Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Gli operatori sociali hanno detto ai residenti di Dale Farm che avranno solo
40 minuti di preavviso prima che gli ufficiali giudiziari e i bulldozer inizino
a spianare il più grande insediamento Zingaro. Le 90 famiglie di Crays Hill
saranno letteralmente lasciate al buio quando la polizia dell'Essex bloccherà le
strade la mattina presto subito prima della massiccia azione diretta dal
consiglio di Basildon. Un funzionario del Consiglio di Contea dell'Essex
parlando all'incontro dei residenti nel Centro di San Cristoforo ha descritto lo
sgombero di Basildon come sacrosanto.
Ma dettagli stanno gradualmente emergendo, come i dubbi sullo stanziamento di
cinque milioni di euro per lo sgombero, già condannato da molti come atto di
pulizia etnica. La settimana scorsa i funzionari si sono incontrati con i
residenti per quietare le paure che il consiglio possa mettere i bambini in
istituto durante lo sgombero, se la Corte d'Appello, dopo l'udienza di dicembre,
dovesse dare il via libera alla distruzione di Dale Farm.
"Non vogliamo prendere i vostri bambini, non ne abbiamo intenzione," ha
spiegato Lou
Williams. "Fintanto che sarà possibile lavoreremo con voi e aiuteremo i giovani,
i vecchi ed i malati."
Nel contempo Noreen Fry, funzionario ECC con responsabilità per gli anziani,
ha rivelato che in discussioni con Basildon è stato dichiarato che i suoi
dipendenti saranno informati non oltre 40/45 minuti prima dell'inizio dello
sgombero.
"Ci riuniremo al parcheggio Belvedere," ha detto riferendosi all'osteria in Crays Hill, Billericay. "Anche
la squadra di Basildon e la polizia saranno là."
Ha detto che il consiglio della contea ritiene ciò un'emergenza su vasta
scala. Kathleen
McCarthy, vice-presidente del comitato dei residenti di Dale Farm, ha ammonito
che ogni tentativo del consiglio o della polizia di portare via i bambini,
incontrerà la resistenza di giovani e genitori. McCarthy ha detto di sapere bene
che il consiglio non può prendersi in carico i bambini senza una decisione del
tribunale. Ma il capo della polizia ha l'autorità di emettere un ordine per cui
la polizia può trattenere i bambini sino a 72 ore. Per questa ragione, il
prossimo passo sarà di chiedere un incontro con Roger Baker, capo della polizia.
"Abbiamo costruito noi questa comunità e non vogliamo che venga distrutta,"
ha dichiarato. "Non vogliamo andare nelle case o cambiare la nostra cultura."
Williams ha detto che accoglierebbe con favore qualsiasi piano della comunità
per spostare bambini ed anziani in un posto sicuro. E' stato detto che
potrebbero essere utilizzate le chiese mentre le carovane si spostano in un
terreno adiacente, grazie ai rapporti creatisi con le famiglie senza tetto. Lin
Jacobs ha spiegato che lo ECC potrebbe offrire una sistemazione provvisoria ai
più bisognosi. Se ci fosse acqua corrente, la sua squadra sarebbe in grado di
continuare i servizi d'assistenza in quella che si descrive come una tendopoli
temporanea.
E' stata informata che la Croce Rossa ha promesso aiuto ed ha donato una
grande tenda. La necessità di aggiornare una valutazione di rischio elaborata da
Basildon nel 2005 assieme alla
Constant & Co.
è stata sottolineata da Grattan Puxon, segretario della
Dale Farm Housing Association.
"I bisogni di assistenza sociale della famiglia e tutti i rischi in questione
non sono ancora stati esaminati," ha detto Puxon. "Dobbiamo essere parte in
causa del rapporto di valutazione finale di rischio, perché è la nostra gente,
bambini inclusi, ad essere in pericolo."
"Una volta che gli ufficiali giudiziari iniziano, demoliscono e bruciano
tutto, ha detto Kate O'Brien, madre di Dale Farm.
"Ti spingono via e ti insultano a male parole, anche se sei malata o incinta.
Ci mandano per strada e ci lasciano a vivere in un fosso."
