Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 09/06/2008 @ 09:16:25, in media, visitato 1471 volte)
Da
Roma_Francais
Viktoria Mohacsi, Rom, Ungherese, deputata dell'Alleanza dei democratici e
liberali europei (ADLE) al Parlamento Europeo.
L'Europa, sola speranza dei Rom - LE MONDE | 07.06.08
Lo chiedono le OnG che reclamano una commissione d'ispezione europea in
Italia, lei ha visitato dei campi rom a Napoli e Roma, il 17 e il 18 maggio.
Cosa le hanno raccontato i Rom?
La prima reazione è stata: "Siete la nostra ultima possibilità. L'ultima che
possa aiutarci. Perché tutti quelli che ci hanno fatto visita, personalità
politiche, del governo, delle organizzazioni civili, ci hanno abbandonato di
fronte al pericolo. Rom come loro, ero l'ultima in cui potevano avere fiducia.
Quanto avviene in Italia è semplicemente spaventoso Ma non sono io quella che
può cambiare il sistema italiano.
Su 200.000 Rom che vivono in Italia, 80.000 sono cittadini italiani, 120.000
ex Yugoslavi e Rumeni. La maggioranza tra loro è in una situazione molto
particolare: possiedono un passaporto yugoslavo, che non corrisponde più ad
alcun paese esistente, abitano in Italia da oltre venti, trenta o cinquant'anni.
I figli nati in Italia hanno quasi totalmente dimenticato il romanì (lingua
largamente condivisa tra i Rom in Europa).
Lei è, con Livia Jaroka, una delle due sole deputate rom del Parlamento
Europeo, dove è entrata a 29 anni. Come è arrivata sino a lì?
Nei tre piccoli villaggi ungheresi dove ho passato la mia infanzia, alla
frontiera con la Romania, vivevamo come una grande famiglia. Un terzo ungherese,
un terzo rumeno, un terzo rom, ci si conosceva tutti. Tuttavia, sembrava
completamente naturale, malgrado i risultati eccellenti, che fossi relegata in
fondo alla classe. Era la discriminazione, ma non eravamo in pericolo, come è il
caso odierno dei Rom in diversi paesi dell'Unione Europea.
Quando avevo 14-15 anni, cercavo sempre di aiutare i miei a migliorare la
loro situazione. Organizzammo un club con i miei compagni di classe e con dei
componenti della mia famiglia per studiare assieme, per essere piazzati meglio
nella scuola e poi, più tardi, sul mercato del lavoro. Al liceo, volevo
preparare una scuola di giornalismo: volevo lottare contro i problemi della
discriminazione che constatavo tutti i giorni per strada e nelle istituzioni. Ho
capito allora che il mezzo più efficace era di parlare a tutti. L'opinione
pubblica, ne ero persuasa, non poteva che giudicare inaccettabile tutto quello
che subivano le minoranze: difficoltà sociali, segregazione nella scolarità,
ghettizzazione, rifiuto d'accesso al sistema sanitario.
I Rom hanno rivendicazioni in termini di identità?
In Italia, assolutamente no. Il discorso non è rivolto alle rivendicazioni
identitarie, perché sono in una situazione d'urgenza. Viceversa, nel resto
d'Europa, numerose organizzazioni civili lavorano per ottenere che il romanes
diventi una lingua ufficiale della UE. Le conferenze sui Rom riuniscono
differenti stati membri e si tengono in romanes. In Ungheria, uno dei primi
risultati del movimento rom è stato l'ufficializzazione del romanes: possiamo
studiare ed ottenere diplomi alla scuola ed all'università in romanes (o in
beash, altra lingua parlata dai Rom). L'università possiede un dipartimento di
romologia. Ma la medaglia ha il suo contrario: essere bilingue romani ed
ungherese spesso è percepito male.
I Rom hanno una reale volontà d'integrazione?
Se non desiderassero ottenere la cittadinanza italiana, i 100.000
ex-Yugoslavi ritornerebbero in Serbia, in Montenegro, in Bosnia, in Kosovo... La
questione della volontà d'integrazione non si pone per una popolazione che non
ha più una terra nel paese dove è nata. Quando la Yugoslavia s'è divisa su base
etnica, i Rom non ebbero più il loro posto. Sono fuggiti nei paesi più vicini.
Poco importava che si trattasse dell'Italia, della Gran Bretagna o del Belgio.
Io non so chi ha cominciato a dire che era nel loro sangue il vivere da
nomadi. I Rom non sono nomadi. Non si muovono. Si stabilizzano, anche se nelle
baraccopoli. La maggior parte dei Rom d'Italia vogliono essere regolarizzati.
