paese, la
metà sono italiani e quasi un terzo sono rumeni. Ed il 50% sono minori. Molti di
loro sono senza scolarizzazione.
Come altri compatrioti e fratelli di etnia, i Covaciu attraversarono col loro
furgone l'Ungheria e l'Austria per arrivare a Milano compiendo il rito dell'effetto
chiamata. Dopo alcuni mesi cercando fortuna, senza successo, decisero di
tentare con la Spagna. "Un amico che viveva ad Ávila ci disse che aveva la casa,
i documenti ed il lavoro, però arrivammo tardi. Mandammo i bambini a
scuola, però non trovavamo lavoro. Così andammo a Torrelavega, ci stemmo due
mesi. Tornammo a Milano".
Georgina parla italiano, qualcosa di spagnolo ed un poco di francese. Ha
vissuto anche in Germania. "Fu nel 1990, Samuel nacque lì. Stavamo bene, però
dopo due anni nn ci pagarono il sussidio e ci mandarono in Romania. Anche se si
definisce "metà rom e metà no", ha dieci denti d'oro."Costano solo 10 € l'uno!"
si difende ridendo. "Ce li ha messi un medico di Siria di passaggio a Milano, ora sono di
moda in Romania. L'unica che non vuole metterseli è Rebecca."
Al principio, a Milano, tutto andava più o meno bene, ricorda la ragazza: "Ci
costruimmo una capanna con cartone e plastica sotto un ponte del Giambellino".
Era un piccolo insediamento illegale dove vivevano altre cinque famiglie di
Timisoara. "Per mangiare, chiedevamo al mercato degli antiquari. Solo un paio
d'ore, perché i bimbi potessero mangiare", assicura la madre abbassando gli
occhi. Come si vede in uno dei disegni di Rebecca, anche lei ha mendicato un
"triste giorno"; suo fratello Manuel, che chiamano Ioni, suonava la fisarmonica.
Un anno fa, Roberto Malini, un dirigente di EveryOne, una giovane OnG per i
diritti umani che segue circa 60 famiglie di origine gitana a Milano, incrociò
la vita dei Covaciu. "Vidi un gruppo di gente che insultava un bambino gitano
molto magro che li guardava terrorizzato mentre teneva in braccio un cane." Era
Abel, il piccolino. "Lo accusavano di aver rubato il cane e volevano linciarlo.
Tentammo di riportare la calma, e nel mentre arrivò sua madre con i documenti
del cane. Lo avevano portato seco dalla Romania".
EveryOne si fece carico delle necessità basiche dei Covaciu quando iniziavano
a capire che una parte del paese andava stancandosi dei gitani. "Noi abbiamo
paura della polizia e facciamo paura agli italiani. E' così", dice Georgina.
Secondo l'ultimo
Eurobarometro sulla discriminazione, gli italiani sono gli europei che,
assieme ai cechi, si sentono più a disagio con i gitani. Un 47% degli
intervistati in Italia afferma di non volere un romaní come vicino. La
sensazione cresce in Europa, anche se la media di intolleranza nella UE dei 27 è
la metà: un 24%.
La paura s'è installata in molta gente per lo meno da otto anni. Già nel
2000, prima delle ultime elezioni vinte da Silvio Berlusconi, la Lega Nord
dell'attuale ministro degli Interni, Roberto Maroni, lanciò una furibonda
campagna contro i romaní usando gli slogan uditi tante volte da quando nell'anno
1400 i gitani arrivarono in Occidente: violano ed assassinano le nostre donne,
rapiscono i nostri bambini, rubano nelle case, non vogliono lavorare ne andare a
scuola.
La litania non includeva dati che aiutassero a completare la fotografia. La
speranza di vita dei gitani che vivono in Italia è di 35 anni. L'indice di
mortalità infantile è 10 volte più alto di quelli dei bambini non gitani.
L'ultimo rapimento di un bimbo per mano di un gitano fu registrato in Italia nel
1899.
