Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Un album su Flickr, con le foto degli antenati in Punjab e in Rajastan. Qui invece, raccolte di immagini da tutto il mondo.
PRIMER CONGRESO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE LAS AMÉRICAS
San Luis de Potosi- Mexico - Noviembre 22, 23, 24 y 25 de 2005
DICHIARAZIONE DEL POPOLO ROM (GITANO) DELLE AMERICHE
Le sottoscritte organizzazioni e kumpaniyi Rom, riunite a San Luis Potosí (Messico) dal 22 al 25 novembre 2005, dichiarano quanto segue:
- Distinte kumpaniyi e gruppi familiari Rom vivono in vari paesi delle Americhe sin dall'epoca coloniale e questo rende fondante la nostra presenza come popolo, anche come preesistente alla formazione di molte delle attuali Repubbliche.
- Che collettivamente il popolo Rom non è di recente arrivo o comunque alieno o straniero, ma vanta una lunga storia e presenza in quasi tutti i paesi del continente americano.
- Che abbiamo fornito un apporto incommensurabile e mai riconosciuto dalla società gadyi (non Rom) ai processi di formazione nazionale dei distinti paesi del continente.
- Che mai il popolo Rom ha preteso di dominare altri popoli o di imporre la propria cultura, contrariamente si è sempre caratterizzato per il rispetto della diversità e della pluralità.
- Che la popolazione Rom nelle Americhe oltrepassa la cifra di tre milioni di persone, ma a fronte di questa significativa presenza demografica, vive sommerso in un'invisibilità obbligata.
- Che attraverso la storia, tanto di ieri come di oggi, il nostro popolo è stato la vittima privilegiata di pratiche e procedure razziste, discriminatorie, xenofobe ed intolleranti, che hanno portato gli altri popoli e culture a considerarci con i peggiori e appellativi.
- Che riferendosi alla diversità dei popoli e delle culture del continente americano, sistematicamente si omette e cala il silenzio sull'esistenza del popolo Rom.
- Che siamo un popolo millenario, con storia, tradizioni e idioma nostri propri, quindi nel pieno diritto all'esercizio dell'autodeterminazione.
- Che rifiutiamo la qualifica di "minoranza etnica", in quanto pur garantendoci alcuni strumenti internazionali, non rispecchia la nostra situazione di popolo in situazione di dominazione.
- Che richiediamo e rivendichiamo per il Popolo Rom il riconoscimento pieno ed integrale dei diritti collettivi, reiteratamente negati ed infranti, e
per quanto il nostro popolo non si identifichi nel cammino della civiltà che sfocia in un progetto statuale definito, ciò non deve essere d'impedimento ad essere appropriatamente rappresentati nelle istanze internazionali e nel sistema delle Nazioni Unite.
In merito a quanto su esposto, come organizzazioni e kumpaniyi Rom delle Americhe esprimiamo il nostro fermo impegno militante a lavorare attivamente sui seguenti principi:
RICHIESTE:
- Che gli Stati e i Governi delle Americhe riconoscano il diritto all'autodeterminazione del Popolo Rom.
- Che gli Stati e i Governi del continente riconoscano, promuovano e garantiscano i diritti collettivi del Popolo Rom.
- Difendere, recuperare e valorizzare la storia e le tradizioni etniche e culturali del nostro popolo, come anche proteggere i diritti patrimoniali e/o il patrimonio culturale e intellettuale del Popolo Rom.
- Evitare qualsiasi forma di discriminazione negativa, di razzismo, di xenofobia, di intolleranza e di esclusione verso il Popolo Rom.
- Promuovere e difendere di fronte alla società gadye le conoscenze e i saperi tradizionali del Popolo Rom, al pari dei suoi valori etnici e culturali.
- Che gli Stati e i Governi delle Americhe applichino rigorosamente le norme giuridiche internazionali che in tutte le forme proteggono i diritti del Popolo Rom.
- Lottare per l'ampliamento degli spazi di autonomia e autogoverno del Popolo Rom, mirando al riconoscimento delle sue proprie autorità e validando l'esistenza e il campo d'intervento della giurisdizione speciale o Kriss.
- Favorire l'apertura dei necessari spazi interculturali per garantire lo sviluppo autonomo dell'opzione civilizzante propria del Popolo Rom nelle Americhe.
- Che gli Stati e i Governi del continente americano consultino in maniera adeguata il Popolo Rom, tramite le sue organizzazioni rappresentative, prima di elaborare Piani di Sviluppo, specialmente per quanto riguarda vita, cultura, identità, necessità fondamentali, e perché si approntino le misure necessarie al pieno sviluppo delle sue istituzioni, cultura, autonomia e scolarizzazione.
- Che gli Stati e i Governi regionali garantiscano appropriati programmi di educazione bilingue ed interculturale, come anche l'accesso dei giovani e delle donne alla scolarizzazione media e superiore, in condizioni favorevoli e che venga garantita la loro permanenza.
- Che gli Stati e i Governi delle Americhe sviluppino modelli alternativi di attenzione alla salute per il Popolo Rom, che garantiscano un accesso adeguato ai servizi della salute, che dovranno essere opportuni, compatibili, autosostenibili, efficaci, efficienti, mantenere la qualità e l'igiene, le cui azioni si orientino a rafforzare la promozione, prevenzione, trattamento e riabilitazione della salute.
- Agire di modo che i piani e programmi statali per la salute tengano conto delle diverse conoscenze, pratiche e usi diagnostici e di trattamento del Popolo Rom.