Non considerano la Serbia o la Croazia come i loro paesi. In questo momento, con
molte OnG internazionali, stiamo mobilitando degli avvocati per raccogliere
tutte le carte dei Rom per permettere loro di ottenere la nazionalità italiana.
Occorre trattare individualmente ogni singolo caso.
Di fronte alla delinquenza, in Italia come in Bulgaria, i cittadini si
mobilitano in milizie per garantire la sicurezza dei quartieri. I Rom rispettano
il diritto comunitario (Romani Criss) ma non altrettanto il diritto nazionale?
La Romani Criss è l'eredità storica dell'arrivo dei Rom dall'India in Europa
nel XIV secolo. Allora erano illegali, cacciati da un paese all'altro. Ed in
questo contesto specifico, si sono dotati di un mezzo per risolvere i problemi
della comunità. Hanno fondato la Romani Criss, una sorte di corte di giustizia
composta dagli uomini più anziani che potevano condannare un Rom al bando o ad
avere il cranio rasato. Questo funzionamento era legato al nomadismo, al quale
erano allora forzati. La comunità non dipendeva da alcun cuore nazionale. Ma la
Romani Criss non è una legislazione, è un'etica comunitaria. E le regole della
Romani Criss non sono in opposizione alle legislazioni nazionali.
Illegali, i Rom in Italia non beneficiano ai sostegni sociali a cui hanno
diritto i cittadini italiani poveri. IO non dico che non pratichino alcuna sorte
di criminalità, ed il bisogno non è una scusa. I crimini devono essere puniti.
La risposta dev'essere la stessa per ogni individuo.
Qual'è, a suo avviso, l'approccio migliore per far evolvere la situazione
dei Rom: nazionale od europea?
Tutte e due. Penso da qualche anno che la questione dell'integrazione debba
essere di responsabilità nazionale, perché ciascuno dei 27 Stati membri ha una
situazione differente: problemi sociali, cittadinanza in Italia, segregazione
scolastica altrove. Ma adesso, dopo la mia esperienza al governo in Ungheria
(come ministro delegata all'istruzione), so che la responsabilità dev'essere
doppia. Ho potuto fare adottare leggi contro la segregazione che hanno permesso
di sviluppare un programma per l'istruzione, largamente finanziata dall'Europa.
L'Ungheria ha ricevuto 215 milioni di euro per la lotta alla segregazione:
cinque scuole ghetto sono state chiuse, ma ne esistono sempre 400. La legge non
sempre basta, occorre una pressione dei politici nazionali ed europei. I
sindaci, compresi quelli che hanno votato la politica d'integrazione e i
deputati, non la applicano per timore di mettersi contro gli elettori. Ecco
perché c'è bisogno di fondi specifici della UE per l'integrazione dei Rom:
alloggio, lavoro, sanità, istruzione. Occorre ugualmente una giustizia molto
severa contro la discriminazione.
La questione della rappresentazione dei Rom per i Rom è sempre più
attuale. E' diventata interlocutrice di differenti comunità rom in Italia,
Spagna, Francia?
Se i Rom si rivolgono a me, nei campi in Italia o nel mio paese, è
sicuramente perché rappresento la nostra comunità. Ma io sottolineo sempre che
sono un'eletta liberale che lavora per i Rom. Il partito liberale (SzDSz) mi ha
chiesto di essere messa in lista per difendere le minoranze e i Rom in
particolare, dato che in Ungheria la situazione diviene sempre più pericolosa
con la crescita dell'estrema destra. Ma non mi penso come rappresentante di
tutti i Rom. Anche se è il mio sogno.
La rappresentazione dei Rom è una questione molto complessa. Quando lavoravo
per il Centro europeo dei diritti dei Rom, prima di entrare in politica,
giocavamo un ruolo molto efficace d'informazione presso la UE sulle
discriminazioni. In molti mi chiamano ancora oggi quando arriva loro qualche
cosa. Ma rendere un servizio ai discriminati di ogni sorte è più facile come
semplice militante che come membro del governo o come eletta nella UE.
I rappresentanti politici rom sono la speranza dei Rom, ma non sono mai stati
molto efficaci. Si sentono investiti di una missione e fanno del loro meglio. Ma
quando uno di loro prende la parola, davanti al Parlamento ungherese, numerosi
eletti escono dalla sala. Anch'io, quando ho suggerito al mio gruppo politico
che prima dell'adesione della Bulgaria e della Romania, dovevamo cambiare la
politica dell'immigrazione in seno alla UE, sono stata derisa da tutti. Si sono
presi gioco di me, dicendo che la questione era già stata trattata nel processo
di adesione.
La Commissione pubblicherà entro luglio un rapporto sulle politiche, gli
strumenti esistenti ed i progressi realizzati da ciascuno stato membro per
l'integrazione dei Rom. A settembre si terrà una conferenza a Bruxelles. Cosa
possono sperare i Rom e gli stati?