"Scese la strategia dell'odio e diede molti voti alla Lega ed alla destra",
ricorda Malini. "I gitani passarono dall'essere una molestia a
convertirsi nel centro dell'emergenza sicuritaria. Ora, la consegna
ufficiale è salvare i bimbi gitani dai ratti e dallo sfruttamento dei loro
genitori. Per conseguire questo obiettivo tanto lodevole vale tutto: che la
polizia li accusi, applicare ordinanze discriminatorie come quella delle
impronte digitali, incluso sottrarre bambini alle famiglie accusandoli di
mendicità o furto per portarli al Tribunale dei Minori. Abbiamo denunciato al
Parlamento Europeo vari casi a Napoli, Rimini e Firenze. Chi ruba i bambini a
chi?".
Un'altra opzione consiste nel demolire le baracche illegali e invitare gli
abitanti a tornare nel loro paese. Il 24 aprile, il governatore della Lombardia
inviò le scavatrici nel quartiere milanese del Giambellino con un gruppo di
polizia anti sommossa. Il mini accampamento dove vivevano i Covaciu fu reso
sgombero in un minuto. "Fu un'evacuazione brutale", ricorda Malini. "Li
obbligarono ad uscire dalle baracche e li posero in fila a contemplare la
distruzione". Rebecca: "Ci dissero che non potevamo raccogliere le nostre cose
perché con il nuovo Governo non potevamo restare in Italia". I Covaciu e altre
cinque famiglie persero tutto. "Restammo alcuni giorni dormendo nella Casa della
Carità e Roberto ci mandò a Napoli", aggiunge.
Mentre il treno arrivava al sud, una turba organizzata dalla Camorra
attaccava e bruciava gli accampamenti di Ponticelli, dove vivevano 700 persone.
"Dormimmo in una scuola, c'erano molti rumeni", ricorda Rebecca. "Le donne
raccontavano di aver avuto molta paura. Si avvicinava gente alle finestre e ci
gridava: 'Fuori di qui, zingari, tornate al vostro paese!".
Nuovo ritorno a Milano, Rebecca continua a disegnare, il Governo annuncia le
misure di emergenza rifiutate questa stessa settimana dal Parlamento Europeo.
Oltre alle principesse e alle spiagge immaginate, la ragazza dipinge la sua vita
reale. Ritratti di emarginazione, la diaspora, la mendicità. EveryOne li
presenta al premio Unicef. Tra 150 candidati, Rebecca vince con I ratti e le stelle.
"Prima disegnai Roberto, mi disse che ero un artista. Ne feci un altro, lo mise
nella sua pagina web e mi diedero il premio e questa medaglia".
I media la convertono per un giorno nella "piccola Anna Frank del popolo
gitano". I suoi disegni viaggiano all'esposizione collettiva Psiche e catene,
inaugurata il Giorno dell'Olocausto a Napoli. E sono ricevuti come testimonianza
contro la segregazione razziale nel Museo di Arte Contemporanea di Hilo delle Hawai.
Dopola fama effimera, i Covaciu installano la loro tenda nella zona di San
Cristoforo. Una mattina, dieci giorni fa, arrivano degli uomini alla tenda e,
senza dire parola, iniziano a picchiare Ioni e Rebecca. Il padre tenta di
difenderli e anche lui le prende. L'OnG decide di raccontarlo alla stampa. Due
auto della polizia arrivano sul posto. "Erano gli stessi del giorno prima, ma
questa volta portavano l'uniforme", dice Rebecca. "Mi misi nella tenda è mi
coprii con la coperta, i poliziotti presero papà ed iniziarono a picchiarlo. Lo
sentivo gridare molto forte".
"Trauma cranico per aggressione". Questo dice il referto medico, che il
pastore evangelico ricevette al pronto soccorso. Lì lo visitarono altri
poliziotti. Il messaggio era chiaro: "Se denunci, torneremo". Covaciu decide di
denunciare. Questo suppone andarsene dalla città, allontanarsi, nascondersi. Qui
appare la coppia di Potenza. "Quando lo Stato maltratta così la gente, quel che
segue è che cresce la solidarietà", medita il signor G.
I Covaciu arrivarono di notte a questa preziosa zona d'Italia. A soli due km.
c'è un paese tranquillo, una scuola rurale ed un curato, don Michele. "La storia
dei Covaciu prova che non abbiamo una politica d'integrazione", spiega. "Tutto
dipende dal volontariato della gente. Come la Bibbia è una storia di
emigrazione, Dio non ha paura".
Rebecca si congeda regalando disegni a tutti.
- Che farai da grande?
- Voglio curare i bambini poveri e fare la pittrice.
- E credi che in Europa ci sia razzismo?
