Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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La redazione
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\\ Mahalla : VAI : scuola (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 13/09/2005 @ 15:36:29, in scuola, visitato 10467 volte)

CLANDESTINI A BORDO

Molto schematicamente: la multiculturalità a scuola dovrebbe contribuire a far conoscere vita e cultura di altri popoli e renderli più vicini a noi e meno misteriosi. Altro compito, che è diventato primario negli ultimi anni, quello di favorire l'interazione tra studenti di diverse origini. Infine, dovrebbe far apprezzare i diversi retroterra culturali e valorizzarli nell'ambito delle competenze di un gruppo.

Il gioco qui proposto apparentemente smonta le premesse sulla multiculturalità, mischiando alcune caratteristiche tipiche del gioco di ruolo all'improvvisazione teatrale. Lo scopo è ricreare la sensazione che provano (o provavano) molti immigrati catapultati in un ambiente estraneo, dove la loro cultura, il loro passato, gli affetti e i ricordi vengono azzerati

Il tabellone (ma il gioco può essere ricostruito anche disponendo dell'intera aula) riproduce una qualunque città italiana: le piazze, le strade, il parco, il mercato, la stazione ferroviaria, la fabbrica...un comunissimo panorama urbano.

Il viaggio è dentro la propria testa:

cosa succederebbe se una mattina ci svegliassimo senza la lingua, senza lavoro, senza casa, magari con la pelle di un colore diverso? I luoghi che ci sono famigliari diventerebbero ignoti, dove perdersi o nascondersi...per fare un paragone: una via di mezzo tra Blade Runner e Pack Man. Il gioco è una specie di labirinto, e come un labirinto che si rispetti presenta trappole, occasioni, punti di ritrovo con gli altri giocatori che lo percorrono. All'inizio sembrerà che ogni scelta avvenga in massima libertà, solo dopo un po' di tempo ci si accorge che ogni mossa determina quella successiva.

Nella sua schematicità il gioco offre alcuni punti di riflessione:

a cosa serve il permesso di soggiorno

come dormire, come lavorare

perché si diventa fuorilegge

cosa si prova a vivere da braccati...

Indipendentemente dalle scelte personali, il giocatore sviluppa un processo di "empatia" verso l'immigrato e le sue scelte, spinto anche dal confronto con gli altri partecipanti, tende a ragionare sulle scelte che ne determinano i comportamenti. Tutte le attività che abbiamo proposto sinora non vogliono fornire scenari rassicuranti o conosciuti, ma "costringono" a calarsi nei panni sconosciuti di un altro modo di vivere e pensare; nelle speranze e aspettative, ma anche nei momenti di sconforto e impotenza di chi vive a diecimila chilometri di distanza o nella nostra città. Riassunto in altri termini: PRIMA DI GIUDICARE, BISOGNEREBBE PROVARE.

E' anche per questo che CLANDESTINI A BORDO viene proposto come gioco conclusivo: chi ha seguito le attività proposte precedentemente ha simulato di viaggiare, di conoscere...e quando arriva nella città-labirinto quanto ha fatto prima è come se fosse azzerato. Esattamente come un clandestino potrà essere un universitario, un brigante, un esule o un raccomandato, ma non per questo avrà mezzi di sopravvivenza diversi dagli altri. Compito dell'insegnante o del MASTER è sottolineare i passaggi più importanti, invitando i giocatori a drammatizzare e recitare le situazioni, a chiedere consigli, senza fornire lui le soluzioni.

Un'obiezione potrebbe essere quella che la realtà è troppo cruda e complessa per essere rappresentata in "giochi per ragazzi". Ma i ragazzi sono "diversi" dagli adulti, hanno meccanismi culturali di difesa che sono quasi innati: anche loro sono potenziali emigrati dall'infanzia che tenderanno a integrarsi e cambiare la società dove approderanno. L'importante è trovare il MEDIA, cioè il gioco che renda possibile trasferire la loro diversità di età a diversità etnica.


Interviste dopo una partita (effettuata in una festa di piazza - giugno 2004)

Passavo sotto i portici come al mio solito, x trovarmi con gli amici. Ho visto 2 tavoli, uno vendeva pantaloni e sull'altro c'era un gioco che era una via di mezzo tra Monopoli e il gioco dell'oca. Non c'era molto da fare e allora Fabrizio ha chiesto se volevamo giocare.

Io e altri 3 abbiamo iniziato, un quarto s'è aggiunto poi.

Il gioco è durato un'ora, ma la durata la decide chi gioca. Facevamo finta di essere dei kossovari che arrivavano in Italia. Il primo problema era arrivare in Italia per conto proprio oppure con chi ti faceva attraversare la frontiera senza rischi.

Non c'era fine. In pratica giravi in questa specie di città finché non ti fermava la polizia.

Capitava di essere coinvolti in rapine, oppure cercare lavoro, oppure si girava tentando di capire cosa fare.

Mi hanno blindato 5/6 volte: non ho neanche capito il perché, quella che ricordo bene è quando ho picchiato uno spacciatore, perché voleva vendermi la roba. Mi ha denunciato, l'infame. Per mia sfortuna, avevo appena ottenuto una licenza di commercio e ho perso tutto. E' stato a quel punto che ho cominciato a comportarmi da vero malfattore. Non avevo + niente da perdere e nessuno mi avrebbe + dato un visto regolare. Potevo solo tornare in Kossovo a fare la guerra.

Ti intrippa, non so spiegare perché.

Pier

Io invece non sono mai finita in questura, e stavo attenta a non trovarmi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Il problema di arrivare in Italia senza lavoro, senza soldi e senza documenti: non sapevo quale era il mio scopo e tiravo a campare. Naturalmente nessuno mi diceva cosa dovevo fare e ho dovuto chiedere tante volte per capire che avrei dovuto andare alla casella della scuola e poi all'ufficio di collocamento. Così poi sono finita in fabbrica.

Eleonora


Note: giocare a scuola

"...GIOCHI PER L'APPRENDIMENTO?