Ostravice, Nord Moravia, (CTK) 29/9/2008 - Potrebbe emergere un ghetto Romanì
nel villaggio di montagna di Ostravice, dato che lì una compagnia intende
costruire case per i Rom di Ostrava, ma i residenti sono in forte disaccordo;
l'ha detto lunedì ai giornalisti il sindaco Jaromir Dobrozemsky. La compagnia di
Ostrava REALIS-INVEST che possiede l'area di un ex istituzione sociale
locale, intende costruire in loco alloggi per circa 40-50 famiglie Rom di
Ostrava.
Le autorità municipali hanno incontrato lunedì i rappresentanti della
compagnia e della locale comunità Romanì ma, ha detto Dobrozemsky, il dialogo
non ha prodotto risultati concreti. Il portavoce della compagnia ha rifiutato di
commentare, chiedendo ai giornalisti di porre le loro domande per iscritto.
Secondo Dobrozemsky, la compagnia ha proposto due varianti d'uso sul terreno
abbandonato: secondo la prima, gli edifici saranno ricostruiti per essere usati
come case per inquilini; la seconda prevede di costruire lì case per i Rom. "Non
è stata presa nessuna decisione e gli incontri continueranno. Ci vorrà molto
tempo per prendere una decisione," ha detto Dobrozemsky. Ha anche detto che
lunedì i rappresentanti Romanì hanno chiesto come risolvere la loro situazione
sociale.
Le domande riguardano il pagamento dei benefici di sicurezza e la capacità di
asili e scuole. E' stato detto loro di porre le domande per iscritto. Dobrozemsky
ha detto che con la seconda variante, la compagnia riconvertirebbe gli edifici
in case per Rom con i fondi attesi dall'Unione Europea. I residenti del
villaggio, che è situato nell'area protetta paesaggisticamente di Beskydy, non
sono contenti della prospettiva di una vicinanza con un ghetto Romanì.
Un residente di 72 anni ha detto lunedì ai giornalisti di aver paura che
molti Rom potrebbero aggiungersi dalla Slovacchia per unirsi ai loro parenti. Ha
ammesso di aver paura soprattutto dei furti. Ha anche detto che i Rom non si
adatteranno mai allo stile di vita della società maggioritaria. Secondo lui, il
ghetto significherebbe la fine del villaggio.
Vratislav Gloziga,
che custodisce i locali abbandonati, ha detto lunedì ai giornalisti che la
situazione attuale è dovuta ai problemi di mutua comunicazione tra il comune ed
i nuovi proprietari dell'area.
Ieri sono state assegnate le case a Bruna, Samuel, Nicola, Gabriella,
Natalina. Non sono state consegnate loro delle chiavi, ma "un'autorizzazione":
un foglio di carta timbrato, in sostanza un contratto. Le case non sono proprio
come le nostre case, ma il nuovo campo nomadi di via Dozza, quartiere Savena, a
ridosso dei vivai Ansaloni, che è stato inaugurato ieri, nella giornata
della conferenza a Bologna delle Città Europee contro il razzismo, per molti
altri aspetti è un condominio. Vi abiteranno un'ottantina di Sinti: cittadini
italiani da generazioni, tutti con residenza nel Comune di Bologna, da una
ventina d'anni sistemati qui. Nomadi per cultura e per origine, ma più stanziali
di tanti altri cittadini italiani. Il precedente campo, che si stendeva sullo
stesso terreno comunale, era solo un'area sosta attrezzata: con bagni e docce in
batteria e allacciamenti per le roulotte. C'è stato un periodo in cui una sola
doccia funzionava, e le altre no. Nel 2005, il bando regionale per
l'assegnazione di contributi ai Comuni che intendessero migliorare le aree per i
nomadi, ha dato la possibilità di ristrutturare ma più ancora di ripensare come
organizzare il campo. L'intervento è costato 700mila euro, la Regione l'ha
finanziato per l'85 per cento. Ha spiegato ieri la vice sindaco Adriana
Scaramuzzino, anche assessore ai servizi sociali, che è possibile dare
accoglienza senza creare esclusione, offrire servizi dignitosi senza tradire
costumi e tradizioni. La qualità della convivenza si determina in base alla
condivisione dei progetti e dei servizi. Qui è stata usata molta pazienza, e poi
anche fantasia. I Sinti hanno scelto alcuni loro rappresentanti, e hanno
partecipato a una serie di incontri con gli operatori del Quartiere Savena - c'è