- Che significa razzismo?
Di Fabrizio (del 17/07/2008 @ 22:54:10, in Italia, visitato 2849 volte)
Da
L'Unità
di Rachele Gonnelli - I riccioli biondi, gli occhialetti rettangolari un po' scesi sul naso,
italiano perfetto con accento "padano". Quando Eva Rizzin si presenta - "sono
sinta, piacere" - sindaci, assessori, giudici, assistenti sociali rimangono
generalmente a bocca aperta per qualche secondo. È l'antitesi del paradigma che
li vuole tutti "brutti, sporchi e ladri".
Trent'anni, laurea a Trieste in scienze politiche sul suo gruppo etnico - i
sinti di origine tedesca - , master in geopolitica, quattro mesi di stage al
Parlamento Europeo, lavora a Mantova all'osservatorio contro le discriminazioni
finanziato da Comune e Provincia. E fa parte del consiglio direttivo della
Federazione "Rom e Sinti Insieme", una nuova organizzazione che raggruppa 22
associazioni di diverse comunità di rom e sinti, appunto, che si pone il
problema di una nuova interlocuzione con le istituzioni, più fondata sulla
partecipazione e la rivendicazione dei diritti finora negati che sulla gestione,
un po' magmatica, dell'esistente. "Finora - spiega lei - in Italia non si sa
bene come siano stati impiegati i fondi, a parte per la bonifica dei campi, ma
tutti gli interventi che ci sono stati avevano comunque un approccio
assistenzialista. Lavorando a Bruxelles e avendo modo di confrontare realtà
diverse, dove l'integrazione funziona, è chiaro invece che a determinare
l'efficacia dei progetti è sempre la responsabilizzazione".
Responsabilità. Per molti il problema è quello della legalità.
"La nostra realtà è molto eterogenea. Ci sono i rom che sono arrivati in Italia
intorno al XIV secolo e sono italiani, con cognomi italiani, e votano, come il
nostro presidente Nazareno Guarnieri. E ci sono moltissimi che, arrivati bambini
durante la guerra nella ex Jugoslavia, vivono qui da decenni senza documenti,
senza permesso di soggiorno o asilo, senza neanche la possibilità di richiederlo
perché magari l'atto di nascita è andato perso o distrutto con gli archivi dei
paesi d'origine. Ci sono i sinti come quelli di Venezia - molti non vivono nei
campi ma hanno casomai il problema del mutuo da pagare - e gli ultimi arrivati,
dalla Romania o dal Kosovo.
È innegabile che ci sono anche ladri e persone che vivono nel sottobosco della
malavita. Anche in Italia non si può negare che ci siano mafiosi e camorristi.
Ma la responsabilità penale è personale, no? Non si può processare un intero
popolo. Enfatizzare solo il lato negativo, appiattire i giudizi senza
verificarli, generalizzando e cavalcando l'onda della paura e soprattutto di una
campagna xenofoba costruita ad arte per trovare un capro espiatorio di fronte
alle mancanze dello stato sociale, alla riduzione di servizi per tutti, come
hanno fatto i mass media più influenti in Italia, è istigazione all'odio. Non è
informazione o libertà di espressione, perché anche quella ha dei limiti e delle
regole".
Si dice che gli zingari non lavorano e non mandano i figli a scuola.
"Trovare un lavoro è difficile per un italiano, figuriamoci per noi. Ci sono dei
lavori tradizionali. Molti bosniaci, macedoni, serbi prima della guerra
lavoravano come giostrai, musicisti, nei mercati dell'usato, nell'edilizia,
anche nelle fabbriche. Ma è difficile riuscire a ricostruirsi una vita dignitosa
quando sei continuamente soggetto a sgomberi forzati o ti rinchiudono in un
campo nomadi. Anche l'accesso alla scuola - per noi fondamentale per migliorare
le condizioni di chi oggi vive nei campi - non è così facile quando parti da una
situazione di degrado. E poi spesso agli insegnanti basta togliere i bambini
dalla strada, contenerli, e non hanno strumenti culturali per insegnare loro
niente, così alla fine vengono solo umiliati e i genitori finiscono per non
mandarceli più. Recentemente, nel '99, sono state riconosciute in Italia 12
nuove minoranze linguistiche ma noi no. Noi chiediamo che venga approvata la
proposta di legge presentata il 2 luglio 2007. E il rispetto della Direttiva
europea 2043 che stabilisce parità di trattamento delle persone al di là della
loro appartenenza etnica".
l'assemblea della Federazione Rom e Sinti
Eppure per integrare i bambini nelle scuole sono stati fatti progetti,
stanziati fondi. Anche a livello europeo, no?