Se nelle associazioni educative extra scolastiche le valenze formative del gioco sono fuori discussione, non si può negare che in Italia esso sia un elemento marginale nell'istituzione scolastica.

Valorizzato nella scuola dell'infanzia, già si riduce di molto nella scuola elementare, per scomparire poi definitivamente negli anni successivi. Pur riconoscendo al gioco un notevole ruolo nella strutturazione di abilità mentali necessarie a ogni successivo apprendimento, lo si circoscrive a un ambito predisciplinare, ritenendolo inutile per operazioni più complesse (...)

Certo non ha senso l'introduzione di giochi nella scuola quando si ha una concezione dell'insegnamento come mera e autoritaria trasmissione di nozioni. Molti insegnanti sono restii ad assumere una veste diversa dalla solita, come viene invece richiesto dai giochi di simulazione, temendo di avventurarsi su un sentiero dove essi non detengono più il possesso delle conoscenze da trasmettere.

Ma se si ritiene che l'apprendimento sia una e-ducazione, un tirar fuori insieme, piuttosto che un in-segnamento, dove solo uno (il docente) imprime un segno sugli altri allora anche nella scuola c'è posto per il gioco e per il sottile piacere della sfida intelligente che essa rappresenta.

Ma attenzione: si può imparare dal gioco solo se si è catturati nel "cerchio magico che si forma tra i partecipanti, coinvolti anche a livello emozionale. Tanto più si impara, quanto più si agisce, lasciandosi prendere dal meccanismo ludico. Bisognerà poi costringersi o essere stimolati da altri a riflettere su ciò che si è vissuto, per capire e assimilare profondamente le scoperte fatte. E questo sarà il compito dell'animatore del gioco, che dovrà essere capace di far emergere, nella discussione finale, tutte le domande utilizzabili ai fini della ricerca da svolgere successivamente con gli strumenti didattici più opportuni..."[Ferracin, Gioda, Loos, GIOCHI DI SIMULAZIONE per l'educazione allo sviluppo e alla mondialità - Editrice ELLE DI CI]

Alcune regole valgono tanto per la scuola che per il gioco: esistono momenti di apprendimento individuali ed altri collettivi. Nello studio tutti siamo portati a prediligere quelli individuali, per abitudine, perché è difficile rispondere a 20/30 teste, per tante ragioni.

Il gioco quindi, per forza di cose, si pone a metà tra qualcosa di sovversivo e una perdita di tempo, anche perché finisce sempre per cozzare con i programmi.

Parto quindi dalla vostra realtà di fatto: insegnanti di fronte a una o più classi, sempre in ritardo sulla programmazione. E vi invito a rovesciare il paradigma: se io fossi un consulente e dovessi illustrare una procedura complicata alle maestranze, come dovrei comportarmi per farmi ascoltare? Sospetto che la gran parte della tempo che si perde è dovuta alla scarsa collaborazione di chi ho di fronte: perché sono più vecchio, perché ho "l'autorità", perché adopero un codice linguistico diverso, perché c'è altro che distrae...

Ma se l'interlocutore collabora, non solo imparerà più in fretta, sarà invogliato a imparare. Se io prevedo spazi di simulazione nella didattica, non lo faccio per apparire "moderno", o per ingraziarmi un pubblico che non conosco: lo faccio con lo scopo di risparmiare tempo, e di aumentare la resa del mio tempo.

A maggior ragione il gioco entra a pieno titolo come media interculturale, perché è un linguaggio universale e perché, soprattutto tra i popoli Rom e Sinti, il bambino spesso utilizza il gioco per apprendere il mestiere di famiglia o il proprio ruolo nella famiglia allargata.


Interattività

Mi soffermo sulle caratteristiche dei giochi da tavolo, che chiaramente non sono gli unici giochi proponibili:

alcuni di loro... IL GIOCO DELL'OCA, ad esempio, nei secoli scorsi ha rappresentato il primo (forse l'unico) libro di geografia, quando la scuola obbligatoria e la televisione non esistevano e l'unica maniera per conoscere il mondo era andare emigranti oppure in guerra. Dal gioco dell'oca ne sono nati tanti altri, via via sempre più differenti, che hanno assolto alla funzione di far CONOSCERE e TRASPORTARE i giocatori in luoghi dove non sono mai stati e in periodi che non potranno vivere: dal FAR WEST alla conquista dello spazio. Hanno guadagnato anche nicchie nella didattica italiana: ad esempio i cosiddetti "business game" nelle scuole di manager (sarebbero mai esistiti senza il vecchio MONOPOLI?). Giochi di simulazione urbana, dove il meccanismo del GUERRIERO METROPOLITANO che vive in un ambiente totalmente alienato, viene rovesciato per far confrontare cittadini, studenti, amministratori e progettisti. "...le new towns intorno a Londra sono state realizzate utilizzando simulazioni in cui i cittadini erano chiamati a disegnare insieme agli amministratori la forma e le caratteristiche dei servizi necessari. Frequentemente la progettazione prevedeva condizioni realistiche, come un bilancio ridotto all'osso. Quindi obbligava a scelte dolorose, ma inevitabili..."[dalla stampa]

Fuori dall'ambiente scolastico, i WAR-GAMES hanno non solo raggiunto livelli di simulazione sempre più elaborati, ma hanno conquistato anche una fetta consolidata di mercato.

Giochi da tavolo, giochi di simulazione, come un VIAGGIO, come un insieme di regole da rispettare e di imprevisti da affrontare: una costrizione necessaria per passare da un mondo conosciuto e forse noioso, ad un altro tutto da esplorare, dove provare a sopravvivere e magari vincere.