un giovane assistente sociale che si occupa specialmente di loro, Marco Tocco -
con i funzionari dei Lavori Pubblici del Comune e con il responsabile della
progettazione, Piero Vendruscolo, che già tre anni fa aveva disegnato il campo
sinti di Borgo Panigale. I Sinti desiderano continuare a vivere nelle loro case
mobili, come fanno da generazioni. Anche al Savena continueranno a vivere nelle
loro roulotte, ma avranno a disposizione, appena fuori casa, bagni riscaldati e
cucine, in muratura. Ma poiché, ad esempio, i piani di cottura in comune non
erano graditi, ci si è inventati "i locali cucina" sotto il portico. Ogni
portico ne contiene tre, separate da divisori. La comunità conta un'ottantina di
persone: il più piccolo, Justin, ha sei mesi, la più anziana 71 anni. È la
comunità che ha il più alto grado di scolarizzazione tra i Sinti di Bologna,
alcuni ragazzi hanno frequentato anche le superiori. È formata da cinque
famiglie allargate, composta ciascuna da tre, quattro nuclei. Perciò l'area è
stata divisa in cinque "microaree", separate tra loro da una rete: ogni
microarea, cioè ogni cortile, accoglie le roulotte e i camper della stessa
famiglia allargata. In ciascuna delle cinque microaree è stata costruita una
"casetta" in muratura, dipinta con i colori di Bologna: rosso e ocra gialla,
alternati sulle pareti e sotto i portici. Ogni casetta ospita tre (o quattro)
bagni completi con antibagno, con altrettante caldaie, e tre (o quattro) cucine,
uno e una per ciascun nucleo famigliare. Le cucine sono all'aperto, ma al
coperto, riparate dal portico che corre sui tre lati di ciascuna "casetta". È un
po' come un campeggio. Ma ogni nucleo familiare è intestatario del contratto per
la fornitura di elettricità, acqua e gas: non era mai successo prima. Pagheranno
utenze e consumi. E ogni famiglia, prima di accettare "l'autorizzazione", ha
saldato quanto doveva al Quartiere di affitto arretrato per la sosta nel
"vecchio" campo. Attorno alle casette è stato steso l'asfalto: e sull'asfalto la
comunità di Bruna, Luigi, Natalina, Samuel..., sposterà le sue roulotte, i suoi
camper e case mobili che per un anno, quanto sono durati i lavori, ha sistemato,
stretto e concentrato sui terreni attigui. C'è anche la chiesa: la comunità
ospita un pastore evangelico, Chiesi Luigi Ministro di Culto, Della MEZ e conta
un discreto gruppo di fedeli. Potrà fungere anche da sala per riunioni o
assemblee
Portici, servizi, chiesa un tetto per i nomadi Brunella Torresin
Ieri sono state assegnate le case a Bruna, Samuel, Nicola, Gabriella, Natalina.
Non sono state consegnate loro delle chiavi, ma «un´autorizzazione»: un foglio
di carta timbrato, in sostanza un contratto. Le case non sono proprio come le
nostre case, ma il nuovo campo nomadi di via Dozza, quartiere Savena, a
ridosso dei vivai Ansaloni, che è stato inaugurato ieri, nella giornata della
conferenza a Bologna delle Città Europee contro il razzismo, per molti altri
aspetti è un condominio.
Vi abiteranno un´ottantina di Sinti: cittadini italiani da generazioni, tutti
con residenza nel Comune di Bologna, da una ventina d´anni sistemati qui. Nomadi
per cultura e per origine, ma più stanziali di tanti altri cittadini italiani.
Il precedente campo, che si stendeva sullo stesso terreno comunale, era solo
un´area sosta attrezzata: con bagni e docce in batteria e allacciamenti per le
roulotte. C´è stato un periodo in cui una sola doccia funzionava, e le altre no.
Nel 2005, il bando regionale per l´assegnazione di contributi ai Comuni che
intendessero migliorare le aree per i nomadi, ha dato la possibilità di
ristrutturare ma più ancora di ripensare come organizzare il campo. L´intervento
è costato 700mila euro, la Regione l´ha finanziato per l´85 per cento. Ha
spiegato ieri la vice sindaco Adriana Scaramuzzino, anche assessore ai servizi
sociali, che è possibile dare accoglienza senza creare esclusione, offrire
servizi dignitosi senza tradire costumi e tradizioni. La qualità della
convivenza si determina in base alla condivisione dei progetti e dei servizi.