L'integrazione! Che il governo dia una risposta immediata alle
discriminazioni! I Rom in Italia attendono una risposta. Io non so cosa possa
proporre Bruxelles. C'è urgenza. E' per questo che abbiamo iniziato a lavorare
con le OnG. Ed in attesa di ottenere dei fondi di Bruxelles specificatamente per
i Rom, l'Italia e la Romania dovranno regolare il problema. Per quanti sono in
Italia, il meglio sarebbe una regolarizzazione caso per caso degli ex-Yugoslavi.
E, per i Rom rumeni, cominciare seriamente ad integrarli in Romania.
Propos recueillis par Anne Rodier
Di Fabrizio (del 28/05/2008 @ 09:21:44, in media, visitato 2168 volte)
Un appello ai media: rispettare il codice deontologico professionale
quando si parla dei rom
di Ileana Coggiola
In questi ultimi tempi si è parlato molto spesso di immigrazione sui mass
media con toni allarmistici. In particolare il popolo rom si è trovato al centro
di numerose polemiche e di forti attacchi da parte soprattutto della stampa. Le
notizie che si leggevano sulle prime pagine dei quotidiani assumevano toni e
contenuti a sfondo razzista e xenofobo, rispolverando vecchi stereotipi e
fomentando paura e pregiudizi nei confronti di un popolo che da sempre è
soggetto ad emarginazione e discriminazione.
Quello a cui abbiamo assitito appare come una violazione dei diritti civili
sanciti dalla Costituzione italiana, dalla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dalla
Dichiarazione universale dei diritti umani.
L'effetto che ha avuto questo tipo di informazione sui cittadini è stato quello
di aumentare il loro grado di insicurezza.
In risposta al comportamento della stampa è stato lanciato un appello da parte
dei giornalisti Lorenzo Guadagnucci, Beatrice Montini e Zenone Sovilla, i quali
invitano i colleghi a rispettare il codice deontologico, a segnalare gli
articoli e aderire all'iniziativa "Giornalisti contro il razzismo". Questa
iniziativa è rivolta anche ai cittadini.
Sul loro sito è anche possibile segnalare gli articoli che contengono pregiudizi
razziali o casi evidenti di xenofobia.
Per informazioni:
www.giornalismi.info/mediarom
Di Fabrizio (del 20/05/2008 @ 09:10:45, in media, visitato 2061 volte)
Su www.RomNews.com
(solo in inglese, tedesco e romanes, purtroppo) articoli e video sulla situazione
rom in Italia, mappe e informazioni dei campi di Roma (in formato PDF), contatti con i Rom nei campi in Italia
Di Fabrizio (del 19/05/2008 @ 09:31:07, in media, visitato 1886 volte)
Da
PoliticaBlog
16-05-08 Immediata dimostrazione che i fatti seguono le promesse. Ieri sera,
infatti, a Roma, i vigili urbani (?) hanno compiuto alle due di notte una
perquisizione al campo nomadi di via di salone, sulla via Collatina. C'era il
consueto armamentario già visto in tutti i films americani di genere. Torce
puntate in faccia, volti assonnati, lampeggianti sul tetto delle macchine e,
dulcis in fundo, uno straordinario spiegamento di operatori tv di quasi tutti i
tg esistenti oltre, naturalmente, a fotografi e giovani giornalisti elettrizzati
dal seguire una perquisizione in così grande stile.
Una cosa siamo in grado di rivelarvi, che la grande stampa non vi ha detto, Il
campo nomadi in questione è regolarmente autorizzato, è controllato una o due
volte a settimana, ha l'assistenza sanitaria e quella sociale.
Ecco allora spiegata la dimostrazione "muscolare" avvenuta in serata: era tutta
ad uso della tv.
Grande spreco di mezzi ma nessun rischio per chi eseguiva il controllo.
Allora vorrei fare mia una domanda che mi ha rivolto uno degli abitanti: " ma
che bisogno c'era di venire alle due di notte spaventando i bambini? Tanto
tutti sanno chi siamo." Già, che bisogno c'era? Santa ingenuità. Ma come farà il
nuovo sindaco a farvi vedere come vigila sulla vostra sicurezza? Usando la tv,
no? In quale altro modo pensavate?
Di Fabrizio (del 07/05/2008 @ 09:23:30, in media, visitato 2047 volte)
Da
Roma_Daily_News
Budapest, 6 maggio 2008: In Trappola - la Storia Dimenticata dei Rom di
Mitrovica
è stato nominato al Festival della Televisione 2008 di Monte Carlo come miglior
documentario.