- Che gli Stati e i Governi promuovano e garantiscano la sicurezza alimentare e il miglioramento sostanziale della qualità di vita del Popolo Rom.
- Che gli Stati e i Governi garantiscano la libera autoconsultazione del Popolo Rom, attraverso le sue proprie autorità e istituzioni rappresentative, ogni volta che si prevedano progetti di sviluppo, soluzioni legislative o amministrative che lo riguardi direttamente.
- Che il Popolo Rom abbia un approccio paritario, permanente ed appropriato ai media di comunicazione sociale di massa.
- Che i rappresentanti del Popolo Rom abbiano accesso alle diverse istanze di partecipazione create dalle istituzioni governative e dai poteri pubblici.
- Contribuire alla creazione e al consolidamento delle istituzioni e istanze che permettano al Popolo Rom di progredire nel processo di riconoscimento dei suoi diritti collettivi.
- Accelerare i meccanismi e le istanze necessarie a stabilire contatti, relazioni ed interscambi fluidi e permanenti tra i Rom nelle Americhe e il resto della comunità Rom internazionale.
- Garantire che le forme di vita nomade ed itineranti, mantenute da molti gruppi familiari Rom nelle Americhe, continuino ad essere praticabili nel tempo, quindi che gli Stati e i Governi approntino luoghi speciali atti all'accampamento e e norme che facilitino il libero transito attraverso le frontiere continentali ed internazionali.
- Che gli Stati e i Governi della regione riconoscano lo status di asilanti ai membri del Popolo Rom che per ragioni politiche, sociali, culturali, etniche, religiose, siano rifugiati o immigrati nel continente americano, e che siano predisposti piani politici, programmi ed azioni adeguate.
In ragione di queste legittime richieste:
RICHIEDIAMO ALLE NAZIONI UNITE - ONU, CHE:
- Si dia inizio a un ampio e profondo processo di democratizzazione di tutta la struttura delle Nazioni Unite, perché le sue istanze più significative non vengano controllate da un numero ridotto degli Stati più potenti, che nella maggiora parte dei casi assumono decisioni controverse e senza il consenso della comunità internazionale.
- Vengono progettate istanze, meccanismi e procedimenti che rendano possibile la partecipazione del Popolo Rom al sistema delle Nazioni Unite, in condizione di eguaglianza con gli altri Stati. Come primo passo proponiamo un "Foro Permanente per il Popolo Rom", che ai livelli più alti possibile, con una composizione mista e ampio mandato includa i diritti civili, politici, economici, sociali, culturali, ambientali, sanitari, educativi, linguistici, di genere, di sviluppo, prevenzione dei conflitti... ecc., faciliti il dialogo tra gli Stati membri, il Popolo Rom e le agenzie e le organizzazioni specializzate sui temi e interessi che riguardano direttamente il nostro popolo.
- Inizi un processo di partecipazione ampia e paritetica dei delegati del nostro popolo, perché venga redatta, discussa ed approvata una "Dichiarazione delle Nazioni Unite per i Diritti del Popolo Rom", che sia uno strumento internazionale che garantisca, con standards accettabili, tutti i diritti del nostro popolo.
- Venga riconosciuto dall'ONU e dagli Stati Membri il giorno 8 aprile come "Giornata Internazionale del Popolo Rom", a memoria del "Primo Congresso della Unione Romani Internazionale" tenutosi a Londra tra il 7 e il 9 aprile, che segnò l'inizio del movimento associativo odierno del nostro popolo.
- Come parte delle riunioni e attività preparatorie alla "Conferenza Mondiale Contro il Razzismo, la Discriminazione Razziale, la Xenofobia e Altre Forme di Intolleranza", l'Ufficio dell'Alto Commissariato per i Diritti Umani, propizi e faciliti un "Incontro Continentale del Popolo Rom delle Americhe", in cui si possano unificare criteri, costruire consensi e disegnare strategie a partire dalle distinte realtà del nostro popolo che si presentano nel continente.
- Che termini l'occultamento del Popolo Rom delle Americhe nei differenti processi ed istanze del sistema delle Nazioni Unite, e viceversa che venga coinvolto attivamente nelle riflessioni e discussioni sui temi che direttamente o indirettamente lo riguardano.
ALL'ORGANIZZAZIONE DEGLI STATI AMERICANI - OSA:
-
La costituzione di un'istanza permanente che incorpori l'esistenza del Popolo Rom delle Americhe e mantenga relazioni su basi egualitarie col nostro popolo.
-
Un coinvolgimento attivo del Popolo Rom delle Americhe in tutto il processo riguardante la riflessione e discussione del "Progetto della Dichiarazione InterAmericana dei Diritti dei Popoli Indigeni", come anche che le disposizioni legali contenute nell'art. 1 di detta Dichiarazione , siano estese al Popolo Rom, per le sue condizioni di popolazione tribale.
-
Tramite un'adeguata partecipazione del Popolo Rom, si realizzi uno studio esaustivo sulla situazione attuale in materia di diritti umani, civili e collettivi.
AGLI STATI E AI GOVERNI DELLE AMERICHE:
-
Pieno riconoscimento della nostra esistenza come popolo e garanzia di esercitare i nostri diritti collettivi e civili. Causa la sua proiezione transnazionale e l'ampia mobilità geografica, il Popolo Rom dev'essere riconosciuto esplicitamente dai Governi e dagli Stati del continente, come popolo pienamente americano per tradizioni e presenza storica.
