Segnala Maria Grazia Dicati
di GAD LERNER
"Nutrire il pianeta", è l'ambizioso tema dell'Expo 2015 che ha attirato su
Milano i consensi (decisivi) di un'Africa affamata. Ma nel frattempo riuscirà
Milano a nutrire le sue poche migliaia di profughi, e magari a rispettarne i
diritti umani anche quando impone loro le regole della legalità?
Non sappiamo dove abbiano dormito stanotte le donne incinte e i bambini
sgomberati dal campo di via Bovisasca.
Sappiamo solo che la polizia li ha già intercettati nel vagabondaggio prima
che raggiungessero altri rifugi illegali come via Colico o il cavalcavia Bacula
di Quarto Oggiaro, appositamente ostruito con blocchi di cemento. Né troveranno
posto alla Casa della Carità di don Colmegna, completamente satura dopo avere
allestito un prefabbricato in cortile per i settanta di via San Dionigi: anche
loro sgomberati senza alcuna soluzione alternativa prevista dalle istituzioni.
Stava per cominciare l'anno scolastico. Ci furono insegnanti straordinarie che
andarono a riprendersi uno a uno i loro bambini dispersi fra campi e dormitori,
per dare seguito alla preziosa fatica dell'inserimento sociale.
Sono mesi che le cronache locali tuonano: "Spazzare via i campi rom". Titoli di
cui un giorno, troppo tardi, si vergogneranno. Ignorando quel che pacatamente
ricordava ieri il sito della Diocesi di Milano: tra gli sgomberati di via
Bovisasca (situazione insostenibile che richiedeva un intervento, ma civile) ci
sono rom e romeni di altra etnia - che importa? - che lavorano regolarmente nei
cantieri della Fiera, con tanto di permesso di soggiorno. Dieci ore al giorno,
per sei giorni, pagati 800 euro al mese. Timbreranno il cartellino pure oggi,
dopo la notte all'addiaccio, dopo l'inutile tentativo di spostare la baracca un
po' più in là, visto che il Comune non ha offerto soluzioni d'emergenza neppure
per i figli e le mogli incinte, figuriamoci per i lavoratori della Fiera?
Il dilemma non deve essere considerato fra quelli "eticamente sensibili" da una
destra lombarda ansiosissima di salvaguardare la vita nascente, ma indisponibile
a scucire un solo euro per villaggi solidali che diano ricovero ai senzatetto
già nati. E siccome anche il Partito democratico trova poco glamour
rappresentare i diritti degli immigrati, specie se rom, in una campagna
elettorale che nel Lombardo-Veneto si affida a capilista confindustriali, il
risultato è che in via Bovisasca ci vanno solo gli appassionati di conflitti
estremi.
È il set ideale per disfide trash, Daniela Santanché (con o senza tacchi a
spillo) contro la candidata rom della Sinistra arcobaleno. Dove tramonta l'idea
che Milano, la città che vuole nutrire il mondo, possa cominciare in casa
propria a mettere insieme legalità e integrazione. Sgomberi con ricoveri per
mamme e bambini. Lavoro regolare per gli immigrati, con soluzioni abitative
provvisorie e istruzione garantita ai figli. Cioè proprio le stesse misure
elementari che saremmo disposti a finanziare nei campi profughi africani.
In assenza della politica, a ricordarcelo dev'essere ancora una volta
l'arcivescovo Tettamanzi: "La legalità è sacrosanta. Ma l'impressione è che qui
si stia scendendo abbondantemente sotto i limiti stabiliti dai fondamentali
diritti umani". Oppure il Tribunale dei minori che ammonisce il Comune di Milano
sui suoi obblighi di tutela dell'infanzia, completamente disattesi.
Sarebbe assurdo suddividere Milano in buoni e cattivi, di fronte alle sue
imbarazzanti disuguaglianze e al volto sporco della povertà. C'è da fare fatica,
tutti insieme. Ma siamo pur sempre una delle metropoli più ricche e dinamiche
del mondo, possibile che nessuno abbia l'autorità e il coraggio di chiedercelo?
(2 aprile 2008)
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