Abbiamo già accennato al gioco come valido aiuto alla "strutturazione di abilità mentali", che presuppongono una maturazione, un coordinamento di occhi, cervello, mani. Un ragazzo, che ha imparato qualcosa di meccanica e di geometria anche giocando col Lego, arriva a prendere confidenza con l'elettronica e la fisica, anche coi VIDEO-GAMES. Nonostante la loro apparente freddezza, non solo i computer svolgono il ruolo di media tra gioco e vita reale (vita dei grandi), ma aprono nuovi spazi alla fantasia, alla rappresentazione simulata dei meccanismi eterni delle favole e dell'avventura. Con la fantasia il giocatore affronta situazioni irreali o pericolose: siano mostri, oppure pilotare macchine da corsa, un sogno ragionato dove il giocatore è protetto, non paga personalmente le conseguenze dei suoi comportamenti, anzi può ritrovare la stessa situazione e misurare una risposta diversa in tempi brevi.

I giochi che vogliamo proporre, rispetto ai video-games, danno l'opportunità di non doversi affidare all'istinto, di non dover obbedire alle scelte di una macchina per misurare i loro tempi di risposta - è possibile fornire scelte più ragionate. Inoltre i giochi al computer, come i cartoni animati visti alla televisione, si prestano a una fruizione assolutamente personale. Nei giochi da tavolo invece è basilare osservare il comportamento degli altri giocatori, confrontarsi con loro, intervenire e influenzare il loro gioco, vagliare come INTERAGIRE con persone in carne e ossa

- Cosa succede, cosa è successo durante il gioco?

- Esiste un rapporto tra il gioco e la realtà? familiare, scolastica, zonale, mondiale, (individuare precedentemente i livelli da affrontare)]

- Cosa è possibile fare?

- personalmente

- collettivamente

- da parte delle organizzazioni

- da parte delle autorità


Dossier settembre:

 
Di Sucar Drom (del 12/09/2005 @ 13:42:13, in scuola, visitato 1640 volte)
PROTOCOLLO D'INTESA PER LA TUTELA DEI MINORI
SINTI, ROM E CAMMINANTI

TRA

MINISTERO ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ, RICERCA
DIREZIONE GENERALE PER LO STUDENTE

E

ENTE MORALE OPERA NOMADI


VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1970, n. 347, che riconosce come Ente Morale l’Opera Nomadi;

VISTO il Decreto del Presidente della Repubblica 6 n
[...]

continua su Sucar Drom
 
Di Fabrizio (del 12/09/2005 @ 00:21:14, in scuola, visitato 4343 volte)
Una premessa necessaria. Quella che segue potrebbe essere giudicata a prima vista una "non notizia" o peggio, un modo per stornare fondi e risorse comuni con la "solita" scusa del rispetto dei diritti delle minoranze.
Chi legge queste cronache, almeno dai tempi di Pirori, saprà che nell'Europa Orientale (in particolare Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania) è politica comune "confinare" i bambini rom, soprattutto nei paesi medio/piccoli, nelle cosiddette "scuole per ritardati mentali". Uno scandalo, almeno seconda la nostra mentalità, che in determinate regioni coinvolge sino all'80% della popolazione scolastica rom.
Aggiungerei un'ultima considerazione: spesso quando ci si riferisce al razzismo, si equivoca sulla sua natura, pensando che sia una forma di pensiero o di azioni dettate dall'ignoranza e dalla mancanza di cultura. O anche, si cerca di giustificare il fenomeno come sottoprodotto dell'ideologia della destra.
Eppure questo razzismo, non solo è profondamente radicato in quelle società (la segregazione scolastica si è imposta già al tempo del comunismo reale), ma nasce in ambienti colti e istruiti, nei provveditorati o nei ministeri. Soprattutto, non è (purtroppo) un fenomeno residuale o del passato, chi avesse ancora dubbi, può rileggersi cosa diceva poco più di un anno fa, l'ambasciatore EU in Slovacchia.

Da: Beata Olahova su http://groups.yahoo.com/group/Slovak_Roma_News

Con settembre 2005, gli studenti Rom del comune di Trnava che sinora sono stati  ammessi nelle scuole per ritardati mentali, avranno la possibilità di accedere ad alcune scuole pubbliche.

L'iniziativa è stato fortemente sponsorizzata dalla Lega dei Giuristi per i Diritti Umani, e riguarderà circa 90 studenti tra i 6 e i 16 anni, che accederanno alle scuole pubbliche di Limbova e Gorky. L'integrazione avviene col consenso dei loro genitori o tutori legali.

Il progetto prevede anche la frequenza a lezioni supplementari, e servizi gratuiti come mensa, fornitura di materiale scolastico e scuola bus. In classe l'insegnante di ruolo sarà affiancato da assistenti assunti per lo scopo di seguire l'affrancamento scolastico e di tenere i rapporti con i genitori.

Ciò è stata reso possibile dalla piena adesione del Ministero dell'Istruzione e dall'appoggio del consiglio comunale di Trnava. Il Ministero ha anche fornito il supporto finanziario al progetto, tramite i Fondi Sociali Europei. In futuro è possibile che l'iniziativa venga allargata ad altre scuole pubbliche cdittadine e della regione.

Columbus Igboanusi, PhD - Director League of Human Rights Advocates


Nota: Trnava si trova nella Slovacchia Occidentale, 45 Km. NE da Bratislava, lungo il fiume Trnávka sulla linea direttrice di traffico Bratislava-Žilina. E' capoluogo distrettuale. Nel suo centro storico sono diverse le chiese cattoliche, tanto da essere conosciuta anche come la "Roma della Slovacchia"

 
Di Fabrizio (del 09/09/2005 @ 00:31:22, in scuola, visitato 3641 volte)

IL RUOLO DEL MEDIATORE CULTURALE

intervento di Giorgio Bezzecchi - segretario Nazionale dell'Opera Nomadi, Milano

pubblicato su Atti del Convegno LA MEDIAZIONE CULTURALE una scelta, un diritto

a cura dell'Istituto di Cultura Sinta e dell'Associazione Sucar Drom - Mantova


L'attenzione è focalizzata sull'apprendimento scolastico del bambino rom-sinto e sul difficile rapporto con la scuola. Questa istituzione, spesso non è in grado di valorizzare le potenzialità dei minori, limitandone drasticamente gli esiti scolastici. L'autore presenta una critica costruttiva ma serrata alla scuola, chiamata a giocare un ruolo fondamentale nella società multiculturale.