Qui è stata usata molta pazienza, e poi anche fantasia.
I Sinti hanno scelto alcuni loro rappresentanti, e hanno partecipato a una serie
di incontri con gli operatori del Quartiere Savena - c´è un giovane assistente
sociale che si occupa specialmente di loro, Marco Tocco - con i funzionari dei
Lavori Pubblici del Comune e con il responsabile della progettazione, Piero
Vendruscolo, che già tre anni fa aveva disegnato il campo sinti di Borgo
Panigale. I Sinti desiderano continuare a vivere nelle loro case mobili, come
fanno da generazioni. Anche al Savena continueranno a vivere nelle loro
roulotte, ma avranno a disposizione, appena fuori casa, bagni riscaldati e
cucine, in muratura.
Ma poiché, ad esempio, i piani di cottura in comune non erano graditi, ci si è
inventati «i locali cucina» sotto il portico. Ogni portico ne contiene tre,
separate da divisori. La comunità conta un´ottantina di persone: il più piccolo,
Justin, ha sei mesi, la più anziana 71 anni. È la comunità che ha il più alto
grado di scolarizzazione tra i Sinti di Bologna, alcuni ragazzi hanno
frequentato anche le superiori. È formata da cinque famiglie allargate, composta
ciascuna da tre, quattro nuclei. Perciò l´area è stata divisa in cinque
«microaree», separate tra loro da una rete: ogni microarea, cioè ogni cortile,
accoglie le roulotte e i camper della stessa famiglia allargata.
In ciascuna delle cinque microaree è stata costruita una «casetta» in muratura,
dipinta con i colori di Bologna: rosso e ocra gialla, alternati sulle pareti e
sotto i portici. Ogni casetta ospita tre (o quattro) bagni completi con
antibagno, con altrettante caldaie, e tre (o quattro) cucine, uno e una per
ciascun nucleo famigliare. Le cucine sono all´aperto, ma al coperto, riparate
dal portico che corre sui tre lati di ciascuna «casetta». È un po´ come un
campeggio. Ma ogni nucleo familiare è intestatario del contratto per la
fornitura di elettricità, acqua e gas: non era mai successo prima. Pagheranno
utenze e consumi.
E ogni famiglia, prima di accettare «l´autorizzazione», ha saldato quanto doveva
al Quartiere di affitto arretrato per la sosta nel «vecchio» campo. Attorno alle
casette è stato steso l´asfalto: e sull´asfalto la comunità di Bruna, Luigi,
Natalina, Samuel..., sposterà le sue roulotte, i suoi camper e case mobili che
per un anno, quanto sono durati i lavori, ha sistemato, stretto e concentrato
sui terreni attigui. C´è anche la chiesa: la comunità ospita un pastore
evangelico, e conta un discreto (19 settembre 2008)
Istanbul, il coordinatore dell'IAI ha incontrato le vittime delle
demolizioni
ISTANBUL (29.07.2008) – Cesare Ottolini, coordinatore dell'International
Alliance of Inhabitans, ha visitato ieri Sulukule e Ayazma dove gli abitanti
sono rimasti vittime delle demolizioni causate dal Progetto di riqualificazione
urbana.
Ottolini, presente ad Istanbul per partecipare al congresso del Cooordinamento
popolare per il Diritto alla Casa, ha incontrato i residenti di Sulukule le cui
case sono minacciate di demolizione. Ha poi preso conoscenza dei problemi dei
residenti ad Ayazma, che da vivono sotto le tende dal novembre 2007, quando
furono violentemente sgomberati.
Nell’ambito della visita organizzata dal “Coordinamento popolare per il Diritto
alla Casa” il presidente della “Associazione Residenti di Sulukule”, Şükrü Pündü,
assieme ad altri membri, hanno fornito informazioni sul caso. Pündük ha
affermato che più di mille famiglie saranno vittime delle demolizioni.,
ribadendo che le demolizioni avranno effetti negativi anche sul piano culturale.