-
Che si approntino, previo nostro libero e fondamentale consenso, strumenti legali e normativi che garantiscano i nostri diritti collettivi e civili, come pure l'integrità etnica e culturale.
-
Ratifica del Convenuto 169/1989 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro "Sui Popoli Indigeni e Tribali nei Paesi Indipendenti" e applicazione estensiva delle sue disposizioni legali al nostro popolo.
-
Garanzia di ampia ed adeguata partecipazione dei delegati del Popolo Rom alle iniziative che saranno predisposte (riunioni mondiali, regionali e continentali) a seguito della "Conferenza Mondiale Contro il Razzismo, la Discriminazione Razziale, la Xenofobia e Altre Forme di Intolleranza".
-
Accoglienza solidale ai rifugiati Rom, fuggendo da persecuzioni e guerre, approdino sul continente americano in cerca di sicurezza e garanzie per rifarsi una vita.
ALLE ORGANIZZAZIONI NON-GOVERNATIVE E ALLE AGENZIE DI COOPERAZIONE:
-
Nei propri progetti e programmi d'azione e intervento, tengano conto delle necessità e problematiche attuali del Popolo Rom delle Americhe.
-
Si impegnino assieme alle organizzazioni Rom delle Americhe ad appoggiare con ricorsi tecnici e finanziari, le iniziative e progetti volti a concretizzare le principali richieste del nostro popolo.
AI POPOLI INDIGENI E AFRODISCENDENTI, COME PURE AGLI ALTRI POPOLI TRADIZIONALI CHE SI SONO STABILITI NEL CONTINENTE:
-
Appoggio solidale e fraterno delle aspirazioni, richieste e rivendicazioni del nostro popolo, sul cammino per uscire dall'invisibilità in cui è stato sommerso e per il riconoscimento pieno ed integrale di tutti i suoi diritti collettivi.
-
Azioni di mutua e reciproca conoscenza e "scoperta" perché il Popolo Rom delle Americhe sia riconosciuto come popolo, che non è nativo o originario di queste terre, ma la cui antica presenza e traiettoria ha portato a condividere strutturalmente gli stessi problemi che affrontano i Popoli Indigeni e afrodiscendenti.
-
Riconoscimento del Popolo Rom come attore sociale nelle Americhe, che dalla sua invisibilità intende uscire per l'edificazione di una società diversa, pluralista e inclusiva, più democratica, libera e giusta.
-
Il Popolo Rom da grande valore alle domande e rivendicazioni elaborate dai Popoli Indigeni e afrodiscendenti, come dagli altri popoli tradizionali che vivono nel continente, così come riconosce i sentieri da loro aperti e che oggi stiamo percorrendo. Per questo, il Popolo Rom si ritiene in qualche modo l'erede del lavoro organizzativo dispiegato da questi popoli e pertanto lo fa proprio.
Infine, alle organizzazioni presenti a Questo Congresso e kumpaniyi Rom delle Americhe del "Consiglio delle Organizzazioni e Kumpaniyi Rom delle Americhe", che tengono come missione fondamentale:
-
Contribuire in modo decisivo a dar visibilità al Popolo Rom delle Americhe, come al riconoscimento dei suoi diritti collettivi.
-
Consolidare maggiormente il movimento associativo del nostro popolo nel continente e in tutto il mondo, portando il processo di visibilità nel contesto della comunità internazionale.
-
Consolidare organicamente e potenziare politicamente il Processo Organizzativo del Popolo Rom come organizzazione rappresentativa del nostro popolo in questo Continente.
-
Ottenere la discussione sulla situazione attuale delle relazioni tra gli Stati e il Popolo Rom.
-
Condividere esperienze con le organizzazioni Rom delle Americhe, per avanzare nel consolidamento delle istanze di coordinamento del nostro popolo.
-
Dotare il Popolo Rom delle Americhe di una sede internazionale e creare il suo statuto.
En constancia se firma en San Luis Potosí (Mexico) a los 25 días del mes de noviembre de 2005 por los delegados de las organizaciones y kumpania Rom de las Américas presentes: Shona Paramush, LOLO DIKLO (EE.UU) Ana Dalila Gomez, PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA, PROROM Mario Ines Torres, WESTERN CANADIAN ROMANI ALLIANCE, WCRA Alexandre Flores, PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE BRASIL, PROROM-BRASIL Lorenzo Armendariz, LATCHO DROM, MEXICO JUANCARLOS GAMBOA MARTÍNEZ Móvil: (57-1) 315-2255905 Dirección Electrónica: juancarlosgamboamartínez@yahoo.es
"Se non faremo l'impossibile, dovremo affrontare l'inconcepibile".
|
Si è tenuta lo scorso mercoledì 23 novembre un'udienza pubblica sulla condizione delle donne Rom in Europa. [...]
L'iniziativa è stata organizzata in vista del rapporto che la deputata Lívia Járóka (EPP-ED, HU) presenterà a maggio 2006. Il rapporto affronterà temi scottanti come la segregazione scolastica, l'accesso ai servizi sanitari, la posizione marginale delle donne Rom nel mercato del lavoro, l'esclusione sociale, l'antiziganismo basato sul pregiudizio la sterilizzazione forzata e le diverse forme di discriminazione, con l'intento che "Tutte le istituzioni diano priorità alle donne Rom nelle loro agende".
- Anna Záborská (EPP-ED, SK), presidente della Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, afferma: "Dopo l'allargamento a dieci nuovi Stati Membri, i Rom sono diventati la minoranza più numerosa nell'Unione Europea".
- Zita Gurmai (PSE, HU): "Dobbiamo contrastare senza indugi il gap esistente".