Il minore rom e sinto vive sempre fra le braccia dei genitori e viene allattato dalla madre fino all'età di 3-4 anni, a meno che non nasca un altro figlio.

Durante questo primo periodo di vita, il bambino vive un'unione fisica con la madre. Essa lo tiene sempre con sé anche nei giri a manghel 1 dentro una fascia legata a tracolla, almeno fino a quando non inizia a fare i primi passi da solo. Questa abitudine provoca il salto di alcune importanti tappe evolutive (lo strisciare, il camminare a carponi) che può avere poi conseguenze a livello psicomotorio (mancata lateralizzazione) e di apprendimento (dislessia e disgrafia). Nel caso dei bambini rom e sinti è importante anche dare spazio alla psicomotricità, poiché spesso, come si è visto, avendo saltato alcune fasi dello sviluppo, arrivano a scuola con difficoltà di coordinazione e lateralizzazione. Alla psicomotricità, inoltre, è connessa anche l'espressione corporea, una forma di linguaggio non-verbale particolarmente amata dai Rom e dai Sinti, come attesta la loro predilezione per la danza. La ricercatrice Stefania Guerra Lisi2 traccia un confronto  fra le influenze negative e positive che la vita e la cultura rom e sinta hanno sullo sviluppo senso-motorio del bambino, alla luce di quanto ha potuto osservare nella sua esperienza scolastica.

I fattori negativi sono identificati con:

  • la limitazione degli spazi vitali (roulottes, baracche, campi sosta) che riduce le prime esperienze motorie;

  • il precoce abbandono a se stesso del bambino da parte degli adulti;

  • la carenza di stimoli culturali nell'ambiente;

  • la brevità del periodo infantile fantastico e l'apprensione costante rispetto alle intenzioni degli altri.

I fattori positivi sono, invece:

  • la maggior frequenza d'allattamento al seno e il dialogo prolungato tonico-muscolare con il corpo materno, che trasmettono al bambino maggiore sicurezza;

  • il maggiore stimolo alla creazione di giochi e giocattoli con associazioni di forme occasionali e la precoce coincidenza del gioco con il lavoro, dovendo per necessità abbinare le due cose;

  • la stimolazione esistenziale ad inventare strategie di sopravvivenza (accomodamento con la realtà in età precoce rispetto alla norma);

  • il maggiore senso della realtà e la spiccata capacità d'intuizione dell'altro, tramite i linguaggi non verbali.

Nella situazione scolastica i fattori di partenza negativi, con le loro conseguenze restano, mentre quelli positivi si trasformano in svantaggi: a scuola l'abitudine al dialogo corporeo è strutturalmente compromessa dai banchi e dalle cattedre; la psicomotricità come base di qualunque apprendimento (anche della lettura e della scrittura) è sotto utilizzata; l'iniziativa personale e la capacità di elaborare soluzioni sulla base dell'esperienza, sono qualità non richieste; l'intuizione percettiva non ha spazio nella scuola, allo stesso modo la "comunicazione umana" è ancora secondaria e soprattutto non collegata all'apprendere. Lo scarso successo scolastico dei bambini rom-sinti non deriva da un'insufficienza intellettuale, piuttosto dall'insufficiente capacità della scuola di vedere le potenzialità di chi proviene da situazioni diverse e conflittuali.

Si tratta di fornire loro le condizioni per un riconoscimento nell'ambito della nostra società, condizioni che significano: soluzione del problema dell'alloggio, scolarizzazione, qualificazione professionale.

La scuola, in questo senso, può giocare un ruolo fondamentale.

Una particolare attenzione alla cultura e alla lingua dei Rom e dei Sinti non soltanto incoraggerà la frequenza, ma potrà fornire agli stessi un valido aiuto perché acquistino coscienza di cosa sono oggi e di cosa vogliono diventare domani.

Ad una strategia negativa, tendente alla pura assimilazione, deve subentrare una politica di riconoscimento come minoranza etnico-linguistica.

La scuola deve riuscire, infatti, a portare all'accettazione del bambino rom e sinto, anche se non è facile, in quanto vanno sempre tenute presenti le difficoltà dovute a diversi fattori concomitanti: da un lato il basso livello del retroterra culturale, la scarsa conoscenza della lingua italiana, la diversa cultura, il disadattamento del bambino rom e sinto, derivato dal sentirsi diverso e, talvolta respinto; dall'altro lato il conflitto tra due culture da cui spesso deriva un atteggiamento di sfiducia nei confronti della società, espressione della cultura maggioritaria.

Il messaggio educativo che la scuola deve trasmettere è quello di una pari dignità fra gli individui, senza generare nei bambini un rifiuto per la propria cultura d'appartenenza che avrebbe conseguenze gravi sia a livello psicologico (soprattutto nella ricerca di identità del periodo adolescenziale), sia a livello sociale (nei rapporti con i genitori e col gruppo d'origine), sia a livello antropologico (ogni cultura va salvaguardata e difesa, soprattutto se minoritaria).

Il primo grosso problema che si presenta nell'insegnare a bambini rom e sinti, è quello linguistico, sia nel caso di individui appena arrivati in Italia, sia nel caso di cittadini italiani, in quanto anche per loro l'italiano è una seconda lingua, poiché in famiglia parlano romanès. Per questo motivo è difficile per loro esprimere in italiano vissuto e sentimenti.

Per affrontare il problema linguistico, in alcune scuole è stato allestito un apposito laboratorio che, mentre rafforza la conoscenza dell'italiano, valorizza e difende l'identità culturale di provenienza, per impostare un dialogo paritetico fra le due culture.

Il laboratorio linguistico, però non è sufficiente in quanto il bambino dovrebbe essere in condizione di esprimersi anche all'interno della classe con i compagni e l'insegnante; anche per questo è importante dare largo spazio ai linguaggi non verbali: in questo campo il bambino riesce ad esprimersi liberamente, senza difficoltà. Importante, perciò, è la considerazione di quelle attività non curricolari, che hanno una particolare incidenza su questi alunni, come per esempio la danza ed il canto (importante per la loro storia) oppure di quelle attività che ci svelano alcune tendenze o alcuni sentimenti dei bambini come il disegno e la pittura.