Il 10° episodio di Mundo Romani, la serie co-prodotta dalla Fondazione
Romedia e Duna Television Ungherese che esplora la vita dei Rom nel mondo, sarà
proiettato come miglior documentario al prestigioso Festival della Televisione
di Monte Carlo a giugno.
Il documentario è stato girato tra agosto e dicembre 2007 a Mitrovica, ai
confini tra il Kosovo albanese e serbo e trasmesso il 2 febbraio 2008 da Duna
Television. Mentre il mondo si focalizza sul nuovo paese europeo, il film
presenta la storia dimenticata della seconda più vasta minoranza del Kosovo, i
Rom. Dopo che le loro case e vite furono distrutte dal ritorno degli estremisti
Albanesi nel 1999, circa un migliaio di Rom, la maggior parte bambini, sono
rimasti intrappolati tra i
rifiuti tossici del più grande complesso minerario della ex Jugoslavia. In
periodi di tensioni inter-etniche crescenti nel ribollire delle guerre
balcaniche, Mundo Romani da voce a chi non ne ha e rivela la storia shoccante
del più grande disastro ecologico dell'Europa moderna.
Il film è dedicato alla memoria dei 28 uomini, donne e bambini morti a
causa dell'avvelenamento da metalli nei campi di Mitrovica.
The Romedia Foundation and Duna Television Hungary present
A film by Katalin Bársony
Editor-in-chief, reporter
Katalin Bársony
Cinematography
Sándor Cs. Nagy
Nándor Hevesi
István Komár
József Nagy-Bozsóky
Translation
Gyula Vamosi
Editor
Péter Kohut
Producer
Judit Ordódy
Agnes Daróczi
Line producer
Zsigmond Kemény
Sound
Balázs Balogh
István Perger Jr.
Expert
Ágnes Daróczi
Marion Kurucz
Di Fabrizio (del 23/04/2008 @ 09:04:57, in media, visitato 3097 volte)
Da
Roma_Italia
Roma, 18 Aprile (AKI) - Le radio etniche forniscono un'importante presa
culturale che rafforza i migranti in Italia [..].
Isabella Clough-Marinaro, dell'Università Americana di Roma, dice che è
importante per i migranti come pure per gli italiani avere media pluralistici,
specialmente con l'elezione del primo ministro Silvio Berlusconi. mantenere le
loro radici" ha detto ad Adnkronos International (AKI).
Clough-Marinaro commenta così la crescita di stazioni radio etniche in quella
che è una società sempre più varia.
L'Italia ha almeno 40 stazioni radio o programmi radio che trasmettono dal
romanes al bengali, come pure in italiano.
Nonostante ciò, Clough-Marinaro dice che la politica non ha supportato
adeguatamente i migranti.
Dice Clough-Marinaro ad AKI che "l'Italia è parecchio indietro rispetto ad
altre nazioni riguardo ogni tipo di politiche integrative."
Visto che alcune stazioni radio trasmettono in italiano invece che nella
lingua nativa dei migranti, Marinaro dice che i programmi dovrebbero essere in
entrambe le lingue, per prevenire l'isolamento delle comunità.
Continua: "Se ci sono dei media nella sola lingua della minoranza, questa
sarà ghettizzata."
"Dev'essere parte di un più vasto progetto d'integrazione, ciò significa che
dev'essere possibile parlare in italiano, ma anche nella loro lingua nativa."
Clough-Marinaro dipinge un quadro fosco delle politiche italiane sotto il
nuovo governo ed intravede difficoltà per gli immigrati.
Dice ad AKI: "La situazione politica non aiuta, con l'ultimo governo
Berlusconi, la destra ha visto l'immigrazione come un problema di sicurezza e di
criminalità."
"Il nuovo governo non ha intenzione di fare molto per enfatizzare il ruolo
importante degli immigrati, specialmente con la Lega Nord che ha avuto una forte
crescita."
Berlusconi ha vinto le elezioni ma la sua maggioranza è condizionata
dall'appoggio della Lega Nord contro gli immigrati, che ha ottenuto l'8% dei
voti.
Martedì (scorso ndr) Berlusconi ha affermato l'intenzione di chiudere
le frontiere agli immigrati illegali.
Bajram Osmani,
membro preminente della comunità rom, è direttore della Voce Rom o Romano Krlo,
trasmessa da Radio Onda d'Urto nella settentrionale città di Brescia.
Osmani arrivò in Italia nel 1991 dall'oggi indipendente Kosovo, da dove
scappava per la situazione di tensione nel paese balcanico.
Adopera il suo programma radio per promuovere la cultura rom in Italia, dove
questo gruppo è sotto-rappresentato dai principali media pubblici e privati,
anche se molti componenti della comunità sono cittadini italiani o nati in
Italia.