- Karin Resetarits (ALDE, AT): "Occorre una grande campagna specifica".
|
Luisella Pavan-Woolfe, della Commissione Europea, ha sottolineato l'importante ruolo dell'EU nel completare gli sforzi compiuti ai vari livelli locali, regionali e nazionali.
Miranda Vuolasranta (Consiglio d'Europa) ha chiesto una discussione urgente da parte del Comitato. Ha citato come esempio un caso accaduto in Romania: una bambina Rom di 10 anni è morta durante un incendio. L'opinione pubblica si è limitata ad accusare la madre (che è di etnia non Rom) di scarsa attenzione. "Se la situazione fosse stata invertita, avremmo avuto un pogrom anti Rom".
Herta Toth (Open Society Institute, HU) ha ricordato che nel suo paese il 40% Rom il ha perso il lavoro dopo la caduta del comunismo e che l'integrazione fosse allora sicuramente migliore. Ha poi notato che la maggior parte delle ricerche non tengono conto della differenza di genere e che mancano quasi completamente i dati sulle donne Rom. "Il problema è che questo popolo è invisibile, assente dall'agenda e dai programmi dello stato".
Molti tra gli intervenuti hanno sottolineato la doppia discriminazione: etnica e di genere. E la necessità e l'urgenza di misure che affrontino questo tema.
Contatti: Martina IOVCHEVA Press Room Tel. : +32 2 28 40764
Lena KRAFT Press Room Tel. : +32 2 28 43 411
|
e-mail : femm-press@europarl.eu.int
|
da Ahmed_Alhasanya-Almezayen-Al-Nawar-Rom-Dom via Romanian RomaGli Zingari Europei si definiscono Rom e la loro lingua romanès o romanì. La comunità che arrivò nel Medio Oriente rimase fedele al proprio nome originario dell'India: Dom (uomo). Oggi sono di religione musulmana e di lingua araba. [...] Alcuni Rom sono reimmigrati in Medio Oriente, specialmente in Egitto, e si sono mescolati agli altri Dom, creando un nuovo ceppo misto egiaziano-europeo. Spero che i Rom in Europa e nel Nuovo Mondo non dimentichino i loro parenti in Medio Oriente e quelli dell'Asia Centrale, conosciuti come Lom, e che assieme si possano restabilire relazioni con la nostra origine indiana. Ahmed Rom-Dom
Qui sotto trovate una notizia molto triste giunta da George Wilson, che annuncia la morte dell'amico e collega Charles Smith.
Di seguito anche l'annuncio della Press Association e commenti di Trevor Philips e Thomas Acton.
Spero che la conferenza di Londra del 15/11/2005 voglia recare un doveroso contributo alla memoria di Charlie
Andrew Ryder - romanistan@yahoo.com The Gypsy and Traveller Law Reform Coalition
Cari amici,
E' con grande tristezza che debbo informarvi che Charlie ha definitivamente perso la sua battaglia per la vita questa mattina alle 2.00 AM.
Naturalmente vi terrò informati sulla data dei funerali. E nel contempo ringrazio quanti hanno inviato messaggi di condoglianze.
Vi chiedo cortesemente di informare quanti inavvertitamente posso aver dimenticato.
Grazie da parte mia e, naturalmente da parte di Charles
George
|
l'immagine è tratta dal sito della BBC
|
|
MUORE UN ATTIVISTA DEI DIRITTI DI NOMADI E VIAGGIANTI
By Caroline Gammell, PA Deputy Chief Reporter
Veniamo oggi a conoscenza che è mancato un attivista che aveva difeso per oltre tre decadi i diritti di Nomadi e Viaggianti.
Charles Smith, è stato il primo commissario Zingaro nella Commissione per l'Uguaglianza Razziale (CRE) e presidente del Gypsy council. Si era fatto conoscere per le sue battaglie per i diritti delle comunità dei Nomadi e Viaggianti.
Aveva 49 anni, è morto la notte scorsa nella sua casa di Thundersley, nell'Essex, dopo una battaglia decennale contro il cancro.
Trevor Phillips, presidente del CRE, ha detto: "Sin dal suo ingresso come commissario nel CRE dell'aprile 2004, il suo contributo e la sua visione in tutte le sfere del nostro lavoro è stata incalcolabile".
"In particolare, ha ricongiunto il CRE con le comunità di Nomadi e Viaggianti"
"Ci mancherà sicuramente e i nostri pensieri in questi tristi momenti vanno a George, alla sua famiglia e ai suoi amici".
|
|
E' morto oggi Charlie Smith, Presidente del Gypsy Council, [...] Figlio di un sarto famoso tra i Romanichal per i suo abiti di foggia zingaresca e che aveva sposato una Zingara.
Charlie crebbe in una comunità stanziale nel Southend, patì la discriminazione razziale a scuola, che lasciò per darsi agli affari. Sviluppò un fiorente commercio di antichità, vendendo manufatti in avorio della Cina nelle fiere, cosa che lo rese famoso e rispettato nelle altre comunità nel mondo.
Nei primi anni '80 si unì al Gypsy Council , dopo che mi aveva chiesto di indagare sui libri che parlassero del suo popolo. Partecipò a due riunioni senza aprire bocca, e alla fine estrasse dalla tasca una manciata di fatture: sul retro aveva scritto a matita la sua autobiografia. Parte di quel lavoro fu pubblicato in "TRAVELLER EDUCATION as "S! elling China at Stow Fair".