"Strumenti anche finanziari ci sono, nel Fondo sociale europeo. Il presidente
della Commissione Barroso lo ha ricordato. Il problema è la volontà politica e
il sostegno popolare necessario agli amministratori per implementarli. In
Europa, ma anche Toscana, con il progetto "città sottili" e la proposta di legge
sulle decisioni partecipate, che stabilisce percorsi di confronto e
partecipazione delle popolazioni locali, ci sono esempi di buona prassi. Certo
se si vuole mandare a scuola i bambini rom non si può cominciare con il
prendergli le impronte".
Ma adesso le prenderanno a tutti, nel 2010. Anche agli italiani.
"Sì, intanto però per prima cosa prendono le nostre, quelle dei bambini sinti e
rom. Hanno anche detto che non si trattava di una schedatura ma di un
censimento. E che lo facevano per noi, per aiutarci. Poi si sono resi conto di
aver esagerato, di essere sotto i riflettori dell'Europa, e hanno cercato di
correggere. Ma la sostanza di una politica discriminatoria e razzista non
cambia. A Napoli tre giorni fa dalla Prefettura fatto girare un questionario in
cui si doveva indicare l'appartenenza etnica e religiosa. Poi non ci si può
meravigliare se le popolazioni insorgono, danno fuoco ai campi".
Pubblicato il: 17.07.08
Di Fabrizio (del 17/07/2008 @ 10:30:11, in Italia, visitato 1450 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Il governo non lo farà. Il ministero dell'Istruzione non lo farà. Ancora una
volta, dobbiamo farlo noi, avvalendoci, grazie a internet, dei media liberi, dei
portali e dei blog indipendenti, dei forum che si occupano di diritti umani.
Dobbiamo fare scuola, contro l'imbarbarimento morale e civile del nostro Paese.
E' necessario attivare programmi educativi che consentano alle nuove generazioni
di conoscere la Storia, la cultura, la vita del popolo Rom, opponendo la verità
alle calunnie discriminatorie portate avanti senza il minimo scrupolo da
politici, autorità e media. La deriva razzista coinvolge ormai i giovanissimi,
trascinati verso l'odio razziale dalla propaganda che leggono sui giornali e
ascoltano in tv. Tornano attuali testi deliranti come il saggio "L'uomo
delinquente" (1876) del razzista Cesare Lombroso, fondatore
dell'antropologia criminale e propugnatore di bieche teorie relative a legami
fra razza e crimine. Anticipando di sessant'anni gli scienziati della razza
fascisti e nazisti, Lombroso pose ipotesi pseudoscientifiche a fondamento
dell'odio razziale. Secondo lui, gli 'zingari' - "delinquenti antropologici" -
possedevano "tutti i vizi e le passioni: l'oziosità, l'ignavia, l'amore per
l'orgia, l'ira impetuosa, la ferocia e la vanità. Essi infatti assassinano
facilmente a scopo di lucro. Le loro donne sono più abili nel furto e vi
addestrano i loro bambini. (...) Hanno tendenze malvagie che ripetono la loro
origine da una organizzazione fisica, psicologica diversa da quella dell'uomo
normale". I movimenti razzisti italiani, che trovano esponenti, ormai, nelle più
alte cariche istituzionali, seguono metodicamente (e diffondono presso i loro
adepti) le teorie di Lombroso, finalizzate ad applicare all'interno dello Stato
italiano azioni di prevenzione e di purga atte a risolvere la "questione
zingara": arresti e condanne pretestuosi, sgomberi dagli insediamenti di
fortuna, deportazione, sottrazione di minori ai genitori (persino i neonati Rom,
ormai, vengono affidati, poche ore dopo il parto, a famiglie italiane o
comunità, perché i genitori non hanno una casa), operazioni punitive; tutto per
prevenire e combattere la riproduzione di un "popolo nato criminale". Evitando
di perseguire i gruppi organizzati di razzisti - e gli agenti violenti - che
attuano periodicamente azioni punitive nei confronti dei Rom, le Istituzioni
incoraggiano tali organizzazioni. Non a caso negli ultimi due anni si sono
verificati centinaia di casi di aggressione nei confronti di persone di etnia
Rom, con numerose vittime, ma nessuno degli autori di tali crimini è mai stato
identificato o punito. La censura attuata dai media, naturalmente, è un fattore