Molte stazioni radio e trasmissioni sono effettuate su base volontaria e non
ricevono fondi dallo stato italiano, ciò rende difficile il loro successo.
"Questo è un programma di volontariato. Nell'Europa occidentale o fai da te o
sei fuori," dice Osmani ad AKI.
Nell'Europa dell'est, la comunità rom è meglio organizzata. Ci sono radio e
show televisivi che trasmettono in lingua romanes, riviste ed altri mezzi di
comunicazione.
Osmani trasmette notizie importanti per la comunità rom, come informazioni
sul processo immigratorio - un tema fondamentale per gli immigrati rom in
Italia.
Osmani non è preoccupato dal nuovo governo Berlusconi, e dice di apprezzare
il governo serbo per dare alla comunità un'opportunità di partecipare alle
prossime elezioni dell'11 maggio.
Durante le elezioni del gennaio 2008 in Serbia, due candidati rom hanno
ottenuto seggi in parlamento.
Clough-Marinaro, esperta sulla comunità rom, dice che i rom sono soggetti ad
una seria discriminazione in Italia, e niente sembra cambiare fino a che
l'Italia non sarà penalizzata per la sua azione.
"Se niente accade per forzare i media a terminare con la discriminazione
sistematica, un programma radio è come una goccia nell'oceano," dice.
L'anno scorso, il governo italiano ha passato un controverso decreto che
ordinava la rapida espulsione di cittadini dell'Unione Europea sospetti di
minaccia pubblica, dopo il brutale omicidio di una donna, commesso da un
immigrato illegale rumeno a Roma.
L'assassinio causò tensioni e sentimenti anti-immigrati in tutto il paese.
In un apparente "attacco di rivincita" razzista, assalitori mascherati armati
di lame, bastoni e catene, hanno picchiato quattro rumeni fuori da un
supermercato nei giorni caldi dopo l'omicidio.
Di Fabrizio (del 21/04/2008 @ 09:36:40, in media, visitato 1782 volte)
IL COORDINAMENTO ROM E' LIETO DI INVITARVI
mercoledì 23 aprile alle ore 21.00
presso la Camera del Lavoro di Milano - corso di Porta
Vittoria 43 (ingresso libero)
all'anteprima milanese di
Via San Dionigi 93 storia di un campo rom
un documentario di Tonino Curagi e Anna Gorio prodotto da
Provincia di Milano - Settore Cultura in collaborazione con Officine Ubu
Animerà il dibattito: Tommaso Vitale - Docente di Sociologia
Università Milano Bicocca
Saranno presenti oltre agli autori le associazioni che compongono il
Coordinamento Rom:
- ARCI
- ACLI
- Caritas Ambrosiana
- Padri Somaschi (PLOCRS)
- Naga
- Opera Nomadi
- CGIL Milano
- Comunità S. Egidio
- Comitato Rom e Sinti Insieme
- Associazione Liberi
- Fondazione Casa della Carità
- Associazione Nocetum
- Gruppo Abele
- Comitato per le libertà e i diritti sociali
- Aven Amentza
- Associazione Oltre il Campo
Abbiamo seguito per due anni e mezzo, aiutati dagli educatori della
Fondazione "Casa della Carità" e dell'associazione Nocetum, la vita della
comunità di un campo rom abusivo, abitato più di 150 persone di nazionalità
romena, sito nell'estrema periferia sud-est di Milano, e abbiamo ripreso quello
che accadeva davanti a noi senza interviste, commenti e nessuna messa in scena.
La vita quotidiana, i riti e le feste, le assemblee e le relazioni con gli
operatori sociali, il tentativo di integrarsi con il lavoro e il percorso
scolastico dei ragazzi, gli incendi e le ricostruzioni, fino allo sgombero e la
distruzione del campo da parte della polizia comunale nel settembre del 2007.
Tutto questo, senza nessun compiacimento pietistico o patetico, cercando di
dare una visione reale del loro vissuto, per una volta lontani dallo stereotipo
che vede gli "zingari" solo come delinquenti o come ultimi romantici della
nostra società, cittadini europei che conducono una vita sempre sul punto di
essere messa in discussione e ritenuta indegna da molti.
Tonino Curagi e Anna Gorio
Di Fabrizio (del 09/04/2008 @ 09:31:54, in media, visitato 1744 volte)
Agostino Rota Martir segnala un'intervista interessante del
vescovo di Pisa (ormai ex), Mons. Plotti sugli accattoni di Firenze, apparso su
La Repubblica, pagina regionale.