In seguito pubblicò due volumi di poesie, presidente del Gypsy Council, sindaco (Laburista) di Castle Point e commissario nella Commissione per l'Uguaglianza Razziale.
Affrontò poi negli ultimi anni la malattia con grande coraggio, proseguendo il suo lavoro sino alla fine, nonostante le interruzioni dovute alla chemioterapia.
My deari Duvvel, who jins sor mushes' meriben, to muk lesti to sutti shukarly 'dre His tan opre! Thomas Acton
|
08/11/05 - http://groups.yahoo.com/group/British_Roma |
Mittwoch, 2. November 2005
VADIAN.NET, St.Gallen
I Nomadi: Rom, Sinti e Jenische - Berna: Col termine Nomadi si intendono dal Medio Evo quanti non siano popoli
stanziali. I principali gruppi nomadici oggi in Europa sono i Rom, i Sinti e gli
Jenisch. Da tempo vengono comunemente denominati "Zingari".
I Rom sono migrati dal V secolo dall'India. In Europa vivono oggi tra gli 8 e
i 10 milioni di Rom. Parlano una lingua comune, il romani o romanes. Comunità a
loro apparentate sono i "Sinti", i "Manusch" o in Spagna i
"Gitanos". Nel tardo Medio Evo appaiono in Europa altri gruppi
erranti, di lingua differente. Il gruppo principale è quello degli Jenisch.. In
Europa ve ne sono circa 100.000, in Svizzera, Germania e Austria. Sono chiamati
anche "Zingari bianchi" o, nella Svizzera interna "Fecker".
Parlano lo jenisch, una lingua che si basa sulla grammatica tedesca e
contiene parole tratte dallo jiddisch, dal romanes e persino dall'antico
gaelico.
Nomadi in Svizzera - In Svizzera vivono secondo l'Ufficio
Federale per la Cultura circa 30.000 Nomadi, la maggior parte sono Jenisch. La
maggior parte è diventata stanziale, tra i 3.000 e i 5.000 mantengono uno stile
di vita semi-nomade (risiedono in case durante l'inverno e si spostano in
estate). Circa 2.500 sino "di fatto nomadi attivi". Gli stati
nazionali moderni, è dal XIX secolo, che perseguono l'assimilazione dei Nomadi
alle comunità stanziali. Gli Jenisch vennero inglobati nei Cantoni dal 1850, a
seguito dell'istituzione dello stato federale, come riportano gli atlanti di
storia. Tra il 1926 e il 1973 oltre 600 bambini Jenisch vennero tolti ai loro
genitori dalla "Associazione Caritatevole per i Bambini di Strada"
Pro-Juventute, e rinchiusi in orfanotrofi o cliniche psichiatriche. Durante la
II guerra mondiale, testimonia la Commissione Cantonale, i Nomadi vennero
sottoposti discriminazioni e limitazioni anche in Svizzera.
Gruppi autosufficienti: Nel 1975, gli Jenisch si sono uniti nella
cooperativa "Ruota della Strada". Assieme ad altri gruppi chiedono un
risarcimento per i torti subiti in passato e sostengono i loro diritti attuali.
Anche la fondazione federale "Avvenire per i Nomadi Svizzeri" dal 1997
rivendica un miglioramento delle condizioni degli Jenisch. Gli Kenisch, a
differenza degli altri gruppi linguistici, non sono riconosciti dalla
Costituzione federale. La loro condizione giuridica varia a seconda delle legge
cantonali, anche se gli accordi ONU sulla protezione delle minoranze,
sottoscritti dalla Svizzera, assicurano loro una certa protezione in tutta la
federazione. Sono invece riconosciuti come gruppo autonomo dal 1975 nel cantone
di Berna.
L'uomo scese dall'auto sbattendo lo sportello, con un'aria assonnata e stressata, sbadigliando visibilmente. Non gli andava quello che stava per fare. Non oggi. No, decisamente, non era il momento giusto.
Un odore acre di immondizia bruciata lo assalì, come sempre, all'ingresso del campo. Credeva di averci fatto l'abitudine, dopo tutto ci si abitua a tutto. Ma era poi davvero così? Il ronzio dei cavi dell'alta tensione era un sottile seghetto d'angoscia per il metallo dei suoi nervi compressi, tesi al limite dello spasmo. Come al solito, alcuni bambini si accalcarono intorno all'auto, chiedendo con tono piagnucoloso da attori sperimentati, alcuni:
- Dove andiamo?
Altri:
- So keres?
Davanti al centro sociale, un gruppo di ragazzi e ragazze sedevano tranquilli a parlottare, come se nulla fosse successo in quel nuvoloso giorno di Novembre. Una donna stendeva i panni, un vecchio al tavolo con un certo numero di bottiglie vuote davanti annuiva col capo.
Fuori, lungo l'asse della circumvallazione, il traffico scorreva indifferente ai drammi della vita e della morte, gli stessi di sempre. Eppure l'indifferenza con la quale quella gente recitava i suoi drammi era di segno opposto a quella dei motori sperduti nella no man's land di Secondigliano.
- Ehi, bello, mi offri una sigaretta?
La ragazza sorrideva con uno sguardo da donna decrepita, il dente d'oro bene in vista e gli occhi struccati malamente, come se avesse cent'anni.