Per queste ragioni il progetto di ristrutturazione urbana deve essere fermato.
Ad Ayazma la situazione e’ grave
La seconda tappa di Ottolini è stata Ayazma. Le condizioni di vita estremamente
disagiate degli oltre 110 residenti, ha colpito particolarmente l'attivista
italiano per i diritti umani. Incontrando le famiglie nelle loro baracche,
Ottolini ha affermato l’intenzione di lanciare una campagna di solidarietà
internazionale per Ayazma.
Ottolini, dopo aver raccolto informazioni sulle demolizioni e le violazioni dei
diritti umani ad Ayazma, ha assicurato il sostegno IAI alle vittime delle
demolizioni.
I gitani di oggigiorno vogliono essere abitanti di La Serena, e perciò si
sono incontrati per organizzare le gestioni e avere la propria casa. Nonostante
ciò, devono lottare ogni giorno con la discriminazione Scritto da
Cristián Pizarro Rojas
Dallo scorso 8 aprile, giorno in cui si commemora a livello mondiale il
popolo Romanì, la comunità gitana residente a La Serena vuole dare una svolta
alle proprie vite, senza dimenticare le sue storiche tradizioni. Da quella data,
con l'appoggio del Governo e del municipio, stanno organizzandosi per realizzare
il sogno di tutti i cileni. La casa propria.
In precedenza, hanno lavorato in maniera progressiva. Prima hanno lavorato
sulla salute e per far uscire la comunità dalla sua condizione vulnerabile.
Attualmente, stanno organizzandosi perché al più presto possano possedere una
casa nel settore di Las Compañías, il quartiere che per anni li ha accolti e
dove sono abituati a vivere.
Isaac Aristich è il presidente del comitato casa della comunità Romanì, ha
ringraziato per l'appoggio ricevuto dalle istituzioni del Governo e municipali,
perché il sogno di una casa propria è prossimo a farsi realtà. "Speriamo che
tutto vada bene e che in qualsiasi momento ci sia la fumata bianca" ha detto
Isaac.
Francisco Villalón, per il Governo, ha detto che in Cile risiedono circa
8.000 gitani, e che del comitato casa La Serena fanno parte 15 famiglie, che
anelano vivere assieme nella stessa strada del citato quartiere.
Perché La Serena? Nel caso di Isaac, arrivò in città per fermarsi un paio di
giorni. Le piacque così tanto, che tornò a Santiago per prendere la sua
famiglia. Comprò un veicolo ed ora dice che non vuole andarsene dalla capitale
regionale. "Non penso di partire, voglio radicarmi qui perché la vita sia ad un
altro livello, niente più nomadismo e tutto per lo studio dei miei figli".
Da questo lato sono graditi, però si lamentano che nonostante le buone
intenzioni esistenti da parte dei distinti organismi, che i gitani debbano
ancora convivere con la discriminazione che impedisce loro di avere un lavoro,
sino a cose semplici come salire sui mezzi di locomozione collettiva ed andare
al ristorante.
"Abbiamo dato il nostro parere sul tema della discriminazione. Molte volte,
ai gitani che vanno per le strade non si permette di salire sui mezzi o entrare
nei ristoranti. Si tratta di discriminazioni che accadono spesso e che non ci
vanno".
"Siamo discriminati in tutti gli ambiti. Nella sanità, nei trasporti.
Vogliamo che la gente ci conosca per ragionare e decidere su noi. Che ci sia un
tempo per conoscerci e che ci sia più spazio per noi nella società. Se ci
sono discriminazioni ovunque, noi gitani siamo i discriminati", ha detto il
gitano Aristich.
Per tutto questo e dati i piani dei gitani di trasformarsi in serenensi, che
sollecitano la comunità a potersi integrare nella nostra cultura, negli stessi
mestieri, con uno stipendio, con il diritto alla salute, all'alloggio e alla
dignità.
Non è stato facile avanzare su questa linea, ancora meno quando questa
cultura è generalmente stigmatizzata per essere "ladri". Davanti a questa
realtà, Isaac argomenta (...) "Non tutti siamo uguali. Anche tra noi ci sono
classi sociali, gitani poveri, altri in buona condizione, non si può mettere
tutti nello stesso sacco. Quando vivevo in una tenda,in due o tre tipi mi
aggredirono e mi portarono via quel poco che avevo, e non per questo devo aver
paura della gente senza parlargli. Non deve esistere che si tratti male una
persona perché è di un'altra cultura, e noi viviamo con questo giorno per
giorno. Stiamo provando a lottare per questo finisca".