critico di successo per la campagna razzista in corso in Italia. Per rendersi
conto di quanto sia capillare il controllo delle Istituzioni sulla stampa
italiana è sufficiente analizzare quanto spazio sia stato dato alla divulgazione
della Risoluzione del Parlamento europeo sul censimento dei Rom in Italia,
approvata il 10 luglio 2008: brevi note di agenzia, rari commenti e publicazioni
di estratti del testo, nessun dibattito significativo, tanto che il popolo
italiano non è praticamente a conoscenza di un documento fondamentale nella
Storia dell'Unione europea. Al contrario, quotidiani, radio e televisioni hanno
offerto il massimo risalto ai commenti del ministro dell'Interno, del primo
ministro e di altri esponenti della destra al potere. E' una tattica che il
partito nazionalsocialista utilizzava spesso, quando le sue politiche ricevevano
critiche dall'esterno, per trasmettere al popolo la sensazione di essere guidati
da un governo forte e autorevole, tanto forte da permettersi di snobbare o
addirittura ridicolizzare l'Unione europea. Identico trattamento è stato
riservato alle dichiarazioni dell'Alto commissario alle Nazioni unite per i
diritti umani, che stigmatizzano la persecuzione dei Rom in Italia. Per
osservare de visu gli orrori che l'Italia riserva alle famiglie Rom, la
Commissione europea aveva deciso di inviare una delegazione, guidata da
specialisti (in primis, i leader del Gruppo EveryOne). Ripetendo la mossa della
Germania di Hitler - che nel 1941 invitò la Croce Rossa a visitare un campo di
concentramento per verificare le condizioni di vita riservate agli ebrei
deportati - il ministro Maroni ha preso tempo: l'indagine si farà a settembre e
sarà lo steso governo italiano a decidere l'itinerario e a presentare gli
insediamenti alla delegazione. I nazisti riuscirono a ingannare il mondo civile
con la messinscena di Theresienstadt, il "ghetto modello" che mascherava la
persecuzione e lo sterminio. Prima dell'ispezione, a Theresienstadt furono
ridipinte le facciate delle case, pulite le strade, piantate aiuole fiorite,
inaugurato un teatro musicale sulla piazza del mercato, colmate di prodotti di
ogni genere le vetrine delle botteghe. Quindi si provvide a ridurre il
sovraffollamento, trasferendo 7500 ebrei ad Auschwitz, verso le camere a gas. La
Croce Rossa giudicò umano ed accogliente il ghetto boemo e i nazisti poterono
continuare indisturbati ad attuare lo sterminio. L'idea del primo ministro (che
ieri ha affermato che le schedature etniche dei bambini Rom servono a...
proteggerli dai loro genitori degeneri) e del ministro dell'Interno ricalca
quella dei carnefici di Hitler: sistemare un insediamento o due, dotandoli di
acqua e servizi igienici, allontanare i Rom che potrebbero rendere dichiarazioni
non gradite al governo, organizzare una festa zingara con canti e balli, quindi
congedare con il più ampio e rassicurante dei sorrisi i commissari e i loro
accompagnatori. Non si illudano i nuovi aguzzini: le cose non andranno così.
segue: Ripartono le schedature etniche
Il governo italiano ignora la Risoluzione del Parlamento europeo sul
censimento dei Rom e le ammonizioni dell'Alto commissario ai Diritti Umani delle
Nazioni unite e dichiara di voler procedere con la schedatura dei Rom, adulti e
minori. "La minoranza Rom si è resa colpevole di reati che hanno colpito
negativamente l'opinione pubblica e dunque è necessario procedere," ha
commentato il ministro del'Interno. Secondo informazioni di buona attendibilità,
un primo censimento sperimentale, con una nuova scheda che prevede rilievo
impronte digitali (anche per i minori) foto segnaletiche di fronte e profilo,
indicazione dell'etnia, ma non della religione, inizierà domani, 16 luglio, da
alcuni dei più popolosi insediamenti abusivi sul Tevere. Ai Rom è stato detto -
secondo una testimonianza - che se rifiuteranno la schedatura, saranno espulsi
dall'Italia. Per evitare sit in e manifestazioni di protesta da parte degli
antirazzisti, le schedature saranno effettuate senza preavviso.