Un senso di sgradevole complicità pervase l'uomo, che tirò fuori dalla tasca dell'impermeabile una Marlboro e gliel'accese, svogliato. Percepiva quella ragazza invecchiata precocemente come un pugno nello stomaco. Commiserazione, sensi di colpa, un doloroso senso di solidarietà: al limite, un pizzico di compiaciuta morbosità. C'entrava un po’ di tutto nelle emozioni che lei gli suscitava. La cosa lo disturbava visibilmente. Era nervoso e impacciato, si vedeva lontano un miglio.
Un argomento su cui riflettere. Ma non oggi. Oggi no.
Il ronzio dei cavi continuava, metallico insetto d'angoscia, prolungandosi nel pulsare di un suo capillare nella tempia sinistra. Monotono, aritmico sottofondo della materia inerte alle vicende, ripetute sempre identiche, del trascinare una vita già condannata in partenza. L'opposto del vivere.
L'ubriaco fece di sì col capo, mormorò qualche incomprensibile parola in una lingua incomprensibile e tornò a sprofondare nella abituale catalessi. Tutto sommato, non così ubriaco.
"Ubriaco normale", avrebbe detto il padre di Darko. I vecchi in quelle condizioni a volte vedevano gli spiriti dei morti, i muldré, spaventevoli esseri sanguinari, coi quali si cimentavano in violente guerriglie verbali. A volte avevano anche il coraggio di minacciarli con un bastone. A ogni modo, parlandogli a tu per tu, cosa che non avrebbero mai fatto da sobri.
Forse, in questo momento, il vecchio era l'unico a vedere lo spirito del piccolo Dolar, passato come una meteora ancora giovane, schiantatasi inosservata su questa terra.
L'uomo era venuto per il suo funerale. Ammesso che non fosse già troppo tardi e che il corpo non fosse già via, sulla lunga strada verso la Jugoslavia. Una terra che non aveva mai conosciuto. La sua terra. Sua, in che senso? Almeno, non avevano fatto in tempo ad espellerlo, con la sua famiglia, verso il paese in cui non era nato. Comunque, gli avevano detto tra mezzogiorno e l'una. Si erano fatte quasi le due, non era riuscito a scappare prima. A che pro, in fondo, affrettarsi se tutto era così maledettamente lento in quell'angolo dimenticato di mondo?
-Dov'è? chiese al ragazzo khorakanò, Milan, il primo che riconobbe nel gruppo, a parte la ragazzina dalla sguardo stravissuto.
- Vieni con me, haide.
L'uomo lo seguì fino al numero 38, dove vide una grande folla di persone in piedi, evidentemente in attesa di qualcosa. Sulle tavolate imbandite sotto la veranda, c'erano pronte diverse pietanze, tra cui l'uomo distinse alcune dolma, pita e birra a profusione, oltre a vari tipi di dolci. Una sorta di pranzo di consuolo, usanza antica che era in vigore anche dalle parti di cui era originario lui. Milan si voltò, bofonchiando qualcosa tra i denti, che l'uomo decifrò come:
- Ci vediamo dopo
Lui, di famiglia khorakanì, gruppo in netta minoranza nel campo, non si avvicinava a una cerimonia di quegli "altri", gli ortodossi, che erano solo buoni a ubriacarsi e a fare scoppiare casini. In più, c'erano già stati diversi litigi violenti all'interno del campo tra i due gruppi e questo non aveva certo contribuito a rasserenare gli animi. Neanche la morte riusciva a riunire ciò che gli uomini, chavoré rissosi e presuntuosi, si ostinavano a tenere separato.
L'uomo chiese permesso tra la folla e si avvicinò al gruppo, dove gli sembrava di aver riconosciuto qualcuno. Era Boban Djordjevic, una persona distinta e a modo, vestito con una sahariana azzurra che metteva in risalto il colore violaceo della sua pelle. Dall'alto dei suoi circa due metri, Boban ispirava un senso di intelligenza furba e pacioccona, forse anche a causa dei suoi lunghi baffoni spioventi.
- Brutta storia - disse l'uomo - era tuo parente?
- Quasi parente, sai, io compare di suo zio Dusko.
- Si sa qualcosa di come è successo?
- No, bronchite forse. Ci ganav. Sua famiglia non vuole dicere.
Sulla morte del bambino, l'uomo aveva sentito per lo meno tre versioni differenti: bronchite con complicazioni cardiache, malformazione genetica al cuore, influenza non curata o curata male. La morte, indeterminata come la vita, aveva in mezzo a quella comunità tutti i volti immaginabili e nessuno in particolare. Che importava la diagnosi della malattia, se tanto comunque il bambino, per ignoranza dei genitori o mancanza di mezzi, non sarebbe stato curato come doveva?
E poi, il piccolo, malato lo era stato sempre, per quanto poteva ricordare. Epilessia e rachitismo, malattie croniche e senza cura: Dolar - nelle parole stesse del dottore - era nato sotto una cattiva stella. Almeno, così, si era risparmiato la morte più atroce, la lectospirosi, provocata dai morsi delle zoccole.
A scuola, i ragazzini più grandi l'avevano preso di mira e qualcuno l'aveva anche picchiato. Questo l'aveva allontanato dai banchi scolastici e da allora si aggirava per il campo con quella sua andatura traballante e malferma, come se il suo corpicino gracile non sostenesse gli sforzi eroici di quella vita insensata che gli si agitava dentro.
- Kaj jas? Dove andiamo? l'uomo lo sentiva sempre ripetere, come un motivetto stonato che esce da un giocattolo sul punto di rompersi definitivamente.
E adesso non c'era più. Finalmente andato, partito per l'ultimo viaggio, a conoscere quella sua terra d'origine soltanto immaginata, di cui aveva tanto sentito parlare. Adesso, quella morte assurda, più assurda del solito, ci aveva pensato lei a espellerlo, una volta per tutte.