Una delle voci più coraggiose della Chiesa tuona contro Cioni:
il decoro, che concetto ipocrita
“Quella proposta è un abominio”
Plotti: si cacciano i poveri perché intralciano lo shopping
MARIA CRISTINA CARRATÙ
«Dietro proposte del genere c’è una fìlosofìa terribile: far finta che la
povertà non esista».
Monsignor Alessandro Plotti, arcivescovo uscente di Pisa, una delle voci più
alte e coraggiose della Chiesa, non ha dubbi: la proposta dell’assessore Cioni
sui mendicanti è «un abominio».
Un abominio, sostiene, come lo sono altre proposte che si preoccupano
del«decoro» della città piuttosto che delle esigenze dell’umano».
E’ anche vero, però, monsignor Plotti, che un responsabile delle istituzioni
deve cercare di contemperare esigenze diverse, sia quelle dei poveri, che quelle
di chi ha il diritto alla propria incolumità, soprattutto se debole e
sofferente, come la signora caduta a causa del barbone steso sul marciapiede.
«Si, ma la risposta non mi sembra tanto a questa esigenza, quanto a quella di
garantire una certa immagine a una città che si offre al turismo, ovviamente in
una logica prevalentemente commerciale. L’avversione per i poveri, per chi
‘intralcia’ il passo a chi viene in visita, o a chi cammina per fare shopping, è
palpabile ovunque, mica solo a Firenze. A Milano si dà la caccia ai rom in
assetto da sommossa, a Pisa perfino delle suore hanno protestato contro il
progetto per un dormitorio di poveri vicino al loro asilo, per paura che i
bambini si spaventassero».
Secondo l’assessore Cloni, però, dietro l’accattonaggio può esserci un giro
di affari, che può far pensare, almeno in qualche caso, a una falsa mendicità.
«Non so, certo che i falsi mendici, che esibiscono una povertà presunta, ci sono
sempre stati, la loro è una frode e mi chiedo perché si sia aspettato tanto ad
estirparla. Ma non facciamoci fuorviare. La grande maggioranza di chi chiede
l’elemosina è fatta di poveri veri, prodotto sempre più numeroso, fra l’altro,
della stessa società che poi li perseguita, e che non sanno realmente come
vivere. E come si può pensare che un concetto ipocrita come il decoro, un certo
perbenismo di maniera, possano ispirare una qualunque iniziativa efficace
riguardo a bisogni reali, concreti, spesso drammatici?».
Lei, allora, dovesse dare un consiglio a un amministratore, cosa gli
suggerirebbe?
«Intanto è indispensabile che non una sola istituzione pubblica, ma tutte
quante, e con la Chiesa in prima linea, lavorino insieme. Quindi, bisogna
partire da un punto di vista totalmente diverso: pensare di avere davanti non un
problema di decoro, ma un problema umano. E che ogni persona ha diritto di
venire avvicinata, ascoltata, compresa, prima che allontanata. Ma per far questo
ci vogliono squadre di operatori che vadano in giro, e soprattutto strutture per
accogliere chi, certamente, va prima o poi tolto dalla strada. Nessuno ama
chiedere l’elemosina, ma per impedirglielo bisogna offrirgli un’alternativa, non
limitarsi a sperare che non si faccia più vedere, ciò che fra l’altro è del
tutto illusorio. La cittadinanza deve essere sempre e comunque accogliente, non
solo a certe condizioni».
Di Fabrizio (del 03/04/2008 @ 09:09:28, in media, visitato 1904 volte)
Segnala Maria Grazia Dicati
di GAD LERNER
"Nutrire il pianeta", è l'ambizioso tema dell'Expo 2015 che ha attirato su
Milano i consensi (decisivi) di un'Africa affamata. Ma nel frattempo riuscirà
Milano a nutrire le sue poche migliaia di profughi, e magari a rispettarne i
diritti umani anche quando impone loro le regole della legalità?
Non sappiamo dove abbiano dormito stanotte le donne incinte e i bambini
sgomberati dal campo di via Bovisasca.
Sappiamo solo che la polizia li ha già intercettati nel vagabondaggio prima
che raggiungessero altri rifugi illegali come via Colico o il cavalcavia Bacula
di Quarto Oggiaro, appositamente ostruito con blocchi di cemento. Né troveranno
posto alla Casa della Carità di don Colmegna, completamente satura dopo avere
allestito un prefabbricato in cortile per i settanta di via San Dionigi: anche
loro sgomberati senza alcuna soluzione alternativa prevista dalle istituzioni.
Stava per cominciare l'anno scolastico. Ci furono insegnanti straordinarie che
andarono a riprendersi uno a uno i loro bambini dispersi fra campi e dormitori,
per dare seguito alla preziosa fatica dell'inserimento sociale.