Per informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334-8429527 - (+ 39) 331-3585406
www.everyonegroup.com
:: info@everyonegroup.com
Da
Roma_Daily_News
La diversità culturale è MISTO alla seconda edizione di
IRAF
L'Associazione Culturale TURN vi invita a raggiungerci al Cinema Estate in
Romania, Timisoara tra il 6 e il 10 di agosto e diventare parte di un enorme
fenomeno interculturale. La seconda edizione del Festival di Arte Romani
Internazionale - Misto, organizzato sotto l'egida del "Decennio dell'Inclusione
Rom 2005-2015" e dell'"Anno Europeo del Dialogo Interculturale Apre i suoi
Cancelli".
Come l'anno scorso, IRAF vi porta musica, danza, teatro, film, fotografia,
spettacoli pirotecnici e laboratori, presentazioni di libri, fiere artigiane,
attività informative, attività per bambini e attività per incarcerati, in un
evento che riunisce oltre 150 artisti di origine Rom ed oltre da Romania,
Spagna, Ungheria, Francia, Serbia, Repubblica Ceca. Soprattutto, quest'anno
una sfilata di venticinque capi di moda e chef ungheresi che vi aspettano con
una ciotola di gulash zingareschi pieni di vapore.
I 15 concerti presentano il fenomeno musicale zigano dai suoni dell'antica
tradizione alle ultime tendenze: spoon knocking,
beatbox, hip-hop, drum and bass, jazz, fanfara, musica classica e
flamenco.
- Boban Marcovic (Serbia), conosciuto come il miglior suonatore di tromba
dei Balcani;
- Puerto Flamenco (Spagna), vincitori di numerosi premi e partecipanti ai
più importanti festival di flamenco nel mondo;
- Félix Lajkó (Ungheria), uno dei più complessi artisti dall'Ungheria;
- Kal (Serbia), la banda Rom più cool dai sobborghi di Belgrado;
- Karavan Familia (Ungheria), uno dei nomi più importanti della scena
musicale mondiale zingara;
- Marius Mihalache, "il maestro del cimbalo" ed Ovidiu Lipan Tandarica,
"il miglior percussionista Rumeno di tutti i tempi" (Romania);
- Amaro Del (Serbia);
- Balkan Fanatic (Ungheria), un originale progetto che inietta il synth-pop,
l'hip-hop e la musica elettronica nei suoni tradizionali dell'Est Europa;
- Gipsy.cz (Repubblica Ceca), l'unica banda zingara hip-hop conosciuta
internazionalmente;
- DJ Click
(Francia), promuove un suono autentico che combina la febbre balcanica con
l'energia della musica elettronica;
- Estelle Goldfarb (Francia), il violinista che rompe le barriere tra la
musica tradizionale e quella moderna;
- DJ Vasile (Shukar Collective), uno dei padri fondatori della musica
elettronica in Romania;
- Dj Leizaboy (Romania), Dj
K-lu (Romania), Colombo de Niro (Romania), il più nuovo progetto jazz a
Timisoara.
Suona MISTO, non è vero?
Sponsors: Open Society Institute – Budapest, National Agency for the
Roma, The Administration of the Cultural Fund, The National Agency for
Supporting Youth Innitiatives, The National Youth Authority.
Partners: Banatul Philharmonic, The Maximum Security Penitentiary in
Timisoara, Resita Volunteer Center, OSUT, The Students' Cultural House
in Timisoara, The National Alliance of the Students' Organizations in
Romania, The German Cultural Center in Timisoara, The Resource Center
for Ethnocultural Diversity, The Students' Cultural House in Resita,
Cesky Rozhlas (Czech Radio).
Media partners: Radio Guerilla, TVR timisoara, 24 FUN, Suplimentul de
Cultura, Sunete, Alternativ, Dor de duca, 4elemente – Apollo, Cesky
Rozhlas (Czech Radio), Port.ro, studentTM
Questa è l'amicizia di uno
splendido inizio!