Ai bambini rom e sinti solitamente piace disegnare, perché con il disegno riescono a parlare, a dire ciò che non riescono a dire con la parola; piace la drammatizzazione, il canto, la danza, l'attività motoria.

La convinzione, inoltre, secondo la quale lo sviluppo della personalità può avvenire anche attraverso la creatività, ci deve portare verso un intervento psico-pedagogico centrato sull'uso dei linguaggi verbali alternativi: espressione psico-corporea, grafica, cromatica, vocale, musicale, ai fini della prevenzione o del superamento del disadattamento. Un percorso alternativo che porti all'appropriazione del linguaggio verbale, attraverso i linguaggi non verbali (plasmare, colorare, disegnare).

Stefania Guerra Lisi ha utilizzato il metodo della "globalità dei linguaggi" in varie classi in cui erano presenti anche bambini rom e sinti. Utilizzando un percorso di presa di coscienza che parte dal proprio corpo per arrivare alla comprensione del mondo esterno, la ricercatrice sperimenta un insegnamento concretamente alternativo, che mette in luce le obiettive, diversificate capacità di tutti i bambini. La sua azione parte dal presupposto che la formazione dell'uomo è condizionata dalla sua capacità di comunicare e l'essere comunica con l'ambiente attraverso l'uso informativo dei sensi.

Qualunque forma di disadattamento è riconducibile a disturbi della comunicazione, per il non funzionamento e sfruttamento totale o parziale di uno o più sensi.

Perciò è importante che la formazione del bambino sia bilanciata nello sfruttare le potenzialità di tutti i canali di comunicazione.

L'atteggiamento che, invece, prevale è la sopravvalutazione esclusiva di alcuni di questi canali, la parola e la scrittura, frustrando i linguaggi che nell'uomo sono innati: quello motorio, grafico, cromatico, musicale.

I linguaggi alternativi alla scrittura non vanno considerati come momenti ricreativi per riposarsi dalla fatica del pensiero astratto. Al contrario, proprio attraverso l'utilizzo dei linguaggi alternativi, più vicini all'esperienza quotidiana dei bambini, si arriva alla comprensione più profonda dei meccanismi del pensiero astratto (logica, matematica) e dei suoi strumenti (lettura, scrittura).

L'intelligenza analitica ha, in ultima analisi, il compito di astrarre le informazioni raccolte nella realtà attraverso tutti gli organi di senso e tradurle in un codice simbolico. Ogni organismo sensoriale è un potenziale canale di comunicazione, un mezzo d'informazione e ad ogni organo sensoriale è possibile affidare il compito di elaborare un codice simbolico.

Se il bambino è educato a cercare e ascoltare se stesso, scopre come tutti i sistemi comunicativi siano un riflesso della struttura sensoriale corporea. Ogni canale sensoriale permette, infatti, lo scambio di informazioni con il mondo circostante. In quest'ottica cresce la capacità di gestire i linguaggi non verbali in cui i bambini rom e sinti  mostrano un netto vantaggio. A questo punto sono fondamentali i laboratori di pittura, educazione all'immagine, di psicomotricità, la palestra, l'aula di educazione al suono e alla musica.

Essi incrementano l'area degli apprendimenti manuali e pratici, tecnologici e motori: ambiti questi nei quali la matrice culturale dei bambini rom e sinti viene ad essere attentamente ed adeguatamente valorizzata.

Premettendo che anche fra i bambini rom e sinti vi sono notevoli differenze di comportamento e personalità, si possono però rilevare alcune caratteristiche di base comuni, dovute alla provenienza dalla stessa cultura e agli analoghi stili di vita.

La concezione dello spazio nella mentalità dei bambini rom e sinti è diversa, in quanto essi sono abituati agli spazi aperti, non hanno la concezione della proprietà, quindi del confine, né dell'abitazione fissa; lo spazio è visto come espansione del proprio io, come luogo di libertà.

Il concetto di tempo è caratterizzato dall'idea di precarietà, poiché la loro vita è in continuo cambiamento, in modo spesso imprevedibile; l'unica certezza è l'adesso, il domani è ancora lontano, il passato non esiste più.

Per i Rom e Sinti è importante la persona, non sono importanti le cose; l'adesso è più stimolante del dopo e costituisce per loro la vera certezza, la vera realtà.

C'è in questa convinzione, una filosofia. Proviamo a mettere in rapporto "ieri, domani, adesso": ieri è già passato ed io non lo posseggo più e non posso farci nulla; il domani è molto lontano ed è inutile preoccuparsi. Tutto quello che ho, l'ho oggi e l'oggi è un'avventura da vivere, da godere, da usufruire, perché può essere l'ultimo oggi. E' questo un pensiero caratterizzato dal pessimismo e dalla sfiducia verso la società in cui viviamo.

Una delle caratteristiche che più di frequente vengono rilevate nei confronti dei bambini rom e sinti è l'estrema irrequietezza, dovuta all'abitudine di vivere in spazi aperti ed in piena libertà, per cui mal sopportano di rimanere per ore chiusi in un'aula o seduti in un banco. Le strutture architettoniche scolastiche, la permanenza in un ambiente chiuso, i banchi, la cattedra non incentivano l'abitudine alla comunicazione.

Il bisogno di movimento, inoltre, vissuto dal Rom e dal Sinto come libero, non educato in spazi ristretti, si scontra con la realtà organizzata della vita scolastica.

Questo influisce anche sulla loro capacità d'attenzione che diventa molto limitata, in quanto per alcune ore della loro giornata rimangono "chiusi" in un ambiente ben definito, non paragonabile al loro modo di vivere all'aria aperta. 

Anche questa diversa concezione dello spazio e del tempo, oltre al salto di alcune tappe dello sviluppo senso-motorio, ha influito sull'organizzazione spazio-temporale e sulla coordinazione spaziale dei bambini rom e sinti, che infatti non sempre sono corrette.