Anche se non è stato facile, è più forte la voglia di cambiare e per questo i
gitani serenensi vanno cercando differenti fonti di lavoro, approfittando del
loro talento, col proposito di vivere con dignità e rispetto.
In piazza Numancia a Santander c'è un cartello molto curioso che annuncia la
vendita di un appartamento. Sin qui, tutto normale. La curiosità arriva quando
si comprova che l'immobile non è in vendita ai "payos",
come i gitani denominano le persone che non sono della loro etnia. L'annuncio è
posto da abbastanza tempo ed è molto commentato tra i vicini. Così, se sei "payo",
vai a comprare da un'altra parte.
SALUTO A DALE FARM Permettersi una casa è diventato sempre più difficile per innumerevoli
persone il cui reddito continua a scendere. In un paese ossessionato dal
possesso della casa questo sogno è diventato un incubo. Ma oltre a quanti
lottano per pagare le loro ipoteche, c'è un altro gruppo di persone che soffre
di un'insicurezza ancora maggiore. Oltre allo sgombero, c'è ora il rischio di
diventare capri espiatori delle ruggini del paese e del fallimento del governo
locale e nazionale.
Oltre 1.000 Viaggianti di
Dale Farm, Essex, il più grande villaggio Zingaro nella GB, saranno
sfrattati se il Consiglio Distrettuale di Basildon vincerà l'appello contro la
Decisione dell'Alta Corte che impedisce la demolizione del sito in un'udienza
del 5 dicembre.
Richard Sheridan, presidente del Consiglio Zingaro e portavoce per il sito,
dice che i Viaggianti di Dale Farm soffrono un grosso errore della giustizia:
"Il governo conservatore ha tolto il diritto di rimanere sul suolo pubblico nel
1994 quando ha abrogato il Caravan Sites Act del 1968, così i Viaggianti l'hanno
comperato da loro. Ora siamo minacciati di sfratto dalla terra che ci siamo
comperati," ha detto in una dichiarazione ad A World to Win.
"Il Consiglio di Basildon ha infranto l'Atto di Protezione dei Dati mettendo
sul suo website pubblico dettagli personali e medici di 86 famiglie di Dale
Farm. Sono preparati a spendere 3 milioni di sterline per sgomberarci, incluso
quasi un milione di spese legali stimate, [...] Costerebbe 30 milioni di
sterline ai contribuenti ottemperare alla legge se ci metteranno sulla strada -
un enorme spreco di denaro."
Sheridan parteciperà il 16 settembre ad un summit Rom a Bruxelles patrocinato
dalla UE, dove porrà il caso di continuare l'esistenza di Dale Farm. La riunione
è stata richiesta quando il governo italiano ha criminalizzato i suoi stessi
Rom. Il governo Berlusconi ha autorizzato incursioni all'alba, sgomberi e
smantellamento dei campi, incluso 40 caravan e tende vicino a Roma.
Guidato dal leader conservatore Malcolm Buckley, il consiglio di Basildon ha
messo da parte 3 milioni di sterline per abbattere le 132 case e sfrattare i
Viaggianti dal loro sito a Crays Hill. Non è riuscito ad effettuare i suoi piani
questo maggio, quando Andrew Collins, giudice dell'Alta Corte, ha ordinato di
fermare lo sgombero per 40 famiglie. Un consigliere laburista ha descritto il
minacciato sgombero come "una somma oltraggiosa di denaro impiegata per imporre
le leggi di progettazione su un ex discarica in una strada anonima."
Ma una riunione del controllo di sviluppo del consiglio di Basildon tenutasi
questo mese intende votare misure che potrebbero includere la demolizione di una
piccola scuola in legno, una cappella e un ritrovo chiamato San Cristoforo.
A Martina McCarthy, moglie di Richard Sheridan, è stata inviata una notifica,
nonostante l'edificio sia stato costruito con la concessione del Consiglio della
Contea di Essex e appartenga al Dipartimento per i Bambini, le Scuole e le
Famiglie.