Sono mesi che le cronache locali tuonano: "Spazzare via i campi rom". Titoli di
cui un giorno, troppo tardi, si vergogneranno. Ignorando quel che pacatamente
ricordava ieri il sito della Diocesi di Milano: tra gli sgomberati di via
Bovisasca (situazione insostenibile che richiedeva un intervento, ma civile) ci
sono rom e romeni di altra etnia - che importa? - che lavorano regolarmente nei
cantieri della Fiera, con tanto di permesso di soggiorno. Dieci ore al giorno,
per sei giorni, pagati 800 euro al mese. Timbreranno il cartellino pure oggi,
dopo la notte all'addiaccio, dopo l'inutile tentativo di spostare la baracca un
po' più in là, visto che il Comune non ha offerto soluzioni d'emergenza neppure
per i figli e le mogli incinte, figuriamoci per i lavoratori della Fiera?
Il dilemma non deve essere considerato fra quelli "eticamente sensibili" da una
destra lombarda ansiosissima di salvaguardare la vita nascente, ma indisponibile
a scucire un solo euro per villaggi solidali che diano ricovero ai senzatetto
già nati. E siccome anche il Partito democratico trova poco glamour
rappresentare i diritti degli immigrati, specie se rom, in una campagna
elettorale che nel Lombardo-Veneto si affida a capilista confindustriali, il
risultato è che in via Bovisasca ci vanno solo gli appassionati di conflitti
estremi.
È il set ideale per disfide trash, Daniela Santanché (con o senza tacchi a
spillo) contro la candidata rom della Sinistra arcobaleno. Dove tramonta l'idea
che Milano, la città che vuole nutrire il mondo, possa cominciare in casa
propria a mettere insieme legalità e integrazione. Sgomberi con ricoveri per
mamme e bambini. Lavoro regolare per gli immigrati, con soluzioni abitative
provvisorie e istruzione garantita ai figli. Cioè proprio le stesse misure
elementari che saremmo disposti a finanziare nei campi profughi africani.
In assenza della politica, a ricordarcelo dev'essere ancora una volta
l'arcivescovo Tettamanzi: "La legalità è sacrosanta. Ma l'impressione è che qui
si stia scendendo abbondantemente sotto i limiti stabiliti dai fondamentali
diritti umani". Oppure il Tribunale dei minori che ammonisce il Comune di Milano
sui suoi obblighi di tutela dell'infanzia, completamente disattesi.
Sarebbe assurdo suddividere Milano in buoni e cattivi, di fronte alle sue
imbarazzanti disuguaglianze e al volto sporco della povertà. C'è da fare fatica,
tutti insieme. Ma siamo pur sempre una delle metropoli più ricche e dinamiche
del mondo, possibile che nessuno abbia l'autorità e il coraggio di chiedercelo?
(2 aprile 2008)
- sempre su
Repubblica -
Di Fabrizio (del 30/03/2008 @ 08:55:30, in media, visitato 2459 volte)
Da
Osservatorio sui Balcani
28.03.2008 scrive Franco Juri
Sullo sfondo i fumi di una termocentrale. In primo piano alcuni bambini rom
che raccontano la favola di Cappuccetto Rosso. Un modo per raccontare ai più
piccoli la difficile vita delle minoranze in Kosovo
Esattamente tre anni fa veniva proiettato a Gorizia il documentario RealitieS
Kosova/o di Eva Ciuk, regista e giornalista triestina, di madre lingua
slovena, nota per il suo impegno civile e umanitario a favore delle minoranze e
delle realtà sociali più emarginate.
A tre anni da quella esperienza che l'aveva portata a conoscere in prima persona
le minoranze dimenticate del Kosovo, e che aveva fatto seguito ad un
documentario realizzato nel 2002 in Salvador e dedicato alla condizione della
donna in America centrale, Eva Ciuk torna sul tema Kosovo, riproponendo un
segmento particolare di quanto la coinvolse nel suo viaggio del 2005 nella
provincia, quasi a voler affrontare questa volta le pieghe di una società satura
di contraddizioni e in continua ebollizione alla vigilia e dopo la sua
indipendenza. Per rifletterci su.
Eva lo fa anche questa volta seguendo le tracce di una minoranza perennemente
discriminata e ai margini della provincia/stato che a malapena la sopporta: i
rom, o meglio, i bambini rom.
Il cortometraggio, combinazione di documentario e cartone animato, dal titolo
"Chi è cappuccetto rosso?", ci racconta il modo in cui i bambini rom-kosovari -
dimenticati in una baraccopoli all'ombra della mostruosa ciminiera fumante di
una termocentrale alla periferia di Priština - vivono la popolare favola.