NOTE

  1. Letteralmente il termine, in lingua romanès, significa "cercare", in questo caso indica l'attività femminile della questua (NdC).

  2. Ideatrice del metodo della Globalità dei Linguaggi, è docente di Strumenti e Tecniche della Comunicazione Visiva all'Università di Roma - Tor Vergata. Con Gino Stefani, docente di Semiologia della musica all'Università di Bologna, promuove ricerche nell'ambito di questa disciplina, elaborata nel corso degli ultimi trent'anni, con finalità di educazione e terapia. Suo punto centrale è la comunicazione, analizzata attraverso tutte le forme espressive verbali e non verbali (linguaggio del corpo). Questa materia si basa su una serie di principi fondanti quali la diversità, intesa come espressione delle potenzialità umane, l'integrazione, come sviluppo e compimento dell'individuo e del gruppo di cui fa parte, la libertà di essere se stessi e l'accettazione dell'altro da sé. Grande importanza ha, nella metodologia, più la valorizzazione della valutazione, nel rispetto totale per la dignità della persona che non deve lasciarsi manipolare. Altro principio metodologico è la rivalutazione del "pensiero del corpo", complementare al pensiero razionale, e il dar senso ai comportamenti insensati, nella profonda fiducia nelle potenzialità dell'individuo, utilizzando uno stile ludico che garantisce una comunicazione paritaria. Bibliografia essenziale: Il metodo della Globalità dei Linguaggi (Borla 1985), Gli stili prenatali nelle arti e nella vita (Borla 1989), Il racconto del corpo (Borla 1992), Musicoterapica nella Globalità dei Linguaggi (Borla 1998), Dal grembo materno al grembo sociale (Berti 1999), Sinestesia: arti e terapia (Borla 1999), Progetto persona (Armando 2000), Occhio di pino (Borla 2003) NdC

Dossier settembre:

 
Di Fabrizio (del 07/09/2005 @ 22:38:26, in scuola, visitato 2158 volte)

rombiblio

http://www.rombiblio.ru/ - http://www.rombiblio.ru/news_eng.php?type=100001

Carissimi!! 

La nostra libreria online Rombiblio è lieta di annunciare tre nuovi articoli sulla storia e letteratura dei Rom.Nella sezione in lingua inglese troverete:

  • "Tzigani Russi - ieri e oggi" di Curtis Cate
  • "Vita zingara nei libri per l'infanzia olandesi 1825 -1900" di Jean Kommers
  • "Formarsi una nuova pelle: La vita e la poesia di Papusza" di Gigii Thibodeau

Nella sezione "Letteratura moderna" sono disponibili gli estratti degli scritti di Georgiy Cvetkov, che scrisse in russo e in lovara.

A breve saranno pubblicate traduzioni di A.Pushkin "Dubrovskij", P. Merime "Karmen", M. Gorky " Strasti – Mordasti".

La libreria online Rombiblio è accessibile gratuitamente a tutti quanti siano interessati.

Te javen baxtale

Edouard Chiline

 
Di Fabrizio (del 07/09/2005 @ 02:01:39, in scuola, visitato 3332 volte)
Approfitto della riapertura delle scuole, per riscrivere alcune tracce su istruzione e minori Rom. Saranno tre post nell’arco dei prossimi sette giorni.
-         Il primo, tratterà in maniera schematica il rapporto con la scuola da un punto di vista storico. E’ un post tratto dall’archivio di Pirori dell’anno scorso.
-         Il secondo post sarà un intervento di Giorgio Bezzecchi (segretario nazionale dell’Opera Nomadi) svolto ad un convegno sulla mediazione culturale e offre una serie di indicazioni ad insegnati e altri operatori che hanno in classe bambini Rom
-         Infine, da un punto di pratico, utilizzare un gioco di animazione come strumento di educazione alla multicultura.
Premetto che saranno tre articoli abbastanza lunghi e che sarò ben lieto di tornare ulteriormente sul tema


Di seguito alcuni cenni storici, necessari a inquadrare la scuola come momento formativo della società, alla luce della storia dei Rom e dei Sinti in Italia.
Il popolo Rom si spostò dall'India nordoccidentale verso ovest attorno all'anno 800 dc. - probabilmente per scappare da guerre o persecuzioni. Furono e sono tuttora nomadi, qualche volta per scelta, più spesso per necessità.
Nei paesi incontrati durante la loro millenaria migrazione, vennero accettati raramente, questo li indusse a mantenere le loro tradizioni e costumi, come mezzo di difesa e autoidentificazione.
La scuola come la intendiamo oggi, in Europa si è affermata nel Medio Evo, il rifiuto e l'emarginazione dei Rom nasce nello stesso periodo. Ciò significa che questa istituzione, al momento della comparsa dei Rom in Occidente, era ancora dedicata a pochi eletti, ed estranea alla cultura di massa e all’universalità attuale. Perciò la scuola non fa parte della cultura a cui i Rom sinora si sono attaccati, ma in questi ultimi decenni le cose hanno iniziato a cambiare.

Prima di vedere come e perché può cambiare l'atteggiamento dei Rom verso il nostro sistema educativo, vale la pena di spiegarsi come siano sopravvissuti (tralascio tutte le persecuzioni subite, argomento dove la scuola stessa ha giocato un ruolo primario):
-         ad esempio buttandosi nel piccolo commercio, attività disprezzata dagli Europei nel Tardo MedioEvo (Domenico De Masi: Il futuro del lavoro - Rizzoli - cap. VI).