Dall'interno del prefabbricato, proveniva un pianto soffocato. A un tratto una donna con gli occhi arrossati uscì, i capelli grigi scarmigliati, appoggiata alla comare, lo sguardo perso nel vuoto. Fuori, gli uomini e i ragazzotti tirati a lucido parlavano sommessamente. Il funerale era l'occasione mondana per rincontrare gente di famiglia e sapere le ultime novità. La roba sul tavolo non aveva un aspetto molto florido, pensò l'uomo. Qualche mosca apatica degustava con anticipo le delizie culinarie preparate per consolare gli ospiti e ringraziarli della visita.
Un sole stanco e malato filtrava mollemente attraverso il tendone, rendendo la scena ancora più spettrale.
Si aspettava il Pope. L'ampio stanzone all'interno era illuminato fiocamente da qualche candela ed era gremito di gente. L'uomo si intrufolò tra i presenti, riconoscendo e salutando vari tipi che si accalcavano sulla porta e nella parte prospiciente la bara. L'assenza di luce e l'odore fortissimo dei fiori gli provocarono una lieve sensazione di capogiro. Si guardò attorno, senza riuscire ancora a localizzare se non la forma esteriore del feretro. Il monolocale era stato allestito senza badare a spese per la veglia funebre, che era durata tutta la notte, e per la cerimonia del mattino seguente.
Facce di uomini provati dalla vita, a quarant'anni già sfiancati dal dolore e attenti al rituale arcaico della morte, la sola cosa, insieme alla festa di Gurgevdan, che potesse riunirli, per un momento, attorno a qualcosa di diverso dalla sbornia quotidiana. I ragazzi e i bambini, forse gli unici realmente meravigliati di non vedere più Dolar tra di loro a giocare tra i rottami e i rifiuti della discarica proprio fuori del campo, gli adulti concentrati e rispettosi, ma per nulla sorpresi dall'eventualità di morire a nove anni.
Al centro della stanza, appena adattata la vista al buio illuminato solo dai ceri, l'uomo ebbe la visione irreale del volto del bambino, avvolto in un nastro verde. Come se morendo avesse riacquistato il suo essere androgino, completo. Qualcuno più pio di lui l'avrebbe detto assurto finalmente all'invidiabile condizione di angelo. Ma cos'era un angelo, per lui? Il labbro impercettibilmente leporino tradiva appena lo stupore di quell'esserino implume di stare proprio lì, in quella cassa di legno, circondato da fasci di fiori colorati e da tanta gente vestita di nero.
- Quello è il nonno, non è vero? chiese l'uomo, un po’ in soggezione, come se avesse paura di dovere giustificare la sua presenza lì, in mezzo a loro. Aveva indicato un grassone trasandato e mal sbarbato, dall'occhio strabico e i capelli appiccicaticci, che gli sembrava in qualche modo associato al piccolo scomparso.
- No, quello è compare di padre. Nonno morto.
Finalmente, il Pope fece il suo ingresso nella casetta dei Radosavljevic, con la valigetta in mano. Un ometto tarchiato, con uno sguardo ferino stampato sul volto e l'aria, ma solo l'aria, di chi è al di sopra delle passioni umane. Un che di inquietante, pensò l'uomo, nelle maniere circospette, come di spia al servizio di una qualche Inquisizione celeste. Era qui ufficialmente per giustificare quella morte assurda. Teodicea. Anche a questo livello elementare e primitivo di esistenza si sentiva il bisogno di spiegare l'inspiegabile: si poteva chiamare vita la breve sfortunata parabola di Dolar su questa terra? Il Pope era pagato per dire che Dio voleva questo, che dunque tutto ciò era giusto. Era questo il suo mestiere.
Un mestiere sporco, pensò l'uomo.
L'alito di alcool che diffuse nell'aria al suo passaggio, il colletto sudicio e gli occhiali appannati resero il Pope allo stesso tempo meno venerando e più vicino ai suoi fedeli. A ogni modo, appena entrato, sparì nella stanza da letto per cambiarsi.
Ben presto riapparve, vestito con il tipico copricapo e i paramenti sacri. Aveva una Bibbia bisunta in mano, verosimilmente scritta in caratteri greci. Subito attaccò una litania in quella lingua sconosciuta a tutti eppure familiare. L'atmosfera divenne carica di una sorta di venerazione, l'altro lato dell'indifferenza. Indifferenza verso il mistero del male, di quella vita cattiva, di quel dio cattivo, che stava lì, lontano e impenetrabile, salvo scendere a colpire implacabile quando si ricordava degli uomini.
- Kyrie Eleison…, recitava la litania, monotona.
Il fotografo gagiò scattava in continuazione, con un apparecchio vecchio modello, provocando grossi lampi bianchi nel buio dello stanzone. L'uomo vide a un tratto districarsi dalla folla Milorad, fratello maggiore di Dolar, in preda a una crisi di pianto. Era un ciccione dal carattere piuttosto irascibile. Si era sciolto in lacrime di fronte alla scena straziante del fratellino nella bara.
Al suo passaggio tra la folla, l'uomo gli posò impacciato una mano sul braccio, in segno di solidarietà, ma il ciccione, lo sguardo velato di lacrime, pur guardandolo in viso per un breve lunghissimo istante, sembrò non riconoscerlo. Passò oltre.