La novità della proposta è proprio nella rilettura che la sceneggiatrice e
regista ne fa, offrendola questa volta anche ad un pubblico molto più giovane,
quello delle scuole . L'alito feroce del lupo invade la fiaba e, nonostante la
serenità dei piccoli rom, ci ricorda quanto sia lungo e tortuoso il percorso dei
diritti umani e minoritari in quelle terre. Ma anche altrove, molto più vicino a
noi. Un percorso su cui riflettere attentamente.
“Quando nel 2005 sono stata in Kosovo – scrive Eva Ciuk - per le riprese del
documentario “RealitieS KosovA/O – voci di minoranze dimenticate” - produzione
della KAIROS, Centro produzione video di Gorizia – mi ha colpito la serenità e
l’allegria dei bambini e delle bambine del campo sfollati interni di Plementina/e,
vicino a Pristina. Abbiamo stretto amicizia con i rappresentanti del campo ed
abbiamo deciso di portare la testimonianza dei bambini del campo nelle scuole
della nostra regione. Così abbiamo posizionato la nostra telecamera e sullo
sfondo che era tutt'altro che da fiaba i bambini ci hanno raccontato Cappuccetto
Rosso.”
La presentazione goriziana del progetto, completato dalla proiezione di
fotografie scattate dagli stessi bambini rom e sinti nei campi del Friuli
Venezia Giulia dal titolo "Autobiografia dal campo" nonché dal virtuosismo
musicale di Alessandro Simonetto e Roberto Daris, è stata organizzata da
Osservazione- centro di ricerca azione contro la discriminazione e patrocinato
da Kinemax-Transmedia, l' Ufficio per la pace della provincia di Gorizia e l'
Unione dei Circoli Culturali Sloveni. Prima di essere presentato nella sua
versione slovena a Gorizia, il progetto, nella versione italiana, era stato
ospitato a Trieste dal Teatro Miela.
In Slovenia i rom sono trattati meglio che in Italia
A Gorizia si è voluto dire qualcosa di più anche sulle comunità rom e sinti che
vivono in Italia e in Slovenia. Il confronto è stato inevitabile quando è
intervenuto uno degli ospiti più attesi della serata: Jože Horvat –Muc,
presidente dell'Union Romanì Slovenia, una delle principali organizzazioni dei
Rom in quel paese. Com'è per i rom la Slovenia del dopo-Strojan? C'è ancora
discriminazione e intimidazione, come nei giorni neri di due anni fa, quando una
folla minacciosa scacciò, senza che le autorità lo impedissero, la numerosa
famiglia rom degli Strojan dalle sue case di legno, successivamente rase al
suolo, nei boschi di Ambrus?
A sentire Horvat in questi ultimi tempi molti sono i passi che lo stato ha
intrapreso non solo per normalizzare la situazione della comunità rom slovena ma
anche per offrire a questa possibilità di sviluppo finora inedite. La lezione
Strojan - triste per tutti- ha quindi fruttato? Il presidente dell'Union Romaní
preferisce non sbilanciarsi e, pur ricordando che la discriminazione esiste
ancora, preferisce, optando per il politicamente corretto, sottolineare i tanti
progressi fatti.
La Slovenia tutela i rom in base all'articolo 65 della Costituzione, varato già
nel 1990, e ad una serie di leggi tra cui anche una apposita votata in
parlamento circa un anno fa. La situazione tradizionalmente migliore per i rom
sloveni è quella del Prekmurje, regione al confine con l'Ungheria e l'Austria,
dove la comunità è ben integrata e organizzata e dove la convivenza multietnica
è pressoché esemplare, a differenza di altre regioni slovene più restie ad
accettare la convivenza con queste comunità.
In sala a Gorizia c'erano pure i redattori del programma romanì che ora anche la
TV pubblica slovena si accinge a trasmettere regolarmente. Sono circa 10 mila i
rom e sinti in Slovenia (quelli dichiarati tali molto meno), concentrati
soprattutto nel Prekmurje, nella Dolenjska, in Bela Krajina, nella Gorenjska e
nella zona di Lubiana. Horvat ha ribadito con orgoglio che il Prekmurje, la
regione in cui l'Union Romanì ha sede, è stata considerata anche dall'Unione
mondiale dei rom, un esempio per tutta l' Europa.
E l' Italia dove vivono circa 150 mila tra rom e sinti? Nel 1999, quando si varò
la legge a favore dei gruppi minoritari, le comunità rom e sinti italiane
vennero da essa escluse su esplicita richiesta della Lega Nord. La cosa più
triste però – come a Gorizia ha ricordato Lorenzo Monasta di Osservazione - è
che il ricatto xenofobo e anti-zingaro leghista ha dato i suoi frutti mentre al
governo c'era una coalizione di centrosinistra. L'Italia dovrà imparare dalla
vicina Slovenia?
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