In quegli anni il piccolo commercio diventò la fonte di sostentamento delle minoranze escluse dalla cittadinanza (Rom ed Ebrei). I Rom sopravvissero con l'allevamento dei cavalli, l'impagliatura di cesti, il commercio e la lavorazione dei metalli. Sino all’inizio del secolo scorso, in diverse regioni d’Europa, i Rom detenevano quasi il monopolio di queste attività. Addirittura, questo rese possibile ai nazisti e agli ustascia una loro schedatura sulla semplice base di queste attività. Tanto che i decreti persecutori erano emanati “contro gli Zingari e chi conducesse vita zingaresca”.
Un discorso a parte merita il contributo che diedero come musicisti a tutte le grandi culture nazionali europee, che è molto ben descritto dal professor Santino Spinelli.
In tutti i casi (commercianti, artigiani o musici) i ragazzi iniziavano prestissimo a vivere la vita lavorativa famigliare e a dare una mano, vivendo sì in un ambiente ristretto ed omogeneo, ma autosufficiente e con una famiglia allargata a nonni, nipoti, parenti vicini e lontani.
Un'eccezione per l'Italia sono i Rom Abruzzesi (arrivati attorno al 1600), che pian piano assunsero uno stile di vita seminomade e furono i primi a mischiarsi con la popolazione locale, sull'esempio dei Gitani in Spagna, mantenendo però le attività tradizionali di cui sopra.

Questo sistema economico entrò in crisi negli anni 50/60, con l'urbanizzazione e l'industrializzazione, che per i Rom significò la perdita d'importanza dei loro mestieri tradizionali. Per l'Italia invece significò l'arrivo di masse di immigrati dal Sud Italia, che (tra l'altro) allargarono a dismisura i vecchi confini cittadini alle campagne, dove i Rom vivevano, perché non era permesso loro di accamparsi nel territorio cittadino.
Lo stato dovette (tra l'altro) affrontare il problema di attrezzare queste nuove periferie e mediare il rapporto che si creava tra Rom e immigrati del Sud, che per la prima volta (escludendo il caso dei Rom Abruzzesi) condividevano lo stesso territorio.

La scolarizzazione dei Rom, o almeno di quelli sedentari o parzialmente sedentarizzati, nacque quindi come politica tra la fine degli anni '60 e l'inizio di '70. Per la prima volta i Rom videro riconosciuto loro un diritto da cittadini, ma sempre diversi dagli altri: erano le scuole LACIO DROM, una specie di scuole differenziali solo per loro. L'integrazione scolastica vera e propria partì con la fine degli anni '70. Tenete conto che la percentuale di popolazione Rom sul totale degli Italiani è sempre stata attorno all'uno per mille, solo recentemente è raddoppiata a seguito del dissolvimento del blocco dell'Europa Orientale; quindi un fenomeno marginale affrontato in ritardo per pure scelte politiche. E' con la scuola dell'obbligo che negli ultimi 20 anni ci sono stati i progressi più visibili: sia perché la scuola ha affrontato in contemporanea l'arrivo di immigrati stranieri, sia perché si è spesso sviluppato un processo di collaborazione tra insegnanti, famiglie, volontari nei campi, educatori carcerari e università. Teniamo anche conto che le famiglie Rom in Italia hanno affrontato questo cambiamento in una situazione di crisi lavorativa strutturale e di crisi politica (l'arrivo di nuovi gruppi Rom dall'Est per sfuggire guerre e discriminazioni), quindi spesso sono stati un soggetto passivo, bisognoso di vera e propria assistenza. Invece la scuola ha il compito di superare l'assistenza e insegnare agli individui come cavarsela con le proprie forze e con quelle del proprio gruppo (quindi, assumendo parte dl vecchio ruolo guida che i Rom hanno sempre assegnato alla famiglia allargata).

Siamo così arrivati ai giorni nostri: di fronte a una percentuale di alfabetizzazione Rom a livello mondiale del 30%, nei campi sosta italiani le cifre variano tra il 70% e il 90%. Sino a 10 anni fa era la norma interrompere gli studi dopo la quinta elementare, adesso la maggior parte dei ragazzi frequenta le medie. Sono stati necessari per questo risultato impegni, stanziamenti e scuola a tempo pieno, ed è per questo che sono preoccupato per la ricaduta che può avere la riforma Moratti su quanto è stato fatto E VA MANTENUTO.
Ma è anche possibile guardare avanti: se i mestieri tradizionali sono tutti andati in crisi, i giovani hanno necessità di imparare mestieri nuovi, o finiranno tra gli analfabeti di ritorno o peggio ancora tra le braccia di organizzazioni criminali vere e proprie. Ecco allora perché il prossimo passo sarà quello dell'accesso alla formazione professionale.

Per terminare: ricordavo che i Rom sono prima di tutto un popolo, magari perseguitato ma sempre un popolo. A differenza degli altri scampati dal secondo conflitto mondiale (Ebrei, omosessuali, testimoni di Geova ecc.) per loro il dopoguerra non è mai iniziato. Sono politicamente fermi alla realtà di 50 anni fa, e mancano di quella "classe professionale" di politici, dottori, avvocati, che hanno contribuito all'emancipazione degli altri popoli o gruppi. La loro storia travagliata ha permesso però loro di mantenere un’identità di gruppo che altrimenti si sarebbe dispersa. e sono oggi, con la loro presenza in tutto il continente, anche il popolo più europeo e più aperto ad un patrimonio culturale comune. La scommessa che si prospetta alla scuola e al sistema educativo in generale, è allora quella di riuscire nel suo intento valorizzando la loro storia, le tradizioni, le radici che sono tanto comuni quanto multiculturali.
 
Fine. Un bacione a chi ha resistito sino qua.
 
Di Fabrizio (del 29/08/2005 @ 10:44:31, in scuola, visitato 2726 volte)

da Studio Celentano

Studio Celentano World Summit Youth Award: Un Concorso Internazionale Dedicato All'E-Content

Il concorso si colloca nell'ambito del Summit mondiale delle Nazioni Unite sulla Societa' dell'Informazione.