Di Fabrizio (del 17/07/2008 @ 09:26:10, in Europa, visitato 1301 volte)
Da
Roma_Daily_News
Ustiben report from Grattan Puxon
Amnesty International riporta che in un numero di villaggi Romanì in
Ucraina, a tutti i residenti sono state prese le impronte digitali.
L'operazione di polizia, già completata in alcune località, include le
impronte ai bambini.
Nel contempo, la polizia ucraina sta fotografando ogni persona ed edificio
per fare un archivio dei Rom come gruppo etnico.
Il rapporto dice anche che la minoranza Rom nel paese è soggetta a minacce,
discriminazioni ed abusi sia da parte dei funzionari statali che da altre persone.
Da
Melting Pot
Intervista ad Antonio Moresco, autore del libro Zingari di Merda
Zingari di Merda racconta il viaggio verso la Romania di due italiani e un
rom sgomberato dalla città di Pavia a bordo di una vecchia BMW per “andare a
vedere da dove si mette in movimento tutta questa disperazione, l’origine di
questa ferita”.
Con il suo autore, Antonio Moresco, abbiamo commentato le recenti misure che
stigmatizzano i rom come più criminali di tutti i criminali, calamità naturale
d’emergenza a cui far fronte con provvedimenti speciali.
Domanda: Zingari di Merda è il titolo del libro, un epiteto che si
rivolge ad una popolazione che, pur non avendo mai dichiarato guerra a
nessuno, è da secoli attaccata - come in una guerra – dal mondo intero. La
discriminazione contro i rom negli ultimi mesi in Italia è diventata discorso
pubblico, la loro persecuzione oggi è legittima. Dire “Zingari di merda” non è
più un’offesa di matrice razzista, ma è considerata quasi un’affermazione
oggettiva.
Risposta: Il titolo rappresenta la forza dei popoli perseguitati da
secoli che utilizzano gli epiteti offensivi rovesciandoli con fierezza. Il
nostro accompagnatore si rivolgeva a se stesso e agli altri rom usando queste
parole, che aveva sentito dire contro di sè in Italia. E’ un titolo ambivalente
perché rispecchia al contempo la situazione spaventosa dell’Italia di questi
anni, dove un popolo dai comportamenti non omologati è di nuovo diventato capro
espiatorio di paure ed insicurezze su cui forze politiche fanno leva per
nascondere i gravi problemi dell’attualità, ma quando un paese imbocca le strade
delle discriminazioni si sveglia poi con le ossa rotte...
D: L’istituzione di un Commissario straordinario per una presunta
emergenza incarnata dai rom significa considerare la presenza di questo popolo
alla pari di una calamità naturale. E’ forse l’errore macroscopico di un potere
che, oggi come ieri, non sa rapportarsi con l’alterità? Tutto il discorso e con
esso le politiche prodotte sui popoli rom in Italia, anche quando si agisce in
nome dell’integrazione, nascono dall’applicazione di categorie organizzative a
loro estranee, si affronta la loro società partendo dal “noi” e dal “nostro”
modo di vivere.
R: Si dà sempre per scontato che il nostro modo di vivere sia quello
giusto, cosa evidentemente tutta da dimostrare. A volte anche chi accetta in
termini generali gli zingari in realtà vorrebbe sempre ricondurli a dinamiche di
vita simili alle proprie. In questi ultimi anni gli zingari incarnano
l’irriducibilità e la differenza, io ho scelto di rappresentarli senza censure.
Non ho cercato di farne un santino edificante ma ho mostrato degli esseri umani
con la loro forza, la loro diversità e il loro mistero. In genere ogni loro
comportamento è letto attraverso la deformazione incredibile del paragone. Ad
esempio la violenza nei confronti delle donne – che non mi sono sentito di
censurare nel mio racconto - sembra maggiormente grave e criminale se compiuta
da parte degli zingari, nonostante le cronache rivelino preoccupanti violenze
domestiche contro le donne nelle case degli italiani. Nel momento in cui è stato
stabilito che quello è il popolo che fa paura tutto viene visto in una maniera
deformata. E’ il meccanismo spaventoso che spesso accade nella storia, coltivato
e manipolato per coprire altre cose gravi.
D: La persecuzione contro i rom è oggi più che mai quotidiana, ma anche
il tuo libro ha inizio con una persecuzione, ossia dopo gli sgomberi dell’ex
Snia Viscosa a Pavia nell’agosto 2007, quando vengono lasciati per strada un
centinaio di donne, uomini e bambini.