Il British National Party di estrema destra sta montando una viziosa campagna
razzista di pressione verso i conservatori che attualmente controllano il
consiglio di Basildon in vista di una riunione straordinaria per il 18
settembre. La disputa di fondo su Dale Farm è stata condotta con grida di guerra
dal BNP che contesta tutti i 14 seggi locali.
L'estrema destra sta usando l'immigrazione e le tematiche dello sviluppo
urbano per ottenere consenso in un area che ha visto lo sviluppo industriale
andare e venire, con il declino della fabbrica di trattori Fard (ora della Case
New Holland) e della compagnia Standard Telephone. Dato che Basildon è
considerata un barometro dell'opinione pubblica per le elezioni generali, gli
argomenti non sono solo locali.
A World to Win saluta gli organizzatori di Dale Farm, i leader Richard
Sheridan, Joseph G Jones e Grattan Puxon del Consiglio Zingaro, per la loro
campagna per i diritti di base, alla vita, alla salute, all'istruzione e alla
privacy dei dati. Chiedono ai sostenitori di partecipare ad una manifestazione
per i diritti umani il 16 settembre, in caso di tentativo di sfratto dopo
l'udienza dell'Alta Corte di dicembre.
Corinna Lotz Secretary, A World to Win
5 Settembre 2008
Di Fabrizio (del 02/09/2008 @ 09:02:01, in casa, visitato 2341 volte)
Domenica scorsa Tom Welschen mi ha scritto un'appassionata lettera a favore della comunità turca
di
Sulukule minacciata di sgombero. Mi dice di aver "dedicato una grande parte
della giornata alla produzione alcuni files sulla situazione nel quartiere" e di
sentirsi "un'altra volta impotente e triste, ma facendo questo almeno mi
do l'impressione di essere un po' utile e solidale..."
Descrizione: succedono delle cose terribili ad Istanbul...le autorità
turche hanno mandate delle macchine distruttive nel quartiere Rom...staccano il
corrente per almeno 8 giorni....dobbiamo fare qualcosa per salvare Sulukule
(Turchia) e tutelare la Comunità Rrom più antica del mondo. (continua)
Per vedere gli altri lavori (in inglese):
questo è il link( appariranno gli 82
video... scegliere l'opzione "più recenti" e vedrete i 4 su Sulukele)
Today's ZamanIl taglio della corrente elettrica a Sulukule scatena l'ira
degli abitanti
Un annuncio del comune di Fatih ad Istanbul che l'elettricità verrà tagliata
nel quartiere di
Sulukule per otto giorni a causa del prossimo progetto di demolizione
dell'area ha scatenato le ire dei residenti nel quartiere.
Giovedì le squadre municipali hanno iniziato a demolire parti del quartiere,
abitato soprattutto da Rom, come parte del progetto di rinnovamento
dell'area. Gli edifici allineati sulle vie Neslişah e Hatice Sultan sono
stati i primi ad essere demoliti. Il comune ha annunciato che il quartiere sarà
lasciato senza elettricità per i prossimi otto giorni causa il progetto di
demolizione, cosa che ha scatenato una forte reazione tra i residenti.
I residenti dicono che essere lasciati senza elettricità per oltre una
settimana creerà una situazione in cui non potranno svolgere le attività basiche
quotidiane, notando che ciò è particolarmente problematico perché si sta
avvicinando il Ramadan. Dicono: "Non siamo contro le demolizioni nel nostro
quartiere. Ma non è normale che l'elettricità venga interrotta per otto giorni
mentre si avvicina il Ramadan. Abbiamo preparato molto cibo per il Ramadan.
Verrà sprecato se non avremo l'elettricità per i frigoriferi."
Altri residenti hanno espresso il timore che il quartiere sarà bersaglio dei
ladri se sarà lasciato senza elettricità. "Come possiamo sentirci sicuri la
notte se non abbiamo l'elettricità? Gli scassinatori minacceranno le nostre vite
in questo periodo," dicono.