BRUXELLES. Il World Summit Youth Award e' una competizione internazionale organizzata dai "giovani per i giovani", destinata a partecipanti di eta' compresa tra i 16 ai 27 anni, che si propone di selezionare le migliori pratiche per cio' che riguarda i contenuti web e la creativita' tecnologica.
Il concorso si colloca nell'ambito del Summit mondiale delle Nazioni Unite sulla Societa' dell'Informazione, con il patronato del Commissario Europeo responsabile per la Societa' dell'Informazione e mezzi di comunicazione, Viviane Reding.
I vincitori saranno premiati durante la cerimonia di gala, che avra' luogo il 16 novembre 2005 a Tunisi.
Si tratta della prima iniziativa globale volta a dimostrare il potenziale dei giovani nel creare opportunita' digitali.
Tre le categorie in concorso:

continua

 
Di Fabrizio (del 18/08/2005 @ 23:47:41, in scuola, visitato 2703 volte)

Da: "RomNews.com"

(DEU / ENG) [Invitation / Einladung] [II Internationale Antiziganismus Konferenz und EZAF Website / II International Antiziganism Conference and EZAF Website]

Conferenza: "Antiziganismo: Teorie, Modelli e Pratiche"

8-9 Ottobre 2005 - Università di Amburgo

Studiosi Rom e non, discuteranno il termine "Antiziganismo" alla luce delle rispettive esperienze. Assieme svilupperanno strategie future.

Il termine può avere un determinato peso politico, ma non è scientificamente definito. Quindi non può essere usato operativamente nelle ricerche sul campo.

Ciò nondimeno, una ricerca in questo senso è vitale nella lotta dei Rom e dei Sinti per ottenere il rispetto sociale. La sua definizione è finalizzata a renderlo politicamente efficace. Studiosi coinvolti ugualmente attivi nelle ricerche teoriche che nella pratica politica, presenteranno i loro punti di vista in conferenze e laboratori. Attraverso le diverse discussioni, si vuole raggiungere un denominatore comune che possa portare dalla ricerca alla pratica.

[...]

Potete sottoporci i vostri contributi in forma scritta e presentarli nel corso della conferenza. I testi sottoposti che si atterranno ai principi della nostra ricerca verranno aggiunti alla documentazione.

Esempi pratici di episodi di antiziganismo, saranno aggiunti al "Libro Nero dell'Antiziganismo".

Dal 2006 la Conferenza avrà scadenza annuale. Durante i lavori, verrà presentato l'argomento che si svilupperà nel 2006: "Olocausto e Genocidio di Rom e Sinti". Con quest'anno verrà inaugurato il laboratorio permanente su: "Antiziganismo nella scuola" che aprirà i lavori. Il laboratorio permanente sarà coordinato dalla Dr. Mareile Krause  dell'Istituto Regionale per lo Sviluppo Educativo e l'Insegnamento di Amburgo.

Non saranno rimborsate le spese di viaggio e alloggio. La partecipazione è libera e i pasti sono a carico dell'organizzazione del convegno.

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Di Fabrizio (del 17/08/2005 @ 17:14:58, in scuola, visitato 2031 volte)

Asturias Piano delle Asturie per l'educazione scolastica dei Rom

16. 8. 2005 La città di Langreo, situata nella Spagna settentrionale, decide di finanziare un piano d'integrazione scolastica

Sono circa 600 i Rom accampati a Langreo, la maggior parte sono bambini. Secondo i dati del governo locale, circa il 30% di questi ragazzi abbandona la scuola nell'età che va dai 13 ai 16 anni, quando sono ancora nella fascia dell'obbligo. Inoltre, spesso i genitori non iscrivono i bambini all'asilo.

Secondo i Servizi Sociali, il problema dell'assenteismo scolastico è maggiore tra le ragazze che tra i ragazzi. Lo scopo principale del progetto del governo locale è eliminare il sessismo dall'educazione. Se è vero che molte ragazzine Rom lasciano gli studi, spesso ciò è legato al basso livello socio-economico della famiglia, o quando i componenti della famiglia sono disoccupati.

Il progetto si ispira alla politica del governo nazionale contro le discriminazioni di genere. Questa cosiddetta politica della "discriminazione positiva" intende promuovere l'inclusione delle donne nella vita sociale e lavorativa, ed è rivolta tanto a famiglie Rom che non-Rom ed a combattere la violenza tra le mura domestiche.

Promuovere una educazione non sessista è il primo passo verso l'eguaglianza di genere. La cultura Rom tradizionale, al pari di molte altre, mantiene le donne nel ruolo di massaie e ad dette ai bambini, delegando il lavoro agli uomini. Probabilmente è questo concetto alla base dell'abbandono scolastico delle ragazze.

Altro aspetto importante da considerare riguardo l'educazione, è che la cultura dei Rom è completamente orale e non esistono fonti a livello ufficiale. Non c'è alcun rapporto tra educazione formale e informale. E per questo le famiglie hanno scarse aspettative verso la scuola, ritenendo che le ragazze imparino in famiglia ciò che servirà loro nella vita.

(Anita Laura per Dzeno Association)

Sull'argomento:

 
Di Fabrizio (del 29/07/2005 @ 02:26:13, in scuola, visitato 2677 volte)
RENANIA PALATINATO, ACCORDO PER TUTELA CULTURA ZINGARI
25/07/2005 - 16:54
Il land firma accordo per la tutela di lingua e culture zigane

Berlino, 25 lug.(Ap) - Il Land della Renania Palatinato è la prima autorità politica in assoluto a proteggere formalmente la lingua e la cultura delle minoranze sinti e rom, conosciuti anche come 'zingari'.

L'accordo tutela i sinti e i rom come una minoranza nazionale, ciò significa che il governo regionale del Land è obbligato a proteggere la loro lingua e a sostenere finanziariamente la loro cultura. Inoltre, la storia di questi gruppi nomadi - comprese le persecuzioni dei nazisti - saranno insegnate a scuola.

"Con questo accordo vogliamo fare la differenza in termini di discriminazioni e diritti di sinti e rom nella nostra società", ha affermato il governatore della Renania Palatinato, Kurt Beck (Spd), dopo aver firmatol'intesa.

Jacques Delfeld, alla guida dell'Associazione dei Sinti e Rom tedeschi, ha contro-firmato l'accordo, affermando che "i tedeschi sono generalmente sensibili alle minoranze, rom e sinti continueranno ad affrontare la discriminazione nella vita quotidiana, che spingono molti a negare le loro origini".

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