R: Il libro parte dal lavoro di volontariato di Giovanni Giovannetti
all’ex Snia Viscosa; dalla lotta e dalla vicinanza profonda con le persone che
vivevano accampate lì è nata l’idea di rintracciare queste famiglie nel sud
della Romania, dove molti di loro sono andati a ripararsi dopo la cacciata.
Siamo andati quindi fino a Listaeva, un paese dove gli zingari vivevano nelle
buche sotto terra, abbiamo visto le condizioni in cui vivevano le persone,
facendo a turno le guardie notturne per proteggere i propri bambini da topi di
un metro. E’ allora evidente che queste persone non emigrano in Italia perché
sono dei profittatori. Eppure a Pavia il Sindaco del Partito Democratico si è
comportato in maniera indistinguibile dalle destre che siamo abituati a vedere
come razziste e forcaiole. Se hanno creduto che inseguire questi comportamenti
xenofobi avrebbe portato ad un incasso elettorale, la dimostrazione della
mancanza di lungimiranza storica è stata plateale con il risultato delle
elezioni.
D: Nel tuo viaggio in Romania ti soffermi a descrivere la posizione
economica imposta a questo popolo dal sistema economico, che pretende che
restino immobili a vivere delle briciole del mercato globalizzato basato proprio
sugli scambi attraverso le frontiere. Tu sottolinei la contraddizione tra
fissità economica imposta e spinta al movimento degli esseri umani, che si
spostano per cercare di sfruttare le opportunità dello sviluppo, sottraendosi a
ruoli previsti per loro da non si sa bene chi.
R: Il tentativo di ancorarli ad una posizione è una miopia e tradisce
la mancanza di lungimiranza storica: i popoli si sono sempre spostati, anche nel
recente passato i popoli hanno sempre migrato, è incredibile che l’Italia non
riesca ad affrontare in termini equilibrati e giusti le migrazioni e il
desiderio di migliorare la propria sorte.
Anche nelle baracchine di Slatina le televisioni scalcagnate delle giovani
famiglie rom trasmettevano di continuo quanto è bella, ricca e luminosa la vita
in Italia e negli altri paesi.
Queste persone giovani cercano giustamente di avere una piccola parte in questa
ricchezza. Poi ci sono i meccanismi economici diseguali che fanno sì che in
Italia con l’elemosina in una giornata una zingara possa guadagnare 20-30 euro,
che in Romania non guadagna neanche un operaio. Questi meccanismi vanno molto
bene quando sono le fabbriche italiane, ad esempio Pirelli, che sfruttano questi
salari estremamente bassi ed impiantano in Romania le loro attività.
Paradossalmente gli stessi meccanismi che portano le persone a migliorare la
propria condizione sfruttando le differenze del valore della moneta romena
rispetto a quella italiana e quindi immigrando in Italia, generano invece
violenza ed ipocrisia. Le situazioni di vita che ho visto nel nostro viaggio
sembravano quelle del Bangladesh post alluvione e non quelle di un luogo così
vicino a casa nostra.
D: La schedatura, il tentativo di presidiare e censire i campi nomadi, la
folle idea di rilevare le impronte digitali rappresentano forse l’illusione di
bloccare e imbrigliare la determinazione degli uomini ed in particolare di
questo popolo a partecipare al benessere negato?
R: Io ne sono convinto. Queste iniziative vengono gettate in pasto
alle persone galvanizzate dalle campagne politiche e mediatiche, ma non hanno
senso perché gli spostamenti umani non si possono fermare.
Persino all’epoca dei romani, che facevano guerre pazzesche ed erano sotto le
armi per decenni per tenere fuori i cosiddetti barbari, per secoli e secoli poi
quelle stesse popolazioni che loro volevano escludere sono passate sul
territorio italiano.
A mio avviso più è determinata ed efficace la capacità di sigillare le frontiere
più l’effetto boomerang è devastante. Quello che vediamo oggi è una politica
miope oltre che criminale ed inaccettabile su molti piani.
Zingari di merda
di Antonio Moresco
Fotografie di Giovanni Giovannetti
Effigie Edizioni
Neva Cocchi, Progetto Melting Pot Europa - mercoledì 16 luglio 2008
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