- Kyrie Eleison…
Dopo un'ultima benedizione con l'incensiere, il Pope si accomiatò dai familiari baciandoli sulle guance e invitò i presenti a fare lo stesso con Dolar. Uno a uno gli astanti si avvicinarono alla bara e compirono il macabro rituale. Qualcuno fece l'offerta delicata di un fiore porpora, altri misero qualche banconota italiana ai piedi del corpicino, dove già era visibile altro denaro. I più baciarono il cadavere sulla fronte direttamente o con la punta delle dita.
L'uomo chiese il permesso ai genitori e si avvicinò, commosso. Cosa aveva unito quella vita strampalata, breve quanto il volo di un calabrone peloso in una giornata afosa d'estate, alla sua esistenza irrequieta, insoddisfatta, incapace di adattarsi a quello che la sua ragione e la sua passione gli indicavano come il surplus di assurdo regalato al mondo dai suoi consimili? Non sapeva rispondere. Ma un filo c'era, lo sentiva, tenue ma palpabile, ne era sicuro. Altrimenti non sarebbe stato lì, in quel momento, a condividere un dolore che non era il suo. Si chinò sul volto del bambino. Era avvolto nella fascia verde, come se avesse dolore ai denti. Mentre baciava la fronte di Dolar, una fitta lo colpì al fianco. Una sensazione di nausea, forse dovuta al profumo intenso dei fiori, gli fece girare la testa.
Appena fuori, si avvicinò al padre, un ometto tarchiato con il volto stravolto e fece per stringergli la mano. Boban, che lo aveva seguito, gli prese il gomito e lo tirò in disparte:
- Questo tu non fai, gente a funerale non si dà mano…Tu mangia qualcosa, vuoi?
La faccia baffuta e sorridente di Boban sembrò perdere consistenza, liquefarsi sotto i suoi occhi brucianti per l'incenso e la mancanza di ossigeno, che rendevano difficile anche respirare in quella casa. Nel cranio dell'uomo scorrevano e si mescolavano le vibrazioni monotone del cavo ad alta tensione, il profumo dei fiori, i mille volti tutti così uguali eppure diversi l'uno dall'altro. L'uomo si voltò, stava male, forse stava per vomitare. Si allontanò velocemente dal cortile, bofonchiando qualche saluto tra i denti.
Non sarebbe più tornato, giurava a se stesso, mai più. Si pentiva addirittura di avere mai messo piede in un campo Rom. Sarebbe andato nella grande città per ubriacarsi e stordirsi, per cercare di estrarsi quella spina dolorosa dal fianco. Estirpare quel ronzio fastidioso dal cranio. Solo questo gli importava.
No, non sarebbe tornato più. Eppure, in fondo, sapeva che non era vero.
Salì in macchina sbattendo lo sportello, mise in moto imprecando contro il suo destino e, dopo aver sgommato nevroticamente, imboccò il vialetto dell'uscita.
I ragazzi lo videro allontanarsi impassibili, come se niente fosse mai stato.
Se volete rileggere la storia di due giorni fa
Anche se in ritardo, un sereno Eid al Futr! E visto che ci siamo...
Sarajevo, 3. 11. 2005, 14:51, (IRNA) - Per la prima volta il Sacro Corano è stato tradotto nella lingua dei Rom dei Balcani: la notiizia è stata riportata dal Central News Bureau of the Islamic Republic of Iran Broadcasting (IRIB). Secondo la fonte, è il risultato di lunghi anni di lavoro, da parte di Muharem Serbezoski, un Rom che risiede nellla regione
ROMEA (Romani Media Agency), Romano vodi Zitná 49 110 00 Praha 1 Czech Republic tel./fax: +420 - 257 329 667, +420 - 257 322 987 e-mail: romea@romea.cz, romea@rynet.cz http://www.romea.cz
© ROMEA, 2002-2004. All rights reserved. ROMEA grants its permission for the publication and transmission of its materials or their parts in printed, electronic or spoken form under the condition that the "ROMEA (www.romea.cz)" is mentioned as their source. Otherwise the case will be considered as a copyright violation.
Nella sua recente intervista in chat, Filippo Podestà diceva, parlando del Comune di Milano:
- sarebbe bello che vincessero anche loro qualche volta... loro vincono sul campo di gioco e la MultiEtnica fuori, per la strada...
Sarà per un'altra volta. Ieri sera alla Coppa della Pace, la squadra del Comune non si è vista, per un forfait all'ultimo momento. E' dovuto intervenire lo spirito casinista che sinora ha protetto i "MultiEtnici", sotto forma di qualche telefonata concitata, e così la manifestazione si è svolta con ben quattro squadre: la "Nuova Multietnica", che ha vinto il torneo, la Provincia di Milano (arrivati ultimi, ma la colpa è anche dei pochissimi tifosi italiani che si sono presentati), una riedizione della originale Multietnica che nel 2001 dal campo di Barzaghi sfidò le ruspe e i calciatori del Comune (ieri sera classificati terzi), e una rappresentativa di immigrati - senegalesi per la maggior parte - che si è precipitata da Cremona al campo dell'Arena (avvisati nel pomeriggio, e sono pure arrivati secondi).
Alla faccia degli italiani assenti, il casinismo multietnico ha concluso la serata con musiche e balli che hanno mischiato rom, croati, argentini, senegalesi, peruviani, colombiani...
[foto scattata ieri da Filippo Podestà]
Cambiando argomento (ma di poco): dopo l'intervista a Yuri del Bar, tocca a un altro Sinto, candidato al comune di Bolzano per le elezioni del prossimo 6 novembre.
|