Il progetto di demolizione dell'area continuerà nei prossimi giorni. La
Municipalità Metropolitana di Istanbul ha progettato di costruire a Sulukule 620
case nuove, un hotel e un centro culturale e di intrattenimento. Il progetto di
rinnovamento del quartiere e di rilocazione dei suoi abitanti ha sollevato
l'indignazione dei residenti e dell'UNESCO. Istanbul è attualmente nella Lista
dei Patrimoni Mondiali dell'UNESCO e ci si aspetta che prenda le necessarie
misure per la protezione dei suoi siti storici, uno dei quali è il quartiere di
Sulukule.
Espulsioni Forzate e Diritto alla Casa dei Rom in Russia
Riassunto Esecutivo: I Rom che vivono nella Federazione Russa sono vittime di
dure forme di discriminazione razziale, le più flagranti sono gli sgomberi
forzati, un fenomeno esteso ed in crescita.
Nel 1956, un decreto del Soviet Supremo proibiva il "vagabondaggio" da parte
dei cosiddetti Zingari, obbligandoli a stabilirsi. Dopo il collasso dell'Unione
Sovietica, le autorità russe hanno accordato la privatizzazione della terra, ma
rifiutato di legalizzare effettivamente gli alloggi delle famiglie Rom sedentarizzate a forza.
Avvantaggiandosi della mancanza della mancanza di documenti sicuri,
dell'analfabetismo e dei livelli di povertà estremi nella popolazione Rom, le
amministrazioni russe hanno rifiutato di legalizzare l'occupazione delle terre e
più spesso l'hanno venduta all'asta al miglior offerente.
I Rom sono incapaci di reagire alle misure di acquisizione delle terre o alle
ripartizioni delle porzioni nei programmi generali di progettazione urbana (GenPlan),
che spesso sono decise senza consultarli. Di solito non sono considerati quando
esprimono lamentele territoriali e senza poteri di fronte ai reclami legali
presentati dall'amministrazione.
E' un fatto che l'attuale quadro legale sui diritti di proprietà nella
Federazione Russa è particolarmente complesso. La prescrizione conforme
dell'articolo 234 del Codice Civile della Federazione Russa sembra essere
l'unico rimedio legale disponibile per il precaria situazione dei Rom.
Garantisce la proprietà individuale legale a quanti ne siano stati in
possesso apertamente e continuativamente per quindici anni. D'altra parte, di
solito i Rom non hanno i documenti richiesti per legalizzare le loro case.
Inoltre, la non registrazione delle loro case impedisce ai Rom l'accesso ad
un'ampia gamma di diritti economici e sociali. Effettivamente, la registrazione
permanente nella Federazione Russa è obbligatoria, ma pratiche discriminatorie
ed un alto livello di corruzione tra gli amministratori locali, spesso privano i
Rom della possibilità di ottenere tali documenti. Ciò ostacola il loro accesso
all'istruzione, al lavoro e ad altri diritti sociali. Inoltre, gli insediamenti
dei Rom sono spesso deprivati di servizi essenziali, come l'acqua, l'elettricità
e il gas.
Come risultato, l'unica maniera è di ricorrere ad accordi sottobanco che non
offrono garanzia di un indennizzo adeguato o di rilocazione. Sono quindi
truffati o diventano vittime di sgomberi forzati quando rifiutano di
allontanarsi volontariamente.
Nella maggior parte dei casi, gli sgomberi forzati seguono ad una decisione
del tribunale che autorizza l'amministrazione a demolire le case considerate
"edifici non autorizzati". In queste decisioni, il diritto ad un equo processo è
spesso violato.
Gli sgomberi vengono spesso condotti con violenza. In alcuni casi, i verdetti
di espulsione seguono a campagne nei media locali contro l'intera popolazione
Rom, che li presentano come trafficanti di droga e criminali. In molti casi,
viene richiesto agli stessi Rom di distruggere le loro case. I Rom non
beneficiano di alloggio alternativo o di adeguato indennizzo, e sono obbligati a
trovare un altro posto dove insediarsi.
In questi casi, i cittadini russi non Rom sono di solito capaci di
legalizzare le loro case o ottenere un alloggio alternativo o un adeguato
indennizzo, un fatto che conferma la natura discriminatoria degli sgomberi
forzati. Questi e la demolizione delle case Rom portate avanti dalle autorità
violano il diritto ad un alloggio adeguato, garantito dalla Convenzione
Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali e la Convenzione
Internazionale sull'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Razziale,
ratificate dalla Federazione Russa.
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